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N.1 Settembre 2010 - Servizio di hosting - Università degli Studi ...

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Paleo news<br />

SETTEMBRE<br />

<strong>2010</strong> - N. 1<br />

19<br />

eventi; History Channel ha de<strong>di</strong>cato al<br />

primate il documentario “The Link” (ossia<br />

“l’anello mancante”), definendo la<br />

scoperta «il più importante ritrovamento in<br />

47 milioni <strong>di</strong> anni», mentre Jørn H. Hurum,<br />

paleontologo norvegese coor<strong>di</strong>natore<br />

delle ricerche e coautore in Franzen<br />

et al. (2009), ha definito “Ida” «il Santo<br />

Graal della paleontologia». La presentazione<br />

spettacolarizzata e queste <strong>di</strong>chiarazioni<br />

roboanti sono state accompagnate<br />

dalla grancassa me<strong>di</strong>atica, tanto che la<br />

piccola “Ida” ha anche ricevuto l’ ”onore”<br />

<strong>di</strong> campeggiare nel logo <strong>di</strong> Google<br />

(fig. 2)! Tutto ciò ha suscitato più <strong>di</strong> qualche<br />

qualche perplessità, cui Hurum, che<br />

intanto spera nel successo del suo libro<br />

(anch’esso intitolato The Link), ha replicato<br />

sostenendo che qualsiasi soluzione<br />

è utile se pone l’attenzione del pubblico<br />

su scoperte scientifiche degne <strong>di</strong> nota.<br />

Le iperboli usate sono state numerose,<br />

molte delle quali si leggono già nel documento<br />

preparato dal museo <strong>di</strong> Storia<br />

Naturale dell’Università <strong>di</strong> Oslo («she’s<br />

the ‘Mona Lisa’ of fossils», «she answers all<br />

of Darwin’s questions about transitional fossils»<br />

sono alcune tra queste), documento<br />

che ha lasciato piuttosto perplessi alcuni<br />

commentatori e parte della comunità<br />

scientifica internazionale, e che in parte<br />

hanno giustificato anche l’eco risuonata<br />

nel mondo dell’informazione parascientifica<br />

e generalista.<br />

Tornando agli aspetti scientifici della vicenda,<br />

“Ida” è considerata una forma <strong>di</strong><br />

transizione tra le attuali linee evolutive<br />

<strong>degli</strong> strepsirrhini e <strong>degli</strong> aplorrhini. Per<br />

gli autori della descrizione, l’animale<br />

presenta caratteristiche tali da far supporre<br />

che sia una forma <strong>di</strong> transizione<br />

verso il sottor<strong>di</strong>ne <strong>degli</strong> Haplorrhini, la<br />

categoria tassonomica che include i parvor<strong>di</strong>ni<br />

(4) Platirrhini (scimmie del nuovo<br />

Figura 2 - Il logo <strong>di</strong> Google su cui<br />

campeggia Darwinius masillae<br />

mondo) e Catarrhini (scimmie del vecchio<br />

mondo); in quest’ultimo raggruppamento<br />

è inclusa anche la famiglia<br />

Hominidae, con la specie Homo sapiens:<br />

si può quin<strong>di</strong> comprendere l’enorme<br />

interesse scientifico e me<strong>di</strong>atico che circonda<br />

“Ida”…<br />

Secondo gli autori, Darwinius masillae<br />

porterebbe quin<strong>di</strong> conferme alla teoria<br />

<strong>di</strong> chi sostiene che gli antenati delle<br />

scimmie (e dell’uomo) siano da cercare<br />

tra gli adapi<strong>di</strong>, stravolgendo l’ ”albero<br />

genealogico” dei primati (fig. 3). I critici<br />

<strong>di</strong> questa teoria, però, sottolinearono da<br />

subito come le caratteristiche in<strong>di</strong>cate<br />

dagli autori potessero essere frutto <strong>di</strong><br />

convergenze evolutive e non fossero decisive,<br />

tanto più quando si riscontrino<br />

delle sospette falle dal punto <strong>di</strong> vista<br />

metodologico da parte dei sostenitori<br />

del “link” mancante: a questo proposito,<br />

sulla prestigiosa rivista Science, Ann<br />

Gibbons ha trattato la notizia in un articolo<br />

(“Revolutionary” Fossil Fails to Dazzle<br />

Paleontologists) nel quale ha raccolto<br />

alcune pesanti critiche da parte <strong>di</strong> colleghi.<br />

Tra queste, il confronto <strong>di</strong> soli 30<br />

tratti caratteristici tra D. masillae e altri<br />

primati fossili (quando la pratica ne prevedrebbe<br />

tra i 200 e i 400 per avere una<br />

maggiore atten<strong>di</strong>bilità), il mancato confronto<br />

con resti antropoi<strong>di</strong> <strong>di</strong> recente<br />

scoperta in Egitto e con nuovi ritrovamenti<br />

in Asia <strong>di</strong> Eosimias («they’ve ignored<br />

15 years of literature»), il mancato uso

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