0264_BvS n.3 marzo_ok - Fondazione Biblioteca di via Senato
0264_BvS n.3 marzo_ok - Fondazione Biblioteca di via Senato
0264_BvS n.3 marzo_ok - Fondazione Biblioteca di via Senato
- No tags were found...
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
<strong>marzo</strong> 2010 – la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano 21<br />
blicato postumo e fin da subito accompagnato da <strong>di</strong>versi<br />
sospetti a proposito della sua integrità) ha suscitato<br />
nelle scorse settimane un vero e proprio battage non solo<br />
<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi, bibliofili e “operatori culturali”, ma anche<br />
<strong>di</strong> politologi, storici e cronisti, visti i risvolti oscuri<br />
e inquietanti che quelle pagine sembrerebbero aprire<br />
non solo sulla scomparsa <strong>di</strong> Pasolini stesso, ma anche su<br />
quella <strong>di</strong> Enrico Mattei e sull’intera vicenda dell’Eni (e<br />
quin<strong>di</strong> dell’intera politica italiana) sotto la presidenza<br />
<strong>di</strong> quest’ultimo e negli anni subito a seguire.<br />
<br />
Nulla come la polemica e l’incalzante gusto <strong>di</strong><br />
teorizzare complotti avrebbe potuto rendere questa<br />
mostra <strong>di</strong> più stringente attualità e niente, nemmeno la<br />
<strong>di</strong>scussa “moralità sessuale”<strong>di</strong> Pier Paolo, avrebbe potuto<br />
fare meglio <strong>di</strong> questi supposti intrighi <strong>di</strong> sol<strong>di</strong> e potere<br />
per solleticare l’appetito dei curiosi. Ma, come si<br />
<strong>di</strong>ceva, l’intensità del ricordo “con<strong>di</strong>viso” <strong>di</strong> Paolini e la<br />
chiara fama <strong>di</strong> alcuni suoi capolavori non avevano e non<br />
hanno bisogno <strong>di</strong> nessun traino per fare breccia nel<br />
cuore dei suoi appassionati estimatori e detrattori.<br />
E infatti, né il curatore della mostra, Alessandro<br />
Noceti (proprietario della libreria “Carattere” <strong>di</strong> Milano)<br />
né alcun materiale informativo dell’esposizione (o<br />
della <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> tutta) fanno menzione <strong>di</strong><br />
quanto “uscito” in questi giorni sulla quasi totalità delle<br />
testate nazionali, spesso per alcune delle loro firme più<br />
prestigiose. Perché non è la polemica né il pettegolezzo<br />
l’intento <strong>di</strong> questa operazione, ma la voglia <strong>di</strong> non mancare<br />
l’occasione più giusta per rendere omaggio a una<br />
grande penna e a una grande mente della nostra letteratura.<br />
Uno spirito libero e ribelle che non si lasciò mai<br />
ingabbiare in nessuna definizione e che riuscì sempre a<br />
sfuggire, magari anche clamorosamente, a ogni altrui<br />
tentativo <strong>di</strong> trasformarlo nel proprio portaban<strong>di</strong>era o,<br />
ancor peggio, in un proprio ossequioso adepto.<br />
<br />
Forse solo l’epiteto <strong>di</strong> genio può calzargli a pennello<br />
senza andargli stretto, o quello <strong>di</strong> maestro, perché<br />
appena ci si sperimenta nel definirlo per altre, vie si rischia<br />
<strong>di</strong> cadere subito in contrad<strong>di</strong>zione. Può provarsi<br />
chiunque a sciogliere il nodo se egli fosse un classicista<br />
o un modernista, ma da nessuno ci aspettiamo un esito<br />
positivo. Così come non si può chiamarlo solo scrittore<br />
perché al cinema de<strong>di</strong>cò molte delle sue forze e del suo<br />
tempo, ma non si può <strong>di</strong>menticare nemmeno la fotografia<br />
– per quanto i suoi scatti siano molto meno noti<br />
dei suoi libri e delle sue pellicole – se è vero che già nel<br />
<strong>di</strong>cembre del ’59 rilasciò a Italo Zannier un’intervista<br />
interamente de<strong>di</strong>cata a quest’arte (che nelle sue parole<br />
asciutte brillava soprattutto per essere «attuale ed elegante»<br />
e che avrebbe voluto arricchire semplicemente<br />
«con delle <strong>di</strong>dascalie in versi», nel tentativo <strong>di</strong> sfuggire<br />
alla tentazione «<strong>di</strong> credere all’estetismo dell’immagine<br />
“squisita”»). O anche che, nel settembre 1970, la rivista<br />
Progresso fotografico pubblicò un’altra lunga “chiacchierata”<br />
con Pier Paolo Pasolini, intitolata “L’evoluzione<br />
della mia poetica fotografica”.<br />
<br />
Certo, la fotografia, per lui, era soprattutto “al<br />
servizio” del cinema, ma l’attenzione con cui stu<strong>di</strong>ò<br />
sempre luci, inquadrature e tagli <strong>di</strong> ogni suo fotogramma<br />
ne fanno anche un puro teorico “formale”. E, quasi<br />
<strong>di</strong> conseguenza, uno ben conscio <strong>di</strong> come ci si può o ci si<br />
deve muovere quando si sta dall’altra parte della lente.<br />
Ed ecco che sono proprio le “sue” fotografie, quelle in<br />
cui lui è il soggetto, il punto <strong>di</strong> partenza <strong>di</strong> questa mostra,<br />
un primo tentativo <strong>di</strong> raccontare Pasolini per<br />
quello che fu e che non avrebbe potuto non essere anche,<br />
una maschera, un attore, uno splen<strong>di</strong>do comunica-