T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 20 luglio 2012, n. 2046 - Ediltecnico
T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 20 luglio 2012, n. 2046 - Ediltecnico
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T.A.R. <strong>Lombardia</strong>, <strong>Milano</strong>, <strong>sez</strong>. <strong>II</strong>, <strong>20</strong> <strong>luglio</strong> <strong>20</strong>12, n. <strong>20</strong>46<br />
Procedimento amministrativo – Intervento oggetto di DIA – Ordine inibitorio – Preavviso di<br />
rigetto – Necessità – Va esclusa – Motivazione.<br />
REPUBBLICA ITALIANA<br />
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la <strong>Lombardia</strong><br />
(Sezione Seconda)<br />
ha pronunciato la presente<br />
SENTENZA<br />
sul ricorso numero di registro generale 499 del <strong>20</strong>10, integrato da<br />
motivi aggiunti, proposto da:<br />
- Silvia Grassenis ed Enrico Palmosi, rappresentati e difesi dall'avv.<br />
Bruno Santamaria, con domicilio eletto presso Bruno Santamaria in<br />
<strong>Milano</strong>, Galleria del Corso, 2;<br />
contro<br />
- Comune di Pessano con Bornago, in persona del Sindaco p.t.,<br />
rappresentato e difeso dall'avv. Mario Viviani, con domicilio eletto<br />
presso Mario Viviani in <strong>Milano</strong>, Galleria San Babila, 4/A;<br />
per l'annullamento<br />
> A. quanto al ricorso introduttivo:<br />
- a) dell’ordinanza 14 gennaio <strong>20</strong>10 n. 2/<strong>20</strong>10, notificata il 19.1.10,<br />
che impone la demolizione ed il ripristino dello stato di progetto dei<br />
lavori difformemente realizzati dalla denuncia di inizio attività<br />
D33/<strong>20</strong>08, prot. n. 5345, del 10.4.<strong>20</strong>08, relativa all'edificio sito in<br />
via Don Gnocchi 15;
- b) della nota 28 dicembre <strong>20</strong>09 (prot. n. 17725/<strong>20</strong>09), ricevuta il<br />
30.12.09, con cui il Comune ha reso noto di non avere ritenuto<br />
“accettabili le motivazioni formulate al fine della giustificazione<br />
dello stato dei luoghi rilevato sull'immobile di via Don Gnocchi n.<br />
15" e di avere pertanto proceduto ai sensi dell'art. 37, comma 6, del<br />
D.P.R. 380/<strong>20</strong>01;<br />
- c) dei verbali, di contenuto ignoto, relativi ai sopralluoghi del 16<br />
ottobre e del 10 dicembre <strong>20</strong>09, richiamati nell'ordinanza<br />
demolitoria, ma non allegati ad essa;<br />
- d) per quanto occorra, della comunicazione di avvio del<br />
procedimento del 14 agosto <strong>20</strong>09 (prot. n. 11143/<strong>20</strong>09);<br />
- e) per quanto occorrer possa, anche ai fini risarcitori,<br />
dell’ordinanza di sospensione dei lavori 8 ottobre <strong>20</strong>09 (n.<br />
74/<strong>20</strong>09);<br />
> B. quanto ai motivi aggiunti depositati il 24.06.<strong>20</strong>10,<br />
per l’annullamento:<br />
- e) del provvedimento del 15 aprile <strong>20</strong>10 (prot. 5356/<strong>20</strong>10),<br />
notificato in pari data, che dichiara priva di effetto la DIA n.<br />
D26/<strong>20</strong>10 presentata il 24.3.<strong>20</strong>10 (prot. n. 4385) e subordina il<br />
proseguimento dell’attività edilizia all'eventuale ottenimento di un<br />
permesso di costruire in sanatoria per le opere realizzate in<br />
difformità dalla DIA n. D33/<strong>20</strong>08;<br />
> C. quanto ai motivi aggiunti del 21.03.<strong>20</strong>11,<br />
per l’annullamento:<br />
- f) del provvedimento del 31.12.<strong>20</strong>10 recante diniego di permesso<br />
di costruire in sanatoria;<br />
> D. quanto ai motivi aggiunti depositati il 02.09.<strong>20</strong>11,
per l’annullamento, previa sospensione:<br />
- g) dell'ordinanza/ingiunzione di demolizione n. 46 del 29.06.<strong>20</strong>11,<br />
notificata in data 30.06.<strong>20</strong>11;<br />
nonché per la condanna del Comune di Pessano con Bornago e dei<br />
funzionari che per esso hanno o avranno agito, in denegata ipotesi<br />
di mancata soddisfazione in forma specifica, al risarcimento del<br />
danno ingiusto procurato, da determinarsi anche in via equitativa, in<br />
conseguenza del ritardo nella trasformazione dell'immobile oggetto<br />
delle pratiche edilizie sin qui denegate dall'Amministrazione.<br />
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;<br />
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pessano con<br />
Bornago;<br />
Viste le memorie difensive;<br />
Visti tutti gli atti della causa;<br />
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo <strong>20</strong>12 la dott.ssa<br />
Concetta Plantamura e uditi per le parti i difensori come specificato<br />
nel verbale;<br />
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.<br />
FATTO<br />
Con l’odierno ricorso, notificato il 24.02.<strong>20</strong>10 e depositato il<br />
successivo 05.03.<strong>20</strong>10, gli esponenti hanno impugnato gli atti in<br />
epigrafe specificati, contestandone la legittimità sotto più profili.<br />
In particolare, essi assumono che l’ordinanza di demolizione n.<br />
2/<strong>20</strong>10 sarebbe priva di una reale motivazione, poiché farebbe<br />
riferimento ad una difformità totale tra quanto realizzato e quanto<br />
autorizzato, senza specificarne i contenuti.
In essa, poi, si richiamerebbero due sopralluoghi (del 16 ottobre e<br />
del 10 dicembre <strong>20</strong>09) senza allegarne i verbali e non si terrebbero<br />
in alcun conto le osservazioni trasmesse dagli istanti a seguito della<br />
comunicazione di avvio del procedimento. In definitiva,<br />
proseguono i ricorrenti, l’unica difformità riscontrabile<br />
nell’immobile in questione consisterebbe nel maggior spessore della<br />
soletta del piano terreno e della copertura, realizzato per esigenze di<br />
coibentazione termica e acustica.<br />
Si è costituito il Comune di Pessano con Bornago,<br />
controdeducendo con separata memoria alle censure avversarie.<br />
Con ordinanza n. 286 del 26.3.<strong>20</strong>10 la Sezione ha respinto la<br />
domanda incidentale di sospensione, poiché risultava depositata in<br />
Comune il 24.03.<strong>20</strong>10 una d.i.a. in variante, che il Comune era<br />
tenuto a valutare, tenendo anche conto delle risultanze di un<br />
ulteriore sopralluogo effettuato in data 19.03.<strong>20</strong>10.<br />
Con motivi aggiunti notificati il 14 e depositati il successivo<br />
24.06.<strong>20</strong>10 gli esponenti hanno impugnato il provvedimento del<br />
15.04.<strong>20</strong>10, con cui il Comune ha dichiarato priva di efficacia la<br />
d.i.a. in variante presentata il 24.3.<strong>20</strong>10, sul presupposto che le<br />
difformità riscontrate sarebbero astrattamente assoggettate a<br />
permesso di costruire in sanatoria, ex art. 36 d.P.R. n. 380 /<strong>20</strong>01<br />
(TU).<br />
Ha resistito il Comune con controricorso, controdeducendo con<br />
separata memoria.<br />
Con ordinanza dell’8/7/<strong>20</strong>10 la Sezione, dubitando della<br />
qualificazione come varianti essenziali delle modifiche realizzate
ispetto al progetto assentito, ha accordato la misura cautelare<br />
limitatamente all’ingiunzione di demolizione e ripristino.<br />
Con motivi aggiunti notificati il 4.03.<strong>20</strong>11 e depositati il successivo<br />
18.03.<strong>20</strong>11, l’impugnazione è stata estesa al provvedimento del<br />
31.12.<strong>20</strong>10, di diniego del permesso di costruire in sanatoria.<br />
Ha resistito il Comune con controricorso.<br />
Con motivi aggiunti notificati l’8.08.<strong>20</strong>11 e depositati il 2.09.<strong>20</strong>11 gli<br />
esponenti hanno impugnato l’ordinanza di demolizione n. 46b del<br />
29.06.<strong>20</strong>11, adottata in esecuzione del citato diniego del 31.12.<strong>20</strong>10.<br />
Ha resistito il Comune con controricorso.<br />
Con memoria del <strong>20</strong>.02.<strong>20</strong>12 i ricorrenti hanno insistito sulle<br />
proprie conclusioni, ivi inclusa la domanda risarcitoria.<br />
Ha resistito anche il Comune con memoria conclusionale.<br />
Entrambe le parti hanno replicato.<br />
Alla pubblica udienza del 22 marzo <strong>20</strong>12 la causa è stata trattenuta<br />
dal Collegio per la decisione.<br />
DIRITTO<br />
1. Preliminarmente, il Collegio si deve interrogare sul perdurante<br />
interesse al ricorso in relazione agli atti impugnati col ricorso<br />
introduttivo e col primo atto di motivi aggiunti.<br />
Ciò, in quanto la pretesa annullatoria, così come puntualizzata dai<br />
ricorrenti nella memoria conclusiva depositata il <strong>20</strong>.02.<strong>20</strong>12, si<br />
concentra unicamente sul provvedimento di diniego di permesso di<br />
costruire in sanatoria, da ultimo adottato dal Comune, nonché sulla<br />
successiva ordinanza di demolizione, rispettivamente gravati con i<br />
secondi e terzi motivi aggiunti, senza più coinvolgere i
provvedimenti attinti dal ricorso introduttivo e dal primo atto di<br />
motivi aggiunti.<br />
Nessun elemento viene fornito a dimostrazione del perdurante<br />
interesse dei ricorrenti all’annullamento dell’ordinanza di<br />
demolizione n.2/<strong>20</strong>10 e del diniego di efficacia della d.i.a. n.<br />
D26/<strong>20</strong>10, nei fatti superati dai provvedimenti oggetto dei secondi<br />
e terzi motivi aggiunti.<br />
Sennonché, gli stessi ricorrenti insistono sulla domanda risarcitoria,<br />
lamentando danni da ritardato godimento dell’immobile a decorrere<br />
dalla data della prima ordinanza di demolizione (del 18 gennaio<br />
<strong>20</strong>10), impugnata con il ricorso introduttivo.<br />
In siffatte evenienze, pur non apparendo più di alcuna utilità<br />
l’annullamento dei provvedimenti impugnati con il ricorso<br />
introduttivo e con i primi motivi aggiunti, il Collegio ne deve<br />
comunque accertare l’illegittimità, sussistendo l’interesse ai fini<br />
risarcitori, ex art. 34, co. <strong>II</strong>I c.p.a.<br />
2. Ebbene, quanto al ricorso introduttivo, deve esserne in primo<br />
luogo decretata la parziale inammissibilità con riferimento<br />
all’impugnazione degli atti elencati in epigrafe sub lett. A.b), A.c) e<br />
A.d), per difetto di interesse, trattandosi di atti endo-procedimentali<br />
privi, come tali, di autonoma lesività.<br />
3. Per il resto, il Collegio deve esaminare i motivi dedotti, che fanno<br />
leva:<br />
I) sul difetto di motivazione; ciò in quanto non si comprenderebbe<br />
la reale consistenza delle lamentate difformità rispetto all’intervento<br />
progettato, anche perché non sarebbero stati allegati i verbali dei
sopralluoghi e non sarebbero state precisate le ragioni di dissenso<br />
dalle osservazioni;<br />
<strong>II</strong>) sulla violazione dell’art. 6 p.4 delle N.T.A. del P.R.G., che<br />
imporrebbe di misurare l’altezza all’intradosso del solaio di<br />
copertura, nonché, sulla violazione degli artt. 105, 106 e 119 bis del<br />
regolamento comunale, che ammetterebbero gli incrementi di<br />
volume ove destinati all’isolamento termico dell’edificio.<br />
3.1. In sostanza, secondo la ricostruzione della difesa ricorrente, le<br />
modifiche apportate darebbero luogo, al più, a parziali difformità<br />
rispetto al progetto autorizzato, ma non certo a totali difformità o a<br />
variazioni essenziali, tenuto conto del disposto dell’art. 27 della<br />
legge regionale n.12/<strong>20</strong>05, come reinterpretato dalla legge reg.<br />
7/<strong>20</strong>10, che, per gli interventi di ristrutturazione, non richiede il<br />
rispetto della sagoma.<br />
3.1.1. Sul punto, la difesa del Comune contro-deduce nel senso che,<br />
nella d.i.a. presentata dagli esponenti, sarebbe stato espressamente<br />
assunto l’obbligo di mantenimento della sagoma, ritenuto necessario<br />
per salvaguardare il rispetto della distanza dall’edificio fronti-stante,<br />
avente pareti finestrate e posto a soli 3 mt.<br />
3.1.2. Per il resto, la difesa comunale evidenzia come:<br />
- anche il volume di progetto non risulterebbe rispettato, così<br />
provocando la violazione dell’art. 19 delle N.T.A. del P.R.G., che, in<br />
zona B2, qual è quella di ubicazione dell’immobile in questione,<br />
porrebbe un indice di edificabilità di 1,5 mc/mq (cfr. art. 6.5 NTA<br />
per la definizione di volume);
- nessun difetto di motivazione affliggerebbe l’ordinanza impugnata,<br />
poiché i sopralluoghi richiamati nelle premesse sarebbero stati<br />
effettuati in contraddittorio fra le parti.<br />
- le difformità realizzate rivestirebbero carattere essenziale, ai sensi<br />
degli artt. 54, co. 1, lett. b) n.1.1 e 27, co.1, lett. e.1; nonché, ai sensi<br />
dell’art. 54, co. 1, lett. c.2, della legge reg. n.12/<strong>20</strong>05, attesa la<br />
violazione della distanza minima.<br />
3.1.3. Conclude la difesa comunale, nel senso che il richiamo all’art.<br />
37 TU da parte ricorrente sarebbe del tutto inesatto, dovendosi<br />
applicare qui gli artt. 31 e ss. TU, poiché l’intervento sarebbe<br />
soggetto a permesso di costruire, ex art. 10, lett. c) del T.U.<br />
3.2. Il Collegio ritiene che le censure sollevate col ricorso<br />
introduttivo siano prive di pregio.<br />
3.2.1. Non sussiste, in primo luogo, il lamentato difetto di<br />
motivazione, poiché le difformità riscontrate dal Comune risultano<br />
sufficientemente esplicitate, sia nella comunicazione di avvio del<br />
14.08.<strong>20</strong>09, che nell’ordinanza di sospensione lavori dell’8.10.<strong>20</strong>09,<br />
oltreché nei verbali di sopralluogo del 16.10.<strong>20</strong>09 e del 10.12.<strong>20</strong>09;<br />
si tratta, qui, di atti assunti tutti come presupposti e richiamati nelle<br />
premesse dell’ordinanza di demolizione n.2/<strong>20</strong>10.<br />
3.2.2. Detti atti, giova precisare, sono senz’altro noti agli esponenti,<br />
in quanto ad essi comunicati (cfr. doc. nn. 1 e 2 dep. Comune)<br />
oppure effettuati, come per i sopralluoghi, previa convocazione<br />
della parti interessate e/o con la loro partecipazione (cfr. doc. n. 5<br />
atti Comune, da cui risulta la partecipazione al sopralluogo del<br />
16.10.<strong>20</strong>09, oltre che della sig.ra Grassenis, del progettista e
direttore dei lavori, anche del rappresentante della ditta esecutrice<br />
dei lavori medesimi).<br />
Sempre con riguardo alla predetta relazione di sopralluogo (allegato<br />
n. 5 atti comunali) richiamata nel provvedimento impugnato e, nella<br />
sostanza, confermata dal progetto allegato alla dia in variante<br />
presentata il 24.03.<strong>20</strong>10 dagli stessi esponenti (Tav. 3 agli atti),<br />
emergono chiaramente le difformità realizzate rispetto al progetto di<br />
cui alla (Tav. 3 della) dia del 10.04.<strong>20</strong>08, sia per l’altezza<br />
all’estradosso del colmo (di mt. 7,10 anziché 6,43) che per l’altezza<br />
di gronda (di mt. 5,13 anziché 4,50).<br />
3.2.3. Siffatte modifiche rientrano nella definizione di variazione<br />
essenziale ai sensi dell’art. 54, co. 1, lett. d) (per cui:” 1. Costituiscono<br />
variazioni essenziali al progetto approvato le modifiche edilizie che comportino<br />
anche singolarmente: …d) mutamento delle caratteristiche dell’intervento<br />
assentito in relazione alla classificazione dell’art. 27, …”) e 27, co.1, lett.<br />
e.1, (per cui:” 1. Ai fini della presente legge si intendono per: …e) interventi<br />
di nuova costruzione, quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio<br />
non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti e precisamente:<br />
1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero<br />
l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente,…).<br />
3.2.4. Né, d’altro canto, si può trascurare che nel caso in esame<br />
esiste anche un problema di rispetto delle distanze da parete frontistante<br />
finestrata, ragion per cui, nella dia originaria del 10.04.<strong>20</strong>08, i<br />
ricorrenti avevano dichiarato di eseguire un intervento di<br />
.
Ciò, proprio sul presupposto che l’ampliamento extra-sagoma in<br />
altezza avrebbe comportato una violazione della distanza minima<br />
con la predetta parete.<br />
Ne consegue che la modifica all’altezza di colmo realizzata dagli<br />
istanti costituisce variazione essenziale anche ai sensi del co. 1, lett.<br />
c) p.2, dell’art. 54 cit., poiché provoca, come ricordato dalla difesa<br />
comunale, la violazione della distanza minima rispetto all’edificio<br />
prospiciente, di cui all’art. 9 del d.M. 1444/1968, recante “Limiti<br />
inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti<br />
massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi<br />
pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da<br />
osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della<br />
revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della L. 6 agosto 1967, n.<br />
765”.<br />
3.2.5. Né si può accedere alla tesi della difesa ricorrente, secondo cui<br />
tale ampliamento non sarebbe rilevante ai fini del rispetto delle<br />
distanze, in quanto realizzato per esigenze di miglioramento delle<br />
prestazioni energetiche, posto che – come verrà meglio chiarito in<br />
seguito – nel caso di specie non trova applicazione l’art. 11 del d.lgs.<br />
n. 115 del 30.05.<strong>20</strong>08 (di attuazione della direttiva <strong>20</strong>06/32/CE<br />
relativa all’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici).<br />
3.2.6. Neppure rileva, infine, la modifica apportata alla legge reg. n.<br />
12/<strong>20</strong>05 dalla legge reg. n.7/<strong>20</strong>10, atteso che, con sentenza 21 - 23<br />
novembre <strong>20</strong>11, n. 309, la Corte Costituzionale ha dichiarato<br />
l'illegittimità costituzionale dell’ultimo periodo della lettera d) del<br />
co.1 dell’art. 27 cit., nella parte in cui esclude l’applicabilità del limite
della sagoma alle ristrutturazioni edilizie realizzate mediante<br />
demolizione e ricostruzione.<br />
3.3. Sussistono, pertanto, le lamentate difformità tra quanto<br />
realizzato e quanto progettato con la d.i.a. D33/<strong>20</strong>08 e la loro<br />
indicazione, fornita attraverso il richiamo di atti presupposti noti ai<br />
destinatari, è sufficiente ad adempiere all’obbligo di motivazione,<br />
specie al cospetto di atti vincolati quali quelli di cui trattasi.<br />
3.4. Per le precedenti considerazioni, il Collegio non può che<br />
affermare la piena legittimità dell’ordinanza di demolizione e di<br />
quella di sospensione lavori, impugnate col ricorso introduttivo.<br />
3.5. Deve, pertanto, essere respinta la domanda risarcitoria proposta<br />
col ricorso introduttivo, per difetto dei presupposti richiesti ai fini<br />
della configurabilità del danno ingiusto risarcibile ex art. <strong>20</strong>43 c.c., in<br />
primis l’agire provvedimentale illegittimo della p.a.<br />
4. Si può, quindi, passare all’esame del primo atto di motivi aggiunti<br />
(dep. il 24.06.<strong>20</strong>10), che ha esteso l’impugnazione alla<br />
determinazione comunale del 15.04.<strong>20</strong>10, di declaratoria di<br />
inefficacia della dia in variante n. D26/<strong>20</strong>10.<br />
4.1. Con essi si deduce, in primo luogo, la violazione di legge e<br />
l’eccesso di potere per difetto d’istruttoria e disparità di trattamento,<br />
poiché l’amministrazione avrebbe effettuato le rilevazioni con uno<br />
strumento particolarmente sofisticato, mai utilizzato in precedenza.<br />
4.1.1. Il motivo è infondato.<br />
4.1.2. Secondo un costante orientamento giurisprudenziale, cui il<br />
Tribunale senz’altro aderisce, affinché possa essere ravvisato il vizio<br />
della disparità di trattamento occorre che sia dimostrata<br />
l’ fra la situazione dedotta in giudizio e quella
ichiamata come termine di paragone, in modo da dimostrare la<br />
disuguaglianza di trattamento da parte della P.A. (cfr., da ultimo,<br />
Consiglio di Stato, <strong>sez</strong>. IV, 18 aprile <strong>20</strong>12, n. 2289, per cui: "la<br />
censura di eccesso di potere per disparità di trattamento a fronte di scelte<br />
discrezionali dell'Amministrazione è riscontrabile soltanto in caso di assoluta<br />
identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del<br />
trattamento riservato, situazioni la cui prova rigorosa deve essere fornita<br />
dall'interessato, con la precisazione che la legittimità dell'operato della Pubblica<br />
amministrazione non può comunque essere inficiata dall'eventuale illegittimità<br />
compiuta in altra situazione"; analogamente, Consiglio Stato, <strong>sez</strong>. V, 11<br />
gennaio <strong>20</strong>11, n. 79; T.A.R. <strong>Milano</strong>, <strong>II</strong>, 24.05.<strong>20</strong>12 n. 1433).<br />
4.1.3. Nessuna dimostrazione nei suddetti termini è stata fornita da<br />
parte ricorrente a sostegno della dedotta disparità di trattamento,<br />
come pure a dimostrazione della fallacia del metodo di misurazione<br />
adottato dal Comune (su cui cfr. anche il motivo seguente)<br />
dovendosi, pertanto, ribadire l’infondatezza del primo motivo.<br />
4.2. Con il secondo motivo si deduce, poi, il travisamento dei<br />
presupposti di fatto e di diritto, poiché lo scostamento della soletta<br />
del primo piano da 3.10 a 3.485 mt sarebbe imputabile al fatto che i<br />
lavori non sarebbero stati completati al momento delle rilevazioni.<br />
4.2.1. Al riguardo, la difesa del Comune, ha rilevato come, a seguito<br />
di accurato sopralluogo (in data 19.03.<strong>20</strong>10) sarebbe emerso lo<br />
sforamento delle altezze e del volume in misura pari al 14.02%<br />
rispetto a quanto autorizzato, rendendo evidente l’entità delle<br />
modifiche apportate per altezza, sagoma e volume, tali da sussumere<br />
l’intervento, non già, fra le ristrutturazioni, ma, senz’altro, fra le<br />
nuove costruzioni.
4.2.2. Il motivo è infondato.<br />
4.2.3. Come già evidenziato in sede cautelare, gli accertamenti<br />
effettuati dal Comune non lasciano dubbi sull’entità delle modifiche<br />
apportate dagli istanti, che, anche soltanto per ciò che attiene<br />
all’incremento delle altezze di colmo e di gronda, sono ricavabili<br />
anche dalla Tavola 3 (già cit. e agli atti) allegata alla dia in variante e<br />
che risultano idonee a decretare una modifica extra-sagoma<br />
dell’intervento, non assentibile con dia in variante ex art. 22, co. <strong>II</strong><br />
T.U. (per cui sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività “le<br />
varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle<br />
volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non<br />
alterano la sagoma dell'edificio e non violano le eventuali prescrizioni contenute<br />
nel permesso di costruire”).<br />
4.3. Con il terzo motivo, si afferma che le ridette modifiche non<br />
rivestirebbero i caratteri della variazione essenziale rilevante ex art.<br />
31 TU, tenendo conto dell’ult. co. dell’art. 54 L.R. cit. per cui: Non<br />
sono comunque da considerarsi variazioni essenziali quelle che incidono<br />
sull'entità delle cubature dei volumi tecnici ed impianti tecnologici, sulla<br />
distribuzione interna delle singole unità abitative e produttive, per l'adeguamento<br />
alle norme di risparmio energetico, per l'adeguamento alle norme per la<br />
rimozione delle barriere architettoniche, nonché le modifiche che variano il<br />
numero delle unità immobiliari.<br />
4.3.1. Sul punto, il Comune nega l’applicabilità ex post, in sede di<br />
variante (e/o di sanatoria), della disciplina sul contenimento del<br />
consumo energetico di cui al d.lgs. n. 115/<strong>20</strong>08.<br />
4.3.2. Il motivo è infondato.
4.3.3. Ritiene il Collegio che l’impostazione comunale debba essere<br />
condivisa, nel senso che, la disciplina statale e regionale volta ad<br />
agevolare il perseguimento del risparmio energetico negli interventi<br />
edilizi (cfr. art. 11 d.lgs. n. 115/<strong>20</strong>08; legge regionale n. 26/1995 e<br />
relativa circolare regionale di cui al d.dirett. reg. 7.08.<strong>20</strong>08 n. 8935),<br />
non si presta ad essere interpretata alla stregua di una disciplina di<br />
sanatoria di interventi edilizi già realizzati.<br />
In essa, infatti, è chiaramente richiesto agli interessati di allegare al<br />
progetto originario apposita relazione tecnica, corredata da calcoli e<br />
grafici dimostrativi della riduzione del fabbisogno energetico e della<br />
trasmittanza termica, che costituisce parte integrante del progetto<br />
medesimo (cfr. circolare regionale cit.).<br />
Per la deroga alle distanze minime e alle altezze massime di cui<br />
all’art. 11 cit., quindi, è necessario che l’amministrazione si esprima<br />
sulla base del progetto e dei dati tecnici richiesti ai sensi della ridetta<br />
normativa, prima che l’intervento medesimo abbia luogo.<br />
Nel caso di specie, al contrario, nel progetto originario di cui alla dia<br />
D33/<strong>20</strong>08 non v’era alcuna traccia della volontà delle parti di<br />
avvalersi della disciplina sul contenimento energetico, essendo stato,<br />
il ricorso a detta disciplina, prospettato dalla difesa ricorrente<br />
soltanto dopo la realizzazione delle difformità e l’intervento<br />
sanzionatorio comunale.<br />
In siffatte evenienze, deve essere, quindi, ribadita la legittimità<br />
dell’operato comunale, che ha ritenuto inammissibile la dia in<br />
variante a fronte delle riscontrate difformità rispetto al progetto<br />
originario, non superabili neppure con l’applicazione postuma della<br />
cit. disciplina sul risparmio energetico.
4.4. Con il quarto motivo si ripropone la violazione dell’art. 27, co.<br />
1, lett. e.1 della legge reg. n. 12/<strong>20</strong>05, così come reinterpretata dalla<br />
legge reg. n. 7/<strong>20</strong>10, a proposito della definizione dell’intervento<br />
come di ristrutturazione edilizia e non di nuova costruzione.<br />
4.4.1. Il motivo è infondato.<br />
4.4.2. Al riguardo, il Collegio si può limitare a richiamare quanto già<br />
evidenziato sub n. 3.2.6. per respingere analogo motivo del ricorso<br />
introduttivo.<br />
4.5. Con il quinto motivo si insiste sul rispetto delle distanze,<br />
poiché, trattandosi di ristrutturazione, l’intervento non sarebbe<br />
assoggettato alle prescrizioni di cui all’art. 9 del d.M. 1444/68.<br />
4.5.1. Il motivo è infondato.<br />
4.5.2. Anche qui, è sufficiente richiamare quanto già sopra<br />
evidenziato, a proposito della non sussumibilità degli interventi di<br />
demolizione e ricostruzione senza il rispetto della sagoma fra gli<br />
interventi di ristrutturazione (sub n. 3.2.6); ciò, senza trascurare che<br />
qui si è in presenza della violazione anche di un preciso obbligo<br />
assunto dagli istanti in sede di progetto originario, proprio al fine di<br />
salvaguardare il rispetto delle cit. distanze.<br />
4.6. Infine, con l’ultimo motivo si deduce la violazione dell’art. 10<br />
bis della legge n. 241/1990, per mancata comunicazione dei motivi<br />
ostativi all’accoglimento della dia in variante.<br />
4.6.1. Il motivo è infondato.<br />
4.6.2. Come noto, l’ordine inibitorio concernente l’intervento<br />
oggetto di d.i.a. non è soggetto a comunicazione dei motivi ostativi<br />
ex art. 10 bis legge n. 241/1990, trattandosi di provvedimento<br />
vincolato, per il quale l’art. 23, co. 6 T.U. salvaguarda le esigenze di
tutela dell’interessato attraverso la facoltà, ivi contemplata, di<br />
ripresentazione di nuova dia, ricorrendone i presupposti.<br />
4.7. Anche i primi motivi aggiunti devono, pertanto, essere disattesi<br />
in quanto infondati; con conseguente accertamento della legittimità<br />
del provvedimento del 15.04.<strong>20</strong>10 prot. 5356.<br />
4.8. Deve, quindi, essere respinta la domanda risarcitoria con essi<br />
proposta, per difetto dei presupposti richiesti ai fini della<br />
configurabilità del danno ingiusto risarcibile ex art. <strong>20</strong>43 c.c.<br />
5. Si può, quindi, passare all’esame del secondo atto di motivi<br />
aggiunti (dep. il 21.03.<strong>20</strong>11), che ha esteso l’impugnazione al<br />
provvedimento di diniego del permesso di costruire in sanatoria del<br />
31.12.<strong>20</strong>10, adottato dal Comune in relazione all’istanza presentata<br />
dai ricorrenti il 01.10.<strong>20</strong>10.<br />
5.1. Con un unico, complesso motivo, si deduce la violazione degli<br />
artt. 22, 27, 31, 32 e 37 d.P.R. n. 380/<strong>20</strong>01, nonché degli artt. 27, 41<br />
e 54 della legge reg. n.12/<strong>20</strong>05, degli artt. 3 e 10 bis della legge n.<br />
241/1990, dell’art. 6 delle N.T.A. del P.R.G. e degli artt. 105, 106 e<br />
119 bis del Regolamento edilizio; si deduce altresì l’eccesso di potere<br />
sotto più profili.<br />
5.1.1. In sostanza, gli esponenti lamentano qui, in primo luogo, la<br />
mancata comunicazione, fra i motivi ostativi preannunciati nella<br />
nota prot. 15741 del 30.11.<strong>20</strong>10, di quello concernente la mancanza<br />
della relazione sull’attestazione del risparmio energetico.<br />
5.1.2. La censura è infondata.<br />
5.1.3. La cit. comunicazione del 30.11.<strong>20</strong>10 fa esplicito riferimento<br />
alla circostanza che “non è stata prodotta la prescritta relazione corredata da<br />
calcoli e grafici dimostrativi del minor fabbisogno energetico” (cfr. doc. n. 26
allegati Comune), così smentendo quanto asserito da parte<br />
ricorrente.<br />
5.1.4. Indi, sempre nell’ambito del primo motivo, si lamenta la<br />
valutazione espressa dall’amministrazione, nel senso della non<br />
applicabilità della disciplina premiale di cui al d.lgs. n. 115/<strong>20</strong>08 in<br />
sede di sanatoria edilizia, sul presupposto che non vi sarebbe la cd.<br />
doppia conformità.<br />
5.1.5. Anche tale censura deve essere disattesa.<br />
5.1.6. Come chiarito dalla resistente amministrazione, la normativa<br />
di cui agli artt. 11 d.lgs. 115/<strong>20</strong>08 e 1 e ss. legge reg. n.26/1995 e ss.<br />
m. e i., non si applica al permesso di costruire in sanatoria,<br />
postulando la stessa una valutazione ex ante da parte<br />
dell’amministrazione, da esprimersi prima della realizzazione<br />
dell’intervento e previa presentazione di apposita relazione di<br />
certificazione del contenimento del consumo energetico conseguito<br />
con l’intervento medesimo.<br />
Nel caso di specie, giova ribadire, i ricorrenti hanno dapprima<br />
presentato una D.I.A. per ristrutturazione, senza prevedere le<br />
misure di contenimento energetico, anzi impegnandosi al rispetto<br />
della sagoma e delle altezze preesistenti; indi, hanno posto in essere<br />
delle rilevanti variazioni, pretendendo di sminuirne l’essenzialità<br />
mediante l’applicazione in sanatoria della normativa sul risparmio<br />
energetico.<br />
5.1.7. In siffatte evenienze, il Collegio deve ribadire quanto già<br />
evidenziato sub n. 4.3.3., dovendosi condividere l’impostazione<br />
comunale che, valorizzando la vera ratio della disciplina statale e<br />
regionale di cui agli artt. 11 d.lgs. n. 115/<strong>20</strong>08; 1 e ss. legge regionale
n. 26/1995 e s.m. e i. (e relativa circolare di cui al d.dirett. reg.<br />
7.08.<strong>20</strong>08 n. 8935) tesa ad agevolare il perseguimento del risparmio<br />
energetico negli interventi edilizi, ne esclude un’applicazione ex post,<br />
alla stregua di una disciplina di sanatoria di interventi edilizi già<br />
realizzati. Si richiamano, per il resto, le valutazioni già espresse in<br />
precedenza, richiamandosi alle relative conclusioni.<br />
5.1.8. A corroborare quanto sin qui evidenziato, si può solo<br />
accennare alla circostanza che, in sede di permesso di costruire in<br />
sanatoria, un ulteriore ostacolo all’applicazione della normativa da<br />
ultimo cit. è rappresentato dalla mancanza della cd. doppia<br />
conformità.<br />
Il permesso in sanatoria, infatti, postula imprescindibilmente una<br />
sostanziale conformità dell'opera abusiva alla vigente disciplina<br />
urbanistica, sia al momento della perpetrazione di detto abuso che al<br />
tempo della presentazione della pertinente istanza di sanatoria, “nella<br />
prospettiva di una più solida salvaguardia degli interessi pubblici connessi alla<br />
tutela delle esigenze urbanistiche” (così Consiglio Stato, <strong>sez</strong>. V, 08<br />
settembre <strong>20</strong>11, n. 5056; T.A.R. <strong>Milano</strong>, <strong>sez</strong>. <strong>II</strong>, 08 settembre <strong>20</strong>11,<br />
n. 2195).<br />
Qui, per vero, al momento della realizzazione dell’abuso, e, quindi,<br />
al momento della presentazione del progetto originario, l’intervento<br />
non era conforme alla disciplina urbanistica esistente (mentre<br />
nessuna deroga era stata richiesta ai fini dell’attuazione delle misure<br />
di contenimento energetico), sicché l’eventuale conformità<br />
all’attuale disciplina urbanistica dell’intervento in questione non<br />
sarebbe comunque sufficiente a decretarne la sanatoria ex art. 36<br />
TU.
5.1.9. L’infondatezza della suesposta censura determina<br />
l’assorbimento delle ulteriori doglianze, che fanno leva su una non<br />
corretta applicazione dell’art. 11 cit.<br />
5.1.10. Sulla non sussumibilità dell’intervento fra le ristrutturazioni,<br />
trattandosi di nuova costruzione, si richiamano le considerazioni già<br />
esposte sub nn. 3.2.6. e relative conclusioni.<br />
5.1.11. Va ribadita, infine, la non applicabilità dell’art. 54 u.co. legge<br />
reg. n.12/<strong>20</strong>05, non potendosi ritenere l’intervento che qui ci<br />
occupa (per le considerazioni espresse poc’anzi) come realizzato<br />
“per l’adeguamento alle norme di risparmio energetico”, secondo quanto<br />
richiesto dalla citata disposizione.<br />
5.2. Anche i secondi motivi aggiunti devono, pertanto, essere<br />
disattesi in quanto infondati.<br />
5.3. Conseguentemente, deve essere respinta la domanda risarcitoria<br />
con essi riproposta, per difetto dei presupposti richiesti ai fini della<br />
configurabilità del danno ingiusto risarcibile ex art. <strong>20</strong>43 c.c.<br />
6. Si può, quindi, passare all’esame del terzo atto di motivi aggiunti,<br />
da ultimo depositati, con cui gli esponenti hanno impugnato<br />
l’ordinanza di demolizione adottata dal Comune in esecuzione del<br />
diniego di permesso di costruire in sanatoria.<br />
6.1. Stando alla ricostruzione ricorrente essa sarebbe illegittima,<br />
perché non terrebbe conto della domanda di permesso di costruire<br />
in sanatoria presentata in data 01.10.<strong>20</strong>10, fondandosi sulla<br />
riscontrata esistenza di variazioni essenziali rispetto alla d.i.a.<br />
originaria. Vengono, così, riproposti tutti i motivi già formulati<br />
avverso il diniego di permesso di costruire in sanatoria del<br />
31.12.<strong>20</strong>10.
6.2. L’infondatezza dei motivi aggiunti svolti avverso il diniego da<br />
ultimo citato dà ragione anche dell’infondatezza dei motivi aggiunti<br />
da ultimo proposti.<br />
L’ordinanza di demolizione n. 46 del 29.06.<strong>20</strong>11 tiene conto, infatti,<br />
dei provvedimenti adottati dall’amministrazione sia sulla dia in<br />
variante che sulla domanda di permesso in sanatoria avanzate dagli<br />
esponenti, ripercorrendone brevemente l’epilogo.<br />
L’assenza di un titolo edilizio giustificativo delle riscontrate<br />
difformità giustifica senz’altro il riferimento da parte comunale alle<br />
difformità realizzate dagli istanti, quali difformità tra quanto<br />
realizzato e quanto autorizzato con la DIA D33/<strong>20</strong>08.<br />
Nessun altro riferimento avrebbe potuto operare il Comune, tenuto<br />
conto che nessun altro titolo edilizio risulta perfezionato e/o<br />
rilasciato successivamente alla DIA del <strong>20</strong>08 cit.<br />
6.3. Per le suesposte considerazioni, anche i motivi aggiunti<br />
depositati il 02.09.<strong>20</strong>11 devono essere respinti.<br />
6.4. Analogamente deve essere respinta la domanda risarcitoria con<br />
essi proposta, difettandone i presupposti ex art. <strong>20</strong>43 c.c., a fronte<br />
di un agire provvedimentale accertato come legittimo da parte della<br />
p.a.<br />
7. In conclusione, quindi, il Collegio, definitivamente pronunciando<br />
sul ricorso, come in epigrafe proposto, così statuisce:<br />
- dichiara il ricorso introduttivo in parte inammissibile e, per il resto,<br />
accerta la legittimità degli atti in epigrafe specificati sub lett. Aa) e<br />
Ae); conseguentemente respinge la domanda risarcitoria con esso<br />
proposta;
- accerta la legittimità del provvedimento impugnato con i motivi<br />
aggiunti depositati il 24.06.<strong>20</strong>10 e, conseguentemente, respinge la<br />
domanda risarcitoria con essi proposta;<br />
- respinge tutti i restanti motivi aggiunti, in tutte le domande con<br />
essi rispettivamente svolte.<br />
8. Le spese, in considerazione della complessità fattuale della<br />
vicenda e della parziale novità delle questioni affrontate, possono<br />
essere integralmente compensate fra le parti costituite.<br />
P.Q.M.<br />
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la <strong>Lombardia</strong> (Sezione<br />
Seconda)<br />
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe<br />
proposto, così statuisce:<br />
- dichiara il ricorso introduttivo in parte inammissibile e, per il resto,<br />
accerta la legittimità degli atti in epigrafe specificati sub lett. Aa) e<br />
Ae); conseguentemente respinge la domanda risarcitoria con esso<br />
proposta;<br />
- accerta la legittimità del provvedimento impugnato con i motivi<br />
aggiunti depositati il 24.06.<strong>20</strong>10 e, conseguentemente, respinge la<br />
domanda risarcitoria con essi proposta;<br />
- respinge tutti i restanti motivi aggiunti, in tutte le domande con<br />
essi rispettivamente svolte.<br />
Compensa interamente le spese di lite fra tutte le parti costituite.<br />
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità<br />
amministrativa.