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1. INTRODUZIONE<br />

Esiste da sempre un rapporto di odio e di amore fra l’ingegnere<br />

strutturale e l’architetto, due figure profondamente diverse per<br />

impostazione e concezione che spesso convivono, non senza<br />

problemi, nella progettazione delle costruzioni e soprattutto degli<br />

edifici. Ricorrendo a un definizione forse provocatoria, si potrebbe<br />

sostenere che l’architetto è colui che generalmente definisce la<br />

forma delle costruzioni su basi simboliche, geometriche, storiche,<br />

stilistiche o più semplicemente dettate dal proprio gusto e dalla<br />

propria ispirazione, demandando poi all’ingegnere il compito, tutt’altro<br />

che semplice, di rendere strutturalmente resistente e sicuro<br />

un disegno, una scultura o un pensiero.<br />

L’ingegnere ha spesso subito questa visione perseguendo, raramente<br />

con successo, il tentativo di conferire semplicità e regolarità<br />

alla concezione architettonica, per affrontare il calcolo su basi<br />

razionali e controllate. Questo obiettivo è palese soprattutto nei<br />

confronti delle azioni sismiche, dove semplicità e regolarità sono<br />

da sempre sinonimi di sana progettazione, e dinnanzi alle azioni<br />

del vento, dove semplicità e regolarità sono stati per anni elementi<br />

indispensabili per definire coefficienti di forma adeguati al problema<br />

studiato.<br />

L’avvento della galleria del vento ha modificato questa realtà offrendo<br />

all’ingegnere uno strumento per valutare le azioni aerodinamiche<br />

su forme comunque complesse. Se si escludono gli ultimi<br />

anni, non ha spostato però la realtà del problema: quasi sempre è<br />

l’architetto che decide la forma; tocca poi all’ingegnere calcolare<br />

la struttura, alterando il meno possibile l’opera concepita dall’architetto.<br />

Questa situazione è in aperto contrasto con la tradizione e la realtà<br />

di vari altri settori della tecnica e dell’ingegneria, dove la scelta<br />

della forma costituisce da tempo il punto di incontro e simbiosi<br />

fra processi di ottimizzazione finalizzati a prestazioni, ed esigenze<br />

stilistiche che raramente hanno il sopravvento sugli obiettivi della<br />

sicurezza, della funzionalità e dell’economicità del prodotto.<br />

Dopo questa breve introduzione (paragrafo 1), la presente memoria<br />

ripercorre in modo sintetico e necessariamente incompleto<br />

l’evoluzione del rapporto fra forma e aerodinamica nel corso dei<br />

secoli, evidenziando le innovazioni principali e le ricadute in diversi<br />

settori (paragrafo 2). Successivamente esamina alcuni aspetti peculiari<br />

dell’evoluzione dei grattacieli nella seconda metà del ‘900,<br />

ponendo in risalto il ruolo dell’architetto come protagonista assoluto<br />

nella scelta della forma (paragrafo 3).<br />

Infine passa in rassegna gli studi che nascono nell’ultimo decennio<br />

del secolo scorso, per interpretare e indirizzare la forma dei grattacieli<br />

verso criteri aerodinamici ispirati a obiettivi prestazionali (paragrafo<br />

4).<br />

Le conclusioni (paragrafo 5) anticipano il cambio di tendenza e le<br />

grandi evoluzioni che si attuano con l’avvento del terzo millennio,<br />

oggetto di una successiva memoria [1].<br />

Forma e aerodinamica<br />

nell’evoluzione strutturale<br />

e architettonica<br />

dei grattacieli.<br />

Parte I: L’esperienza del passato<br />

Giovanni Solari<br />

La presente memoria trae origine da una relazione svolta a<br />

Catania nel 2007 in occasione del XXI Congresso del Collegio<br />

dei Tecnici dell’Acciaio (C.T.A.), e di successivi approfondimenti<br />

oggetto di altre relazioni. Essa ripercorre l’evoluzione del<br />

rapporto fra forma e aerodinamica, evidenziando le differenze<br />

fra gli edifici e vari altri prodotti della tecnica e dell’ingegneria.<br />

Mentre gli aeroplani, le imbarcazioni, le automobili,<br />

i treni e i mulini a vento nascono attraverso un processo di<br />

ottimizzazione della forma, l’edificio resta a lungo ancorato<br />

a una realtà differente: dapprima un architetto concepisce la<br />

forma su basi stilistiche; successivamente un ingegnere rende<br />

strutturalmente sicura una forma predefinita e intoccabile.<br />

Questa tendenza mostra chiari sintomi di mutamento alla fine<br />

del ‘900, quando nascono varie ricerche finalizzate a ottimizzare<br />

la forma dei grattacieli su basi aerodinamiche. E’ il preludio<br />

a una nuova visione, trattata in una successiva memoria,<br />

dove l’architetto e l’ingegnere trovano un punto di incontro<br />

e simbiosi nel ruolo della forma intesa come interfaccia fra le<br />

esigenze stilistiche e un processo di ottimizzazione delle prestazioni.<br />

2. FORMA E AERODINAMICA NEL CORSO DEI SECOLI<br />

I concetti che legano indissolubilmente la forma all’aerodinamica<br />

hanno origini remote [2, 3, 4].<br />

Già intorno al 2500 a.C. gli egiziani solcavano i mari con imbarcazioni<br />

dotate di vele quadre, sfruttando il principio della resistenza<br />

per attuare il movimento nella direzione del vento. Sarà necessario<br />

attendere oltre tre millenni prima che nell’Isola di Thasos compaia<br />

un graffito, del VII secolo d.C., nel quale compare l’effige di una vela<br />

latina che sfrutta il principio della portanza per fare avanzare una<br />

barca al traverso [5].<br />

PRIMO PIANO<br />

4 COSTRUZIONI METALLICHE LUG AGO 09 51

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