L'ITALIA AL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL CINEMA DI PECHINO
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sistema di corruzione che coinvolge la politica e di<br />
conseguenza anche le istituzioni. Vengono alla luce<br />
un numero incredibile di scandali (la Banca romana,<br />
le banche usura, il caso del deputato Casale, il caso<br />
Notarbartolo a Palermo ecc.).<br />
Se i meccanismi istituzionali sono così deboli e<br />
imperfetti come si concretizza il progetto unitario<br />
Il significato e l’evoluzione storica del concetto di<br />
stato-nazione: il caso italiano<br />
Che cosa si intende per Stato-Nazione, quando<br />
viene coniato questo termine Si intende uno Stato<br />
fondato sul principio secondo il quale la sovranità<br />
appartiene non a un singolo (il re), o a gruppi ristretti<br />
(i nobili), ma alla intera popolazione di un territorio,<br />
una collettività che dalla fine del Settecento<br />
viene identificata prevalentemente con il termine<br />
«nazione».<br />
Su quali principi si identificava la collettività<br />
Nel pensiero romantico i criteri fondanti erano: la<br />
territorialità, la lingua, la religione, una storia e<br />
una cultura comune. Ma quanti di questi principi<br />
sono applicabili al caso italiano La lingua no di<br />
certo. Uno studio di Tullio De Mauro ha dimostrato<br />
che al momento dell’Unità d’Italia, gli italofoni<br />
non erano più del 2,5%. La religione neppure,<br />
dal momento che il processo unitario determina<br />
la sconfitta definitiva del potere della Chiesa. Se<br />
infatti la Rivoluzione francese decapitando il Re<br />
aveva messo in discussione il diritto divino di<br />
governare da parte del sovrano, l’Unità d’Italia con<br />
la conquista di Roma pone fine al potere temporale<br />
della Chiesa e non fu un caso se il papa Pio IX<br />
emanò il non expedit che commutava la scomunica<br />
a tutti coloro che andavano a votare, legittimando,<br />
di fatto, l’esistenza del Regno d’Italia. Forse una<br />
storia comune che si perdeva nella notte dei tempi<br />
dell’antica Roma. Ma solo questo è sufficiente a<br />
spiegare quello che realmente è accaduto in Italia<br />
Il concetto di Nazione è allora solo un artificio<br />
intellettuale Un modello artificiale Non credo<br />
ma certamente non è un principio statico. Quello di<br />
nazione è un concetto che nel tempo si evolve e che<br />
in ogni specifico contesto utilizza uno o più elementi<br />
identitari.<br />
Seguiamo la dinamica e l’evoluzione di questo<br />
concetto. La prima guerra mondiale rappresenta il<br />
punto più alto dell’idea di stato-nazione. Cadono gli<br />
ultimi antichi imperi che si erano salvati dai “seguiti<br />
della rivoluzione francese”: quello russo, quello<br />
austro-ungarico, quello ottomano. Nel ridisegnare<br />
i confini dei singoli Stati si cerca di applicare i<br />
criteri romantici (ma molto spesso non bastano, la<br />
seconda guerra mondiale ce lo conferma). Al tempo<br />
stesso la Prima guerra mondiale rappresenta anche<br />
il rapido decadimento di questa idea. I primi segnali<br />
si erano già avvertiti alla fine dell’Ottocento quando<br />
erano cominciate a circolare idee che comunemente<br />
vengono classificate come nazionalismi, che sono<br />
più che l’esasperazione, la distorsione del concetto<br />
di Stato-Nazione. È una ideologia, infatti, che<br />
solo formalmente richiama i principi romantici. I<br />
nazionalismi determinano la disgregazione del corpo<br />
sociale della nazione intesa come Stato. Nello Stato<br />
nazionale attraverso il sistema della rappresentanza<br />
tutti i cittadini hanno diritto di esistenza. Il<br />
nazionalismo ne fa una figura retorica, vive su miti<br />
e riti che devono celebrare l’identità di un popolo<br />
attraverso l’esaltazione del capo (Mussolini),<br />
l’identificazione quindi non sarà più con lo Stato ma<br />
con il suo capo.<br />
Questa esaltazione passa anche attraverso<br />
l’annientamento di quella parte di cittadini che non<br />
sono omogenei alla nuova ideologia: i nemici. In<br />
Italia il Fascismo si costruisce prima un nemico<br />
ideologico, i rossi, poi un nemico di razza, gli ebrei.<br />
L’annientamento del nemico ha anche un secondo<br />
scopo, dimostrare la potenza di un regime. Quello<br />
che si vive in Italia a partire dagli anni Venti, ma che<br />
ha altri esempi in tutto il mondo (anche in Cina) è<br />
un periodo che per lo statuto di stato-nazione appare<br />
l’inizio della fine.<br />
La guerra civile che in Italia conclude la seconda<br />
guerra mondiale sembra la fine dell’unità nazionale.<br />
Ma ancora una volta non è così. Dalle macerie di una<br />
esperienza orrenda che ha distrutto e diviso l’Italia<br />
in due, e che a volte ha inciso anche sulla stessa<br />
unità familiare, nasce un nuovo patto tra individui.<br />
Si tratta della Costituzione della Repubblica Italiana<br />
che delinea i valori ideali di convivenza tra uomini e<br />
donne.<br />
Un noto antropologo, Benedict Anderson, ha<br />
elaborato un modello interpretativo per spiegare il<br />
concetto di Nazione. Questo modello lo illustra in un<br />
libro dal titolo Comunità immaginate che spesso ha<br />
indotto a grandi equivoci. In qualche modo Anderson<br />
rivoluziona il concetto romantico di Nazione. In<br />
primo luogo perché fa nascere questo concetto<br />
non in Europa ma in America latina per opera dei<br />
creoli (colonizzatori di seconda generazione), ma<br />
soprattutto perché per lui la Nazione è una necessità<br />
dell’individuo. L’uomo non può non vivere se non in<br />
una comunità e per la sua costruzione possono essere<br />
utilizzati la territorialità, la lingua, la religione,<br />
una storia comune, una cultura comune prese<br />
singolarmente o assieme a seconda delle necessità.<br />
Questa chiave di lettura può servirci a<br />
comprendere la costruzione dello Stato unitario<br />
italiano.<br />
La vera costruzione dell’Italia ha come<br />
protagonisti i giovani. Si fonda sull’istruzione<br />
obbligatoria, che ha consentito a tutti i giovani<br />
di appropriarsi forse dei più importanti caratteri<br />
identitari: la lingua, la storia, la geografia del nostro<br />
Paese; sulla coscrizione obbligatoria che ha<br />
permesso ai giovani, anche ai più poveri, di muoversi<br />
e visitare il proprio Paese, di conoscere i coetanei<br />
che venivano da posti sconosciuti e di condividere<br />
con loro il sentirsi parte di un unico Paese; sullo<br />
sviluppo dei mass media, in primo luogo la stampa,<br />
che reso noto i fatti, gli avvenimenti che accadevano<br />
anche in luoghi lontani all’interno del proprio Paese<br />
quasi in tempo reale, e che ha costruito una opinione<br />
pubblica nazionale.<br />
Il patto che la nostra costituzione repubblicana ha<br />
sancito nel 1946 ha rinnovato il valore di una scelta:<br />
quella di continuare a stare insieme, di sentirsi<br />
ciascuno la parte di un tutto che è l’Italia.<br />
Io non riesco ad immaginare quali potrebbero<br />
essere i valori di un possibile Stato padano o neoborbonico,<br />
soprattutto per quello che si vede e che<br />
si sente, ma sono allo stesso tempo certo che non<br />
possono essere altrettanto belli di quelli che hanno<br />
costruito i nostri avi e i nostri padri.<br />
Giulio Machetti<br />
Giulio Machetti, professore di Storia contemporanea<br />
presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università<br />
degli Studi di Napoli “L’Orientale”<br />
Testo della prima conferenza, tenuta all’Istituto<br />
Italiano di Cultura di Pechino, nell’ambito di una<br />
serie prevista per il 150º Anniversario dell’Unità<br />
d’Italia<br />
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