Dicembre 2003 - Ordine dei Giornalisti
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<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong><br />
giornalisti<br />
della<br />
Lombardia<br />
Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo<br />
Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo<br />
Anno XXXIII<br />
n. 12 <strong>Dicembre</strong> <strong>2003</strong><br />
Direzione e redazione<br />
Via Appiani, 2 - 20121 Milano<br />
Telefono: 02 63 61 171<br />
Telefax: 02 65 54 307<br />
http://www.odg.mi.it<br />
e-mail:odgmi@odg.mi.it<br />
Spedizione in a.p. (45%)<br />
Comma 20 (lettera b)<br />
dell’art. 2 della legge n. 662/96<br />
Filiale di Milano<br />
Le elezioni del nuovo<br />
Consiglio generale<br />
dell’Inpgi sono terminate…<br />
Serve un “progetto previdenziale”<br />
ancorato ai valori costituzionali<br />
Al Pime<br />
il prossimo<br />
corso<br />
per praticanti<br />
La prossima sessione<br />
primaverile (1° marzo -<br />
24 maggio 2004) del corso<br />
per praticanti, organizzato<br />
dall’Odg della Lombardia,<br />
si terrà presso il Pime<br />
(Pontificio istituto missioni<br />
estere) a Milano,<br />
in via Mosè Bianchi 94.<br />
Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong>,<br />
all’unanimità, ha scelto<br />
la nuova sede, in zona<br />
Lotto-Fiera, oltre che per<br />
l’ampia agibilità <strong>dei</strong> locali,<br />
perché offre parcheggi<br />
interni ed è facilmente<br />
raggiungibile con la linea<br />
rossa della Metropolitana<br />
(fermata Lotto/Amendola),<br />
con il tram 24 e con<br />
i bus 48/49/78/90 e 91.<br />
Respinto il ricorso dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia<br />
Cassazione: sanzioni per i giornalisti<br />
prescritte in 7 anni e sei mesi,<br />
un periodo “niente affatto breve”<br />
Roma, 13 novembre <strong>2003</strong>. La Cassazione<br />
dice “no” alla richiesta dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia di dilatare i tempi entro i<br />
quali si prescrive la possibilità di infliggere<br />
agli iscritti la sanzione disciplinare. In sostanza<br />
7 anni e mezzo - limite di maturazione<br />
della prescrizione fissato dall’art. 58 della<br />
legge 69 del 1963 istitutiva dell’Ordinamento<br />
della professione giornalistica - sono giudicati<br />
da piazza Cavour un periodo “niente<br />
affatto breve” per “punire” i giornalisti colpevoli<br />
di comportamenti deontologicamente<br />
scorretti.<br />
L’<strong>Ordine</strong> lombardo, invece, sosteneva la<br />
necessità di tempi più lunghi perché “in<br />
concreto, l’eccessiva durata <strong>dei</strong> giudizi civili<br />
e le disfunzioni dell’apparato giudiziario,<br />
impediscono il rispetto del termine massimo<br />
dell’azione disciplinare, traducendosi nell’impossibilità<br />
pratica del suo esercizio”. Ma per<br />
la Suprema Corte il limite <strong>dei</strong> 7 anni e mezzo<br />
“è imposto dall’altrettanto ragionevole esigenza<br />
di evitare che sia il professionista, sia<br />
il pubblico al quale egli rivolge il suo esercizio,<br />
non siano lasciati a tempo indefinito<br />
nell’incertezza circa la conformità <strong>dei</strong> comportamenti<br />
del professionista stesso alle<br />
regole deontologiche che disciplinano il suo<br />
campo di attività”.<br />
In particolare l’<strong>Ordine</strong> regionale aveva chiesto<br />
a piazza Cavour di dichiarare l’illegittimità<br />
costituzionale del suddetto art. 58 in quanto<br />
comprimerebbe il diritto di agire in giudizio.<br />
ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />
di Ezio Chiodini<br />
Bene. Le elezioni del nuovo Consiglio generale<br />
dell’Inpgi sono terminate. I risultati li conosciamo.<br />
Conosciamo i nomi degli eletti ma non<br />
conosciamo ancora, ovviamente, il progetto di<br />
chi si appresta a guidare l’istituto nei prossimi<br />
anni. Personalmente spero che sia un progetto<br />
innovativo, saldamente legato a principi<br />
fondamentali quali l’equità, la democrazia<br />
interna, la trasparenza, eccetera. Requisiti<br />
fondamentali, a mio parere, per varare e<br />
proporre a tutti i soci un “progetto previdenziale”<br />
che andrà dibattuto e, alla fine, condiviso.<br />
Insomma, spero che finalmente si volti pagina<br />
e che l’Inpgi diventi una sorta di casa di vetro,<br />
dove ciascuno possa veramente sentirsi ed<br />
essere socio (mi verrebbe da dire azionista) e<br />
dove tutti possano – com’è giusto – avere pari<br />
dignità e pari diritti. E a questo proposito vorrei<br />
fare alcune considerazioni basate su alcuni<br />
fatti che nelle settimane passate hanno di<br />
nuovo attirato la nostra attenzione su che<br />
cos’è, al momento, il nostro istituto.<br />
Il sistema elettorale<br />
In teoria lo sapevamo (perché il meccanismo<br />
è scritto nello statuto), ma in quest’occasione<br />
abbiamo “toccato con mano”, come si<br />
In proposito gli ermellini hanno risposto che<br />
“non è coerente lamentare l’illegittimità costituzionale<br />
della disposizione in esame sul<br />
presupposto che i tempi lunghi del processo<br />
civile impediscono, di fatto, il compiersi dell’azione<br />
disciplinare”. A tale “disservizio” -<br />
prosegue il Palazzaccio - il “legislatore deve<br />
porre rimedio con interventi ben diversi da<br />
quello di dilatare indeterminatamente l’incertezza<br />
delle posizioni giuridiche; diversamente,<br />
sulla base di una tale ragione, il nostro<br />
sistema sostanziale e processuale dovrebbe<br />
vedere abolito qualsiasi termine prescrizionale<br />
o decadenziale”.<br />
Sulla scia di questo orientamento è stata<br />
dichiarata prescritta l’azione disciplinare<br />
promossa nei confronti di una giornalista del<br />
settimanale Oggi colpita dalla sanzione<br />
dell’avvertimento, nel settembre 1996, per<br />
pubblicità redazionale ingannevole in relazione<br />
alla marca di un dentifricio. La sanzione<br />
inflitta dall’<strong>Ordine</strong> lombardo fu confermata<br />
dall’<strong>Ordine</strong> nazionale, dal Tribunale di Milano<br />
e dalla Corte d’Appello di Milano. In Cassazione<br />
il ricorso della giornalista contro la<br />
sanzione è stato discusso a luglio - la relativa<br />
sentenza è solo ora disponibile - e i supremi<br />
giudici, non riconoscendo il sospetto di<br />
incostituzionalità dell’art. 58, hanno dichiarato<br />
maturata la prescrizione a far data dallo<br />
scorso aprile.<br />
(ANSA)<br />
È il momento della riflessione<br />
per voltare pagina<br />
rispetto al passato<br />
suol dire, quanto sia iniquo e sbagliato il<br />
nostro sistema elettorale. Che assegna i<br />
seggi – per chi non lo sapesse – su base<br />
territoriale indipendentemente dal numero<br />
<strong>dei</strong> giornalisti iscritti. Il che vuol dire, in parole<br />
povere, che la maggioranza <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
che ovviamente risiedono in Lombardia e nel<br />
Lazio oltre che in qualche altra grossa regione,<br />
possono esprimere un numero di eletti<br />
che – dati alla mano – è comunque inferiore<br />
a quelli che possono essere eletti da altri<br />
colleghi, residenti in altre regioni. Insomma,<br />
per l’Ingpi il criterio della proporzionalità non<br />
vale. No, ne vale un altro, che si potrebbe<br />
definire “bulgaro” o fascista, secondo i punti<br />
di vista. E per me “bulgaro” e fascista sono la<br />
stessa cosa.<br />
Ecco, quindi, una prima osservazione: il sistema<br />
elettorale va cambiato. Subito, al più<br />
presto, per cancellare una vergogna che non<br />
fa onore ad una categoria che per mestiere e<br />
vocazione si batte non solo per la libertà di<br />
stampa ma anche per altre libertà e per la<br />
democrazia.<br />
Pensionati e “attivi”<br />
Un’altra anomalia, definiamola iniquità oppure,<br />
senza aver paura delle parole, schifezza,<br />
Segue a pagina 5<br />
(alle pagine 6 e 7)<br />
Diffamazione<br />
SOMMARIO<br />
Nuova proposta allontana<br />
l’ipotesi della galera pag. 2<br />
Intervista<br />
Luca Macario,<br />
vincitore del premio Citigroup pag. 8<br />
Quotidiani Più entrate dalle edicole,<br />
meno dalle inserzioni pag. 10<br />
Dibattito Scrivere dopo la TV pag. 15<br />
Rapporto Giovani e media a confronto pag. 19<br />
Dibattito<br />
Giornalismo finanziario.<br />
Quis custodet custodes pag. 20<br />
Memoria<br />
Ferruccio Lanfranchi<br />
a trent’anni dalla morte pag. 22<br />
Personaggi La baronessa<br />
prima moglie di Indro pag. 24<br />
La libreria<br />
di Tabloid Le recensioni del mese pag. 26<br />
Diffamazione a mezzo stampa<br />
Colleghi, troppe le notizie inventate<br />
e i giudici (ovviamente) ci condannano<br />
al risarcimento <strong>dei</strong> danni!<br />
Inchiesta dell’<strong>Ordine</strong><br />
della Lombardia<br />
sulle 157 sentenze<br />
emesse dal Tribunale civile<br />
di Milano<br />
negli anni 2001 e 2002<br />
Si è potuta rilevare<br />
una lieve prevalenza<br />
delle pronunzie<br />
di accoglimento<br />
della domanda (56%)<br />
rispetto a quelle<br />
di rigetto (44%)<br />
Altri servizi<br />
nelle pagine<br />
4 e 5<br />
Dalla disamina del campione di 89 sentenze<br />
di accoglimento della domanda, sono emersi<br />
i seguenti risultati: il difetto di verità della<br />
notizia pubblicata (da solo o insieme al difetto<br />
degli altri criteri) è stato riscontrato in<br />
almeno 65 casi; analogamente il difetto della<br />
verità putativa è stato riscontrato in almeno<br />
7 casi, la violazione del criterio di continenza<br />
in almeno 28 casi e la carenza dell’interesse<br />
pubblico in almeno 8 casi.<br />
Su incarico del Consiglio regionale dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, gli avvocati<br />
Sabrina Peron ed Emilio Galbiati hanno<br />
esaminato tutte le sentenze, 157, emesse<br />
dal Tribunale civile di Milano, in materia di<br />
diffamazione a mezzo stampa o, più in generale,<br />
per il tramite <strong>dei</strong> mass-media, nel biennio<br />
2001-2002.<br />
Con le stesse percentuali dell’inchiesta<br />
sulle sentenze penali (vedi Tabloid n. 7/8 del<br />
<strong>2003</strong>), i giornalisti vengono condannati per<br />
aver pubblicate notizie non vere. Si tratta di<br />
sentenze di condanna, quindi, ovvie e<br />
giuste.<br />
È noto l’insegnamento della Corte di Cassazione:<br />
possiamo pubblicare notizie diffamatorie<br />
a patto che le stesse siano vere, di interesse<br />
pubblico, scritte civilmente e nella loro<br />
essenzialità.<br />
All’interno inserto speciale<br />
1
PROFESSIONE<br />
DIFFAMAZIONE<br />
Depositata da Isabella Bertolini (Fi) in Commissione<br />
una versione corretta del Ddl. La pena sarà una multa<br />
non superiore a 7.500 euro. E l’azione civile per<br />
il risarcimento si prescrive entro un anno dalla pubblicazione<br />
Nuova proposta allontana<br />
l’ipotesi della galera<br />
Roma, 4 novembre <strong>2003</strong>. La diffamazione non sarà più punita con il carcere. Ma è prevista<br />
una multa che può oscillare dai 1.500 ai 7.500 euro. In più si stabilisce un tetto per<br />
il risarcimento <strong>dei</strong> danni che è di 25.000 euro. Sono queste le principali novità del testo<br />
sulla diffamazione presentata oggi dalla relatrice Isabella Bertolini (Fi). Un testo che<br />
avrà valore anche per i siti Internet e nel quale si parla di rettifica solo per la stampa<br />
non periodica. Nella nuova formulazione del provvedimento si prevede anche che il<br />
competente <strong>Ordine</strong> professionale stabilisca delle sanzioni disciplinari in seguito alla<br />
trasmissione degli atti da parte della magistratura.<br />
LA RETTIFICA Nel testo si affronta l’argomento<br />
solo per quanto riguarda la stampa<br />
non periodica cioè i libri. In caso di diffamazione<br />
l’autore della pubblicazione deve rettificare<br />
e chiedere che questa rettifica venga<br />
pubblicata, a sue spese, almeno su due<br />
quotidiani a tiratura nazionale. La pubblicazione<br />
della rettifica sui quotidiani deve essere<br />
richiesta dalla persona offesa entro tre<br />
giorni dal ricevimento della dichiarazione o<br />
della rettifica.<br />
Per i quotidiani e per la stampa periodica<br />
resta in piedi invece l’attuale normativa. L’unico<br />
accenno nel testo Bertolini è quando si<br />
dice che “nella determinazione del danno<br />
derivante dalla pubblica azione ritenuta lesiva<br />
della reputazione o contraria a verità, il<br />
giudice tiene conto della pubblicazione della<br />
rettifica, se richiesta dalla persona offesa”.<br />
LE MULTE PER CHI DIFFAMA Di carcere<br />
non se ne parla più ma chi diffama dovrà,<br />
comunque, affrontare il processo penale<br />
anche se poi potrà ricevere al massimo una<br />
multa che può oscillare dai 1.500 ai 7.500<br />
euro. Se in un articolo si attribuisce a qualcuno<br />
un fatto determinato la multa potrà<br />
variare dai 2.000 ai 7.500 euro. Se si pubblica<br />
la rettifica la pena non può superare i<br />
1.500 euro. In caso di condanna verrà pubblicata<br />
anche la sentenza.<br />
LE SANZIONI DISCIPLINARI Nel nuovo<br />
testo si prevede che il magistrato trasmetta<br />
gli atti del processo al competente ordine<br />
professionale per la determinazione delle<br />
sanzioni disciplinari.<br />
IL RISARCIMENTO DEL DANNO Si fissa<br />
un tetto massimo. “Quando il giudice procede<br />
alla liquidazione del danno in via equitativa<br />
- si legge nel testo - l’entità del danno<br />
patrimoniale non può eccedere la somma di<br />
25.000 euro”. E l’azione civile si prescrive<br />
entro un anno dalla pubblicazione.<br />
LA RESPONSABILITÀ DEL DIRETTORE<br />
Esclusa dal testo presentato da Giancarlo<br />
Anedda (An) la responsabilità del direttore<br />
per omesso controllo viene reintrodotta<br />
nella proposta di legge Bertolini. “Salva la<br />
responsabilità dell’autore della pubblicazione,<br />
e fuori <strong>dei</strong> casi di concorso - si legge<br />
ancora nel testo - il direttore o il vicedirettore<br />
responsabile del quotidiano, del periodico<br />
o della testata giornalistica, radiofonica<br />
o televisiva, rispondono <strong>dei</strong> delitti commessi<br />
con il mezzo della stampa, della diffusione<br />
radio-tv o con altri mezzi di diffusione se<br />
il delitto è conseguenza della violazione <strong>dei</strong><br />
doveri di vigilanza sul contenuto della<br />
pubblicazione. La pena è in ogni caso ridotta<br />
di un terzo”.<br />
L’INGIURIA Chiunque offende l’onore o il<br />
decoro di una persona presente è punito con<br />
la multa fino a 650 euro. Alla stessa pena<br />
soggiace chi commette il fatto mediante<br />
comunicazione telegrafica, telefonica o telematica,<br />
o con scritti o disegni, diretti alla<br />
persona offesa.<br />
La pena è della multa fino a 950 euro se l’offesa<br />
consiste nell’attribuzione di un fatto<br />
determinato. Le pene sono aumentate qualora<br />
l’offesa sia commessa alla presenza di più<br />
persone.<br />
DIFFAMAZIONE SEMPLICE Chiunque offende<br />
l’altrui reputazione comunicando con<br />
più persone è punito con la multa fino a<br />
1.500 euro. Se si attribuisce un fatto determinato<br />
questa può arrivare fino a 2.500 euro.<br />
“Se l’offesa - recita ancora il testo - è arrecata<br />
con il mezzo della stampa o con qualsiasi<br />
altro mezzo di pubblicità o in atto pubblico, si<br />
applica la multa da 500 a 2.500 euro”. Le<br />
pene aumentano del triplo se si offende “un<br />
corpo politico, amministrativo o giudiziario o<br />
una sua rappresentanza o un’autorità costituita<br />
in collegio”.<br />
(ANSA)<br />
Paolo Bonaiuti<br />
“Sono<br />
soddisfatto”<br />
Roma, 4 novembre. Il sottosegretario alla<br />
presidenza del Consiglio con la delega all’editoria,<br />
Paolo Bonaiuti, esprime soddisfazione<br />
per il nuovo testo sulla diffamazione appena<br />
presentato in Commissione giustizia dalla<br />
relatrice Isabella Bertolini (Fi). “La mia<br />
presenza oggi - dichiara Bonaiuti - è per<br />
significare l’importanza che il Governo dà a<br />
questo problema. Per noi la decarcerizzazione<br />
della diffamazione è fondamentale”.<br />
“Ricordo ancora molto bene - prosegue - la<br />
polemica che nacque quando si pensò di<br />
prevedere il carcere per il giornalista ondannato<br />
per diffamazione, anche se a dire la<br />
verità la detenzione è comunque prevista<br />
nell’attuale normativa.<br />
C’è anche chi auspica che si possa arrivare<br />
ad una depenalizzazione vera e propria. L’importante<br />
comunque è rinnovare, cambiare e<br />
togliere definitivamente la previsione del<br />
carcere”.<br />
“Siamo anche contenti - dichiara ancora<br />
Paolo Bonaiuti - di vedere come vadano<br />
bene i lavori parlamentari su questo punto.<br />
Il nuovo testo infatti ha tenuto conto del lavoro<br />
già svolto in Commissione e del contributo<br />
dato dall’on. Anedda che è stato il primo<br />
firmatario del testo precedente. Mi sembra<br />
che ora la questione sia su un binario<br />
giusto”.<br />
Bonaiuti auspica che su questo tema ci sia il<br />
più ampio consenso: “Più ampio è l’accordo,<br />
meglio sarà perché si tratta di questioni delicatissime<br />
sulle quali, ripeto, sarebbe necessario<br />
avere il consenso di tutti”.<br />
“Spero che ora si possa approvare questa<br />
proposta di legge in tutta fretta - conclude -<br />
perché si tratta di una questione molto importante<br />
che speriamo di vedere risolta in tempi<br />
brevi. Vorrei ricordare che il testo è calendarizzato<br />
per l’aula della Camera il 24 novembre”.<br />
(ANSA)<br />
Pisapia (Prc)<br />
“Si depenalizzi<br />
tutto”<br />
Roma, 4 novembre. La proposta di legge<br />
sulla diffamazione, presentata oggi in<br />
Commissione giustizia dalla relatrice Isabella<br />
Bertolini, è stata accolta con qualche<br />
perplessità soprattutto dal centrosinistra. “La<br />
montagna ha partorito un topolino - ha<br />
commentato il deputato del Prc Giuliano<br />
Pisapia - è positivo il fatto che sia stato fissato<br />
un tetto per il risarcimento, ma non capisco<br />
perché visto che è stata tolta la pena<br />
detentiva e quella economica è così irrisoria<br />
si debba comunque affrontare il processo<br />
penale. Allora si depenalizzi davvero tutto e<br />
si sposti tutto sul piano civile. Il testo poi è<br />
lacunoso per tutta una serie di altre cose<br />
come ad esempio le ‘querele temerarie’.<br />
perché non si introduce la possibilità di<br />
sanzionare anche chi sporge querele solo<br />
per intimidire il giornalista”. (ANSA)<br />
Serventi Longhi (Fnsi)<br />
“Favorevole,<br />
ma prudente”<br />
Roma, 4 novembre. Mantiene la massima<br />
cautela “alla luce dell’esperienza recente per<br />
quanto riguarda le proposte di legge delle<br />
maggioranza” ma esprime soddisfazione per<br />
il provvedimento, che depenalizza la diffamazione,<br />
il segretario generale Fnsi Paolo<br />
Serventi Longhi per il quale il nuovo testo<br />
“raccoglie molte delle indicazioni che il sindacato<br />
<strong>dei</strong> giornalisti e il consiglio nazionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> hanno sostenuto in anni e anni di<br />
mobilitazione”.<br />
Il segretario Fnsi è convinto che “il dibattito<br />
in seno al Governo e al Parlamento, le posizioni<br />
espresse da esponenti della maggioranza,<br />
come il sottosegretario alla presidenza<br />
del Consiglio Paolo Bonaiuti, e da numerosi<br />
parlamentari ed esperti di materia giuridica<br />
dell’opposizione, abbia consentito di<br />
formulare un testo che consente finalmente<br />
ai giornalisti di fare il proprio mestiere senza<br />
la spada di Damocle di richieste di risarcimento<br />
danni, difficilmente dimostrabili, per<br />
cifre tanto spropositate quanto spesso<br />
vessatorie”.<br />
Per quanto riguarda gli aspetti penali, la<br />
proposta fa cadere, sottolinea Serventi<br />
Longhi, l’ipotesi della pena detentiva per i<br />
giornalisti. “Tra l’altro - sottolinea il segretario<br />
Fnsi - viene giustamente enfatizzata la<br />
pubblicazione di precisazioni e rettifiche,<br />
sempre sostenuta dalla Fnsi, viene ribadito il<br />
ruolo disciplinare dell’<strong>Ordine</strong> professionale, è<br />
giustamente sottolineata la responsabilità,<br />
pur sanzionata solo parzialmente, <strong>dei</strong> direttori<br />
e <strong>dei</strong> vice direttori, si prevede l’equiparazione<br />
della informazione via Internet a quella<br />
di tutti gli altri media”.<br />
Il segretario della Federazione <strong>dei</strong> giornalisti<br />
si aspetta che “il dibattito parlamentare eviti ai<br />
giornalisti nuove brutte sorprese e che, quindi,<br />
sia rapidamente approvata una buona<br />
legge sulla base di un testo che appare una<br />
positiva base di discussione”. (ANSA)<br />
Bonito (Ds)<br />
“Testo<br />
debole”<br />
Analogo il giudizio di alcuni esponenti <strong>dei</strong> Ds.<br />
Per Francesco Bonito si tratta di “un testo<br />
debole che si limita solo a eliminare la<br />
sanzione detentiva e ad introdurre la responsabilità<br />
colposa del direttore”. “La parte che<br />
riguarda la rettifica poi - aggiunge - è a dir<br />
poco confusa. E si fa differenza tra risarcimento<br />
equitativo e non equitativo favorendo<br />
così i più benestanti. Se infatti un famoso<br />
avvocato può dimostrare di guadagnare un<br />
miliardo l’anno il risarcimento sarà adeguato.<br />
Non potrà superare i 25.000 euro per tutti gli<br />
altri...”.<br />
Anche per Vincenzo Siniscalchi “la parte sulla<br />
rettifica è a dir poco lacunosa”. Mentre per il<br />
responsabile giustizia dello Sdi Enrico Buemi<br />
la proposta Bertolini prevede “sanzioni troppo<br />
lievi”. “Questo testo - dichiara - fa pensare che<br />
il reato di diffamazione a mezzo stampa sia<br />
da trattare in modo leggero, con sole sanzioni<br />
pecuniarie. In realtà non è un reato lieve, visto<br />
che può procurare danni morali e materiali al<br />
soggetto diffamato, alla sua famiglia e anche<br />
ad eventuali aziende di proprietà. Non voler<br />
sanzionare questo reato con la detenzione,<br />
cosa su cui concordo, non vuole dire non fare<br />
uno sforzo per trovare modalità di sanzionamento<br />
adeguate”. “Tra la detenzione e la<br />
sanzione pecuniaria - conclude - c’è un ampio<br />
spazio di ricerca di sanzioni almeno per evitare<br />
ulteriori diffamazioni”.<br />
(ANSA)<br />
Marco Pannella<br />
“Licenza<br />
di uccidere”<br />
Roma, 4 novembre. “Licenza di uccidere”.<br />
Così il leader radicale Marco Pannella definisce<br />
il testo sulla diffamazione presentato<br />
oggi dalla relatrice Isabella Bertolini (Fi) in<br />
Commissione giustizia alla Camera. “Licenza<br />
di uccidere - spiega Pannella - data agli<br />
editori e alle forze corporative e partitiche<br />
che potranno così meglio pianificare campagne<br />
di assassinio di individui e soggetti<br />
collettivi non graditi...”.<br />
(ANSA)<br />
Lussana (Lega Nord)<br />
“Sì all’abolizione<br />
del carcere”<br />
Roma, 4 novembre. “Siamo favorevoli all’abolizione<br />
della norma che prevede il carcere<br />
per il reato di diffamazione”: lo afferma Carolina<br />
Lussana, responsabile della giustizia per<br />
la Lega Nord, commentando al nuovo testo<br />
sulla diffamazione a mezzo stampa presentato<br />
dalla relatrice Isabella Bertolini di Forza<br />
Italia.<br />
“Ci siamo da subito schierati contro l’ipotesi<br />
del carcere per i giornalisti. La libertà di<br />
stampa - aggiunge Lussana - deve essere<br />
tutelata. Ma è altrettanto vero che servono<br />
nuove norme sulla rettifica: una notizia<br />
sbagliata, in buona o cattiva fede, può rovinare<br />
una persona ed è una questione di<br />
giustizia fornire gli strumenti idonei affinché<br />
chi è colpito ingiustamente da una falsa notizia,<br />
possa ristabilire la verità di fronte alla<br />
società “.<br />
(ANSA)<br />
Anedda (Dn)<br />
“Alcune parti<br />
da rivedere”<br />
Anche per il capogruppo di An Gianfranco<br />
Anedda, che aveva presentato un’altra<br />
proposta di legge sulla diffamazione e che è<br />
stato relatore in commissione prima della<br />
Bertolini, ci sono delle “parti del testo che<br />
andrebbero riviste”. “Prima di tutto - dichiara<br />
- andrebbe formulata meglio la parte sulla<br />
rettifica che nel testo riguarda solo la stampa<br />
non periodica. E poi perché non si prevede<br />
anche la possibilità per il giornalista di fare<br />
una rettifica spontanea”. “Poi - aggiunge<br />
Anedda - hanno ripristinato la responsabilità<br />
del direttore per omesso controllo.<br />
Ma ora chiedo: può il direttore del Corriere<br />
della Sera controllare sempre ogni giorno<br />
l’intero giornale prima che esca O non si<br />
rivolge per questo ai capiredattori Infine,<br />
non sarebbe meglio fare riferimento solo al<br />
codice penale per disciplinare la materia<br />
invece di riferirsi ancora alla legge sulla<br />
stampa del ‘48”.<br />
(ANSA)<br />
2 ORDINE 12 <strong>2003</strong>
ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />
3
Inpgi<br />
Istituto nazionale di previdenza <strong>dei</strong> giornalisti italiani Giovanni Amendola<br />
5/8 novembre <strong>2003</strong> - elezione per rinnovo del Consiglio Generale<br />
Queste statistiche<br />
mettono<br />
in discussione<br />
il risultato elettorale<br />
uscito dalle urne<br />
Alberto Roccatano<br />
La scheda riepilogativa, qui illustrata, raccoglie i<br />
dati finali delle elezioni per l’Istituto di previdenza<br />
<strong>dei</strong> giornalisti italiani, svoltesi dal 5 al 8<br />
novembre. La scheda presenta un dato visibilmente<br />
anomalo. Prendiamo, infatti, sotto osservazione<br />
la scheda dell’elezione <strong>dei</strong> 46 giornalisti<br />
a base circoscrizionale regionale:<br />
Franco Abruzzo e Antonio Savi<br />
votati soltanto in tre regioni<br />
Hanno riportato voti, ma non sono stati eletti<br />
sindaci Inpgi perché le rispettive regioni erano<br />
già rappresentate da altri colleghi più votati:<br />
A) Franco Abruzzo (Lombardia) - Alleanza<br />
Inpgi.Sicambia- voti 2.601, di cui 2.340 in<br />
Lombardia, Lazio/Molise e Campania e<br />
appena 261 nelle altre regioni.<br />
B) Antonio Savi (Lazio-Molise) - Alleanza<br />
Inpgi.Sicambia - voti 2.514, di cui 2.372 in<br />
Lombardia, Lazio/Molise e Campania e<br />
appena 142 nelle altre regioni.<br />
Ha dichiarato Franco Abruzzo: “Ben 12<br />
17.466 11.173 5.797<br />
16<br />
Soltanto il ricorso al colle<br />
ed equilibrato rapporto<br />
Totali risultati elettorali circoscrizionali<br />
26 4 46<br />
Se prendete il totale <strong>dei</strong> voti ottenuti da tutti i consiglieri<br />
eletti, che è la cifra 17.466, e la dividete per il totale degli<br />
eletti, che è la cifra 46, avrete come risultato il quoziente<br />
<strong>dei</strong> voti validi per ognuno degli eletti, cioè risulterà la cifra<br />
379,70.<br />
Se ora dividete per questa cifra i voti complessivi indicati<br />
per ognuna delle liste o insieme di liste, tenendo conto<br />
dell’assegnazione <strong>dei</strong> seggi non interi disponibili ai resti<br />
maggiori, otterrete i seguenti risultati:<br />
la Lista “Alleanza Inpgi Si cambia” avrebbe 30 eletti<br />
contro i 16 assegnati; la Lista “Autonomia e Solidarietà/<strong>Giornalisti</strong><br />
Uniti” avrebbe 15 eletti contro i 26 assegnati;<br />
le altre Liste avrebbero 1 eletto contro i 4 assegnati.<br />
Cioè la scheda finale dovrebbe essere riscritta così:<br />
Associazioni regionali della stampa, sostenute<br />
dalla Fnsi e dalle elargizioni (per esse<br />
vitali) dell’Inpgi, hanno fatto votare soltanto i<br />
‘loro’ candidati, tagliando fuori gli avversari<br />
della linea Cescutti. Il risultato, quindi, era<br />
scontato. La battaglia continuerà fino alla<br />
cancellazione di prassi antidemocratiche e<br />
di quelle parti dello Statuto dell’Istituto<br />
improntate a patti leonini. Ho dato un contributo,<br />
ritenuto deciso, alla vittoria della lista<br />
Inpgi.Sicambia in tre regioni, dove vivono il<br />
65% <strong>dei</strong> giornalisti in attività”.<br />
È un risultato matematico che ribalta completamente il risultato elettorale.<br />
Se poi, non ci credete, il mestiere di giornalista è il più sospettoso del mondo,<br />
provate a procedere allo stesso modo con il riepilogo, a base nazionale, delle<br />
altre schede.<br />
- la scheda <strong>dei</strong> 9 giornalisti in pensione che si aggiungono ai 46 giornalisti<br />
in attività per formare il Consiglio generale<br />
- la scheda del Collegio <strong>dei</strong> sindaci del Consiglio generale.<br />
- la scheda del Comitato amministratore dell’Inpgi 2<br />
- la scheda del Collegio <strong>dei</strong> sindaci del Comitato amministratore dell’Inpgi 2.<br />
In tutte queste schede, questa semplice operazione matematica trova perfetto<br />
riscontro col dato finale elettorale. Significa che i 46 giornalisti in attività sono<br />
eletti con un sistema elettorale che altera il criterio della rappresentanza. Se a<br />
questo aggiungiamo che hanno votato (direttamente al seggio o per corrispondenza)<br />
solo 35 giornalisti su 100, credo sia opportuna una riflessione da parte<br />
di ognuno degli iscritti al fondo pensionistico <strong>dei</strong> giornalisti italiani.<br />
La professionalità<br />
secondo Maroni<br />
Il ministro del Lavoro, Roberto Maroni, ha<br />
emanato il 20 giugno <strong>2003</strong> un decreto che<br />
aggiorna il regolamento del 14 gennaio<br />
1997, n. 211, in materia di requisiti di professionalità<br />
richiesti per i componenti degli<br />
organi <strong>dei</strong> fondi pensione. Il decreto è formato<br />
da un solo articolo. Eccolo:<br />
1. Il rappresentante legale e i componenti<br />
degli organi di amministrazione del fondo<br />
pensione possono aver svolto unicamente,<br />
per uno o più periodi, complessivamente non<br />
inferiori ad un triennio:<br />
Istanza-ricorso ai ministri del Lavoro<br />
Maroni e dell’Economia Tremonti<br />
(e alla Corte <strong>dei</strong> Conti)<br />
Abruzzo ai ministri vigilanti:<br />
“Accertare la professionalità<br />
<strong>dei</strong> consiglieri della Fondazione”<br />
Milano, 11 novembre <strong>2003</strong>. Con una istanza-ricorso, Franco Abruzzo ha<br />
chiesto oggi ai ministri vigilanti Tremonti e Maroni, alla Corte <strong>dei</strong> Conti e allo<br />
stesso presidente in carica – che per Statuto dovrà provvedere alla proclamazione<br />
– di accertare se i consiglieri eletti hanno il requisito della professionalità<br />
come prevede il Dlgs n. 509/1994 e lo Statuto della Fondazione.<br />
Abruzzo ha avanzato quattro richieste:<br />
• (al presidente pro-tempore dell’Inpgi) di accertare il requisito della<br />
professionalità degli eletti prima di avviare l’iter amministrativo della<br />
proclamazione;<br />
• (ai ministri vigilanti) di accertare tale requisito prima della pubblicazione<br />
del relativo decreto di nomina sulla Gazzetta Ufficiale della<br />
Repubblica;<br />
• (ai ministri vigilanti) di verificare la congruità democratica dello Statuto<br />
dell’Inpgi in relazione al rapporto elettori-consiglieri di amministrazione<br />
(le circoscrizioni del Lazio e della Lombardia, dove vivono il 60<br />
per cento <strong>dei</strong> giornalisti italiani, eleggono 21 consiglieri su 46);<br />
• (ai ministri vigilanti) di verificare la liceità <strong>dei</strong> finanziamenti dell’Inpgi<br />
(2,4 miliardi di vecchie lire all’anno + 360 milioni di vecchie lire all’anno<br />
elargiti dalla Banca di Roma ma non contabilizzati in bilancio) al<br />
sindacato <strong>dei</strong> giornalisti (Fnsi e strutture regionali), finanziamenti non<br />
previsti dal Dlgs n. 509/1994.<br />
Il requisito della professionalità condiziona la proclamazione degli<br />
eletti. Abruzzo scrive che “oggi, in contratto con la legislazione comunitaria<br />
(la quale richiede il possesso almeno di una laurea triennale), si accede alla<br />
professione giornalistica con un qualsiasi titolo di studio non inferiore alla<br />
licenza di scuola media superiore mentre chi non ne è in possesso deve<br />
sostenere un esame di cultura generale (ex articolo 33 della legge n.<br />
69/1963)”. In sostanza la “professionalità non può essere considerata<br />
esistente qualora essa non costituisca un dato caratterizzante l’attività<br />
professionale della categoria”.<br />
Sui finanziamenti dell’Inpgi al sindacato, la Fnsi (in data odierna) ha diramato<br />
questo comunicato: “In questi giorni sono state nuovamente diffuse informazioni<br />
destituite di ogni fondamento in relazione ai rapporti tra l’Inpgi e le<br />
Associazioni Regionali di Stampa. Ancora una volta dobbiamo chiarire che<br />
le Associazioni ricevono un contributo dall’Inpgi per il funzionamento degli<br />
uffici di corrispondenza e <strong>dei</strong> fiduciari il cui compito è istruire e seguire tutte<br />
le pratiche di previdenza e assistenza presso lo stesso Istituto di categoria.<br />
Si tratta di uffici con dipendenti e una gran mole di lavoro che viene svolto<br />
con efficienza e che alleggerisce i costi dell’Istituto. A sua volta, la Fnsi svolge<br />
un ruolo di intervento sul sistema previdenziale <strong>dei</strong> giornalisti ai sensi del<br />
decreto legislativo che ha privatizzato l’Istituto, con una attività contrattuale e<br />
sindacale di rilevante impegno relativa alla contribuzione e alle prestazioni.<br />
È singolare che si continui a mettere sotto accusa un meccanismo che da<br />
sempre valorizza la solidarietà tra i giornalisti, ma consente anche concretamente<br />
di assistere i colleghi e non appesantire i costi strutturali dell’Inpgi”.<br />
Totali risultati elettorali circoscrizionali<br />
30 15 1 46<br />
a) funzioni di amministratore, di carattere<br />
direttivo o di partecipazione ad organi collegiali<br />
presso enti ed organismi associativi, a<br />
carattere nazionale, di rappresentanza di<br />
categoria; tale disposizione trova applicazione<br />
esclusivamente per i primi cinque anni dalla<br />
costituzione del fondo pensione;<br />
b) con esclusivo riferimento ai fondi pensione<br />
istituiti ai sensi dell’art. 3, comma 2, del<br />
decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124,<br />
funzioni dirigenziali presso amministrazioni o<br />
enti pubblici.<br />
4 ORDINE 12 <strong>2003</strong>
gio nazionale garantisce il perfetto<br />
tra rappresentati e rappresentanti<br />
Gestione previdenziale separata per il lavoro autonomo (Inpgi 2)<br />
DOCUMENTAZIONE<br />
ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />
Elezione 9 giornalisti pensionati<br />
Il Decreto legislativo n. 509/1994<br />
vuole il requisito<br />
della professionalità<br />
Pubblichiamo l’articolo 1 del<br />
decreto legislativo n. 509/1994,<br />
che ha fatto nascere le casse<br />
privatizzate <strong>dei</strong> professionisti:<br />
Art. 1 - Enti privatizzati<br />
1.1 - Gli enti di cui all’elenco A<br />
allegato al presente decreto legislativo<br />
sono trasformati, a decorrere<br />
dal 1° gennaio 1995, in<br />
associazioni o in fondazioni con<br />
deliberazione <strong>dei</strong> competenti<br />
organi di ciascuno di essi, adottata<br />
a maggioranza qualificata<br />
<strong>dei</strong> due terzi <strong>dei</strong> propri componenti,<br />
a condizione che non<br />
usufruiscano di finanziamenti<br />
pubblici o altri ausili pubblici di<br />
carattere finanziario.<br />
1.2 - Gli enti trasformati continuano<br />
a sussistere come enti senza<br />
scopo di lucro e assumono la<br />
personalità giuridica di diritto<br />
privato ai sensi degli articoli 12 e<br />
seguenti del codice civile e<br />
secondo le disposizioni di cui al<br />
presente decreto, rimanendo titolari<br />
di tutti i rapporti attivi e passivi<br />
<strong>dei</strong> corrispondenti enti previdenziali<br />
e <strong>dei</strong> rispettivi patrimoni.<br />
Gli atti di trasformazione e tutte le<br />
operazioni connesse sono esenti<br />
da imposte e tasse.<br />
1.3 - Gli enti trasformati continuano<br />
a svolgere le attività previdenziali<br />
e assistenziali in atto riconosciute<br />
a favore delle categorie di<br />
lavoratori e professionisti per le<br />
quali sono stati originariamente<br />
istituiti, ferma restando la obbligatorietà<br />
della iscrizione e della<br />
contribuzione. Agli enti stessi non<br />
sono consentiti i finanziamenti<br />
pubblici diretti o indiretti, con<br />
esclusione di quelli connessi con<br />
gli sgravi e la fiscalizzazione degli<br />
oneri sociali.<br />
1.4 - Contestualmente alla deliberazione<br />
di cui al comma 1, gli<br />
enti adottano lo statuto ed il regolamento,<br />
che debbono essere<br />
approvati ai sensi dell’art. 3,<br />
comma 2, ed ispirarsi ai seguente<br />
criteri:<br />
a) trasparenza nei rapporti con gli<br />
iscritti e composizione degli organi<br />
collegiali fermi restando i<br />
vigenti criteri di composizione<br />
degli organi stessi, così come<br />
previsti dagli attuali ordinamenti;<br />
b) determinazione <strong>dei</strong> requisiti<br />
per l’esercizio dell’attività istituzionale,<br />
con particolare riferimento<br />
dell’onorabilità e professionalità<br />
<strong>dei</strong> componenti degli<br />
organi collegiali e, comunque,<br />
<strong>dei</strong> responsabili dell’associazione<br />
o fondazione. Tale professionalità<br />
è considerata esistente<br />
qualora essa costituisca<br />
un dato caratterizzante<br />
l’attività professionale della<br />
categoria interessata;<br />
c) previsione di una riserva legale,<br />
al fine di assicurare la continuità<br />
nell’erogazione delle<br />
prestazioni, in misura non inferiore<br />
a cinque annualità dell’importo<br />
delle pensioni in essere. Ferme<br />
restando le riserve tecniche<br />
esistenti alla data di entrata in<br />
vigore del presente decreto, all’eventuale<br />
adeguamento di esse si<br />
provvede, nella fase di prima<br />
applicazione, mediante accantonamenti<br />
pari ad una annualità<br />
per ogni biennio.<br />
Segue Chiodini / dalla pagina 1<br />
riguarda la distinzione tra pensionati e<br />
lavoratori attivi (cioè giornalisti in attività)<br />
sia per quanto riguarda l’elettorato<br />
attivo sia per quanto riguarda quello<br />
passivo.<br />
In altre parole, i pensionati possono<br />
soltanto votare pensionati (tra l’altro<br />
su lista a livello nazionale) e possono<br />
solo essere eletti in liste di pensionati.<br />
Che senso ha distinguere tra<br />
pensionati e non Perché un pensionato<br />
non potrebbe poter votare per<br />
un giornalista in attività di cui ha<br />
stima E viceversa, ovviamente. Vi<br />
risulta forse che gli azionisti Fiat o<br />
Telecom, tanto per fare degli esempi,<br />
siano suddivisi fra pensionati e non<br />
pensionati<br />
Seconda osservazione: a quale<br />
perverso sistema giova questa suddivisione<br />
E i pensionati, così ossequiosi<br />
e così “allineati”, non si sentono<br />
cittadini di serie B e “ospiti” in un istituto<br />
che è invece previdenziale, e che<br />
quindi di previdenza (cioè di pensioni,<br />
cioè di pensionati) deve trattare<br />
Ingpi 2. Ovvero<br />
la “gestione separata”<br />
Anche in questo caso il sistema elettorale<br />
è fascista o “bulgaro” che dir si<br />
voglia. È comunque addirittura peggio<br />
di quello previsto per Inpgi 1. Infatti,<br />
dalle urne escono soltanto cinque<br />
semplici “aspiranti consiglieri”, nell’ambito<br />
<strong>dei</strong> quali il consiglio – composto<br />
dal presidente (che è anche presidente<br />
di Inpgi) dal vice presidente<br />
(che è anche vice presidente di<br />
Inpgi), dal rappresentante di Fieg e<br />
da quello del ministero – scelgono, a<br />
proprio piacimento, quello che da<br />
“aspirante” diventerà, con la “designazione”,<br />
membro effettivo del Cda. Non<br />
certo per fare da incomodo ma,<br />
ovviamente, per fare da suppellettile,<br />
dato il sistema di cooptazione. Insomma,<br />
ai soci di Inpgi 2 (cioè i giornalisti)<br />
è riservato un solo posto in consiglio<br />
di amministrazione.<br />
Terza osservazione: alla faccia della<br />
democrazia, del principio di rappresentatività<br />
e del principio di assunzione<br />
di responsabilità: nessuno si sente<br />
preso in giro<br />
Tre semplici fatti, tre semplici osservazioni.<br />
Naturalmente, siamo uomini<br />
di mondo e non di certo Alice nel<br />
paese delle meraviglie, per cui, oltre<br />
alle osservazioni, abbiamo pronte<br />
anche delle spiegazioni per motivare<br />
tutto questo incredibile e vergognoso<br />
casino. Tutto questo orrendo meccanismo<br />
nient’altro è che uno strumento<br />
di potere, per consentire l’esercizio<br />
di un potere indiscusso al riparo delle<br />
conseguenze di possibili contestazioni<br />
e opinioni contrarie.<br />
È un meccanismo che garantisce la<br />
gestione dell’Inpgi alle “minoranze<br />
organizzate” (che se poi, per puro<br />
caso, diventano maggioranza, tanto<br />
meglio) in virtù di una legge elettorale<br />
ingiusta e discriminatoria, non proporzionale.<br />
Un potere che può contare<br />
su efficaci “oliature” (sottoforma di<br />
trasferimenti di fondi) come ha di<br />
recente denunciato Franco Abruzzo<br />
(finora non smentito) il quale ha reso<br />
di pubblico dominio che l’Inpgi trasferisce<br />
al sindacato <strong>dei</strong> giornalisti circa<br />
due miliardi e mezzo di vecchie lire<br />
ogni anno e che il sindacato, in particolare<br />
nelle piccole regioni, si dà<br />
ovviamente da fare per sostenere i<br />
“candidati” amici e “in linea” con i<br />
gestori del momento dell’istituto. Soldi<br />
arriverebbero anche alle associazioni<br />
per così dire “di categoria”, come<br />
quella <strong>dei</strong> pensionati, per esempio.<br />
Associazione dove si strilla molto ma<br />
si conclude poco e alle chiamate elettorali<br />
si è usi mettersi sull’attenti.<br />
Tacendo.<br />
Si tratta di uno strumento di potere di<br />
cui hanno responsabilità, primi fra<br />
tutti, i “padri fondatori” di questo statuto,<br />
cioè quei nostri colleghi che l’hanno<br />
proposto (con lo slogan “Inpgi<br />
privato” e “giù le mani dall’Inpgi”) a<br />
una categoria (la nostra, quella <strong>dei</strong><br />
giornalisti) per sua natura disattenta<br />
e sviata, poco avvezza ad occuparsi<br />
di problemi di “bottega”. Almeno fino<br />
a quando questi problemi non diventano<br />
montagne ed occorre occuparsene<br />
per forza.<br />
La responsabilità riguarda quindi,<br />
almeno in parte, anche tutta la categoria.<br />
Ma riguarda anche chi, avvicendatosi<br />
ai centri decisionali dell’istituto<br />
in questi ultimi anni, si è guardato<br />
bene dal sottolineare le storture di<br />
tale sistema e dal proporne la sua<br />
riforma. Anzi. Casomai (e qui esprimo<br />
un parere personale) ha stretto ancora<br />
di più l’incestuoso legame con il<br />
sindacato, facendone diventare l’istituto<br />
una sorta di propaggine.<br />
Beninteso: non ho nulla contro il<br />
sindacato e il suo ruolo. Tutt’altro.<br />
Ritengo, però, che il sindacato non<br />
debba occuparsi di gestire la previdenza,<br />
quindi di gestire l’Ingpi. Certo,<br />
il sindacato ha tutto il diritto e tutto il<br />
dovere di prefigurare un progetto<br />
previdenziale, di battersi per la previdenza<br />
<strong>dei</strong> giornalisti così come si<br />
batte per il contratto di lavoro. Ma non<br />
è opportuno (potrebbe essere, e in<br />
qualche caso certamente è stato,<br />
conflitto di interessi) che si occupi<br />
della gestione di un istituto al quale,<br />
chiariti gli obiettivi di fondo e i principi<br />
cui deve ispirarsi la gestione, non<br />
rimane altro da fare che gestire al<br />
meglio, secondo sane metodologie<br />
aziendali.<br />
L’Inpgi è l’Inpgi, la Fnsi è la Fnsi. Non<br />
tutti sono iscritti al sindacato, tutti i<br />
giornalisti sono iscritti all’Inpgi. L’Inpgi<br />
deve “comprendere e tutelare” anche<br />
gli interessi <strong>dei</strong> pensionati-soci, il<br />
sindacato non è detto che lo debba<br />
fare: certamente, spesso non lo ha<br />
fatto. I conflitti sono potenziali, ma<br />
spesso diventano reali. L’Inpgi faccia<br />
la sua parte, il sindacato anche.<br />
Senza confusioni e ingerenze.<br />
A questo punto un invito ai nuovi (o<br />
rinnovati) consiglieri dell’Inpgi. Che si<br />
impegnino a voltare pagina nella<br />
gestione dell’istituto, affinché la<br />
gestione stessa…<br />
Diventi trasparente. Anche mediante<br />
la pubblicazione, sul sito, del bilancio<br />
dell’istituto (ora non c’è) e delle delibere<br />
e <strong>dei</strong> verbali del consiglio di<br />
amministrazione, oltre a fornire a chi<br />
è interessato una serie di parametri e<br />
di dati oltre ad altre informazioni.<br />
Sia democratica. Che punti alla<br />
rimozione di tutti gli aspetti niente<br />
affatto democratici sia a livello istituzionale<br />
(statuto, anche di Inpgi 2) sia<br />
a livello gestionale. E che consideri<br />
gli associati <strong>dei</strong> veri e propri soci cui<br />
riferire e <strong>dei</strong> quali chiedere il parere<br />
sulle questioni importanti.<br />
Sia ispirata a principi di eguaglianza<br />
ed equità. Affinché non vi<br />
siano più pensionati di serie A, di<br />
serie B e di serie C. E che ponga i<br />
pensionati dell’istituto al livello degli<br />
altri pensionati anche per quanto<br />
riguarda i diritti emanati per legge<br />
dello Stato.<br />
Non sia concepita come centro di<br />
potere. E si consideri, invece, occasionalmente<br />
e temporaneamente al<br />
servizio della categoria.<br />
Funzioni con criteri aziendali. Con<br />
lo scopo di migliorare la gestione della<br />
previdenza della categoria e di tenere<br />
sotto controllo i costi della struttura.<br />
Sia propositiva. Allo scopo di predisporre<br />
un progetto previdenziale sul<br />
quale chiamare tutta la categoria a<br />
riflettere e ad esprimersi.<br />
Questo, e altro, noi dobbiamo chiedere<br />
ai nuovi gestori dell’Inpgi. E su<br />
questo dobbiamo misurarli e valutarli,<br />
non soltanto in occasione del rinnovo<br />
delle cariche (elezioni) ma costantemente.<br />
Sempre. Perché l’istituto è<br />
nostro e i “padroni”, per così dire,<br />
siamo noi, Nessun altro. Perché<br />
all’Inpgi non vi è alcun azionista di<br />
maggioranza e di riferimento. Neppure<br />
il sindacato.<br />
Ezio Chiodini<br />
5
D E O N T O L O G I A<br />
PRESCRIZIONE DELL’AZIONE DISCIPLINARE<br />
Ferma presa di posizione<br />
del Consiglio<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia:<br />
“Cerchiamo un giudice<br />
che sottoponga la questione<br />
alla Corte costituzionale”<br />
L’articolo 58 della legge n. 69/1963 consente la prescrizione <strong>dei</strong> “reati”<br />
deontologici in 7 anni e 6 mesi. Ma i gradi di giudizio sono cinque:<br />
un’impresa impossibile. In passato la Cassazione riteneva che questo<br />
arco di tempo abbracciasse soltanto i primi due gradi amministrativi.<br />
“Il nostro obiettivo è quello di far attribuire alla pendenza del procedimento<br />
avanti l’autorità giudiziaria un effetto interruttivo permanete (<strong>dei</strong><br />
termini), come oggi già accade per i procedimenti relativi ad avvocati<br />
e notai. <strong>Giornalisti</strong>, notai e avvocati non possono essere trattati in<br />
maniera difforme”.<br />
“C’è anche<br />
un diritto<br />
alla giustizia<br />
deontologica<br />
e vogliamo<br />
difenderlo”<br />
Franco Abruzzo, in nome e per conto<br />
dell’<strong>Ordine</strong> regionale, ha trasmesso al<br />
presidente dell’<strong>Ordine</strong> nazionale la lettera,<br />
che qui viene riprodotta integralmente:<br />
“Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della<br />
Lombardia nella seduta del 17 novembre ha<br />
preso atto della sentenza n. 15550/03 della<br />
III sezione civile della Cassazione e ha deliberato<br />
di riproporre in ogni sede giudiziaria<br />
la questione di legittimità costituzionale<br />
dell’articolo 58 della nostra legge professionale.<br />
Il nostro legale, prof. avv. Remo Danovi -<br />
presidente del Consiglio nazionale forense -,<br />
ha avuto la brillante idea, pienamente condivisa<br />
dall’OgL e poi anche dal Cnog, di sollevare<br />
la questione di legittimità costituzionale<br />
dell’articolo 58 della nostra legge professionale.<br />
Le sezioni unite civili della Cassazione,<br />
con la sentenza n. 9694 del 4 luglio 2002,<br />
hanno stabilito un criterio interpretativo<br />
dell’articolo 58 (adesso ripreso dalla III<br />
sezione civile con la sentenza citata nell’oggetto)<br />
che salva i giornalisti spregiudicati e<br />
scorretti: “Il procedimento disciplinare nei<br />
confronti <strong>dei</strong> giornalisti è unico, se pure articolato<br />
in due distinte fasi: amministrativa, che<br />
si svolge dinanzi al Consiglio regionale o<br />
Interregionale dell’<strong>Ordine</strong> e, in sede di ricorso,<br />
davanti al Consiglio nazionale; e giurisdizionale,<br />
che si svolge dinanzi a “Sezioni<br />
specializzate”, istituite presso il Tribunale e la<br />
Corte d’Appello, e poi, dinanzi alla Corte di<br />
Cassazione. Pertanto il termine massimo di<br />
prescrizione dell’azione disciplinare, previsto<br />
in sette anni e mezzo dall’articolo 58 della<br />
legge n. 69 del 1963 deve intendersi riferito<br />
all’intero procedimento disciplinare, comprensivo<br />
delle predette due fasi”.<br />
La conseguenza è disastrosa: pretendere<br />
che cinque gradi di giudizio possano esaurirsi<br />
in 7 anni e 6 mesi è pura follia. Il risultato<br />
è che tutti i procedimenti disciplinari<br />
rischiano di essere dichiarati prescritti, come<br />
è avvenuto con il caso Lombardfin e oggi<br />
con la vicenda Vezzani. Eppure il Parlamento<br />
ha voluto i Consigli dell’<strong>Ordine</strong> giudici<br />
rispetto al Codice della privacy e rispetto<br />
all’articolo 114 (comma 6) del Codice di<br />
procedura penale (tutela <strong>dei</strong> minori).<br />
Le vie sono due: una modifica legislativa<br />
dell’articolo 58 (impossibile ad ottenersi)<br />
oppure un intervento della Corte costituzionale.<br />
L’obiettivo è quello di far attribuire, ex<br />
art. 2945 Cc, alla pendenza del procedimento<br />
avanti l’autorità giudiziaria un effetto interruttivo<br />
permanete (<strong>dei</strong> termini), come oggi<br />
già accade per i procedimenti relativi ad<br />
avvocati e notai. <strong>Giornalisti</strong>, notai e avvocati<br />
non possono essere trattati in maniera difforme.<br />
È accaduto che il sito della Fnsi, con atteggiamento<br />
acritico, abbia presentato la notizia<br />
della sentenza della III sezione civile<br />
della Cassazione come una sconfitta dell’<strong>Ordine</strong><br />
della Lombardia, quando, invece, la<br />
sconfitta è di tutta la categoria senza escludere<br />
l’<strong>Ordine</strong> nazionale presente nel giudizio.<br />
Del nostro sindacato salvo soltanto Pierluigi<br />
Franz, di cui è nota la cultura giuridicocostituzionale”.<br />
“Tale disservizio non incide affatto sulla legittimità<br />
costituzionale della disposizione<br />
normativa e, comunque, ad esso il legislatore<br />
deve porre rimedio con interventi ben<br />
diversi da quello di dilatare indeterminatamente<br />
l’incertezza delle posizioni giuridiche,<br />
diversamente, sulla base di una tale ragione,<br />
il nostro sistema sostanziale e processuale<br />
dovrebbe vedere abolito qualsiasi temine<br />
prescrizionale o decadenziale”.<br />
La Cassazione passa la palla al legislatore, ma gli attuali ter<br />
Pubblichiamo la sentenza 9 luglio-17<br />
ottobre <strong>2003</strong> n. 15550 della sezione terza<br />
civile della Corte di Cassazione (presidente<br />
Duva - relatore Spirito; Pm Marinelli -<br />
conforme - ricorrente Vezzani; controricorrente<br />
Consiglio regionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti della Lombardia)<br />
Svolgimento del processo. Nel settembre<br />
del 1996 il Consiglio regionale dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia inflisse la<br />
sanzione dell’avvertimento scritto alla giornalista<br />
Caterina Vezzani per pubblicità redazionale<br />
ingannevole, con riferimento ad un<br />
articolo sull’igiene orale pubblicato nella<br />
rubrica “Salute” della rivista Oggi, contenente<br />
il riferimento, sia nel testo, sia nelle fotografie<br />
appostevi, ad una specifica marca di<br />
dentifricio. Le impugnazioni proposte dalla<br />
giornalista furono respinte sia dal Consiglio<br />
nazionale <strong>dei</strong> giornalisti, sia dal Tribunale di<br />
Milano, sia dalla Corte d’appello della stessa<br />
città. La Vezzani propone ora ricorso per<br />
la cassazione della sentenza della Corte<br />
d’appello di Milano, svolgendo sei motivi. Si<br />
difende con controricorso il Consiglio regionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti. Entrambe le<br />
parti costituite depositano memoria.<br />
Motivi della decisione. Con il primo motivo<br />
la ricorrente sostiene l’incompatibilità a decidere<br />
di un componente laico (il giornalista<br />
Renzo Magosso) del collegio giudicante di<br />
primo grado, il quale invece avrebbe dovuto<br />
astenersi per aver già composto il collegio<br />
del Tribunale nel processo poi annullato<br />
dalla Corte d’appello e, quindi, per aver già<br />
conosciuto della causa. Con il secondo<br />
motivo è lamentata l’illogicità della motivazione<br />
in ordine alla sussistenza dell’elemento<br />
soggettivo in capo alla ricorrente.<br />
Il terzo e quarto motivo censurano l’illogicità<br />
della motivazione in ordine alla ritenuta<br />
sussistenza della pubblicità ingannevole,<br />
nonché i vizi della motivazione in relazione<br />
alla natura informativa o pubblicitaria dello<br />
scritto in questione ed al carattere ingannatorio<br />
della condotta realizzata.<br />
Il quinto motivo contesta i vizi della motivazione<br />
in relazione all’esistenza di presunzioni<br />
gravi, precise e concordanti utilizzate in<br />
mancanza della prova del rapporto di<br />
committenza tra l’impresa ed il giornalista.<br />
Nel sesto motivo di ricorso è censurato quel<br />
punto della sentenza che, in accoglimento<br />
dell’appello incidentale del Consiglio regionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong>, condanna la Vezzani al<br />
pagamento delle spese sostenute dal<br />
Consiglio stesso nel doppio grado di giudizio.<br />
Preliminare all’esame <strong>dei</strong> motivi è la<br />
questione relativa alla prescrizione dell’azione<br />
disciplinare, sulla cui sopravvenienza<br />
entrambe le parti concordano, in base all’interpretazione<br />
che dell’articolo 58 della legge<br />
69/1963 (Ordinamento della professione di<br />
giornalista), hanno recentemente fornito le<br />
Sezioni unite di questa Suprema corte.<br />
In particolare, il citato articolo 58 stabilisce<br />
che “L’azione disciplinare si prescrive entro<br />
cinque anni dal fatto. Nel caso che per il fatto<br />
sia stato promosso procedimento penale, il<br />
termine suddetto decorre dal giorno in cui è<br />
divenuta irrevocabile la sentenza di condanna<br />
o di proscioglimento. La prescrizione è<br />
interrotta dalla notificazione degli addebiti<br />
all’interessato, da eseguirsi nei modi di cui<br />
all’articolo precedente, nonché dalle discolpe<br />
presentate per iscritto dall’incolpato. La<br />
prescrizione interrotta ricomincia a decorrere<br />
dal giorno dell’interruzione; se più sono<br />
gli atti interruttivi la prescrizione decorre<br />
dall’ultimo di essi, ma in nessun cavo il<br />
termine stabilito nel primo comma può essere<br />
prolungato oltre la metà... “.<br />
Cassazione, Sezioni unite, 9694/02, nel<br />
comporre un precedente contrasto di giurisprudenza,<br />
ha stabilito che nell’ordinamento<br />
della professione di giornalista - di cui alla<br />
legge 69/1963, nel quale il procedimento di<br />
applicazione della sanzione disciplinare è<br />
unico, sebbene articolato in due fasi, una<br />
amministrativa (che si conclude con la deliberazione<br />
del consiglio nazionale) e l’altra<br />
giurisdizionale (che ha inizio con l’impugnazione<br />
davanti al tribunale, ad iniziativa<br />
dell’interessato o del Pm, della detta deliberazione)<br />
- la prescrizione dell’azione disciplinare,<br />
sancita dall’articolo 58 della citata<br />
legge, riguardando, indifferentemente ed in<br />
modo unitario, il procedimento davanti agli<br />
organi dell’ordine professionale ed il processo<br />
davanti al giudice, può maturare anche in<br />
pendenza di quest’ultimo ed è suscettibile di<br />
rimanere interrotta anche da atti, ordinati<br />
all’applicazione della sanzione, diversi da<br />
quelli (notificazione degli addebiti all’interessato<br />
- discolpe presentate per iscritto dall’incolpato)<br />
nominati nel terzo comma dello<br />
stesso articolo 58, senza tuttavia che (ai<br />
sensi del quarto comma della medesima<br />
disposizione) in nessun caso, e quindi<br />
neppure in presenza di più atti interruttivi, il<br />
termine di cinque anni possa essere prolungato<br />
oltre la metà, non trovando applicazione<br />
la regola della interruzione con effetto<br />
permanente dettata dal secondo comma<br />
dell’articolo 2945 Cc. Da ciò deriva che,<br />
spirato il termine massimo di durata di sette<br />
anni e mezzo dal fatto senza che la commissione<br />
dell’illecito sia stata definitivamente<br />
accertata, il processo non può proseguire e<br />
la sopravvenuta prescrizione deve essere<br />
rilevata e dichiarata anche d’ufficio.<br />
Nella specie, il provvedimento disciplinare è<br />
stato inflitto alla giornalista Vezzani in relazione<br />
ad un articolo pubblicato sulla rivista<br />
Oggi, n, 41, dell’11 ottobre 1995. Sicché,<br />
l’azione disciplinare è sicuramente prescritta<br />
alla data dell’11 aprile <strong>2003</strong>, ossia alla<br />
scadenza di sette anni e mesi sei dal fatto<br />
contestato. Sennonché, il Consiglio regionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti formula questione<br />
di illegittimità costituzionale del più volte<br />
citato articolo 58, come interpretato dalla<br />
menzionata sentenza delle Sezioni unite,<br />
per contrasto con gli articoli 24 e 3 Costituzione.<br />
In particolare, sotto un primo profilo il Consiglio<br />
dell’<strong>Ordine</strong> sostiene che la mancata<br />
previsione dell’effetto interruttivo permanente<br />
dell’azione giudiziaria e la fissazione di un<br />
termine massimo di prescrizione (sette anni<br />
e mezzo) siano incompatibili con il diritto di<br />
agire in giudizio; che, in concreto, l’eccessiva<br />
durata <strong>dei</strong> giudizi civili e le disfunzioni<br />
dell’apparato giudiziario impediscono il<br />
rispetto del termine massimo dell’azione<br />
disciplinare, traducendosi nell’impossibilità<br />
pratica del suo esercizio; che l’unico modo<br />
per non sacrificare questo diritto è quello di<br />
attribuire alla pendenza del procedimento<br />
davanti all’autorità giudiziaria l’effetto interruttivo<br />
permanente (come per i disciplinari<br />
<strong>dei</strong> notai e degli avvocati), che la dilatazione<br />
del procedimento disciplinare non è contraria<br />
all’esigenza del giusto processo, visto<br />
che all’incolpato sono assicurati ben cinque<br />
processi e che il contenimento <strong>dei</strong> tempi<br />
deve essere assicurato nella fase amministrativa<br />
del procedimento, non in quella<br />
giurisdizionale.<br />
Sotto altro profilo, il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong><br />
pone, poi, in evidenza la disparità di trattamento<br />
scaturente da siffatta interpretazione<br />
dell’articolo 58, nel caso in cui l’azione disciplinare<br />
venga esercitata nei confronti di due<br />
diversi soggetti (ad esempio, autore dell’articolo<br />
e direttore della rivista), per uno stesso<br />
fatto, ed i due giudizi si concludano prima o<br />
dopo lo spirare del termine massimo prescrizionale.<br />
La questione di illegittimità costituzionale -<br />
per violazione degli articoli 3 e 24 Costituzione,<br />
dell’articolo 58 della legge 69/1963<br />
nella parte in cui non attribuisce all’azione<br />
giudiziaria civile l’effetto interruttivo permanente<br />
della prescrizione - è sicuramente rilevante<br />
nella fattispecie (in quanto una sua<br />
positiva soluzione comporterebbe il mancato<br />
compimento del termine prescrizionale)<br />
ma manifestamente infondata. Ed invero, va<br />
innanzitutto posta in evidenza la sostanziale<br />
diversità di presupposti tra la materia della<br />
6 ORDINE 12 <strong>2003</strong>
GIORNALISTI ACCUSATI DI VIOLAZIONI<br />
DEONTOLOGICHE ALLA CARTA DEI DIRITTI<br />
E DEI DOVERI O ALLA CARTA DI TREVISO<br />
RISCHIANO ADESSO DI FARLA FRANCA<br />
“Cassazione: sanzioni per i<br />
giornalisti prescritte in 7<br />
anni e mezzo. Respinto il<br />
ricorso dell’<strong>Ordine</strong> della<br />
Lombardia”, così il 13<br />
novembre ha titolato il sito<br />
della Fnsi, ignorando, però,<br />
la vera notizia che non è<br />
quella, fuorviante e quasi<br />
trionfante, che è stato<br />
respinto un ricorso<br />
dell’<strong>Ordine</strong> della<br />
Lombardia.<br />
La sentenza della<br />
Suprema Corte, infatti,<br />
concede in pratica una<br />
sorta di immunità a tutti<br />
quei giornalisti sottoposti a<br />
procedimento disciplinare<br />
per aver violato le norme<br />
deontologiche della<br />
categoria, in quanto la<br />
prescrizione in 7 anni e<br />
mezzo di fatto consente<br />
loro di non essere mai<br />
condannati in via definitiva<br />
e di essere così “graziati”<br />
dalla prescrizione.<br />
Motivo: in 7 anni e mezzo<br />
dovrebbero esaurirsi:<br />
1) il giudizio davanti<br />
all’<strong>Ordine</strong> regionale <strong>dei</strong><br />
giornalisti;<br />
2) il giudizio davanti<br />
all’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong><br />
giornalisti;<br />
3) il giudizio davanti al<br />
tribunale civile;<br />
4) il giudizio davanti alla<br />
Corte d’appello civile;<br />
5) il giudizio davanti alla<br />
Cassazione civile<br />
(quest’ultimo potrebbe<br />
essere anche duplice<br />
perché la Suprema Corte<br />
potrebbe annullare il primo<br />
verdetto di appello e<br />
ordinare un nuovo<br />
processo).<br />
Di conseguenza per chi<br />
ben conosce le lungaggini<br />
della giustizia civile in Italia<br />
in 7 anni e mezzo è<br />
praticamente impossibile<br />
che i giudizi disciplinari a<br />
carico di giornalisti<br />
vengano conclusi davanti<br />
all’<strong>Ordine</strong> e alla<br />
magistratura ordinaria.<br />
«A mio parere farebbero<br />
bene l’<strong>Ordine</strong> nazionale e<br />
la Fnsi a non sottovalutare<br />
affatto il grave problema,<br />
sollecitando subito<br />
Governo e Parlamento ad<br />
un intervento legislativo<br />
proprio al fine di tutelare i<br />
diritti e gli interessi <strong>dei</strong><br />
lettori, radioascoltatori e<br />
telespettatori di fronte a<br />
gravi scorrettezze<br />
deontologiche <strong>dei</strong><br />
giornalisti. In caso contrario<br />
la Carta <strong>dei</strong> diritti e <strong>dei</strong><br />
doveri <strong>dei</strong> giornalisti, la<br />
Carta di Treviso per la<br />
tutela <strong>dei</strong> minori e tutte le<br />
altre Carte e regole in<br />
difesa <strong>dei</strong> cittadini<br />
rischierebbero, purtroppo,<br />
di finire nel cestino».<br />
Pierluigi Franz<br />
presidente<br />
dell’Associazione Stampa<br />
Romana<br />
Roma, 7 novembre <strong>2003</strong>. “Siamo venuti in<br />
Italia spinti da preoccupazione per una situazione<br />
sullo stato dell’informazione che sembrava<br />
allarmante. Dopo gli incontri di questi<br />
due giorni in un parola posso dire che l’allarme<br />
è giustificato”. Così il presidente della<br />
Federazione europea <strong>dei</strong> giornalisti, Gustl<br />
Glatt Felder, ha descritto le impressioni raccolte<br />
dalla delegazione di giornalisti europei e<br />
internazionali giunti a Roma per fare il punto<br />
sulla situazione del giornalismo italiano.<br />
Durante la “missione in Italia” come la Federazione<br />
internazionale <strong>dei</strong> giornalisti (Ifj) e la<br />
Federazione europea <strong>dei</strong> giornalisti (Efj)<br />
hanno battezzato il viaggio in Italia, i rappresentanti<br />
della delegazione hanno incontrato<br />
direttori di giornali e di testate televisive, il<br />
presidente della Rai, Lucia Annunziata, il<br />
presidente dell’Antitrust, Tasauro, il direttore<br />
della Fieg, Sortino, i due commissari dell’Autorità<br />
per le comunicazioni, Sangiorgi e<br />
Meocci.<br />
Sul versante politico le due federazioni di giornalisti<br />
hanno incontrato alcuni esponenti<br />
dell’opposizione e hanno chiesto un incontro<br />
con il ministro delle Comunicazioni, Maurizio<br />
Gasparri e il sottosegretario alla presidenza<br />
del Consiglio <strong>dei</strong> ministri, Paolo Bonaiuti.<br />
“Questi incontri - ha spiegato il segretario<br />
generale Ifj/Efj, Aidan White - ci hanno<br />
permesso di approfondire il livello di conoscenza<br />
sulla crisi italiana dell’informazione e<br />
ci permetterà si scrivere una relazione che<br />
sarà presentata all’Unione europea e agli<br />
organismo internazionali e alle Nazioni<br />
Unite”. La preoccupazione <strong>dei</strong> giornalisti<br />
europei rispetto alla situazione dell’informazione<br />
in Italia era emersa, ha spiegato White,<br />
durante l’incontro annuale delle federazioni<br />
di settore a Praga “nel quale - ha aggiunto il<br />
segretario dell’Ifj - 40 organizzazioni hanno<br />
deliberato all’unanimità l’importanza di<br />
questa missione”.<br />
Un viaggio che si è concentrato su alcuni punti<br />
<strong>Giornalisti</strong>, Federazione<br />
Europea: è allarme Italia.<br />
Lo dice il presidente in missione<br />
in Italia con delegazione<br />
che secondo la delegazione determinano la<br />
“crisi dell’informazione italiana”: il conflitto di<br />
interessi, la concentrazione <strong>dei</strong> media e il ddl<br />
Gasparri.<br />
“Il governo - ha denunciato White - sta facendo<br />
i suoi giochi attraverso i media e si sta<br />
prendendo gioco di un aspetto fondamentale<br />
della società democratica, che è la libertà di<br />
informazione”. Ma la situazione italiana, è<br />
convinta la delegazione, va oltre l’attuale<br />
governo. “Il suo punto debole - ha spiegato il<br />
segretario Ifj - risiede nel fatto che negli ultimi<br />
20 anni il governo italiano è stato incapace di<br />
garantire un’espressione libera tra settore<br />
pubblico e privato. Ed è per questo che il<br />
problema attuale <strong>dei</strong> media italiani è una sfida<br />
per tutti i politici”.<br />
Per quanto riguarda il conflitto di interessi, la<br />
delegazione ha riferito di aver raccolto nei vari<br />
incontri una preoccupazione diffusa. “Tutte le<br />
persone incontrate - ha affermato Glattfelder -<br />
a partire dal direttore del Giornale Belpietro,<br />
si schierano contro e con punti di vista diversi<br />
ci sembra che sia un problema per tutti. Sarà<br />
importante conoscere l’opinione di Gasparri”.<br />
Non solo italiana, invece, la questione della<br />
concentrazione mediatica, “un problema europeo<br />
- ha sostenuto White - perché l’Ue non è<br />
stata in grado di definire i punti fondamentali<br />
per risolvere la questione”.<br />
Convinto dell’importanza della missione in<br />
Italia delle due federazioni straniere il segretario<br />
generale della Fnsi Paolo Serventi<br />
Longhi che ha sottolineato “la necessità che<br />
l’Europa tenga sotto stretta osservazione il<br />
problema della libertà di informazione e del<br />
diritto <strong>dei</strong> cittadini italiani ad essere informati”.<br />
Per il presidente Fnsi Franco Siddi, la<br />
preoccupazione delle federazioni internazionali<br />
<strong>dei</strong> giornalisti “non è una questione di<br />
faziosità ma dipende dal fatto che l’Italia è un<br />
cattivo esempio per l’Europa che deve scrivere<br />
un quaderno delle regole della libera<br />
stampa”.<br />
(ANSA)<br />
mini sono “nient’affatto brevi”<br />
prescrizione <strong>dei</strong> diritti (nell’ambito della<br />
quale è collocata la disposizione dell’articolo<br />
2945 Cc) e quella della prescrizione<br />
dell’azione disciplinare. Proprio la citata<br />
sentenza delle sezioni unite ha posto in<br />
evidenza che le norme che regolano la<br />
durata della prescrizione sono norme di<br />
diritto sostanziale. Esse hanno ad oggetto la<br />
situazione soggettiva attiva che nasce da un<br />
determinato fatto ed al decorso del tempo<br />
ricollegano l’effetto di liberare l’altra parte<br />
dalla correlata posizione passiva. Orbene,<br />
quando l’articolo 58, primo e quarto comma,<br />
della legge 69/1963 dispone che l’azione<br />
disciplinare si prescrive in cinque anni e che,<br />
pur in presenza di più atti interruttivi, in<br />
nessun caso il termine di cinque anni può<br />
essere prolungato oltre la metà, esso detta<br />
una norma che, in relazione ad ogni specifica<br />
infrazione disciplinare, regola il tempo<br />
entro il quale può essere esercitato il potere<br />
di applicare la sanzione e lo regola in modo<br />
da negare che atti ordinati all’applicazione<br />
della sanzione possano essere compiuti<br />
oltre un predeterminato e fisso momento<br />
temporale. Si tratta di un modo di regolare<br />
la prescrizione sotto il profilo dell’interruzione,<br />
che non lascia spazi di applicazione al<br />
diverso modo rappresentato dalla regola<br />
dell’interruzione con effetto permanente<br />
dettata dal secondo comma dell’articolo<br />
2945, comma secondo, Cc, perché quest’ultima<br />
è incompatibile con la prima.<br />
In secondo luogo, non è possibile addurre<br />
come ragione di compressione del diritto<br />
costituzionale di agire in giudizio (articolo 24<br />
Costituzione) la circostanza che la legge<br />
ponga un limite temporale (peraltro, nella<br />
specie, nient’affatto breve) al potere di esercitare<br />
l’azione disciplinare, poiché tale limite<br />
è imposto dall’altrettanto ragionevole<br />
esigenza di evitare che sia il professionista,<br />
sia il pubblico al quale egli rivolge il suo<br />
servizio non siano lasciati a tempo indefinito<br />
nell’incertezza circa la conformità <strong>dei</strong><br />
comportamenti del professionista stesso<br />
ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />
alle regole deontologiche che disciplinano il<br />
suo campo d’attività. Né è coerente lamentare<br />
l’illegittimità costituzionale della disposizione<br />
in esame sul presupposto che i lunghi<br />
tempi del processo civile impediscono, di<br />
fatto, il compiersi dell’azione disciplinare.<br />
Tale disservizio non incide affatto sulla legittimità<br />
costituzionale della disposizione<br />
normativa e, comunque, ad esso il legislatore<br />
deve porre rimedio con interventi ben<br />
diversi da quello di dilatare indeterminatamente<br />
l’incertezza delle posizioni giuridiche,<br />
diversamente, sulla base di una tale ragione,<br />
il nostro sistema sostanziale e processuale<br />
dovrebbe vedere abolito qualsiasi<br />
temine prescrizionale o decadenziale.<br />
Quanto, infine, alla censura di incostituzionalità<br />
relativa all’articolo 3 Cost., essa è<br />
basata sulla supposizione di una mera<br />
evenienza (l’eventuale disparità di trattamento<br />
tra soggetti coinvolti in distinti procedimenti<br />
disciplinari concernenti la medesima<br />
incolpazione) attribuibile a fattori del<br />
tutto esterni ed indipendenti dalla portata<br />
della disposizione della quale si discute.<br />
In conclusione, dunque, va dichiarata<br />
prescritta l’azione disciplinare promossa nei<br />
confronti della giornalista Caterina Vezzani,<br />
senza possibilità (per mancanza di un’apposita<br />
disposizione che lo consenta) di valutare<br />
la fondatezza <strong>dei</strong> motivi di ricorso e,<br />
dunque, della proposta azione disciplinare.<br />
Va, altresì, cassata senza rinvio l’impugnata<br />
sentenza della Corte milanese.<br />
Sussistono i giusti motivi per compensare<br />
interamente tra le parti le spese del giudizio<br />
di cassazione.<br />
PQM<br />
La Corte dichiara prescritta l’azione disciplinare<br />
promossa nei confronti della giornalista<br />
Caterina Vezzani e cassa senza rinvio la<br />
sentenza impugnata. Compensa interamente<br />
tra le parti le spese del giudizio di cassazione.<br />
Roma, 7 novembre <strong>2003</strong>. “Prendiamo atto<br />
che la Federazione europea <strong>dei</strong> giornalisti<br />
(Efj) giunta in Italia per verificare lo stato<br />
dell’informazione ha già espresso un<br />
sommario giudizio. A questo punto riteniamo<br />
Bonaiuti e Gasparri:<br />
incontro inutile<br />
con giornalisti europei<br />
“Questo non è<br />
pluralismo”<br />
Roma, 7 novembre. “È un peccato che non<br />
siano in grado di fornirci la loro posizione in<br />
quanto stiamo raccogliendo molte informazioni.<br />
Ovviamente loro vogliono solo persone<br />
che seguano la loro linea. Questo non è né<br />
pluralismo né libertà di espressione”. È la<br />
replica del presidente della Federazione<br />
europea <strong>dei</strong> giornalisti (Rfj) Gustl Glattfelder<br />
al rifiuto di un incontro da parte del sottosegretario<br />
alla presidenza del Consiglio Paolo<br />
Bonaiuti e del ministro delle Comunicazioni<br />
Gasparri.<br />
Roma, 7 Novembre - Berlusconi è convinto<br />
che l’85% della stampa è critica contro il<br />
governo in carica “Sembra che legga solo i<br />
giornali e gli articoli che lo criticano, come se<br />
facesse una sorta di selezione”, sostiene il<br />
presidente della Federazione europea <strong>dei</strong><br />
giornalisti (Efj) Gustl Glattfelder, in Italia con<br />
una delegazione della Federazione internazionale<br />
(Ifj) per analizzare lo stato dell’informazione.<br />
“È come se - ha aggiunto Glattfelder a margine<br />
della conferenza stampa per illustrare<br />
l’esito degli incontri con editori, esponenti di<br />
Authority e Antitrust e politici - facesse una<br />
inutile far perdere tempo a loro e a noi per<br />
un incontro che hanno già superato con le<br />
loro dichiarazioni”. Lo affermano il sottosegretario<br />
Paolo Bonaiuti ed il ministro Maurizio<br />
Gasparri in una nota congiunta. (ANSA)<br />
Sul rifiuto da parte del governo di ricevere la<br />
delegazione delle federazioni europea e<br />
internazionale <strong>dei</strong> giornalisti, il segretario<br />
Fnsi Paolo Serventi Longhi ha aggiunto:<br />
“Sarebbe bastato che il ministro Gasparri ed<br />
il sottosegretario Bonaiuti avessero accolto<br />
la richiesta di un incontro e illustrato la posizione<br />
del governo sul Ddl Gasparri e<br />
sull’informazione in Italia. Sottrarsi al<br />
confronto significa non avere la disponibilità<br />
a chiarire il senso delle iniziative legislative<br />
dell’esecutivo”.<br />
(ANSA)<br />
Serventi Longhi:<br />
il premier distorce verità<br />
su giornalisti<br />
sorta di rassegna stampa al negativo e lo fa<br />
sia leggendo i giornali italiani sia la stampa<br />
internazionale”.<br />
Sulle affermazioni del presidente del Consiglio<br />
riguardo l’atteggiamento ostile della<br />
maggior parte della stampa, è intervenuto<br />
anche il segretario Fnsi Paolo Serventi<br />
Longhi.<br />
“Berlusconi dice cosa non vera - ha sostenuto<br />
Serventi Longhi - anche perché lui stesso<br />
è proprietario del più grande network privato,<br />
di quotidiani e periodici. La verità non può<br />
essere distorta ed occorre un grande senso<br />
di responsabilità e misura”. (ANSA)<br />
7
INTERVISTA A LUCA MACARIO, VINCITORE DEL PREMIO CITIGROUP <strong>2003</strong><br />
Lezione di giornalismo negli Usa, do<br />
di Paola Pastacaldi<br />
Milano, 13 novembre <strong>2003</strong>. Prende il via la<br />
terza edizione italiana del premio Journalistic<br />
Excellence Award, ideato da Citigroup<br />
nel 1982 per promuovere il giornalismo<br />
economico-finanziario di alto livello, premiando<br />
i migliori professionisti in questo campo in<br />
tutto il mondo. Il Journalistic Excellence<br />
Award vuole essere il riconoscimento di Citigroup<br />
al ruolo che il giornalismo di eccellenza<br />
può ricoprire all’interno del sistema<br />
economico finanziario, contribuendo a creare<br />
un pubblico meglio informato e a sostenere<br />
il buon funzionamento del sistema nel suo<br />
complesso.<br />
La giuria dell’edizione 2004, come delle<br />
precedenti, è composta da rappresentanti istituzionali<br />
particolarmente autorevoli quali:<br />
Massimo Capuano, amministratore delegato<br />
di Borsa Italiana Spa; Lamberto Cardia, presidente<br />
della Consob; Antonio D’Amato, presidente<br />
di Confindustria; Lorenzo Del Boca,<br />
presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti; Alan<br />
Friedman, direttore editoriale www.miaeconomia.it;<br />
Carlo Secchi, rettore dell’Università<br />
Bocconi; Maurizio Sella, presidente dell’ABI;<br />
Luigi Spaventa, professore di Economia politica<br />
dell’Università di Roma; Terri Thompson,<br />
direttrice del Knight Bagehot Fellowship in<br />
Economics and Business Journalism a<br />
Columbia University; Giacomo Vaciago,<br />
direttore dell’Istituto di Economia e finanza<br />
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. La<br />
giuria non include nessun rappresentante di<br />
Citigroup.<br />
Oltre che per l’autorevolezza e l’indipendenza<br />
della giuria questa iniziativa si distingue<br />
per il rigore del processo di selezione e<br />
Luca Macario.<br />
Luca Macario, capo redattore della televisione satellitare<br />
di Banca Intesa, sede milanese, piazza Belgioioso,<br />
(un équipe di dieci giornalisti, più altre tre redazioni, a<br />
Roma, Napoli e Venezia) è rientrato da New York, dove<br />
ha seguito un seminario di giornalismo alla Columbia<br />
University, Graduate School of Journalism, che è stata,<br />
tra l’altro, la culla del premio Pulitzer e da quasi cento<br />
anni è impegnata per la formazione di giornalisti. Perché<br />
mai studiare quando si è professionisti, penseranno<br />
molti colleghi<br />
A prescindere che lo studio dovrebbe essere un’ attività<br />
permanente di ogni professionista, tanto più oggi con<br />
l’informazione sempre più diluita da una globalizzazione<br />
pervicacemente concentrata sullo spettacolo, ma il<br />
caso di Macario è diverso: lui è il vincitore italiano<br />
dell’edizione del <strong>2003</strong> del Journalistic Excellence<br />
Award, il premio internazionale ideato da Citigroup nel<br />
1982 per promuovere il giornalismo economico-finanziario<br />
di alto livello. Da allora ha coinvolto trecento giornalisti<br />
di trentadue Paesi, dall’America Latina, all’Asia,<br />
all’Africa e l’Europa. Iniziativa che realizza con una<br />
attenzione particolare per la qualità: per esempio la<br />
lettura e la selezione degli articoli avviene senza che i<br />
giurati conoscano il nome del giornalista e quello della<br />
testata, per non essere ovviamente condizionati.<br />
Il premio, unico nel suo genere, consiste per tutti i vincitori<br />
in un corso di approfondimento giornalistico intitolato<br />
International Journalists Seminar in una delle più<br />
antiche e prestigiose università del mondo, la Columbia<br />
è nata nel 1754, insomma la finalità formativa è evidente.<br />
Macario, che ha una grande passione per le tecnologie<br />
ed è laureato in ingegneria, ha vinto con un articolo<br />
sulle nanotecnologie apparso su Patrimoni, mensile di<br />
Milano Finanza.<br />
L’ argomento, sotto il profilo della comunicazione, è di<br />
notevole complessità, anche per i risvolti legati alla sua<br />
scientificità e quindi alla necessità di essere esatti nelle<br />
informazioni, oltre che divulgativi.<br />
Abbiamo fatto una chiacchierata con Luca<br />
Macario per sapere come si è svolto il corso.<br />
Che vantaggi ha tratto da questo corso<br />
È stato emozionante vivere venti giorni nella<br />
facoltà di giornalismo tra le più antiche al<br />
mondo. Il corso di giornalismo alla Columbia<br />
è stato istituito nel 1912. La sede è in un antico<br />
edificio neoclassico dove campeggia la<br />
scritta “per creare giornalisti eccellenti a<br />
servizio della democrazia”. C’erano con me<br />
altri sedici vincitori provenienti da Belgio,<br />
Brasile, Cile, Salvador, Venezuela, Uruguay,<br />
Filippine, India. I docenti erano giornalisti ed<br />
economisti, la coordinatrice, Terry Thompson,<br />
oltre a essere una nota giornalista<br />
finanziaria - è stata anche presidente dell’Associazione<br />
<strong>dei</strong> giornalisti finanziari di New<br />
York -, è la direttrice del Knight Bagehot<br />
Fellowship, un programma di specializzazione<br />
in Economics & Business Journalism.<br />
Abbiamo avuto anche molti incontri informali,<br />
chiacchierate, possibilità di interviste,<br />
scambi di vedute, dibattiti e visite ai luoghi<br />
più rappresentativi della finanza e dell’economia.<br />
Ci racconta quali sono stati gli argomenti<br />
prescelti per il corso<br />
Abbiamo iniziato con “Elementi di contabilità”,<br />
a cura di Cheryl Lehman della Hofstra<br />
University, per capire i dati essenziali che<br />
ogni giornalista deve scovare nei bilanci,<br />
per avere elementi di comparazione tra<br />
società e per cogliere le principali differenze<br />
tra le metodologie contabili tra Stati Uniti<br />
ed Unione Europea. Abbiamo proseguito<br />
con una lunga sessione di David Beim,<br />
della Columbia Business School, su “Introduzione<br />
al sistema bancario”, con una<br />
panoramica generale sul ruolo delle banche<br />
nella vita sociale e alcune case history legate<br />
alla crisi <strong>dei</strong> sistemi bancari in Messico,<br />
Brasile e Argentina, paragonati alla crisi del<br />
sistema asiatico. Come è immaginabile, la<br />
presenza di vari giornalisti del Centro e<br />
Sudamerica ha contribuito a creare un<br />
dibattito estremamente interessante. Al<br />
terzo giorno siamo entrati nel vivo <strong>dei</strong> temi<br />
giornalistici, con una sessione su “Covering<br />
Economics and Business” che ha visto l’intervento<br />
di tre giornalisti: Rachel Beck, di<br />
Associated Press, Jon Hilsenrath, del The<br />
Wall Streer Journal, e Patrick McGeehan<br />
del New York Times. Conflitto d’interessi,<br />
globalizzazione, autoreferenzialità del giornalismo,<br />
obiettività e precisione sono i principali<br />
temi affrontati. Ma non è mancata<br />
anche l’etica, con la spinosa questione del<br />
giornalista del New York Times che ha truffato<br />
i lettori per mesi inventandosi storie di<br />
sana pianta.<br />
Due sessioni sono state dedicate al tema<br />
dell’analisi di bilancio, con un obiettivo molto<br />
preciso: “What can and can’t you find out<br />
about a company by reading its financial<br />
statement” con un docente di origine indiana,<br />
Suresh Govindaray della “Rutgers<br />
University”. Altre lezioni erano su “La SEC e<br />
le problematiche di reporting internazionali”<br />
(a cura di Linda Quinn, partner di Shearman<br />
& Sterling), “Guerra e petrolio” (a cura di tre<br />
docenti della Columbia), e “Business internazionali<br />
e rispetto <strong>dei</strong> diritti umani”. Alle<br />
lezioni si alternavano i “newsmaker lunch”,<br />
incontri informali. Il primo è stato con Rik<br />
Kirkland, Managing Editor di Fortune, un<br />
giornale che è una bandiera, una macchina<br />
da guerra che solo negli Stati Uniti vende<br />
oltre 850.000 copie. Ma la sfida, ha detto<br />
Kirkland, è riuscire a globalizzare storie per i<br />
lettori di tutto il mondo. Tra gli ospiti del<br />
mondo economico-finanziario, che hanno<br />
arricchito il corso con la loro testimonianza,<br />
c’è stato Jeffrey D. Sachs, economista di<br />
fama mondiale, consulente di Kofi Annan per<br />
I giornalisti avranno tempo fino al 15 gennaio 2004 per presentare due articoli<br />
pubblicati nel corso del <strong>2003</strong>. Gli articoli verranno poi sottoposti alla giuria<br />
in forma anonima (sia di testata sia di autore), in modo da garantire un giudizio<br />
imparziale basato esclusivamente sui contenuti dell’articolo<br />
l’esperienza formativa offerta al vincitore.<br />
Al giornalista selezionato viene infatti offerta<br />
l’opportunità di prendere parte, insieme agli<br />
altri vincitori provenienti da tutto il mondo,<br />
all’International Journalists Seminar, un<br />
programma specializzato di due settimane al<br />
livello di master presso la Columbia Graduate<br />
School of Journalism di New York, culla<br />
del prestigioso premio Pulitzer. Durante il<br />
seminario inoltre i partecipanti avranno la<br />
possibilità di incontrare alcuni grandi nomi<br />
del mondo <strong>dei</strong> media, dell’economia e della<br />
finanza. Nell’edizione passata ad esempio i<br />
partecipanti hanno incontrato William<br />
Donaldson, Stanley Fischer, Rik Kirkland,<br />
William Mc Donough, Robert Rubin, Jeffrey<br />
Sachs e John Williamson, con l’opportunità<br />
di realizzare alcune corrispondenze dirette<br />
per la propria testata. I giornalisti avranno<br />
tempo fino al 15 gennaio 2004 per presentare<br />
due articoli pubblicati nel corso del <strong>2003</strong>.<br />
Gli articoli verranno poi sottoposti alla giuria<br />
in forma anonima (sia di testata sia di autore),<br />
in modo da garantire un giudizio imparziale<br />
basato esclusivamente sui contenuti<br />
dell’articolo.<br />
«Siamo particolarmente soddisfatti che il<br />
Journalistic Excellence Award si stia affermando<br />
progressivamente anche in Italia» ha<br />
dichiarato Luca Toniutti, Country Officer di<br />
Confermata<br />
una giuria<br />
d’eccellenza<br />
Citigroup in Italia. «L’opportunità formativa<br />
unica e l’autorevolezza e indipendenza della<br />
giuria si sono dimostrati due elementi centrali<br />
per l’affermazione del premio e pensiamo<br />
che siano gli ingredienti del successo anche<br />
per il futuro» ha concluso Toniutti.<br />
Per scegliere il miglior articolo pubblicato nel<br />
<strong>2003</strong> tra quelli che prenderanno parte alla<br />
Sarah Marder,<br />
Director of Corporate Affairs<br />
Citigroup – Italy.<br />
Terza edizione (2004) del premio Citigroup<br />
selezione, i giurati si baseranno su criteri<br />
specifici quali l’originalità e la presenza di<br />
contenuti di novità, la capacità di analisi e<br />
approfondimento delle tematiche trattate,<br />
l’utilizzo di ricerche e/o interviste nonché la<br />
capacità di stimolare il dibattito. Nessuna<br />
limitazione invece per quel che riguarda le<br />
tematiche, sulle quali viene lasciata completa<br />
libertà all’interno del campo economicofinanziario.<br />
Presente in Italia fin dal 1962, Citigroup<br />
gode oggi di una presenza consolidata in<br />
tutte le aree di business in cui è attiva sul<br />
mercato italiano: Corporate and Investment<br />
Banking, Consumer Banking, Carte di<br />
credito, Credito al consumo, Private<br />
Banking e Asset Management. Citigroup in<br />
Italia, dove conta su uno staff complessivo<br />
di circa 1200 persone, opera tramite i<br />
seguenti marchi: Citibank, Citifin, Citigroup,<br />
Citigroup Asset Management e Citigroup<br />
Private Bank.<br />
Citigroup (NYSE: C), la principale società<br />
globale di servizi finanziari con circa 200 milioni<br />
di clienti in oltre 100 paesi, fornisce a consumatori,<br />
società, governi ed enti una vasta<br />
gamma di prodotti e servizi finanziari, incluse<br />
attività bancarie e creditizie rivolte ai consumatori,<br />
attività bancarie aziendali e di investimento,<br />
assicurazioni, negoziazione titoli e<br />
gestione patrimoniale. I principali marchi che<br />
operano sotto l’ombrello Citigroup sono Citibank,<br />
CitiFinancial, Primerica, Smith Barney,<br />
Banamex, and Travelers. Ulteriori informazioni<br />
sul sito: www.citigroup.com<br />
8 ORDINE 12 <strong>2003</strong>
La Columbia<br />
University di New York<br />
La Columbia University di New York, una<br />
delle più prestigiose università americane,<br />
nasce nel 1754 per volontà di re Giorgio II<br />
ed è oggi un’istituzione indipendente e<br />
pluralista, finanziata da privati, dedicata alla<br />
formazione accademica.<br />
La Columbia University opera sin dalla sua<br />
fondazione con la missione di contribuire<br />
attivamente allo sviluppo del sapere, di<br />
preservare e interpretare l’eredità intellettuale<br />
e morale dell’umanità e di trasmetterla<br />
alle future generazioni di studenti.<br />
Questi obiettivi vengono perseguiti attraverso<br />
programmi di ricerca e insegnamenti in<br />
diverse discipline che vanno dalle scienze<br />
umanistiche e sociali a quelle naturalistiche,<br />
mediche e applicate, nonché tramite<br />
accordi di collaborazione con altre istituzioni<br />
accademiche, centri di ricerca e ospedali<br />
sia americani sia esteri.<br />
ve non c’è sudditanza alla tv<br />
le politiche di sviluppo e direttore dell’Earth<br />
Institute della Columbia.<br />
Cosa l’ha colpita dell’insegnamento che<br />
ha avuto<br />
È curioso, ma ho notato che tutti, sia i professori<br />
che i giornalisti, sanno parlare in pubblico,<br />
studiano “public speaking’. A parte<br />
questo, abbiamo avuto molte lezioni sull’utilizzo<br />
di Internet, dell’avere più informazioni<br />
possibili in campo finanziario. In generale<br />
Italia non abbiamo nulla di analogo, credo a<br />
livello universitario. Possiamo puntare<br />
sull’autoinformazione, parlando con gli altri.<br />
C’è stata comunque la possibilità di parlare<br />
con i colleghi e di intenderci, questo è positivo:<br />
c’è stata una riflessione sulla globalizzazione,<br />
sul fatto che molto rapidamente<br />
sappiamo tutto, sulle problematiche degli altri<br />
Paesi. Ma la libertà di stampa è molto a<br />
rischio in paesi come il Venezuela. Nei paesi<br />
anglosassioni c’è più concorrenza che da<br />
noi, hanno ancora editori puri. Per esempio,<br />
lo scandalo del New York Times per i colleghi<br />
giornalisti americani è stato uno choc<br />
vero, forte, l’hano percepito davvero come<br />
una crisi, la fine di un mito. Decine di tabloid<br />
di New York sono usciti con i due faccioni del<br />
direttore e del vicedirettore con scritto “out”,<br />
ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />
fuori a grandi lettere. Il New York Times ogni<br />
giorno pubblica mezza pagina di smentite,<br />
anche per gli errori più piccoli, più irrilevanti”.<br />
Quali altre differenze ha rilevato tra la<br />
nostra stampa e la loro<br />
Nei media americani non esiste una sudditanza<br />
psicologica nei confronti della televisione<br />
come accade invece da noi. È un<br />
problema che da loro non c’è, con il risultato<br />
che sui media c’è una ricchezza di riflessioni<br />
notevole e non solo notizie riprese dalla televisione.<br />
Le loro prime pagine sono davvero<br />
diverse una dall’altra e anche le notizie, i<br />
direttori non si telefonano per comunicarsi<br />
cosa hanno fatto. Invece le notizie sull’Italia,<br />
tolte quelle sul Papa, sono brevissime. L’Europa<br />
non esiste. Gli altri Paesi non interessano,<br />
molti <strong>dei</strong> giornalisti hanno anche posto<br />
questo problema. Gli americani sono autoreferenziali.<br />
Questo, però, è bilanciato dal fatto<br />
che molte comunità hanno la loro stampa in<br />
lingua, ispanici, italoamericani.<br />
Altri incontri importanti professionalmente<br />
L’incontro, forse il più atteso, è stato con<br />
Robert Rubin, chairman del Comitato esecutivo<br />
di Citigroup ed ex segretario al Tesoro ai<br />
tempi di Bill Clinton. Un collega giapponese<br />
da due mesi era in attesa per ottenere un<br />
appuntamento con Rubin. Anche se i contenuti<br />
dell’incontro dovevano essere “off the<br />
records”, l’intraprendente giapponese è<br />
riuscito a ottenere un’intervista di lì a pochi<br />
giorni. Poi abbiamo incontrato anche William<br />
Mc Donough, autorevole presidente della<br />
Federal Reserve di New York, dopo una visita<br />
guidata ai forzieri che contengono la<br />
seconda riserva di oro al mondo dopo Fort<br />
Knox: cinque piani sotterranei scavati nella<br />
roccia di Manhattan, che da più di settant’anni<br />
offrono un rifugio sicuro alle riserve auree<br />
di molti paesi del mondo (l’85% dell’oro qui<br />
conservato appartiene infatti a nazioni straniere).<br />
La cifra dell’importanza dell’istituzione<br />
la si coglie anche nel sofisticato percorso<br />
educational istallato all’ingresso e riservato<br />
alle scolaresche: i bambini vanno educati fin<br />
da piccoli al valore del dollaro e dell’oro, a<br />
difesa del libero mercato e delle sicurezza<br />
sociale.<br />
Un’esperienza unica, dunque.<br />
Certamente, tanto che ora è nato un<br />
newsgroup su Internet tra i partecipanti al<br />
corso. “Keep in touch”, teniamoci in contatto,<br />
così si è conclusa la cerimonia dell’“International<br />
Journalists Seminar” e così è stato.<br />
Al vincitore viene offerta la possibilità di partecipare<br />
a un seminario di giornalismo presso la Columbia University di New York<br />
e di incontrare i rappresentanti delle più prestigiose istituzioni<br />
finanziarie mondiali nonché economisti di fama internazionale<br />
Informazioni sulla terza edizione italiana<br />
del Citigroup Journalistic Excellence Award<br />
Criteri di eligibilità:<br />
• giornalisti economico-finanziari con almeno<br />
5 anni di esperienza<br />
• 2 articoli di almeno 750 parole, pubblicati<br />
nel corso dell’anno <strong>2003</strong><br />
• possono partecipare giornalisti di testate<br />
di informazione generale a diffusione<br />
nazionale, testate specializzate in economia<br />
e finanza, agenzia di stampa e radio<br />
a diffusione nazionale<br />
Materiale da inviare<br />
entro il 15 gennaio 2004<br />
• 2 articoli a scelta del giornalista<br />
• una breve nota biografica in inglese (tra<br />
500 e 1000 parole) che descrive il percorso<br />
professionale dell’autore e le motivazioni<br />
e aspettative in relazione alla eventuale<br />
partecipazione al seminario presso<br />
la Columbia Graduate School of Journalism<br />
• un’attestazione della redazione che autorizzi<br />
il giornalista a partecipare all’intero<br />
seminario, in caso di vittoria<br />
La Columbia Graduate<br />
School of Journalism<br />
Fondata nel 1912 da Joseph Pulitzer, la<br />
Columbia Graduate School of Journalism è<br />
fra le più antiche scuole di giornalismo degli<br />
Stati Uniti nonché la culla di numerosi<br />
premi giornalistici tra i quali il prestigioso<br />
premio Pulitzer.<br />
Sin dalla sua fondazione, la scuola è rimasta<br />
fedele alla missione di Joseph Pulitzer<br />
di formare giornalisti mediante corsi centrati<br />
sul rigore accademico, l’etica, la pratica<br />
professionale e l’inchiesta giornalistica.<br />
Con questo obiettivo, la scuola si dedica<br />
alla formazione di giornalisti professionisti<br />
contribuendo contemporaneamente a<br />
mantenere elevati standard di eccellenza<br />
nella professione giornalistica.<br />
Il materiale dovrà essere inviato<br />
alla segreteria organizzativa<br />
del premio<br />
c/o Burson Marsteller<br />
Palazzo Recalcati<br />
via Ame<strong>dei</strong>, 8 - 20123 Milano<br />
award_citigroup@it.bm.com<br />
Premio:<br />
• seminario di due settimane<br />
(International Journalists Seminar)<br />
a Columbia Graduate School<br />
of Journalism, insieme ai vincitori<br />
degli altri paesi partecipanti<br />
• avrà luogo indicativamente<br />
nella prima metà di giugno<br />
Il bando è disponibile presso:<br />
• il sito dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia: www.odg.mi.it<br />
• la segreteria organizzativa<br />
presso Burson-Marsteller (v. sotto)<br />
Il Columbia International<br />
Journalists Seminar<br />
I vincitori di ogni Paese partecipante prendono<br />
parte al cosiddetto International Journalists<br />
Seminar, un programma specializzato di<br />
due settimane al livello di master promosso<br />
da Citigroup. Questo seminario rappresenta<br />
un’occasione unica per confrontarsi direttamente<br />
con grandi temi e con personalità di<br />
prestigio internazionale insieme a colleghi<br />
provenienti da tutto il mondo.<br />
Nell’edizione precedente sono stati affrontati<br />
temi di stretta attualità quali: le banche<br />
nel sistema finanziario globale, l’analisi <strong>dei</strong><br />
bilanci, la trasparenza, il conflitto d’interessi<br />
e l’obiettività del sistema informativo.<br />
Inoltre i partecipanti hanno incontrato alcuni<br />
grandi nomi del mondo <strong>dei</strong> media, dell’economia<br />
e della finanza quali William<br />
Donaldson, Stanley Fischer, Rik Kirkland,<br />
William Mc Donough, Robert Rubin, Jeffrey<br />
Sachs e John Williamson.<br />
“Journalistic Excellence Award”<br />
Per ulteriori informazioni:<br />
Burson-Marsteller Financial<br />
Luca Ricci Maccarini<br />
Tel. 02 72143541 – 349 7668028<br />
Fax: 02 72143524<br />
luca_maccarini@it.bm.com<br />
Valeria Montesoro<br />
Tel. 02 72143549 – 349 7668032<br />
Fax. 02 72143524<br />
valeria_montesoro@it.bm.com<br />
Simone Zavatarelli<br />
Tel. 02 72143534 – 349 7668038<br />
Fax 02 72143524<br />
simone_zavatarelli@it.bm.com<br />
Citigroup<br />
Sarah Marder<br />
Director of Corporate Affairs<br />
Citigroup – Italy<br />
tel. 02 86474359 - fax. 02 86474462<br />
sarah.marder@citigroup.com<br />
Tutti i modi<br />
per pagare<br />
la quota<br />
annuale<br />
dovuta<br />
all’<strong>Ordine</strong><br />
Esatri offre i canali più diversi per effettuare<br />
il pagamento della quota annuale<br />
dovuta all’<strong>Ordine</strong>.<br />
■Il tradizionale<br />
sportello<br />
esattoriale<br />
presso il quale è possibile effettuare i<br />
pagamenti senza nessun costo (a<br />
Milano ce ne sono uno in via San<br />
Gregorio 53 ed un altro in Via Temolo 6,<br />
altri sono presenti in tutti i capoluoghi e<br />
nei maggiori centri delle provincie di<br />
Milano, Brescia, Pavia, Varese e Lodi)<br />
■Il telefono,<br />
con carta<br />
di credito<br />
chiamando il Servizio TAXTEL<br />
al numero 199.191.191,<br />
nei giorni feriali dalle ore 8.30 alle 17.00,<br />
al costo di € 2,32 per versamenti fino<br />
all’importo di € 258,00. La quietanza<br />
viene tempestivamente recapitata per<br />
posta all’indirizzo indicato dal Contribuente.<br />
Carte di credito abilitate: VISA –<br />
MASTERCARD – MONETA – AMERI-<br />
CAN EXPRESS – AURA – DINERS<br />
■Internet,<br />
collegandosi<br />
al sito www.taxtel.it<br />
con modalità identiche a quelle telefoniche,<br />
a parte l’orario, ovviamente.<br />
Le agenzie bancarie e quelle postali, utilizzando<br />
i bollettini RAV allegati all’avviso<br />
di pagamento;<br />
■In conto<br />
corrente<br />
bancario-RID<br />
Da quest’anno è possibile richiedere<br />
l’addebito permanente in conto corrente<br />
bancario-Rid.<br />
Non si devono più ricordare le scadenze<br />
e si risparmia tempo!<br />
Confermata l’adesione al servizio RID,<br />
secondo le modalità ed i termini sotto<br />
indicati, Esatri provvederà, ad ogni scadenza,<br />
a partire dalla quota addebitata<br />
con l’avviso di pagamento di quest’anno<br />
e per i prossimi anni, al pagamento<br />
automatico con addebito degli importi<br />
sul conto corrente bancario.<br />
Per aderire al servizio RID è sufficiente:<br />
• compilare il modulo RID contenuto nell’avviso<br />
di pagamento che sarà inviato<br />
agli iscritti e trasmetterlo ad Esatri via<br />
fax al 199.160.771.071, attenzione!,<br />
non deve essere presentato alla propria<br />
banca;<br />
• oppure compilare il modulo RID elettronico<br />
disponibile su Internet al sito<br />
www.taxtel.it;<br />
• oppure comunicare via telefono i dati<br />
richiesti nel modulo RID al n. 199 104<br />
343 (dal lunedì al venerdì dalle 8.30<br />
alle 17.00), disponibile anche per informazioni<br />
relative al RID;<br />
Avvertenze<br />
• Chi aderisce al RID non dovrà effettuare<br />
direttamente nessun pagamento;<br />
• I pagamenti addebitati saranno verificabili<br />
dall’estratto conto corrente bancario;<br />
• Il costo del servizio fissato per l’anno<br />
2004 è di 2,07 euro per ogni<br />
addebito effettuato.<br />
9
EDITORIA<br />
RAPPORTO <strong>2003</strong> SULL’INDUSTRIA DEI QUOTIDIANI<br />
Cinquecentomila copie<br />
guadagnate negli ultimi 23<br />
anni, 204 testate in edicola<br />
ogni mattina. L’esercito<br />
tenace <strong>dei</strong> “lettori assidui”<br />
che si concentra a sorpresa<br />
in Emilia Romagna e si<br />
disperde, invece, in Puglia<br />
Più entrate dalle edicole,<br />
meno dalle inserzioni<br />
5.901.366: tante le copie vendute in media<br />
ogni giorno di quest’anno dai 204 quotidiani<br />
italiani.<br />
Una diffusione che sfiora, senza sfondare, il<br />
tetto <strong>dei</strong> sei milioni. Con un incremento dello<br />
0,2% in confronto allo scorso anno, quando<br />
ci si fermava a 5.887.795.<br />
Ma soprattutto un progresso del 10,5% dal<br />
lontano 1980.<br />
Tanto in termini percentuali. Poco in cifre<br />
assolute. Perché si tratta di sole 559.396<br />
copie in più rispetto a vent’anni fa. In ventitré<br />
anni, in pratica, l’industria <strong>dei</strong> quotidiani ha<br />
conquistato e fidelizzato poco più di mezzo<br />
milione di persone.<br />
In principio, a leggere i giornali tutti i giorni,<br />
erano 5.341.970. Sono cresciuti ogni anno,<br />
senza sosta, fino al 1990 quando l’avanguardia<br />
<strong>dei</strong> lettori ha raggiunto i 6.808.501 di<br />
italiani.<br />
Anno d’oro dell’informazione proprio il 1990.<br />
Anche se l’incremento percentuale più consistente<br />
si registra nel 1984, quando la lettura<br />
<strong>dei</strong> quotidiani lievita del 5%.<br />
Poi, stagione dopo stagione, un’emorragia<br />
continua di copie. Meno 4,5% nel 1991,<br />
meno 2,6 nel ‘93, altri 3,7 punti rubati nel ‘95.<br />
Per un totale di un milione di copie volatilizzate.<br />
La tendenza sembra invertirsi dal ‘98 al<br />
2000, quando i lettori tornano a quota sei<br />
milioni.<br />
Ma l’erosione prosegue negli anni successivi.<br />
Complice, nel 2001, l’arrotondamento a<br />
un euro per le testate. Capitolo a parte queldi<br />
Francesca Romanelli<br />
Cinquecentomila copie guadagnate negli<br />
ultimi 23 anni. Duecentoquattro testate in<br />
edicola ogni mattina. L’esercito tenace <strong>dei</strong><br />
“lettori assidui” che si concentra a sorpresa<br />
in Emilia Romagna e si disperde invece in<br />
Puglia. Ma anche 14 milioni di persone che,<br />
con un titolo di studio inferiore alla terza<br />
media, faticano ad instaurare un rapporto<br />
stabile con la carta stampata. E tuttavia la<br />
prevalenza delle vendite rispetto alla pubblicità<br />
sulle bilance economiche <strong>dei</strong> singoli<br />
editori.<br />
È un ritratto <strong>dei</strong> giornali colto fin nei minimi<br />
dettagli quello anticipato dal “Rapporto <strong>2003</strong><br />
sull’industria italiana <strong>dei</strong> quotidiani”, protagonista<br />
martedì 19 novembre al Circolo della<br />
Stampa di Milano. Una vera e propria radiografia,<br />
capace di diagnosticare e allo stesso<br />
tempo prevedere la salute del settore in<br />
questo primo scorcio di millennio che conosce<br />
la rivoluzione delle tecnologie.<br />
Pluralista, elitaria e maschilista. Ma anche<br />
tenace, testarda e in espansione. Così si<br />
presenta l’industria di quel quotidiano che<br />
già Hegel, nell’Ottocento, definiva “la preghiera<br />
mattutina” dell’uomo moderno.<br />
Il giornale, infatti, si rivela per molti ma non<br />
per tutti. Fra le righe si scopre che “leggono”<br />
un uomo su due e solo una donna su tre.<br />
Il tutto nella settima edizione di questa indagine<br />
serrata promossa dalla Federazione<br />
italiana editori giornali (Fieg), dall’Asig insieme<br />
ai reparti comunicazione di Cgil, Cisl e<br />
Uil. Un’inchiesta che ha scandagliato e<br />
aggregato i dati di ben nove fonti statistiche,<br />
dall’Istat all’osservatorio Fieg, dall’Audipress<br />
ai distributori.<br />
Andamento diffusione 1980-<strong>2003</strong><br />
vendita media variaz.<br />
giornaliera %<br />
1980 5.341.970<br />
1981 5.368.815 0,5%<br />
1982 5.409.975 0,8%<br />
1983 5.580.394 3,2%<br />
1984 5.860.691 5,0%<br />
1985 6.068.407 3,5%<br />
1986 6.365.661 4,9%<br />
1987 6.618.481 4,0%<br />
1988 6.721.098 1,6%<br />
1989 6.765.715 0,7%<br />
1990 6.808.501 0,6%<br />
1991 6.505.426 -4,5%<br />
1992 6.525.529 0,3%<br />
1993 6.358.997 -2,6%<br />
1994 6.208.188 -2,4%<br />
1995 5.976.847 -3,7%<br />
1996 5.881.350 -1,6%<br />
1997 5.869.602 -0,2%<br />
1998 5.881.421 0,2%<br />
1999 5.913.514 0,5%<br />
2000 6.073.158 2,7%<br />
2001 6.057.403 -0,3%<br />
2002 5.887.795 -2,8%<br />
<strong>2003</strong> 5.901.366 0,2%<br />
variazione 1980-<strong>2003</strong> 10,5%<br />
Gli italiani<br />
e i quotidiani<br />
lo della free press. Che non compare in<br />
questo conteggio della ricerca proprio per le<br />
differenze rispetto alla distribuzione tradizionale.<br />
Ma che si stima capace di raggiungere due<br />
milioni di persone ogni giorno. Attestata sugli<br />
otto milioni e quattrocentomila esemplari la<br />
tiratura <strong>dei</strong> quotidiani italiani. Tuttavia su 100<br />
copie che escono dalla rotativa, 30 sono già<br />
destinate al macero.<br />
I lettori Interviste realizzate nella primavera<br />
di quest’anno e inserite nel rapporto raccontano<br />
che la media nazionale di “lettori assidui”<br />
alias “giornalieri” è del 40%. Con un minimo<br />
del 25,6 al sud.<br />
E se l’Emilia vede la maggiore concentrazione<br />
di lettori fedeli (57%), la Puglia deve<br />
accontentarsi di quella minima (24). Senza<br />
contare che per l’industria <strong>dei</strong> quotidiani è<br />
difficile “colonizzare” quei 14 milioni di italiani<br />
con un titolo di studio al di sotto della terza<br />
media. Di più.<br />
Dal 1997 ad oggi è calata di un milione di<br />
copie la lettura giornaliera nelle grandi città,<br />
da 4.466.000 a 3.443.000 nei centri urbani<br />
con più di 250mila abitanti. Colpevole, con<br />
tutta probabilità, l’avvento della stampa<br />
gratuita.<br />
Lontana invece l’Italia (8%) dagli indici di<br />
abbonamento che si registrano ad esempio<br />
in Giappone (94%).<br />
Contraddittoria infine la Gran Bretagna, dove<br />
la diffusione supera la percentuale di abbonati.<br />
Motivo: il successo <strong>dei</strong> quotidiani popolari<br />
come il Sun.<br />
TAVOLA<br />
ROTONDA<br />
Perrone (vicepresidente Fieg):<br />
di Francesca Romanelli<br />
Carlo Perrone, vicepresidente della Fieg<br />
nonché editore genovese de Il Secolo XIX.<br />
Ma anche il presidente dell’Osservatorio<br />
tecnico per i quotidiani e le agenzie, Carlo<br />
Lombardi, il presidente di Assografici Marco<br />
Spada, quello dell’Ente nazionale per l’istruzione<br />
professionale grafica Emanuele<br />
Piovesano e i leader delle segreterie nazionali<br />
di Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uil-comunicazione.<br />
È un autentico parterre di personalità<br />
quello accorso alla presentazione del<br />
“Rapporto <strong>2003</strong> sull’industria italiana <strong>dei</strong><br />
quotidiani” avvenuta fra gli ambienti ovattati<br />
e gli stucchi del Circolo della Stampa milanese.<br />
Presente anche Alessandro Nova,<br />
docente dell’università Bocconi, che ha spiegato<br />
quali sono le variabili che distinguono il<br />
mercato editoriale italiano e come sta<br />
cambiando l’assetto economico europeo.<br />
Dopo di lui, la presentazione <strong>dei</strong> risultati<br />
dell’indagine. E una tavola rotonda per innescare<br />
il dibattito fra questi esponenti di<br />
imprese, sindacati e associazioni.<br />
Carlo Perrone,<br />
vicepresidente Fieg<br />
“Ci preoccupa il calo della pubblicità avvenuto<br />
per tre anni consecutivi: 2001, 2002 e<br />
<strong>2003</strong>. Anche se abbiamo segnali incoraggianti<br />
per i mesi di settembre e ottobre. Il<br />
cambiamento più importante che dovremo<br />
fronteggiare Di sicuro l’evoluzione del ruolo<br />
degli editori. Non saranno più soltanto stampatori<br />
di un giornale, ma produttori continui<br />
di informazione. Non saremo più fornitori di<br />
un singolo prodotto, ma di informazione 24<br />
ore su 24. La sfida si giocherà sui contenuti,<br />
sulla necessità di avere sempre più qualità<br />
in ciò che offriamo. Perché la concorrenza si<br />
fa sui contenuti, più che sulle tecnologie. E<br />
sempre più decisivo sarà il rapporto di fiducia<br />
con il cliente. È un elemento sempre più<br />
chiaro. Lo si nota recentemente nel successo<br />
di prodotti collaterali che hanno accompagnato<br />
in questi mesi i quotidiani in edicola:<br />
libri, dvd, cassette. Tutti contrassegnati con il<br />
marchio della testata”.<br />
Marco Spada,<br />
presidente Assografici<br />
“Qualche anno fa avevamo il timore che<br />
Internet distruggesse tutto quanto, fino ad<br />
allora, era stato carta stampata. In parte<br />
quella previsione si è verificata. Ma certo non<br />
nei termini che ci si aspettava. La grande<br />
distribuzione ha invaso il mercato. Ora la<br />
situazione è diversa. All’orizzonte si profila<br />
l’investimento <strong>dei</strong> grandi giornali nelle rotative<br />
full color. Una grande sfida e parzialmente<br />
anche una cesura con il passato. Ma<br />
anche una problematica. Soprattutto se, con<br />
quelle rotative, si dovranno poi stampare<br />
altre cose rispetto al quotidiano”.<br />
Carlo Lombardi,<br />
presidente osservatorio tecnico per<br />
i quotidiani e le agenzie di informazione<br />
“Nonostante la crisi generale, è coraggiosa<br />
la politica di investimento che stanno affrontando<br />
i quotidiani italiani. Oggi possiamo<br />
studiare tutto questo grazie all’osservatorio,<br />
che è nato nel 1988. Di assoluto rilievo la sua<br />
missione, sancita dall’articolo 5 del contratto<br />
nazionale: «Per consentire la migliore conoscenza<br />
<strong>dei</strong> dati è costituito all’interno del<br />
settore su base paritetica un osservatorio<br />
tecnico per i quotidiani e le agenzie di informazione<br />
(...) L’osservatorio è sede di scambio<br />
e verifica di dati informativi globali»”.<br />
Emanuele Piovano,<br />
presidente Enipg-Ente nazionale<br />
per l’istruzione professionale grafica<br />
“Il settore grafico, in questo momento, ha<br />
una grande opportunità. È punto di incontro<br />
fra le scuole grafiche: sono 32 sul territorio<br />
nazionale, prima ubicate soprattutto al<br />
centro nord e ora presenti anche al sud. I<br />
nostri obiettivi Far nascere altre scuole,<br />
perché la formazione è una delle risorse più<br />
importanti per questa attività professionale.<br />
Ad esempio Napoli, fino a poco tempo fa,<br />
non aveva una sua scuola grafica. E l’istituto<br />
Rizzoli ha da poco ripensato i propri corsi di<br />
formazione”.<br />
Di Giovanni,<br />
vicesegretario nazionale Slc-Cgil<br />
“Un calo di pubblicità di questo tipo non si<br />
registrava da almeno dieci anni. È a due cifre.<br />
E poi, questo Paese non ha mai raggiunto<br />
sette milioni di copie. C’è pluralismo, ma<br />
mancano i lettori. C’è qualcosa che non<br />
quadra. C’è stato un calo delle retribuzioni e<br />
del costo del lavoro, ma è aumentata la<br />
produttività. Più che decuplicata. Si è verificato<br />
dunque lo sfruttamento di quella produttività.<br />
Le nuove rotative full color vanno bene,<br />
ma il prodotto da stampare sarà sempre quello,<br />
non sarà sostanzialmente diverso. Oggi<br />
poi non c’è più differenza fra grafico quotidiano<br />
e periodico. L’obiettivo, allora Avere un<br />
unico contratto dell’informazione. E recuperare<br />
a queste normative quelle aziende che<br />
operano fuori dal contratto quotidiani”.<br />
Fulvio Giacomassi,<br />
segretario nazionale Slc-Cgil<br />
“I dati presentati offrono alcune conferme: la<br />
distribuzione è sostanzialmente stabile, la<br />
lettura è stabile, c’è stato un calo dell’occupazione,<br />
un aumento altissimo della produttività.<br />
Lo scenario, dopo l’11 settembre<br />
americano, è stato quello della crisi. L’impresa<br />
editoriale si sta caratterizzando sempre<br />
più come produttrice di informazioni. E poi il<br />
reparto tecnologie, con l’adozione delle<br />
nuove rotative full color. Fino a poco tempo<br />
fa sembrava che la stampa si stesse separando<br />
dalla produzione del quotidiano, invece<br />
queste acquisizioni denotano una radicale<br />
inversione di tendenza. Vogliamo lasciar<br />
fare al mercato o capire come offrire un<br />
contributo utile in questa fase di trasformazione”.<br />
Bruno Di Cola,<br />
segretario nazionale Uil comunicazione<br />
“I colleghi parlavano di ipotesi di convergenza<br />
sul contratto. E la formazione rimane<br />
essenziale. Dal contratto quotidiani sono<br />
passati due anni, da quello grafici quasi quattro<br />
e a dicembre lo rinnoveremo. Chiedo<br />
dunque la possibilità di incontrarci per lavorare<br />
verso normative vicine, non dico un<br />
contratto unico ma almeno con alcuni caratteri<br />
di omogeneità. E dobbiamo ricordarci<br />
che queste nuove tecnologie non sostituiscono<br />
quelle esistenti, le integrano solamente”.<br />
10 ORDINE 12 <strong>2003</strong>
Andamento<br />
occupazionale<br />
poligrafici<br />
e giornalisti<br />
1990-2002<br />
I NOSTRI ERRORI<br />
Annuario 2004:<br />
un clic ha invertito<br />
città di nascita<br />
e di residenza<br />
<strong>dei</strong> pubblicisti<br />
Un clic di troppo sul computer ha determinato<br />
un increscioso errore nell’Annuario 2004<br />
distribuito a fine novembre tra gli iscritti negli<br />
elenchi dell’Albo di Milano: quel clic ha determinato<br />
una inversione della città di nascita<br />
con quella di residenza. Ce ne scusiamo con<br />
gli interessati.<br />
(F. Ab.)<br />
Gli editori:<br />
vendite e pubblicità<br />
A sorpresa, i ricavi che gli editori traggono<br />
complessivamente dalle vendite superano i<br />
guadagni ottenuti con la pubblicità. Il boom,<br />
in edicola, si ebbe nel 1995 quando le<br />
vendite fruttarono il 57,15% <strong>dei</strong> ricavi.<br />
Mentre l’annata migliore per la vendita<br />
pubblicitaria è targata 2000, quando il settore<br />
strappò un 58,03% da primato. Nel 2002<br />
invece le due voci avvicinano i loro valori e<br />
la stima finale per il <strong>2003</strong> parla di parità. Al<br />
contrario degli Usa dove la pubblicità pesa<br />
per l’80% e l’Inghilterra dove vale il 60. E se<br />
nell’ultimo triennio il valore del mercato<br />
pubblicitario è calato da 7.932.080 euro a<br />
7.344.706, è proprio l’ambito <strong>dei</strong> quotidiani<br />
ad aver subito il tracollo maggiore (-15%)<br />
rispetto a televisione (-4) e periodici (-4,5).<br />
Con un risultato di primo piano però: <strong>dei</strong><br />
600 milioni di euro fatturati in Italia dalla<br />
pubblicità, la metà esce dalle casse <strong>dei</strong><br />
giornali. L’anteprima sulle differenze fra<br />
2002 e <strong>2003</strong> L’agosto di quest’anno ha<br />
registrato una diminuzione <strong>dei</strong> ricavi da<br />
pubblicità pari allo 0,8% che arriva all’1,8 se<br />
si considera settembre.<br />
In discesa libera poi, nelle parole di Salvatore<br />
Curiale che ha curato il Rapporto, il valore di<br />
un modulo pubblicitario sui quotidiani dal 1996<br />
ad oggi. Perché se allora arrivava a valere<br />
anche 37,22 euro, ora si ferma a 32,15. Il<br />
picco di costo Senza dubbio nel 2000. Quando<br />
per un modulo di pubblicità si pagavano in<br />
media 42,29 euro. Non solo. Negli ultimi tre<br />
anni, un modulo pubblicitario ha perso addirittura<br />
il 25% del suo valore.<br />
209 testate<br />
146 società editrici<br />
101 centri stampa<br />
147 agenzie<br />
di informazione<br />
111 concessionarie<br />
di pubblicità<br />
Giornali<br />
e giornalisti<br />
Due le tendenze tipo da dodici anni a questa<br />
parte: lo sfaldamento dell’esercito <strong>dei</strong> poligrafici<br />
e l’allargamento delle file <strong>dei</strong> giornalisti.<br />
I primi, nel 1990, erano 12.457 nei quotidiani.<br />
Nel 2002, sono diventati 7.758. Fra loro<br />
si riduce la presenza di chi ha più di 57 anni,<br />
mentre cresce la fascia d’età compresa fra i<br />
33 e i 48 anni con l’età di uscita dalla professione<br />
che si stabilizza sui 52.<br />
I cronisti passano invece da 5.204 a 6.405:<br />
più 23%. Il Rapporto fa inoltre i conti in tasca<br />
alle retribuzioni di chi lavora ogni giorno nelle<br />
redazioni. Lo straordinario, nel ‘93, era di 160<br />
ore. Lo scorso anno si è rivelato inferiore alle<br />
120 ore, con un trend assestato in diminuzione.<br />
L’osservatorio tecnico per i quotidiani e le<br />
agenzie di informazione, l’organismo paritetico<br />
imprese-sindacati previsto dal contratto<br />
nazionale e curatore dell’indagine, ha inoltre<br />
passato al setaccio gli stipendi a confronto<br />
con l’inflazione. Buste paga rilevate con dati<br />
reali, quelle <strong>dei</strong> poligrafici. Limitate ai dati<br />
contrattuali, quelle <strong>dei</strong> giornalisti. Risultato: la<br />
retribuzione media ha superato solo del 4<br />
per cento il costo della vita. Ma come è<br />
cambiata, negli ultimi dodici anni, la produttività<br />
Nel 1990 si contavano 5.355 pagine e<br />
151 copie ogni ora. Oggi sono rispettivamente,<br />
in media, 8.886 e 213. Anche se il picco<br />
di produttività si è toccato nel 2001 con 9.188<br />
pagine l’ora. La tendenza parla di una riduzione<br />
del costo del lavoro. Perché nel 1982<br />
l’attività <strong>dei</strong> poligrafici “pesava” 23 euro a<br />
copia. E ora vale 13.<br />
Di scena, infine, l’anagrafe dell’industria italiana<br />
<strong>dei</strong> quotidiani. Con tutti i dati più completi e<br />
aggiornati su testate, editori, centri stampa,<br />
agenzie e concessionarie di pubblicità operanti<br />
nel Paese. Il bilancio in numeri è di tutto<br />
rispetto: 209 testate, 146 società editrici, 101<br />
centri stampa, 147 agenzie, 111 concessionarie.<br />
E la fotografia <strong>dei</strong> quotidiani allo specchio<br />
delle edicole racconta di 204 pubblicazioni<br />
complessive, di 22 nuovi giornali affacciatisi al<br />
mercato nell’ultimo anno e di altri 20 che<br />
hanno cessato l’attività. La regione con il<br />
maggior numero di quotidiani Il Lazio, con 41.<br />
Segue la Lombardia con 32. Medaglia di bronzo<br />
alla Campania che ne pubblica 22. Ma c’è<br />
di più: Valle d’Aosta, Molise e Basilicata non<br />
avevano un loro giornale fino a qualche anno<br />
fa. Oggi sono, rispettivamente, a quota 3, 2 e<br />
1. Con una curiosità: che la Campania e<br />
Puglia, con il numero minimo di lettori, abbiano<br />
una densità così fitta di pubblicazioni giornaliere<br />
(22 e 19).<br />
E se 25 editori pubblicano più di una testata,<br />
oltre due terzi delle agenzie sono quotidiane.<br />
Di queste, 73 trasmettono solo testi, 55 anche<br />
foto. Ultimo capitolo le linee di tendenze per<br />
l’editoria quotidiana. In primis, la prevista<br />
crescita degli investimenti sulla stampa che<br />
sembravano in secondo piano fino a qualche<br />
anno fa e che ora tornano protagonisti con le<br />
nuove rotative full color. Le incognite sulle relazioni<br />
industriali fra editrici e sindacati, dato che<br />
secondo la ricerca un terzo di queste società<br />
non applicano il contratto quotidiani ai loro poligrafici.<br />
Ma anche il fenomeno della “convergenza”,<br />
ossia il ripensamento del ruolo degli<br />
editori di fronte alle sfide anche commerciali<br />
del futuro. Nella convinzione che un quotidiano<br />
è e rimane, più che un prodotto editoriale,<br />
un’opera dell’ingegno collettivo.<br />
■<br />
“ Ci preoccupa il calo della pubblicità”<br />
Andamento<br />
<strong>dei</strong> ricavi<br />
editoriali<br />
vendite<br />
pubblicità<br />
Suddivisione<br />
percentuale<br />
1990-2002<br />
Alessandro Nova,<br />
docente università Bocconi<br />
“Le variabili che intervengono in un settore<br />
dell’economia sono tre: l’esistenza di concorrenza<br />
internazionale, la dinamica del consumo<br />
interno, l’evoluzione tecnologica. Italia,<br />
Francia e Germania hanno, in questo senso,<br />
elementi simili che le differenziano dal resto<br />
del mondo e in particolare dagli Usa o dall’Estremo<br />
Oriente. Dobbiamo chiederci allora<br />
perché l’America abbia vissuto una crescita<br />
così forte del suo Pil. E i motivi sono due. La<br />
scelta di competere in settori ad alto valore<br />
aggiunto; gli investimenti in tecnologie. Tutto<br />
questo rende difficile l’inseguimento da parte<br />
<strong>dei</strong> paesi in via di sviluppo. L’Italia è cresciuta<br />
meno perché ha affrontato con estrema<br />
lentezza questi due fattori. Ma se il settore<br />
<strong>dei</strong> giornali è protetto dalla concorrenza<br />
internazionale, le nuove tecnologie digitali<br />
aumentano la produttività e la flessibilità. La<br />
prossima frontiera<br />
La cosiddetta convergenza settoriale. Gli<br />
editori non saranno più solo produttori di<br />
giornali ma di informazione. E altri contesti si<br />
avvicineranno a loro volta al mondo dell’informazione”.<br />
■<br />
“Corriere<br />
dello Sport”:<br />
ogni giornalista<br />
“rende”<br />
3.610 copie<br />
Roma, 30 ottobre <strong>2003</strong>. È il Corriere dello<br />
Sport-Stadio, secondo un’indagine di Italia<br />
Oggi, il quotidiano con il migliore rapporto tra<br />
copie diffuse e giornalisti assunti. Stando ai<br />
risultati dell’inchiesta, in edicola domani, il<br />
giornale sportivo romano diffonde 3.610<br />
copie per ciascun giornalista (l’indice è ottenuto<br />
dividendo le 288 mila copie diffuse<br />
mediamente per gli 80 giornalisti assunti). Al<br />
secondo posto della speciale graduatoria,<br />
che analizza i 53 quotidiani italiani più importanti,<br />
si colloca proprio ItaliaOggi, con 2.831<br />
copie diffuse per giornalista.<br />
E il podio si completa con la Gazzetta dello<br />
sport, a quota 2.638 copie per giornalista.<br />
Nella competizione fra big, ha la meglio il<br />
Corriere della Sera: ogni giornalista di via<br />
Solferino vale 1.970 copie, contro le 1.476<br />
<strong>dei</strong> colleghi di Repubblica.<br />
Si muove bene Libero: la testata di Vittorio<br />
Feltri, dopo soli tre anni di vita, è già nella top<br />
15 con 1.175 copie diffuse per redattore. In<br />
coda Il Corriere mercantile di Genova, con<br />
349 copie per giornalista, e Il Corriere dell’Umbria,<br />
con 458.<br />
(ANSA)<br />
ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />
11
EDITORIA<br />
Il bilancio dal 1990 al 2002<br />
sugli investimenti pubblicitari<br />
mette in evidenza un<br />
rafforzamento di Mediaset<br />
nel comparto televisivo (dal<br />
34,1% del totale nel 1990 al<br />
35% nel 2002, con ulteriore<br />
rafforzamento di mezzo<br />
punto percentuale nei primi<br />
quattro mesi del <strong>2003</strong>)<br />
ANALISI DI MERCATO E LINEE DI TENDENZA<br />
NEL RAPPORTO PRESENTATO A MILANO<br />
IN OCCASIONE DEL PREMIO CENACOLO<br />
Luci e ombre dell’editoria<br />
nell’era digitale<br />
di Francesca Romanelli<br />
“La Milano capitale dell’editoria non ama<br />
apparire né raccontarsi troppo perché, fin dai<br />
tempi del Manzoni, non è nel suo spirito”. È<br />
la Milano austera, schiva e sfuggente della<br />
comunicazione quella protagonista nelle<br />
parole di Michele Perini, guida di Assolombarda.<br />
Una Milano che una volta l’anno, tuttavia,<br />
non rinuncia a celebrarsi e riunirsi in un<br />
evento di cui già il nome evoca il carattere<br />
elitario del suo gotha: il Cenacolo. Per carità,<br />
niente a che vedere con l’ultima cena o il<br />
mistero della “tredicesima mano” di Leonardo<br />
se non fosse che la prima apparizione di<br />
questo evento si tenne nel 2000 a Santa<br />
Maria delle Grazie.<br />
Ma oggi, che di edizioni del premio Cenacolo<br />
all’editoria e all’innovazione si è arrivati<br />
alla quarta (ospitata il 17 novembre nel<br />
tempio dell’economia e dell’imprenditoria<br />
ambrosiana di via Pantano), la squadra degli<br />
apostoli della comunicazione ne contava<br />
certo più una dozzina: il presidente di Rcs<br />
Cesare Romiti, il leader di Mediaset Fedele<br />
Confalonieri, l’amministratore della Mondadori<br />
Maurizio Costa, il presidente del gruppo<br />
“Sole 24 Ore” Guidalberto Guidi e quello di<br />
Radio e Reti, Enzo Campione. Senza contare,<br />
fra i numerosi presenti, il direttore di Sky<br />
Tg24 Emilio Carelli e un collaboratore della<br />
stessa rete, Alan Friedman.<br />
Più tutta una truppa di docenti universitari e<br />
semiologi dell’universo comunicazione. Gran<br />
cerimoniere, questa volta, il re <strong>dei</strong> media che<br />
SEZIONE EDITORIA<br />
ha fatto sbarcare in Italia la piattaforma Sky:<br />
Rupert Murdoch.<br />
Tutti per lui i riflettori: 72 anni, humor caustico<br />
sfoderato con aplomb dietro a un microfono,<br />
ha giocato la carta della presenza senza<br />
PREMIO<br />
CENACOLO<br />
editoria e innovazione<br />
Premio<br />
Cenacolo:<br />
tutti i premiati<br />
scoprire troppo quelle della sua azienda.<br />
Ulteriore espansione in Italia “Non ci sentiamo<br />
pronti per grandi acquisizioni. Potremmo<br />
tentare qualcosa nei paesi dell’est, ma bisogna<br />
essere cauti.<br />
Dobbiamo concentrarci su quello che abbiamo<br />
già fatto, Sky, per migliorare”. E poi, ai<br />
giornalisti che insistevano: “Non penso che<br />
pubblicheremo mai un quotidiano in Italia.<br />
Non so l’italiano e sono troppo vecchio per<br />
impararlo”. Punto e a capo. Anche se “sarebbe<br />
una tentazione, ma è qualcosa cui devo<br />
resistere. Avere un quotidiano, per sua natura<br />
di carattere politico, metterebbe in difficoltà<br />
i miei interessi a livello televisivo, quindi<br />
devo tenermi alla larga...”.<br />
E allora via alle danze del dibattito fra i<br />
patron <strong>dei</strong> media italici che qualcosa in più,<br />
complice la legge Gasparri alle porte, dicono.<br />
“Il digitale terrestre è un’opportunità per<br />
valorizzare i contenuti già pronti in Mediaset”<br />
gli fa eco Confalonieri. Che, a scudo della<br />
riforma, racconta come “consenta agli editori<br />
di avere subito una televisione e a noi di<br />
avere eventualmente un giornale solo tra<br />
cinque anni”.<br />
Pollice verso invece da parte di Cesare<br />
Romiti, che parla di “legge Gasparri con<br />
aspetti poco condivisibili e di una finta privatizzazione<br />
Rai”. Non solo. “Rcs è interessata<br />
a possedere una tv digitale e sta lavorando<br />
a questo progetto, oltre a proseguire i piani<br />
di espansione all’estero”. “L’idea di avere un<br />
quotidiano nel gruppo esiste da tempo”,<br />
aggiunge invece Costa, “tuttavia la legge che<br />
si va ad approvare impedisce di averlo prima<br />
del 2009, quindi...”.<br />
SEZIONE COMUNICAZIONE<br />
I numeri della Milano<br />
dell’editoria<br />
Quindi la parola passa ai numeri della Milano<br />
dell’editoria. Dove si concentrano 700<br />
editori di libri che assommano il 40% dell’offerta<br />
e altrettanta occupazione. Dove viene<br />
catalizzato il 25% degli addetti ai quotidiani<br />
di tutta la penisola.<br />
Dove si raggruppa il 45% del personale che<br />
lavora nei periodici. Da primato anche il<br />
video. Perché su 20 mila occupati in tutta<br />
Italia nel comparto televisione, 4.500 sono<br />
attivi a Milano. E hanno sede qui 20 tv fra<br />
locali e a pagamento. Non solo. Su suolo<br />
ambrosiano vegeta il 40% degli editori e <strong>dei</strong><br />
distributori di prodotti sia digitali sia Cd Rom.<br />
E già oggi, siamo la città più cablata d’Italia.<br />
Di più. Abbiamo il primo <strong>dei</strong> due nodi di interscambio<br />
esistenti in Italia (Milano Internet<br />
Exchange), e confluiscono qui le dorsali <strong>dei</strong><br />
principali provider del Paese.<br />
Con la maggior parte <strong>dei</strong> principali portali<br />
italiani nati in territorio meneghino e Milano<br />
che detiene il primato nazionale <strong>dei</strong> fornitori<br />
di accesso a Internet: poco meno del doppio<br />
di un’intera regione come l’Emilia Romagna.<br />
E non è tutto.<br />
Perché se si osservano i primi risultati dell’indagine<br />
“Nuovi assetti e nuove prospettive<br />
dell’industria della comunicazione in Italia”<br />
annunciata in anteprima ed elaborata dall’osservatorio<br />
editoria e comunicazione, Milano<br />
si rivela il termometro nazionale della febbre<br />
<strong>dei</strong> media.<br />
1° Premio: TicaeBio.it, il primo portale italiano<br />
dedicato alla diffusione della cultura<br />
scientifica, in particolare della Scienza della<br />
vita, rivolto ai ragazzi tra gli 8 e i 13 anni.<br />
Premia Umberto Eco ritirano Marino Golinelli,<br />
presidente della Fondazione Marino<br />
Golinelli e Paola Parenti, presidente della<br />
società Chiocciola che ha realizzato il sito.<br />
2° Premio: Lavoce.info è una rivista online<br />
autofinanziata dai membri fondatori dedicata<br />
all’analisi e al dibattito della politica economica<br />
italiana.<br />
Premia Cesare Romiti ritira Pietro Ichino,<br />
docente Diritto del lavoro alla Statale di Milano<br />
3° Premio: La storia di Leon Country, un<br />
immaginario profeta del rock, è un progetto<br />
multimediale nato da un format radiofonico<br />
per Radio Rai 3 che diversamente declinato<br />
si è trasformato in un dramma e in uno spettacolo<br />
teatrale.<br />
Premia Enzo Campione ritirano gli autori<br />
Gaetano Cappa e Marco Drago soci del<br />
gruppo Istituto Barlumen.<br />
Menzione speciale: Lapis Edizioni per “I<br />
bambini alla scoperta di...” è una collana di<br />
guide turistiche per bambini, sviluppata attraverso<br />
quattro itinerari cittadini in cui le immagini<br />
hanno una funzione sia didattica che ludica.<br />
Consegna il riconoscimento il coordinatore<br />
del Comitato tecnico Antonio Calabrò ritirano<br />
Rosaria Punzi, presidente di Lapis e<br />
Anna Parisi, direttore generale.<br />
Motivazioni: “Premiare un modello ottimale<br />
di divulgazione scientifica in grado di prefigurare<br />
nuovi scenari per l’educazione e la formazione<br />
di un pubblico giovane. Gli approfondimenti<br />
nel campo della genetica, delle biotecnologie<br />
e delle scienze della vita presentati<br />
con un linguaggio chiaro e appassionante<br />
evidenziano le importanti questioni etiche che<br />
si celano nelle nuove scienze. In particolare la<br />
giuria ha apprezzato l’attualità <strong>dei</strong> contenuti,<br />
l’innovativa veste grafica e d’animazione con<br />
cui essi vengono proposti e la capacità di<br />
differenziare l’informazione in base al target<br />
<strong>dei</strong> giovani utenti (8-13anni)”.<br />
Motivazioni: Per “la capacità di mettere in<br />
rete l’esperienza di numerosi ed eccellenti<br />
collaboratori in grado di produrre un’informazione<br />
critica e un dibattito animato sui temi<br />
della politica economica. In particolare la<br />
giuria ha apprezzato il ruolo di osservatorio<br />
privilegiato rivestito dalla Voce.info, ampliamente<br />
utilizzata dalla stampa, dalla radio e<br />
dalle televisioni, che in breve tempo si è<br />
trasformata in un utile strumento per il cittadino<br />
e per chiunque si occupi di informazione”.<br />
Motivazioni: “Premiare l’originalità di un<br />
progetto nato dalla sperimentazione e dalla<br />
contaminazione di diversi registri e media, in<br />
cui la colta finzione sonora e teatrale risulta<br />
funzionale alla costruzione di una storia<br />
inventata. In particolare la giuria ha apprezzato<br />
la creazione ex novo di un universo<br />
sonoro filologicamente fedele ai dettami<br />
musicali del rock, in grado di intrattenere e di<br />
fidelizzare via radio, Internet e dal vivo un<br />
esigente e ironica comunità di ascoltatori”.<br />
Motivazioni: “Un prodotto che sviluppa in<br />
maniera creativa il concetto di guida, adattandolo<br />
al linguaggio e alle necessità ludiche<br />
<strong>dei</strong> bambini. In particolare la giuria ha<br />
apprezzato l’ottima integrazione tra testo,<br />
immagine e gioco in cui a contenuti storicoartistici<br />
di qualità corrispondono precise ricostruzioni<br />
iconografiche <strong>dei</strong> monumenti e <strong>dei</strong><br />
personaggi storici”.<br />
1° Premio ex aequo: Solitude Standing –<br />
Reading Concert è l’evento musicale e<br />
letterario realizzato dalla casa editrice Minimum<br />
Fax per il lancio dell’omonimo libro<br />
della folk singer americana Suzanne Vega.<br />
Consegna il premio Fedele Confalonieri<br />
ritira Daniele di Gennaro, fondatore e editore<br />
della casa editrice Minimum Fax.<br />
1° Premio ex aequo: 30% scontati è la<br />
campagna realizzata dall’Agenzia Saatchi<br />
per promuovere la riduzione sul prezzo di<br />
copertina degli Oscar Mondadori.<br />
Consegna il premio Guidalberto Guidi ritira<br />
Fabrizio Caprara, direttore generale Saatchi&<br />
Saatchi Italia.<br />
3° Premio ex aequo: Vent’anni di idee è la<br />
mostra evento realizzata a Palazzo Te a<br />
Mantova dal Gruppo Studio Azzurro per<br />
festeggiare i vent’anni de Il Sole 24 Ore<br />
Domenica.<br />
Consegna il premio Maurizio Costa ritira<br />
Riccardo Chiaberge, responsabile del supplemento<br />
Domenica de Il Sole 24 Ore.<br />
3° Premio ex aequo: Arte del 900 per<br />
l’Espresso è la campagna realizzata dall’Agenzia<br />
Lowe Pirella per promuovere l’Enciclopedia<br />
dell’Arte dell’Espresso.<br />
Consegna il premio Michele Perini ritirano<br />
Emanuele Pirella, presidente Lowe Pirella<br />
e Marco Freccia, amministratore delegato.<br />
Motivazioni: “Premiare la campagna Solitude<br />
Standing per essere riuscita a comunicare<br />
in maniera originale e innovativa un<br />
prodotto, quello poetico, editorialmente difficile.<br />
In particolare la giuria ha apprezzato la<br />
capacità di creare attorno a un libro di poesie<br />
e di canzoni un evento musicale e letterario<br />
di successo, in grado di mobilitare una comunità<br />
di lettori”.<br />
Motivazioni: Per “l’originalità e l’ironia del<br />
concept della campagna 30% scontati, che,<br />
declinata in chiave cartacea e in forma di<br />
spot televisivo, è riuscita con modalità tradizionali<br />
a comunicare in maniera innovativa<br />
l’offerta promozionale di un prodotto già<br />
esistente. In particolare la giuria ha apprezzato<br />
la creatività della trovata linguistico-visiva<br />
in grado di promuovere in maniera divertente<br />
la riduzione sul prezzo di copertina”.<br />
Motivazioni: “Premiare l’efficacia estetica e<br />
concettuale della mostra Vent’anni di idee.<br />
Un percorso artistico e culturale, che ha<br />
sostituito in maniera innovativa una tradizionale<br />
campagna di promozione e comunicazione<br />
di un prodotto editoriale. In particolare<br />
la giuria ha apprezzato la scelta de Il Sole<br />
24 Ore di comunicare attraverso una mostra<br />
multimediale lo spirito interdisciplinare de Il<br />
Sole 24 Ore Domenica”.<br />
Motivazioni: “L’originalità e l’efficacia delle<br />
immagini della Campagna Arte del 900 per<br />
l’Espresso,” sono “perfettamente armonizzate<br />
con il concept “L’arte contemporanea è<br />
intorno a noi basta saperla guardare”. In<br />
particolare la giuria ha apprezzato l’originalità<br />
della campagna, declinata sotto forma di<br />
spot e in versione cartacea, nel ripensare le<br />
opere d’arte contemporanea come immagini<br />
e fenomeni presenti nel quotidiano, frutto di<br />
un rinnovato sguardo sulla realtà”.<br />
12 ORDINE 12 <strong>2003</strong>
Altro che crisi di Internet. La vincitrice, ancora una volta, è<br />
la madre di tutte le reti. O meglio, uno <strong>dei</strong> suoi prodotti fra<br />
navigazione e informazione. E così il primo gradino del<br />
podio allestito ogni anno dal premio Cenacolo spetta<br />
quest’anno a TicaeBio.it, un portale per ragazzi incentrato<br />
sulle scienze della vita e dedicato ai ragazzi. Va dunque a<br />
questo spazio virtuale il primo premio della sezione Editoria,<br />
la più prestigiosa nella quarta edizione di questo riconoscimento<br />
promosso da un parterre di istituzioni e imprese<br />
che vanno da Assolombarda a Mediaset, da Mondadori a Il<br />
Sole 24 Ore, da Radio e Reti a RCS Mediagroup. Medaglia<br />
d’argento e di bronzo invece, rispettivamente, vanno ad un<br />
magazine on line dedicato ai temi della politica economica,<br />
La Voce.info, e a un format radiofonico trasformatosi in<br />
progetto multimediale di nome Leon Country. Ma in primissimo<br />
piano ci sono i giovani, con una sezione della gara<br />
interamente dedicata ai progetti editoriali elaborati da under<br />
35 e capace di promettere una valanga di euro (premi di<br />
15.000, 10.000 e 5.000) più un servizio di tutoring offerto<br />
dalle imprese promotrici. Palma d’oro a Profilo sinistro Irregolare,<br />
una collana di monografie dedicata alle creazioni<br />
artistiche <strong>dei</strong> pazienti psichiatrici. Mentre il secondo premio<br />
I magnifici dieci<br />
su 600 progetti<br />
a Paperkut, un magazine nato per offrire visibilità ai giovani<br />
creativi, e il terzo viene assegnato a Fuoriporta, progetto<br />
per la promozione turistica del territorio. Editoria al potere,<br />
dunque. Con un occhio anche alle migliori campagne di<br />
comunicazione che hanno visto come protagonisti libri e<br />
giornali. Qui, nella sezione comunicazione organizzata per<br />
il secondo anno consecutivo, l’apprezzamento ex aequo è<br />
andato a 30% Oscar Mondadori di Saatchi&Saatchi così<br />
come a Reading concert – Solitude Standing di Minimum<br />
Fax. Terzo premio invece, sempre a parimerito, alla mostra<br />
Vent’anni di Idee ideata per celebrare i vent’anni de Il<br />
Sole24Ore Domenica e a L’arte del Novecento dell’Espresso<br />
di Lowe Pirella. L’ardua sentenza sui 400 prodotti e<br />
progetti, provenienti da tutto il territorio nazionale, è arrivata<br />
da un giuria tutta accademica. A testimoniare come sia l’università,<br />
oggi, il garante italiano e soprattutto milanese<br />
dell’eccellenza. A comporla, lo scrittore Umberto Eco, il giornalista<br />
Antonio Calabrò di APcom, il prorettore della Cattolica<br />
Francesco Casetti e dello Iulm Giampaolo Fabris, il filosofo<br />
della Statale Giulio Giorello, il sociologo della Bicocca<br />
Guido Martinotti, Enrico Montangero di Assocomunicazione<br />
e Severino Salvemini, alla guida della Scuola di direzione<br />
aziendale della Bocconi. Come hanno valutato i “candidati”<br />
Prendendo in considerazione tutti gli aspetti che contribuiscono<br />
alla realizzazione di un prodotto innovativo nelle<br />
diverse fasi della sua elaborazione: novità, qualità, efficacia<br />
comunicativa <strong>dei</strong> contenuti, potenzialità commerciali, efficacia<br />
della veste grafica e capacità di raggiungere nuovi<br />
segmenti di pubblico. Un successo, quello del premio Cenacolo,<br />
dichiarato dall’aumento costante del numero di iscrizioni.<br />
Edizione dopo edizione. Ma anche sezione per sezione.<br />
Perché al “reparto” giovani sono pervenuti ben 150<br />
progetti. Con due particolarità. Si tratta, sempre di più, di<br />
idee e temi a rilevanza sociale: dall’integrazione delle marginalità<br />
al volontariato, dall’attenzione per l’ambiente al multiculturalismo.<br />
E poi c’è l’esplosione, a sorpresa, <strong>dei</strong> format<br />
radiofonici. Dà i numeri invece la pubblicità: quest’anno<br />
hanno concorso trenta agenzie per oltre 50 campagne.<br />
Linee di tendenza<br />
del mercato<br />
Il documento, 34 pagine costruite in sinergia<br />
fra 30 esponenti del mondo della comunicazione,<br />
dall’ex direttore generale Rai Pierluigi<br />
Celli ad Alessandro Dalai, dall’ex direttore del<br />
Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli a<br />
Francesco Micheli, analizza infatti la situazione<br />
italiana e parla delle linee di tendenza del<br />
mercato. L’esame parte dagli albori dell’industria<br />
della comunicazione, da quando “la Rai<br />
catturava audience, attenzione e tempo degli<br />
utenti, sottraendoli agli altri media. Tuttavia<br />
finché la televisione pubblica (in monopolio)<br />
lavorava in gran parte con il canone, si limitava<br />
ad attrarre spettatori ma non risorse pubblicitarie”.<br />
Allora, stabilisce la ricerca, vigeva<br />
“una netta ripartizione fra la Rai, investita del<br />
monopolio del servizio radio televisivo, da una<br />
parte, e l’editoria libraria e giornalistica dall’altro.<br />
Due business nettamente separati e<br />
anche due equilibri di mercato stabili”.<br />
Finché arriva Mediaset a “squilibrare i<br />
segmenti adiacenti, grazie al fatto che la<br />
nuova offerta televisiva attrae investimenti<br />
pubblicitari che prima alimentavano” il<br />
comparto giornalistico. “Conseguenza, la televisione<br />
ha cominciato a intercettare la parte<br />
principale delle risorse pubblicitarie”. Ma il<br />
duopolio è stabile, “in una specie di stallo<br />
competitivo: da un lato è bloccato (normativamente<br />
e politicamente) nelle sue possibilità di<br />
sviluppo esterno; dall’altro, a sua volta, non è<br />
contendibile da nessuno degli attori esterni”.<br />
Il fatturato pubblicitario<br />
tra i diversi media<br />
Due le rivoluzioni mancate, secondo gli<br />
studiosi: “il boom (rivelatosi poi effimero)<br />
delle information and communication tecnology”<br />
e “il processo di liberalizzazione e<br />
privatizzazione di tutti i settori caratterizzati<br />
in passato da forte intervento pubblico”.<br />
Specchio di questa situazione ingessata<br />
sono “le quote di mercato in termini di fatturato<br />
pubblicitario tra i diversi media” che “dal<br />
1993 al 2000, non cambiano gran che: la<br />
televisione continua a fare la parte del leone,<br />
mentre la stampa arretra leggermente. E agli<br />
altri toccano le briciole”. Il bilancio dal 1990<br />
al 2002 sugli investimenti pubblicitari “mette<br />
in evidenza un rafforzamento di Mediaset nel<br />
comparto televisivo (dal 34,1% del totale nel<br />
1990<br />
2002<br />
Mediaset %<br />
34,1<br />
35,0<br />
1990 al 35% nel 2002, con ulteriore rafforzamento<br />
di mezzo punto percentuale nei primi<br />
quattro mesi del <strong>2003</strong>). La stampa, nello<br />
stesso periodo, perde un 4% passando dal<br />
43,3 al 39,4 (con un altro mezzo punto perso<br />
nei primi quattro mesi del <strong>2003</strong>).” Di più.<br />
“All’interno di questo settore, la perdita è<br />
imputabile soprattutto ai periodici (dal 24,2%<br />
al 15,6), tuttora in discesa nel <strong>2003</strong>. Mentre i<br />
quotidiani hanno guadagnato qualcosa (dal<br />
19,1% al 23,8), anche se stanno arretrando<br />
nei primi quattro mesi del <strong>2003</strong>”. Con un<br />
punto fermo: “Nel complesso l’investimento<br />
pubblicitario è in calo, negli ultimi anni,<br />
soprattutto a causa della crisi di settori<br />
importanti come le Ict e l’automobile”.<br />
Stampa % Periodici % Quotidiani %<br />
43,3<br />
39,4<br />
24,2<br />
15,6<br />
19,1<br />
23,8<br />
Emergono<br />
due fattori<br />
Finché oggi, a squilibrare nuovamente il<br />
sistema in veste di incognite e variabili di<br />
cambiamento, emergono due fattori: la legge<br />
Gasparri e il digitale terrestre in arrivo.<br />
“Dovrebbe portare ad un progressivo<br />
aumento dell’offerta, nella prospettiva del<br />
2006, con conseguente spengimento delle<br />
trasmissioni analogiche”.<br />
Tre le direttrici della rivoluzione alle porte:<br />
“per la prima volta da molti anni c’è la possibilità<br />
di modificare in profondità la distribuzione<br />
delle frequenze televisive (congelate<br />
da tempo), grazie alla probabile rottamazione<br />
con vendita di molte emittenti prive di<br />
risorse”; “cadono con la Gasparri le barriere<br />
normative che avevano in passato separato<br />
il mercato televisivo da quello editoriale”; “si<br />
può procedere verso la digitalizzazione della<br />
radio”.<br />
Altrettanti gli scenari preconizzati dagli analisti:<br />
in primis “la formazione a monte tra alcuni<br />
poli di scala nazionale e internazionale,<br />
avvalendosi degli ampi limiti consentiti dalle<br />
nuove normative”.<br />
Poi “il consolidamento di network regionali<br />
di media dimensione specializzati nel<br />
servire bacini di utenza ampia ma non<br />
nazionali”. Da ultimo “il radicamento locale<br />
di molte iniziative di piccola scala,<br />
emergenti dal basso, che si legano ai<br />
circuiti di condivisione delle esperienze e<br />
<strong>dei</strong> problemi locali”.<br />
■<br />
SEZIONE GIOVANI<br />
1° premio: Profilo sinistro Irregolare è un<br />
progetto per la realizzazione di collane monografiche<br />
dedicate alla valorizzazione estetica<br />
delle opere degli artisti-pazienti che operano<br />
nei laboratori di cura e riabilitazione psichiatrica.<br />
L’idea del progetto nasce dall’esperienza<br />
pilota dell’Atelier Adriano e Michele, del Centro<br />
Fatebenefratelli di San Colombano al Lambro.<br />
Consegna il premio l’assessore ai Giovani<br />
del Comune di Milano Aldo Brandirali ritirano<br />
le autrici Francesca Monza e Teresa<br />
Maranzano.<br />
2° Premio: Paperkut è un magazine bimestrale<br />
di pagine bianche affidate a giovani<br />
creativi internazionali integrato all’interno di<br />
un progetto di sito web.<br />
Consegna il premio il prof. Severino Salvemini<br />
ritirano gli autori Alessandro Scali e<br />
Robin Goode.<br />
3° Premio: Fuoriporta è un kit editoriale<br />
formato tascabile per la scoperta e la valorizzazione<br />
del territorio. È composto da una<br />
mappa con leggende singolarmente sviluppate<br />
all’interno di 6 pieghevoli tematici.<br />
Consegna il premio il prof. Francesco<br />
Casetti ritirano gli autori Ioselita Ciaravino<br />
e Massimo Cucchiara.<br />
ORDINE - TABLOID<br />
periodico ufficiale del Consiglio<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />
La quota di iscrizione all’Albo<br />
e al Registro è di 100 euro<br />
all’anno di cui 10<br />
per l’abbonamento al mensile Tabloid.<br />
Mensile / Spedizione in a. p. (45%)<br />
Comma 20 (lettera B) art. 2 legge n. 662/96<br />
Filiale di Milano<br />
Anno XXXIII<br />
Numero 12, dicembre <strong>2003</strong><br />
ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />
Motivazioni: “Per l’attualità <strong>dei</strong> contenuti<br />
che, in linea con le direttive culturali e sociali<br />
da anni perseguite in Europa, valorizzano<br />
quanto di significativo e di creativo è stato<br />
prodotto in Italia da persone emarginate. In<br />
particolare la giuria ha apprezzato la volontà<br />
di diffondere in maniera sistematica e scientifica<br />
opere artistiche che necessitano di uno<br />
sguardo solidale in grado di ripensare criticamente<br />
il rapporto troppo spesso stereotipato<br />
tra arte e psichiatria”.<br />
Motivazioni: “Premiare l’originalità del<br />
progetto Paperkut, che contaminando più<br />
media e più registri, dal poetico, al grafico al<br />
musicale, attribuisce al magazine il ruolo di<br />
collettore delle esperienze più significative<br />
maturate in rete. In particolare la giuria ha<br />
apprezzato l’innovazione grafica del progetto<br />
paperkut molto coerente con i contenuti che<br />
si intendono comunicare”.<br />
Motivazioni: “Per la capacità di ripensare il<br />
territorio attraverso specifiche aree tematiche<br />
in grado di valorizzare e di restituire<br />
identità ad ogni singolo luogo. In particolare<br />
la giuria ha apprezzato l’attualità del progetto<br />
che in sintonia con l’evoluzione delle politiche<br />
turistiche in Italia mira a differenziare<br />
l’offerta all’interno di un’area circoscritta”.<br />
Direttore responsabile FRANCO ABRUZZO<br />
Condirettore BRUNO AMBROSI<br />
Direzione, redazione, amministrazione<br />
Via Appiani, 2 - 20121 Milano<br />
Tel. 02/ 63.61.171 - Telefax 02/ 65.54.307<br />
Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia<br />
Franco Abruzzo presidente;<br />
Brunello Tanzi vicepresidente;<br />
Sergio D’Asnasch consigliere segretario;<br />
Davide Colombo consigliere tesoriere.<br />
Torna<br />
in edicola<br />
“punto.com”<br />
<strong>Ordine</strong>/Tabloid<br />
Consiglieri:<br />
Bruno Ambrosi,<br />
Letizia Gonzales,<br />
Liviana Nemes Fezzi,<br />
Cosma Damiano Nigro,<br />
Paola Pastacaldi<br />
Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> conti<br />
Alberto Comuzzi (presidente),<br />
Maurizio Michelini e Giacinto Sarubbi<br />
Direttore dell’OgL Elisabetta Graziani<br />
Segretaria di redazione Teresa Risé<br />
Realizzazione grafica:<br />
Grafica Torri Srl (coordinamento<br />
Franco Malaguti, Marco Micci)<br />
Roma, 3 novembre. Torna in edicola il quotidiano dell’informazione<br />
“punto.com”.<br />
Distribuito in tutte le edicole di Milano e Roma al prezzo di<br />
due euro e su abbonamento nel resto d’Italia, “punto.com”<br />
è diretto da Gianluca Marchi. Come direttore responsabile<br />
di “punto.com” - si legge in una nota - Marchi intende recuperare<br />
lo spirito originario del primo quotidiano interamente<br />
dedicato al mondo della comunicazione, dando particolare<br />
rilievo alla comunicazione anche dal punto di vista dell’impatto<br />
politico e del ruolo che la politica svolge nell’intero<br />
pianeta delle telecomunicazioni. “punto.com” non sarà, si<br />
sottolinea, solo uno strumento tecnico-economico al servizio<br />
<strong>dei</strong> vari settori delle tlc, ma anche una finestra aperta<br />
sui prodotti delle aziende di comunicazione. “punto.com”<br />
affronterà, quindi, giornalmente, aspetti diversi del mondo<br />
<strong>dei</strong> media, della comunicazione d’impresa e della nuova<br />
economia.<br />
Gianluca Marchi, nato a Cantù (Como) nel 1957, risiede<br />
attualmente a Milano. Giornalista professionista, ha iniziato<br />
la sua attività giornalistica al quotidiano La Provincia di<br />
Como per poi lavorare per i quotidiani milanesi Il Giorno e<br />
La Notte.<br />
Dopo tre anni all’ufficio stampa della Regione Lombardia, è<br />
tornato a lavorare nei quotidiani prima come vicecapocronista<br />
a Il Giornale diretto da Feltri e poi come caporedattore<br />
centrale de L’Indipendente diretto da Daniele Vimercati. È<br />
stato il primo direttore responsabile del quotidiano La Padania<br />
(dal 97 al 99) quindi ha diretto Il Giornale d’Italia fino al<br />
2000.<br />
Ha partecipato alla creazione di Libero, il quotidiano diretto<br />
da Vittorio Feltri, dove è stato prima caporedattore centrale e<br />
poi inviato.<br />
(ANSA)<br />
Stampa Stem Editoriale S.p.A.<br />
Via Brescia, 22<br />
20063 Cernusco sul Naviglio (Mi)<br />
Registrazione n. 213 del 26 maggio 1970<br />
presso il Tribunale di Milano.<br />
Testata iscritta al n. 6197 del Registro<br />
degli Operatori di Comunicazione (ROC)<br />
Comunicazione e Pubblicità<br />
Comunicazioni giornalistiche Advercoop<br />
Via G.C.Venini, 46 - 20127 Milano<br />
Tel. 02/ 261.49.005 - Fax 02/ 289.34.08<br />
La tiratura di questo numero<br />
è di 23.296 copie<br />
Chiuso in redazione il 22 novembre <strong>2003</strong><br />
13
14 ORDINE 12 <strong>2003</strong>
di Paola Pastacaldi<br />
L<br />
’Italia è il Paese del conflitto d’interessi.<br />
L’interesse è sostanzialmente quello<br />
della televisione. Un Paese dove in ogni<br />
famiglia troneggiano dai due ai quattro televisori.<br />
Un Paese in cui le ore giornaliere di<br />
esposizione agli influssi del Verbo tv sono tre,<br />
quattro, anche cinque, equivalenti dunque ad<br />
un intero pomeriggio.<br />
Un Paese in cui anche i bambini subiscono le<br />
scelte della tv. Non solo per quanto riguarda i<br />
cartoni animati. I bambini sono costretti a<br />
vedere i telegiornali con tutto il loro bagaglio<br />
di violenza, perché quella è l’ora in cui la famiglia<br />
italiana si siede a tavola, unita, per cena.<br />
È l’unico momento per stare insieme, padre,<br />
madre, figli. Non è, dunque, eccessivo dire<br />
che la televisione è il Verbo degli italiani. Eugenio<br />
Montale nel ‘48 ne aveva descritto gli esordi<br />
in Inghilterra come giornalista del Corriere<br />
della Sera, con sagacia e humour.<br />
E aveva intuito che il vero pericolo della televisione<br />
era il suo sguardo potenzialmente invasivo,<br />
capace di entrare nelle vite private.<br />
Cinquant’anni dopo, sappiamo che la televisione<br />
è entrata nell’intimità delle famiglie,<br />
dentro le coscienze. La tv tenta di reinventare<br />
il nostro modo di essere e pensare. E, ammettiamolo,<br />
un po’ ci è riuscita. Ma che c’entra la<br />
scrittura con tutto questo La scrittura, il modo<br />
di esprimersi, dipende dalla nostra cultura, da<br />
ciò che abbiamo studiato e da ciò che studiamo<br />
o vediamo e sappiamo. Ciò che sappiamo<br />
- nessuno lo può negare - è pesantemente<br />
Lcondizionato dal verbo tivù.<br />
a tv è l’informazione dominante, la carta<br />
vive le notizie in seconda battuta. Ma<br />
pochi telespettatori sono consapevoli e<br />
pochissimi cittadini sono desiderosi di farne<br />
una riflessione critica. La critica la possono<br />
fare i lettori e i telespettatori, ma data l’invasività<br />
<strong>dei</strong> media, ormai possiamo dire che la<br />
critica la dovrebbero fare i media stessi. Cito,<br />
a proposito di spirito critico da sviluppare<br />
dentro i media, due giornali stranieri, Le<br />
Monde e The Guardian. Le Monde ha una<br />
pagina dedicata alla comunicazione, dove<br />
espone notizie legate ai giornali e alle tv, ma<br />
anche riflette su come queste notizie vengono<br />
confezionate, sulla deontologia, sugli<br />
eccessi del comportamento giornalistico.<br />
Insomma la pagina Communication di Le<br />
Monde è sotto il profilo del contenuti una<br />
specie di confessionale, dove i giornalisti stessi<br />
si guardano allo specchio e si chiedono<br />
cosa hanno sbagliato. The Guardian ha un<br />
inserto sui media, a cui si può dare la palma<br />
per i titoli più critici sulla dittatura <strong>dei</strong> media.<br />
Lo stesso fa Le Monde, che però si concentra<br />
di più sulla critica alla televisione. I giornalisti<br />
italiani si limitano a fare percorsi dentro le<br />
trasmissioni con le rubriche televisive che<br />
analizzano successi e insuccessi delle stesse,<br />
ma con difficoltà entrano nella filosofia <strong>dei</strong><br />
media.<br />
L’apparecchio televisivo italiano non è solo un<br />
complemento dell’arredamento nazionale che<br />
decora cucine, salotti, camere, camerette,<br />
D I B A T T I T O<br />
Scrivere dopo la tv<br />
Le immagini raccontano la loro realtà sui giornali e dentro il piccolo schermo.<br />
Dall’attacco dell’11 settembre a New York, ai proclami di Saddam sino alle vittime della<br />
guerra contro l’Afghanistan. I media, invasivi, producono una loro visione della realtà e<br />
la televisione la diffonde, come fosse l’unica.<br />
(Il collage è di Paola Pastacaldi, consigliere dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia)<br />
S<br />
studi, ma anche uffici postali (di recente gli enza foto, le notizie non meritano una<br />
spot vengono trasmessi mentre si fa la coda pubblicazione. E, tanto è assodato<br />
per pagare le bollette), e persino le librerie. questo principio, che se la foto non c’è,<br />
L’apparecchio sagace e onnipotente offre una si ricorre al cinema, cioè alle immagini <strong>dei</strong><br />
angolatura di questa nuova realtà che è il film per illustrare un fatto di cronaca (quante<br />
mondo dentro la tv. Il mondo che noi conosciamo<br />
è stato riplasmato dalla telecamera sciopero <strong>dei</strong> postini con il film Il postino<br />
volte lo abbiamo visto nei quotidiani Lo<br />
della tv. Leggendo il volume Come si scrive il suona sempre due volte). Carlo, morto a<br />
Corriere della Sera (Rizzoli), uscito nel marzo Genova in occasione del G8, la guerra di<br />
del <strong>2003</strong> un po’ in sordina, nel corso della direzione<br />
di Ferruccio de Bortoli, peschiamo immagini decidono da sole la verità di un<br />
Bagdad, tanto per citare due episodi. Le<br />
dall’intervento dell’art director, Gianlugi Colin, fatto Sì, ma siamo in una mistificazione<br />
colui che ha reimpastato graficamente il giornale<br />
negli ultimi vent’anni. Colin sostiene a la verità, dicono parziali verità, che dipendo-<br />
collettiva della realtà. Le foto non dicono mai<br />
ragione che la fotografia è un elemento no da contesto in cui vengono collocate, a<br />
essenziale dell’informazione. Ma non è mai un seconda dunque dell’ideologia che anima<br />
momento di verità. La foto si contestualizza Scolui che le sceglie o del medium scelto.<br />
dentro un articolo. L’uso della foto nei giornali e la tv ha decretato il trionfo del fatto<br />
è, dunque, prettamente ideologico. E bene immagine, cioè della notizia che si<br />
Isgomberare il campo da falsi convincimenti. substanzia in una, dieci, cento, mille<br />
n un Paese come il nostro, fortemente immagini, la scrittura che è il tramite del narrare<br />
la verità <strong>dei</strong> fatti come riflessione, che fine<br />
caratterizzato da immagini “ideologiche”<br />
scelte da quell’essere pensante che è la tv ha fatto Come si è adattata a questa svolta<br />
(sia la Rai, Mediaset o qualche rete locale), epocale Imitando la televisione. Diventando<br />
l’assioma “è vero: l’ha detto il giornale” è mutato<br />
in “è vero: l’ho visto in tv”. Anche le foto che una macchina da presa. La scrittura <strong>dei</strong> media<br />
scrittura televisiva. Diventando, in altre parole,<br />
ormai invadono i giornali vivono di rendita di post-televisivi si sforza di essere prima di tutto<br />
questa nuovo imperialismo delle immagini e immagine. L’articolo post-televisivo soffre di un<br />
si propongono baldanzosamente come la difetto di omologazione allo schermo. Una<br />
verità. Purtroppo è un falso convincimento. prova Le prime dieci, venti righe di un pezzo<br />
L’invasione delle notizie-foto, rafforzata dalla sovente, anche se non sempre, raccontano o<br />
televisione o meglio dall’eccessiva esposizione<br />
degli italiani alle immagini della televisione, scenario, il luogo, dettagli di tipo fotografico.<br />
si disperdono in dettagli visivi, il vestito, lo<br />
ha decretato la subalternità <strong>dei</strong> fatti. I fatti La nuova scrittura è funzionale alla povertà di<br />
sono, cioè esistono solo se sono fotografati o contenuti voluta oggi dal sistema dell’informazione<br />
che predilige un articolo di tipo fotografabili.<br />
più<br />
pubblicitario che informativo. Ma questo è un<br />
altro annoso argomento.<br />
La tv è un mezzo straordinario. Ma certo<br />
nessuno può negare la sua naturale superficialità,<br />
dovuta alla velocità e all’incisività<br />
baldanzosa del vedere. La tv non è per l’approfondimento,<br />
dunque la scrittura che vuole<br />
descrivere le immagini si impoverisce. In<br />
realtà si occupa di fatti marginali. La scrittura,<br />
che si fa condizionare dal visivo, è una scrittura<br />
che si allontana dal fatto. La foto non è mai<br />
un momento di verità. Perché la scrittura subisce<br />
questo scotto I media scritti soffrono di<br />
un complesso di inferiorità verso il media<br />
dominante: il piccolo schermo, ormai assurto<br />
al ruolo di Verbo, dunque di grande schermo<br />
o se preferite Grande fratello, che mediatizza<br />
tutto, fatti, persone e opinioni. In un percorso<br />
della memoria, sempre utile in epoche di crisi,<br />
proviamo a rileggere Goffredo Parise, Eugenio<br />
Montale, Dino Buzzati, alcuni degli scrittori<br />
che facevano i giornalisti e i cronisti, e<br />
scopriamo lo stile che per raccontare i fatti, le<br />
notizie da quelle più comuni di bianca a quelle<br />
di nera, sconvolgenti, straordinarie o meno,<br />
restando però legati alla riflessione. Scopriremono<br />
che sono articoli dove la scrittura, lo<br />
stile, gli aggettivi restano legati alla concretez-<br />
del loro significato. Lza<br />
a nuova scrittura, invece, assomiglia ad<br />
un ingrandimento fotografico, tradotto in<br />
parole. Un ingradimento di dettagli infinitesimali.<br />
La scrittura è stata espropriata della<br />
sua naturale forza, della sua identità, la critica.<br />
C’è nello scrivere la forza della riflessione.<br />
C’è nella tv il descrivere spettacolarizzato.<br />
Come la scrittura, le vignette di Le Monde,<br />
senza foto, riassumono in una volta sola dieci,<br />
cento, mille immagini, mille racconti incisivi e<br />
critici. Come quella del G8, o come quelle<br />
sull’Afghanistan. Servono decine di meravigliose<br />
foto per condensare lo spirito critico di<br />
una sola immagine-vignetta. Art Spiegelman,<br />
l’illustratore del New Yorker, con le sue copertine<br />
ha spesso provocato reazioni altrettanto<br />
forti che un cambio di governo. La foto, come<br />
riproduzione-fotocopia della realtà, non ha<br />
questo carisma (salvo in casi rarissimi): non<br />
ha la capacità di scuotere le coscienze e far<br />
fare un salto di qualità alla consapevolezza del<br />
lettore. La foto fissa lo spettatore su un fatto,<br />
inchiodandolo drammaticamente ad un sola<br />
Llettura.<br />
a comunicazione legata all’informazione<br />
odierna ha un nuovo compito fondamentale:<br />
calibrare i due poteri, l’immagine e<br />
la riflessione legata alla scrittura, rendendoli<br />
entrambi critici. È necessario svincolare la<br />
scrittura dallo strapotere del medium per<br />
eccellenza e ridarle una identità. Studiare la<br />
nuova scrittura, rilevarne i limiti e i momenti<br />
di plagio televisivo. Si potrebbe compilare un<br />
codice di scrittura postelevisiva con la segnalazione<br />
degli influssi velenosi delle tv Forse,<br />
ma anche se non si farà mai un codice di<br />
stile post-televisivo, i professionisti del<br />
raccontare i fatti potranno chiedere a se stessi<br />
fin dove il visivo li condiziona e ritornare<br />
ad un dialogo meno spettacolarizzato con il<br />
lettore.<br />
Promosso e organizzato dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />
Entro il 31 dicembre la<br />
partecipazione al VI Concorso<br />
tesi di laurea sul giornalismo<br />
Promossa dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della<br />
Lombardia la sesta edizione del Concorso valorizza le tesi<br />
di laurea dedicate al giornalismo e alle istituzioni della<br />
professione. Giudice insindacabile del premio è lo stesso<br />
Consiglio dell’<strong>Ordine</strong>.<br />
Le tesi (in unica copia e anche su dischetto in programma<br />
word oppure rtf) dovranno pervenire alla segreteria dell’<strong>Ordine</strong><br />
(via Appiani 2 - 20121 Milano) entro il 31 dicembre<br />
<strong>2003</strong>. Ogni candidato dovrà presentare la domanda in carta<br />
semplice corredata dai dati anagrafici comprensivi del codice<br />
fiscale, recapiti telefonici e residenza.<br />
Potranno concorrere le tesi discusse nelle Università italiane<br />
(pubbliche e private) nel periodo gennaio-dicembre<br />
<strong>2003</strong>. Le sezioni del premio (al quale ogni candidato dovrà<br />
far riferimento) sono sette e ogni vincitore di sezione riceverà<br />
2.500 euro. L’impegno finanziario dell’<strong>Ordine</strong> è,<br />
pertanto, di 17.500 euro complessivi.<br />
La cerimonia della consegna avverrà in occasione dell’assemblea<br />
degli iscritti all’Albo dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia.<br />
La cerimonia, quindi, è prevista per il marzo 2004 al Circolo<br />
della Stampa.<br />
Estratti (di 400 righe) delle tesi premiate (e segnalate)<br />
verranno pubblicati su Tabloid, organo mensile dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia. Per la valutazione delle tesi<br />
il Consiglio si avvarrà, come lo scorso anno, dell’opera di<br />
consulenti (giornalisti e professori universitari).<br />
Sette sezioni:<br />
a ogni vincitore 2.500 euro.<br />
I candidati dovranno<br />
consegnare le tesi<br />
entro dicembre<br />
Queste le sezioni:<br />
1) Storia del giornalismo italiano, <strong>dei</strong> suoi<br />
interessi e <strong>dei</strong> suoi protagonisti, anche<br />
attraverso le vicende storiche e di costume<br />
che lo hanno impegnato.<br />
2) Storia del giornalismo occidentale.<br />
3) Istituzioni della professione giornalistica.<br />
La deontologia e l’inquadramento contrattuale<br />
<strong>dei</strong> giornalisti in Italia, in Europa<br />
e nel resto del mondo occidentale.<br />
4) Giornalismo radiotelevisivo.<br />
5) Giornalismo telematico.<br />
6) Giornalismo economico e finanziario.<br />
7) Giornalismo culturale, sociale, scientifico,<br />
sportivo e di costume.<br />
ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />
15
Ifg<br />
L’ESORTAZIONE DEL PRESIDENTE FRANCO ABRUZZO AI 40 ALLIEVI DEL XIV BIENNO DURAN<br />
“Rispettate le persone<br />
e la verità <strong>dei</strong> fatti”<br />
di Silvia Bernasconi<br />
Rispetto delle persone e verità <strong>dei</strong> fatti: questi<br />
i due moniti di Franco Abruzzo alle nuove leve<br />
dell’Istituto Carlo de Martino per la Formazione<br />
al Giornalismo (Ifg), all’inaugurazione del<br />
XIV biennio (<strong>2003</strong>-2005) che si è svolta lunedì<br />
17 novembre alle ore 10 nella sede di via<br />
Fabio Filzi 17. Presenti Bruno Ambrosi, presidente<br />
dell’Associazione Walter Tobagi per la<br />
Formazione al Giornalismo (Afg), Franco<br />
Abruzzo, presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia (Odg), Gigi Speroni e Alfredo<br />
Pallavisini, rispettivamente direttore e vicedirettore<br />
della scuola, il corpo docenti e i<br />
quaranta giovani aspiranti giornalisti, raccolti<br />
tutti nell’aula dedicata alla memoria di Luigi<br />
Marinatto, uno <strong>dei</strong> padri fondatori della scuola.<br />
Manca soltanto Enzo Biagi, presidente<br />
della Commissione d’esame, costretto a declinare<br />
all’ultimo momento l’invito per motivi di<br />
salute.<br />
È Bruno Ambrosi a prendere la parola per<br />
primo e a dare il benvenuto agli allievi, sopravvissuti<br />
a una selezione durissima che ha decimato<br />
i 364 candidati iscritti alle prove del 13<br />
settembre. Il presidente dell’Afg sottolinea il<br />
rapporto di continuità con i tredici bienni<br />
precedenti, fino a ripercorrere le tappe della<br />
Tutto quello che avreste sempre voluto sapere<br />
sull’Istituto Carlo De Martino per la Formazione<br />
al Giornalismo ma che non avete mai<br />
osato chiedere. Si riassume in una battuta<br />
l’opportunità, offerta dal direttore dell’Ifg Gigi<br />
Speroni alle quaranta “matricole”, di incontrare<br />
sei allievi del XIII biennio, usciti per l’ultima<br />
volta come studenti dalle aule di via Fabio Filzi<br />
17 lo scorso maggio. Freschi della partecipazione<br />
alla prova scritta dell’esame di Stato per<br />
diventare professionisti, Oriana Liso, Gianni<br />
Santucci, Nicola Falcinella, Lara Zani, Stefano<br />
fondazione dell’Ifg a Milano nel 1977, la prima<br />
scuola italiana di giornalismo. Il XIV biennio si<br />
apre quindi con alle spalle ben venticinque<br />
anni di gloriosa tradizione, recentemente riassunti<br />
nella pubblicazione Ifg 25 anni, cronaca<br />
di una storia curata da Emilio Pozzi. Dopo<br />
aver accolto con calore e lusingato i “magnifici<br />
quaranta”, Ambrosi prospetta loro due anni di<br />
intenso lavoro e, citando un ex-allievo, definisce<br />
la scuola “una via di mezzo tra un’università<br />
e un’accademia militare”, espressione<br />
che trasmette con immediatezza l’idea dell’alto<br />
livello qualitativo della formazione, ma<br />
anche della severità.<br />
Franco Abruzzo interviene difendendo energicamente<br />
l’importanza dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
troppe volte messa in discussione, della<br />
deontologia professionale – che sarà peraltro<br />
una materia di studio – e dell’esame di Stato<br />
finale per l’accesso alla professione. In qualità<br />
di presidente dell’Odg della Lombardia esprime<br />
la sua piena fiducia nella formazione della<br />
scuola, indispensabile per riscattare la professione<br />
giornalistica e fondarla su basi solide.<br />
Rivolgendosi agli allievi, che dal 1 febbraio<br />
2004 saranno iscritti all’Albo <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
elenco <strong>dei</strong> praticanti, li esorta a prendere<br />
coscienza del proprio ruolo e a non oltrepassare<br />
mai i limiti del rispetto delle persone<br />
umane e della verità <strong>dei</strong> fatti. “Raccontare<br />
L’incontro con i praticanti (sotto esame) del XIII, appena concluso<br />
“La scuola è solo<br />
il primo passo.<br />
Poi tocca a noi”<br />
di Anna Bernasconi De Luca<br />
storie vere”, ribadisce, è infatti il primo compito<br />
del giornalista. Abruzzo sottolinea infine sia<br />
la dimensione nazionale che l’Ifg ha voluto<br />
assumere fin dalla sua fondazione, sia la<br />
prospettiva europea, sancita dai finanziamenti<br />
che provengono in massima parte dal<br />
Fondo sociale europeo tramite la Regione<br />
Lombardia e per il restante 15% dall’<strong>Ordine</strong><br />
della Lombardia.<br />
Succinto e concreto il discorso di Gigi Speroni,<br />
direttore della scuola, che si giustifica con<br />
un “di fiato da sprecare con voi ne avrò<br />
tanto!”. A lui tocca presentare il regolamento,<br />
gli orari, il metodo che mira ad integrare<br />
teoria e pratica giornalistica, le strutture a<br />
disposizione degli alunni e soprattutto i<br />
docenti. Non dimentica il problema degli<br />
alloggi che assilla in questi primi giorni i<br />
candidati provenienti da 14 regioni italiane,<br />
proponendo un incontro con gli ex-Ifg per<br />
trovarvi soluzione. Ad un certo punto si interrompe<br />
ed estrae un post-it giallo dal taschino<br />
della giacca per ricordare di consegnare una<br />
foto formato tessera in segreteria. Con l’affetto<br />
e l’esperienza di chi è a contatto continuo<br />
e diretto con i giovani invita a bussare alle<br />
porte sempre aperte degli uffici del direttore<br />
e del vicedirettore in caso di necessità di ogni<br />
tipo e conclude con un “buon lavoro a tutti”.<br />
Augurio quanto mai opportuno.<br />
Casella e Alessia Gallione sono stati disponibili<br />
a un confronto aperto e franco. E le<br />
domande alle quali hanno risposto sono state<br />
numerose. Così come i consigli dati e alcune<br />
“dritte” che, dato il colloquio di natura confidenziale,<br />
ci terremo per noi.<br />
Un primo giro di presentazioni - in pratica la<br />
risposta alla domanda: «Dove state lavorando»<br />
- ha suscitato entusiasmo tra le nuove<br />
leve al loro secondo giorno di scuola, che si<br />
sono sentite citare Il Corriere della Sera, la<br />
Repubblica, L’Avvenire, Il Manifesto, la Provincia<br />
di Como, Diario. I sei, comunque, hanno<br />
chiarito: «Non parliamo di assunzione, ma<br />
di “collaborazione”». L’ammonimento generale<br />
del resto è stato: «Non pensiate di uscire<br />
dall’Ifg con il lavoro garantito. La scuola di giornalismo<br />
è il primo passo, lo strumento per<br />
conoscere ed entrare in contatto con il mondo<br />
editoriale. Sta agli allievi darsi da fare, bussare<br />
a tante porte, cercare di fare collaborazioni<br />
e diversificarle».<br />
Intraprendenza, dunque. Rumore tra i quaranta.<br />
Che hanno incalzato: «Ma è vero che il<br />
prestigio e la storia dell’Ifg rendono i suoi allievi<br />
più appetibili sul mercato editoriale, rispetto ai<br />
praticanti delle altre scuole italiane». Ha risposto<br />
Nicola Falcinella: «L’Ifg ha una sua storia<br />
lunga e importante. E i 600 professionisti che<br />
ne sono usciti lo testimoniano. In particolare<br />
questa scuola, rispetto alle altre, ha il merito di<br />
far sperimentare agli allievi tutti i mezzi di comunicazione:<br />
radio, carta stampata, televisione e<br />
adesso anche giornalismo on line».<br />
Il discorso si è quindi orientato sull’utilità di<br />
lezioni, laboratori e stage estivi. È stato chiesto:<br />
«Vi sentite diversi rispetto a due anni fa».<br />
«È presto per dirlo» è la risposta che forse<br />
centra il nodo della questione.<br />
Se non è stato trascurabile un certo sentimento<br />
di incertezza nei ragazzi in cattedra<br />
(consapevoli che ancora di strada da fare ce<br />
n’è prima di poter dire di avercela fatta), è<br />
davvero troppo presto per sapere quali lezioni<br />
saranno più utili nel loro futuro. Inglese e<br />
La graduatoria<br />
Cognome Nome Posizione<br />
Cauli Tiziana 1<br />
Stella Armando 2<br />
Dell’olio Luigi 3<br />
Bernasconi de Luca Anna 4<br />
Bassi Cristina 5<br />
Battaggia Simone 6<br />
Lorenzetti Daniele 7<br />
Morici Antonino 8<br />
Ottaviani Marta Federica 9<br />
Dell’oste Cristiano 10<br />
De Tommaso Giuseppe 11<br />
Cionfrini Davide 12<br />
Lagattolla Enrico 13<br />
Angioni Carlo 14<br />
Zaccagni Nicola 15<br />
Nencha Beatrice 16<br />
Alfieri Paolo Maria 17<br />
Beltramin Paolo 18<br />
*Piccinini Fabio 19<br />
Castelletti Rosalba 20<br />
Cieri Giuseppe Maria 21<br />
Barbieri Eleonora 22<br />
Fanì Andrea 23<br />
Giuffrida Diletta 24<br />
Vinonuovo Marcello 25<br />
Seno Elena 26<br />
Bernasconi Silvia 27<br />
Sparaciari Andrea 28<br />
Morselli Valeria 29<br />
Ortoncelli Silvia 30<br />
Bracchetti Sara 31<br />
Marilli Roberta 32<br />
Natale Maria Serena 33<br />
Mancuso Palmira 34<br />
Costanzo Elisa 35<br />
Uva Daniela 36<br />
Celauro Andrea 37<br />
Persiani Gabriella 38<br />
Mazzaferro Claudia 39<br />
Nieddu Elena 40<br />
*Buzzi Emanuele Silvio 41<br />
*Emanuele Buzzi<br />
sostituisce Fabio Piccinini<br />
che si è ritirato per motivi personali.<br />
procedura penale sono gli insegnamenti giudicati<br />
più importanti. Dizione e portamento i più<br />
divertenti. I laboratori giornalistici pratici e utili.<br />
Quanto agli stage, i consigli sono stati diversi:<br />
«Se avete un sogno, puntate tutto su quello.<br />
Se, per esempio, avete sempre desiderato<br />
lavorare alla Gazzetta dello Sport, insistete<br />
per andare a fare lo stage alla “rosa”. E poi<br />
cercate di stare in contatto con la redazione,<br />
cercate ogni scusa per farci un salto. Siate<br />
determinati».<br />
In queste foto: alcuni momenti del “primo giorno di scuola” all’Ifg. Al centro, il presidente Franco Abruzzo a colloquio con alcuni allievi.<br />
16 ORDINE 12 <strong>2003</strong>
NTE L’INAUGURAZIONE DEL NUOVO CORSO, IL 17 NOVEMBRE<br />
A sinistra:<br />
l’intervento<br />
del direttore<br />
dell’Ifg, Gigi<br />
Speroni.<br />
Al centro<br />
Franco<br />
Abruzzo<br />
e, a destra<br />
il presidente<br />
Afg, Bruno<br />
Ambrosi.<br />
Timori, sorrisi, speranze:<br />
la carta di identità <strong>dei</strong> 40<br />
di Carlo Angioni<br />
Suona la campana, primo giorno di scuola.<br />
Quaranta volti nuovi. Ventuno ragazze,<br />
diciannove ragazzi. Dalla Lombardia alla<br />
Sicilia, dall’Abruzzo al Veneto, passando tra<br />
il piccolo Molise e l’isolata Sardegna per<br />
arrivare a Roma, Napoli e Firenze. Mille<br />
storie, mille personalità. Esperienze diverse,<br />
realtà variegate. Tanta voglia di scoprire e<br />
scoprirsi, di conoscere e conoscersi.<br />
Così inizia il lungo cammino <strong>dei</strong> nuovi allievi,<br />
attori protagonisti del XIV biennio dell’Ifg.<br />
C’è emozione, si ammirano i primi sorrisi, si<br />
lanciano gli appelli<br />
più strani e i ringraziamenti<br />
più sentiti.<br />
C’è chi è più rodato<br />
e ha in tasca il<br />
tesserino da giornalista<br />
pubblicista,<br />
magari già con<br />
qualche esperienza<br />
“vera” in redazione;<br />
altri collaborano<br />
saltuariamente con<br />
radio e giornali; altri<br />
ancora, invece, il<br />
primo articolo lo<br />
hanno scritto solo<br />
poco tempo fa. C’è<br />
chi si presenta in modo assai semplice e chi<br />
racconta qualche particolare in più, chi<br />
legge alcune pagine di un libro per giustificare<br />
la vocazione giornalistica e ispirare i<br />
compagni di scuola, o chi si limita ad offrirsi<br />
per qualche sfida di basket o calcetto o<br />
come compagno di casa.<br />
Alcuni sono sempre pronti ad alzare il braccio<br />
e a bombardare di domande i nuovi<br />
colleghi, altri, invece, siedono pacati e riflessivi<br />
sulle sedie delle ultime file e scarabocchiano<br />
qualche riga per ricordare nomi e<br />
curiosità degli intervistati. Dalle parole <strong>dei</strong><br />
“quaranta” si intravedono determinazione,<br />
orgoglio, ambizione. Una passione infinita<br />
per il giornalismo, grande felicità. Per avercela<br />
fatta, aver preceduto altri 344 agguerriti<br />
aspiranti allievi Ifg, ed essere atterrati più<br />
o meno morbidamente sul linoleum multicolore<br />
delle gloriose stanze di via Filzi, là dove,<br />
Due allievi nell’ingresso della sede Ifg.<br />
nei prossimi due anni, si studierà e si lavorerà<br />
duramente per diventare davvero giornalisti.<br />
Si parte con un po’ di tensione, un pizzico di<br />
timidezza, ma il tono della voce e la confidenza<br />
con la platea crescono immediatamente.<br />
C’è Paolo Maria, che arriva da<br />
Catanzaro, via Perugia, ed ha una passione<br />
viscerale per il giornalismo di guerra. Ci sono<br />
i laureati in giurisprudenza e quelli in lettere,<br />
i dottori e le dottoresse in scienze politiche e<br />
quelli in filosofia. E poi chi, come Cristina,<br />
privilegia la cronaca e proprio con la cronaca<br />
ha avuto il primo approccio al giornalismo.<br />
Magari grazie alla vecchia ma efficientissima<br />
macchina<br />
della mamma, sempre<br />
accesa per girare<br />
qua e là e scovare<br />
la notizia più<br />
fresca o più strana,<br />
come quella sul<br />
pescatore che ha<br />
portato a casa una<br />
trota di cinque chili.<br />
Non manca chi ha<br />
provato la radio,<br />
come Simone, che<br />
ha iniziato proprio<br />
nella piccola ed efficiente<br />
stazione<br />
radiofonica della<br />
propria parrocchia, raccontando qualche<br />
partita di calcio amatoriale, o come Daniele,<br />
che ha esordito in una dal nome decisamente<br />
esotico (Radio Città del Capo) ma, in<br />
realtà, italianissima. E poi Silvia, precisissima<br />
nel ricordare tutti gli avvenimenti che<br />
hanno segnato il giorno della sua nascita; o<br />
Giuseppe Maria e Andrea esperto di politica<br />
interna e arbitro di calcio a cinque a tempo<br />
perso il primo, e patito di ciclismo il secondo;<br />
Tiziana e Anna, innamorate del Sudafrica e<br />
<strong>dei</strong> cavalli ed entrambe determinate nella<br />
propria scelta; il gruppone che arriva dalla<br />
Sicilia, compatto nel credere che la professione<br />
giornalistica, nella propria terra, debba<br />
essere uno strumento indispensabile.<br />
Volano le parole, le prime impressioni, i<br />
sogni, le illusioni e le speranze. Ma la<br />
campana suona di nuovo. La prima lezione<br />
è finita. La strada è appena cominciata.<br />
Esami<br />
sessione<br />
ottobre:<br />
695<br />
candidati.<br />
Praticante<br />
via dall’aula<br />
Ciampi:<br />
“A scuola<br />
si studino<br />
i valori<br />
della<br />
Resistenza”<br />
Sei<br />
vincitori<br />
per il<br />
Premiolino<br />
Antonio<br />
Bettanini<br />
addetto<br />
stampa<br />
dell’anno<br />
Roma, 10 novembre <strong>2003</strong>. Il giorno 31 ottobre <strong>2003</strong> si sono<br />
svolte all’hotel Ergife di Roma le prove scritte della sessione<br />
d’esame autunnale. Su 695 candidati sono stati 677 quelli<br />
che si sono presentati alle prove. Questa la ripartizione in<br />
base alla provenienza dai diversi Ordini regionali:<br />
ANCONA 10 1,44%<br />
BARI 12 1,73%<br />
BOLOGNA 75 10,79%<br />
CAGLIARI 23 3,31%<br />
CATANZARO 6 0,86%<br />
FIRENZE 13 1,87%<br />
GENOVA 8 1,15%<br />
L’AQUILA 8 1,15%<br />
MILANO 173 24,89%<br />
NAPOLI 56 8,06%<br />
PALERMO 37 5,32%<br />
PERUGIA 5 0,72%<br />
ROMA 183 26,33%<br />
TORINO 31 4,46%<br />
TRENTO 12 1,73%<br />
TRIESTE 21 3,02%<br />
VENEZIA 12 1,73%<br />
POTENZA 5 0,72%<br />
AOSTA 5 0,72%<br />
TOTALE 695 100%<br />
Durante lo svolgimento delle prove si è presentata all’Ergife<br />
una pattuglia di carabinieri, che hanno chiesto di interpellare<br />
una candidata (Anna Grande, iscritta all’<strong>Ordine</strong> regionale<br />
della Campania). La stessa è stata trovata in possesso di<br />
un’apparecchiatura telefonica. La commissione d’esami,<br />
presieduta dal magistrato Paolo De Fiore, rilevata la gravità<br />
del fatto, in base alla legge ha disposto l’immediata espulsione<br />
della Grande dagli esami. I militari dell’Arma hanno invitato<br />
la stessa candidata a seguirli in caserma. Le prove scritte<br />
si sono concluse regolarmente.<br />
Galatina (Lecce), 30 ottobre <strong>2003</strong>. “Io cerco di fare quello<br />
che posso per mantenere vivi i valori della Resistenza. Mi<br />
auguro che anche nelle scuole si arrivi a studiare questo<br />
periodo”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Carlo<br />
Azeglio Ciampi, parlando a margine della cerimonia della<br />
partecipazione dell’Aeronautica alla guerra di liberazione. “Mi<br />
auguro - ha proseguito Ciampi - che anche nelle scuole,<br />
quando si studia la storia contemporanea, si arrivi veramente<br />
fino ai tempi nostri e quindi si abbracci anche un periodo<br />
certamente non facile da capire, che va dalla prima guerra<br />
mondiale, attraverso la dittatura, alla seconda guerra mondiale<br />
fino appunto alla Resistenza”. Quest’ultima, ha sottolineato,<br />
“va intesa in senso ampio, non solamente come lotta<br />
armata, che è stata certamente la punta più importante, ma<br />
anche come reazione sostanziale della maggioranza degli<br />
italiani che in vario modo parteciparono alla Resistenza”.<br />
“Occorre - ha concluso il capo dello Stato - tramandare<br />
questa storia ai giovani, che tra l’altro la seguono con interesse<br />
e ci si appassionano”.<br />
(ANSA)<br />
Milano, 12 novembre <strong>2003</strong>. Sono sei i vincitori del Premiolino,<br />
riconoscimento che da 43 anni accompagna la vita del<br />
giornalismo italiano segnalando protagonisti illustri e promettenti<br />
matricole, e che da quest’anno si rinnova con un nuovo<br />
sponsor, un nuovo nome, un nuovo presidente e alcuni<br />
importanti ingressi tra i giurati.<br />
Per i quotidiani il premio va a Fiorenza Sarzanini del Corriere<br />
della Sera e a Furio Colombo, direttore de l’Unità. Per i periodici<br />
si qualificano Franca Sozzani, direttrice di Vogue e<br />
Sandro Boeri direttore di Focus. Per la televisione il riconoscimento<br />
è attribuito a Toni Capuozzo per Terra (Canale 5) e<br />
a Marco Paolini per Report (Raitre). Tra gli insigniti c’era<br />
anche il direttore de Il Foglio, Giuliano Ferrara, che tuttavia,<br />
come sua consuetudine, ha declinato il premio, ringraziando<br />
la giuria e il presidente.<br />
(ANSA)<br />
Firenze, 14 novembre <strong>2003</strong>. Antonio Bettanini, direttore<br />
dell’emittente Tele PA e coordinatore della comunicazione<br />
del ministro degli Esteri, è il vincitore della sezione “alla<br />
carriera” del primo premio nazionale di giornalismo “L’ addetto<br />
stampa dell’anno”.<br />
L’ iniziativa è stata organizzata dal Gruppo giornalisti Uffici<br />
stampa, con il patrocinio della Federazione nazionale della<br />
stampa italiana e dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti. (ANSA)<br />
ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />
Premio<br />
Torretta<br />
<strong>2003</strong><br />
a quattro<br />
giornalisti<br />
Sesto San Giovanni, 24 novembre <strong>2003</strong>. Sono stati assegnati<br />
gli annuali riconoscimenti premio nazionale “La Torretta”<br />
per lo sport. L’obiettivo del premio, ideato e organizzato da<br />
Quinto Secchioni, direttore de Il Corriere di Sesto, non è solo<br />
quello di offrire un riconoscimento ai campioni dello sport, ma<br />
anche quello di evidenziare l’oscuro impegno di quegli atleti,<br />
che pur non praticando discipline sportive popolari, dedicano<br />
la loro vita e il loro entusiasmo agli sport cosiddetti “minori”,<br />
nobilitandone il ruolo e favorendone la diffusione.<br />
Il “Torretta”, giunta quest’anno alla trentesima edizione,<br />
premia, infatti, anche tutti coloro che con il loro lavoro (giornalisti,<br />
manager, campioni di ieri, protagonisti di grandi imprese,<br />
impegno sociale e solidarietà) contribuiscono all’esaltazione<br />
dello sport e ad elevarne i contenuti morali.<br />
Fra i giornalisti premiati: Fabio Ravezzani (direttore sport<br />
Telelombardia); Giacomo Crosa (Mediaset); Giancarlo Falletti<br />
(Corriere della Sera); Fabrizio Maffei (Rai Tv).<br />
Sono stati inoltre premiati: Stefania Belmondo (premio alla<br />
carriera); Ottavio Cinquanta (membro dell’esecutivo del<br />
Comitato olimpico internazionale); Luciano Ligabue, cantautore<br />
rock (Sport e Solidarietà). Il Trofeo “Atleta europeo<br />
dell’anno” premio del Parlamento europeo è andato allo staff<br />
Alinghi Swiss Challenger.<br />
17
Abruzzo scrive ai direttori <strong>dei</strong> giornali:<br />
“Attenti al nuovo Testo unico sulla privacy”<br />
1Il legislatore ha attribuito all’<strong>Ordine</strong><br />
professionale il compito di giudicare i<br />
giornalisti, che violano le regole deontologiche<br />
sulla riservatezza.<br />
2Le violazioni delle norme sulla privacy<br />
fissate nel Codice del 3 agosto 1998 -<br />
che fa parte integrante del Testo unico<br />
- potranno comportare un’eventuale sanzione<br />
disciplinare e anche un risarcimento del<br />
danno, ma non potranno avere, come tali,<br />
riflessi penali, se non nel caso in cui sfocino<br />
in una lesione penalmente rilevante (sotto il<br />
profilo della diffamazione a mezzo stampa)<br />
della dignità e dell’identità personale <strong>dei</strong><br />
cittadini protagonisti di fatti di cronaca.<br />
3Il diritto di cronaca, quindi, non abbraccia<br />
la pubblicazione di notizie e immagini<br />
idonee a consentire l’identificazione<br />
di un minore.<br />
4Il peso del Codice del 1998 è notevolmente<br />
aumentato: dal 1° gennaio 2004<br />
avrà il rango di norma primaria, che<br />
vincola maggiormente i giornalisti professionisti,<br />
i pubblicisti e i praticanti giornalisti. Con<br />
imponenti ricadute nel campo civilistico: la<br />
violazione, è un esempio, del principio<br />
dell’essenzialità dell’informazione potrebbe<br />
innescare cause rilevanti economicamente<br />
sotto il profilo del risarcimento del danno.<br />
Milano, 18 novembre <strong>2003</strong>. Franco Abruzzo, presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, ha scritto ai direttori responsabili<br />
di quotidiani, periodici, testate radiotelevisive e testate web, richiamando la loro attenzione sul Dlgs n. 196/<strong>2003</strong> (Testo<br />
unico in materia di protezione <strong>dei</strong> dati personali in vigore al 1° gennaio 2004).<br />
Questo il testo della lettera:<br />
“Cari colleghi, con questa lettera intendo richiamare la vostra<br />
attenzione sul nuovo Testo unico di protezione <strong>dei</strong> dati personali,<br />
che assorbe la vecchia legge 675/1996 e che entra in vigore dal 1°<br />
gennaio 2004. Vi trasmetto anche un mio saggio sull’argomento,<br />
presentato in occasione di un convegno organizzato il 2-3 ottobre<br />
dal Csm. I passaggi più significativi sono questi:<br />
1. Le violazioni delle norme sulla privacy fissate nel Codice del 3<br />
agosto 1998 - che fa parte integrante del Testo unico - potranno<br />
comportare un’eventuale sanzione disciplinare e anche un risarcimento<br />
del danno, ma non potranno avere, come tali, riflessi penali,<br />
se non nel caso in cui sfocino in una lesione penalmente rilevante<br />
(sotto il profilo della diffamazione a mezzo stampa) della dignità e<br />
dell’identità personale <strong>dei</strong> cittadini protagonisti di fatti di cronaca.<br />
L’articolo 15 del Testo unico recita: “Chiunque cagiona danno ad<br />
altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento<br />
ai sensi dell’articolo 2050 del Codice civile. Il danno non<br />
patrimoniale è risarcibile anche in caso di violazione dell’articolo<br />
11”. L’articolo 2050 Cc prevede la “responsabilità per l’esercizio di<br />
attività pericolose”, mentre il danno non patrimoniale è trattato<br />
dall’articolo 2059 Cc. L’articolo 11 del Testo unico, che regola le<br />
“Modalità del trattamento e i requisiti <strong>dei</strong> dati”, afferma che “i dati<br />
personali oggetto di trattamento sono: a) trattati in modo lecito e<br />
secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati,<br />
espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in<br />
termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati;<br />
d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per<br />
le quali sono raccolti o successivamente trattati…”.<br />
2. Il legislatore ha attribuito all’<strong>Ordine</strong> professionale il compito di<br />
giudicare i giornalisti, che violano le regole deontologiche sulla<br />
riservatezza.<br />
3. Il peso del Codice del 1998 è notevolmente aumentato: dal 1°<br />
gennaio 2004 avrà il rango di norma primaria, che vincola maggiormente<br />
i giornalisti professionisti, i pubblicisti e i praticanti giornalisti. Con<br />
imponenti ricadute nel campo civilistico: la violazione, è un esempio, del<br />
principio dell’essenzialità dell’informazione potrebbe innescare cause<br />
rilevanti economicamente sotto il profilo del risarcimento del danno.<br />
4. Importante appare il principio secondo il quale “possono essere<br />
trattati i dati personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente<br />
dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico”.<br />
In sostanza i cittadini hanno il diritto di rinunciare alla loro<br />
privacy e di parlare anche <strong>dei</strong> loro dati sensibili. I cronisti possono<br />
raccontare i comportamenti tenuti in pubblico da una persona e<br />
quindi possono riferire le circostanze di una malattia resa evidente<br />
ad esempio dal tremolio di una mano o dall’incertezza dell’eloquio.<br />
Per «interessato» si intende “la persona fisica, la persona giuridica,<br />
l’ente o l’associazione cui si riferiscono i dati personali”.<br />
5. C’è un altro articolo del Dlgs n. 196/<strong>2003</strong>, che è di grande rilievo<br />
nell’esercizio del diritto di cronaca: è il 50. L’articolo 50, richiamato<br />
l’articolo 13 del Dpr n. 448/1988, contiene “il divieto di pubblicazione<br />
e divulgazione con qualsiasi mezzo di notizie o immagini idonee<br />
a consentire l’identificazione di un minore si osserva anche in caso<br />
di coinvolgimento a qualunque titolo del minore in procedimenti<br />
giudiziari in materie diverse da quella penale”. Il diritto di cronaca,<br />
quindi, non abbraccia la pubblicazione di notizie e immagini idonee<br />
a consentire l’identificazione di un minore.<br />
Vi chiedo di far distribuire il testo del Codice e il mio saggio sul<br />
Testo unico tra i colleghi che trattano l’attualità sul campo o al desk<br />
in modo che il lavoro sia coordinato. Il saggio incorpora un’analisi<br />
dettagliata <strong>dei</strong> 13 articoli del Codice. Resto a disposizione per<br />
eventuali chiarimenti, dibattiti e incontri”.<br />
In un libro sei anni di pronunce del Garante su privacy e media<br />
Privacy: i guasti del mostro<br />
in prima pagina (secondo Mauro Paissan)<br />
di Daniela Simonetti (Ansa)<br />
Roma, 5 novembre <strong>2003</strong>. Frasi carpite con<br />
uno stratagemma e impietosamente diffuse,<br />
foto di bambini che campeggiano anche in<br />
copertina, immagini e informazioni lesive<br />
della dignità della persona rese di dominio<br />
pubblico: un tempo si diceva “sbatti il mostro<br />
in prima pagina”, ma adesso le cose sono un<br />
po’ cambiate, come dimostra il libro Privacy<br />
e giornalismo, diritto di cronaca e diritti <strong>dei</strong><br />
cittadini, curato da Mauro Paissan con<br />
l’obiettivo di testimoniare e documentare i<br />
progressi fatti nell’arco di sei anni grazie agli<br />
interventi del Garante per la Privacy in un<br />
ambito dai contorni labili e inafferrabili. Il volume<br />
è stato presentato nella sede del Garante<br />
per la protezione <strong>dei</strong> dati personali alla<br />
presenza del presidente della Camera, Pierferdinando<br />
Casini.<br />
Conciliare il diritto di cronaca con il rispetto<br />
<strong>dei</strong> diritti <strong>dei</strong> singoli, siano essi persone<br />
qualunque o personaggi famosi, è possibile,<br />
suggerisce Paissan, senza imporre alcuna<br />
censura ma rispettando un insieme di regole<br />
contenute nel Codice deontologico che liberamente<br />
i giornalisti hanno scelto di adottare.<br />
C’è voluto un terremoto mediatico per<br />
permettere un salto di qualità, per porre un<br />
argine e un freno a quello che comunemente<br />
veniva definito e accettato come esercizio<br />
del diritto di cronaca. Era il febbraio del 1993<br />
e pochi hanno dimenticato l’impatto di<br />
Tangentopoli sui mezzi di comunicazione. La<br />
miccia che diede fuoco alle polveri fu l’arresto<br />
di Enzo Carra: l’immagine dell’ex portavoce<br />
di Arnaldo Forlani con i ceppi ai polsi,<br />
ripresa dalle telecamere e proposta da televisioni<br />
e giornali, divenne il simbolo della<br />
battaglia per un’informazione migliore.<br />
Il risultato è ora sotto gli occhi di tutti ed è<br />
“fotografato” in questo libro curato da Paissan,<br />
giornalista, ex deputato e ora componente<br />
dell’Authority per la privacy, una specie<br />
di album dove dal 1997 vengono passate in<br />
rassegna articoli e storie costruiti in seguito<br />
ad una violazione, vera o presunta, sulla<br />
quale è stata invocata la pronuncia dell’Autorità:<br />
dalla diffusione di notizie di avvisi di<br />
garanzia e di foto di persone con manette ai<br />
polsi al problema delle fonti, dall’uso delle<br />
fotografie in generale alla pubblicità <strong>dei</strong> dati<br />
sanitari fino alla diffamazione via Internet per<br />
toccare il tema recentissimo rappresentato<br />
dalla telecamera nascosta, quell’occhio indiscreto<br />
che cattura i movimenti <strong>dei</strong> cittadini,<br />
spesso a loro totale insaputa.<br />
Il tutto passando per quelle notizie che<br />
hanno suscitato clamore e hanno creato il<br />
caso, finendo col riempire intere pagine <strong>dei</strong><br />
giornali: nella casistica è entrato di diritto<br />
Franco Frattini che in uno studio televisivo<br />
espresse pesanti giudizi politici pensando in<br />
buona fede di parlare davanti a un microfono<br />
spento. Indignazione e proteste suscitò invece<br />
la pubblicazione di informazioni sul fratellino<br />
di Samuele, il bambino di tre anni<br />
massacrato a Cogne: un delitto agghiacciante<br />
che ha polarizzato l’interesse morboso<br />
dell’opinione pubblica raccolto e amplificato<br />
dai media. E c’è anche l’aspetto voyeuristico<br />
che può facilmente scivolare nella calunnia e<br />
nella diffamazione quando foto innocenti<br />
vengono interpretate e piegate a fini scandalistici:<br />
una situazione in cui si è trovato un<br />
famoso calciatore italiano immortalato insieme<br />
al fratello, scatti travisati da didascalie<br />
offensive e ammiccanti.<br />
“Spesso il modo di informare <strong>dei</strong> giornali e<br />
della tv - si legge nella ‘non conclusione’ del<br />
libro - provoca da parte di cittadini, di<br />
commentatori, di associazioni, sollecitazioni,<br />
inviti, richiami al Garante perché intervenga in<br />
modo repressivo, censorio contro il mancato<br />
rispetto della riservatezza e della dignità delle<br />
persone coinvolte nei fatti di cronaca. Il garante<br />
ha in questi anni preferito creare cultura,<br />
attenzione, sensibilità piuttosto che decretare<br />
il blocco dell’informazione o assumere altri<br />
provvedimenti più o meno autoritativi che pur<br />
sono nella sua disponibilità in base alla legge”.<br />
In ogni caso, “in tema di privacy non c’è una<br />
ricetta valida sempre e comunque, da applicare<br />
ai singoli casi concreti. La responsabilità<br />
del giornalista è sempre preminente”.<br />
<strong>Ordine</strong>-Garante privacy<br />
Roma, 14 novembre <strong>2003</strong>. A<br />
cinque anni dall’entrata in vigore<br />
del Codice della privacy previsto<br />
dalla legge n. 675 del 1996, si è<br />
svolto un incontro, cordiale e<br />
concreto, fra i rappresentanti<br />
dell’<strong>Ordine</strong> nazionale e i componenti<br />
dell’Autorità garante. Per<br />
l’Autorità erano presentii Stefano<br />
Rodotà, Giuseppe Santaniello,<br />
Mauro Paissan, il segretario<br />
generale, Giovanni Buttarelli. Per<br />
l’<strong>Ordine</strong> hanno partecipato il<br />
segretario nazionale, Vittorio<br />
Roidi, il direttore generale, Antonio<br />
Viali, e il consigliere Giuseppe<br />
Morello. A conclusione l’ufficio<br />
del Garante ha un comunicato<br />
in cui si precisa che scopo<br />
dell’incontro è stato quello di<br />
verificare lo stato di attuazione<br />
del codice deontologico e per<br />
definire prospettive di lavoro<br />
comune. “Proprio per raggiungere<br />
questo obiettivo - continua il<br />
comunicato - nell’ambito della<br />
costante e fattiva collaborazione<br />
realizzatasi in questi anni tra<br />
Garante e <strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong><br />
giornalisti, è stata decisa la costituzione<br />
di un gruppo di lavoro<br />
che avrà il compito di elaborare<br />
Gruppo<br />
di studio<br />
sulle<br />
difficoltà<br />
della<br />
professione<br />
testi e documenti utili per dare un<br />
concreto contributo al lavoro di<br />
chi opera nel mondo dell’informazione.<br />
Il gruppo di lavoro si<br />
occuperà anche di alcuni aspetti<br />
applicativi riguardanti il nuovo<br />
testo unico in materia di protezione<br />
<strong>dei</strong> dati personali che<br />
entrerà in vigore a partire dal 1<br />
gennaio 2004”.<br />
“In questi cinque anni - ha rilevato<br />
il segretario Roidi durante la<br />
riunione - l’attività giornalistica è<br />
diventata più difficile e incontra<br />
sempre maggiori ostacoli. Si tratta<br />
ora di giungere ad una interpretazione<br />
delle norme sulla<br />
privacy, ad esempio nel campo<br />
della cronaca giudiziaria, delle<br />
notizie sull’infanzia e, in genere,<br />
nell’utilizzazione delle fotografe e<br />
<strong>dei</strong> filmati. Mi auguro che il gruppo<br />
di studio formato con il<br />
Garante metta l’<strong>Ordine</strong> nazionale<br />
in condizione di aiutare i colleghi<br />
nello svolgimento della loro<br />
attività. Aumenta la sensibilità<br />
per la correttezza <strong>dei</strong> giornalisti<br />
e appare contemporaneamente<br />
necessario che ai cittadini giunga<br />
un’informazione libera e<br />
completa”. (da www.odg.it)<br />
18 ORDINE 12 <strong>2003</strong>
“Aprire in fretta un tavolo di trattative per rispondere alle attese <strong>dei</strong> giornalisti precari delle testate Rai”<br />
Il doppiopesismo<br />
dell’Usigrai<br />
Veto anticostituzionale all’assunzione in Rai<br />
di una giornalista del quotidiano La Padania<br />
Milano, 14 novembre <strong>2003</strong>. Le agenzie del<br />
10 novembre hanno rilanciato un comunicato<br />
dell’Usigrai contro l’assunzione in Rai di<br />
una giornalista della Padania.<br />
L’accusa alla Rai è quella di condurre “operazioni<br />
clientelari”. In conclusione l’Usigrai<br />
chiede al direttore generale dell’ente “che<br />
questa operazione non si effettui” e lamenta<br />
che “i giornalisti precari continuano ad essere<br />
presi in giro”. L’11 la notizia è stata rilanciata<br />
da alcuni quotidiani, che hanno pubblicato<br />
anche il nome della redattrice del quotidiano<br />
leghista.<br />
Sulla vicenda il presidente dell’<strong>Ordine</strong> di<br />
Milano, Franco Abruzzo, ha rilasciato la<br />
seguente dichiarazione: “Stupisce, ma non<br />
troppo, l’atteggiamento dell’Usigrai. Un<br />
sindacato non può porre veti anticostituzionali<br />
all’assunzione di una collega.<br />
Evidentemente i dirigenti del sindacato non<br />
conoscono l’articolo 3 della Costituzione,<br />
che vieta discriminazioni di carattere politico.<br />
Chi pone questi paletti illeciti ferisce anche<br />
la deontologia della professione. L’articolo 1<br />
ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />
della legge Mammì (n. 223/1990) vincola<br />
l’informazione televisiva pubblica e privata al<br />
rispetto del pluralismo culturale e politico.<br />
Anche l’area federalista-leghista, presente in<br />
Parlamento, ha diritto di cittadinanza in Rai,<br />
come è avvenuto in passato, nel silenzio<br />
dell’Usigrai, con altre aree tramite l’assunzione<br />
di giornalisti provenienti dall’Unità,<br />
Paese Sera, Il Popolo, l’Avanti, Lotta continua,<br />
Il Secolo d’Italia e il Manifesto.<br />
L’Usigrai ha un comportamento doppiopesista,<br />
benevolo con gli amici e ostile con gli<br />
avversari politici.<br />
C’è da augurarsi che il direttore generale<br />
della Rai sappia tener duro e non cedere a<br />
pressioni illegittime, mentre è evidente che<br />
va aperto in fretta un tavolo di trattative per<br />
rispondere alle attese <strong>dei</strong> giornalisti precari<br />
delle testate Rai.<br />
L’Usigrai fa parte in sostanza di quella nuova<br />
destra corporativa, conservatrice e tecnocratica,<br />
che ha smarrito i valori costituzionali<br />
dell’uguaglianza, della solidarietà e del<br />
rispetto della dignità della persona”.<br />
COMUNICATO USIGRAI -1<br />
USIGRAI, IN ARRIVO<br />
ASSUNZIONE<br />
DA LA PADANIA.<br />
COSA NE PENSANO<br />
TGR E DIREZIONE<br />
GENERALE<br />
Roma, 10 novembre <strong>2003</strong>. Alla Rai è in arrivo<br />
un assunzione di un giornalista della<br />
Padania: lo sostiene l’esecutivo dell’Usigrai<br />
sottolineando che, per questo, “la Rai di oggi<br />
si conferma come azienda refrattaria al<br />
rispetto delle regole ed attivamente impegnata<br />
in operazioni clientelari”.<br />
Si sta “per allungare - sostiene l’Usigrai -<br />
ulteriormente l’elenco di giornalisti chiamati<br />
dall’esterno per chiari meriti politici. Ancora<br />
una volta si va ad attingere tra i professionisti<br />
di area leghista, che già tanto hanno dato<br />
alla Rai nell’ultimo anno e mezzo.<br />
Dal quotidiano di partito La Padania sta per<br />
entrare in Rai una nuova collega: potrebbe<br />
essere assunta a Milano oppure a Trento-<br />
Bolzano”. Usigrai chiede dunque di sapere<br />
“cosa ne pensi la direzione della Tgr, che a<br />
norma di contratto è titolare delle proposte di<br />
assunzione; e cosa ne pensi la direzione<br />
aziendale (direzione generale e direzione del<br />
personale), che in altri casi sa invocare le<br />
compatibilità economiche per bloccare indispensabili<br />
reintegri di organico.<br />
La vicenda dovrebbe incuriosire anche il<br />
Consiglio di amministrazione, che non ha<br />
formale titolarità, ma non può restare indifferente<br />
ad atti che danno un’immagine così<br />
bassa della Rai”.<br />
“Il sindacato <strong>dei</strong> giornalisti Rai - conclude la<br />
nota - chiede che questa operazione non si<br />
effettui: anche perché non c’è bisogno di<br />
buttare altra benzina sul fuoco della protesta<br />
<strong>dei</strong> colleghi precari, che continuano ad essere<br />
presi in giro perché non chiedono favori,<br />
ma il rispetto di diritti”.<br />
(ANSA)<br />
Presentato a Milano il Terzo rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione in Italia<br />
Amano tv, cellulare e radio.<br />
Giovani e media a confronto<br />
di Fabrizio de Marinis<br />
Giovani e media. Un universo complesso e<br />
in costante rivoluzione copernicana. Televisione<br />
cellulare e radio sono i media in assoluto<br />
più apprezzati dai giovani, perché tutti e<br />
tre dotati di un modello di comunicazione<br />
diretto, fluido, personale, disimpegnato e<br />
interattivo. Internet è una vera eccezione,<br />
spacca in due il mondo giovanile. Metà lo<br />
vive come il più avanzato cronometro per<br />
indagare il tempo, metà come un difficile<br />
strumento non privo d’insidie.<br />
Tutto ciò che è cartaceo – libri, quotidiani,<br />
periodici – è invece ritenuto pesante, troppo<br />
impegnativo, unidirezionale, rigido, appartenente<br />
al mondo degli adulti e non rientra<br />
nelle attenzioni mediatiche del mondo giovanile.<br />
È quanto è emerso dal Terzo rapporto<br />
sulla comunicazione in Italia, presentato alla<br />
Fondazione Cariplo di Milano, lo scorso 30<br />
ottobre, dal Censis e dall’Ucsi, l’unione cattolica<br />
stampa italiana, in collaborazione con<br />
Cor (Comunicazioni, opinioni e ricerche),<br />
Mondadori, Mediaset, Rai, Consiglio nazionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, Telecom Italia<br />
e con la partecipazione del Gruppo Ansa e<br />
della Fondazione Cariplo stessa.<br />
Dai dati presentati da Raffaele Pastore,<br />
responsabile del settore comunicazione del<br />
Censis, sono emerse ulteriori novità ed<br />
approfondimenti sul mondo <strong>dei</strong> giovani e sul<br />
loro rapporto con i media: gli under 30 utilizzano<br />
sempre meno i quotidiani come strumento<br />
d’informazione e prediligono la radio<br />
rispetto alla televisione perché strumento<br />
più immediato e libero. Presenti al dibattito<br />
Giuseppe Roma, direttore del Censis, Loredana<br />
Cornero, responsabile Ufficio studi<br />
Rai, Marco Paolini, direttore marketing<br />
Mediaset, Giorgio Rumi, storico e consigliere<br />
d’amministrazione della Rai, Giuseppe<br />
De Rita, segretario generale Censis ed<br />
Emilio Rossi, consigliere nazionale dell’Ucsi.<br />
Comunque sia i giovani italiani sono grandi<br />
consumatori di media. Fra i 14 e i 30 anni,<br />
infatti, il 90,7% è utente “ abituale” della televisione,<br />
il 90,4% del cellulare, il 71,1% della<br />
radio, il 48,4% ha letto almeno tre libri<br />
nell’ultimo anno, il 44% sfoglia un quotidiano<br />
almeno tre volte alla settimana, il 38,7%<br />
usa abitualmente Internet, il 15,2% legge<br />
abitualmente i periodici e il 14,1% segue<br />
anche la televisione satellitare. Questi dati<br />
sono nettamente al di sopra di quelli rilevati<br />
nello stesso campione di adulti dai 31 anni<br />
in su, preso in esame dal Censis nelle indagini<br />
degli anni scorsi. Ma non tutti i media<br />
vengono percepiti allo stesso modo. Ci sono<br />
quelli sentiti più vicini al proprio universo e<br />
quelli percepiti come più lontani.<br />
È il caso del mondo mediatico elettronico e<br />
digitale con qualche importante eccezione.<br />
La televisione è sentita vicina dal 59,3% <strong>dei</strong><br />
giovani e lontana dal 12,8%. Il cellulare è uno<br />
strumento irrinunciabile per il 52,3% degli<br />
Un universo in costante<br />
rivoluzione copernicana<br />
dove a patire<br />
di più sono gli strumenti<br />
di comunicazione cartacea<br />
quali libri,<br />
quotidiani e periodici<br />
intervistati. La radio lo è per il 24,8% degli<br />
under 30 ed ascoltatissima nella fascia tra i<br />
14 e i 18 anni. L’eccezione nel complesso<br />
mondo <strong>dei</strong> media elettronici e digitali è costituito<br />
da Internet perché ha contemporaneamente<br />
il più basso tasso di affezione, solo il<br />
23,1%, e il più alto tasso di disaffezione, solo<br />
il 30%, a significare che, ancora una volta, le<br />
tecnologie connesse alla navigazione in rete<br />
spaccano quasi in due la popolazione giovanile,<br />
esattamente come dividono quasi in<br />
due, negli ultimi rapporti Censis, l’intera<br />
società italiana. Una nota dolente va registrata<br />
per i media cartacei, libri, quotidiani e<br />
periodici. Sono in fondo alla lista delle preferenze<br />
<strong>dei</strong> giovani. Nell’ordine, più lontani<br />
sono percepisce i periodici (solo il 3,6% li<br />
sente vicini e ben il 25,6% li sente lontani);<br />
poi i quotidiani (l’11,8% li sente vicini e il<br />
22,9% li sente lontani); infine i libri, sentiti<br />
vicini solo dal 12,1%, ma per fortuna lontani<br />
solo dal 17,8% degli intervistati. Ma fra le<br />
diverse generazioni di giovani, 14-18 anni,<br />
19-24 anni, 25-30 anni, le differenze sono<br />
fortissime. I più giovani, come già detto,<br />
prediligono la televisione (93,4%), il cellulare<br />
(93,4%), la radio (73,5%) e i libri (54,4%)<br />
come i meno giovani (fino a 30 anni).<br />
La fascia media e quella alta invece mette al<br />
primo posto i quotidiani, Internet e i periodici.<br />
Un’altra caratteristica che differenzia le<br />
generazioni consiste nell’uso ludico <strong>dei</strong><br />
media, molto pronunciato tra i più giovani e<br />
meno presente nelle altre fasce d’età. Se,<br />
infatti, fino a 18 anni è il 47,1% a guardare la<br />
televisione solo per svago tale percentuale<br />
dopo i 25 anni scende al 39,1%. Per fare un<br />
altro esempio, se fino a 18 anni a usare il<br />
cellulare per svago è il 21,7% <strong>dei</strong> giovani,<br />
dopo i 25 questo dato scende solo all’8,2%<br />
del totale. Ma che cosa cercano nell’universo<br />
<strong>dei</strong> media i giovani. Conoscenze, nella<br />
percentuale più alta, che tocca la soglia del<br />
34% del totale. Informazione, per il 31,3%.<br />
Utilità per il 14,3%. Tutti gli altri motivi cadono<br />
in secondo piano: divertimento (8,7%),<br />
emozioni (5,4%), compagnia (4,6%), ideali<br />
(1,8%). A cercare divertimento nei media<br />
sono soprattutto i più giovani con un tetto di<br />
intervistati del 15%.<br />
Ma c’è un profilo ideale <strong>dei</strong> media da seguire.<br />
Per il 98,8% <strong>dei</strong> giovani è preferibile il<br />
media che offre molti temi diversi e lascia<br />
libertà per la consultazione. L’86,3% ha<br />
risposto che preferisce, invece, quei media<br />
che consentono di approfondire le notizie<br />
che maggiormente interessano. Il 79,8% ha<br />
risposto che predilige quelli che permettono<br />
di essere sempre aggiornati sui fatti che<br />
accadono, anche senza approfondimenti<br />
mentre il 72,5% punta sui media che sanno<br />
proporsi in maniera seria e autorevole.<br />
COMUNICATO USIGRAI -2<br />
LA REPLICA<br />
AD ABRUZZO:<br />
“CHIEDIAMO<br />
SOLTANTO<br />
IL RISPETTO<br />
DELLE REGOLE”<br />
Roma, 17 novembre <strong>2003</strong>. «Nessuna<br />
discriminazione politica, solo rispetto delle<br />
regole». L’Usigrai risponde così al presidente<br />
dell’Ogl Franco Abruzzo, che aveva accusato<br />
il sindacato <strong>dei</strong> giornalisti Rai di «porre veti<br />
anticostituzionali» all’assunzione in azienda<br />
di un giornalista proveniente da La Padania.<br />
«Proprio perché la Rai dovrebbe garantire la<br />
massima trasparenza informativa - spiega in<br />
una nota l’esecutivo del sindacato - l’Usigrai<br />
ha sempre chiesto che le assunzioni di giornalisti<br />
siano sottoposte a criteri oggettivi e<br />
rigorosi (a partire dalla regolarizzazione<br />
dell’ormai patologico fenomeno del precariato)<br />
e non all’arbitrio delle pressioni politiche».<br />
Da qui, prosegue il sindacato, «la nostra<br />
richiesta, sempre coerentemente ribadita,<br />
che le aspettative di centinaia di precari non<br />
vengano superate dalla solita chiamata<br />
nominativa di giornalisti occupati. Nessuna<br />
discriminazione politica, solo rispetto per le<br />
regole». Anzi: «È del tutto ovvio - ribadisce<br />
l’Usigrai - che non è mai in discussione il<br />
giornale di provenienza, né men che mai il<br />
valore <strong>dei</strong> singoli colleghi, ma una scelta che<br />
di fatto umilia quei principi di correttezza e<br />
deontologia ai quali Abruzzo dice di fare riferimento<br />
nel suo disperato appello al direttore<br />
generale della Rai». Il sindacato ribadisce<br />
quindi la richiesta «che non si perfezioni<br />
alcuna assunzione fuori dai tradizionali criteri<br />
di anzianità di precariato, territorialità e<br />
provenienza dalle scuole di giornalismo, e<br />
che la Rai riapra quella trattativa sui criteri di<br />
accesso che aveva rotto tre mesi fa».<br />
(ANSA)<br />
UNA DIRETTIVA EUROPEA<br />
DIMENTICATA<br />
All’esame<br />
solo i laureati<br />
Il Consiglio<br />
nazionale esamina<br />
l’idea di Abruzzo<br />
Roma, 18 ottobre <strong>2003</strong>. Il Consiglio<br />
nazionale dell’<strong>Ordine</strong> si è riunito a Roma<br />
il 15, 16 e 17 ottobre <strong>2003</strong>, sotto la presidenza<br />
di Lorenzo Del Boca. Il Consiglio<br />
ha preso atto del rinnovo del Consiglio<br />
regionale della Sardegna e della Calabria.<br />
Ha poi approvato questo documento sul<br />
problema dell’accesso alla professione<br />
<strong>dei</strong> non laureati:<br />
«Il Consiglio nazionale <strong>dei</strong> giornalisti<br />
italiani, riunito a Roma il 15 e 16 ottobre<br />
<strong>2003</strong>, ha esaminato l’ipotesi avanzata dal<br />
presidente dell’<strong>Ordine</strong> regionale della<br />
Lombardia, Franco Abruzzo, in merito<br />
all’applicazione della direttiva europea<br />
sulle professioni. Il Consiglio ritiene che<br />
l’eventualità che non venga più seguita la<br />
legge n. 69 del 1963, che prevede l’iscrizione<br />
al praticantato di chi sia in possesso<br />
del titolo di licenza di scuola media<br />
superiore e in assenza del superamento<br />
di un esame di cultura generale, è meritevole<br />
di approfondimento. Il Consiglio -<br />
poiché la direttiva europea del 1989 è<br />
stata recepita dall’Italia nel 1992 - ammette<br />
che tale ipotesi vada esplorata. Invita<br />
pertanto il Comitato esecutivo a porre in<br />
questo senso un quesito alla Commissione<br />
giuridica, organo consultivo del Consiglio<br />
stesso, nonché a proporre un parere<br />
formale al ministero della Giustizia, cui è<br />
affidata per legge la sorveglianza sugli<br />
Ordini professionali. Il Consiglio ritiene<br />
che sia indispensabile una uniforme linea<br />
di comportamento, valida in tutti gli Ordini<br />
regionali. Per questo, una volta pervenuti i<br />
pareri richiesti, sarà compito del Comitato<br />
esecutivo riunire la Consulta <strong>dei</strong> presidenti,<br />
al fine di predisporre un percorso comune».<br />
(da www.odg.it)<br />
19
CONVEGNI<br />
Si è svolto a Milano “Legal Approach to the Web Era”, un convegno per fare<br />
il punto sullo stato del diritto e del progresso tecnologico.<br />
Moltissime le tematiche affrontate durante i due giorni di aperta discussione:<br />
dalla brevettabilità del software alla nuova normativa sulla privacy,<br />
dalle opportunità offerte dalla sicurezza alle problematiche del commercio<br />
elettronico, dal digital divide ai crimini telematici. Senza dimenticare ovviamente<br />
due fondamentali argomenti: la libertà d’espressione e il diritto d’autore<br />
Innovazione tecnologica e legge:<br />
un rapporto possibile<br />
di Stefano Porro<br />
Prima di scaricare da Internet il prossimo<br />
mp3 sarà meglio che consultiate il vostro<br />
avvocato. La Recording Industry Association<br />
of America sta per denunciare 204<br />
cittadini statunitensi, colpevoli di essersi<br />
illegalmente appropriati di file musicali<br />
protetti dal diritto d’autore, grazie ai famigerati<br />
software “peer to peer”. Alcuni giorni<br />
fa, altre 261 persone erano finite nel mirino<br />
della temibile associazione discografica,<br />
che ha dichiarato guerra aperta alle comunità<br />
degli scambisti di file.<br />
Sul fronte del software la situazione non è<br />
certo migliore: soltanto questa settimana,<br />
la società E-Data ha querelato Tiscali, la<br />
tedesca On Demand Distribution e Microsoft<br />
per aver utilizzato una procedura di<br />
download di cui sostiene di possedere il<br />
brevetto, mentre la stessa casa di<br />
Redmond rispondeva per le rime ai rilievi<br />
formulati dall’Antitrust europeo, che sta<br />
indagando sulla sua posizione dominante<br />
nel mercato. Nel frattempo, un tribunale<br />
francese ha condannato Google a pagare<br />
75.000 euro di multa per aver ospitato<br />
pubblicità testuali collegate a un trademark<br />
(come per esempio la Coca Cola) senza<br />
possederne la preventiva autorizzazione.<br />
Casi fortemente disparati, ma che testimoniano<br />
quanto la via del progresso possa<br />
essere condizionata, nel bene e nel male,<br />
dai codici del diritto.<br />
Un rapporto cruciale e ambiguo, quello tra<br />
innovazione tecnologica e legislazione, che<br />
spesso e volentieri si trasforma in scontro<br />
aperto: da un lato, c’è chi considera la rete<br />
un luogo anarchico e libero di condivisione<br />
della conoscenza, dall’altro chi vorrebbe<br />
trasformarla in un enorme mercato regolamentato<br />
da lacciuoli e vincoli burocratici.<br />
Una situazione magmatica e in continua<br />
evoluzione, fotografata in tutte le sue sfaccettature<br />
da avvocati, giuristi e specialisti<br />
del settore che si sono ritrovati a Milano la<br />
scorsa settimana per la seconda edizione<br />
di “Legal Approach to the Web Era”, un<br />
convegno pensato per fare il punto sull’evoluzione<br />
legislativa nell’era di Internet.<br />
Moltissime le tematiche affrontate durante i<br />
due giorni di aperta discussione: dalla<br />
brevettabilità del software (regolamentata<br />
da una recente quanto discussa direttiva<br />
europea) alla nuova normativa sulla<br />
privacy, dalle opportunità offerte dalla sicurezza<br />
alle problematiche del commercio<br />
elettronico, dal digital divide ai crimini telematici.<br />
Senza dimenticare ovviamente i due<br />
fondamentali argomenti su cui le comunità<br />
di esperti e di semplici utenti dibattono<br />
dagli albori della rete: la libertà d’espressione<br />
e il diritto d’autore.<br />
Sulla prima, è intervenuto in apertura di<br />
convegno il presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
Franco Abruzzo, che ha posto l’accento<br />
sulla necessità di regolamentare<br />
l’anarchia <strong>dei</strong> contenuti online: “La libertà<br />
d’espressione è un diritto inviolabile sancito<br />
dalla Costituzione. Tuttavia, le testate<br />
telematiche che fanno informazione in<br />
modo professionale, dovrebbero essere<br />
regolarmente registrate al Tribunale”. Più<br />
complessa invece la questione del copyright,<br />
intorno alla quale si sta generando una<br />
crescente tensione a livello internazionale.<br />
Secondo il professor Giovanni Ziccardi,<br />
docente di diritto all’Università Statale di<br />
Milano e rappresentante dell’associazione<br />
IP Justice, “le major statunitensi del software<br />
e della musica, terrorizzate dalle opportunità<br />
di copia e di diffusione offerte dalle<br />
nuove tecnologie, vogliono ottenere un<br />
ulteriore irrigidimento del diritto d’autore,<br />
così da servirsene come arma per minacciare<br />
chiunque osi duplicare anche un solo<br />
cd per uso personale”.<br />
E proprio sotto l’egida delle big corporate<br />
statunitensi è nato il Digital Millennium<br />
Copyright Act, il decreto-incubo su cui si<br />
basano le incursioni quotidiane contro chi<br />
scarica musica o filmati dai network di file<br />
sharing. Ma c’è di più: secondo gli avvocatoni<br />
del convegno, i decreti sul diritto d’autore<br />
e sul commercio elettronico approvati<br />
lo scorso 9 aprile dal nostro Parlamento<br />
accoglierebbero in nuce le ferree regolamentazioni<br />
presenti nel Dmca.<br />
Anche gli scambisti di file nostrani quindi,<br />
dovrebbero iniziare a preoccuparsi. Ma il<br />
primo vero problema che il diritto dovrebbe<br />
affrontare, secondo la maggioranza degli<br />
intervenuti al convegno, è quello dell’alfabetizzazione:<br />
tanto <strong>dei</strong> cittadini, che ignorano<br />
del tutto questi argomenti così importanti<br />
per la loro libertà di consumatori e di<br />
persone; quanto degli stessi legislatori, che<br />
emanano norme spesso incomprensibili<br />
per chi le deve far applicare, figuriamoci<br />
per le persone comuni.<br />
Chi ha ragione, dunque Il ragazzino che<br />
si scarica l’mp3, oppure il discografico che<br />
lo querela per miliardi di danni La risposta<br />
sta forse in un giusto equilibrio di legge e<br />
buonsenso. Nel mare oscuro della rete e<br />
della giurisprudenza che intende regolamentarla,<br />
c’è una sola certezza: la tecnologia<br />
corre molto più velocemente della legge<br />
che, per recuperare terreno, cerca talvolta<br />
di imbrigliare in modo scomposto i risultati<br />
dell’innovazione.<br />
(da LaStampaweb del 22 ottobre <strong>2003</strong>)<br />
Un dibattito promosso dalla Federazione nazionale della stampa, al Circolo della Stampa di Milano<br />
Mass media e regole<br />
dell’informazione economica:<br />
illustrati i nuovi indirizzi<br />
della direttiva europea sugli abusi<br />
in Borsa. Si è parlato di insider<br />
trading, aggiotaggio, conflitto<br />
d’interessi e codici di autodisciplina<br />
Giornalismo finanziario.<br />
Quis custodet custodes<br />
di Fabrizio de Marinis<br />
Quis custodet custodes L’Europa vigila<br />
severa sugli abusi nei mercati finanziari<br />
soprattutto se a compierli sono gli operatori<br />
dell’informazione, spesso custodi di notizie<br />
riservate. Il nuovo regolamento Ue è molto<br />
più rigido dell’attuale norma italiana, che<br />
richiede, perché si compia un reato, anche<br />
una sensibile alterazione <strong>dei</strong> prezzi di Borsa.<br />
Nel primo articolo, invece, la nuova normativa<br />
europea chiarisce subito che perché scatti<br />
il reato di manipolazione basta solo “la<br />
diffusione di notizie incontrollate o informazioni<br />
false ovvero fuorvianti se la persona<br />
che le ha diffuse sapeva o avrebbe dovuto<br />
sapere che erano false e fuorvianti”. I giornalisti,<br />
insomma, stanno per diventare<br />
soggetti vigilati dalle authority <strong>dei</strong> mercati<br />
finanziari. Le novità sono in arrivo con la<br />
direttiva sul market abuse (insider trading e<br />
aggiottaggio) approvata il 28 gennaio <strong>2003</strong><br />
dall’Unione europea e che dovrà essere<br />
recepita dai Parlamenti nazionali <strong>dei</strong> Paesi<br />
membri entro il 12 ottobre 2004. E il Parlamento<br />
italiano, il 23 ottobre scorso, ha approvato<br />
la legge comunitaria delegando il<br />
Governo, tra l’altro, a recepire la nuova direttiva<br />
europea. Prima della definitiva approvazione,<br />
però, non mancheranno momenti<br />
allargati di verifica, nei quali saranno coinvolti<br />
vari soggeti istituzionali tra cui il Consiglio<br />
nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, la Federazione<br />
nazionale della stampa (Fnsi) e la<br />
Federazione italiana editori giornali (Fieg).<br />
Non poche saranno le problematiche sul<br />
tappeto. Se ne è discusso il 28 ottobre, presso<br />
la sede del Circolo della Stampa, a Milano,<br />
in un convegno, “ Mass media e regole<br />
dell’informazione finanziaria: codici di autoregolamentazione<br />
o leggi dall’alto”, promosso<br />
dalla Federazione nazionale della<br />
stampa italiana.<br />
La disciplina comunitaria introduce nuove<br />
norme per evitare, o comunque gestire al<br />
meglio, i conflitti d’interesse delle categorie<br />
professionali che a vario titolo vengono in<br />
contatto con notizie suscettibili di influenzare<br />
i prezzi di Borsa delle azioni: analisti finanziari,<br />
intermediari, amministratori di società<br />
e, appunto, anche giornalisti finanziari. Nonostante<br />
l’informazione finanziaria sia stata<br />
oggetto negli ultimi anni di una crescente<br />
attenzione da parte delle autorità di controllo,<br />
la stampa ha continuato a godere, non<br />
solo in Italia, della più larga autonomia in<br />
considerazione del suo valore di attività<br />
costituzionale. In futuro non sarà più così a<br />
meno che gli organi d’informazione – precisa<br />
la nuova legge – non risolvano i potenziali<br />
conflitti d’interesse con appropriati codici di<br />
autoregolamentazione.<br />
Un simile scenario normativo preoccupa per<br />
i vincoli che potenzialmente introduce nel<br />
mondo <strong>dei</strong> mass media. Ma può anche<br />
rappresentare un’opportunità per gestire al<br />
meglio alcuni <strong>dei</strong> nodi storici dell’industria<br />
editoriale italiana, da sempre caratterizzata<br />
dall’assenza di editori “puri”. I giornali italiani,<br />
al contrario, sono normalmente controllati da<br />
grandi società manifatturiere o di servizi<br />
(nella gran parte <strong>dei</strong> casi quotate in Borsa)<br />
ciò che, naturalmente, accentua il rischio di<br />
potenziali conflitti d’interesse.<br />
Puntuale ed esaustivo Riccardo Sabbatini,<br />
giornalista de Il Sole 24 Ore, ha illustrato i<br />
cambiamenti che la nuova normativa europea<br />
introdurrà non senza conflitti e complicazioni<br />
nel quadro dell’informazione finanziaria<br />
italiana, una materia regolata fino all’ultimo<br />
passaggio dal Testo unico della Finanza<br />
(1988) per quanto attiene gli obblighi<br />
d’informazione periodica e continua a carico<br />
degli emittenti, il Regolamento Consob e i<br />
Protocolli di autoregolamentazione che<br />
comprendono uno statuto per l’efficienza del<br />
mercato finanziario realizzato nel 1966<br />
dall’Assogestioni e la Guida per l’informazione<br />
al mercato proposta, nel 2002, da diversi<br />
soggetti e associazioni di operatori di mercato<br />
come Aiaf, Assogestioni, Assonime e<br />
Borsa Italiana. A tutto questo si aggiunge la<br />
severa normativa della legge sulla stampa, il<br />
Codice di autodisciplina <strong>dei</strong> giornalisti, i<br />
diversi codici di autodisciplina che le maggiori<br />
testate nazionali si sono già dati.<br />
A riguardo Franco Abruzzo, presidente<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, ha<br />
sottolineato come un proliferare di troppa<br />
normativa possa diventare controproducente<br />
e pericoloso per una corretta informazione,<br />
tanto da determinare un temibile ingabbiamento<br />
della libertà di cronaca, disponendo<br />
l’Italia di una già severa regolamentazione a<br />
riguardo. “ Ben vengano le regole”, hanno<br />
sottolineato Guido Cammarano, presidente<br />
di Assogestioni, e Carmine Di Noia di Assonime,<br />
l’associazione fra le società italiane<br />
per azioni, non negando che spesso, nella<br />
storia della Borsa italiana e in quella dell’informazione<br />
finanziaria, non sono mancati<br />
gravi conflitti ed imbarazzanti avvenimenti.<br />
“Oggi va riconsiderato il ruolo degli editori -<br />
ha aggiunto Carlo Perrone, vicepresidente<br />
della Federazione italiana editori giornali -<br />
che non dispongono più, dopo l’avvento<br />
delle nuove tecnologie e di Internet, del<br />
monopolio dell’informazione. Oggi compito<br />
degli editori è dare semmai valore aggiunto<br />
all’informazione.<br />
Gli editori sono però d’accordo per una<br />
normativa europea che metta regole precise<br />
ed inderogabili sul market abuse soprattutto<br />
per quanto attiene quella zona grigia <strong>dei</strong><br />
diversi soggetti che operano intorno ai<br />
mercati finanziari e che vanno dalle società<br />
di rating, a quelle di pubbliche relazioni, a chi<br />
con la forza dell’informazione digitale e di<br />
Internet immette notizie di disturbo e tendenziose”.<br />
Un necessario richiamo al confronto<br />
tra le parti e all’analisi proiettiva su che cosa<br />
genererà la nuova normativa europea nel<br />
mondo <strong>dei</strong> giornali, con chiare indicazioni da<br />
fornire al Governo, è quanto ha auspicato<br />
Paolo Serventi Longhi, segretario della Fnsi,<br />
invitando tutti a misurare i livelli di conflitto<br />
che si verrebbero a creare con i codici di<br />
autoregolamentazione, ad esempio, di giornali<br />
quali Il Sole 24 Ore e il Corriere della<br />
Sera. Sui pericoli della frammentazione delle<br />
fonti, si è soffermato Claudio Salini, responsabile<br />
della divisione mercati della Consob –<br />
quest’ultima più volte chiamata in causa dai<br />
diversi relatori come non reale tutrice del<br />
mercato, come in verità dovrebbe essere –<br />
sottolineando la necessità di una più attenta<br />
e profonda normativa che fissi forme e regole<br />
del procedere quotidiano <strong>dei</strong> mercati.<br />
La nuova legge europea spinge insomma i<br />
mass media a dotarsi di “appropriate” norme<br />
di autoregolamentazione. Con quali caratteristiche<br />
I codici dovrebbero riguardare soprattutto<br />
due aspetti. L’elaborazione di standard<br />
per la stampa finanziaria e la disciplina<br />
<strong>dei</strong> conflitti d’interesse.<br />
Per la varietà delle situazioni esistenti,<br />
comunque, sarebbe opportuno che non vi<br />
sia un solo codice, ma che ciascun giornale<br />
ne elaborasse uno proprio. La cosa più<br />
importante è che ogni giornale renda espliciti<br />
ai suoi lettori i propri standard e che vi si<br />
attenga. I requisiti delle notizie finanziarie<br />
saranno inderogabili: identità dell’autore o di<br />
chi fornisce una raccomandazione finanziaria,<br />
disciplina delle fonti, modalità di diffusione<br />
di report e studi finanziari. Un fatto è<br />
certo, nel mondo di Internet la stampa è<br />
sottoposta ad un concreto rischio di disintermediazione.<br />
Nuovi soggetti come chat room, comunicazione<br />
diretta delle società, giornali on line,<br />
solo per citarne alcuni, insidiano quello che<br />
era il suo monopolio. Un variegato mondo<br />
dell’informazione che nasconde di tutto,<br />
spesso solo insidie e disinformazione.<br />
20 ORDINE 12 <strong>2003</strong>
CONVEGNI<br />
Incontro al Circolo della Stampa promosso da Fnsi, <strong>Ordine</strong> e Commissione<br />
nazionale per le pari opportunità. Un giornalismo fatto da donne sempre più impegnato<br />
e anticipatore delle grandi dinamiche della società. È quello <strong>dei</strong> periodici femminili<br />
che l’anno scorso hanno superato 140 milioni di copie diffuse, con un fatturato<br />
di 405 milioni di euro. Un universo complesso che per rispondere ai bisogni<br />
di chi è madre, moglie e manager ha costruito un’informazione dinamica e innovativa<br />
più agguerrita del più tradizionale mondo maschile.<br />
Giornaliste in punta di spada.<br />
Quando il femminile fa tendenza<br />
di Fabrizio de Marinis<br />
Giornaliste in punta di fioretto. La stampa<br />
periodica femminile italiana mostra sempre<br />
più spesso vitalità, armonia, profondità di<br />
vedute, capacità d’analisi, attenzione alle<br />
nuove tendenze, alto senso estetico. Qualità<br />
queste, sempre meno percettibili nel più tradizionale<br />
mondo dell’informazione maschile,<br />
ancora troppo imbrigliato da visioni e condizionamenti<br />
legati a vecchi schemi e inamovibili<br />
e noiosi giochi di potere. Basta sfogliare<br />
uno <strong>dei</strong> tanti “femminili” in edicola, per trovarsi,<br />
invece, di fronte ad un universo frizzante e<br />
innovativo, ricco di proposte nuove e vicine<br />
alle grandi problematiche che interessano il<br />
mondo della donna madre, manager, single,<br />
findanzata o moglie che sia. Un universo che<br />
l’anno scorso ha superato il tetto di 140 milioni<br />
di copie diffuse, con un fatturato di 405<br />
milioni di euro, dati che rappresentano il 20%<br />
del mercato in termini di volumi d’affari e il<br />
42% per numero di lettori nel settore <strong>dei</strong> periodici.<br />
Le giornaliste dell’universo femminile<br />
sembrano essere, insomma, un passo più<br />
avanti <strong>dei</strong> loro colleghi maschi.<br />
Servizi fotografici sofisticati, interviste esclusive,<br />
pagine di approfondimento su lavoro,<br />
famiglia, tempo libero, economia e giustizia,<br />
arte e cultura contemporanea. Non mancano<br />
ampi articoli dedicati ai sentimenti, alle grandi<br />
problematiche esistenziali e ai temi di vita<br />
quotidiana su quel mondo al femminile,<br />
insomma, fulcro fondante non solo della famiglia,<br />
ma di un equilibrio armonico della<br />
società, per quanto attiene il ruolo imprescindibile<br />
e portante della donna in ogni azione<br />
del vivere comunitario. È quanto è emerso dai<br />
recenti rapporti sull’industria editoriale italiana<br />
e sulla comunicazione presentati a Milano,<br />
tra ottobre e novembre. Un dato importante<br />
e significativo che era stato affermato<br />
con forza nel convegno, Donne di carta. Identità<br />
e metamorfosi delle riviste femminili in<br />
Italia, tenutosi a fine estate al Circolo della<br />
Stampa di Milano, promosso dalla Commissione<br />
nazionale per le pari opportunità, la<br />
Commissione pari opportunità della Federazione<br />
nazionale della stampa Italiana e<br />
dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti. L’incontro aveva<br />
visto riunite, per la prima volta, le direttrici <strong>dei</strong><br />
maggiori giornali italiani tutte focalizzate a<br />
riflettere sulla qualità dell’informazione al<br />
femminile. Sul palco, a descrivere successi e<br />
glorie di un giornalismo grintoso e innovativo<br />
c’erano Raffaela Carretta, vicedirettrice di Io<br />
Donna, Cipriana dall’Orto, condirettrice di<br />
Donna Moderna, Vera Montanari, direttrice di<br />
Gioia, Roselina Salemi, direttrice di Anna. Per<br />
i mensili presenti Valeria Corbetta direttrice di<br />
Flair, Maria Laura Rodotà, direttrice di Amica,<br />
Danda Santini direttrice di Glamour.<br />
“Si è trattato di un convegno che ancora una<br />
volta ha sottolineato come le giornaliste siano<br />
sempre più brave e preparate ma, come in<br />
altri ambiti lavorativi, scarsamente rappresentate<br />
nei ruoli di massima responsabilità -<br />
racconta Marina Cosi, presidente della<br />
Commissione pari opportunità della Fnsi - Un<br />
momento di riflessione ulteriore su quello che<br />
a tutti gli effetti è un panorama ricco di grande<br />
creatività professionale, capace di dialogare<br />
con un mondo complesso e composito come<br />
è quello delle lettrici del settore <strong>dei</strong> periodici<br />
femminili. La Commisione pari opportunità<br />
della Fnsi, sempre sul tema del femminile, a<br />
suggello dell’attenzione che viene data a tutte<br />
le problematiche della professione, organizzerà<br />
il prossimo 10 dicembre, a Roma, nella<br />
sede della Fnsi, in corso Vittorio Emanuele,<br />
un convegno internazionale, dedicato alla<br />
giornalista Zhara Kazemi, assassinata in Iran,<br />
alle donne iraniane e all’informazione per la<br />
democrazia in Iran”.<br />
“Rottura degli schemi della politica maschile,<br />
corretta informazione, profondità di analisi,<br />
fiuto sul mutamento di tendenze e mode e<br />
un’informazione dinamica e attenta al mercato<br />
– sostiene Vera Montanari direttrice di Gioia<br />
– costituiscono le basi di un giornalismo al<br />
femminile che deve rapportarsi ad un universo<br />
della donna contemporanea complesso e<br />
impegnato su più fronti in un quotidiano pieno<br />
di insidie e tensioni esasperanti. Una donna<br />
che spesso è madre, moglie e manager e che<br />
sente sulle sue spalle il peso di molteplici<br />
responsabilità essendo impegnata a trecentossessanta<br />
gradi”.<br />
Un vivere quotidiano non facile, va riconosciuto,<br />
che può innescare dinamiche incontrollate<br />
ed estremamente penalizzanti per la donna.<br />
“Oggi assistiamo ad una compressione del<br />
tempo cui la donna è soggetta”, spiega Roselina<br />
Salemi, direttrice di Anna “fare tutto in<br />
breve, condensare velocemente i ritmi dell’esistenza<br />
e dare risposte concrete e solutive a<br />
figli, marito, datore di lavoro, imprevisti. Occorre<br />
quindi creare il momento di riflessione e di<br />
distacco dalle dinamiche troppo coinvolgenti<br />
del vivere quotidiano. Occorre quindi fare<br />
un’informazione capace di concrete risposte<br />
ad un pubblico altamente impegnato nel<br />
sociale, con un grande senso di responsabilità<br />
e spesso avido di risposte. Per questo non<br />
va sottovalutato l’aspetto edonistico e l’importanza<br />
di un’informazione positiva che generi<br />
generale rilassamento, quiete e riflessione,<br />
dove soppesare le reali funzioni del vivere e<br />
rilassarsi nutrendo lo spirito, la mente e la<br />
fantasia”. Un giornalismo al femminile, insomma,<br />
che proprio per rispondere alle complesse<br />
dinamiche del mondo delle donne si è<br />
trasformato in informazione di tendenza.<br />
Cinque lectures e una tavola rotonda a Genova sullo stato dell’informazione in Europa e Usa<br />
“Di informazione ce n’è tanta,<br />
sia di qua che di là dell’Atlantico,<br />
ma quella di buona qualità<br />
spesso non è accessibile a tutti,<br />
soverchiata com’è<br />
da quella gridata e piegata<br />
a ragioni di mercato”<br />
Le teorie del complotto<br />
fanno crescere le tirature<br />
Genova, 30 ottobre <strong>2003</strong>. “Nulla è più<br />
costante, più gradito ai lettori, si vende<br />
meglio delle teorie del complotto”, una<br />
conseguenza del fatto che “il giornalismo è<br />
diventato showbusiness senza danza e<br />
senza musica. Non un mestiere, ma un’attività<br />
di servizio”.<br />
È la tesi di Henryk M. Broder, editorialista<br />
del settimanale tedesco Der Spiegel, esposta<br />
in apertura del seminario sullo stato<br />
dell’informazione in Europa e negli Usa,<br />
organizzato a Genova dalla Fondazione<br />
Colombo con la collaborazione di Regione<br />
Liguria, <strong>Ordine</strong> e Associazione <strong>dei</strong> giornalisti<br />
e università.<br />
In cinque lectures, sullo stile delle università<br />
americane, altrettanti relatori (oltre a<br />
Broder, il caporedattore di Le Monde Patrice<br />
de Beer, il rettore della Columbia<br />
University Alan Brinkley, il direttore dell’Agenzia<br />
Ansa Pierluigi Magnaschi ed il vicedirettore<br />
del Corriere della Sera Magdi<br />
Allam) analizzano problemi e scenari<br />
dell’informazione oggi. Gremita da studenti<br />
la sala del consiglio regionale, con il vicepresidente<br />
della giunta, Gianni Plinio.<br />
“La teoria del complotto più in voga e<br />
assurda al momento è quella sull’11<br />
settembre, secondo la quale gli Usa hanno<br />
inscenato gli attentati alle Twin Towers per<br />
attaccare l’Iraq”, ha osservato Broder, che<br />
ha citato come esempi l’assassinio<br />
Kennedy, la morte di Lady Diana o i protocolli<br />
<strong>dei</strong> saggi di Sion nati in Giappone a<br />
fine Ottocento.<br />
“Sull’11 settembre autori falliti - ha proseguito<br />
l’editorialista di Der Spiegel - hanno<br />
scritto bestseller sulla storia <strong>dei</strong> quattromila<br />
ebrei che non sarebbero andati a lavorare<br />
al World Trade Center quella mattina,<br />
quando è noto che nessuno chiede a chi<br />
entra in ufficio a che fede appartenga. Chi<br />
nega l’esistenza di Auschwitz in Germania<br />
viene immediatamente portato, per legge,<br />
davanti a un tribunale. La situazione è<br />
analoga”.<br />
Broder attribuisce le colpe della situazione<br />
anche alla “democratizzazione dell’accesso<br />
all’opinione pubblica e all’informazione”,<br />
a Internet (“dove ogni idiota può dire la sua<br />
opinione”) e al fatto che “il giornalismo è<br />
diventato showbusiness senza danza e<br />
senza musica. Non un mestiere, ma un’attività<br />
di servizio”.<br />
Broder ha quindi concluso citando due<br />
esempi: l’ampio spazio su tutti i media<br />
dato a un cane di nome Adolf istruito al<br />
saluto nazista dal suo padrone e il fatto<br />
che Schroeder non sia venuto in Italia per<br />
le vacanze: “quando è noto che voleva<br />
riposare”. All’argomento Bild ha dedicato<br />
un mese intero di prime pagine con attacchi<br />
all’Italia e titoli come Riminix (‘Basta<br />
Rimini’).<br />
Adriano Giovannelli, preside di Scienze<br />
politiche, ha iniziato il suo intervento con<br />
un minuto di silenzio per Jean Helene, giornalista<br />
francese appena ucciso in Costa<br />
D’Avorio.”È stato anche un nostro corrispondente<br />
- ha ricordato con commozione<br />
Patrice de Beer, caporedattore di Le<br />
Monde incontrando la stampa - un giornalista<br />
appassionato di Africa e molto preparato”.<br />
Secondo Giovannelli la teoria <strong>dei</strong><br />
complotti, che parte con i canti omerici (“gli<br />
<strong>dei</strong> che complottano contro i Greci”), ha<br />
avuto nei secoli molte vittime: “I templari, i<br />
gesuiti, la massoneria, gli ebrei, i comunisti,<br />
la Cia, gli arabi, i medici e ora i giudici.<br />
Ogni volta che ci sono <strong>dei</strong> punti oscuri nella<br />
storia si trova una risposta nelle teorie del<br />
complotto”.<br />
Critico nei confronti della spettacolarizzazione<br />
dell’informazione, anche Alan Brinkley,<br />
rettore della Columbia University, che<br />
anticipa ai giornalisti il suo intervento del<br />
pomeriggio: “Il processo di concentrazione<br />
delle proprietà, come la Abc che fa parte<br />
della Disney Corporation, ad esempio,<br />
costringe a ottenere utili a breve e spinge i<br />
giornalisti a un ruolo che non punta alla<br />
qualità e alla verifica delle notizie”.<br />
Secondo Brinkley, “l’intrattenimento si<br />
sovrappone all’informazione. Oggi si creano<br />
delle notizie divertenti da guardare e i<br />
politici, anche quelli dell’amministrazione<br />
Bush, preferiscono andare ai talk show che<br />
rilasciare interviste. Così si rischia di<br />
perdere l’integrità della notizia”.<br />
De Beer invece ha parlato di quella che più<br />
che anomalia vuole definire “eccezione<br />
francese” dopo l’11 settembre: “La Francia<br />
ha espresso una posizione europea di<br />
opposizione alla guerra che è il parere<br />
dell’opinione pubblica europea; infatti ci<br />
sono state grandi manifestazioni pacifiste<br />
a Londra e a Roma, non in Francia e tutti i<br />
giornali hanno condiviso questa posizione,<br />
grazie anche alla copertura mediatica della<br />
guerra irachena. Ad esempio Le Monde ha<br />
mandato 10 persone nella regione”.<br />
Di informazione ce n’è tanta, sia di qua che<br />
di là dell’Atlantico, ma quella di buona<br />
qualità spesso non è accessibile a tutti,<br />
soverchiata com’è da quella gridata e<br />
piegata a ragioni di mercato. Si sono trovati<br />
abbastanza concordi i partecipanti alla<br />
tavola rotonda che a Genova ha concluso<br />
il seminario sullo stato dell’informazione in<br />
Europa e negli Usa, organizzato dalla<br />
Fondazione Colombo.<br />
L’editorialista dello Spiegel Henryk M.<br />
Broder, il direttore dell’Agenzia Ansa, Pierluigi<br />
Magnaschi, il vicedirettore del Corriere<br />
della Sera, Magdi Allam, il rettore della<br />
Columbia University, Alan Brinkley, il caporedattore<br />
di Le Monde, Patrice de Beer,<br />
moderati dal segretario della Fnsi, Paolo<br />
Serventi Longhi, hanno tastato il polso<br />
dell’informazione in Europa e negli Usa,<br />
giudicandone abbastanza buono lo stato di<br />
salute, almeno dal punto di vista dell’offerta.<br />
“L’obiettività <strong>dei</strong> giornali è il frutto del<br />
pluralismo fra le testate - ha osservato<br />
Magnaschi - il pluralismo non si realizza in<br />
una testata ma fra le testate”. “Il monopolio<br />
e l’oligopolio editoriale - ha aggiunto - è il<br />
nemico assoluto della libertà, non di stampa<br />
ma di essere informati (che non è il diritto<br />
di una categoria, i giornalisti, ma è una<br />
libertà molto più ampia perché riguarda<br />
tutti i cittadini)”.<br />
Una preoccupazione, quella delle concentrazioni<br />
nel mondo dell’informazione,<br />
specie in Italia, sottolineata con forza da<br />
Serventi Longhi.<br />
Se per Allam è il mercato che dovrebbe<br />
spingere alla pluralità delle voci all’interno<br />
di un medium, al di là della volontà <strong>dei</strong><br />
singoli proprietari <strong>dei</strong> media, Broder ha rilevato<br />
un nuovo pericolo per l’informazione:<br />
il problema del trasferimento diretto della<br />
politica nei media attraverso le nuove sedi<br />
<strong>dei</strong> dibattiti politici, i talk show televisivi. “In<br />
Germania - ha detto - oramai sono già un<br />
paio i ministri che rifiutano le interviste individuali,<br />
preferendo comparire solo nelle<br />
trasmissioni di maggior audience”.<br />
Gli ha fatto eco de Beer, osservando che<br />
ora i politici preferiscono sempre più essere<br />
intervistati dai media stranieri, che<br />
ritengono meno informati di quelli nazionali<br />
e quindi meno in grado di metterli in<br />
difficoltà.<br />
Il problema è l’accessibilità al buon giornalismo,<br />
che pure esiste, ha osservato<br />
Brinkley.<br />
I media che raggiungono il maggior numero<br />
di cittadini hanno maggiori condizionamenti<br />
di carattere economico e non fanno<br />
un buon giornalismo. Brinkley ha anche<br />
ammesso che negli Stati Uniti ci sono stati,<br />
specie nei recenti momenti di crisi internazionali,<br />
molti casi di manipolazione<br />
dell’informazione e di autocensura.<br />
(ANSA)<br />
ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />
21
M E M O R I A<br />
TRENT’ANNI DALLA MORTE<br />
Alla caduta di Mussolini<br />
denuncia i retroscena del fascismo<br />
e dopo la guerra rivela<br />
i misteri di Dongo.<br />
Nel secondo dopoguerra,<br />
capocronista del Corriere della Sera,<br />
promuove il Circolo della Stampa,<br />
il Poliambulatorio Balzan,<br />
la Cooperativa case<br />
e la previdenza <strong>dei</strong> giornalisti<br />
Ferruccio<br />
Lanfranchi<br />
«Giornalismo e verità»: si può dire che la vita<br />
di Ferruccio Lanfranchi sia tutta rivolta a<br />
praticare questo motto, che vuole a tema per<br />
un convegno di giornalisti nel 1960. Un impegno<br />
che lo guida nella professione, e nel<br />
1961 gli vale il «Pro Civitate Christiana» istituito<br />
ad Assisi. La motivazione mette in luce<br />
la sua etica del lavoro:<br />
«Al giornalista iscritto all’Albo che nel complesso della sua<br />
attività professionale con resoconti di cronaca o con articoli<br />
che prendono spunto dalla cronaca, abbia dato il miglior<br />
contributo alla moralizzazione della professione giornalistica,<br />
non solo evitando qualsiasi deformazione della verità,<br />
speculazione scandalistica, incoraggiamento al divismo,<br />
ma favorendo la illustrazione e la divulgazione di episodi di<br />
onestà, di bontà, di generosità da costituire esempio a<br />
bene operare».<br />
L’inizio è al foglio<br />
cattolico l’Italia<br />
di Renata Broggini<br />
Scomparso a Milano trent’anni fa, l’8 dicembre<br />
1973, Lanfranchi è una personalità non<br />
comune del giornalismo: oltre a svolgere il<br />
mestiere in piena adesione al principio di<br />
informare senza cedimenti alla stampa-spettacolo,<br />
è il professionista della carta stampata<br />
più attivo nel «dare dignità» alla categoria<br />
che lo ha partecipe per mezzo secolo dopo<br />
l’ingresso al Corriere della Sera.<br />
Al grande quotidiano di via Solferino arriva<br />
infatti nel 1924. Non è la sua prima esperienza.<br />
Nato a Milano il 29 giugno 1903, terminati<br />
gli studi ma senza diploma, ha seguito<br />
assieme a Silvio Negro futuro vaticanista e<br />
Giambattista Migliori, poi presidente della<br />
Federazione universitari cattolici (Fuci) e<br />
altri, la «scuola di propaganda» della<br />
gioventù cattolica milanese di monsignor<br />
Francesco Olgiati.<br />
Non passa inosservato e viene assunto da<br />
Luigi Albertini. Al Corriere il giovane cronista<br />
dalla faccia «mesta e un po’ patita» rischia<br />
nel 1928 il licenziamento perché non iscritto<br />
al sindacato fascista e - scrive Glauco Licata<br />
nella Storia del «Corriere della Sera» -<br />
durante il regime «vivacchia». Il 25 luglio<br />
1943, alla caduta del fascismo, si fa conoscere<br />
come autore eccezionale.<br />
Con una serie di articoli risultato di inchieste<br />
meticolose rivela per la prima volta sul<br />
Corriere i retroscena del fascismo e della<br />
vita privata del duce, il cosiddetto «petaccismo»,<br />
e del sottobosco clientelare che gravitava<br />
attorno a Mussolini e ai gerarchi. «Fu<br />
come passare in lavanderia la biancheria<br />
sporca sino allora accuratamente nascosta.<br />
Per la prima volta, l’Italia aveva modo di<br />
guardarsi allo specchio, per constatare<br />
quanto fosse ammalata», scriverà il collega<br />
Arturo Lanocita.<br />
A seguito della campagna giornalistica le<br />
sorelle Claretta e Myriam Petacci verranno<br />
arrestate e incarcerate a Novara. Dopo l’8<br />
settembre 1943 tedeschi e neofascisti e gli<br />
danno la caccia, deve lasciare il giornale e<br />
la città.<br />
Raggiunge la moglie Ada Sommaruga e la<br />
figlia Maria Giovanna, sfollate a Malnate nel<br />
Varesotto. A fine ottobre i giornali si occupano<br />
del suo caso: il Fascio, in particolare.<br />
La vicenda<br />
svizzera<br />
Avvertito da amici di essere ricercato,<br />
Lanfranchi decide infine di sparire dalla<br />
circolazione.<br />
Inseguito da mandato di cattura del Tribunale<br />
speciale, si nasconde a Pombia nel Novarese,<br />
presso un amico. Riconosciuto deve<br />
lasciare l’Italia occupata e cerca rifugio in<br />
Svizzera. Il 7 marzo 1944, di notte, clandestino,<br />
espatria nella Confederazione dai<br />
monti della val di Muggio con un «habillement<br />
d’hiver un un peu usé, avec paletôt de<br />
laine gris», come si legge nel verbale della<br />
polizia di frontiera svizzera.<br />
Dopo i normali controlli a Chiasso e al<br />
campo di raccolta di Bellinzona, è inviato<br />
all’ex Casa d’Italia di Lugano trasformata in<br />
campo profughi dove si mette in luce per le<br />
doti di organizzatore ed è nominato capocampo<br />
dal direttore, Antonio Antognini. Il<br />
passaggio continuo di rifugiati con notizie<br />
fresche dall’Italia permette a Lanfranchi di<br />
pubblicare sul cattolico Popolo e Libertà la<br />
rubrica «Cronache dalla frontiera», riprese<br />
da Radio Londra e da Radio New York. Scriverà:<br />
«La rubrica era nata, si può dire, per germinazione spontanea.<br />
Al campo rifugiati dell’ex Casa d’Italia, a Lugano, che<br />
era un campo di “smistamento”, affluivano molti fuorusciti<br />
provenienti dai campi di raccolta e vi sostavano in attesa di<br />
una destinazione definitiva. Era una rotazione continua, per<br />
taluni rapida, per altri più lenta. Ogni nuovo arrivato aveva<br />
notizie relativamente fresche da raccontare, comunque inedite.<br />
Si parlava volentieri, nell’ozio delle interminabili giornate e<br />
la sera, al buio. Coricati semisvestiti sui pagliericci stesi sul<br />
nudo pavimento. Affioravano, nei racconti fatti alla buona, e<br />
per ciò scrupolosamente genuini, vicende di grande interesse<br />
umano e politico, di grande valore propagandistico».<br />
Sempre informato, Lanfranchi diventa personaggio<br />
interessante specie per gli esuli. Gli<br />
è concesso il permesso di fare ricerche alla<br />
Alcune immagini d’archivio di Ferruccio Lanfranchi.<br />
Qui sopra, al Circolo della Stampa di Milano per l’inaugurazione della<br />
mostra “C’è anche lei” con il prefetto Sergio Spasiano (secondo da<br />
destra) e Vincenzo Carrese, titolare della Publifoto (a destra).<br />
In alto, nella pagina a fianco, con Sophia Loren e con Vittorio De Sica<br />
sempre al Circolo della Stampa di Milano.<br />
biblioteca di Lugano, sotto la protezione<br />
delle autorità. Occasione che usa per diventare<br />
redattore della pagina «L’Italia e il<br />
Secondo Risorgimento», aperta nel maggio<br />
1944 sulla Gazzetta Ticinese e diretta da<br />
Ettore Janni, altro esule del Corriere, cui<br />
collabora Luigi Einaudi.<br />
Trasferito al «campo cattolico» di Loverciano,<br />
aperto nella casa vescovile, si interessa<br />
tramite il coordinatore monsignor Felice<br />
Camponovo per scambi di notizie tra rifugiati,<br />
specie i colleghi del Corriere Filippo<br />
Sacchi e Luigi Simonazzi, e famiglie in Italia;<br />
e per ricevere informazioni dalla Resistenza.<br />
«Tramite i ferrovieri – ricorda la figlia Maria<br />
Giovanna Baldi - arrivavano strisce di carta<br />
velina che consegnavo nel retro di una libreria<br />
d’arte sacra e Como… e ogni lunedì a<br />
Malnate ritiravo informazioni di partigiani che<br />
poi i ferrovieri portavano in Svizzera».<br />
Quando, nell’agosto 1944 personalità del<br />
mondo cattolico milanese in esilio – Stefano<br />
Jacini, Piero Malvestiti, Giambattista Migliori<br />
– pubblicano nel quotidiano cattolico Popolo<br />
e Libertà il loro foglio, Libertà!, organo <strong>dei</strong><br />
democristiani lombardi, diretto da Edoardo<br />
Clerici, trovano in Lanfranchi uno <strong>dei</strong> più attivi<br />
collaboratori. Per «ragioni di salute» è<br />
posto in «libertà» a Lugano-Viganello e lì<br />
inizia «un’attività giornalistica intelligente e<br />
discreta a favore della Resistenza».<br />
«Alloggiavo all’ospedale italiano di Viganello e di là spedivo<br />
il materiale alla tipografia “Grafica S.A.” di Bellinzona per la<br />
composizione. Non era facile conciliare gli ardori politici <strong>dei</strong><br />
collaboratori della pagine del giovedì, con la necessità di non<br />
creare imbarazzi alla direzione del Popolo e Libertà e soprattutto<br />
ai capi del Partito conservatore democratico, di cui il<br />
giornale era ed è la luminosa bandiera, autorevolmente<br />
rappresentati nel Governo cantonale. Dietro le quinte, paternamente<br />
severo e trepido, il consigliere agli stati Antonio<br />
Antognini, vigilava affinché non avvenissero deviazioni che,<br />
compromettendo gli ospiti, rendessero difficile la posizione<br />
degli stessi compilatori del foglio; mentre quel dotto giurista<br />
ed acutissimo uomo politico quale è l’on. Giuseppe Lepori<br />
stendeva su di noi, senza nulla lasciar intravedere la sua invisibile<br />
mano protettrice…».<br />
Come redattore tiene la rubrica «Documentario<br />
partigiano», ventun articoli di commento<br />
a episodi noti o meno della resistenza<br />
partigiana in alta Italia. Le sue inchieste,<br />
documentate, sono esposte con tempestività<br />
e pacatezza e soprattutto quelle sui criminali<br />
di guerra e sulla «banda Koch» hanno una<br />
grande risonanza anche in Italia e obbligano<br />
persino i neofascisti a liquidare i personaggi<br />
più compromessi. Presto il suo pseudonimo,<br />
Il Furiere, diventa popolare fra internati e ticinesi.<br />
Sotto un’altra sigla, Effe Elle, nel settembre<br />
1944 diventa la voce dell’Ossola partigiana<br />
in Svizzera e dopo la caduta della Giunta<br />
provvisoria di governo deplora il mancato<br />
intervento degli Alleati nella zona. Altro<br />
pseudonimo è Il pedone che usa nella<br />
nuova rubrica Corriere Romano quando da<br />
Roma liberata cominciano a giungere notizie<br />
sulla vita della città. Alla vigilia della liberazione,<br />
il 15 aprile 1945, riceve l’autorizzazione<br />
di viaggio per recarsi a Berna alla<br />
regia legazione d’Italia: certo per raccogliere<br />
informazioni per le future iniziative come<br />
«storico».<br />
Ferruccio Lanfranchi rientra in Italia nel<br />
maggio 1945 e riprende il posto al giornale,<br />
dove dal 4 al 14 luglio 1945 pubblica anoni-<br />
22 ORDINE 12 <strong>2003</strong>
I NOSTRI LUTTI<br />
Galante Garrone,<br />
una vita dedicata<br />
all’impegno civile<br />
e al giornalismo<br />
Il giornalismo, le inchieste,<br />
la tutela della professione<br />
ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />
mo Le ultime giornate di Mussolini. Il tema e<br />
il personaggio saranno al centro di altre sue<br />
inchieste sul campo, tuttora modello di documentazione<br />
scrupolosa. Inizia così sul<br />
Nuovo Corriere della Sera la famosa serie<br />
sull’«oro di Dongo». Ricorda ancora la figlia:<br />
«Ha rifatto con me il percorso della colonna<br />
di Dongo in incognito, non rivelandosi giornalista…<br />
ci spostavamo come una famigliola<br />
in gita, con i nostri panini… Aveva una<br />
memoria spettacolare, ricordava tutto senza<br />
prendere appunti».<br />
Dalle sue inchieste<br />
due libri di successo<br />
Al servizio<br />
della professione<br />
Dalle inchieste precedenti e da continue<br />
indagini ricava due libri di successo, L’inquisizione<br />
nera, sulle polizie «speciali» della<br />
repubblica di Salò, e La resa degli ottocentomila,<br />
uscito da Rizzoli nel 1948: una ricostruzione<br />
dettagliata e affidabile sui retroscena<br />
delle trattative svolte in Svizzera tra<br />
autunno 1944 e primavera 1945 fra diplomatici<br />
e militari tedeschi e rappresentanti degli<br />
Alleati per la resa dell’armata hitleriana in<br />
nord Italia e per la salvaguardia degli impianti<br />
industriali. Un libro, sottolinea Gaetano<br />
Salvemini, destinato a far testo «ora e per<br />
sempre».<br />
«Chi scrive è un giornalista», si legge nella<br />
recensione di Indro Montanelli, «e gli si<br />
permetta quindi anzitutto di congratularsi col<br />
collega per l’abilità con cui seppe fiutare la<br />
pista dell’avvenimento e restare sulla sua<br />
traccia dal principio alla fine; per la sagacia<br />
con cui seppe guardarvi di dentro e di sotto;<br />
per la fiducia che seppe guadagnarsi presso<br />
i protagonisti, i quali finirono per credere al<br />
suo senso di responsabilità e discrezione;<br />
per la diligenza con cui seppe annotare i<br />
particolari e ricollegarli fra loro». Montanelli,<br />
del resto, pescherà a piene mani nel lavoro<br />
del «collega», attribuendosi i risultati delle<br />
inchieste svolte da Lanfranchi in Svizzera.<br />
Nel 1946 diventa capo <strong>dei</strong> servizi della<br />
cronaca del Corriere della Sera, con la<br />
qualifica di redattore capo. Mentre continua<br />
nel filone delle indagini sulle vicende del<br />
fascismo e di altre di attualità nazionale,<br />
inizia l’attività a tutela <strong>dei</strong> giornalisti e della<br />
professione di cui è protagonista per il resto<br />
della vita.<br />
Direttore dell’organo <strong>dei</strong> giornalisti lombardi<br />
Il Giornalismo, sarà inoltre consigliere delegato<br />
dell’Associazione lombarda <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
dal 1949 e per vent’anni presidente;<br />
membro del consiglio nazionale della Federazione<br />
della stampa italiana e della<br />
Commissione unica ministeriale per la tenuta<br />
dell’Albo <strong>dei</strong> giornalisti, nonché vicepresidente<br />
dell’Istituto di previdenza <strong>dei</strong> giornalisti<br />
italiani.<br />
In quegli realizza forse il suo disegno più<br />
ambizioso quando nel 1951 fonda a Milano<br />
il Circolo della Stampa, che porterà al<br />
successo quale presidente dal 1959 al 1968,<br />
dopo Renato Simoni e Arnaldo Fraccaroli. Si<br />
è scritto: «Quasi tutte le maggiori manifestazioni<br />
che in pochissimi anni hanno reso celebre<br />
il circolo e lo fa primeggiare anche tra<br />
quelli della stampa estera, si devono alla<br />
genialità di Ferruccio che vede lontano un<br />
miglio e che sa cosa si dovrà fare… nulla gli<br />
sfugge… Il Museo della Scienza e della<br />
Tecnica si è fatto perché al Corriere Ferruccio<br />
non mollava… La Fiera di Milano… bisogna<br />
pensare al Centro direzionale… Si<br />
occupa di troppe cose Ma dal momento<br />
che se ne occupa e come se ne occupa… il<br />
titolo che più gli piace è quello di maestro<br />
del Lavoro. Ferruccio, secondo Orio Vergani,<br />
non è visto che da pochi ed è dappertutto:<br />
l’uomo invisibile».<br />
All’impresa concorre in maniera decisiva il<br />
finanziamento assicurato da un altro famoso<br />
«corrierista», Eugenio Balzan, amministratore<br />
della testata dal 1903 al 1934. La vita di<br />
Lanfranchi si è intrecciata a quella di Balzan<br />
dai tempi di Albertini e negli anni difficili del<br />
regime; e ora il vecchio amministratore che<br />
vive ritirato in Svizzera con questo gesto si<br />
identifica in Lanfranchi, che certo apprezza<br />
per organizzatore e presidente di enti della<br />
carta stampata come lui stesso è stato anni<br />
prima.<br />
Alla sua scomparsa Lanfranchi sollecita<br />
l’erede della fortuna Balzan, la figlia Angela<br />
Lina, ad avviare anche un’altra iniziativa a<br />
favore della categoria: il gabinetto medico<br />
polispecialistico dell’Associazione lombarda<br />
<strong>dei</strong> giornalisti intitolato a «Eugenio Balzan»,<br />
inaugurato nel 1957 in via Monte Santo a<br />
Milano, tuttora attivissimo.<br />
Presidente dal 1964 dell’Associazione<br />
lombarda <strong>dei</strong> giornalisti e dell’Istituto di previdenza<br />
<strong>dei</strong> giornalisti italiani, Lanfranchi<br />
promuove infine la Cooperativa case per i<br />
giornalisti in viale Ferdinando di Savoia 3/5,<br />
sempre a Milano.<br />
Un impegno sociale<br />
continuo e discreto<br />
Questo suo impegno continuo e discreto<br />
trova un riconoscimento pubblico nel 1958<br />
nell’attribuzione della medaglia d’oro con<br />
l’effige di San Francesco di Sales, patrono<br />
<strong>dei</strong> giornalisti, per i 35 anni di attività al<br />
Corriere; e del premio «Rezzara Pubblicità»<br />
per il «contributo significativo ed esemplare<br />
allo sviluppo delle relazioni pubbliche in tutti<br />
i settori e fra tutti i ceti della metropoli milanese,<br />
valorizzando e spesso promuovendo<br />
iniziative intese ad elevare il livello di socialità,<br />
di cultura, di educazione civica e ad<br />
intensificare le attività produttive, in vista di<br />
una migliore distribuzione <strong>dei</strong> beni e di un<br />
più diffuso benessere».<br />
Lanfranchi devolve comunque il premio di un<br />
milione, già assegnato anche a Luigi Einaudi<br />
e a Orio Vergani, al gabinetto medico polispecialistico<br />
di via Monte Santo. Fra gli altri<br />
riconoscimenti, il diploma di prima classe<br />
con medaglia <strong>dei</strong> benemeriti della cultura, da<br />
maestro del lavoro, grand’ufficiale e cavaliere<br />
della gran croce della Repubblica italiana<br />
nel 1959; la commenda dell’ordine di san<br />
Gregorio Magno e altre onorificenze italiane<br />
e straniere; il premio per l’«Intervista alla<br />
città», sotto forma di inchiesta, nel 1960.<br />
Morto dopo anni di malattia che l’aveva<br />
costretto a ritirarsi, Lanfranchi è oggi quasi<br />
dimenticato. È doveroso invece ricordarlo,<br />
non solo quale giornalista ma per aver dato<br />
dignità alla professione.<br />
Renata Broggini<br />
Roma, 30 ottobre <strong>2003</strong>. Quella di Alessandro Galante<br />
Garrone è stata una vita interamente dedicata all’impegno<br />
civile vissuto in prima persona e a quelle idee di democrazia<br />
radicale che aveva sostenuto, oltre che con l’azione, con<br />
idee, scritti e con la sua attività politica.<br />
Storico e giurista, nato a Vercelli nel 1909, Galante Garrone<br />
si era dedicato per oltre trent’anni alla carriera di magistrato<br />
e solo nel 1963 era passato all’insegnamento nelle università,<br />
prima come professore di Storia contemporanea e poi<br />
di Storia del Risorgimento a Torino.<br />
Durante la seconda guerra mondiale, era stato partigiano<br />
combattente e rappresentante del Partito d’Azione nel Cln<br />
(Comitato di liberazione nazionale) del Piemonte. Da allora<br />
era sempre rimasto fedele al filone della democrazia radicale,<br />
un’idea da lui sempre sostenuta con l’intensa attività<br />
pubblicistica su La Stampa, Il Ponte, L’Astrolabio, L’Espresso,<br />
nonché con i lavori più ponderosi come quelli sui radicali<br />
italiani dal 1849 al 1925 e su Felice Cavallotti.<br />
Senatore della sinistra indipendente, molto sensibile alle<br />
tematiche <strong>dei</strong> diritti civili, aveva inoltre dato alle stampe<br />
numerosi manuali di educazione civica per le scuole, mentre<br />
sul versante storiografico si era occupato <strong>dei</strong> rivoluzionari<br />
sette-ottocenteschi come Babeuf, Buonarroti, Romme.<br />
Nel 1984 aveva pubblicato il volume I miei maggiori dove<br />
aveva ricordato i maestri di libertà della sua generazione, da<br />
Omodeo a Calamandrei, da Einaudi a Salvemini, tutti personaggi<br />
da cui Galante Garrone aveva derivato un insegnamento<br />
di vita e di pensiero, una “passione di libertà - come<br />
lui stesso diceva - sempre illuminata dalla ragione”.<br />
Nel dicembre 1993 era stato tra i fondatori, insieme ad Aldo<br />
Garosci, Franco Venturi, Arialdo Banfi, Giorgio Parri e Aldo<br />
Visalberghi, dell’associazione Movimento d’Azione giustizia<br />
e libertà. Una denominazione esplicita visto che i promotori<br />
del movimento erano partigiani della formazione “Giustizia e<br />
libertà e militanti del Partito d’Azione. E proprio a quelle posizioni<br />
politico-culturali questa associazione, come lo stesso<br />
Alessandro Galante Garrone, intendeva riallacciarsi per farle<br />
uscire dall’emarginazione voluta dal regime partitocratico e<br />
per riaffermare e trasmettere il pensiero di Gaetano Salvemini,<br />
la critica liberale di Piero Gobetti e il socialismo liberale di<br />
Carlo Rosselli. Tra i suoi scritti principali: Buonarroti e Babeuf<br />
(1948); Filippo Buonarroti e i rivoluzionari dell’Ottocento<br />
(1951); Gilbert Romme, Storia di un rivoluzionario (1959); I<br />
radicali in Italia, 1849-1925 (1973); Felice Cavallotti (1976); I<br />
miei maggiori (1984); Zanotti Bianco e Salvemini (1984); Padri<br />
e figli (1986); Calamandrei (1987); Amalek, il dovere della<br />
memoria (1990); Il mite giacobino ; L’Italia corrotta (1895-1996)<br />
Cento anni di malcostume politico (1996).<br />
(ANSA)<br />
Incarnava l’ideale Azionista<br />
Roma, 30 ottobre <strong>2003</strong>. È stato l’incarnazione dell’intellighenzia<br />
Azionista liberalsocialista nata dalla Resistenza. Alessandro<br />
Galante Garrone ha condiviso questo ruolo storico con altri<br />
grandi della cultura italiana e, in particolare, torinese, tra cui:<br />
Franco Antonicelli, Norberto Bobbio, Augusto Monti, Franco<br />
Venturi, Giorgio Agosti, Vittorio Foa, Alessandro Passerin d’Entreves,<br />
Luigi Salvatorelli, Aldo Garosci, Walter Maturi, Guido<br />
Quazza e Paolo Spriano. “Venivamo giudicati scavezzacolli e<br />
saltasiepi - ricordò in un’ intervista - parlavamo di rivoluzione<br />
democratica, ma eravamo nel Paese una sparuta minoranza”.<br />
Un tributo importante a quest’uomo - per trent’anni magistrato,<br />
poi militante della Resistenza e, infine, indiscusso punto di riferimento<br />
per gli studi sul Risorgimento e maitre a penser di tanti<br />
intellettuali torinesi - arrivò nel 1955 quando il direttore della<br />
Stampa, Giulio De Benedetti, lo prese tra i collaboratori del suo<br />
giornale. In breve tempo Galante Garrone passò dalla “terza<br />
pagina” agli editoriali: una collaborazione che, attraverso gli<br />
anni, ha allargato l’incidenza del suo pensiero dalle aule universitarie<br />
al grande pubblico della carta stampata. Galante Garrone<br />
esordì come editorialista il 25 aprile del 1955 con un articolo<br />
sull’insurrezione di Torino.<br />
Dalle pagine della Stampa, Galante Garrone spiegò il suo<br />
concetto intellettuale della libertà, vista nei suoi “grandi, piccoli<br />
o addirittura minimi problemi, nelle questioni anche umili,<br />
profondamente avvertite dai cittadini”. Lo storico filtrò con il<br />
razionalismo <strong>dei</strong> suoi maestri di pensiero, da Filippo Buonarroti<br />
ai rivoluzionari dell’Ottocento, e con la dottrina sociale di Francesco<br />
Ruffini, Adolfo Omodeo, Gaetano Salvemini, Piero Calamandrei,<br />
Arturo Carlo Jemolo e Ferruccio Parri, tutte le questioni<br />
più scottanti dell’attualità: la pena di morte, il divorzio (nel ‘59<br />
fu tra i primi a rivendicarlo sulle pagine <strong>dei</strong> giornali) l’aborto, la<br />
strenua difesa della scuola pubblica, i rapporti tra Stato e Chiesa,<br />
i diritti delle minoranze, “Tangentopoli”. Per lui si trattò di un<br />
impegno che visse come “convinta e pugnace attività politica”.<br />
All’attività pubblica di Galante Garrone è legato anche l’interrogatorio<br />
di Vittorio Valletta, nel maggio del ‘45, raggiunto da un<br />
provvedimento di epurazione da parte del Cln.<br />
Coerente con il suo spirito libertario, lo storico fu anche tra i<br />
primissimi a solidarizzare con gli studenti che avevano occupato,<br />
alla fine del ‘67, il palazzo delle facoltà umanistiche a Torino.<br />
A Galante Garrone deve parte della propria formazione una<br />
schiera di intellettuali più giovani, da Claudio Magris a Giampaolo<br />
Pansa, da Giorgio Bocca a Umberto Eco, da Gianni Vattimo<br />
a Furio Colombo.<br />
(ANSA)<br />
23
PERSONAGGI<br />
Margarethe de Colins de Tarsienne<br />
vive nel Varesotto,<br />
quasi novantatreenne.<br />
Una nobile signora di origine austriaca<br />
che divorziò da Montanelli nel 1951.<br />
E, dopo oltre mezzo secolo,<br />
gli vuol sempre bene<br />
Margarethe<br />
de Colins<br />
de Tarsienne,<br />
ai tempi<br />
del matrimonio<br />
con Indro<br />
Montanelli.<br />
Ecco nella foto<br />
a destra la coppia<br />
dopo la cerimonia.<br />
Sotto, Margarethe<br />
oggi, nella casa<br />
di riposo<br />
di Malnate,<br />
in provincia<br />
di Varese.<br />
La baronessa Margarethe de Colins<br />
prima moglie di Indro Montanelli<br />
Dopo il divorzio<br />
lavorò nella moda<br />
di Lino Pellegrini<br />
1946, o giù di lì. Sto viaggiando in treno da<br />
Bolzano verso Monaco di Baviera; nel mio<br />
scompartimento entra una giovane, bella<br />
signora. Conversazione spontanea. Mi<br />
dichiaro giornalista. E la giovane signora si<br />
dichiara... moglie di Indro Montanelli! Non<br />
potemmo approfondire, perché lei, a<br />
Innsbruck, scese. Né la rividi mai, sino all’altro<br />
giorno, quando andai a trovarla a Malnate,<br />
in provincia di Varese.<br />
Comincio dal principio. Margarethe de Colins<br />
de Tarsienne è baronessa. Casata di origine<br />
Belga. In Belgio, esiste ancore un castello<br />
della sua casata. Poi, i de Colins de Tarsienne<br />
divennero austriaci. Il padre di Margarethe<br />
era un ufficiale austriaco. Lei nacque a<br />
Rovereto, che allora apparteneva al Tirolo e<br />
che - come tutti sanno - divenne nostra dopo<br />
la prima guerra mondiale. Tra fratelli e sorelle,<br />
Margarethe ne ebbe quattro. In Italia,<br />
lavorò nel settore dell’estetica, specie nel<br />
salone di Elisabeth Arden. Si incontrò con<br />
Indro Montanelli e, nonostante le reciproche<br />
opposizioni <strong>dei</strong> genitori, i due si sposarono<br />
(“Con nozze religiose - mi dice -, perché, se<br />
no, Indro avrebbe temuto di perdermi. Invece<br />
lui, sapendomi religiosissima, così si sentiva<br />
al sicuro”). Ma su quel famoso matrimonio e<br />
sulla successiva convivenza si è detto e<br />
scritto sin troppo, per cui ne escludo il tema.<br />
Lo escludo anche per questo motivo: i due si<br />
sposarono nel 1942 e divorziarono nel 1951,<br />
quando Indro conobbe Colette Rosselli;<br />
ebbene, dal 1951 ad oggi sono passati<br />
cinquantadue anni. Lei, quando divorziò, di<br />
anni ne aveva quaranta; oggi, va per i novantatré!,<br />
quindi dopo il divorzio, una seconda<br />
vita, assai più lunga della prima. Ma, della<br />
seconda vita, non se ne parla affatto. Un<br />
motivo di più per conversarne con lei.<br />
A Malnate, Donna Margarethe ci vive dal<br />
febbraio 2001. La incontro su una collina, in<br />
quella che dovrei definire “casa di riposo” ma<br />
che ha la classe di un grande albergo, vasta,<br />
complessa, signorilmente arredata, con un<br />
personale addirittura raffinato; tre piani,<br />
ascensore, giardino, alberi superbi, eccetera<br />
eccetera. Attenzione: io scrivo “Donna Margarethe”,<br />
ma tutto il personale la chiama<br />
“Signora Montanelli”. Diminutivo di Margarethe,<br />
Maggie (Montanelli la chiamava<br />
Maggiolino), che però avrebbe pronunciato<br />
alla tedesca, Magghi. Altri influssi teutonici<br />
Bè, L’italiano parlato dalla baronessa Margarethe<br />
è totale, e però un po’ di erre moscia e<br />
certe tonalità vocaliche ci conducono - a<br />
saperlo - verso nord. Come studi, lei ha fatto<br />
l’Accademia (pari alla nostra Università) a<br />
Innsbruck; inoltre parla, oltre all’italiano e al<br />
tedesco, anche il francese e l’inglese.<br />
Dunque, una signora internazionale. Non<br />
tanto per la conoscenza della lingua, quanto<br />
perché, dopo il divorzio, lavorò nel settore<br />
della moda per due celebri società francesi,<br />
viaggiando di continuo fra l’Italia e Francia,<br />
Germania e Spagna. “In Francia - precisa -<br />
rifinivo con gusto italiano le collezioni di<br />
moda, poi le presentavo in Italia”. E così per<br />
molti, molti anni. “In Italia - continua - vivevo<br />
a Mlano, in via Fratelli Gabba, poco lontano<br />
da via Manzoni. Da casa mia, ammiravo il<br />
verde dell’orto botanico”. No, non si risposò<br />
mai. E da Indro non aveva avuto figli. Fratelli<br />
e sorelle li ha perduti tutti.<br />
Prigioniera in un campo<br />
di concentramento<br />
A questo punto devo pur dire com’è, la baronessa<br />
Margarethe. Novantatrè Ne dimostra<br />
venti o trenta di meno. Sì, cammina col<br />
bastone, ma dritta, sicura. Alta, asciutta, sa<br />
sempre dove andare e che cosa fare.<br />
Elegante; collana, orecchini. Capelli dorati; e<br />
occhi vivaci, acuti, pressoché pungenti. Il suo<br />
udito è incerto, ma lei parla con precisione,<br />
risponde con esattezza a qualsiasi domanda.<br />
Anche la sua memoria lascia un po’ a<br />
desiderare, ed è lei, Donna Margarethe, a<br />
dirlo subito, dimostrando così la sua chiarezza<br />
intellettuale. Quando le chiedo dove giace<br />
suo padre, riflette a lungo, poi conclude con<br />
un Wels, una località austriaca poco lontana<br />
da Linz. E la mamma Anche stavolta è<br />
incerta, propende per Caldaro, in provincia<br />
di Bolzano, dove la mamma aveva conosciuto<br />
il papà e dove aveva una villa. Strano a<br />
dirsi, Donna Margarethe non è mai tornata a<br />
Rovereto.<br />
Dopo l’8 settembre 1943, Donna Margarethe,<br />
rea, per i tedeschi - i quali non la<br />
consideravano affatto una compatriota -, di<br />
aver sposato un italiano, ne passò di tutti i<br />
colori; fra l’altro fu prigioniera in un campo di<br />
concentramento tedesco a Gries, presso<br />
Bolzano. Le chiedo: “Ma, a Gries, non si<br />
sentiva in patria” “Proprio no, mi sentivo<br />
soltanto prigioniera. Cercai di fuggire, ma i<br />
tedeschi mi beccarono”. “Senta, a proposito<br />
di Austria e di Germania, quando la Germania<br />
occupò l’Austria per annettersela, lei che<br />
sentimento provò” “Provai dispiacere e<br />
un’immensa rabbia. La Germania, non l’avevo<br />
amata mai”.<br />
Prima della mia visita a Malnate, a Donna<br />
Margarethe avevo telefonato. E lei mi aveva<br />
risposto molto cordialmente, anche perché<br />
le avevo detto di esser stato molto amico di<br />
Indro Montanelli. (Quando lui morì, pubblicai<br />
su Il Giornale il seguente necrologio: “A Indro<br />
Montanelli “Finlandese”, un arrivederci da<br />
Lino Pellegrini “Finlandese”: perché lui, in<br />
Finlandia, s’era sciroppato la “guerra d’inverno”,<br />
e io, un anno - il 1942 - della seconda<br />
Un carattere<br />
duro e dolce<br />
guerra mondiale). Quindi il nostro incontro si<br />
svolge subito in un’atmosfera molto amichevole.<br />
E però, quando estraggo le mie carte e<br />
la biro per prendere appunti, Donna Margarethe<br />
si allarma, si oppone, protesta; io preciso<br />
che non voglio saperne di pettegolezzi,<br />
ma lei replica, a sua volta, che i giornalisti<br />
sono ficcanaso (sì, proprio così). Tuttavia, un<br />
poco alla volta, si ammansisce, cede, e ai<br />
miei quesiti risponde - direi - proprio senza<br />
riserve.<br />
“Che cosa pensò, quando Indro fondò il<br />
Giornale” “Ne fui entusiasta”. “E, quando<br />
venne gambizzato” “Provai un profondo<br />
dispiacere, ma non mi meravigliai affatto”. “Mi<br />
consenta, Donna Margarethe, una domanda<br />
indiscreta: dopo il divorzio, ebbe più rapporti,<br />
anche soltanto epistolari, con Indro” “No,<br />
no. Poteva soltanto accadere che ci incontrassimo<br />
per strada, allora ci abbracciavamo,<br />
poi, subito, ci lasciavamo”.<br />
Donna Margarethe mi dice di no anche le<br />
chiedo di poter riprodurre qualche sua foto;<br />
ma anche stavolta ci ripensa, sale alla sua<br />
stanza al secondo piano, ne scende con un<br />
album ricco di splendide immagini del suo<br />
matrimonio; riproduco. “Adesso, qualche foto<br />
a lei, baronessa”. “No, no”. Ma per la terza<br />
volta il no devia nel consenso, per cui la<br />
riprendo vicino a schiere di vasetti con spendidi<br />
fiori. Intanto le racconto qualche barzelletta<br />
anche in tedesco, e lei apprezza, ride.<br />
“Donna Margarethe, vengono spesso a<br />
trovarla” “No, non molto. Ma, una volta, un<br />
mio amico col quale giocavo a bridge radunò<br />
alcune altre giocatrici, arrivarono qui in macchina,<br />
facemmo una rimpatriata. Ho invece<br />
un rapporto abbastanza frequente con...<br />
“(Qui mi tengo sul vago perché lei mi parla di<br />
una “nipote di Montanelli”; nipote, forse, via<br />
Colette). E continua: “... con una donna deliziosa.<br />
Ogni tanto, ci scriviamo. è tutto ciò che<br />
mi resta di Indro”.<br />
A questa signora, che abita vicino a Stresa,<br />
riesco a telefonare. Non vuole essere citata,<br />
e io rispetto il suo veto. Anche lei mi parla<br />
con affetto di Donna Margarethe, che definisce<br />
dura e dolce. “Dura e dolce” Ecco due<br />
parole che la sintetizzano a perfezione. Dura:<br />
forse, infatti, la sua volontà si opponeva a<br />
quella di Indro. Dolce, perché mi dice che a<br />
Indro vuole sempre bene, e che vuol bene a<br />
chi gli vuol bene. In fondo, dura e dolce lo è<br />
stata anche con me, oggi. “Donna Margarethe,<br />
lei faceva sport” “Sì, nuoto e sci”.<br />
Sciava, infatti, in Austria, a Kitzbühel;<br />
sembrava una campionessa della discesa.<br />
Dunque, dura e dolce. Ma, soprattutto, un’autentica<br />
signora.<br />
Chiudo, dicendo: “Lo sa, Donna Margarethe,<br />
che, se lei è nata nel Tirolo di allora, mia<br />
moglie Elena ed io ci siamo sposati nel<br />
Sudtirolo di adesso, cioè in Alto Adige, a<br />
Selva di Val Gardena” “Quando”, mi chiese.<br />
“Eh abbiamo già superato le nozze di<br />
diamante…”<br />
Mi risponde quasi con entusiasmo: “Complimenti,<br />
auguroni, anche perché le vostre<br />
nozze sono dolomitiche, e le Dolomiti valgono<br />
più di qualsiasi diamante!”<br />
Baronessa Margarethe, le bacio la mano.<br />
24 ORDINE 12 <strong>2003</strong>
M O S T R E<br />
Una rassegna (ritornata nella sede<br />
della Permanente dopo alcuni anni<br />
di emigrazione in Fiera)<br />
ha reso disponibili occasioni eccezionali<br />
grazie ad un’offerta selezionata<br />
proveniente da librai di tutto il mondo,<br />
38 gli italiani e 24 gli stranieri.<br />
È una rassegna di alto prestigio<br />
I libri antichi affascinano quando si guardano appena e quando<br />
si prendono in mano. Prima ancora di leggerli essi appagano<br />
i cinque sensi: la vista anzitutto grazie alla loro veste, il<br />
gusto in quanto ogni volume d’epoca costituisce una precisa<br />
espressione di arte, il tatto ovviamente nel maneggiare con<br />
affetto l’intera opera, l’olfatto per il profumo che promanano<br />
le vecchie carte, e persino l’udito dato che ogni pagina<br />
suggerisce l’eco di lontani suoni e rumori. Si gode per una<br />
legatura vigorosa che mostra nervature sul dorso, per quei<br />
fogli spessi e durevoli, per i suoi caratteri perfettamente<br />
inchiostrati, per mirabili xilografie di ignoti artisti, per la validità<br />
di testi che attestano culture straordinarie, per l’umiltà<br />
degli autori che antepongono al nome il rispetto verso il<br />
mecenate dell’opera. Sono opere che sottolineano uno stile<br />
oltre a dare prova di bellezza editoriale. È vero: l’arte della<br />
stampa si è andata evolvendo nei secoli - le attuali tecnologie<br />
forniscono prodotti a costi bassissimi, velocità istantanee,<br />
formati e pezzi su misura, riproduzioni iconografiche perfette<br />
- ma ci ricorda pure che i caratteri mobili ed il torchio hanno<br />
offerto per secoli esempi di ineguagliabile grandiosità. Ecco<br />
di Giacomo de Antonellis<br />
perché la bibliofilia antiquaria incarna un’intima ricerca di<br />
raffinatezza e contagia gli animi nobili.<br />
Attenzione. Bibliofilia non significa accumulo indiscriminato di<br />
libri, collezionismo fine a se stesso, appesantimento delle<br />
librerie. Come ogni arte ben coltivata, l’amore verso i libri<br />
comporta regole precise, non scritte ma idealmente stilate,<br />
adattabili a ciascuna personalità. Chi nutre davvero questa<br />
passione è anzitutto un lettore attento e, dal momento che<br />
non si può essere onnivori, dirige la propria attenzione verso<br />
uno specifico genere (incunaboli o cinquecentine, religione o<br />
storia, esoterismo o scienze esatte, medicina o diritto, illustrati<br />
o stampe, arti figurative oppure erotica, poetica o filosofia,<br />
manoscritti come autografi, letteratura classica o minore)<br />
e al suo interno restringe le scelte in un ambito più particolare<br />
(per esempio: trattati di arte militare, biografie di uomini<br />
illustri, atti notarili, opere di o su un determinato scrittore,<br />
favole per bambini, saggi storici su una città o una regione).<br />
Come per le raccolte di francobolli o di monete, volendo<br />
procurarsi uno scaffale di valore occorre tastare il mercato<br />
con cautela, disponibili a investire cifre non certamente lievi.<br />
BIBLIOFILIA A Milano il meglio<br />
del libro antico<br />
Sempre informati<br />
con i cataloghi<br />
ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />
La bibliofilia però non deve intendersi quale<br />
bene rifugio, similmente a preziosi ori e arte<br />
figurativa: si rischierebbero perdite secche in<br />
quanto i valori del possesso non corrispondono<br />
mai a quelli del commercio. Se l’acquisto<br />
richiede 10, al privato che desidera disinvestire<br />
lo smobilizzo può rendere al massimo un<br />
terzo. È ben vero che i prezzi medi sono<br />
cresciuti in modo spesso esagerato quasi in<br />
contrasto con le vorticose cadute delle Borse<br />
mondiali ma la particolarità della merce - deteriorabile<br />
e ingombrante - non è tale da<br />
compensare i rischi di una collezione sotto il<br />
profilo finanziario. Certamente, il mercato<br />
dell’antiquariato si è esponenzialmente<br />
ampliato negli ultimi decenni, giovandosi di<br />
due strutture basilari - le librerie del ramo e i<br />
cataloghi postali - e del supporto aggiuntivo<br />
quanto stimolante di rassegne, saloni, mercatini,<br />
tra cui primeggia la Mostra del Libro Antico<br />
di Milano (Palazzo della Permanente, la<br />
quattordicesima edizione si è svolta nella<br />
scorsa primavera) senza dubbio l’appuntamento<br />
numero uno in Italia.<br />
Figure<br />
dalla<br />
“Iconologia”<br />
di Cesare<br />
Ripa, 1603.<br />
Il fulcro portante del mercato librario resta<br />
comunque il giro <strong>dei</strong> cataloghi che consentono<br />
ai bibliofili di “frequentare” anche antiquari<br />
che lavorano in località lontane. È un salotto<br />
di cui non si può fare a meno poiché consente<br />
il continuo aggiornamento delle offerte e il<br />
confronto diretto <strong>dei</strong> prezzi. Questi ultimi sono<br />
la nota dolente di tanti bibliofili: la passione,<br />
infatti, non si sposa sempre con le normali<br />
disponibilità economiche. Il materiale prezioso<br />
scarseggia e i prezzi crescono senza alcun<br />
freno. Del resto, i libri antichi non sono vitali<br />
per l’esistenza umana. Chi li vagheggia deve<br />
fare bene i conti con le proprie disponibilità,<br />
magari a sognare il pezzo che avrebbe desiderato<br />
possedere.<br />
Per una fitta e competente schiera di bibliofili,<br />
e per tanti altri con la carta di credito senza<br />
limiti, questa mostra (ritornata nella sede della<br />
Permanente dopo alcuni anni di emigrazione<br />
in Fiera, sempre con Marcello Dell’Utri suo<br />
deus ex machina) ha reso disponibili occasioni<br />
eccezionali grazie ad un’offerta selezionata<br />
proveniente da librai di tutto il mondo, 38 gli<br />
italiani e 24 gli stranieri. È una rassegna di alto<br />
prestigio, contrassegnata - ahimé - da un brutto<br />
catalogo, inondato da un’autentica colata<br />
pubblicitaria, un catalogo tanto diverso da<br />
quelli puliti e ragionati delle prime edizioni nel<br />
chiostro delle Stelline e nello stesso palazzo<br />
di via Turati a Milano.<br />
Ecco alcune rarità, in un mare di offerte. Allo<br />
stand della Martayan Lan di New York si poteva<br />
ammirare il primo libro illustrato di viaggi<br />
dal titolo Peregrinationes in Terram Sanctam<br />
scritto da Bernhard von Breydenbach e stampato<br />
a Magonza nel 1486. La Imago Mundi di<br />
Buenos Aires presentava l’Enciclopedia di<br />
Diderot e D’Alembert, edizione ginevrina<br />
1777-1779, quarantacinque volumi in 4° di cui<br />
sei con tavole analitiche e tre con ottime incisioni.<br />
La francese Sourget di Chartres era<br />
presente con un eccelso “in folio” dell’edizione<br />
principe (così si chiama la prima stampa di un<br />
libro antico) dell’opera poetica di Orazio<br />
commentata da Nicolas Perottus e stampata<br />
a Strasburgo nel 1498. Dall’Olanda, Antiquariaat<br />
Forum di Utrecht proveniva il Libro del<br />
gigante Morante e de re Carlo, poema anonimo<br />
di 209 stanze che soltanto pochissime<br />
biblioteche possiedono nella versione del<br />
Soncino edita a Pesaro nel 1515.<br />
Rilevanti anche le opportunità di casa nostra<br />
tra cui alcuni manoscritti (due lettere di Casanova<br />
della Tattile di Rimini e una copia del<br />
libretto di Tosca con interventi autografi di<br />
Giacomo Puccini per la Scarpignato di Roma)<br />
e opere introvabili come L’emporio delle glorie<br />
palermitane di Paolo Del Vio stampato nel<br />
1704 con quattro grandiose tavole sugli apparati<br />
per la festa di Santa Rosalia in vendita<br />
presso Il Polifilo di Milano oppure come La<br />
storia naturale degli uccelli che nidificano in<br />
Lombardia di Eugenio Bettoni del 1868 nello<br />
stand di Malavasi storica libreria milanese.<br />
Presso Loredana Pecorini specialista in carte<br />
musicali e bibliografie due proposte eccellenti<br />
quali il Dictionnaire des ouvrages anonymes<br />
in cinque volumi edita a Parigi nel 1872 e il<br />
nuovissimo Dizionario illustrato della legatura<br />
di Sylvestre Bonnard. Ai Due Santi di Padova<br />
si poteva trovare il Giornale <strong>dei</strong> Bambini,<br />
foglio di fine Ottocento diretto anche da Carlo<br />
Collodi (pseudonimo di Carlo Lorenzini) creatore<br />
della storia di Pinocchio apparso su<br />
questo periodico in 30 puntate tra il 1881 e il<br />
1883. Ovviamente si tratta di una scarna selezione<br />
essendo impossibile descrivere la vasta<br />
gamma di preziose “anticaglie” viste tra le<br />
vetrine dell’esposizione milanese.<br />
Le opere di Voltaire<br />
in settanta volumi<br />
Una segnalazione ulteriore, tuttavia, va fatta<br />
per la libreria Rovello di Milano il cui fiore<br />
all’occhiello era dato dalle opere complete di<br />
Voltaire, 70 volumi del 1785-1789 in 8° corredato<br />
da numerose e belle incisioni e reso<br />
gradevole da una rilegatura coeva con titoli e<br />
fregi in oro: questa libreria fa capo al collega<br />
Mario Scognamiglio il quale è anche animatore<br />
del più importante circolo di bibliofili italiani,<br />
l’Aldus Club, autentico cenacolo di passionari<br />
del libro con in testa l’esegeta Umberto Eco<br />
che lo presiede. A margine va sottolineato che<br />
da tredici anni l’Aldus Club promuove un<br />
apprezzato Almanacco letterario. Il volume<br />
<strong>2003</strong> riporta i testi di una “estrosa équipe di<br />
scanzonati favolatori”: tra le varie firme si rilevano<br />
quelle di Giulio Andreotti, Matteo Collura,<br />
mio figlio Gianandrea de Antonellis, Gianfranco<br />
Dioguardi, Curzia Ferrari, Elio Palombi,<br />
Pietro Spirito accanto ai nomi di Eco e<br />
Scognamiglio. Ma non è tutto perché le edizioni<br />
Rovello hanno anche un altro fiore all’occhiello<br />
in campo editoriale: la rivista trimestrale<br />
di bibliofilia L’Esopo che esce dal 1979 ed<br />
ha raggiunto il numero 91, sempre avvincente<br />
per note critiche e di attualità, appunti, recensioni,<br />
aggiornamenti su aste e su novità del<br />
settore.<br />
Quando la bibliofilia<br />
diventa bibliomania<br />
Bibliofilia non è sinonimo di bibliomania. Sono<br />
due filoni prossimi ma indipendenti. Un filologo<br />
del Settecento, Louis Bollioud-Mermet, ci<br />
ha lasciato scritto una sorta di testamento per<br />
mettere in guardia dagli eccessi. “Quando il<br />
gusto <strong>dei</strong> libri degenera in passione diventa<br />
una sorgente perenne di capricci e di raffinate<br />
pignolerie”. Allora, in effetti, l’uomo tende a<br />
guardare al libro in quanto oggetto meraviglioso<br />
e non più in quanto contenitore essenziale<br />
di idee e di valori. In tale sviamento, non<br />
raramente, giocano anche i principali operatori.Vale<br />
a dire gli editori. Nell’odierna società,<br />
non a caso, i grandi nomi della stampa svolgono<br />
il ruolo di impresari preoccupati soltanto<br />
di accrescere la redditività della ditta<br />
mentre i piccoli (dove sono i medi) tendono<br />
a lavorare soprattutto per il gusto della produzione:<br />
si sfornano in tal modo testi di ogni<br />
risma, per formato, per legatura, per iconografia,<br />
per contenuto, per destinazione. Così,<br />
non tutta l’editoria produce cose valide, spesso<br />
i risultati sono mediocri, spesso rispecchia<br />
materiale inutile, spesso diventa un’occasione<br />
perduta, spesso resta motivo di buona<br />
volontà e nulla altro.<br />
Bisogna rendersi conto, tuttavia, che il libro è<br />
un oggetto davvero particolare. Esso va acquisito,<br />
consultato, donato o conservato con<br />
rispetto, quasi con senso religioso. Il libro non<br />
è soltanto un insieme di carte inchiostrate<br />
dalle quali trarre diletto o riflessioni, gioia o<br />
stanchezza. È uno strumento che offre<br />
sempre - seppure in misure diverse, variabili<br />
secondo il momentaneo stato d’animo del<br />
lettore - un arricchimento spirituale. Chi legge<br />
si distacca automaticamente dalle contingenze<br />
del proprio ambiente, si trasferisce in altri<br />
spazi e vive con la fantasia situazioni estranee<br />
al suo mondo. La conseguenza è incerta.<br />
Si può guadagnare in serenità come pure<br />
sentirsi appesantiti dalla tristezza. In questo<br />
verso la copertina e le prime dieci pagine<br />
hanno una funzione mattatrice nei confronti<br />
del lettore: se l’approccio iniziale funziona la<br />
lettura diventa scorrevole e calamita l’attenzione.<br />
Diversamente le palpebre si fanno di<br />
piombo e gli occhi tendono a riposare. Anche<br />
il bibliofilo tende a seguire questo genere di<br />
norme. D’altronde, in tempi di globale distrazione<br />
- quanti danni producono gli abusi di<br />
certe esasperate tecnologie ai nostri tempi: ce<br />
ne renderemo conto soltanto in un futuro forse<br />
neppure lontano - non appare agevole prodursi<br />
nell’esercizio di una passione culturale. Ma<br />
almeno è bello provarci.<br />
■<br />
25
LA LIBRERIA DI TABLOID<br />
Liceo scientifico statale di Sulmona<br />
Il sentiero della libertà<br />
Un libro della memoria con Carlo Azeglio Ciampi<br />
di Dario Fertilio<br />
Chi volesse conoscere le motivazioni<br />
intime di un personaggio,<br />
il perché delle scelte<br />
prese nel corso della sua esistenza,<br />
probabilmente dovrebbe<br />
individuare il suo “nucleo<br />
eroico”. Che cos’è il “nucleo<br />
eroico” Quel momento<br />
della vita, generalmente collocato<br />
nella stagione della<br />
prima giovinezza, in cui una<br />
futura personalità, non ancora<br />
delineata e affermata, rischia<br />
in prima persona per le<br />
sue nascenti idee e convinzioni.<br />
È la tipica stagione d’esordio,<br />
destinata poi a imprimersi<br />
indelebilmente nella<br />
memoria di chi vi è passato:<br />
l’occasione in cui la scelta<br />
fondamentale di una vita viene<br />
fatta, il destino segnato;<br />
momenti che, benché magari<br />
scomodi o drammatici, verranno<br />
poi sempre ricordati<br />
con affetto e rimpianto da chi<br />
li ha vissuti.<br />
Qualcosa di simile ci attira alla<br />
lettura di un lontano diario,<br />
scritto da Carlo Azeglio<br />
Ciampi, futuro ministro e presidente<br />
della Repubblica, allora<br />
più o meno ventenne.<br />
Siamo nel marzo del 1944,<br />
qualche mese dopo la smobilitazione<br />
dell’8 settembre. La<br />
linea Gustav attraversa l’Abruzzo<br />
e taglia l’Italia in due: il<br />
nord è occupato dai tedeschi,<br />
il sud già liberato dagli alleati.<br />
Divisione, agli occhi degli antifascisti,<br />
non solo politica e<br />
militare ma anche psicologica:<br />
varcarla, raggiungere la<br />
parte sotto il controllo angloamericano,<br />
equivaleva al riscatto<br />
personale, da inquadrare<br />
in quello collettivo di<br />
un’Italia semidistrutta.<br />
Questo è il contesto in cui si<br />
decide la fuga, o meglio la<br />
marcia verso la libertà, del<br />
sottotenente Carlo Azeglio<br />
Ciampi. Bisognava varcare,<br />
rischiando di essere scoperti<br />
dai soldati tedeschi e fucilati,<br />
il massiccio della Maiella.<br />
Bisognava soprattutto prendere<br />
la decisione di rompere i<br />
condizionamenti mentali del<br />
ventennio e rischiare tutto per<br />
qualcosa di estremamente<br />
indefinito e ipotetico.<br />
Il giovane Ciampi accetta la<br />
scommessa, e descrive l’esperienza<br />
di quei giorni in un<br />
diario: ora quelle pagine lontane<br />
riemergono, pubblicate<br />
in un “libro della memoria”, a<br />
cura del liceo Fermi di<br />
Sulmona.<br />
Tutto comincia a Livorno, dove<br />
il sottotenente Ciampi nel<br />
pomeriggio dell’8 settembre<br />
si trova in licenza. Raggiunge<br />
Roma, trovandola sotto l’occupazione<br />
tedesca: ecco allora<br />
la decisione di varcare la linea<br />
Gustav raggiungendo le<br />
truppe alleate. Ciampi e il suo<br />
compagno d’avventura, Beniamino<br />
Sadun, si rifugiano in<br />
un primo tempo a Scanno,<br />
dove si nascondono in una<br />
soffitta per non essere scoperti<br />
dai tedeschi. Vivono così,<br />
protetti da una famiglia<br />
amica, per parecchi mesi: cucinando,<br />
leggendo, giocando<br />
a carte, dormendo. A Scanno<br />
Ciampi incontra il filosofo<br />
Guido Calogero, di cui era<br />
stato allievo alla Normale di<br />
Pisa, e che adesso si trova là<br />
come confinato politico.<br />
Trascorre qualche tempo discutendo<br />
affettuosamente<br />
con lui, mentre altri uomini in<br />
fuga vanno ingrossando il<br />
drappello di coloro che hanno<br />
intenzione di passare la linea<br />
Gustav. I tempi intanto si fanno<br />
più stretti, la presenza e il<br />
controllo <strong>dei</strong> tedeschi sulle<br />
montagne abruzzesi si vanno<br />
rafforzando, i controlli sono<br />
sempre più minuziosi e feroci.<br />
Il 24 marzo 1944, finalmente,<br />
la partenza: in una sessantina<br />
si mettono in marcia, quasi<br />
subito accolti da una tormenta,<br />
fermandosi per aspettare<br />
i più deboli e anziani, con<br />
la paura di essere scoperti<br />
dalle truppe tedesche, distanti<br />
soltanto un chilometro.<br />
Ora per ora, il diario del giovane<br />
sottotenente racconta le<br />
esperienze, le incertezze, le<br />
disavventure della traversata,<br />
fino all’arrivo presso il comando<br />
inglese. Dove molti<br />
degli italiani, e fra essi lo stesso<br />
Ciampi, sono classificati<br />
come “definitely suspect”,<br />
estremamente sospetti d’essere<br />
spie fasciste.<br />
È interessante notare, rileggendo<br />
quelle pagine di diario,<br />
come il giovane antifascista<br />
accetti con filosofia la sua<br />
scomoda situazione, e nello<br />
stesso tempo continui a seguire<br />
con passione gli sviluppi<br />
della situazione politica a<br />
Roma: il 22 aprile riporta per<br />
intero sul suo diario la composizione<br />
ministeriale del governo<br />
Badoglio, la correda di<br />
un commento sulla situazione<br />
politica generale, mescolando<br />
al tutto le impressioni di<br />
vita vissuta fra i rifugiati antifascisti<br />
e le truppe inglesi.<br />
Non pagine di eroismo, dunque;<br />
piuttosto la testimonianza<br />
di quella resistenza morale<br />
che formò una parte, la migliore,<br />
della futura classe dirigente<br />
italiana. Qui c’è dunque<br />
il “nucleo eroico” di Carlo<br />
Azeglio Ciampi, che avrebbe<br />
influenzato tante sue scelte<br />
successive, compresa quella<br />
patriottica di oggi. E che spiega<br />
il senso di una lettera significativa<br />
indirizzata molti anni<br />
più tardi a uno <strong>dei</strong> compagni<br />
di quella avventura: “Come<br />
vuoi che non ricordi quella<br />
notte fra il 23 e il 24 marzo del<br />
1944 Sono passati trentacinque<br />
anni e quel periodo resta<br />
fra i più intensi, i più degni<br />
di essere stati vissuti”.<br />
Liceo Scientifico Statale<br />
di Sulmona<br />
Il sentiero della libertà,<br />
Un libro della memoria con<br />
Carlo Azeglio Ciampi,<br />
Laterza,<br />
pagine 137, euro 10<br />
Gianfranco<br />
Bettetini<br />
Capirsi<br />
e sentirsi uguali<br />
di Vito Soavi<br />
Agli inizi del secolo scorso<br />
mio zio Michele, giovanotto di<br />
belle speranze, si imbarcò<br />
per le Americhe in cerca di<br />
fortuna. Giunto a New York,<br />
senza la prospettiva di un<br />
qualsiasi lavoro ed all’oscuro<br />
dell’idioma locale, si mise al<br />
crocevia di una strada molto<br />
trafficata interpellando i passanti<br />
con questa battuta: “ah,<br />
figlio di buona donna”. Dopo<br />
tanti appelli lanciati a vuoto,<br />
finalmente uno gli chiese:<br />
“che hai detto” e lui pronto:<br />
“proprio te cercavo!!” Da quel<br />
tentativo di aggancio comunicativo<br />
nacque la sua fortuna.<br />
Sono passati cento anni ed il<br />
panorama di accoglienza degli<br />
emigrati è profondamente<br />
cambiato in tutto il mondo,<br />
nei termini e nei numeri, e<br />
con esso, a dismisura, sono<br />
mutati gli aspetti e le conseguenze<br />
pratiche del multiculturalismo.<br />
Ecco uscire, nella Collana<br />
Studi Bompiani, l’attualissimo<br />
libro di Gianfranco Bettetini,<br />
che, prendendo spunto dalla<br />
specifica ricerca promossa<br />
dall’Istituto Gemelli e Musatti,<br />
approfondisce l’argomento attraverso<br />
una disamina attenta<br />
e completa sulle strade da<br />
percorrere per consentire ai<br />
“nuovi entrati” di garantirsi la<br />
conservazione della propria<br />
singola identità, pur nel rispetto<br />
dell’inserimento in tradizioni<br />
e culture quasi sempre<br />
molto differenti. Traguardo<br />
non semplice da raggiungere<br />
perché prima bisogna rimuovere<br />
l’ostacolo <strong>dei</strong> pregiudizi<br />
che possono essere più marcati<br />
fra un’etnia e un’altra che<br />
nei confronti della popolazione<br />
ospitante.<br />
Quali sono gli ostacoli che si<br />
oppongono al raggiungimento<br />
di questo risultato<br />
Innanzitutto la constatazione<br />
che, affinché due individui<br />
che parlano lingue diverse<br />
riescano a comprendersi,<br />
non è sufficiente che traducano<br />
vicendevolmente il loro<br />
pensiero, perché sarebbe necessario,<br />
prima, eseguire un<br />
lavoro di “taratura” <strong>dei</strong> loro retroterra<br />
linguistici.<br />
Nel contempo la ricerca ha<br />
fatto anche emergere risvolti<br />
che debbono essere interpretati<br />
in un dibattito sociologico<br />
che coinvolge aspetti semiotici<br />
come la narrativa e la<br />
fiction, ove l’autore, “ giocando<br />
in casa” si riserva ampi<br />
spazi di appassionata analisi.<br />
E poi l’ambito esteso e complicato<br />
della dimensione<br />
pragmatica e di quella interpretativa,<br />
sia in prospettiva<br />
sociosemiotica, che secondo<br />
il punto di vista antropologico.<br />
Ed infine il ruolo dell’immaginario<br />
con le sue manifestazioni<br />
(cultura, mito, fiction).<br />
Il rapporto con la comunità di<br />
origine, l’impostazione della<br />
dimensione temporale, il contrasto<br />
fra assimilazione e<br />
marginalità, la consapevolezza<br />
della propria unicità, il riconoscimento,<br />
la valorizzazione<br />
della propria cultura, sono i<br />
temi scottanti che Bettetini ha<br />
proposto ed affrontato. Ora,<br />
conclude, è tempo di verifica,<br />
paziente e prudente, “senza<br />
aspettarci soluzioni folgoranti<br />
e risultati immediati”. E questo<br />
è il messaggio positivo<br />
che emerge dalla sua proposta.<br />
Gianfranco Bettetini,<br />
Capirsi e sentirsi uguali,<br />
Bompiani, Milano <strong>2003</strong>,<br />
pagine 216, euro 17<br />
Paolo Di Stefano<br />
Tutti contenti<br />
di Filippo Senatore<br />
La chiave di lettura di una<br />
narrazione, si dipana all’interno<br />
della memoria interna dello<br />
scrittore che rende coerente<br />
un assemblaggio di trame<br />
che si sviluppano come processo<br />
creativo. La realtà trascolora<br />
nell’invenzione, ma il<br />
lettore percepisce il contrario<br />
credendo fermamente in un<br />
qualcosa di veritiero, virtualmente<br />
sospeso sulle ali dell’immaginazione.<br />
Nel romanzo di Paolo Di<br />
Stefano, Tutti contenti, i personaggi<br />
sono di pura fantasia,<br />
ma calati in una realtà<br />
concreta di piccole storie del<br />
nostro tempo. L’autore li ha<br />
estratti come modelli da storie<br />
vere, ma ha elaborato l’intreccio<br />
e lo sviluppo della loro<br />
esistenza.<br />
Un tipografo, Nino Motta vive<br />
a Milano e soffre d’amnesia a<br />
causa di un trauma infantile.<br />
Verso i sessant’anni a causa<br />
della crisi degli affetti, abbandona<br />
moglie e figli per recarsi<br />
a Messina, luogo misterioso<br />
della fanciullezza per indagare<br />
e decifrare il proprio passato.<br />
Il protagonista assume il<br />
nome fittizio di Matteo Dolci e<br />
millanta di essere un giornalista.<br />
Così riesce ad indagare sul<br />
passato tra Messina, Avola e<br />
Taormina senza che sorgano<br />
sospetti sulla sua vera identità,<br />
ma qualcuno lo riconosce.<br />
Nino Motta ha pochi frammenti<br />
e brandelli di ricordi. Ha<br />
in mente con vaghezza la<br />
Casa del Fanciullo (denominato<br />
il Forte), il collegio per<br />
orfani e poveri in cui egli ha<br />
vissuto. Ricorda con ossessione<br />
un cappello, appeso<br />
nell’attesa di essere colto dal<br />
fantasma del padre americano,<br />
sempre immanente come<br />
una forza negativa che lo ha<br />
portato agli eccessi di violenza:<br />
una forza primordiale che<br />
permea l’atmosfera sulfurea<br />
etnea. Ricorda con angoscia<br />
l’attesa della madre, fragile<br />
ed adolescente che sale “alla<br />
Fortezza con il suo cappottino<br />
troppo stretto”. Spira il<br />
vento dell’abbandono e dell’assenza.<br />
Presso l’archivio comunale ricompone<br />
un quadro più nitido<br />
attraverso il Bollettino dell’orfanotrofio<br />
e la cronaca cittadina<br />
degli anni Cinquanta.<br />
Ritagli di giornali ed elenchi di<br />
telefono ricostruiscono e restituiscono<br />
l’orientamento<br />
perduto. I nomi sono le coordinate<br />
coerenti di un nuovo<br />
ordine del passato.<br />
Nino incontra gli ex compagni<br />
di collegio i quali raccontano,<br />
da angolatura diversa, le storie<br />
personali e soprattutto la<br />
sua vita. A volta è incredulo<br />
perché la storia intima che lo<br />
riguarda gli sembra estranea<br />
o forse inventata, ma poi dopo<br />
avere intrecciato ed incrociato<br />
le dichiarazioni convergenti<br />
e/o contrastanti <strong>dei</strong> testimoni,<br />
si rassegna ad indossare<br />
i nuovi panni sottratti<br />
alla dimenticanza.<br />
La sua mente elabora nuovi<br />
dettagliati ed inquietanti particolari.<br />
Vorrebbe svelare il gioco<br />
soprattutto quando subisce<br />
le insolenze più provocatorie,<br />
ma riesce a controllarsi<br />
per venire a capo di una matassa<br />
che si dipana come le<br />
reti <strong>dei</strong> pescatori del mare di<br />
Sicilia. Il mimetismo è la sua<br />
salvezza, fuori dal labirinto<br />
traumatico di uno stallo. Si lascia<br />
andare solo col suo ex<br />
compagno del cuore.<br />
Il protagonista cerca non solo<br />
di recuperare la memoria in<br />
un’età in cui in genere si perde,<br />
ma di elaborarla per ricostruire<br />
attraverso i particolari,<br />
il senso di un’esistenza.<br />
Paolo Di Stefano, senza cadere<br />
nel patetico e nel sentimentalismo,<br />
descrive la nostalgia<br />
per i luoghi e i tempi irrecuperabili.<br />
Ci troviamo di<br />
fronte ad una ricerca e ad<br />
una sintesi delle voci interiori<br />
di tutti i protagonisti, che diventano<br />
l’ossessione di una<br />
generazione.<br />
Il trauma maggiore di Nino è<br />
quello di non riconoscere i<br />
luoghi dell’infanzia irrimediabilmente<br />
cambiati.<br />
Di fronte ad una realtà secolare<br />
urbana, trasformatasi radicalmente<br />
con l’impetuosa<br />
modernizzazione degli ultimi<br />
anni, qualunque memoria ferrea<br />
impallidisce. Sembra un<br />
paradosso che lo smemorato<br />
riesca a destreggiarsi meglio<br />
facendo finte interviste e questionari<br />
scarni, senza perdere<br />
il controllo e frenando le<br />
emozioni. La perdita della<br />
memoria è il modo di prevenire<br />
i rimorsi o legarsi in ceppi<br />
per non essere inghiottito dai<br />
flutti sinuosi dell’inganno<br />
Le trasformazioni non sono<br />
solo interiori. Il fluire di una vita<br />
stravolta rinnega le pieghe<br />
più insidiose di una realtà banale<br />
e descrittiva.<br />
La narrazione a volte intreccia<br />
passato e presente che si<br />
distinguono dalla forma stilistica.<br />
Il linguaggio contemporaneo<br />
è più banale, semplificato e<br />
volgare; mentre quello del<br />
passato è pregnante di molteplicità<br />
linguistiche, espressioni<br />
dialettali multiformi e pittoresche.<br />
Il recupero della<br />
memoria si arricchisce di parole<br />
antiche, quasi a voler ricostruire<br />
la forma e gli oggetti<br />
<strong>dei</strong> ruderi del Forte. Evocare<br />
l’arcaico, travolto dalla modernità<br />
consumista come cultura<br />
fondante di una civiltà<br />
non più tralatizia, sepolta dall’oblio.<br />
Lo spartiacque ormai<br />
è segnato. Con la ricostruzione<br />
storica <strong>dei</strong> fatti, il protagonista<br />
si avvia a lasciare le<br />
spoglie di una storia dolente<br />
di morte. Il gioco svelato diventa<br />
catarsi.<br />
La fabulazione tenta di superare<br />
una realtà superficiale<br />
con un dialogo sempre più<br />
serrato tra i personaggi.<br />
Lascio al lettore la scoperta<br />
del trauma infantile da parte<br />
del protagonista.<br />
Questi dopo un travagliato<br />
processo di superamento, ritrova<br />
la voglia di vivere riscoprendo<br />
l’amore di una giovane<br />
compagna.<br />
La memoria è un vizio, un ingombro<br />
indesiderato che si<br />
vorrebbe annullare nell’illusione<br />
di adeguare ciò che si è<br />
stati a ciò che si è diventati.<br />
“In ogni mente umana, si sa,<br />
cose ricordate scompaiono e<br />
cose scomparse riaffiorano;<br />
cioè, sia nell’individuo sia nella<br />
collettività, memoria e dimenticanza<br />
si scambiano<br />
spesso i ruoli” (Maria Corti,<br />
La funzione della memoria).<br />
Di Stefano con questo magistrale<br />
romanzo ha riscattato<br />
la memoria dolente <strong>dei</strong> vinti.<br />
Paolo Di Stefano,<br />
Tutti contenti,<br />
Feltrinelli editore,<br />
pagine 376, euro 16<br />
26 ORDINE 12 <strong>2003</strong>
RIVELAZIONE<br />
Qualcuno sapeva, ma non fermò<br />
gli assassini di Walter Tobagi<br />
di Marco Volpati<br />
Walter Tobagi viene assassinato in una mattina<br />
di pioggia a pochi passi da casa sua, a<br />
Milano in via Salaino. Sta facendo la solita strada<br />
per raggiungere il garage dove ricovera la<br />
sua utilitaria. Sono quasi le 11 di mattina; si è<br />
svegliato tardi, perché la sera prima ha partecipato<br />
ad un dibattito su libertà di stampa e<br />
diritto di cronaca. Un dibattito che prendeva lo<br />
spunto dal caso di Fabio Isman, giornalista<br />
arrestato per aver ottenuto e pubblicato il<br />
memoriale di un terrorista pentito. Il clima in<br />
quel periodo è plumbeo, come il cielo di quel<br />
28 maggio. Sono passati due anni dal delitto<br />
Moro; Brigate Rosse e Prima Linea, le due<br />
sigle principali – ma non le uniche – del terrorismo<br />
rosso, continuano con i loro agguati<br />
mortali. Le cronache, a Milano, registrano<br />
quasi un morto alla settimana. Sono dirigenti<br />
di industria, magistrati, carabinieri e uomini<br />
della polizia; cadono in una guerra di imboscate<br />
a colpo sicuro (si spara sempre alle spalle),<br />
e messaggi ciclostilati fatti arrivare alle redazioni<br />
<strong>dei</strong> giornali. Anche i giornalisti sono nel<br />
mirino: a Torino Carlo Casalegno è stato ucciso,<br />
forse in un’azione che è andata al di là del<br />
piano prefissato. I giornalisti sono più spesso<br />
vittime delle “gambizzazioni”, un termine orrendo<br />
che vuol dire ferire alle gambe: un atto<br />
sanguinoso ma non mortale. È capitato a Indro<br />
Montanelli, Emilio Rossi,Vittorio Bruno, Nino<br />
Ferrero; anche, qualche settimana prima di<br />
quel 28 maggio, a Guido Passalacqua, un<br />
giornalista di sinistra che ha mostrato troppa<br />
attenzione e curiosità nel seguire le azioni del<br />
partito armato.<br />
Tobagi sa di essere in pericolo. Il suo nome,<br />
con altri, è stato trovato in un elenco di obiettivi.<br />
A soli 33 anni è un personaggio importante<br />
e scomodo: cattolico impegnato, simpatizzante<br />
del Psi, inviato di punta del Corriere della<br />
Sera, studioso di storia ed esperto di argomenti<br />
sociali e sindacali. È anche - e solo Dio<br />
sa come faccia a mettere d’accordo tutti i suoi<br />
impegni - presidente dell’Associazione lombarda<br />
<strong>dei</strong> giornalisti, il sindacato di categoria.<br />
Meno di due anni prima aveva fondato una<br />
corrente, Stampa Democratica, che aveva<br />
rotto i vecchi schemi e provocato aspre polemiche.<br />
Tobagi è un riformista. In quegli anni<br />
violenti la parola, a sinistra, suona assai male:<br />
tanti, e non solo i terroristi, considerano il riformismo<br />
come il nemico più insidioso, la negazione<br />
delle spinte rivoluzionarie che, partite dal<br />
‘68, sono ancora forti. Ci sono i movimenti che<br />
operano alla luce del sole (si chiamano extraparlamentari,<br />
più per l’assenza di rappresentanti<br />
a Montecitorio, che per il generico rifiuto<br />
della democrazia tradizionale). Ma contano<br />
anche i terroristi e i gruppi che li affiancano: la<br />
famosa acqua nella quale i pesci nuotano e<br />
prosperano.<br />
La pistola impugnata da Marco Barbone, un<br />
giovane della borghesia figlio di un dirigente<br />
editoriale, stronca quel mattino la vita di un<br />
leader della professione e del sindacalismo<br />
giornalistico, sposato e padre di due bimbi in<br />
tenera età. Chi lo ha condannato a morte<br />
Quali colpe ha commesso agli occhi di coloro<br />
Michela Dazzi<br />
Tener Angel<br />
di Vincenzo Ceppellini<br />
Non è una lettura, o meglio<br />
non solo, la fruizione di questo<br />
nuovo libro di poesia di<br />
Michela Dazzi, (Tener angel,<br />
dallo spagnolo, aver angelo,<br />
visione della vita che si può<br />
dire teologica), cento pagine<br />
di emozioni che non nascono<br />
da un’ambizione letteraria,<br />
ma da un atto di sofferta partecipazione<br />
e che richiedono<br />
ed offrono un altrettanto<br />
profondo atto di partecipazione.<br />
Protagonisti sono il dolore<br />
e la morte, la violenza e la<br />
guerra, la passione e il silenzio,<br />
derivati da un prelievo accurato<br />
e coraggioso dalla<br />
realtà. Le citazioni sono perciò<br />
squilli, urla, sussurri, sospiri.<br />
Sono sempre comunque<br />
citazioni di poesia, con la<br />
sintassi liberamente smontata<br />
e ricreata, le invenzioni figurative,<br />
le sintesi scintillanti,<br />
con il ritmo che crea un universo<br />
di suoni armonici e innovativi.<br />
Per far capire lo stile<br />
e il messaggio naturalmente<br />
è opportuno ricorrere agli<br />
esempi, per quanto possa<br />
concedere lo spazio. L’autrice<br />
dice ad un certo punto di volersi<br />
“confessare in poesia”.<br />
La sua poesia, che ricrea il<br />
linguaggio dal primo verso all’ultimo,<br />
ribadendo che il testo,<br />
più che letto, vuole essere vissuto,<br />
tanta è la tensione che<br />
lo ispira. Ci sono brani da recitare<br />
come preghiere, altri da<br />
urlare come proclami di battaglia.<br />
I capitoli sono sei (Africa,<br />
che sognano una rivoluzione comunista che<br />
parta da azioni esemplari, da esecuzioni a<br />
sangue freddo<br />
Nel testo della rivendicazione, un’analisi puntigliosa<br />
e dottrinaria delle tendenze in atto nel<br />
mondo dell’informazione dell’editoria, si<br />
condanna proprio il riformismo che cerca sintesi<br />
e mediazioni democratiche. Se quelli come<br />
Tobagi prevarranno, il rischio è che le masse<br />
rinuncino a prendere le armi e a seguire le<br />
avanguardie rivoluzionarie. Il documento di<br />
rivendicazione gronda dogmatismo ideologico,<br />
ma è anche ricco di informazioni di prima<br />
mano sul Corriere della Sera e sul mondo <strong>dei</strong><br />
giornali. Perciò saranno in molti a non credere<br />
che un gruppo di sei giovani assassini, dotati<br />
di un bagaglio culturale modesto, possano<br />
essere autori delle due cose, omicidio e volantino.<br />
Il processo – che porterà presto alla scarcerazione<br />
di Barbone e Morandini grazie al loro<br />
contributo all’arresto di decine di altri terroristi,<br />
giudicato importante – non ha mai chiarito<br />
questo punto. Per il volantino vengono indicate<br />
fonti che non reggono al riscontro testuale.<br />
Le testimonianze di un ex capitano<br />
<strong>dei</strong> carabinieri, raccolte e narrate<br />
dal collega Renzo Magosso, portano<br />
luce su due casi irrisolti: le carte<br />
di Moro trovate a Milano nel covo Br<br />
di via Monte Nevoso, e l’informativa<br />
che annunciava l’agguato<br />
mortale a Walter<br />
Sulla questione <strong>dei</strong> possibili mandanti si è<br />
molto scritto in questi anni. C’è chi ritiene che<br />
andrebbero ricercati in ambienti dello stesso<br />
giornalismo, o comunque dell’editoria, dove<br />
Tobagi era additato come un nemico da colpire.<br />
E c’è chi esclude di dover sfogliare l’”album<br />
di famiglia” della professione.<br />
Il retroterra politico della “Brigata 28 Marzo”<br />
non è l’unico mistero del caso Tobagi. C’è<br />
dell’altro, a partire da una nota informativa che<br />
segnalava per tempo che Barbone e il suo<br />
gruppo di giovani terroristi “in carriera” stava<br />
per sparare contro di lui. La nota giunse ai<br />
carabinieri di Milano, ma venne ignorata, sottovalutata,<br />
forse nascosta.<br />
A lungo si è negato che l’informazione confidenziale<br />
esistesse (e difatti nel processo non<br />
è mai entrata). Su di essa fa luce il libro Le<br />
carte di Moro, perché Tobagi edito da Franco<br />
Angeli e scritto a quattro mani da Roberto<br />
Arlati, ex capitano <strong>dei</strong> carabinieri che ebbe un<br />
ruolo importante nelle indagini sul terrorismo<br />
a Milano fino alla fine degli anni ‘70, e da<br />
Renzo Magosso, cronista in quegli stessi anni<br />
e oggi caporedattore ad Hachette-Rusconi. È<br />
una narrazione tutta avvenimenti; serrata<br />
come una giallo, e documentata come un<br />
verbale. Scenari, ipotesi o dietrologie non<br />
trovano posto nel testo. Chi legge può, se<br />
vorrà, trarre qualche conclusione da sé.<br />
Aiutato, magari, dall’ottima introduzione dello<br />
storico della politica Giorgio Galli, capace di<br />
illuminare in poche pagine i nessi tra cronache<br />
del terrorismo e sviluppi della politica e<br />
dell’economia in quegli anni.<br />
Tutto parte da Moro. Il rapimento in via Fani, i<br />
55 giorni di prigionia, l’intreccio mai dipanato<br />
delle carte trovate due volte, a distanza di<br />
parecchi anni, nel covo-archivio delle Br di via<br />
Monte Nevoso, a Milano, quartiere Lambrate,<br />
a ridosso della ferrovia. Fra i delitti di Moro e di<br />
Tobagi passano due anni. Nessuno li aveva<br />
collegati finora. Invece un rapporto c’è, molto<br />
particolare. Il libro lo rivela attraverso la memoria<br />
impeccabile del protagonista: il capitano<br />
Roberto Arlati.<br />
In quale lasciò l’Arma quasi 25 anni fa, poco<br />
prima che Tobagi venisse ucciso. Probabilmente<br />
– ma su questo il racconto non è esplicito<br />
– perché Arlati si era messo in cattiva luce<br />
con i suoi superiori proprio con l’operazione di<br />
via Monte Nevoso. E non perché avesse<br />
sbagliato qualcosa. Anzi: fu Arlati a scoprire<br />
l’appartamento dove le Br tenevano un archivio<br />
di una ricchezza e completezza maniacale,<br />
seguendo la difficile pista di un borsello<br />
perso a Firenze che conteneva una pistola e<br />
un mazzo di chiavi. Fu Arlati a individuare tra i<br />
frequentatori due pesci grossi delle Br, Lauro<br />
Azzolini e Nadia Mantovani. Il suo errore, per<br />
così dire, deve essere stato di non mandar giù<br />
che un suo superiore portasse via le carte di<br />
Moro appena scoperte, con la scusa di doverle<br />
fotocopiare, restituendole nel giro di qualche<br />
ora piuttosto alleggerite. Tutto, a quanto<br />
risulta, all’insaputa <strong>dei</strong> magistrati inquirenti. Da<br />
quel prelievo di carte – che si dice contenessero<br />
accuse gravi di Moro ai dirigenti Dc, e<br />
informazioni esplosive su vecchi e recenti<br />
segreti della Repubblica – partirà una stagione<br />
di sospetti, ricatti, indagini, processi e<br />
inchieste parlamentari che è ben lungi dall’essere<br />
conclusa.<br />
Dopo l’operazione di via Monte Nevoso, Arlati<br />
torna a svolgere il suo lavoro nell’Arma <strong>dei</strong><br />
carabinieri, a Milano. Il fronte di indagine è<br />
sempre quello caldo, il terrorismo.<br />
Organizza infiltrazioni di uomini dell’Arma negli<br />
ambienti che si sospetta fiancheggino i brigatisti.<br />
E ottiene alcuni successi. Tira su un brigadiere<br />
che agisce sotto copertura nel mondo<br />
dell’antagonismo. Uno capace di tenere una<br />
condotta da autentico sbandato.<br />
Il suo soprannome è Ciondolo. Senza farsi<br />
individuare procura informazioni preziose ad<br />
Arlati, che se ne avvale per neutralizzare<br />
Maternità, Gigli del campo,<br />
Mia sorella Lucy, Le ombre si<br />
allungano, Angeli) e sono ambientati<br />
in aree diverse e imprevedibili<br />
in rapporto a evocazione<br />
di paesi, di popoli, di<br />
momenti di vita, di situazioni<br />
morali o civili; sempre con una<br />
grande forza di penetrazione<br />
nell’animo del lettore. Può incuriosire<br />
la citazione del Tumbun<br />
di San Marco, a pochi<br />
passi dalla redazione del<br />
Corriere (“appena tace la notte<br />
/ le rotative traducono parole<br />
di uomini / una mansarda di<br />
sogni e di travi / appoggiata<br />
sulla nebbia di questi anni<br />
Sessanta / parole dimenticate<br />
accanto al bicchiere / parole<br />
d’inchiostro malato”).<br />
Senz’altro commuove la condizione<br />
dell’Eritrea, già celebrata<br />
in un libro precedente<br />
(Nezelà, 1998), inevitabilmente<br />
coinvolge il ricordo della<br />
prima pagina: “Ricordo appena<br />
/ ma era ieri / il bianco<br />
pagliaccio / disegna col sangue<br />
/ i confini della grande avventura<br />
/ nella terra di Cam /<br />
Una pioggia sottile di morte /<br />
brandelli di carne / liquido seminale<br />
/ epidemia di violenza.<br />
/ Io come te / bellezza di bambine<br />
/ le domande dell’infanzia<br />
/ e i giochi degli adulti /. Ho<br />
portato nella vita il mio disagio<br />
/ indossando il silenzio della<br />
paura / come non avere il diritto<br />
di sapere / oppure quelle<br />
mani ruvide sulla mia pelle /<br />
La rappresentazione di un infamia<br />
/ mi aspettava languida<br />
come tu sei. Un altro brano<br />
gioiello: “Mi porto sempre appresso<br />
il tuo sorriso / ci sono<br />
cose sai, cose dell’anima /<br />
che nessuna violenza potrà<br />
mai cancellare / guardando<br />
con gli occhi dell’anima vedrai<br />
anche tu / nascosto bene da<br />
quell’uragano che è la vita / il<br />
cielo infinitamente bello dell’amore”.<br />
Su un altro registro:<br />
“Un mondo di affamati che<br />
devono rubare / con giornali<br />
stampati a pagine economiche<br />
/ e i volti <strong>dei</strong> morti mischiati<br />
a quelli degli assassini<br />
/ i titoli neri della partita dare<br />
avere”.<br />
L’esplorazione continua nel<br />
bagno turco: “Quando sono<br />
nel bagno turco vedo il paradiso<br />
/ accade sotto l’occhio vigile<br />
della lampadina / angeli<br />
nudi offrono la loro anima alla<br />
grazia <strong>dei</strong> vapori… La lampadina<br />
del bagno turco / ha uno<br />
sguardo benevolo / che solleva<br />
dal peso del corpo”. Un altro<br />
ambiente: “Ai miei fratelli di<br />
San Vittore a memoria di un<br />
alcuni gruppi armati. Finché viene a sapere<br />
che una bada di “aspiranti brigatisti” ha nel<br />
mirino Walter Tobagi. Ciondolo conosce<br />
anche i loro nomi, a partire dal capo, Marco<br />
Barbone. Vorrebbe trasmettere la notizia al<br />
capitano Arlati, ma non può. Il suo superiore,<br />
che lo ha gestito e guidato per mesi, ha<br />
lasciato l’Arma. Ha la carriera bloccata (forse,<br />
ma il libro non lo dice, perché nel caso di via<br />
Monte Nevoso ha cercato di impedire che le<br />
carte di Moro uscissero, e adesso sa qualche<br />
cosa di troppo). In ogni modo Ciondolo non<br />
riesce più a trovare qualcuno che lo stia a<br />
sentire. Redige la sua informativa, anonima<br />
come è la prassi, ma tutto finisce in qualche<br />
cassetto. Quando si sa dell’attentato a Tobagi,<br />
Ciondolo rischia di impazzire. Si mette a<br />
rapporto con i superiori, ma non ottiene i<br />
colloqui richiesti. Gli arriva invece il trasferimento<br />
ad altri incarichi: il nucleo del Palazzo<br />
di Giustizia, poi una sperduta stazioncina ai<br />
confini con la Svizzera, poi Vicenza. Tutto fa<br />
pensare che l’informativa, rimasta inutilizzata,<br />
debba rimanere segreta. Per non dover<br />
ammettere di aver mancato di salvare l’inviato<br />
del Corriere della Sera.<br />
Infatti per i magistrati Spataro e Pomarici che<br />
hanno indagato sul delitto Tobagi l’informativa<br />
proprio non esiste (probabilmente chi la conosce<br />
nega di averla mai vista). Più tardi, nel<br />
1983, dopo che Craxi e l’Avanti! ne hanno<br />
parlato, arriva la conferma da Oscar Luigi Scalfaro,<br />
ministro degli Interni. Esiste, dice Scalfaro.<br />
E aggiunge che i carabinieri, in quanto<br />
corpo di polizia giudiziaria, avrebbero dovuto<br />
portarla a conoscenza della magistratura.<br />
Intanto però il processo è chiuso. La versione<br />
sull’informativa è cambiata: era arrivata, sì; ma<br />
tanto generica da confondersi con decine e<br />
decine di segnalazioni degli informatori su<br />
possibili atti di terrorismo.<br />
Come dire: forse l’errore c’è stato, ma era<br />
quasi impossibile non sbagliare.<br />
Qui il libro si ferma. Non trae conclusioni. Il<br />
lettore più attento troverà comunque una<br />
traccia, un inciso nel mezzo del racconto.<br />
Quando si ricorda che molti ufficiali <strong>dei</strong> carabinieri,<br />
proprio in quegli anni, sono affiliati<br />
alla loggia massonica P2. E si osserva che<br />
«Tobagi, come presidente del sindacato<br />
lombardo <strong>dei</strong> giornalisti e per di più giornalista<br />
di punta del Corriere della Sera, rappresenta<br />
un ostacolo politicamente rilevante»<br />
proprio per la P2 che tramite Calvi e l’amministratore<br />
delegato Tassan Din, ha ormai le<br />
mani sul Corriere.<br />
Comunque lo si voglia interpretare, questo<br />
libro è un’opera di giornalismo autentico. Frutto<br />
della cocciutaggine di un cronista che non<br />
smette di indagare dopo più di 20 anni, e<br />
degli scrupoli di due vecchi servitori dello<br />
Stato. Ciondolo, che come il suo capitano<br />
Arlati vive e lavora lontano dall’Italia, ha<br />
confessato a Magosso: «Mi sento in qualche<br />
modo responsabile dell’assassinio di Walter<br />
Tobagi». Chissà se qualcun altro avrà la forza<br />
di fare come lui.<br />
Roberto Arlati e Renzo Magosso,<br />
Le carte di Moro, perché Tobagi,<br />
Franco Angeli,<br />
pagine 160, euro 12<br />
ragazzo / nato nella notte di<br />
San Lorenzo / in un bombardamento<br />
che ha cancellato<br />
ogni stella / fatto uomo nel segno<br />
dell’ingiustizia / portatore<br />
di anima nel girone delle infamie<br />
/ capace quindi di vedere<br />
/ l’ottuso quadrato del mondo<br />
/ tra un’occupazione e l ‘altra<br />
tra una manetta e l’altra / passando<br />
di cella in cella fino a<br />
diventare morto / fantasma<br />
oppure anima / scomparso<br />
nel Manicomio Criminale di<br />
Aversa / tra le bianche pieghe<br />
di una camicia di forza / e finalmente<br />
libero / per sempre<br />
sarà con tutti noi / nella gioia<br />
di sapere che esiste un luogo<br />
dell’anima / dove nessuno<br />
mai potrà mai rinchiuderci”.<br />
Con questo auspicio si può<br />
lasciare il lettore a continuare<br />
la ricerca e la raccolta <strong>dei</strong><br />
molti gioielli d’ispirazione disseminati<br />
nel libro.<br />
Michela Dazzi,<br />
Tener Angel,<br />
Editrice Berti,<br />
pagine 107, euro 10<br />
ORDINE 12 <strong>2003</strong> ORDINE 12 <strong>2003</strong> 27
LA LIBRERIA DI TABLOID<br />
LIBRI<br />
IN REDAZIONE<br />
Diego Verdegiglio<br />
La Tv di Mussolini<br />
(Sperimentazioni televisive<br />
del Ventennio fascista)<br />
di Emilio Pozzi<br />
Il Ventennio con lettera iniziale<br />
maiuscola e una quarta di<br />
copertina che precisa “il grande<br />
fratello del DUCE”. È proprio<br />
vero che i titoli <strong>dei</strong> libri e le<br />
frasi stampate dall’editore per<br />
attirare lettori, possono funzionare<br />
come specchietti per<br />
le allodole, a seconda di come<br />
si pensi che tiri il vento.<br />
E poi, a parte qualche forzatura,<br />
ad uso di allodole nostalgiche,<br />
ci si accorge che il testo<br />
di Verdegiglio, che ha al<br />
suo attivo qualche volume<br />
(che non conosco ma che mi<br />
attira per gli argomenti proposti<br />
e, almeno nei titoli, suggestivi)<br />
va preso in considerazione<br />
per abbondanza di materiali<br />
di documentazione,<br />
raccolti in quattro anni di lavoro,<br />
anche se qualche riserva<br />
non può essere taciuta.<br />
In quasi cinquecento pagine,<br />
l’autore si prefigge di raccontare<br />
gli esordi della TV attraverso<br />
‘gli esperimenti che<br />
l’Eiar effettuò a Roma, Milano<br />
e Torino tra il 1939 e il 1940’.<br />
Verdegiglio ricorda artisti, presentatori,<br />
trasmissione di film,<br />
interviste sportive in studio,<br />
sketch, commediole, canzoni,<br />
imitatori, balletti e concerti. E<br />
l’apporto delle grandi aziende<br />
elettroniche italiane e straniere<br />
che intuirono l’importanza<br />
del mezzo.<br />
Per eliminare il dubbio che<br />
quanto scriverò sia viziato da<br />
pregiudizi ideologici, elenco<br />
tre buoni motivi di indulgenza<br />
da parte mia: penso di dover<br />
attribuire alle fantasie del<br />
marketing editoriale la caratterizzazione<br />
enfatica di presentazione<br />
del volume che mi<br />
ha infastidito; le inesattezze<br />
su luoghi e persone, sono da<br />
attribuirsi alla cattiva memoria<br />
di alcuni intervistati, raggiunti<br />
frettolosamente per telefono<br />
dall’autore che ha preso per<br />
buone le loro risposte; il fatto<br />
che l’autore stesso, concluda<br />
la nota di apertura chiedendo<br />
ai lettori di ‘voler segnalare errori<br />
od omissioni che dovessero<br />
trovare nel testo’. A questo<br />
punto però, poiché temo<br />
fortemente che questo volume,<br />
in mancanza di altri testi<br />
in argomento, entri acriticamente<br />
nelle bibliografie su radio<br />
e tv, ritengo opportuno offrire<br />
qualche considerazione,<br />
sperando che possano essere<br />
utili ‘istruzioni per l’uso’.<br />
L’impianto del libro, scorrendo<br />
l’indice, appare corretto, sulla<br />
base delle metodologie che<br />
contraddistinguono anche le<br />
buone tesi di laurea. Poi però<br />
una attenta lettura pone il lettore<br />
di fronte a qualche dubbio:<br />
perché due cronologie<br />
La prima comincia a pagina<br />
14 con notizie del 1846 e prosegue<br />
fino a pagina 38, citando<br />
nomi e fatti, in un arco di<br />
tempo che si ferma al 1945.<br />
La seconda, analoga, ma più<br />
diffusa, occupa 77 pagine<br />
contro le 24 della prima partecomincia<br />
con un avvenimento<br />
del 1817 e termina anch’essa<br />
nel 1945. Se il marketing, come<br />
sospetto l’ha fatta da padrone<br />
per i titoli, qui, latita l’editing,<br />
creando al lettore una<br />
faticosa operazione di rimandi.<br />
A questa prima domanda<br />
critica aggiungo altre annotazioni.<br />
Il secondo capitolo, intitolato<br />
‘La Tv, il Fascismo e la guerra’<br />
è composto da un centinaio di<br />
pagine nelle quali, collegate<br />
fra loro da poche righe di testo,<br />
si succedono lunghissimi<br />
brani di altri autori. Qui Verdegiglio<br />
si esercita nel collazionare,<br />
come un ottimo topo<br />
di biblioteca, pareri autorevoli<br />
di specialisti : una densa antologia<br />
che allinea il meglio di<br />
quanto si è già letto in questi<br />
anni sull’argomento.<br />
Saccheggiatissimi Guido<br />
Guarda, Aldo Grasso, Gianni<br />
Isola e Peppino Ortoleva, in<br />
particolare. Il capitolo si conclude<br />
con otto pagine di un<br />
memoriale di un fascista ‘epurato’<br />
supportato da testimonianze,<br />
a difesa, di colleghi e<br />
amici. Anche il terzo capitolo<br />
dedicato ai programmi della<br />
Tv Eiar a Roma, Milano e<br />
Torino segue lo stesso schema:<br />
citazioni su citazioni.<br />
L’autore riferisce, ma non si<br />
esprime.<br />
E non verifica come si usa<br />
nel buon giornalismo, confrontando<br />
più fonti, soprattutto<br />
quando le testimonianze si<br />
riferiscono a memorie infantili.<br />
Prendiamo un caso: la sede<br />
dell’Eiar in periodo repubblichino.<br />
Un intervistato parla,<br />
rispondendo a una domanda<br />
precisa di “un istituto<br />
in disuso, fuori Porta Vigentina”.<br />
Va precisato che<br />
quell’edificio era una scuola,<br />
requisita, e sul tetto erano rimasti<br />
i segnali di Croce rossa<br />
che venivano usati per indicare<br />
ospedali e scuole, ad<br />
uso <strong>dei</strong> bombardieri. Dice<br />
ancora il testimone: Le voci<br />
<strong>dei</strong> conduttori erano imponenti.<br />
“qui Radio Tevere”, la<br />
voce di Roma Libera.<br />
Facevano <strong>dei</strong> programmi con<br />
una formula modernissima<br />
che sarebbe stata ripresa<br />
dopo molti anni da Radio<br />
Montecarlo: tantissima musica<br />
(incredibilmente passava<br />
anche tanto jazz… Era un<br />
modo di fare radio che catturava<br />
noi giovani”. Tutto vero,<br />
tranne il fatto che Radio<br />
Tevere, sotto controllo <strong>dei</strong> tedeschi,<br />
trasmetteva da<br />
Milano in via Rovani, in pieno<br />
centro da dove andavano in<br />
onda le trasmissioni in tedesco<br />
per la Wehrmacht<br />
(Soldatensender), mentre il<br />
Radiogiornale era trasmesso<br />
da corso Sempione 25 (prima<br />
sede del Gruppo rionale<br />
fascista Crespi e ore sede<br />
della Guardia di Finanza) accanto<br />
al palazzo di corso<br />
Sempione 27 di Giò Ponti,<br />
già costruito ma non agibile<br />
perché privo di impianti tecnici.<br />
E una delle voci ‘profonde’<br />
era quella dell’attore Carlo<br />
D’angelo, poi processato, dopo<br />
la Liberazione e condannato,<br />
in prima istanza a dieci<br />
anni di carcere. Scarcerato<br />
dopo qualche anno, divenne<br />
uno degli attori più interessanti<br />
delle scene di prosa.<br />
Le trasmissioni radiofoniche<br />
venivano dunque diffuse da<br />
tre punti della città, particolare<br />
non trascurabile.<br />
Le imprecisioni portano poi a<br />
interpretazioni di parte, assolutamente<br />
gratuite. E qui mi riferisco<br />
ad una recensione del<br />
volume, a firma di Luca<br />
Telese apparsa sul quotidiano<br />
Il Giornale il 12 settembre<br />
scorso. L’estensore dell’articolo,<br />
ad esempio ha preso in<br />
considerazione alcune frasi riportate<br />
nel risvolto di copertina<br />
del libro (“molti pensano,<br />
infatti, che la televisione italiana<br />
sia nata con la Rai agli inizi<br />
degli anni Cinquanta”). Dando<br />
per buona questa ‘vulgata’<br />
prende lo spunto per affermare<br />
che “questo libro è senz’altro<br />
materia per gli storici, per<br />
gli appassionati, forse perfino<br />
per i nostalgici…”<br />
Indubbiamente gli storici dovrebbero<br />
leggerlo per dare<br />
qualche suggerimento all’autore<br />
sulle metodologie, ricordandogli<br />
che ‘un documento<br />
non è un monumento’ soprattutto<br />
se non viene collocato in<br />
un contesto.<br />
Diego Verdegiglio,<br />
La tv di Mussolini<br />
(Sperimentazioni<br />
televisive<br />
nel Ventennio fascista),<br />
Cooper- Castelvecchi-<br />
Roma <strong>2003</strong>,<br />
pagine 495, euro 20<br />
Antonella Pamploni Scarpa e Maria Gisella Conca,<br />
Miglioramento innovazione e benchmarking, come<br />
aumentare la competitività dell’impresa, Il Sole 24 Ore,<br />
pagine 184, euro 29,00<br />
Robert Alberti e Michael Emmons, Essere assertivi,<br />
come imparare a farsi rispettare senza prevaricare gli<br />
altri, Il Sole 24 Ore, pagine 258, euro 14,00<br />
Renato Di Lorenzo, Guadagnare in borsa con l’analisi<br />
tecnica, Il Sole 24 Ore, pagine 274,<br />
euro 17,56<br />
Luigi Vannini e Mario Vinzia, Manuale del Credit<br />
Manager, Il Sole 24 Ore, pagine 519,<br />
euro 55,00<br />
Michael R. Tyran, Gli indici aziendali, 400 numeri chiave<br />
per gestire il business, Il Sole 24 Ore,<br />
pagine 413, euro 17,95<br />
Riccardo, Maria Ludovica e Luca Vardelli, Fai di te un<br />
leader, come decidere la propria strada verso il successo<br />
e raggiungerlo, Il Sole 24 Ore, pagine 174, euro 11,00<br />
Hubert Jaoui, Tutti innovatori, strumenti e processi<br />
creativi per le imprese, Il Sole 24 Ore, pagine 187, euro<br />
24,00<br />
Giorgio Merli e Angelo Crippa, Business on demand, il<br />
prossimo paradigma, Il Sole 24 Ore, pagine 180, euro<br />
24,00<br />
Mauro Pecchenino e Felice Bonalumi, Scrivere e<br />
comunicare in azienda, Il Sole 24 Ore, pagine 132,<br />
euro 17,99<br />
Mauro Pecchenino, Organizzare gli eventi, come gestire<br />
convegni, manifestazioni, feste per la comunicazione<br />
d’impresa, Il Sole 24 Ore, pagine 102, euro 17,99<br />
Marco Bettini, Color sangue, Rizzoli, pagine 337, euro<br />
16,50<br />
Mattia Corsetto, I finanziamenti per la ricerca, Il Sole<br />
24 Ore, pagine 342, euro 40,00<br />
Antonio Rossano, Mi lagnerò tacendo, rumori e follie<br />
del giornalismo-verità, Levante editori,<br />
pagine 102, euro 10,00<br />
Maria Giulia Ferrario Landone, La mia vita con<br />
Antonio, Il Guado, pagine 68, euro s.p.<br />
Walter Giorgio Scott, Mauro Murtula, Maurizio Stecco,<br />
Manuale di Management, strategie modelli e risorse<br />
dell’impresa nell’economia digitale, Il Sole 24 Ore, pagine<br />
1390, euro 79,00<br />
Autori vari, Imprenditori eccellenti, I protagonisti dell’economia<br />
italiana raccontano se stessi, la cultura delle<br />
loro imprese, le ragioni del successo, Il Sole 24 Ore,<br />
pagine 228, euro 24,00<br />
Liliana de Curtis<br />
con Matilde Amorosi<br />
Totò femmene e malafemmene<br />
di Emilio Pozzi<br />
Credevamo fosse stato detto<br />
tutto su Totò: uomo, artista,<br />
maschera. Celebrato anche<br />
da chi, in un primo tempo,<br />
non lo aveva capito, fino in<br />
fondo, dandogli soltanto la dimensione<br />
di attore popolare,<br />
di macchietta. Nossignori,<br />
molti sono stati i ‘pentiti’ e più<br />
non l’avevano apprezzato,<br />
più hanno voluto riservargli,<br />
in ritardo, lodi e aggettivi a<br />
profusione.<br />
Ora, ad aggiungere altri elementi<br />
conosciuti magari in<br />
superficie, a livello di battute<br />
frivole e di ammiccamenti<br />
maliziosi su un aspetto di<br />
Totò, quello di ‘sciupafemmine’,<br />
ecco un libro della figlia<br />
Liliana scritto con la giornalista<br />
Matilde Amorosi (che<br />
ama essere considerata una<br />
‘totologa’ e che è già stata a<br />
fianco di Liliana per altri due<br />
volumi) che tratta con grande<br />
sincerità l’amore di Totò per<br />
l’universo femminile.<br />
Nell’introduzione, Liliana De<br />
Curtis confessa di essere<br />
stata sconcertata quando le<br />
fu proposto di toccare questo<br />
tema. “Una prospettiva che in<br />
un certo senso mi spaventava,<br />
nel dubbio che rivelare il<br />
lato più privato della sua personalità<br />
potesse essere imbarazzante<br />
o comunque difficile”.<br />
Abbandonati falsi pudori e<br />
perplessità, in oltre duecento<br />
pagine, vengono raccontati<br />
tutti gli amori di Totò, grandi e<br />
piccoli, leciti e illeciti: femmene<br />
e malafemmene. E spiega:<br />
“A qualcuno potrà sembrare<br />
strano e persino irriverente<br />
che sia io sua figlia, a rivelare<br />
i segreti più intimi di<br />
Totò, ma in casa de Curtis<br />
siamo tutti un po’ folli e mi piace<br />
corre questo rischio”.<br />
Superati, da lettori, le ritrosie<br />
a addentrarci nella sfera più<br />
privata di un personaggio<br />
(del resto il primo passo l’aveva<br />
compiuto la figlia, che diamine),<br />
ci si rende conto che<br />
in effetti il racconto aiuta a capire<br />
Totò, la sua natura sincera<br />
e l’irrefrenabile e sano<br />
amore per la donna (‘a femmena<br />
è ’na cosa troppo bella…<br />
è stato nu’ lavoro e ‘fantasia….<br />
è stata ‘na magnifica<br />
trovata).<br />
Il libro si snoda attraverso diverse<br />
chiavi: qualche volta a<br />
parlare è lo stesso Totò, qualche<br />
altra la figlia Liliana, in altri<br />
momenti subentra, cronisticamente,<br />
Matilde Amorosi;<br />
si passa da episodi noti declinando<br />
virtù e vizi di molti personaggi,<br />
(Anna Magnani è<br />
particolarmente presa di mira,<br />
ma si parla anche di<br />
Silvana Pampanini, di Ingrid<br />
Bergman, di Delia Scala) all’interpolazione<br />
di brevi citazioni,<br />
tratte da poesie o battute<br />
di film che, nel contesto acquisiscono<br />
nuova luce e significato.<br />
Il filo è molto tenue<br />
e cambia anche di colore; ne<br />
esce un manualetto sul come<br />
si può amare, sui molti significati<br />
di un sentimento che, al<br />
di la della passione e dell’erotismo,<br />
si nobilita, svelando tenerezze<br />
impreviste. C’è amore<br />
e amore, si sa e una nicchia<br />
non contaminata accoglie,<br />
tra luci e ombre di un<br />
rapporto non sempre facile,<br />
la storia che ha come protagonisti<br />
Antonio De Curtis e la<br />
madre Anna Clemente, una<br />
presenza fondamentale, comunque.<br />
Anche la vicenda di Liliana<br />
Castagnola, suicida per amore<br />
di Totò, è qui rievocata con<br />
un arbitrio narrativo originale<br />
(è lui stesso, a parlarne, in<br />
prima persona, come in un<br />
diario intimo, ma la scrittura è<br />
della figlia Liliana che ha ricostruito<br />
ogni particolare attraverso<br />
le sue confessioni alla<br />
moglie Diana e a lei stessa).<br />
Ci sono alcune altre pagine<br />
che, meriterebbero di essere<br />
sviluppate: in particolare i ritrattini<br />
di alcune figure come<br />
quelle di Armanda, Vincenza,<br />
Colombina, Maria, la ‘mamma<br />
<strong>dei</strong> cani’, la vedova esosa,<br />
la mamma infelice.<br />
E in alcune storie, la sincerità<br />
è spinta all’estremo, crudezza<br />
quasi crudele, come<br />
quando fu attratto da una giovane<br />
violoncellista, bellissima,<br />
con grandi occhi celesti,<br />
ma che aveva un piccolo difetto<br />
fisico (zoppicava leggermente).<br />
Sguardi inequivocabili,<br />
bigliettini, appuntamento.<br />
Approcci erotici, frenati da<br />
una confessione: la ragazza<br />
aveva una gamba di legno. E<br />
qui subentra il racconto di<br />
una notte d’amore che ha come<br />
sfondo, non l’imbarazzo<br />
di una situazione per lo meno<br />
grottesca, bensì un tocco di<br />
grande umanità. Su questo<br />
lato del carattere e sulla sua<br />
generosità mentale e concreta,<br />
il libro elenca molti episodi,<br />
indubbiamente meno imbarazzanti.<br />
Il volume si conclude con<br />
molte testimonianze di ammiratrici,<br />
appassionate lettere<br />
d’ammirazione e d’amore,<br />
per lo più. Come in sostanza<br />
un atto d’amore, di una figlia<br />
verso un padre celebre e<br />
‘iperprotettivo’, che fa conoscere<br />
un altro Totò, è tutto il libro<br />
E alla fine, stampata con<br />
caratteri più grandi, una sua<br />
frase sulla quale non si può<br />
non concordare: “SONO VI-<br />
VO, VIVISSIMO, STRAVI-<br />
VO!”<br />
Liliana de Curtis con<br />
Matilde Amorosi,<br />
Totò, femmene<br />
e malafemmene,<br />
Rizzoli, Milano <strong>2003</strong>,<br />
pagine 236, euro 12,50<br />
28 ORDINE 12 <strong>2003</strong>
DOSSIER<br />
Intrighi, retroscena e colpi di mano.<br />
Dietro le quinte della “150/2000”<br />
di Franz Foti<br />
Appare sarcastica e ironica l’impietosa<br />
rassegna di fatti e situazioni nelle quali è<br />
maturata la legge sulla comunicazione che<br />
avrebbe dovuto rivoluzionare il modo di<br />
essere della pubblica amministrazione. E<br />
intrighi, retroscena e colpi di mano per affossare<br />
questa legge, nata nel giugno del 2000,<br />
si susseguono, appunto, come nella trama<br />
<strong>dei</strong> gialli politici di marca nostrana. Sembra<br />
la tela di Penelope. Renzo Santelli e Vincenzo<br />
Perone, in questo volume, ne raccontano<br />
di cotte e di crude, talvolta rasentando l’inverosimile.<br />
In genere tutte le leggi aderiscono<br />
alla curvatura e alle deformazioni degli itinerari<br />
parlamentari. Colpi di scena, marce<br />
indietro, imboscate procedurali, agguati<br />
consumati a colpi di comma. Insomma, alla<br />
canna fumante della pistola <strong>dei</strong> gialli classici,<br />
si sostituisce il cupo inchiostro delle deformazioni<br />
del mondo politico parlamentare<br />
italiano, con appendici sindacali. Si potrebbe<br />
dire ingredienti classici, ormai logori. Invece<br />
si sta parlando di una legge che è destinata<br />
ad estendere i margini della democrazia e<br />
della partecipazione nel rapporto pubblica<br />
amministrazione-cittadini. Una legge che<br />
stabilisce tre strutture fondamentali nella<br />
nomenclatura della comunicazione pubblica:<br />
il portavoce, l’ufficio per le relazioni con il<br />
pubblico e l’ufficio stampa.<br />
MOBILITAZIONE POLITICA<br />
E CONFLITTI<br />
Per il varo di questa legge, una delle poche,<br />
si è vista un’alleanza quasi innaturale fra<br />
maggioranza, allora dì centrosinistra, e<br />
minoranza di centrodestra. Ci hanno messo<br />
le mani due ministri, Bassanini e Frattini, due<br />
sottosegretari, Minniti e Cananzi, Associazioni<br />
<strong>dei</strong> comunicatori, la Fnsi con Paolo<br />
Serventi Longhi, Lorenzo Del Boca presidente<br />
dell’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
Centrali sindacali confederali, la Corte <strong>dei</strong><br />
conti, e tante altre strutture. Si sono mobilitati<br />
i pezzi di artiglieria pesante delle forze politiche:<br />
Di Bisceglie, Giulietti, Alveti, La Loggia,<br />
Mancino, Parisi, Villone, Schifani. E quando i<br />
giochi sembravano già chiudersi, riesplodevano<br />
i colpi di mano che si consumavano<br />
dietro le quinte, nelle lobby di partito e,<br />
soprattutto, dentro i mille tentacoli dell’indomabile<br />
burocrazia dello stato e degli enti<br />
pubblici. Le tribune da cui venivano lanciati i<br />
messaggi “forti” o i cambiamenti di rotta<br />
erano soprattutto la Fiera di Bologna<br />
(Compa) e le commissioni parlamentari.<br />
Quando il carro delle decisioni parlamentari<br />
subiva frenate brusche, i giornalisti impegnati<br />
negli uffici stampa ricorrevano agli appuntamenti<br />
di massa. Il primo si è svolto il 2 aprile<br />
del 1998 nella sala “Walter Tobagi” della<br />
Federazione nazionale della stampa. La<br />
seconda spallata alle resistenze per il varo<br />
della legge si verificò il 28 gennaio del 1999<br />
al Residence Ripetta di Roma. Fnsi e Associazione<br />
<strong>dei</strong> comunicatori coniarono lo<br />
slogan “Comunicatori e uffici stampa, subito<br />
la legge”. La sala era stracolma. Fu un gran<br />
successo per le aspettative <strong>dei</strong> giornalisti<br />
degli uffici stampa. Nel marzo del 1999<br />
sembrava che tutto dovesse filare per il<br />
meglio. Così non era. Ci volle l’ultimo assalto<br />
di massa alle resistenze parlamentari. Si<br />
consumò il 16 marzo del 2000 al cinema<br />
Capranichetta, sempre a Roma, vicino a<br />
Montecitorio. Il 7 giugno del 2000, la legge<br />
finalmente viene votata.<br />
IL GIOCO DEI COLPI BASSI,<br />
L’INDIGNAZIONE DI FRANCO ABRUZZO<br />
Finalmente si stabilisce la funzione del portavoce<br />
che può coadiuvare l’organo di vertice<br />
di un’amministrazione, con compiti di diretta<br />
“Delitto imperfetto”<br />
di Renzo Santelli e Vincenzo Perone.<br />
Una ironica e impietosa rassegna<br />
di fatti e situazioni che hanno portato<br />
all’approvazione della legge<br />
sulla comunicazione pubblica e che ne<br />
ritardano l’applicazione. Comunicatori<br />
e giornalisti vivono le stesse sofferenze:<br />
quale via d’uscita<br />
collaborazione per i rapporti politici e istituzionali<br />
con il mondo dell’informazione. Potrà<br />
essere assunto dall’esterno e non essere<br />
necessariamente un giornalista. Poi vengono<br />
delineate le figure dell’ufficio stampa: il<br />
coordinatore, capo ufficio stampa, e gli<br />
addetti stampa che possono essere reperiti<br />
nell’organico delle singole amministrazioni o<br />
assunti dall’esterno, purchè iscritti all’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti. Per i piccoli comuni è previsto<br />
che si possa costituire un ufficio stampa in<br />
“service”, una specie di consorzio nell’ambito<br />
dello stesso comprensorio. Chiusa la partita<br />
e nella attesa del regolamento di attuazione<br />
della legge si apre il fuoco di sbarramento.<br />
Il primo a infuocare la polemica è Mario<br />
Pirani – Repubblica, 4 dicembre 2000.<br />
Comincia a parlare di “leggina”, dispregiativo<br />
usato nei confronti delle leggi parlamentari di<br />
stampo clientelare e corporativo. Legge che<br />
serve a sistemare numerosi giornalisti rimasti<br />
disoccupati in seguito alla crisi d’alcune<br />
testate. Il tiro viene anche orientato verso gli<br />
editori, colpevoli di voler scaricare gli oneri<br />
sullo Stato, e sull’Inpgi che deve salvaguardare<br />
i suoi equilibri finanziari. Ma il colpo più<br />
duro Pirani lo sferra contro l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
e altri organismi di rappresentanza<br />
sindacale verso i quali si esprime con estrema<br />
durezza: “lascito dell’ordinamento corporativo<br />
fascista che… impedisce l’accesso alla<br />
professione … limitando … la stessa libertà<br />
di stampa. Per contro esercita un’impropria<br />
funzione di repressione (espulsione Vittorio<br />
Feltri)”. E conclude definendola legge illiberale<br />
e corporativa. Posizioni analoghe,<br />
sostengono Santelli e Perone, vengono affermate<br />
da Fassino e dal Ferpi capeggiato da<br />
Muzi Falcone. A questo punto la sollevazione<br />
<strong>dei</strong> giornalisti degli uffici stampa pubblici<br />
scatta con rapidità e disappunto. Franco<br />
Abruzzo, presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia s’indigna più di altri.<br />
Prende carta e penna e scrive con profondo<br />
rammarico a Mario Pirani una lettera in cui<br />
smonta punto per punto le posizioni del<br />
collega. In effetti, rileva Franco Abruzzo,<br />
nessuna delle preoccupazioni di Pirani ha<br />
avuto riscontro nella realtà. “Non è stato<br />
assunto alcun giornalista in condizione di<br />
disoccupazione. Un apposito accordo con<br />
l’Aran permette l’iscrizione all’<strong>Ordine</strong> anche<br />
ai dipendenti che hanno svolto la funzione di<br />
giornalista negli uffici stampa con un percorso<br />
mirato di formazione professionale”. Il<br />
dibattito diventa rovente e scendono in<br />
campo anche Paolo Serventi Longhi, segretario<br />
Fnsi, e Alessandro Rovinetti, segretario<br />
dell’Associazione di comunicazione pubblica<br />
e istituzionale.<br />
IL CERCHIO SI CHIUDE<br />
Il cerchio finalmente si chiude con il varo del<br />
regolamento attuativo della legge che mette<br />
fine a molte inutili e pregiudiziali polemiche. Il<br />
volume di Santelli e Perone si completa con<br />
tre autorevoli interventi politici: Raffaele<br />
Cananzi, Franco Frattini e Antonio Di Bisceglie.<br />
Si tratta di un volume che i due autori<br />
hanno curato con particolare attenzione,<br />
soprattutto nella ricostruzione minuziosa <strong>dei</strong><br />
fatti e <strong>dei</strong> misfatti. Un lavoro che proietta un<br />
cono di trasparenza sulla legge che fino ad<br />
ora non si era mai visto. Delitto Imperfetto è<br />
andato già sotto le lenti di un esperto di<br />
comunicazione pubblica e segretario nazionale<br />
Uil del ministero della Comunicazione:<br />
Gennaro Scarpato. Il sindacalista condivide<br />
la ricostruzione che i due autori hanno<br />
prodotto nei confronti della legge 150/2000<br />
e, però, ne segnala i confini molto stretti. “<br />
Manca uno sguardo attento alla condizione<br />
<strong>dei</strong> comunicatori pubblici che ancora non<br />
godono, come i giornalisti, di alcun’area di<br />
contrattazione. Ci sono circa 100 comunicatoti<br />
pubblici usciti dalla scuola superiore della<br />
pubblica amministrazione di Bologna che<br />
non trovano riconoscimento negli organigrammi<br />
<strong>dei</strong> ministeri e degli enti. Quindi non<br />
solo il giornalista rischia di essere un<br />
“marziano”. Il comunicatore viene configurato<br />
come “il nemico critico” <strong>dei</strong> colleghi, colui<br />
che con l’organizzazione della comunicazione<br />
costringe alla cessione di sovranità del<br />
potere individuale e collettivo. Mancano, in<br />
effetti, aree di contrattazione e piante organiche.<br />
Ritardi gravi che i prossimi contratti<br />
dovranno colmare. Ma mancano anche alcuni<br />
adempimenti previsti dalla legge e dal<br />
regolamento: la destinazione del 2% del<br />
bilancio di ciascun ente e ministero per la<br />
comunicazione. È del tutto assente una reale<br />
valutazione <strong>dei</strong> dirigenti in rapporto ai risultati<br />
conseguiti nella comunicazione. E sono<br />
poche le strutture che hanno predisposto il<br />
piano della comunicazione. C’è dunque un<br />
ritardo di tipo contrattuale unitamente a un<br />
ritardo di tipo culturale che si sta perpetuando<br />
lasciando lavorare certa dirigenza come<br />
se la legge non esistesse. Tutto, per loro,<br />
procede come se decenni di pressione per<br />
cambiare pagina non fossero mai esistiti. E<br />
poi, che fine ha fatto l’area <strong>dei</strong> professionisti<br />
dentro la quale si potranno collocare giornalisti<br />
e comunicatori “ In definitiva, comunicatori<br />
e giornalisti vivono le medesime sofferenze.<br />
Per loro l’unica via d’uscita è il contratto<br />
nazionale di lavoro, dentro cui si dovrà<br />
dare una sterzata seria all’applicazione organica<br />
della legge altrimenti i rischi di riassorbimento<br />
dell’innovazione diventeranno facile<br />
strumento nelle mani sapienti della burocrazia<br />
centrale e periferica.<br />
Renzo Santelli e Vincenzo Perone,<br />
Delitto imperfetto,<br />
Centro Documentazione <strong>Giornalisti</strong>ca,<br />
pagine 160, euro 15<br />
Armando Torno<br />
La moralità<br />
della violenza<br />
di Mario Pancera<br />
La violenza non è morale,<br />
non ha quindi una moralità, è<br />
inaccettabile. Il sottotitolo di<br />
questo libro, Considerazioni<br />
sul male della storia, spiega<br />
da solo che il titolo è un drammatico<br />
gioco di parole.<br />
L’autore se ne serve non soltanto<br />
per attirare l’attenzione<br />
del pubblico, ma anche per<br />
svelare il sottofondo del suo<br />
testo: l’uomo ritiene che la<br />
violenza abbia - talvolta o<br />
sempre - una giustificazione,<br />
cioè sia accettabile e, anzi,<br />
addirittura giusta. La moralità<br />
consiste dunque nel riflettere<br />
sull’immoralità.<br />
Armando Torno, che come si<br />
desume dal “Congedo” finale<br />
è di profonda convinzione cristiana,<br />
svolge il suo esame<br />
con mano leggera ma precisa,<br />
ben sapendo che sull’argomento<br />
esistono intere biblioteche.<br />
Lo chiama piccolo<br />
viaggio intorno alla violenza,<br />
utilizzando tuttavia una serie<br />
numerosa di fonti sempre importanti,<br />
con esempi che attraversano<br />
i secoli.<br />
La violenza è in quasi tutti i<br />
gesti umani, perfino nei pensieri.<br />
E la guerra la porta ai<br />
vertici. Noi giornalisti sappiamo<br />
come la violenza si diffonda,<br />
più o meno subdolamente,<br />
attraverso gli strumenti<br />
stessi del nostro lavoro.<br />
Vivamo - direi, che l’uomo è<br />
sempre vissuto - nel cinismo<br />
più spietato, che a volta a volta<br />
si insinua nell’individuo e<br />
nella società attraverso forme<br />
presentate come la Verità, la<br />
Benevolenza, il Ringraziamento,<br />
la Riconoscenza, il<br />
Benessere e via di questo<br />
passo, fino all’invocazione<br />
blasfema, ripetuta in questi<br />
mesi anche in Occidente,<br />
che “Dio è con noi”. È uno<br />
scandalo che ci si accaparri<br />
Dio per fare una guerra, ma è<br />
ugualmente scandaloso che<br />
non lo si denunci: in questo<br />
modo la violenza diventa costume.<br />
I misteri degli scandali sono<br />
una matassa che il cinismo<br />
dipana con un sorriso, come<br />
a presentarceli a cielo aperto<br />
affinché, appunto, non si<br />
parli di scandali, ma di cronaca,<br />
di fatti dovuti: dovuti,<br />
anzi, per il bene, se non addirttura,<br />
per la sopravvivenza<br />
generale, di una comunità,<br />
di uno Stato, di una<br />
confessione religiosa, dell’universo<br />
mondo. Si fondano<br />
imperi finanziari sulle truffe,<br />
sui raggiri delle leggi, sulla<br />
compravendita delle coscienze;<br />
si combattono guerre<br />
contro nemici di pura invenzione,<br />
si divulgano attraverso<br />
i mass media notizie<br />
false per coprir precedenti<br />
notizie ugualmente menzognere<br />
in una spirale senza fine,<br />
in cui sono violentati i<br />
corpi e le intelligenze e lo<br />
spirito degli indivdui e delle<br />
nazioni.<br />
La tentazione, a questo punto,<br />
è di parlare delle cose di<br />
casa e di quelle internazionali,<br />
ma il cinismo è talmente<br />
diffuso e chiaro - in particolare,<br />
è chiaro ai lettori di<br />
Tabloid, professionisti che<br />
ogni giorno si confrontano<br />
con l’essenza della vita - che<br />
mi sembra inutile percorrere<br />
questa strada. Siamo in mezzo<br />
alla violenza. Gesù, come<br />
ricorda Torno, fu consegnato<br />
alla violenza rispettando le<br />
leggi. E con cinismo si presentò<br />
la sua morte come voluta<br />
dai fatti, dal bene superiore<br />
di una comunità (o Stato<br />
o Impero o altro).<br />
Si apprende dai giornali che<br />
oggi siamo arrivati a sbarbare<br />
i morti figli dell’irakeno<br />
Saddam Hussein per presentarli<br />
in due versioni, affinché<br />
i morti assomiglino proprio<br />
a quei vivi che erano stati<br />
conosciuti. Un teatro. Un clamoroso<br />
falso accertato all’inizio<br />
della guerra americana<br />
contro l’Iraq (cattura e lberazione<br />
di una giovane soldatessa)<br />
è poi ridiventato vero<br />
con i festeggiamenti nella sua<br />
città natale. Non credo alle<br />
mie orecchie: si fa un monumento<br />
su un eroe che non<br />
esiste, mentre si dovrebbe<br />
consegnare alla Storia un<br />
monumento alla verità calpestata<br />
in nome della violenza.<br />
Il cinismo (del potere, del denaro,<br />
dell’orgoglio, di tutte<br />
queste e altre cose messe<br />
assieme) ci pone davanti le<br />
maschere per nascondere la<br />
dolorosa realtà, e per almeno<br />
un motivo: perché, conoscendola,<br />
potremmo migliorarla<br />
in nome e nell’interesse<br />
di tutti; anche <strong>dei</strong> soldati che<br />
vanno in guerra perché, come<br />
hanno dichiarato loro<br />
stessi, non sanno come altrimenti<br />
vivere.<br />
Potenza delle parole, vanno<br />
a morire per vivere. Addirittura<br />
il Pentagono avrebbe<br />
inventato una specie di<br />
lotteria, con società da quotare<br />
a Wall Street, sulle previsioni<br />
di possibili attentati terroristici.<br />
La morte come un<br />
gioco a scopo di profitto.<br />
“La violenza si camuffa, cambia<br />
continuamente aspetto,<br />
si placa per ripresentarsi più<br />
forte”, ricorda Torno al termine<br />
del suo rapido e intelligente<br />
excursus: “Se si potesse<br />
dare un’occhiata al suo guardaroba<br />
scopriremmo mille<br />
maschere, adatte a tutte le<br />
occasioni. Le indossa ogni<br />
giorno. Non la riconosciamo”.<br />
Impalare i cristiani a<br />
Roma e dargli fuoco come a<br />
torce per illuminare le vie dell’imperatore<br />
non è diverso<br />
che assassinare di nascosto<br />
migliaia di avversari politici o<br />
religiosi né di eliminarli davanti<br />
alle telecamere con<br />
tanks, elicotteri, missili e<br />
bombe al plutonio (ultima<br />
maschera) impoverito.<br />
Armando Torno,<br />
La moralità<br />
della violenza,<br />
Saggi Mondadori,<br />
pagine 140, euro 17<br />
ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />
29
Giampaolo Pansa<br />
Il sangue <strong>dei</strong> vinti<br />
LA LIBRERIA DI TABLOID<br />
di Gigi Speroni<br />
Trovandomi tra le mani l’ultimo<br />
libro di Giampaolo Pansa,<br />
Il sangue <strong>dei</strong> vinti, Quello che<br />
accadde in Italia dopo il 25<br />
aprile, ho rivisto, una volta<br />
ancora, quel film di quasi sessant’anni<br />
fa. I miei erano sfollati<br />
in provincia di Varese, a<br />
Lozza. Per raggiungere l’unica<br />
posteria del paese (gestita<br />
dalla nonna di Roberto Maroni)<br />
dovevo percorrere la<br />
strada che dalla valle sale sino<br />
alla piazza costeggiando il<br />
cimitero nascosto dietro una<br />
curva. E fu in quel preciso<br />
momento, nell’atto d’affrontare<br />
la curva, che m’investì lo<br />
scroscio d’una furiosa grandinata.<br />
Erano spari. Pochi passi,<br />
e davanti m’apparve il muro<br />
grigio del cimitero crivellato<br />
dai buchi neri <strong>dei</strong> proiettili che<br />
non erano finiti sui corpi<br />
scomposti di alcuni uomini in<br />
abiti civili, fermati nell’atto della<br />
morte. A sinistra, su un camion<br />
col motore acceso stavano<br />
risalendo alcuni partigiani<br />
col fazzoletto rosso al<br />
collo. Uno di loro, alto, magrissimo,<br />
i baffi neri, nota quel<br />
ragazzino dall’aria stupefatta,<br />
con la borsa per la spesa che<br />
gli ciondola dalla mano.<br />
L’unico testimone. Rivedo vicinissimo<br />
il suo volto sconvolto<br />
dalla tensione mentre si<br />
china su di me. Con la mano<br />
destra fa l’atto di tagliarsi la<br />
gola e urla: «Se quelli ieri ci<br />
prendevano …» Poi balza sul<br />
camion che già si sta avviando<br />
verso la piana. Rimango<br />
solo davanti a quei cadaveri.<br />
Li conto meccanicamente: tre<br />
ai piedi del muro, il quarto più<br />
distante, verso il bosco, colto<br />
nel disperato tentativo di<br />
sfuggire al suo destino quando<br />
una sventagliata di mitra<br />
l’aveva freddato dando il via<br />
alla tempesta di fuoco.<br />
Ora tutto è silenzio. Sono impietrito,<br />
senza pensieri, poi<br />
voci sempre più forti e vicine<br />
mi risvegliano dal torpore: dal<br />
paese sta scendendo un popolo<br />
eccitato per celebrare la<br />
festa dell’orrore. Questo il mio<br />
film che non potrò mai dimenticare.<br />
Anche a Giampaolo<br />
Pansa quei giorni sono rimasti<br />
nella memoria. Aveva nove<br />
anni e mezzo quando,<br />
spinto dalla curiosità, volle<br />
assistere ai processi <strong>dei</strong> fascisti<br />
catturati nella sua città,<br />
Casale Monferrato.<br />
“Quello che vidi non l’ho più<br />
dimenticato. Tutta la furia e<br />
tutto il dolore della guerra civile<br />
sembravano essersi scaricati<br />
sulla folla che saliva di<br />
corsa le scale. E avanzava<br />
verso l’aula a forza di spinti e<br />
pugni, urlando, imprecando,<br />
sacramentando contro questo<br />
o quel fascista atteso in<br />
manette nel gabbione….<br />
Quando mi venne chiesto<br />
perché dopo aver scritto tanto<br />
sulla Resistenza e sui partigiani,<br />
mi sono deciso a occuparmi<br />
<strong>dei</strong> fascisti sconfitti,<br />
ho pronta più di una spiegazione.<br />
Ma forse la spinta vera<br />
mi è venuta da molto lontano:<br />
da me stesso bambino che<br />
voleva vedere i processi <strong>dei</strong><br />
neri. Senza rendermene conto,<br />
scoprii allora che c’erano<br />
pure loro, essere umani come<br />
tutti, nel bene e nel male,<br />
anche se avevano scelto di<br />
combattere per una causa<br />
che, ancora oggi, giudico<br />
sbagliata. È stato quel bambino<br />
a prendermi la mano. E a<br />
portarmi all’incontro da cui è<br />
nato questo lungo viaggio tra<br />
il sangue <strong>dei</strong> vinti.”<br />
L’incontro è un espediente<br />
letterario che Pansa ha già<br />
usato nel suo precedente libro,<br />
quando spacciò come ricordi<br />
di una donna i documenti<br />
da lui trovati per ricostruire,<br />
con I figli dell’Aquila,<br />
la storia <strong>dei</strong> fascisti di Salò.<br />
Sino al 25 aprile.<br />
Adesso è “Livia Bianchi l’unico<br />
personaggio immaginario<br />
di questo libro, la bibliotecaria<br />
di Firenze che mi affianca<br />
nell’inchiesta sulla resa <strong>dei</strong><br />
conti dopo il 25 aprile. Tutto il<br />
resto è vero. Ed è accaduto<br />
realmente in molte province<br />
dell’Italia del Nord, tra il maggio<br />
del 1945 e la fine del<br />
1946, e in qualche caso anche<br />
più in là”.<br />
Su quel che è accaduto molto<br />
è già stato scritto e documentato,<br />
soprattutto da destra<br />
(Giorgio Pisanò, Arturo<br />
Assante e Mino Caudana, lo<br />
stesso Guareschi, Indro<br />
Montanelli, e via dicendo) ma<br />
erano voci fuori dal coro di<br />
una sinistra culturalmente,<br />
storicamente, predominante.<br />
Ben diverso sarebbe stato se<br />
un noto giornalista e scrittore<br />
di sinistra dopo cinquant’anni<br />
avesse deciso di steccare<br />
fuori da quel coro. Pansa l’aveva<br />
previsto. Si intervista tramite<br />
l’immaginaria Livia: “…il<br />
libro che lei vuole scrivere le<br />
attirerà una tempesta di critiche…<br />
L’accuseranno di rivalutare<br />
i fascisti, come vittime<br />
di tante vendette difficili da<br />
giustificare. Le rinfacceranno<br />
il suo scarso senso dell’opportunità,<br />
perché fa il gioco<br />
degli altri, della destra che è<br />
al potere in Italia… Alzai le<br />
spalle… Posso fare, per una<br />
volta, l’uomo sicuro di sé<br />
Bene: me ne infischio! Voglio<br />
provare a scrivere un libro sereno<br />
anche quando racconta<br />
gli orrori messi in scena dai<br />
propri antenati. Di tutto il resto<br />
non m’importa niente”.<br />
Questo, dunque, andando al<br />
nocciolo, è Il sangue <strong>dei</strong> vinti:<br />
innanzitutto una intelligente<br />
operazione di marketing.<br />
Il sangue <strong>dei</strong> vinti scorre copioso<br />
in 380 pagine di episodi<br />
orrendi, agghiaccianti, in parte<br />
già documentati, ma da<br />
scrittori di destra che non facevano<br />
notizia, e qui raccontati<br />
da un giornalista che già<br />
gode (giustamente) di una<br />
notevole popolarità. E ben sa,<br />
stavolta, di offrire una provocazione<br />
da sinistra alla sinistra.<br />
Raccontando, come sostiene<br />
nella premessa “fatti<br />
che la storiografia antifascista<br />
ha quasi sempre ignorato di<br />
proposito, per opportunismo<br />
partitico o per faziosità ideologica”.<br />
Per un’opera del genere dove<br />
i fatti sono inoppugnabili e<br />
raccontati con un tratto<br />
asciutto, robusto, la recensione<br />
tradizionale si ferma qui.<br />
Che altro dire, infatti sul piano<br />
stilistico e <strong>dei</strong> contenuti Ma,<br />
visto che questo è un mensile<br />
che arriva in coda a lenzuolate<br />
di interviste all’autore<br />
e di polemiche tra gli addetti<br />
ai lavori, mi sembra interessante<br />
registrare il lancio di un<br />
libro diventato in poche settimane<br />
un bestseller anche<br />
grazie alle critiche ricevute<br />
dalla sinistra più conservatrice.<br />
La prima a muoversi era<br />
stata la presidenza dell’Anpi<br />
che il 10 ottobre, quattro giorni<br />
prima dell’uscita del volume<br />
“con riserva di ulteriori valutazioni<br />
successive all’esatta<br />
conoscenza del libro” prevedendo<br />
che Il sangue <strong>dei</strong> vinti<br />
è “destinato a suscitare polemiche<br />
e strumentalizzazioni<br />
in buona parte legate al momento<br />
particolare che il nostro<br />
Paese sta attraversando”,<br />
riteneva “necessario precisare<br />
che le violenze e uccisioni<br />
che si verificarono nel<br />
periodo immediatamente<br />
successivo alla Liberazione<br />
furono originate dal feroce e<br />
sanguinoso dominio nazista<br />
affiancato dal volonteroso e<br />
spietato collaborazionismo<br />
del secondo fascismo, quello<br />
di Salò”… dalla “enorme<br />
somma di sofferenze e di orrori<br />
che quella occupazione e<br />
quel regime avevano imposto<br />
al nostro Paese. Una sorta di<br />
“reazione “fisiologa” come è<br />
stata storicamente definita”.<br />
All’Anpi il libro non l’avevano<br />
ancora letto, ma nelle redazioni<br />
sì, visto che, sempre il<br />
10 ottobre, Il sangue <strong>dei</strong> vinti<br />
è già tracimato a tutta pagina<br />
sui maggiori quotidiani. Il<br />
Corriere della Sera (Il 25 aprile<br />
degli sconfitti. Cronaca di<br />
un massacro); La Stampa<br />
(Pansa, i giorni della vendetta):<br />
L’Unità (Pietà l’è morta.<br />
Operazione verità o forzatura<br />
polemica). Scrive Bruno<br />
Gravagnuolo “Abbiamo fatto<br />
notte fonda per finire il dannato<br />
libro degli orrori… Quel<br />
che non quadra è l’ottica, un<br />
lungo piano sequenza monocorde<br />
sulla furia antifascista.<br />
Come se fosse venuta dal<br />
nulla… Scompaiono quasi<br />
del tutto gli antecedenti, una<br />
nazione spezzata, piagata,<br />
violentata dalla «guerra ai civili<br />
» <strong>dei</strong> nazifascismi”. È lo<br />
stesso concetto espresso<br />
dall’Anpi.<br />
La Repubblica ha un titolo<br />
asettico: “Quei fascisti uccisi<br />
dopo il 25 aprile”. Non così è<br />
il pezzo di Simonetta Fiori: “ È<br />
una pagina orrenda della storia<br />
italiana del Novecento.<br />
Storie di impiccati e traditori,<br />
di stupri e torture, di fucilazioni<br />
di massa ed efferatezze<br />
gratuite, di cadaveri irrisi e<br />
violati, della furia vendicativa<br />
che travolse il Nord Italia alla<br />
fine della guerra. Storie laceranti<br />
e dolorose perché nelle<br />
vesti di aguzzini e seviziatori,<br />
tra il maggio del 1945 e la fine<br />
del 1946 (talvolta anche più<br />
in là) s’incontrano alcuni <strong>dei</strong><br />
partigiani che avevano liberato<br />
il paese da nazisti e fascisti.<br />
… Per quasi sessant’anni<br />
questa vicenda è rimasta avvolta<br />
in un velo di reticenze e<br />
di silenzi imbarazzati. La racconta<br />
ora, con la passione<br />
storiografica degli esordi e la<br />
limpidezza del narratore sapiente”…<br />
ecc, ecc.<br />
Il giorno dopo, Giorgio Bocca,<br />
ex partigiano e firma eccellente<br />
di Repubblica si fa intervistare<br />
per Liberazione da un<br />
Beppe Lopez che lo descrive<br />
“pur pacatamente furibondo”.<br />
Per Bocca «La verità è che<br />
siamo di fronte a un voltagabbana,<br />
a un personaggio politicamente<br />
inaffidabile…<br />
Robaccia e menzogne già<br />
scritte e riscritte… Anche in<br />
questi tempi di opportunisti e<br />
voltagabbana dovrebbe esserci<br />
qualche limite.<br />
Perlomeno di decenza e di<br />
dignità personale. Con questo<br />
libro invece Pansa si è voluto<br />
mettere in sintonia con gli<br />
istinti più bassi di una opinione<br />
pubblica ottimamente rappresentata<br />
dal cavalier Berlusconi.<br />
…Chissà se Pansa<br />
non crede in cuor suo di mettersi<br />
così sulla buona strada<br />
per diventare direttore del<br />
Corriere della Sera».<br />
Il “voltagabbana” doveva avere<br />
altre aspirazioni: un mese<br />
dopo firmava come editorialista<br />
su Repubblica. Guarda la<br />
vita. Mi fermo qui, a prima<br />
che libro fosse sugli scaffali.<br />
Poi fu un diluvio di pro e contro,<br />
interviste e dibattiti che<br />
hanno coinvolto tutta l’intellighenzia<br />
nostrana. L’unico che<br />
non poteva più parlare era<br />
Indro Montanelli. Comunque<br />
la sua opinione l’aveva<br />
espressa, giusto vent’anni fa,<br />
nel libro L’Italia della guerra<br />
civile scritto con Mario Cervi.<br />
“È impossibile seguire i molti<br />
altri destini, tragici e non, che<br />
l’ondata della liberazione travolse.<br />
Questo periodo ebbe<br />
l’ambizione d’essere rivoluzionario;<br />
ma della rivoluzione<br />
spartì solo in piccola parte i<br />
connotati nobili ed epici, l’ardore<br />
del nuovo, la genuinità<br />
delle convinzioni, delle passioni,<br />
la speranza del futuro,<br />
e in larga parte i connotati<br />
deteriori: la ferocia e la vendetta.<br />
L’una e l’altra rispondevano<br />
ad altre ferocie e ad altre vendette.<br />
Ma chi se ne fece interprete,<br />
in entrambi i casi, era<br />
intercambiabile, salvo poche<br />
onorevoli eccezioni: v’è una<br />
professionalità dell’estremismo,<br />
e del sangue, che ha<br />
per costante l’ansia di uccidere,<br />
e per accessorio casuale<br />
l’ideologia cui applicarla”.<br />
Giampaolo Pansa,<br />
Il sangue <strong>dei</strong> vinti.<br />
Quello che accadde<br />
in Italia dopo il 25 aprile,<br />
Sperling & Kupfer, <strong>2003</strong>,<br />
380 pagine, euro 17<br />
Glenn B. Infield<br />
Disastro a Bari<br />
di Massimiliano Ancona<br />
Bari come Pearl Harbor. Il raid<br />
tedesco sul porto pugliese del<br />
2 dicembre 1943 come quello<br />
giapponese sulla base hawaiana<br />
del 7 dicembre 1941.<br />
Fu il Washington Post, un paio<br />
di settimane dopo l’incursione<br />
tedesca, a scrivere che «quello<br />
di Bari è stato il più grave,<br />
improvviso bombardamento<br />
subìto dopo Pearl Harbor.<br />
Delle 30 navi nel porto almeno<br />
17 sono state affondate, fra le<br />
quali 5 mercantili americani, e<br />
8 molto danneggiate. Le perdite<br />
in uomini sono state almeno<br />
un migliaio». Ma ciò che l’autorevole<br />
giornale americano non<br />
scrisse fu che tra le navi distrutte<br />
c’era la “John Harvey”,<br />
esplosa con il suo carico di un<br />
centinaio di tonnellate di bombe<br />
all’iprite (o gas mostarda),<br />
sostanza chimica vescicante e<br />
mortale usata dai tedeschi nella<br />
cittadina belga di Ypres già<br />
durante la Grande guerra - come<br />
da Saddam Hussein nel<br />
conflitto contro l’Iran tra il 1980<br />
e il 1988 - nonostante il Trattato<br />
di Ginevra, promosso dalla<br />
Società delle Nazioni, l’avesse<br />
bandita dal 1925.<br />
Non lo scrisse perché la censura<br />
militare fu rigidissima. «I<br />
sintomi non sembrano quelli<br />
provocati dal gas iprite» disse<br />
il primo ministro britannico,<br />
Winston Churchill, riferendosi<br />
alla diagnosi del colonnello<br />
Alexander, il consulente medico<br />
di chimica di guerra inviato<br />
a Bari il 7 dicembre del ‘43<br />
dal Quartier generale del comandante<br />
americano Eisenhower<br />
per accertare le cause<br />
delle decine di morti inspiegabili<br />
verificatesi nei giorni seguenti<br />
all’attacco della Luftwaffe.<br />
Il personale sanitario<br />
degli ospedali militari, infatti,<br />
aveva curato i superstiti ritenendoli<br />
sotto shock per la permanenza<br />
nelle fredde acque<br />
del porto e l’esposizione alle<br />
fiamme, neanche prendendo<br />
in considerazione l’azione di<br />
un agente chimico. Ma<br />
Churchill pretese che nei rapporti,<br />
pur segretati, le ustioni<br />
di natura chimica fossero indicate<br />
con la sigla N.Y.D., cioè<br />
«non ancora diagnosticate» e<br />
i decessi come «dovuti a<br />
ustioni provocate da azione<br />
nemica». Per coerenza, il governo<br />
inglese ha sempre negato<br />
ai sopravvissuti a quell’evento<br />
bellico una pensione<br />
d’invalidità per i danni permanenti<br />
provocati alla pelle.<br />
Tutte scelte “tollerate” dal quartier<br />
generale americano di<br />
Algeri per evitare incrinature<br />
con gli inglesi. E giustificate<br />
dalla circostanza che Churchill<br />
non volle ammettere, soprattutto<br />
per ragioni di prestigio,<br />
che il raid sul porto di Bari,<br />
controllato dagli inglesi, avesse<br />
provocato il più grave episodio<br />
di guerra chimica (forse l’unico)<br />
del secondo conflitto<br />
mondiale.<br />
Una squadriglia di 105 bombardieri<br />
Ju-88 piombò sul capoluogo<br />
pugliese alle 7.25 di<br />
quel 2 dicembre, una serata<br />
fredda, ma limpida. Il porto era<br />
illuminato, perché le operazioni<br />
proseguivano anche nelle<br />
ore notturne.<br />
Gli aerei incursori lanciarono<br />
migliaia di “finestre”, cioè lamine<br />
di stagnola, per ingannare i<br />
radar della contraerea che non<br />
funzionavano. Il comando inglese<br />
aveva ritenuto improbabile<br />
un attacco nemico e aveva<br />
sottovalutato il guasto alle postazioni<br />
radar sul teatro<br />
Margherita: «l’occhio del porto<br />
era cieco in quella notte».<br />
Così, gli incursori poterono<br />
colpire da un’altezza di soli 45<br />
metri, causando morte e distruzione<br />
sul molo di Levante -<br />
dove erano ancorate la maggior<br />
parte delle navi - e su tutto<br />
il lungomare. Ma anche in via<br />
Piccinni, via Abate Gimma,<br />
via Sparano e in via Crisanzio,<br />
nella zona della manifattura<br />
<strong>dei</strong> tabacchi. Solo in queste<br />
parti della città i cadaveri <strong>dei</strong><br />
civili estratti dalle macerie furono<br />
181. Le acque del porto<br />
diventarono un miscuglio mortale<br />
composto dall’iprite sprigionatasi<br />
nell’aria dopo lo<br />
scoppio della “John Harvey”,<br />
dalla nafta che sgorgava dall’oleodotto<br />
sul molo San<br />
Cataldo, e che serviva a rifornire<br />
di carburante le navi in<br />
partenza, e dal fuoco delle<br />
esplosioni. Nel miscuglio si dimenavano<br />
centinaia di marinai<br />
sbalzati dalle navi.<br />
L’odore “d’aglio”, caratteristico<br />
dell’iprite, invase l’aria per giorni,<br />
colpendo soprattutto la città<br />
vecchia, la più vicina al mare. Il<br />
numero <strong>dei</strong> morti, più di mille,<br />
non è stato mai accertato, poiché<br />
molti abitanti della città furono<br />
vittime inconsapevoli di<br />
quel gas venefico.<br />
Come Alessandro Raucci, un<br />
sessantenne investito da uno<br />
schizzo di acqua infetta durante<br />
l’incursione e morto il giorno<br />
dopo fra le braccia dell’amico<br />
Pietro Sbordini nei pressi della<br />
Basilica di San Nicola. Questo<br />
episodio bellico è tutt’ora ignorato<br />
dai libri di storia.<br />
Ed era addirittura sconosciuto<br />
fino alla pubblicazione del libro<br />
Disastro a Bari (Adda editore,<br />
1977) di Glenn B. Infield, ex<br />
maggiore della U.S. Air Force,<br />
e ripubblicato nel giugno scorso<br />
in occasione del 60° anniversario<br />
del raid, dalla stessa<br />
casa editrice con l’aggiunta del<br />
sottotitolo «La storia inedita del<br />
più grave episodio di guerra<br />
chimica nel secondo conflitto<br />
mondiale» e di un saggio introduttivo<br />
del professor Giorgio<br />
Assennato e dello storico (e<br />
giornalista) Vito Antonio<br />
Leuzzi.<br />
Peraltro, alle vittime civili, che<br />
ci furono nelle ore e nei giorni<br />
seguenti l’attacco tedesco, bisogna<br />
aggiungere, come scritto<br />
da Assennato e Leuzzi, le<br />
centinaia di pescatori contaminati<br />
– l’ultimo caso accertato è<br />
del 2000 -, dal contatto delle<br />
reti con le bombe all’iprite inesplose<br />
affondate al largo di<br />
Manfredonia, Molfetta, Bisceglie,<br />
Trani e Mola dopo essere<br />
state raccolte dai fondali delle<br />
acque del porto barese, nella<br />
vana speranza che la loro pericolosità<br />
fosse inibita. Il successo<br />
del raid aereo su Bari, inoltre,<br />
ebbe conseguenze anche<br />
dal punto di vista strategico.Se<br />
la guerra nell’Europa mediterranea,<br />
infatti, durò qualche<br />
mese in più, ciò in larga parte<br />
fu dovuto a quell’incursione.<br />
Petrolio, combustibile, materiale<br />
medico, cibo, armi e<br />
quant’altro andarono perduti,<br />
rallentando l’avanzata alleata<br />
verso il Nord Italia e ritardando<br />
le manovre di sfondamento e<br />
aggiramento delle truppe tedesche,<br />
attestate sulla Linea<br />
Gustav. Manovre che si sarebbero<br />
dovute chiudere con il<br />
congiungimento alle forze alleate<br />
sbarcate ad Anzio il 22<br />
gennaio del ‘44 e che non si<br />
conclusero se non molti mesi<br />
dopo, rispetto alle previsioni,<br />
perché il porto pugliese, inutilizzabile<br />
per almeno un mese,<br />
tornò alla piena attività solo nel<br />
febbraio del ’44.<br />
Glenn B. Infield,<br />
Disastro a Bari.<br />
La storia inedita del più<br />
grave episodio di guerra<br />
chimica nel II conflitto<br />
mondiale.<br />
Saggio introduttivo<br />
di Giorgio Assennato<br />
e Vito Antonio Leuzzi. Adda<br />
editore, <strong>2003</strong>,<br />
pagine 346, euro 15.<br />
30 ORDINE 12 <strong>2003</strong>