N.1 Settembre 2010 - Servizio di hosting - Università degli Studi ...
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QUADERNI DEL MUSEO 14 GEO NEWS Pluricellulari antichissimi. Dinosauri «europei». Quasicristalli a cura di Francesco Grossi e Chiara Amadori I primi pluricellulari Figura 1 - La copertina di Nature dedicata al ritrovamento I primi organismi comparvero sulla Terra circa 3,5 miliardi di anni fa ed erano procarioti unicellulari, mentre la comparsa delle prime forme di vita pluricellulari è stata finora messa in relazione alle esplosioni di vita della fauna di Ediacara (circa 600 milioni di anni fa) e del Cambriano (540 milioni di anni fa). Tra i due eventi trascorsero quasi 3 miliardi di anni: la storia della vita sulla Terra sembrava essere, dunque, prevalentemente una storia di vita unicellulare. Questa visione del popolamento del nostro pianeta è stata sconvolta alcune settimane fa, quando la prestigiosa rivista Nature ha dedicato la sua copertina a uno straordinario ritrovamento (fig. 1). Si tratta di numerosi resti fossili in ottimo stato di conservazione, oltre 250 esemplari, che sembrerebbero proprio essere organismi pluricellulari risalenti a 2,1 miliardi di anni fa, retrodatando, quindi, uno dei più importanti eventi biologici della storia della Terra di circa un miliardo e mezzo di anni! Il ritrovamento è stato realizzato in un bacino sedimentario vicino la città di Franceville, in Gabon (Africa centro-occidentale), da un gruppo internazionale di ricercatori guidato da Abderrazak El Albani, dell’Università di Poitiers. I fossili, a cui non sono ancora stati attribuiti nomi scientifici, presentano forme e dimensioni molto variabili, margini frastagliati e irregolari ed elementi radiali. Le
Geo news SETTEMBRE 2010 - N. 1 15 loro dimensioni raggiungono i 12 centimetri di lunghezza per uno spessore che non supera il centimetro. I ricercatori hanno appurato l’origine organica dei campioni grazie alla misurazione degli rapporti relativi degli isotopi di zolfo in essi contenuti, grazie a una sofisticata tecnica di scansione in 3D, la microtomografia a raggi X. Con questa analisi sono stati in grado di ricostruire con buona precisione la struttura interna dei fossili senza danneggiarli. Spesso non è facile distinguere colonie di organismi unicellulari da un organismo pluricellulare, specie in rocce così antiche, ma in questo caso, secondo gli autori, la morfologia chiaramente definita suggerisce che ci fosse comunicazione tra le singole cellule della colonia, caratteristica tipicamente associata all’organizzazione multicellulare della vita. Dall’analisi delle strutture sedimentarie dello straordinario giacimento gabonese, i ricercatori hanno appurato che questi organismi vivevano in prossimità delle coste alla profondità di circa 20-30 metri, in acque ricche in ossigeno e solitamente calme, ma interessate periodicamente a episodi di tempesta. Oltre alle dimensioni, anche la loro struttura tridimensionale escluderebbe la possibilità che si tratti di unicellulari straordinariamente grandi e propenderebbe per l’ipotesi di organismi coloniali che rappresenterebbero il primo (finora conosciuto) tentativo di pluricellularità. (F.G.) Per approfondire Abderrazak El Albani et alii, 2010. Large colonial organisms with coordinated growth in oxygenated environments 2.1 Gyr ago. Nature, 466, pp. 100-104. doi: 10.1038/nature09166. Dinosauri «europei» Tre orme di dinosauro recentemente scoperte in una galleria del Monte Pasubio, massiccio calcareo tra le province di Vicenza e Trento, possono riscrivere la storia antica della penisola italiana e, in particolare, ridisegnare l’aspetto paleogeografico del Giurassico. Le orme sono state individuate da Marco Avanzini, conservatore responsabile della sezione di geologia del Museo Tridentino di Scienze Naturali di Trento e noto esperto di icnologia (la disciplina che studia le orme fossili) all’interno della galleria del Monte Buso, scavata dagli austriaci durante la prima guerra mondiale. Le tracce sono costituite da tre orme tridattile robuste con artigli alle estremità delle dita, sono lunghe circa 30 centimetri e sono parzialmente sovrapposte (fig. 2). Figura 2 - Le tracce fossili del Monte Pasubio
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<strong>di</strong> lunghezza per uno spessore che<br />
non supera il centimetro.<br />
I ricercatori hanno appurato l’origine organica<br />
dei campioni grazie alla misurazione<br />
<strong>degli</strong> rapporti relativi <strong>degli</strong> isotopi<br />
<strong>di</strong> zolfo in essi contenuti, grazie a una<br />
sofisticata tecnica <strong>di</strong> scansione in 3D, la<br />
microtomografia a raggi X. Con questa<br />
analisi sono stati in grado <strong>di</strong> ricostruire<br />
con buona precisione la struttura interna<br />
dei fossili senza danneggiarli.<br />
Spesso non è facile <strong>di</strong>stinguere colonie<br />
<strong>di</strong> organismi unicellulari da un organismo<br />
pluricellulare, specie in rocce così<br />
antiche, ma in questo caso, secondo gli<br />
autori, la morfologia chiaramente definita<br />
suggerisce che ci fosse comunicazione<br />
tra le singole cellule della colonia, caratteristica<br />
tipicamente associata all’organizzazione<br />
multicellulare della vita.<br />
Dall’analisi delle strutture se<strong>di</strong>mentarie<br />
dello straor<strong>di</strong>nario giacimento gabonese,<br />
i ricercatori hanno appurato che questi<br />
organismi vivevano in prossimità<br />
delle coste alla profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> circa 20-30<br />
metri, in acque ricche in ossigeno e solitamente<br />
calme, ma interessate perio<strong>di</strong>camente<br />
a episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> tempesta. Oltre alle<br />
<strong>di</strong>mensioni, anche la loro struttura tri<strong>di</strong>mensionale<br />
escluderebbe la possibilità<br />
che si tratti <strong>di</strong> unicellulari straor<strong>di</strong>nariamente<br />
gran<strong>di</strong> e propenderebbe per l’ipotesi<br />
<strong>di</strong> organismi coloniali che rappresenterebbero<br />
il primo (finora conosciuto)<br />
tentativo <strong>di</strong> pluricellularità. (F.G.)<br />
Per approfon<strong>di</strong>re<br />
Abderrazak El Albani et alii, <strong>2010</strong>. Large colonial<br />
organisms with coor<strong>di</strong>nated growth in oxygenated<br />
environments 2.1 Gyr ago. Nature,<br />
466, pp. 100-104. doi: 10.1038/nature09166.<br />
Dinosauri «europei»<br />
Tre orme <strong>di</strong> <strong>di</strong>nosauro recentemente scoperte<br />
in una galleria del Monte Pasubio,<br />
massiccio calcareo tra le province <strong>di</strong> Vicenza<br />
e Trento, possono riscrivere<br />
la storia antica della penisola italiana<br />
e, in particolare, ri<strong>di</strong>segnare l’aspetto<br />
paleogeografico del Giurassico.<br />
Le orme sono state in<strong>di</strong>viduate<br />
da Marco Avanzini, conservatore<br />
responsabile della sezione <strong>di</strong> geologia<br />
del Museo Tridentino <strong>di</strong> Scienze<br />
Naturali <strong>di</strong> Trento e noto esperto<br />
<strong>di</strong> icnologia (la <strong>di</strong>sciplina che stu<strong>di</strong>a<br />
le orme fossili) all’interno della galleria<br />
del Monte Buso, scavata dagli<br />
austriaci durante la prima guerra<br />
mon<strong>di</strong>ale. Le tracce sono costituite<br />
da tre orme tridattile robuste con<br />
artigli alle estremità delle <strong>di</strong>ta, sono lunghe<br />
circa 30 centimetri e sono parzialmente<br />
sovrapposte (fig. 2).<br />
Figura 2 - Le tracce fossili del Monte Pasubio