L'ITALIA AL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL CINEMA DI PECHINO
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I simboli<br />
Lombardia<br />
Sulla vetta del Generale ferito<br />
Garibaldi fu ferito, fu ferito a Bagolino. È nel<br />
comune del bresciano che si trova Monte Suello,<br />
dove il 3 luglio 1866, in una battaglia della Terza<br />
Guerra di Indipendenza, il Generale fu colpito alla<br />
coscia sinistra. Sorvolando sul fatto che il colpo<br />
fu sparato da un suo soldato imbranato e non da<br />
un nemico austriaco, l’episodio fu raccontato nella<br />
marcia dei bersaglieri, una delle canzoni patriottiche<br />
più note. Ma non è questa battaglia, ricordata da un<br />
sacrario e da un cippo, il solo motivo per visitare<br />
questo paesino nella Valle Sabbia. Quello principale,<br />
che rende davvero noto il nome di Bagolino, si<br />
chiama bagoss ed è il formaggio della zona: a pasta<br />
cruda, da latte parzialmente scremato a cui viene<br />
aggiunto un cucchiaino di zafferano per ogni forma<br />
prima della stagionatura che arriva anche a tre anni.<br />
Il risultato è un prodotto di pasta dura e sapore forte<br />
che può essere anche grattato.<br />
È bello girare per l’antico borgo medievale,<br />
fatto di case alte e ammassate tra di loro, lasciate<br />
come una volta compresi gli elementi architettonici<br />
e decorativi, tipo le ringhiere in ferro battuto,<br />
gli affreschi murali e le tegole in cotto sui tetti.<br />
Sorgendo sulle pendici di un monte, Bagolino è in<br />
salita, fatta di strade strette di acciottolato e porfido<br />
e scalinate ripide. Nella chiesa di San Giorgio la<br />
sorpresa di trovare opere di maestri indiscussi come<br />
Tiziano, Tintoretto, Palma il Giovane: pur facendo<br />
parte per secoli della Serenissima Repubblica di<br />
Venezia, Bagolino aveva una forte autonomia<br />
politica ed economica, frutto della produzione del<br />
Bagoss e della lavorazione del ferro. E girando per<br />
le strade del paese e vedendo i palazzi signorili<br />
dei secoli scorsi (delle famiglie Dalumi, Gennari,<br />
Foglio, ad esempio) ce ne si rende conto. Ulteriore<br />
attrattiva, le zone al di fuori del centro abitato, adatte<br />
al trekking o (nel laghetto della pineta) alla pesca<br />
delle trote.<br />
Romagna<br />
Paludi e pinete: la casa di Anita<br />
Luigi Bolognini<br />
Non aspettano gli anniversari, da queste parti,<br />
per ricordare chi ha fatto l’Italia. Sembra che<br />
Anita e Giuseppe Garibaldi siano passati fra queste<br />
paludi, spiagge, pinete e campagne solo l’altro ieri.<br />
«La casa dove morì Anita All’incrocio prenda a<br />
destra ». Fattoria Guiccioli a Mandriole, località di<br />
Sant’Alberto. È una casa padronale, ora proprietà<br />
della federazione delle cooperative. In una piccola<br />
stanza, il letto dove morì Ana Maria De Jesus<br />
Riberio da Silva detta Anita. Aveva soltanto ventotto<br />
anni. Assieme al marito Giuseppe Garibaldi stava<br />
fuggendo dalle truppe papaline e austriache. Era in<br />
avanzato stato di gravidanza, soffriva di malaria. In<br />
migliaia, ogni anno, entrano nella stanza, leggono<br />
le lapidi, cercando il luogo dove la donna fu sepolta<br />
una prima volta in tutta fretta.<br />
I ricordi — e anche le leggende — sono stati<br />
tramandati di generazione in generazione. Garibaldi,<br />
qui, non è solo una pagina del libro di storia.<br />
Anche a piedi o in bicicletta si può seguire «la<br />
Trafila», ovvero i luoghi dove nei primi quattordici<br />
giorni dell’agosto 1849 Garibaldi fu nascosto e<br />
aiutato nel suo cammino fra Cesenatico, via mare<br />
fino a Magnavacca, poi a terra fino a Comacchio,<br />
Mandriole, Sant’Alberto, Porto Fuori, Ravenna, fino<br />
alla libertà nel forlivese. «Il Capanno di Garibaldi,<br />
a pochi chilometri da villa Guiccioli — dice<br />
Giannantonio Mingozzi, vice sindaco di Ravenna e<br />
“unico assessore italiano con delega al Risorgimento”<br />
— è curato da cinquantadue discendenti di coloro<br />
che aiutarono Garibaldi. Ognuno fa il custode del<br />
capanno per una settimana all’anno». Recentemente,<br />
il 9 febbraio, a villa Guiccioli è stata scoperta una<br />
lapide in memoria del dottor Pietro Nannini, che fu<br />
capitano dei garibaldini in Veneto e il 4 agosto 1849<br />
accorse alla villa per cercare di salvare Anita. Una<br />
vita intensa, «sempre sacrificando / salute, agi e beni<br />
/ per la libertà e l’unità d’Italia».<br />
Abruzzo<br />
Nell’ultima fortezza dei Borboni<br />
Jenner Meletti<br />
È la città fortezza, ultimo baluardo di resistenza<br />
borbonica. Il 17 marzo 1861, il giorno in cui a<br />
Torino il Parlamento sabaudo proclama Vittorio<br />
Emanuele II Re d’Italia, Civitella del Tronto è<br />
la sola fortezza borbonica (Gaeta si era arresa<br />
una settimana prima) ancora non conquistata dai<br />
bersaglieri: sei mesi d’assedio. Tre giorni dopo, il<br />
20 marzo, ci sarà la resa del manipolo dei resistenti<br />
borbonici e i piemontesi, per vendetta, inizieranno<br />
la distruzione e smantellamento della fortezza. Su<br />
una rupe di travertino alta seicento metri, tra i monti<br />
della Laga, ai confini tra Abruzzo e Marche, proprio<br />
dove passava all’epoca il confine tra Regno di<br />
Napoli e Stato Pontificio si staglia questa imponente<br />
cittadina militare simbolo da anni dell’orgoglio<br />
meridionalista, cercatene la traccia sul web e<br />
Youtube. La punizione dei vincitori fu crudele: si<br />
iniziò la demolizione che poi s’interruppe. Cent’anni<br />
di abbandono, quindi i lavori di restauro agli inizi<br />
del 1970 e finiti (si fa per dire..) nel 1985. La targa<br />
scolpita che ricorda il 1861, firmata Civitella del<br />
Tronto “fedelissima”, non fornisce equivoci: «Anche<br />
una causa condannata dalla storia può nobilitarsi...».<br />
La rocca aragonese fu trasformata a metà del<br />
Cinquecento con vari camminamenti e difese<br />
strategiche a più piani, piazze, vicoli (la “Ruetta,<br />
dell’Italia la via più stretta”), chiese, cisterne, case<br />
per ufficiali, la residenza (del 1574) del Governatore.<br />
Dove un tempo c’erano le mense ora c’è il Museo e<br />
qui il 17 marzo s’inaugura la mostra “Civitella 1861.<br />
Le armi dell’assedio”, fino al 30 ottobre (www.<br />
sistemamuseo.it ).<br />
L’entrata dal paese alla roccaforte è attraverso il<br />
torrione e il tunnel delle scale mobili (solo in salita,<br />
discesa troppo ripida!). Il paese alla base della<br />
fortezza ha il suo fascino, con struttura medievale:<br />
non a caso rientra nella lista dei Borghi più<br />
bellid’Italia.<br />
Maurizio Paganelli<br />
Sardegna<br />
Le rocce e il mare di Caprera<br />
A Caprera Giuseppe Garibaldi trovò due cose di<br />
cui non si sarebbe mai potuto privare, la bellezza e<br />
la sfida. Nella metà dell’isola che acquistò grazie a<br />
un lascito del fratello visse dapprima in un rifugio<br />
di fortuna, poi costruì la “Casa Bianca” oggi<br />
fulcro del Compendio Garibaldino, il complesso<br />
museale aperto al pubblico. Le rocce granitiche che<br />
scintillano al sole, la macchia mediterranea piegata<br />
dal maestrale e le cale di sabbia bianchissima dove<br />
l’acqua trasparente sfuma dal blu intenso al turchese<br />
affascinarono Garibaldi ben prima dei tanti turisti<br />
che oggi arrivano a Caprera da La Maddalena. Il<br />
Generale aveva in mente di costruire una fazenda<br />
sul modello di quelle sudamericane e lottò per aver<br />
ragione del terreno granitico, con poca acqua, che<br />
non a caso qui si usava solo come pascolo per le<br />
capre. Negli ultimi anni della sua vita, Garibaldi<br />
era costretto su una carrozzella dalle numerose<br />
ferite ricevute nelle sue campagne, perciò tutto<br />
intorno alla Casa Bianca fece costruire scivoli e<br />
passaggi che hanno costituito il nucleo dell’odierno<br />
percorso per disabili e fatto di Caprera un esempio<br />
di accessibilità. Nel 1849, quando l’eroe dei due<br />
mondi arrivò la prima volta sull’isola, era necessario<br />
traghettare da La Maddalena, oggi, una volta<br />
arrivati da Santa Teresa o Palau, fino alla maggiore<br />
delle isole dell’arcipelago maddalenino, basta<br />
percorrere un ponte. Caprera, nel Parco nazionale<br />
dell’arcipelago de La Maddalena, è ancora selvaggia,<br />
e attraverso la pineta e i cespugli di mirto e cisto<br />
si possono fare passeggiate suggestive per arrivare<br />
alle cale più riparate, una delle quali, Cala Coticcio,<br />
è talmente bella che la chiamano “Tahiti”, per la<br />
spiccata somiglianza con i mari della Polinesia. Il<br />
vento è il grande artista dell’isola, modella le forme<br />
dei cespugli e scolpisce il granito, scelto anche per la<br />
tomba di Garibaldi.<br />
Cristina Nadotti<br />
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