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Dicembre 2003 - Ordine dei Giornalisti

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<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong><br />

giornalisti<br />

della<br />

Lombardia<br />

Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo<br />

Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo<br />

Anno XXXIII<br />

n. 12 <strong>Dicembre</strong> <strong>2003</strong><br />

Direzione e redazione<br />

Via Appiani, 2 - 20121 Milano<br />

Telefono: 02 63 61 171<br />

Telefax: 02 65 54 307<br />

http://www.odg.mi.it<br />

e-mail:odgmi@odg.mi.it<br />

Spedizione in a.p. (45%)<br />

Comma 20 (lettera b)<br />

dell’art. 2 della legge n. 662/96<br />

Filiale di Milano<br />

Le elezioni del nuovo<br />

Consiglio generale<br />

dell’Inpgi sono terminate…<br />

Serve un “progetto previdenziale”<br />

ancorato ai valori costituzionali<br />

Al Pime<br />

il prossimo<br />

corso<br />

per praticanti<br />

La prossima sessione<br />

primaverile (1° marzo -<br />

24 maggio 2004) del corso<br />

per praticanti, organizzato<br />

dall’Odg della Lombardia,<br />

si terrà presso il Pime<br />

(Pontificio istituto missioni<br />

estere) a Milano,<br />

in via Mosè Bianchi 94.<br />

Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong>,<br />

all’unanimità, ha scelto<br />

la nuova sede, in zona<br />

Lotto-Fiera, oltre che per<br />

l’ampia agibilità <strong>dei</strong> locali,<br />

perché offre parcheggi<br />

interni ed è facilmente<br />

raggiungibile con la linea<br />

rossa della Metropolitana<br />

(fermata Lotto/Amendola),<br />

con il tram 24 e con<br />

i bus 48/49/78/90 e 91.<br />

Respinto il ricorso dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia<br />

Cassazione: sanzioni per i giornalisti<br />

prescritte in 7 anni e sei mesi,<br />

un periodo “niente affatto breve”<br />

Roma, 13 novembre <strong>2003</strong>. La Cassazione<br />

dice “no” alla richiesta dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia di dilatare i tempi entro i<br />

quali si prescrive la possibilità di infliggere<br />

agli iscritti la sanzione disciplinare. In sostanza<br />

7 anni e mezzo - limite di maturazione<br />

della prescrizione fissato dall’art. 58 della<br />

legge 69 del 1963 istitutiva dell’Ordinamento<br />

della professione giornalistica - sono giudicati<br />

da piazza Cavour un periodo “niente<br />

affatto breve” per “punire” i giornalisti colpevoli<br />

di comportamenti deontologicamente<br />

scorretti.<br />

L’<strong>Ordine</strong> lombardo, invece, sosteneva la<br />

necessità di tempi più lunghi perché “in<br />

concreto, l’eccessiva durata <strong>dei</strong> giudizi civili<br />

e le disfunzioni dell’apparato giudiziario,<br />

impediscono il rispetto del termine massimo<br />

dell’azione disciplinare, traducendosi nell’impossibilità<br />

pratica del suo esercizio”. Ma per<br />

la Suprema Corte il limite <strong>dei</strong> 7 anni e mezzo<br />

“è imposto dall’altrettanto ragionevole esigenza<br />

di evitare che sia il professionista, sia<br />

il pubblico al quale egli rivolge il suo esercizio,<br />

non siano lasciati a tempo indefinito<br />

nell’incertezza circa la conformità <strong>dei</strong> comportamenti<br />

del professionista stesso alle<br />

regole deontologiche che disciplinano il suo<br />

campo di attività”.<br />

In particolare l’<strong>Ordine</strong> regionale aveva chiesto<br />

a piazza Cavour di dichiarare l’illegittimità<br />

costituzionale del suddetto art. 58 in quanto<br />

comprimerebbe il diritto di agire in giudizio.<br />

ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />

di Ezio Chiodini<br />

Bene. Le elezioni del nuovo Consiglio generale<br />

dell’Inpgi sono terminate. I risultati li conosciamo.<br />

Conosciamo i nomi degli eletti ma non<br />

conosciamo ancora, ovviamente, il progetto di<br />

chi si appresta a guidare l’istituto nei prossimi<br />

anni. Personalmente spero che sia un progetto<br />

innovativo, saldamente legato a principi<br />

fondamentali quali l’equità, la democrazia<br />

interna, la trasparenza, eccetera. Requisiti<br />

fondamentali, a mio parere, per varare e<br />

proporre a tutti i soci un “progetto previdenziale”<br />

che andrà dibattuto e, alla fine, condiviso.<br />

Insomma, spero che finalmente si volti pagina<br />

e che l’Inpgi diventi una sorta di casa di vetro,<br />

dove ciascuno possa veramente sentirsi ed<br />

essere socio (mi verrebbe da dire azionista) e<br />

dove tutti possano – com’è giusto – avere pari<br />

dignità e pari diritti. E a questo proposito vorrei<br />

fare alcune considerazioni basate su alcuni<br />

fatti che nelle settimane passate hanno di<br />

nuovo attirato la nostra attenzione su che<br />

cos’è, al momento, il nostro istituto.<br />

Il sistema elettorale<br />

In teoria lo sapevamo (perché il meccanismo<br />

è scritto nello statuto), ma in quest’occasione<br />

abbiamo “toccato con mano”, come si<br />

In proposito gli ermellini hanno risposto che<br />

“non è coerente lamentare l’illegittimità costituzionale<br />

della disposizione in esame sul<br />

presupposto che i tempi lunghi del processo<br />

civile impediscono, di fatto, il compiersi dell’azione<br />

disciplinare”. A tale “disservizio” -<br />

prosegue il Palazzaccio - il “legislatore deve<br />

porre rimedio con interventi ben diversi da<br />

quello di dilatare indeterminatamente l’incertezza<br />

delle posizioni giuridiche; diversamente,<br />

sulla base di una tale ragione, il nostro<br />

sistema sostanziale e processuale dovrebbe<br />

vedere abolito qualsiasi termine prescrizionale<br />

o decadenziale”.<br />

Sulla scia di questo orientamento è stata<br />

dichiarata prescritta l’azione disciplinare<br />

promossa nei confronti di una giornalista del<br />

settimanale Oggi colpita dalla sanzione<br />

dell’avvertimento, nel settembre 1996, per<br />

pubblicità redazionale ingannevole in relazione<br />

alla marca di un dentifricio. La sanzione<br />

inflitta dall’<strong>Ordine</strong> lombardo fu confermata<br />

dall’<strong>Ordine</strong> nazionale, dal Tribunale di Milano<br />

e dalla Corte d’Appello di Milano. In Cassazione<br />

il ricorso della giornalista contro la<br />

sanzione è stato discusso a luglio - la relativa<br />

sentenza è solo ora disponibile - e i supremi<br />

giudici, non riconoscendo il sospetto di<br />

incostituzionalità dell’art. 58, hanno dichiarato<br />

maturata la prescrizione a far data dallo<br />

scorso aprile.<br />

(ANSA)<br />

È il momento della riflessione<br />

per voltare pagina<br />

rispetto al passato<br />

suol dire, quanto sia iniquo e sbagliato il<br />

nostro sistema elettorale. Che assegna i<br />

seggi – per chi non lo sapesse – su base<br />

territoriale indipendentemente dal numero<br />

<strong>dei</strong> giornalisti iscritti. Il che vuol dire, in parole<br />

povere, che la maggioranza <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

che ovviamente risiedono in Lombardia e nel<br />

Lazio oltre che in qualche altra grossa regione,<br />

possono esprimere un numero di eletti<br />

che – dati alla mano – è comunque inferiore<br />

a quelli che possono essere eletti da altri<br />

colleghi, residenti in altre regioni. Insomma,<br />

per l’Ingpi il criterio della proporzionalità non<br />

vale. No, ne vale un altro, che si potrebbe<br />

definire “bulgaro” o fascista, secondo i punti<br />

di vista. E per me “bulgaro” e fascista sono la<br />

stessa cosa.<br />

Ecco, quindi, una prima osservazione: il sistema<br />

elettorale va cambiato. Subito, al più<br />

presto, per cancellare una vergogna che non<br />

fa onore ad una categoria che per mestiere e<br />

vocazione si batte non solo per la libertà di<br />

stampa ma anche per altre libertà e per la<br />

democrazia.<br />

Pensionati e “attivi”<br />

Un’altra anomalia, definiamola iniquità oppure,<br />

senza aver paura delle parole, schifezza,<br />

Segue a pagina 5<br />

(alle pagine 6 e 7)<br />

Diffamazione<br />

SOMMARIO<br />

Nuova proposta allontana<br />

l’ipotesi della galera pag. 2<br />

Intervista<br />

Luca Macario,<br />

vincitore del premio Citigroup pag. 8<br />

Quotidiani Più entrate dalle edicole,<br />

meno dalle inserzioni pag. 10<br />

Dibattito Scrivere dopo la TV pag. 15<br />

Rapporto Giovani e media a confronto pag. 19<br />

Dibattito<br />

Giornalismo finanziario.<br />

Quis custodet custodes pag. 20<br />

Memoria<br />

Ferruccio Lanfranchi<br />

a trent’anni dalla morte pag. 22<br />

Personaggi La baronessa<br />

prima moglie di Indro pag. 24<br />

La libreria<br />

di Tabloid Le recensioni del mese pag. 26<br />

Diffamazione a mezzo stampa<br />

Colleghi, troppe le notizie inventate<br />

e i giudici (ovviamente) ci condannano<br />

al risarcimento <strong>dei</strong> danni!<br />

Inchiesta dell’<strong>Ordine</strong><br />

della Lombardia<br />

sulle 157 sentenze<br />

emesse dal Tribunale civile<br />

di Milano<br />

negli anni 2001 e 2002<br />

Si è potuta rilevare<br />

una lieve prevalenza<br />

delle pronunzie<br />

di accoglimento<br />

della domanda (56%)<br />

rispetto a quelle<br />

di rigetto (44%)<br />

Altri servizi<br />

nelle pagine<br />

4 e 5<br />

Dalla disamina del campione di 89 sentenze<br />

di accoglimento della domanda, sono emersi<br />

i seguenti risultati: il difetto di verità della<br />

notizia pubblicata (da solo o insieme al difetto<br />

degli altri criteri) è stato riscontrato in<br />

almeno 65 casi; analogamente il difetto della<br />

verità putativa è stato riscontrato in almeno<br />

7 casi, la violazione del criterio di continenza<br />

in almeno 28 casi e la carenza dell’interesse<br />

pubblico in almeno 8 casi.<br />

Su incarico del Consiglio regionale dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, gli avvocati<br />

Sabrina Peron ed Emilio Galbiati hanno<br />

esaminato tutte le sentenze, 157, emesse<br />

dal Tribunale civile di Milano, in materia di<br />

diffamazione a mezzo stampa o, più in generale,<br />

per il tramite <strong>dei</strong> mass-media, nel biennio<br />

2001-2002.<br />

Con le stesse percentuali dell’inchiesta<br />

sulle sentenze penali (vedi Tabloid n. 7/8 del<br />

<strong>2003</strong>), i giornalisti vengono condannati per<br />

aver pubblicate notizie non vere. Si tratta di<br />

sentenze di condanna, quindi, ovvie e<br />

giuste.<br />

È noto l’insegnamento della Corte di Cassazione:<br />

possiamo pubblicare notizie diffamatorie<br />

a patto che le stesse siano vere, di interesse<br />

pubblico, scritte civilmente e nella loro<br />

essenzialità.<br />

All’interno inserto speciale<br />

1


PROFESSIONE<br />

DIFFAMAZIONE<br />

Depositata da Isabella Bertolini (Fi) in Commissione<br />

una versione corretta del Ddl. La pena sarà una multa<br />

non superiore a 7.500 euro. E l’azione civile per<br />

il risarcimento si prescrive entro un anno dalla pubblicazione<br />

Nuova proposta allontana<br />

l’ipotesi della galera<br />

Roma, 4 novembre <strong>2003</strong>. La diffamazione non sarà più punita con il carcere. Ma è prevista<br />

una multa che può oscillare dai 1.500 ai 7.500 euro. In più si stabilisce un tetto per<br />

il risarcimento <strong>dei</strong> danni che è di 25.000 euro. Sono queste le principali novità del testo<br />

sulla diffamazione presentata oggi dalla relatrice Isabella Bertolini (Fi). Un testo che<br />

avrà valore anche per i siti Internet e nel quale si parla di rettifica solo per la stampa<br />

non periodica. Nella nuova formulazione del provvedimento si prevede anche che il<br />

competente <strong>Ordine</strong> professionale stabilisca delle sanzioni disciplinari in seguito alla<br />

trasmissione degli atti da parte della magistratura.<br />

LA RETTIFICA Nel testo si affronta l’argomento<br />

solo per quanto riguarda la stampa<br />

non periodica cioè i libri. In caso di diffamazione<br />

l’autore della pubblicazione deve rettificare<br />

e chiedere che questa rettifica venga<br />

pubblicata, a sue spese, almeno su due<br />

quotidiani a tiratura nazionale. La pubblicazione<br />

della rettifica sui quotidiani deve essere<br />

richiesta dalla persona offesa entro tre<br />

giorni dal ricevimento della dichiarazione o<br />

della rettifica.<br />

Per i quotidiani e per la stampa periodica<br />

resta in piedi invece l’attuale normativa. L’unico<br />

accenno nel testo Bertolini è quando si<br />

dice che “nella determinazione del danno<br />

derivante dalla pubblica azione ritenuta lesiva<br />

della reputazione o contraria a verità, il<br />

giudice tiene conto della pubblicazione della<br />

rettifica, se richiesta dalla persona offesa”.<br />

LE MULTE PER CHI DIFFAMA Di carcere<br />

non se ne parla più ma chi diffama dovrà,<br />

comunque, affrontare il processo penale<br />

anche se poi potrà ricevere al massimo una<br />

multa che può oscillare dai 1.500 ai 7.500<br />

euro. Se in un articolo si attribuisce a qualcuno<br />

un fatto determinato la multa potrà<br />

variare dai 2.000 ai 7.500 euro. Se si pubblica<br />

la rettifica la pena non può superare i<br />

1.500 euro. In caso di condanna verrà pubblicata<br />

anche la sentenza.<br />

LE SANZIONI DISCIPLINARI Nel nuovo<br />

testo si prevede che il magistrato trasmetta<br />

gli atti del processo al competente ordine<br />

professionale per la determinazione delle<br />

sanzioni disciplinari.<br />

IL RISARCIMENTO DEL DANNO Si fissa<br />

un tetto massimo. “Quando il giudice procede<br />

alla liquidazione del danno in via equitativa<br />

- si legge nel testo - l’entità del danno<br />

patrimoniale non può eccedere la somma di<br />

25.000 euro”. E l’azione civile si prescrive<br />

entro un anno dalla pubblicazione.<br />

LA RESPONSABILITÀ DEL DIRETTORE<br />

Esclusa dal testo presentato da Giancarlo<br />

Anedda (An) la responsabilità del direttore<br />

per omesso controllo viene reintrodotta<br />

nella proposta di legge Bertolini. “Salva la<br />

responsabilità dell’autore della pubblicazione,<br />

e fuori <strong>dei</strong> casi di concorso - si legge<br />

ancora nel testo - il direttore o il vicedirettore<br />

responsabile del quotidiano, del periodico<br />

o della testata giornalistica, radiofonica<br />

o televisiva, rispondono <strong>dei</strong> delitti commessi<br />

con il mezzo della stampa, della diffusione<br />

radio-tv o con altri mezzi di diffusione se<br />

il delitto è conseguenza della violazione <strong>dei</strong><br />

doveri di vigilanza sul contenuto della<br />

pubblicazione. La pena è in ogni caso ridotta<br />

di un terzo”.<br />

L’INGIURIA Chiunque offende l’onore o il<br />

decoro di una persona presente è punito con<br />

la multa fino a 650 euro. Alla stessa pena<br />

soggiace chi commette il fatto mediante<br />

comunicazione telegrafica, telefonica o telematica,<br />

o con scritti o disegni, diretti alla<br />

persona offesa.<br />

La pena è della multa fino a 950 euro se l’offesa<br />

consiste nell’attribuzione di un fatto<br />

determinato. Le pene sono aumentate qualora<br />

l’offesa sia commessa alla presenza di più<br />

persone.<br />

DIFFAMAZIONE SEMPLICE Chiunque offende<br />

l’altrui reputazione comunicando con<br />

più persone è punito con la multa fino a<br />

1.500 euro. Se si attribuisce un fatto determinato<br />

questa può arrivare fino a 2.500 euro.<br />

“Se l’offesa - recita ancora il testo - è arrecata<br />

con il mezzo della stampa o con qualsiasi<br />

altro mezzo di pubblicità o in atto pubblico, si<br />

applica la multa da 500 a 2.500 euro”. Le<br />

pene aumentano del triplo se si offende “un<br />

corpo politico, amministrativo o giudiziario o<br />

una sua rappresentanza o un’autorità costituita<br />

in collegio”.<br />

(ANSA)<br />

Paolo Bonaiuti<br />

“Sono<br />

soddisfatto”<br />

Roma, 4 novembre. Il sottosegretario alla<br />

presidenza del Consiglio con la delega all’editoria,<br />

Paolo Bonaiuti, esprime soddisfazione<br />

per il nuovo testo sulla diffamazione appena<br />

presentato in Commissione giustizia dalla<br />

relatrice Isabella Bertolini (Fi). “La mia<br />

presenza oggi - dichiara Bonaiuti - è per<br />

significare l’importanza che il Governo dà a<br />

questo problema. Per noi la decarcerizzazione<br />

della diffamazione è fondamentale”.<br />

“Ricordo ancora molto bene - prosegue - la<br />

polemica che nacque quando si pensò di<br />

prevedere il carcere per il giornalista ondannato<br />

per diffamazione, anche se a dire la<br />

verità la detenzione è comunque prevista<br />

nell’attuale normativa.<br />

C’è anche chi auspica che si possa arrivare<br />

ad una depenalizzazione vera e propria. L’importante<br />

comunque è rinnovare, cambiare e<br />

togliere definitivamente la previsione del<br />

carcere”.<br />

“Siamo anche contenti - dichiara ancora<br />

Paolo Bonaiuti - di vedere come vadano<br />

bene i lavori parlamentari su questo punto.<br />

Il nuovo testo infatti ha tenuto conto del lavoro<br />

già svolto in Commissione e del contributo<br />

dato dall’on. Anedda che è stato il primo<br />

firmatario del testo precedente. Mi sembra<br />

che ora la questione sia su un binario<br />

giusto”.<br />

Bonaiuti auspica che su questo tema ci sia il<br />

più ampio consenso: “Più ampio è l’accordo,<br />

meglio sarà perché si tratta di questioni delicatissime<br />

sulle quali, ripeto, sarebbe necessario<br />

avere il consenso di tutti”.<br />

“Spero che ora si possa approvare questa<br />

proposta di legge in tutta fretta - conclude -<br />

perché si tratta di una questione molto importante<br />

che speriamo di vedere risolta in tempi<br />

brevi. Vorrei ricordare che il testo è calendarizzato<br />

per l’aula della Camera il 24 novembre”.<br />

(ANSA)<br />

Pisapia (Prc)<br />

“Si depenalizzi<br />

tutto”<br />

Roma, 4 novembre. La proposta di legge<br />

sulla diffamazione, presentata oggi in<br />

Commissione giustizia dalla relatrice Isabella<br />

Bertolini, è stata accolta con qualche<br />

perplessità soprattutto dal centrosinistra. “La<br />

montagna ha partorito un topolino - ha<br />

commentato il deputato del Prc Giuliano<br />

Pisapia - è positivo il fatto che sia stato fissato<br />

un tetto per il risarcimento, ma non capisco<br />

perché visto che è stata tolta la pena<br />

detentiva e quella economica è così irrisoria<br />

si debba comunque affrontare il processo<br />

penale. Allora si depenalizzi davvero tutto e<br />

si sposti tutto sul piano civile. Il testo poi è<br />

lacunoso per tutta una serie di altre cose<br />

come ad esempio le ‘querele temerarie’.<br />

perché non si introduce la possibilità di<br />

sanzionare anche chi sporge querele solo<br />

per intimidire il giornalista”. (ANSA)<br />

Serventi Longhi (Fnsi)<br />

“Favorevole,<br />

ma prudente”<br />

Roma, 4 novembre. Mantiene la massima<br />

cautela “alla luce dell’esperienza recente per<br />

quanto riguarda le proposte di legge delle<br />

maggioranza” ma esprime soddisfazione per<br />

il provvedimento, che depenalizza la diffamazione,<br />

il segretario generale Fnsi Paolo<br />

Serventi Longhi per il quale il nuovo testo<br />

“raccoglie molte delle indicazioni che il sindacato<br />

<strong>dei</strong> giornalisti e il consiglio nazionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> hanno sostenuto in anni e anni di<br />

mobilitazione”.<br />

Il segretario Fnsi è convinto che “il dibattito<br />

in seno al Governo e al Parlamento, le posizioni<br />

espresse da esponenti della maggioranza,<br />

come il sottosegretario alla presidenza<br />

del Consiglio Paolo Bonaiuti, e da numerosi<br />

parlamentari ed esperti di materia giuridica<br />

dell’opposizione, abbia consentito di<br />

formulare un testo che consente finalmente<br />

ai giornalisti di fare il proprio mestiere senza<br />

la spada di Damocle di richieste di risarcimento<br />

danni, difficilmente dimostrabili, per<br />

cifre tanto spropositate quanto spesso<br />

vessatorie”.<br />

Per quanto riguarda gli aspetti penali, la<br />

proposta fa cadere, sottolinea Serventi<br />

Longhi, l’ipotesi della pena detentiva per i<br />

giornalisti. “Tra l’altro - sottolinea il segretario<br />

Fnsi - viene giustamente enfatizzata la<br />

pubblicazione di precisazioni e rettifiche,<br />

sempre sostenuta dalla Fnsi, viene ribadito il<br />

ruolo disciplinare dell’<strong>Ordine</strong> professionale, è<br />

giustamente sottolineata la responsabilità,<br />

pur sanzionata solo parzialmente, <strong>dei</strong> direttori<br />

e <strong>dei</strong> vice direttori, si prevede l’equiparazione<br />

della informazione via Internet a quella<br />

di tutti gli altri media”.<br />

Il segretario della Federazione <strong>dei</strong> giornalisti<br />

si aspetta che “il dibattito parlamentare eviti ai<br />

giornalisti nuove brutte sorprese e che, quindi,<br />

sia rapidamente approvata una buona<br />

legge sulla base di un testo che appare una<br />

positiva base di discussione”. (ANSA)<br />

Bonito (Ds)<br />

“Testo<br />

debole”<br />

Analogo il giudizio di alcuni esponenti <strong>dei</strong> Ds.<br />

Per Francesco Bonito si tratta di “un testo<br />

debole che si limita solo a eliminare la<br />

sanzione detentiva e ad introdurre la responsabilità<br />

colposa del direttore”. “La parte che<br />

riguarda la rettifica poi - aggiunge - è a dir<br />

poco confusa. E si fa differenza tra risarcimento<br />

equitativo e non equitativo favorendo<br />

così i più benestanti. Se infatti un famoso<br />

avvocato può dimostrare di guadagnare un<br />

miliardo l’anno il risarcimento sarà adeguato.<br />

Non potrà superare i 25.000 euro per tutti gli<br />

altri...”.<br />

Anche per Vincenzo Siniscalchi “la parte sulla<br />

rettifica è a dir poco lacunosa”. Mentre per il<br />

responsabile giustizia dello Sdi Enrico Buemi<br />

la proposta Bertolini prevede “sanzioni troppo<br />

lievi”. “Questo testo - dichiara - fa pensare che<br />

il reato di diffamazione a mezzo stampa sia<br />

da trattare in modo leggero, con sole sanzioni<br />

pecuniarie. In realtà non è un reato lieve, visto<br />

che può procurare danni morali e materiali al<br />

soggetto diffamato, alla sua famiglia e anche<br />

ad eventuali aziende di proprietà. Non voler<br />

sanzionare questo reato con la detenzione,<br />

cosa su cui concordo, non vuole dire non fare<br />

uno sforzo per trovare modalità di sanzionamento<br />

adeguate”. “Tra la detenzione e la<br />

sanzione pecuniaria - conclude - c’è un ampio<br />

spazio di ricerca di sanzioni almeno per evitare<br />

ulteriori diffamazioni”.<br />

(ANSA)<br />

Marco Pannella<br />

“Licenza<br />

di uccidere”<br />

Roma, 4 novembre. “Licenza di uccidere”.<br />

Così il leader radicale Marco Pannella definisce<br />

il testo sulla diffamazione presentato<br />

oggi dalla relatrice Isabella Bertolini (Fi) in<br />

Commissione giustizia alla Camera. “Licenza<br />

di uccidere - spiega Pannella - data agli<br />

editori e alle forze corporative e partitiche<br />

che potranno così meglio pianificare campagne<br />

di assassinio di individui e soggetti<br />

collettivi non graditi...”.<br />

(ANSA)<br />

Lussana (Lega Nord)<br />

“Sì all’abolizione<br />

del carcere”<br />

Roma, 4 novembre. “Siamo favorevoli all’abolizione<br />

della norma che prevede il carcere<br />

per il reato di diffamazione”: lo afferma Carolina<br />

Lussana, responsabile della giustizia per<br />

la Lega Nord, commentando al nuovo testo<br />

sulla diffamazione a mezzo stampa presentato<br />

dalla relatrice Isabella Bertolini di Forza<br />

Italia.<br />

“Ci siamo da subito schierati contro l’ipotesi<br />

del carcere per i giornalisti. La libertà di<br />

stampa - aggiunge Lussana - deve essere<br />

tutelata. Ma è altrettanto vero che servono<br />

nuove norme sulla rettifica: una notizia<br />

sbagliata, in buona o cattiva fede, può rovinare<br />

una persona ed è una questione di<br />

giustizia fornire gli strumenti idonei affinché<br />

chi è colpito ingiustamente da una falsa notizia,<br />

possa ristabilire la verità di fronte alla<br />

società “.<br />

(ANSA)<br />

Anedda (Dn)<br />

“Alcune parti<br />

da rivedere”<br />

Anche per il capogruppo di An Gianfranco<br />

Anedda, che aveva presentato un’altra<br />

proposta di legge sulla diffamazione e che è<br />

stato relatore in commissione prima della<br />

Bertolini, ci sono delle “parti del testo che<br />

andrebbero riviste”. “Prima di tutto - dichiara<br />

- andrebbe formulata meglio la parte sulla<br />

rettifica che nel testo riguarda solo la stampa<br />

non periodica. E poi perché non si prevede<br />

anche la possibilità per il giornalista di fare<br />

una rettifica spontanea”. “Poi - aggiunge<br />

Anedda - hanno ripristinato la responsabilità<br />

del direttore per omesso controllo.<br />

Ma ora chiedo: può il direttore del Corriere<br />

della Sera controllare sempre ogni giorno<br />

l’intero giornale prima che esca O non si<br />

rivolge per questo ai capiredattori Infine,<br />

non sarebbe meglio fare riferimento solo al<br />

codice penale per disciplinare la materia<br />

invece di riferirsi ancora alla legge sulla<br />

stampa del ‘48”.<br />

(ANSA)<br />

2 ORDINE 12 <strong>2003</strong>


ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />

3


Inpgi<br />

Istituto nazionale di previdenza <strong>dei</strong> giornalisti italiani Giovanni Amendola<br />

5/8 novembre <strong>2003</strong> - elezione per rinnovo del Consiglio Generale<br />

Queste statistiche<br />

mettono<br />

in discussione<br />

il risultato elettorale<br />

uscito dalle urne<br />

Alberto Roccatano<br />

La scheda riepilogativa, qui illustrata, raccoglie i<br />

dati finali delle elezioni per l’Istituto di previdenza<br />

<strong>dei</strong> giornalisti italiani, svoltesi dal 5 al 8<br />

novembre. La scheda presenta un dato visibilmente<br />

anomalo. Prendiamo, infatti, sotto osservazione<br />

la scheda dell’elezione <strong>dei</strong> 46 giornalisti<br />

a base circoscrizionale regionale:<br />

Franco Abruzzo e Antonio Savi<br />

votati soltanto in tre regioni<br />

Hanno riportato voti, ma non sono stati eletti<br />

sindaci Inpgi perché le rispettive regioni erano<br />

già rappresentate da altri colleghi più votati:<br />

A) Franco Abruzzo (Lombardia) - Alleanza<br />

Inpgi.Sicambia- voti 2.601, di cui 2.340 in<br />

Lombardia, Lazio/Molise e Campania e<br />

appena 261 nelle altre regioni.<br />

B) Antonio Savi (Lazio-Molise) - Alleanza<br />

Inpgi.Sicambia - voti 2.514, di cui 2.372 in<br />

Lombardia, Lazio/Molise e Campania e<br />

appena 142 nelle altre regioni.<br />

Ha dichiarato Franco Abruzzo: “Ben 12<br />

17.466 11.173 5.797<br />

16<br />

Soltanto il ricorso al colle<br />

ed equilibrato rapporto<br />

Totali risultati elettorali circoscrizionali<br />

26 4 46<br />

Se prendete il totale <strong>dei</strong> voti ottenuti da tutti i consiglieri<br />

eletti, che è la cifra 17.466, e la dividete per il totale degli<br />

eletti, che è la cifra 46, avrete come risultato il quoziente<br />

<strong>dei</strong> voti validi per ognuno degli eletti, cioè risulterà la cifra<br />

379,70.<br />

Se ora dividete per questa cifra i voti complessivi indicati<br />

per ognuna delle liste o insieme di liste, tenendo conto<br />

dell’assegnazione <strong>dei</strong> seggi non interi disponibili ai resti<br />

maggiori, otterrete i seguenti risultati:<br />

la Lista “Alleanza Inpgi Si cambia” avrebbe 30 eletti<br />

contro i 16 assegnati; la Lista “Autonomia e Solidarietà/<strong>Giornalisti</strong><br />

Uniti” avrebbe 15 eletti contro i 26 assegnati;<br />

le altre Liste avrebbero 1 eletto contro i 4 assegnati.<br />

Cioè la scheda finale dovrebbe essere riscritta così:<br />

Associazioni regionali della stampa, sostenute<br />

dalla Fnsi e dalle elargizioni (per esse<br />

vitali) dell’Inpgi, hanno fatto votare soltanto i<br />

‘loro’ candidati, tagliando fuori gli avversari<br />

della linea Cescutti. Il risultato, quindi, era<br />

scontato. La battaglia continuerà fino alla<br />

cancellazione di prassi antidemocratiche e<br />

di quelle parti dello Statuto dell’Istituto<br />

improntate a patti leonini. Ho dato un contributo,<br />

ritenuto deciso, alla vittoria della lista<br />

Inpgi.Sicambia in tre regioni, dove vivono il<br />

65% <strong>dei</strong> giornalisti in attività”.<br />

È un risultato matematico che ribalta completamente il risultato elettorale.<br />

Se poi, non ci credete, il mestiere di giornalista è il più sospettoso del mondo,<br />

provate a procedere allo stesso modo con il riepilogo, a base nazionale, delle<br />

altre schede.<br />

- la scheda <strong>dei</strong> 9 giornalisti in pensione che si aggiungono ai 46 giornalisti<br />

in attività per formare il Consiglio generale<br />

- la scheda del Collegio <strong>dei</strong> sindaci del Consiglio generale.<br />

- la scheda del Comitato amministratore dell’Inpgi 2<br />

- la scheda del Collegio <strong>dei</strong> sindaci del Comitato amministratore dell’Inpgi 2.<br />

In tutte queste schede, questa semplice operazione matematica trova perfetto<br />

riscontro col dato finale elettorale. Significa che i 46 giornalisti in attività sono<br />

eletti con un sistema elettorale che altera il criterio della rappresentanza. Se a<br />

questo aggiungiamo che hanno votato (direttamente al seggio o per corrispondenza)<br />

solo 35 giornalisti su 100, credo sia opportuna una riflessione da parte<br />

di ognuno degli iscritti al fondo pensionistico <strong>dei</strong> giornalisti italiani.<br />

La professionalità<br />

secondo Maroni<br />

Il ministro del Lavoro, Roberto Maroni, ha<br />

emanato il 20 giugno <strong>2003</strong> un decreto che<br />

aggiorna il regolamento del 14 gennaio<br />

1997, n. 211, in materia di requisiti di professionalità<br />

richiesti per i componenti degli<br />

organi <strong>dei</strong> fondi pensione. Il decreto è formato<br />

da un solo articolo. Eccolo:<br />

1. Il rappresentante legale e i componenti<br />

degli organi di amministrazione del fondo<br />

pensione possono aver svolto unicamente,<br />

per uno o più periodi, complessivamente non<br />

inferiori ad un triennio:<br />

Istanza-ricorso ai ministri del Lavoro<br />

Maroni e dell’Economia Tremonti<br />

(e alla Corte <strong>dei</strong> Conti)<br />

Abruzzo ai ministri vigilanti:<br />

“Accertare la professionalità<br />

<strong>dei</strong> consiglieri della Fondazione”<br />

Milano, 11 novembre <strong>2003</strong>. Con una istanza-ricorso, Franco Abruzzo ha<br />

chiesto oggi ai ministri vigilanti Tremonti e Maroni, alla Corte <strong>dei</strong> Conti e allo<br />

stesso presidente in carica – che per Statuto dovrà provvedere alla proclamazione<br />

– di accertare se i consiglieri eletti hanno il requisito della professionalità<br />

come prevede il Dlgs n. 509/1994 e lo Statuto della Fondazione.<br />

Abruzzo ha avanzato quattro richieste:<br />

• (al presidente pro-tempore dell’Inpgi) di accertare il requisito della<br />

professionalità degli eletti prima di avviare l’iter amministrativo della<br />

proclamazione;<br />

• (ai ministri vigilanti) di accertare tale requisito prima della pubblicazione<br />

del relativo decreto di nomina sulla Gazzetta Ufficiale della<br />

Repubblica;<br />

• (ai ministri vigilanti) di verificare la congruità democratica dello Statuto<br />

dell’Inpgi in relazione al rapporto elettori-consiglieri di amministrazione<br />

(le circoscrizioni del Lazio e della Lombardia, dove vivono il 60<br />

per cento <strong>dei</strong> giornalisti italiani, eleggono 21 consiglieri su 46);<br />

• (ai ministri vigilanti) di verificare la liceità <strong>dei</strong> finanziamenti dell’Inpgi<br />

(2,4 miliardi di vecchie lire all’anno + 360 milioni di vecchie lire all’anno<br />

elargiti dalla Banca di Roma ma non contabilizzati in bilancio) al<br />

sindacato <strong>dei</strong> giornalisti (Fnsi e strutture regionali), finanziamenti non<br />

previsti dal Dlgs n. 509/1994.<br />

Il requisito della professionalità condiziona la proclamazione degli<br />

eletti. Abruzzo scrive che “oggi, in contratto con la legislazione comunitaria<br />

(la quale richiede il possesso almeno di una laurea triennale), si accede alla<br />

professione giornalistica con un qualsiasi titolo di studio non inferiore alla<br />

licenza di scuola media superiore mentre chi non ne è in possesso deve<br />

sostenere un esame di cultura generale (ex articolo 33 della legge n.<br />

69/1963)”. In sostanza la “professionalità non può essere considerata<br />

esistente qualora essa non costituisca un dato caratterizzante l’attività<br />

professionale della categoria”.<br />

Sui finanziamenti dell’Inpgi al sindacato, la Fnsi (in data odierna) ha diramato<br />

questo comunicato: “In questi giorni sono state nuovamente diffuse informazioni<br />

destituite di ogni fondamento in relazione ai rapporti tra l’Inpgi e le<br />

Associazioni Regionali di Stampa. Ancora una volta dobbiamo chiarire che<br />

le Associazioni ricevono un contributo dall’Inpgi per il funzionamento degli<br />

uffici di corrispondenza e <strong>dei</strong> fiduciari il cui compito è istruire e seguire tutte<br />

le pratiche di previdenza e assistenza presso lo stesso Istituto di categoria.<br />

Si tratta di uffici con dipendenti e una gran mole di lavoro che viene svolto<br />

con efficienza e che alleggerisce i costi dell’Istituto. A sua volta, la Fnsi svolge<br />

un ruolo di intervento sul sistema previdenziale <strong>dei</strong> giornalisti ai sensi del<br />

decreto legislativo che ha privatizzato l’Istituto, con una attività contrattuale e<br />

sindacale di rilevante impegno relativa alla contribuzione e alle prestazioni.<br />

È singolare che si continui a mettere sotto accusa un meccanismo che da<br />

sempre valorizza la solidarietà tra i giornalisti, ma consente anche concretamente<br />

di assistere i colleghi e non appesantire i costi strutturali dell’Inpgi”.<br />

Totali risultati elettorali circoscrizionali<br />

30 15 1 46<br />

a) funzioni di amministratore, di carattere<br />

direttivo o di partecipazione ad organi collegiali<br />

presso enti ed organismi associativi, a<br />

carattere nazionale, di rappresentanza di<br />

categoria; tale disposizione trova applicazione<br />

esclusivamente per i primi cinque anni dalla<br />

costituzione del fondo pensione;<br />

b) con esclusivo riferimento ai fondi pensione<br />

istituiti ai sensi dell’art. 3, comma 2, del<br />

decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124,<br />

funzioni dirigenziali presso amministrazioni o<br />

enti pubblici.<br />

4 ORDINE 12 <strong>2003</strong>


gio nazionale garantisce il perfetto<br />

tra rappresentati e rappresentanti<br />

Gestione previdenziale separata per il lavoro autonomo (Inpgi 2)<br />

DOCUMENTAZIONE<br />

ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />

Elezione 9 giornalisti pensionati<br />

Il Decreto legislativo n. 509/1994<br />

vuole il requisito<br />

della professionalità<br />

Pubblichiamo l’articolo 1 del<br />

decreto legislativo n. 509/1994,<br />

che ha fatto nascere le casse<br />

privatizzate <strong>dei</strong> professionisti:<br />

Art. 1 - Enti privatizzati<br />

1.1 - Gli enti di cui all’elenco A<br />

allegato al presente decreto legislativo<br />

sono trasformati, a decorrere<br />

dal 1° gennaio 1995, in<br />

associazioni o in fondazioni con<br />

deliberazione <strong>dei</strong> competenti<br />

organi di ciascuno di essi, adottata<br />

a maggioranza qualificata<br />

<strong>dei</strong> due terzi <strong>dei</strong> propri componenti,<br />

a condizione che non<br />

usufruiscano di finanziamenti<br />

pubblici o altri ausili pubblici di<br />

carattere finanziario.<br />

1.2 - Gli enti trasformati continuano<br />

a sussistere come enti senza<br />

scopo di lucro e assumono la<br />

personalità giuridica di diritto<br />

privato ai sensi degli articoli 12 e<br />

seguenti del codice civile e<br />

secondo le disposizioni di cui al<br />

presente decreto, rimanendo titolari<br />

di tutti i rapporti attivi e passivi<br />

<strong>dei</strong> corrispondenti enti previdenziali<br />

e <strong>dei</strong> rispettivi patrimoni.<br />

Gli atti di trasformazione e tutte le<br />

operazioni connesse sono esenti<br />

da imposte e tasse.<br />

1.3 - Gli enti trasformati continuano<br />

a svolgere le attività previdenziali<br />

e assistenziali in atto riconosciute<br />

a favore delle categorie di<br />

lavoratori e professionisti per le<br />

quali sono stati originariamente<br />

istituiti, ferma restando la obbligatorietà<br />

della iscrizione e della<br />

contribuzione. Agli enti stessi non<br />

sono consentiti i finanziamenti<br />

pubblici diretti o indiretti, con<br />

esclusione di quelli connessi con<br />

gli sgravi e la fiscalizzazione degli<br />

oneri sociali.<br />

1.4 - Contestualmente alla deliberazione<br />

di cui al comma 1, gli<br />

enti adottano lo statuto ed il regolamento,<br />

che debbono essere<br />

approvati ai sensi dell’art. 3,<br />

comma 2, ed ispirarsi ai seguente<br />

criteri:<br />

a) trasparenza nei rapporti con gli<br />

iscritti e composizione degli organi<br />

collegiali fermi restando i<br />

vigenti criteri di composizione<br />

degli organi stessi, così come<br />

previsti dagli attuali ordinamenti;<br />

b) determinazione <strong>dei</strong> requisiti<br />

per l’esercizio dell’attività istituzionale,<br />

con particolare riferimento<br />

dell’onorabilità e professionalità<br />

<strong>dei</strong> componenti degli<br />

organi collegiali e, comunque,<br />

<strong>dei</strong> responsabili dell’associazione<br />

o fondazione. Tale professionalità<br />

è considerata esistente<br />

qualora essa costituisca<br />

un dato caratterizzante<br />

l’attività professionale della<br />

categoria interessata;<br />

c) previsione di una riserva legale,<br />

al fine di assicurare la continuità<br />

nell’erogazione delle<br />

prestazioni, in misura non inferiore<br />

a cinque annualità dell’importo<br />

delle pensioni in essere. Ferme<br />

restando le riserve tecniche<br />

esistenti alla data di entrata in<br />

vigore del presente decreto, all’eventuale<br />

adeguamento di esse si<br />

provvede, nella fase di prima<br />

applicazione, mediante accantonamenti<br />

pari ad una annualità<br />

per ogni biennio.<br />

Segue Chiodini / dalla pagina 1<br />

riguarda la distinzione tra pensionati e<br />

lavoratori attivi (cioè giornalisti in attività)<br />

sia per quanto riguarda l’elettorato<br />

attivo sia per quanto riguarda quello<br />

passivo.<br />

In altre parole, i pensionati possono<br />

soltanto votare pensionati (tra l’altro<br />

su lista a livello nazionale) e possono<br />

solo essere eletti in liste di pensionati.<br />

Che senso ha distinguere tra<br />

pensionati e non Perché un pensionato<br />

non potrebbe poter votare per<br />

un giornalista in attività di cui ha<br />

stima E viceversa, ovviamente. Vi<br />

risulta forse che gli azionisti Fiat o<br />

Telecom, tanto per fare degli esempi,<br />

siano suddivisi fra pensionati e non<br />

pensionati<br />

Seconda osservazione: a quale<br />

perverso sistema giova questa suddivisione<br />

E i pensionati, così ossequiosi<br />

e così “allineati”, non si sentono<br />

cittadini di serie B e “ospiti” in un istituto<br />

che è invece previdenziale, e che<br />

quindi di previdenza (cioè di pensioni,<br />

cioè di pensionati) deve trattare<br />

Ingpi 2. Ovvero<br />

la “gestione separata”<br />

Anche in questo caso il sistema elettorale<br />

è fascista o “bulgaro” che dir si<br />

voglia. È comunque addirittura peggio<br />

di quello previsto per Inpgi 1. Infatti,<br />

dalle urne escono soltanto cinque<br />

semplici “aspiranti consiglieri”, nell’ambito<br />

<strong>dei</strong> quali il consiglio – composto<br />

dal presidente (che è anche presidente<br />

di Inpgi) dal vice presidente<br />

(che è anche vice presidente di<br />

Inpgi), dal rappresentante di Fieg e<br />

da quello del ministero – scelgono, a<br />

proprio piacimento, quello che da<br />

“aspirante” diventerà, con la “designazione”,<br />

membro effettivo del Cda. Non<br />

certo per fare da incomodo ma,<br />

ovviamente, per fare da suppellettile,<br />

dato il sistema di cooptazione. Insomma,<br />

ai soci di Inpgi 2 (cioè i giornalisti)<br />

è riservato un solo posto in consiglio<br />

di amministrazione.<br />

Terza osservazione: alla faccia della<br />

democrazia, del principio di rappresentatività<br />

e del principio di assunzione<br />

di responsabilità: nessuno si sente<br />

preso in giro<br />

Tre semplici fatti, tre semplici osservazioni.<br />

Naturalmente, siamo uomini<br />

di mondo e non di certo Alice nel<br />

paese delle meraviglie, per cui, oltre<br />

alle osservazioni, abbiamo pronte<br />

anche delle spiegazioni per motivare<br />

tutto questo incredibile e vergognoso<br />

casino. Tutto questo orrendo meccanismo<br />

nient’altro è che uno strumento<br />

di potere, per consentire l’esercizio<br />

di un potere indiscusso al riparo delle<br />

conseguenze di possibili contestazioni<br />

e opinioni contrarie.<br />

È un meccanismo che garantisce la<br />

gestione dell’Inpgi alle “minoranze<br />

organizzate” (che se poi, per puro<br />

caso, diventano maggioranza, tanto<br />

meglio) in virtù di una legge elettorale<br />

ingiusta e discriminatoria, non proporzionale.<br />

Un potere che può contare<br />

su efficaci “oliature” (sottoforma di<br />

trasferimenti di fondi) come ha di<br />

recente denunciato Franco Abruzzo<br />

(finora non smentito) il quale ha reso<br />

di pubblico dominio che l’Inpgi trasferisce<br />

al sindacato <strong>dei</strong> giornalisti circa<br />

due miliardi e mezzo di vecchie lire<br />

ogni anno e che il sindacato, in particolare<br />

nelle piccole regioni, si dà<br />

ovviamente da fare per sostenere i<br />

“candidati” amici e “in linea” con i<br />

gestori del momento dell’istituto. Soldi<br />

arriverebbero anche alle associazioni<br />

per così dire “di categoria”, come<br />

quella <strong>dei</strong> pensionati, per esempio.<br />

Associazione dove si strilla molto ma<br />

si conclude poco e alle chiamate elettorali<br />

si è usi mettersi sull’attenti.<br />

Tacendo.<br />

Si tratta di uno strumento di potere di<br />

cui hanno responsabilità, primi fra<br />

tutti, i “padri fondatori” di questo statuto,<br />

cioè quei nostri colleghi che l’hanno<br />

proposto (con lo slogan “Inpgi<br />

privato” e “giù le mani dall’Inpgi”) a<br />

una categoria (la nostra, quella <strong>dei</strong><br />

giornalisti) per sua natura disattenta<br />

e sviata, poco avvezza ad occuparsi<br />

di problemi di “bottega”. Almeno fino<br />

a quando questi problemi non diventano<br />

montagne ed occorre occuparsene<br />

per forza.<br />

La responsabilità riguarda quindi,<br />

almeno in parte, anche tutta la categoria.<br />

Ma riguarda anche chi, avvicendatosi<br />

ai centri decisionali dell’istituto<br />

in questi ultimi anni, si è guardato<br />

bene dal sottolineare le storture di<br />

tale sistema e dal proporne la sua<br />

riforma. Anzi. Casomai (e qui esprimo<br />

un parere personale) ha stretto ancora<br />

di più l’incestuoso legame con il<br />

sindacato, facendone diventare l’istituto<br />

una sorta di propaggine.<br />

Beninteso: non ho nulla contro il<br />

sindacato e il suo ruolo. Tutt’altro.<br />

Ritengo, però, che il sindacato non<br />

debba occuparsi di gestire la previdenza,<br />

quindi di gestire l’Ingpi. Certo,<br />

il sindacato ha tutto il diritto e tutto il<br />

dovere di prefigurare un progetto<br />

previdenziale, di battersi per la previdenza<br />

<strong>dei</strong> giornalisti così come si<br />

batte per il contratto di lavoro. Ma non<br />

è opportuno (potrebbe essere, e in<br />

qualche caso certamente è stato,<br />

conflitto di interessi) che si occupi<br />

della gestione di un istituto al quale,<br />

chiariti gli obiettivi di fondo e i principi<br />

cui deve ispirarsi la gestione, non<br />

rimane altro da fare che gestire al<br />

meglio, secondo sane metodologie<br />

aziendali.<br />

L’Inpgi è l’Inpgi, la Fnsi è la Fnsi. Non<br />

tutti sono iscritti al sindacato, tutti i<br />

giornalisti sono iscritti all’Inpgi. L’Inpgi<br />

deve “comprendere e tutelare” anche<br />

gli interessi <strong>dei</strong> pensionati-soci, il<br />

sindacato non è detto che lo debba<br />

fare: certamente, spesso non lo ha<br />

fatto. I conflitti sono potenziali, ma<br />

spesso diventano reali. L’Inpgi faccia<br />

la sua parte, il sindacato anche.<br />

Senza confusioni e ingerenze.<br />

A questo punto un invito ai nuovi (o<br />

rinnovati) consiglieri dell’Inpgi. Che si<br />

impegnino a voltare pagina nella<br />

gestione dell’istituto, affinché la<br />

gestione stessa…<br />

Diventi trasparente. Anche mediante<br />

la pubblicazione, sul sito, del bilancio<br />

dell’istituto (ora non c’è) e delle delibere<br />

e <strong>dei</strong> verbali del consiglio di<br />

amministrazione, oltre a fornire a chi<br />

è interessato una serie di parametri e<br />

di dati oltre ad altre informazioni.<br />

Sia democratica. Che punti alla<br />

rimozione di tutti gli aspetti niente<br />

affatto democratici sia a livello istituzionale<br />

(statuto, anche di Inpgi 2) sia<br />

a livello gestionale. E che consideri<br />

gli associati <strong>dei</strong> veri e propri soci cui<br />

riferire e <strong>dei</strong> quali chiedere il parere<br />

sulle questioni importanti.<br />

Sia ispirata a principi di eguaglianza<br />

ed equità. Affinché non vi<br />

siano più pensionati di serie A, di<br />

serie B e di serie C. E che ponga i<br />

pensionati dell’istituto al livello degli<br />

altri pensionati anche per quanto<br />

riguarda i diritti emanati per legge<br />

dello Stato.<br />

Non sia concepita come centro di<br />

potere. E si consideri, invece, occasionalmente<br />

e temporaneamente al<br />

servizio della categoria.<br />

Funzioni con criteri aziendali. Con<br />

lo scopo di migliorare la gestione della<br />

previdenza della categoria e di tenere<br />

sotto controllo i costi della struttura.<br />

Sia propositiva. Allo scopo di predisporre<br />

un progetto previdenziale sul<br />

quale chiamare tutta la categoria a<br />

riflettere e ad esprimersi.<br />

Questo, e altro, noi dobbiamo chiedere<br />

ai nuovi gestori dell’Inpgi. E su<br />

questo dobbiamo misurarli e valutarli,<br />

non soltanto in occasione del rinnovo<br />

delle cariche (elezioni) ma costantemente.<br />

Sempre. Perché l’istituto è<br />

nostro e i “padroni”, per così dire,<br />

siamo noi, Nessun altro. Perché<br />

all’Inpgi non vi è alcun azionista di<br />

maggioranza e di riferimento. Neppure<br />

il sindacato.<br />

Ezio Chiodini<br />

5


D E O N T O L O G I A<br />

PRESCRIZIONE DELL’AZIONE DISCIPLINARE<br />

Ferma presa di posizione<br />

del Consiglio<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia:<br />

“Cerchiamo un giudice<br />

che sottoponga la questione<br />

alla Corte costituzionale”<br />

L’articolo 58 della legge n. 69/1963 consente la prescrizione <strong>dei</strong> “reati”<br />

deontologici in 7 anni e 6 mesi. Ma i gradi di giudizio sono cinque:<br />

un’impresa impossibile. In passato la Cassazione riteneva che questo<br />

arco di tempo abbracciasse soltanto i primi due gradi amministrativi.<br />

“Il nostro obiettivo è quello di far attribuire alla pendenza del procedimento<br />

avanti l’autorità giudiziaria un effetto interruttivo permanete (<strong>dei</strong><br />

termini), come oggi già accade per i procedimenti relativi ad avvocati<br />

e notai. <strong>Giornalisti</strong>, notai e avvocati non possono essere trattati in<br />

maniera difforme”.<br />

“C’è anche<br />

un diritto<br />

alla giustizia<br />

deontologica<br />

e vogliamo<br />

difenderlo”<br />

Franco Abruzzo, in nome e per conto<br />

dell’<strong>Ordine</strong> regionale, ha trasmesso al<br />

presidente dell’<strong>Ordine</strong> nazionale la lettera,<br />

che qui viene riprodotta integralmente:<br />

“Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della<br />

Lombardia nella seduta del 17 novembre ha<br />

preso atto della sentenza n. 15550/03 della<br />

III sezione civile della Cassazione e ha deliberato<br />

di riproporre in ogni sede giudiziaria<br />

la questione di legittimità costituzionale<br />

dell’articolo 58 della nostra legge professionale.<br />

Il nostro legale, prof. avv. Remo Danovi -<br />

presidente del Consiglio nazionale forense -,<br />

ha avuto la brillante idea, pienamente condivisa<br />

dall’OgL e poi anche dal Cnog, di sollevare<br />

la questione di legittimità costituzionale<br />

dell’articolo 58 della nostra legge professionale.<br />

Le sezioni unite civili della Cassazione,<br />

con la sentenza n. 9694 del 4 luglio 2002,<br />

hanno stabilito un criterio interpretativo<br />

dell’articolo 58 (adesso ripreso dalla III<br />

sezione civile con la sentenza citata nell’oggetto)<br />

che salva i giornalisti spregiudicati e<br />

scorretti: “Il procedimento disciplinare nei<br />

confronti <strong>dei</strong> giornalisti è unico, se pure articolato<br />

in due distinte fasi: amministrativa, che<br />

si svolge dinanzi al Consiglio regionale o<br />

Interregionale dell’<strong>Ordine</strong> e, in sede di ricorso,<br />

davanti al Consiglio nazionale; e giurisdizionale,<br />

che si svolge dinanzi a “Sezioni<br />

specializzate”, istituite presso il Tribunale e la<br />

Corte d’Appello, e poi, dinanzi alla Corte di<br />

Cassazione. Pertanto il termine massimo di<br />

prescrizione dell’azione disciplinare, previsto<br />

in sette anni e mezzo dall’articolo 58 della<br />

legge n. 69 del 1963 deve intendersi riferito<br />

all’intero procedimento disciplinare, comprensivo<br />

delle predette due fasi”.<br />

La conseguenza è disastrosa: pretendere<br />

che cinque gradi di giudizio possano esaurirsi<br />

in 7 anni e 6 mesi è pura follia. Il risultato<br />

è che tutti i procedimenti disciplinari<br />

rischiano di essere dichiarati prescritti, come<br />

è avvenuto con il caso Lombardfin e oggi<br />

con la vicenda Vezzani. Eppure il Parlamento<br />

ha voluto i Consigli dell’<strong>Ordine</strong> giudici<br />

rispetto al Codice della privacy e rispetto<br />

all’articolo 114 (comma 6) del Codice di<br />

procedura penale (tutela <strong>dei</strong> minori).<br />

Le vie sono due: una modifica legislativa<br />

dell’articolo 58 (impossibile ad ottenersi)<br />

oppure un intervento della Corte costituzionale.<br />

L’obiettivo è quello di far attribuire, ex<br />

art. 2945 Cc, alla pendenza del procedimento<br />

avanti l’autorità giudiziaria un effetto interruttivo<br />

permanete (<strong>dei</strong> termini), come oggi<br />

già accade per i procedimenti relativi ad<br />

avvocati e notai. <strong>Giornalisti</strong>, notai e avvocati<br />

non possono essere trattati in maniera difforme.<br />

È accaduto che il sito della Fnsi, con atteggiamento<br />

acritico, abbia presentato la notizia<br />

della sentenza della III sezione civile<br />

della Cassazione come una sconfitta dell’<strong>Ordine</strong><br />

della Lombardia, quando, invece, la<br />

sconfitta è di tutta la categoria senza escludere<br />

l’<strong>Ordine</strong> nazionale presente nel giudizio.<br />

Del nostro sindacato salvo soltanto Pierluigi<br />

Franz, di cui è nota la cultura giuridicocostituzionale”.<br />

“Tale disservizio non incide affatto sulla legittimità<br />

costituzionale della disposizione<br />

normativa e, comunque, ad esso il legislatore<br />

deve porre rimedio con interventi ben<br />

diversi da quello di dilatare indeterminatamente<br />

l’incertezza delle posizioni giuridiche,<br />

diversamente, sulla base di una tale ragione,<br />

il nostro sistema sostanziale e processuale<br />

dovrebbe vedere abolito qualsiasi temine<br />

prescrizionale o decadenziale”.<br />

La Cassazione passa la palla al legislatore, ma gli attuali ter<br />

Pubblichiamo la sentenza 9 luglio-17<br />

ottobre <strong>2003</strong> n. 15550 della sezione terza<br />

civile della Corte di Cassazione (presidente<br />

Duva - relatore Spirito; Pm Marinelli -<br />

conforme - ricorrente Vezzani; controricorrente<br />

Consiglio regionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti della Lombardia)<br />

Svolgimento del processo. Nel settembre<br />

del 1996 il Consiglio regionale dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia inflisse la<br />

sanzione dell’avvertimento scritto alla giornalista<br />

Caterina Vezzani per pubblicità redazionale<br />

ingannevole, con riferimento ad un<br />

articolo sull’igiene orale pubblicato nella<br />

rubrica “Salute” della rivista Oggi, contenente<br />

il riferimento, sia nel testo, sia nelle fotografie<br />

appostevi, ad una specifica marca di<br />

dentifricio. Le impugnazioni proposte dalla<br />

giornalista furono respinte sia dal Consiglio<br />

nazionale <strong>dei</strong> giornalisti, sia dal Tribunale di<br />

Milano, sia dalla Corte d’appello della stessa<br />

città. La Vezzani propone ora ricorso per<br />

la cassazione della sentenza della Corte<br />

d’appello di Milano, svolgendo sei motivi. Si<br />

difende con controricorso il Consiglio regionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti. Entrambe le<br />

parti costituite depositano memoria.<br />

Motivi della decisione. Con il primo motivo<br />

la ricorrente sostiene l’incompatibilità a decidere<br />

di un componente laico (il giornalista<br />

Renzo Magosso) del collegio giudicante di<br />

primo grado, il quale invece avrebbe dovuto<br />

astenersi per aver già composto il collegio<br />

del Tribunale nel processo poi annullato<br />

dalla Corte d’appello e, quindi, per aver già<br />

conosciuto della causa. Con il secondo<br />

motivo è lamentata l’illogicità della motivazione<br />

in ordine alla sussistenza dell’elemento<br />

soggettivo in capo alla ricorrente.<br />

Il terzo e quarto motivo censurano l’illogicità<br />

della motivazione in ordine alla ritenuta<br />

sussistenza della pubblicità ingannevole,<br />

nonché i vizi della motivazione in relazione<br />

alla natura informativa o pubblicitaria dello<br />

scritto in questione ed al carattere ingannatorio<br />

della condotta realizzata.<br />

Il quinto motivo contesta i vizi della motivazione<br />

in relazione all’esistenza di presunzioni<br />

gravi, precise e concordanti utilizzate in<br />

mancanza della prova del rapporto di<br />

committenza tra l’impresa ed il giornalista.<br />

Nel sesto motivo di ricorso è censurato quel<br />

punto della sentenza che, in accoglimento<br />

dell’appello incidentale del Consiglio regionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong>, condanna la Vezzani al<br />

pagamento delle spese sostenute dal<br />

Consiglio stesso nel doppio grado di giudizio.<br />

Preliminare all’esame <strong>dei</strong> motivi è la<br />

questione relativa alla prescrizione dell’azione<br />

disciplinare, sulla cui sopravvenienza<br />

entrambe le parti concordano, in base all’interpretazione<br />

che dell’articolo 58 della legge<br />

69/1963 (Ordinamento della professione di<br />

giornalista), hanno recentemente fornito le<br />

Sezioni unite di questa Suprema corte.<br />

In particolare, il citato articolo 58 stabilisce<br />

che “L’azione disciplinare si prescrive entro<br />

cinque anni dal fatto. Nel caso che per il fatto<br />

sia stato promosso procedimento penale, il<br />

termine suddetto decorre dal giorno in cui è<br />

divenuta irrevocabile la sentenza di condanna<br />

o di proscioglimento. La prescrizione è<br />

interrotta dalla notificazione degli addebiti<br />

all’interessato, da eseguirsi nei modi di cui<br />

all’articolo precedente, nonché dalle discolpe<br />

presentate per iscritto dall’incolpato. La<br />

prescrizione interrotta ricomincia a decorrere<br />

dal giorno dell’interruzione; se più sono<br />

gli atti interruttivi la prescrizione decorre<br />

dall’ultimo di essi, ma in nessun cavo il<br />

termine stabilito nel primo comma può essere<br />

prolungato oltre la metà... “.<br />

Cassazione, Sezioni unite, 9694/02, nel<br />

comporre un precedente contrasto di giurisprudenza,<br />

ha stabilito che nell’ordinamento<br />

della professione di giornalista - di cui alla<br />

legge 69/1963, nel quale il procedimento di<br />

applicazione della sanzione disciplinare è<br />

unico, sebbene articolato in due fasi, una<br />

amministrativa (che si conclude con la deliberazione<br />

del consiglio nazionale) e l’altra<br />

giurisdizionale (che ha inizio con l’impugnazione<br />

davanti al tribunale, ad iniziativa<br />

dell’interessato o del Pm, della detta deliberazione)<br />

- la prescrizione dell’azione disciplinare,<br />

sancita dall’articolo 58 della citata<br />

legge, riguardando, indifferentemente ed in<br />

modo unitario, il procedimento davanti agli<br />

organi dell’ordine professionale ed il processo<br />

davanti al giudice, può maturare anche in<br />

pendenza di quest’ultimo ed è suscettibile di<br />

rimanere interrotta anche da atti, ordinati<br />

all’applicazione della sanzione, diversi da<br />

quelli (notificazione degli addebiti all’interessato<br />

- discolpe presentate per iscritto dall’incolpato)<br />

nominati nel terzo comma dello<br />

stesso articolo 58, senza tuttavia che (ai<br />

sensi del quarto comma della medesima<br />

disposizione) in nessun caso, e quindi<br />

neppure in presenza di più atti interruttivi, il<br />

termine di cinque anni possa essere prolungato<br />

oltre la metà, non trovando applicazione<br />

la regola della interruzione con effetto<br />

permanente dettata dal secondo comma<br />

dell’articolo 2945 Cc. Da ciò deriva che,<br />

spirato il termine massimo di durata di sette<br />

anni e mezzo dal fatto senza che la commissione<br />

dell’illecito sia stata definitivamente<br />

accertata, il processo non può proseguire e<br />

la sopravvenuta prescrizione deve essere<br />

rilevata e dichiarata anche d’ufficio.<br />

Nella specie, il provvedimento disciplinare è<br />

stato inflitto alla giornalista Vezzani in relazione<br />

ad un articolo pubblicato sulla rivista<br />

Oggi, n, 41, dell’11 ottobre 1995. Sicché,<br />

l’azione disciplinare è sicuramente prescritta<br />

alla data dell’11 aprile <strong>2003</strong>, ossia alla<br />

scadenza di sette anni e mesi sei dal fatto<br />

contestato. Sennonché, il Consiglio regionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti formula questione<br />

di illegittimità costituzionale del più volte<br />

citato articolo 58, come interpretato dalla<br />

menzionata sentenza delle Sezioni unite,<br />

per contrasto con gli articoli 24 e 3 Costituzione.<br />

In particolare, sotto un primo profilo il Consiglio<br />

dell’<strong>Ordine</strong> sostiene che la mancata<br />

previsione dell’effetto interruttivo permanente<br />

dell’azione giudiziaria e la fissazione di un<br />

termine massimo di prescrizione (sette anni<br />

e mezzo) siano incompatibili con il diritto di<br />

agire in giudizio; che, in concreto, l’eccessiva<br />

durata <strong>dei</strong> giudizi civili e le disfunzioni<br />

dell’apparato giudiziario impediscono il<br />

rispetto del termine massimo dell’azione<br />

disciplinare, traducendosi nell’impossibilità<br />

pratica del suo esercizio; che l’unico modo<br />

per non sacrificare questo diritto è quello di<br />

attribuire alla pendenza del procedimento<br />

davanti all’autorità giudiziaria l’effetto interruttivo<br />

permanente (come per i disciplinari<br />

<strong>dei</strong> notai e degli avvocati), che la dilatazione<br />

del procedimento disciplinare non è contraria<br />

all’esigenza del giusto processo, visto<br />

che all’incolpato sono assicurati ben cinque<br />

processi e che il contenimento <strong>dei</strong> tempi<br />

deve essere assicurato nella fase amministrativa<br />

del procedimento, non in quella<br />

giurisdizionale.<br />

Sotto altro profilo, il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong><br />

pone, poi, in evidenza la disparità di trattamento<br />

scaturente da siffatta interpretazione<br />

dell’articolo 58, nel caso in cui l’azione disciplinare<br />

venga esercitata nei confronti di due<br />

diversi soggetti (ad esempio, autore dell’articolo<br />

e direttore della rivista), per uno stesso<br />

fatto, ed i due giudizi si concludano prima o<br />

dopo lo spirare del termine massimo prescrizionale.<br />

La questione di illegittimità costituzionale -<br />

per violazione degli articoli 3 e 24 Costituzione,<br />

dell’articolo 58 della legge 69/1963<br />

nella parte in cui non attribuisce all’azione<br />

giudiziaria civile l’effetto interruttivo permanente<br />

della prescrizione - è sicuramente rilevante<br />

nella fattispecie (in quanto una sua<br />

positiva soluzione comporterebbe il mancato<br />

compimento del termine prescrizionale)<br />

ma manifestamente infondata. Ed invero, va<br />

innanzitutto posta in evidenza la sostanziale<br />

diversità di presupposti tra la materia della<br />

6 ORDINE 12 <strong>2003</strong>


GIORNALISTI ACCUSATI DI VIOLAZIONI<br />

DEONTOLOGICHE ALLA CARTA DEI DIRITTI<br />

E DEI DOVERI O ALLA CARTA DI TREVISO<br />

RISCHIANO ADESSO DI FARLA FRANCA<br />

“Cassazione: sanzioni per i<br />

giornalisti prescritte in 7<br />

anni e mezzo. Respinto il<br />

ricorso dell’<strong>Ordine</strong> della<br />

Lombardia”, così il 13<br />

novembre ha titolato il sito<br />

della Fnsi, ignorando, però,<br />

la vera notizia che non è<br />

quella, fuorviante e quasi<br />

trionfante, che è stato<br />

respinto un ricorso<br />

dell’<strong>Ordine</strong> della<br />

Lombardia.<br />

La sentenza della<br />

Suprema Corte, infatti,<br />

concede in pratica una<br />

sorta di immunità a tutti<br />

quei giornalisti sottoposti a<br />

procedimento disciplinare<br />

per aver violato le norme<br />

deontologiche della<br />

categoria, in quanto la<br />

prescrizione in 7 anni e<br />

mezzo di fatto consente<br />

loro di non essere mai<br />

condannati in via definitiva<br />

e di essere così “graziati”<br />

dalla prescrizione.<br />

Motivo: in 7 anni e mezzo<br />

dovrebbero esaurirsi:<br />

1) il giudizio davanti<br />

all’<strong>Ordine</strong> regionale <strong>dei</strong><br />

giornalisti;<br />

2) il giudizio davanti<br />

all’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong><br />

giornalisti;<br />

3) il giudizio davanti al<br />

tribunale civile;<br />

4) il giudizio davanti alla<br />

Corte d’appello civile;<br />

5) il giudizio davanti alla<br />

Cassazione civile<br />

(quest’ultimo potrebbe<br />

essere anche duplice<br />

perché la Suprema Corte<br />

potrebbe annullare il primo<br />

verdetto di appello e<br />

ordinare un nuovo<br />

processo).<br />

Di conseguenza per chi<br />

ben conosce le lungaggini<br />

della giustizia civile in Italia<br />

in 7 anni e mezzo è<br />

praticamente impossibile<br />

che i giudizi disciplinari a<br />

carico di giornalisti<br />

vengano conclusi davanti<br />

all’<strong>Ordine</strong> e alla<br />

magistratura ordinaria.<br />

«A mio parere farebbero<br />

bene l’<strong>Ordine</strong> nazionale e<br />

la Fnsi a non sottovalutare<br />

affatto il grave problema,<br />

sollecitando subito<br />

Governo e Parlamento ad<br />

un intervento legislativo<br />

proprio al fine di tutelare i<br />

diritti e gli interessi <strong>dei</strong><br />

lettori, radioascoltatori e<br />

telespettatori di fronte a<br />

gravi scorrettezze<br />

deontologiche <strong>dei</strong><br />

giornalisti. In caso contrario<br />

la Carta <strong>dei</strong> diritti e <strong>dei</strong><br />

doveri <strong>dei</strong> giornalisti, la<br />

Carta di Treviso per la<br />

tutela <strong>dei</strong> minori e tutte le<br />

altre Carte e regole in<br />

difesa <strong>dei</strong> cittadini<br />

rischierebbero, purtroppo,<br />

di finire nel cestino».<br />

Pierluigi Franz<br />

presidente<br />

dell’Associazione Stampa<br />

Romana<br />

Roma, 7 novembre <strong>2003</strong>. “Siamo venuti in<br />

Italia spinti da preoccupazione per una situazione<br />

sullo stato dell’informazione che sembrava<br />

allarmante. Dopo gli incontri di questi<br />

due giorni in un parola posso dire che l’allarme<br />

è giustificato”. Così il presidente della<br />

Federazione europea <strong>dei</strong> giornalisti, Gustl<br />

Glatt Felder, ha descritto le impressioni raccolte<br />

dalla delegazione di giornalisti europei e<br />

internazionali giunti a Roma per fare il punto<br />

sulla situazione del giornalismo italiano.<br />

Durante la “missione in Italia” come la Federazione<br />

internazionale <strong>dei</strong> giornalisti (Ifj) e la<br />

Federazione europea <strong>dei</strong> giornalisti (Efj)<br />

hanno battezzato il viaggio in Italia, i rappresentanti<br />

della delegazione hanno incontrato<br />

direttori di giornali e di testate televisive, il<br />

presidente della Rai, Lucia Annunziata, il<br />

presidente dell’Antitrust, Tasauro, il direttore<br />

della Fieg, Sortino, i due commissari dell’Autorità<br />

per le comunicazioni, Sangiorgi e<br />

Meocci.<br />

Sul versante politico le due federazioni di giornalisti<br />

hanno incontrato alcuni esponenti<br />

dell’opposizione e hanno chiesto un incontro<br />

con il ministro delle Comunicazioni, Maurizio<br />

Gasparri e il sottosegretario alla presidenza<br />

del Consiglio <strong>dei</strong> ministri, Paolo Bonaiuti.<br />

“Questi incontri - ha spiegato il segretario<br />

generale Ifj/Efj, Aidan White - ci hanno<br />

permesso di approfondire il livello di conoscenza<br />

sulla crisi italiana dell’informazione e<br />

ci permetterà si scrivere una relazione che<br />

sarà presentata all’Unione europea e agli<br />

organismo internazionali e alle Nazioni<br />

Unite”. La preoccupazione <strong>dei</strong> giornalisti<br />

europei rispetto alla situazione dell’informazione<br />

in Italia era emersa, ha spiegato White,<br />

durante l’incontro annuale delle federazioni<br />

di settore a Praga “nel quale - ha aggiunto il<br />

segretario dell’Ifj - 40 organizzazioni hanno<br />

deliberato all’unanimità l’importanza di<br />

questa missione”.<br />

Un viaggio che si è concentrato su alcuni punti<br />

<strong>Giornalisti</strong>, Federazione<br />

Europea: è allarme Italia.<br />

Lo dice il presidente in missione<br />

in Italia con delegazione<br />

che secondo la delegazione determinano la<br />

“crisi dell’informazione italiana”: il conflitto di<br />

interessi, la concentrazione <strong>dei</strong> media e il ddl<br />

Gasparri.<br />

“Il governo - ha denunciato White - sta facendo<br />

i suoi giochi attraverso i media e si sta<br />

prendendo gioco di un aspetto fondamentale<br />

della società democratica, che è la libertà di<br />

informazione”. Ma la situazione italiana, è<br />

convinta la delegazione, va oltre l’attuale<br />

governo. “Il suo punto debole - ha spiegato il<br />

segretario Ifj - risiede nel fatto che negli ultimi<br />

20 anni il governo italiano è stato incapace di<br />

garantire un’espressione libera tra settore<br />

pubblico e privato. Ed è per questo che il<br />

problema attuale <strong>dei</strong> media italiani è una sfida<br />

per tutti i politici”.<br />

Per quanto riguarda il conflitto di interessi, la<br />

delegazione ha riferito di aver raccolto nei vari<br />

incontri una preoccupazione diffusa. “Tutte le<br />

persone incontrate - ha affermato Glattfelder -<br />

a partire dal direttore del Giornale Belpietro,<br />

si schierano contro e con punti di vista diversi<br />

ci sembra che sia un problema per tutti. Sarà<br />

importante conoscere l’opinione di Gasparri”.<br />

Non solo italiana, invece, la questione della<br />

concentrazione mediatica, “un problema europeo<br />

- ha sostenuto White - perché l’Ue non è<br />

stata in grado di definire i punti fondamentali<br />

per risolvere la questione”.<br />

Convinto dell’importanza della missione in<br />

Italia delle due federazioni straniere il segretario<br />

generale della Fnsi Paolo Serventi<br />

Longhi che ha sottolineato “la necessità che<br />

l’Europa tenga sotto stretta osservazione il<br />

problema della libertà di informazione e del<br />

diritto <strong>dei</strong> cittadini italiani ad essere informati”.<br />

Per il presidente Fnsi Franco Siddi, la<br />

preoccupazione delle federazioni internazionali<br />

<strong>dei</strong> giornalisti “non è una questione di<br />

faziosità ma dipende dal fatto che l’Italia è un<br />

cattivo esempio per l’Europa che deve scrivere<br />

un quaderno delle regole della libera<br />

stampa”.<br />

(ANSA)<br />

mini sono “nient’affatto brevi”<br />

prescrizione <strong>dei</strong> diritti (nell’ambito della<br />

quale è collocata la disposizione dell’articolo<br />

2945 Cc) e quella della prescrizione<br />

dell’azione disciplinare. Proprio la citata<br />

sentenza delle sezioni unite ha posto in<br />

evidenza che le norme che regolano la<br />

durata della prescrizione sono norme di<br />

diritto sostanziale. Esse hanno ad oggetto la<br />

situazione soggettiva attiva che nasce da un<br />

determinato fatto ed al decorso del tempo<br />

ricollegano l’effetto di liberare l’altra parte<br />

dalla correlata posizione passiva. Orbene,<br />

quando l’articolo 58, primo e quarto comma,<br />

della legge 69/1963 dispone che l’azione<br />

disciplinare si prescrive in cinque anni e che,<br />

pur in presenza di più atti interruttivi, in<br />

nessun caso il termine di cinque anni può<br />

essere prolungato oltre la metà, esso detta<br />

una norma che, in relazione ad ogni specifica<br />

infrazione disciplinare, regola il tempo<br />

entro il quale può essere esercitato il potere<br />

di applicare la sanzione e lo regola in modo<br />

da negare che atti ordinati all’applicazione<br />

della sanzione possano essere compiuti<br />

oltre un predeterminato e fisso momento<br />

temporale. Si tratta di un modo di regolare<br />

la prescrizione sotto il profilo dell’interruzione,<br />

che non lascia spazi di applicazione al<br />

diverso modo rappresentato dalla regola<br />

dell’interruzione con effetto permanente<br />

dettata dal secondo comma dell’articolo<br />

2945, comma secondo, Cc, perché quest’ultima<br />

è incompatibile con la prima.<br />

In secondo luogo, non è possibile addurre<br />

come ragione di compressione del diritto<br />

costituzionale di agire in giudizio (articolo 24<br />

Costituzione) la circostanza che la legge<br />

ponga un limite temporale (peraltro, nella<br />

specie, nient’affatto breve) al potere di esercitare<br />

l’azione disciplinare, poiché tale limite<br />

è imposto dall’altrettanto ragionevole<br />

esigenza di evitare che sia il professionista,<br />

sia il pubblico al quale egli rivolge il suo<br />

servizio non siano lasciati a tempo indefinito<br />

nell’incertezza circa la conformità <strong>dei</strong><br />

comportamenti del professionista stesso<br />

ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />

alle regole deontologiche che disciplinano il<br />

suo campo d’attività. Né è coerente lamentare<br />

l’illegittimità costituzionale della disposizione<br />

in esame sul presupposto che i lunghi<br />

tempi del processo civile impediscono, di<br />

fatto, il compiersi dell’azione disciplinare.<br />

Tale disservizio non incide affatto sulla legittimità<br />

costituzionale della disposizione<br />

normativa e, comunque, ad esso il legislatore<br />

deve porre rimedio con interventi ben<br />

diversi da quello di dilatare indeterminatamente<br />

l’incertezza delle posizioni giuridiche,<br />

diversamente, sulla base di una tale ragione,<br />

il nostro sistema sostanziale e processuale<br />

dovrebbe vedere abolito qualsiasi<br />

temine prescrizionale o decadenziale.<br />

Quanto, infine, alla censura di incostituzionalità<br />

relativa all’articolo 3 Cost., essa è<br />

basata sulla supposizione di una mera<br />

evenienza (l’eventuale disparità di trattamento<br />

tra soggetti coinvolti in distinti procedimenti<br />

disciplinari concernenti la medesima<br />

incolpazione) attribuibile a fattori del<br />

tutto esterni ed indipendenti dalla portata<br />

della disposizione della quale si discute.<br />

In conclusione, dunque, va dichiarata<br />

prescritta l’azione disciplinare promossa nei<br />

confronti della giornalista Caterina Vezzani,<br />

senza possibilità (per mancanza di un’apposita<br />

disposizione che lo consenta) di valutare<br />

la fondatezza <strong>dei</strong> motivi di ricorso e,<br />

dunque, della proposta azione disciplinare.<br />

Va, altresì, cassata senza rinvio l’impugnata<br />

sentenza della Corte milanese.<br />

Sussistono i giusti motivi per compensare<br />

interamente tra le parti le spese del giudizio<br />

di cassazione.<br />

PQM<br />

La Corte dichiara prescritta l’azione disciplinare<br />

promossa nei confronti della giornalista<br />

Caterina Vezzani e cassa senza rinvio la<br />

sentenza impugnata. Compensa interamente<br />

tra le parti le spese del giudizio di cassazione.<br />

Roma, 7 novembre <strong>2003</strong>. “Prendiamo atto<br />

che la Federazione europea <strong>dei</strong> giornalisti<br />

(Efj) giunta in Italia per verificare lo stato<br />

dell’informazione ha già espresso un<br />

sommario giudizio. A questo punto riteniamo<br />

Bonaiuti e Gasparri:<br />

incontro inutile<br />

con giornalisti europei<br />

“Questo non è<br />

pluralismo”<br />

Roma, 7 novembre. “È un peccato che non<br />

siano in grado di fornirci la loro posizione in<br />

quanto stiamo raccogliendo molte informazioni.<br />

Ovviamente loro vogliono solo persone<br />

che seguano la loro linea. Questo non è né<br />

pluralismo né libertà di espressione”. È la<br />

replica del presidente della Federazione<br />

europea <strong>dei</strong> giornalisti (Rfj) Gustl Glattfelder<br />

al rifiuto di un incontro da parte del sottosegretario<br />

alla presidenza del Consiglio Paolo<br />

Bonaiuti e del ministro delle Comunicazioni<br />

Gasparri.<br />

Roma, 7 Novembre - Berlusconi è convinto<br />

che l’85% della stampa è critica contro il<br />

governo in carica “Sembra che legga solo i<br />

giornali e gli articoli che lo criticano, come se<br />

facesse una sorta di selezione”, sostiene il<br />

presidente della Federazione europea <strong>dei</strong><br />

giornalisti (Efj) Gustl Glattfelder, in Italia con<br />

una delegazione della Federazione internazionale<br />

(Ifj) per analizzare lo stato dell’informazione.<br />

“È come se - ha aggiunto Glattfelder a margine<br />

della conferenza stampa per illustrare<br />

l’esito degli incontri con editori, esponenti di<br />

Authority e Antitrust e politici - facesse una<br />

inutile far perdere tempo a loro e a noi per<br />

un incontro che hanno già superato con le<br />

loro dichiarazioni”. Lo affermano il sottosegretario<br />

Paolo Bonaiuti ed il ministro Maurizio<br />

Gasparri in una nota congiunta. (ANSA)<br />

Sul rifiuto da parte del governo di ricevere la<br />

delegazione delle federazioni europea e<br />

internazionale <strong>dei</strong> giornalisti, il segretario<br />

Fnsi Paolo Serventi Longhi ha aggiunto:<br />

“Sarebbe bastato che il ministro Gasparri ed<br />

il sottosegretario Bonaiuti avessero accolto<br />

la richiesta di un incontro e illustrato la posizione<br />

del governo sul Ddl Gasparri e<br />

sull’informazione in Italia. Sottrarsi al<br />

confronto significa non avere la disponibilità<br />

a chiarire il senso delle iniziative legislative<br />

dell’esecutivo”.<br />

(ANSA)<br />

Serventi Longhi:<br />

il premier distorce verità<br />

su giornalisti<br />

sorta di rassegna stampa al negativo e lo fa<br />

sia leggendo i giornali italiani sia la stampa<br />

internazionale”.<br />

Sulle affermazioni del presidente del Consiglio<br />

riguardo l’atteggiamento ostile della<br />

maggior parte della stampa, è intervenuto<br />

anche il segretario Fnsi Paolo Serventi<br />

Longhi.<br />

“Berlusconi dice cosa non vera - ha sostenuto<br />

Serventi Longhi - anche perché lui stesso<br />

è proprietario del più grande network privato,<br />

di quotidiani e periodici. La verità non può<br />

essere distorta ed occorre un grande senso<br />

di responsabilità e misura”. (ANSA)<br />

7


INTERVISTA A LUCA MACARIO, VINCITORE DEL PREMIO CITIGROUP <strong>2003</strong><br />

Lezione di giornalismo negli Usa, do<br />

di Paola Pastacaldi<br />

Milano, 13 novembre <strong>2003</strong>. Prende il via la<br />

terza edizione italiana del premio Journalistic<br />

Excellence Award, ideato da Citigroup<br />

nel 1982 per promuovere il giornalismo<br />

economico-finanziario di alto livello, premiando<br />

i migliori professionisti in questo campo in<br />

tutto il mondo. Il Journalistic Excellence<br />

Award vuole essere il riconoscimento di Citigroup<br />

al ruolo che il giornalismo di eccellenza<br />

può ricoprire all’interno del sistema<br />

economico finanziario, contribuendo a creare<br />

un pubblico meglio informato e a sostenere<br />

il buon funzionamento del sistema nel suo<br />

complesso.<br />

La giuria dell’edizione 2004, come delle<br />

precedenti, è composta da rappresentanti istituzionali<br />

particolarmente autorevoli quali:<br />

Massimo Capuano, amministratore delegato<br />

di Borsa Italiana Spa; Lamberto Cardia, presidente<br />

della Consob; Antonio D’Amato, presidente<br />

di Confindustria; Lorenzo Del Boca,<br />

presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti; Alan<br />

Friedman, direttore editoriale www.miaeconomia.it;<br />

Carlo Secchi, rettore dell’Università<br />

Bocconi; Maurizio Sella, presidente dell’ABI;<br />

Luigi Spaventa, professore di Economia politica<br />

dell’Università di Roma; Terri Thompson,<br />

direttrice del Knight Bagehot Fellowship in<br />

Economics and Business Journalism a<br />

Columbia University; Giacomo Vaciago,<br />

direttore dell’Istituto di Economia e finanza<br />

dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. La<br />

giuria non include nessun rappresentante di<br />

Citigroup.<br />

Oltre che per l’autorevolezza e l’indipendenza<br />

della giuria questa iniziativa si distingue<br />

per il rigore del processo di selezione e<br />

Luca Macario.<br />

Luca Macario, capo redattore della televisione satellitare<br />

di Banca Intesa, sede milanese, piazza Belgioioso,<br />

(un équipe di dieci giornalisti, più altre tre redazioni, a<br />

Roma, Napoli e Venezia) è rientrato da New York, dove<br />

ha seguito un seminario di giornalismo alla Columbia<br />

University, Graduate School of Journalism, che è stata,<br />

tra l’altro, la culla del premio Pulitzer e da quasi cento<br />

anni è impegnata per la formazione di giornalisti. Perché<br />

mai studiare quando si è professionisti, penseranno<br />

molti colleghi<br />

A prescindere che lo studio dovrebbe essere un’ attività<br />

permanente di ogni professionista, tanto più oggi con<br />

l’informazione sempre più diluita da una globalizzazione<br />

pervicacemente concentrata sullo spettacolo, ma il<br />

caso di Macario è diverso: lui è il vincitore italiano<br />

dell’edizione del <strong>2003</strong> del Journalistic Excellence<br />

Award, il premio internazionale ideato da Citigroup nel<br />

1982 per promuovere il giornalismo economico-finanziario<br />

di alto livello. Da allora ha coinvolto trecento giornalisti<br />

di trentadue Paesi, dall’America Latina, all’Asia,<br />

all’Africa e l’Europa. Iniziativa che realizza con una<br />

attenzione particolare per la qualità: per esempio la<br />

lettura e la selezione degli articoli avviene senza che i<br />

giurati conoscano il nome del giornalista e quello della<br />

testata, per non essere ovviamente condizionati.<br />

Il premio, unico nel suo genere, consiste per tutti i vincitori<br />

in un corso di approfondimento giornalistico intitolato<br />

International Journalists Seminar in una delle più<br />

antiche e prestigiose università del mondo, la Columbia<br />

è nata nel 1754, insomma la finalità formativa è evidente.<br />

Macario, che ha una grande passione per le tecnologie<br />

ed è laureato in ingegneria, ha vinto con un articolo<br />

sulle nanotecnologie apparso su Patrimoni, mensile di<br />

Milano Finanza.<br />

L’ argomento, sotto il profilo della comunicazione, è di<br />

notevole complessità, anche per i risvolti legati alla sua<br />

scientificità e quindi alla necessità di essere esatti nelle<br />

informazioni, oltre che divulgativi.<br />

Abbiamo fatto una chiacchierata con Luca<br />

Macario per sapere come si è svolto il corso.<br />

Che vantaggi ha tratto da questo corso<br />

È stato emozionante vivere venti giorni nella<br />

facoltà di giornalismo tra le più antiche al<br />

mondo. Il corso di giornalismo alla Columbia<br />

è stato istituito nel 1912. La sede è in un antico<br />

edificio neoclassico dove campeggia la<br />

scritta “per creare giornalisti eccellenti a<br />

servizio della democrazia”. C’erano con me<br />

altri sedici vincitori provenienti da Belgio,<br />

Brasile, Cile, Salvador, Venezuela, Uruguay,<br />

Filippine, India. I docenti erano giornalisti ed<br />

economisti, la coordinatrice, Terry Thompson,<br />

oltre a essere una nota giornalista<br />

finanziaria - è stata anche presidente dell’Associazione<br />

<strong>dei</strong> giornalisti finanziari di New<br />

York -, è la direttrice del Knight Bagehot<br />

Fellowship, un programma di specializzazione<br />

in Economics & Business Journalism.<br />

Abbiamo avuto anche molti incontri informali,<br />

chiacchierate, possibilità di interviste,<br />

scambi di vedute, dibattiti e visite ai luoghi<br />

più rappresentativi della finanza e dell’economia.<br />

Ci racconta quali sono stati gli argomenti<br />

prescelti per il corso<br />

Abbiamo iniziato con “Elementi di contabilità”,<br />

a cura di Cheryl Lehman della Hofstra<br />

University, per capire i dati essenziali che<br />

ogni giornalista deve scovare nei bilanci,<br />

per avere elementi di comparazione tra<br />

società e per cogliere le principali differenze<br />

tra le metodologie contabili tra Stati Uniti<br />

ed Unione Europea. Abbiamo proseguito<br />

con una lunga sessione di David Beim,<br />

della Columbia Business School, su “Introduzione<br />

al sistema bancario”, con una<br />

panoramica generale sul ruolo delle banche<br />

nella vita sociale e alcune case history legate<br />

alla crisi <strong>dei</strong> sistemi bancari in Messico,<br />

Brasile e Argentina, paragonati alla crisi del<br />

sistema asiatico. Come è immaginabile, la<br />

presenza di vari giornalisti del Centro e<br />

Sudamerica ha contribuito a creare un<br />

dibattito estremamente interessante. Al<br />

terzo giorno siamo entrati nel vivo <strong>dei</strong> temi<br />

giornalistici, con una sessione su “Covering<br />

Economics and Business” che ha visto l’intervento<br />

di tre giornalisti: Rachel Beck, di<br />

Associated Press, Jon Hilsenrath, del The<br />

Wall Streer Journal, e Patrick McGeehan<br />

del New York Times. Conflitto d’interessi,<br />

globalizzazione, autoreferenzialità del giornalismo,<br />

obiettività e precisione sono i principali<br />

temi affrontati. Ma non è mancata<br />

anche l’etica, con la spinosa questione del<br />

giornalista del New York Times che ha truffato<br />

i lettori per mesi inventandosi storie di<br />

sana pianta.<br />

Due sessioni sono state dedicate al tema<br />

dell’analisi di bilancio, con un obiettivo molto<br />

preciso: “What can and can’t you find out<br />

about a company by reading its financial<br />

statement” con un docente di origine indiana,<br />

Suresh Govindaray della “Rutgers<br />

University”. Altre lezioni erano su “La SEC e<br />

le problematiche di reporting internazionali”<br />

(a cura di Linda Quinn, partner di Shearman<br />

& Sterling), “Guerra e petrolio” (a cura di tre<br />

docenti della Columbia), e “Business internazionali<br />

e rispetto <strong>dei</strong> diritti umani”. Alle<br />

lezioni si alternavano i “newsmaker lunch”,<br />

incontri informali. Il primo è stato con Rik<br />

Kirkland, Managing Editor di Fortune, un<br />

giornale che è una bandiera, una macchina<br />

da guerra che solo negli Stati Uniti vende<br />

oltre 850.000 copie. Ma la sfida, ha detto<br />

Kirkland, è riuscire a globalizzare storie per i<br />

lettori di tutto il mondo. Tra gli ospiti del<br />

mondo economico-finanziario, che hanno<br />

arricchito il corso con la loro testimonianza,<br />

c’è stato Jeffrey D. Sachs, economista di<br />

fama mondiale, consulente di Kofi Annan per<br />

I giornalisti avranno tempo fino al 15 gennaio 2004 per presentare due articoli<br />

pubblicati nel corso del <strong>2003</strong>. Gli articoli verranno poi sottoposti alla giuria<br />

in forma anonima (sia di testata sia di autore), in modo da garantire un giudizio<br />

imparziale basato esclusivamente sui contenuti dell’articolo<br />

l’esperienza formativa offerta al vincitore.<br />

Al giornalista selezionato viene infatti offerta<br />

l’opportunità di prendere parte, insieme agli<br />

altri vincitori provenienti da tutto il mondo,<br />

all’International Journalists Seminar, un<br />

programma specializzato di due settimane al<br />

livello di master presso la Columbia Graduate<br />

School of Journalism di New York, culla<br />

del prestigioso premio Pulitzer. Durante il<br />

seminario inoltre i partecipanti avranno la<br />

possibilità di incontrare alcuni grandi nomi<br />

del mondo <strong>dei</strong> media, dell’economia e della<br />

finanza. Nell’edizione passata ad esempio i<br />

partecipanti hanno incontrato William<br />

Donaldson, Stanley Fischer, Rik Kirkland,<br />

William Mc Donough, Robert Rubin, Jeffrey<br />

Sachs e John Williamson, con l’opportunità<br />

di realizzare alcune corrispondenze dirette<br />

per la propria testata. I giornalisti avranno<br />

tempo fino al 15 gennaio 2004 per presentare<br />

due articoli pubblicati nel corso del <strong>2003</strong>.<br />

Gli articoli verranno poi sottoposti alla giuria<br />

in forma anonima (sia di testata sia di autore),<br />

in modo da garantire un giudizio imparziale<br />

basato esclusivamente sui contenuti<br />

dell’articolo.<br />

«Siamo particolarmente soddisfatti che il<br />

Journalistic Excellence Award si stia affermando<br />

progressivamente anche in Italia» ha<br />

dichiarato Luca Toniutti, Country Officer di<br />

Confermata<br />

una giuria<br />

d’eccellenza<br />

Citigroup in Italia. «L’opportunità formativa<br />

unica e l’autorevolezza e indipendenza della<br />

giuria si sono dimostrati due elementi centrali<br />

per l’affermazione del premio e pensiamo<br />

che siano gli ingredienti del successo anche<br />

per il futuro» ha concluso Toniutti.<br />

Per scegliere il miglior articolo pubblicato nel<br />

<strong>2003</strong> tra quelli che prenderanno parte alla<br />

Sarah Marder,<br />

Director of Corporate Affairs<br />

Citigroup – Italy.<br />

Terza edizione (2004) del premio Citigroup<br />

selezione, i giurati si baseranno su criteri<br />

specifici quali l’originalità e la presenza di<br />

contenuti di novità, la capacità di analisi e<br />

approfondimento delle tematiche trattate,<br />

l’utilizzo di ricerche e/o interviste nonché la<br />

capacità di stimolare il dibattito. Nessuna<br />

limitazione invece per quel che riguarda le<br />

tematiche, sulle quali viene lasciata completa<br />

libertà all’interno del campo economicofinanziario.<br />

Presente in Italia fin dal 1962, Citigroup<br />

gode oggi di una presenza consolidata in<br />

tutte le aree di business in cui è attiva sul<br />

mercato italiano: Corporate and Investment<br />

Banking, Consumer Banking, Carte di<br />

credito, Credito al consumo, Private<br />

Banking e Asset Management. Citigroup in<br />

Italia, dove conta su uno staff complessivo<br />

di circa 1200 persone, opera tramite i<br />

seguenti marchi: Citibank, Citifin, Citigroup,<br />

Citigroup Asset Management e Citigroup<br />

Private Bank.<br />

Citigroup (NYSE: C), la principale società<br />

globale di servizi finanziari con circa 200 milioni<br />

di clienti in oltre 100 paesi, fornisce a consumatori,<br />

società, governi ed enti una vasta<br />

gamma di prodotti e servizi finanziari, incluse<br />

attività bancarie e creditizie rivolte ai consumatori,<br />

attività bancarie aziendali e di investimento,<br />

assicurazioni, negoziazione titoli e<br />

gestione patrimoniale. I principali marchi che<br />

operano sotto l’ombrello Citigroup sono Citibank,<br />

CitiFinancial, Primerica, Smith Barney,<br />

Banamex, and Travelers. Ulteriori informazioni<br />

sul sito: www.citigroup.com<br />

8 ORDINE 12 <strong>2003</strong>


La Columbia<br />

University di New York<br />

La Columbia University di New York, una<br />

delle più prestigiose università americane,<br />

nasce nel 1754 per volontà di re Giorgio II<br />

ed è oggi un’istituzione indipendente e<br />

pluralista, finanziata da privati, dedicata alla<br />

formazione accademica.<br />

La Columbia University opera sin dalla sua<br />

fondazione con la missione di contribuire<br />

attivamente allo sviluppo del sapere, di<br />

preservare e interpretare l’eredità intellettuale<br />

e morale dell’umanità e di trasmetterla<br />

alle future generazioni di studenti.<br />

Questi obiettivi vengono perseguiti attraverso<br />

programmi di ricerca e insegnamenti in<br />

diverse discipline che vanno dalle scienze<br />

umanistiche e sociali a quelle naturalistiche,<br />

mediche e applicate, nonché tramite<br />

accordi di collaborazione con altre istituzioni<br />

accademiche, centri di ricerca e ospedali<br />

sia americani sia esteri.<br />

ve non c’è sudditanza alla tv<br />

le politiche di sviluppo e direttore dell’Earth<br />

Institute della Columbia.<br />

Cosa l’ha colpita dell’insegnamento che<br />

ha avuto<br />

È curioso, ma ho notato che tutti, sia i professori<br />

che i giornalisti, sanno parlare in pubblico,<br />

studiano “public speaking’. A parte<br />

questo, abbiamo avuto molte lezioni sull’utilizzo<br />

di Internet, dell’avere più informazioni<br />

possibili in campo finanziario. In generale<br />

Italia non abbiamo nulla di analogo, credo a<br />

livello universitario. Possiamo puntare<br />

sull’autoinformazione, parlando con gli altri.<br />

C’è stata comunque la possibilità di parlare<br />

con i colleghi e di intenderci, questo è positivo:<br />

c’è stata una riflessione sulla globalizzazione,<br />

sul fatto che molto rapidamente<br />

sappiamo tutto, sulle problematiche degli altri<br />

Paesi. Ma la libertà di stampa è molto a<br />

rischio in paesi come il Venezuela. Nei paesi<br />

anglosassioni c’è più concorrenza che da<br />

noi, hanno ancora editori puri. Per esempio,<br />

lo scandalo del New York Times per i colleghi<br />

giornalisti americani è stato uno choc<br />

vero, forte, l’hano percepito davvero come<br />

una crisi, la fine di un mito. Decine di tabloid<br />

di New York sono usciti con i due faccioni del<br />

direttore e del vicedirettore con scritto “out”,<br />

ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />

fuori a grandi lettere. Il New York Times ogni<br />

giorno pubblica mezza pagina di smentite,<br />

anche per gli errori più piccoli, più irrilevanti”.<br />

Quali altre differenze ha rilevato tra la<br />

nostra stampa e la loro<br />

Nei media americani non esiste una sudditanza<br />

psicologica nei confronti della televisione<br />

come accade invece da noi. È un<br />

problema che da loro non c’è, con il risultato<br />

che sui media c’è una ricchezza di riflessioni<br />

notevole e non solo notizie riprese dalla televisione.<br />

Le loro prime pagine sono davvero<br />

diverse una dall’altra e anche le notizie, i<br />

direttori non si telefonano per comunicarsi<br />

cosa hanno fatto. Invece le notizie sull’Italia,<br />

tolte quelle sul Papa, sono brevissime. L’Europa<br />

non esiste. Gli altri Paesi non interessano,<br />

molti <strong>dei</strong> giornalisti hanno anche posto<br />

questo problema. Gli americani sono autoreferenziali.<br />

Questo, però, è bilanciato dal fatto<br />

che molte comunità hanno la loro stampa in<br />

lingua, ispanici, italoamericani.<br />

Altri incontri importanti professionalmente<br />

L’incontro, forse il più atteso, è stato con<br />

Robert Rubin, chairman del Comitato esecutivo<br />

di Citigroup ed ex segretario al Tesoro ai<br />

tempi di Bill Clinton. Un collega giapponese<br />

da due mesi era in attesa per ottenere un<br />

appuntamento con Rubin. Anche se i contenuti<br />

dell’incontro dovevano essere “off the<br />

records”, l’intraprendente giapponese è<br />

riuscito a ottenere un’intervista di lì a pochi<br />

giorni. Poi abbiamo incontrato anche William<br />

Mc Donough, autorevole presidente della<br />

Federal Reserve di New York, dopo una visita<br />

guidata ai forzieri che contengono la<br />

seconda riserva di oro al mondo dopo Fort<br />

Knox: cinque piani sotterranei scavati nella<br />

roccia di Manhattan, che da più di settant’anni<br />

offrono un rifugio sicuro alle riserve auree<br />

di molti paesi del mondo (l’85% dell’oro qui<br />

conservato appartiene infatti a nazioni straniere).<br />

La cifra dell’importanza dell’istituzione<br />

la si coglie anche nel sofisticato percorso<br />

educational istallato all’ingresso e riservato<br />

alle scolaresche: i bambini vanno educati fin<br />

da piccoli al valore del dollaro e dell’oro, a<br />

difesa del libero mercato e delle sicurezza<br />

sociale.<br />

Un’esperienza unica, dunque.<br />

Certamente, tanto che ora è nato un<br />

newsgroup su Internet tra i partecipanti al<br />

corso. “Keep in touch”, teniamoci in contatto,<br />

così si è conclusa la cerimonia dell’“International<br />

Journalists Seminar” e così è stato.<br />

Al vincitore viene offerta la possibilità di partecipare<br />

a un seminario di giornalismo presso la Columbia University di New York<br />

e di incontrare i rappresentanti delle più prestigiose istituzioni<br />

finanziarie mondiali nonché economisti di fama internazionale<br />

Informazioni sulla terza edizione italiana<br />

del Citigroup Journalistic Excellence Award<br />

Criteri di eligibilità:<br />

• giornalisti economico-finanziari con almeno<br />

5 anni di esperienza<br />

• 2 articoli di almeno 750 parole, pubblicati<br />

nel corso dell’anno <strong>2003</strong><br />

• possono partecipare giornalisti di testate<br />

di informazione generale a diffusione<br />

nazionale, testate specializzate in economia<br />

e finanza, agenzia di stampa e radio<br />

a diffusione nazionale<br />

Materiale da inviare<br />

entro il 15 gennaio 2004<br />

• 2 articoli a scelta del giornalista<br />

• una breve nota biografica in inglese (tra<br />

500 e 1000 parole) che descrive il percorso<br />

professionale dell’autore e le motivazioni<br />

e aspettative in relazione alla eventuale<br />

partecipazione al seminario presso<br />

la Columbia Graduate School of Journalism<br />

• un’attestazione della redazione che autorizzi<br />

il giornalista a partecipare all’intero<br />

seminario, in caso di vittoria<br />

La Columbia Graduate<br />

School of Journalism<br />

Fondata nel 1912 da Joseph Pulitzer, la<br />

Columbia Graduate School of Journalism è<br />

fra le più antiche scuole di giornalismo degli<br />

Stati Uniti nonché la culla di numerosi<br />

premi giornalistici tra i quali il prestigioso<br />

premio Pulitzer.<br />

Sin dalla sua fondazione, la scuola è rimasta<br />

fedele alla missione di Joseph Pulitzer<br />

di formare giornalisti mediante corsi centrati<br />

sul rigore accademico, l’etica, la pratica<br />

professionale e l’inchiesta giornalistica.<br />

Con questo obiettivo, la scuola si dedica<br />

alla formazione di giornalisti professionisti<br />

contribuendo contemporaneamente a<br />

mantenere elevati standard di eccellenza<br />

nella professione giornalistica.<br />

Il materiale dovrà essere inviato<br />

alla segreteria organizzativa<br />

del premio<br />

c/o Burson Marsteller<br />

Palazzo Recalcati<br />

via Ame<strong>dei</strong>, 8 - 20123 Milano<br />

award_citigroup@it.bm.com<br />

Premio:<br />

• seminario di due settimane<br />

(International Journalists Seminar)<br />

a Columbia Graduate School<br />

of Journalism, insieme ai vincitori<br />

degli altri paesi partecipanti<br />

• avrà luogo indicativamente<br />

nella prima metà di giugno<br />

Il bando è disponibile presso:<br />

• il sito dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia: www.odg.mi.it<br />

• la segreteria organizzativa<br />

presso Burson-Marsteller (v. sotto)<br />

Il Columbia International<br />

Journalists Seminar<br />

I vincitori di ogni Paese partecipante prendono<br />

parte al cosiddetto International Journalists<br />

Seminar, un programma specializzato di<br />

due settimane al livello di master promosso<br />

da Citigroup. Questo seminario rappresenta<br />

un’occasione unica per confrontarsi direttamente<br />

con grandi temi e con personalità di<br />

prestigio internazionale insieme a colleghi<br />

provenienti da tutto il mondo.<br />

Nell’edizione precedente sono stati affrontati<br />

temi di stretta attualità quali: le banche<br />

nel sistema finanziario globale, l’analisi <strong>dei</strong><br />

bilanci, la trasparenza, il conflitto d’interessi<br />

e l’obiettività del sistema informativo.<br />

Inoltre i partecipanti hanno incontrato alcuni<br />

grandi nomi del mondo <strong>dei</strong> media, dell’economia<br />

e della finanza quali William<br />

Donaldson, Stanley Fischer, Rik Kirkland,<br />

William Mc Donough, Robert Rubin, Jeffrey<br />

Sachs e John Williamson.<br />

“Journalistic Excellence Award”<br />

Per ulteriori informazioni:<br />

Burson-Marsteller Financial<br />

Luca Ricci Maccarini<br />

Tel. 02 72143541 – 349 7668028<br />

Fax: 02 72143524<br />

luca_maccarini@it.bm.com<br />

Valeria Montesoro<br />

Tel. 02 72143549 – 349 7668032<br />

Fax. 02 72143524<br />

valeria_montesoro@it.bm.com<br />

Simone Zavatarelli<br />

Tel. 02 72143534 – 349 7668038<br />

Fax 02 72143524<br />

simone_zavatarelli@it.bm.com<br />

Citigroup<br />

Sarah Marder<br />

Director of Corporate Affairs<br />

Citigroup – Italy<br />

tel. 02 86474359 - fax. 02 86474462<br />

sarah.marder@citigroup.com<br />

Tutti i modi<br />

per pagare<br />

la quota<br />

annuale<br />

dovuta<br />

all’<strong>Ordine</strong><br />

Esatri offre i canali più diversi per effettuare<br />

il pagamento della quota annuale<br />

dovuta all’<strong>Ordine</strong>.<br />

■Il tradizionale<br />

sportello<br />

esattoriale<br />

presso il quale è possibile effettuare i<br />

pagamenti senza nessun costo (a<br />

Milano ce ne sono uno in via San<br />

Gregorio 53 ed un altro in Via Temolo 6,<br />

altri sono presenti in tutti i capoluoghi e<br />

nei maggiori centri delle provincie di<br />

Milano, Brescia, Pavia, Varese e Lodi)<br />

■Il telefono,<br />

con carta<br />

di credito<br />

chiamando il Servizio TAXTEL<br />

al numero 199.191.191,<br />

nei giorni feriali dalle ore 8.30 alle 17.00,<br />

al costo di € 2,32 per versamenti fino<br />

all’importo di € 258,00. La quietanza<br />

viene tempestivamente recapitata per<br />

posta all’indirizzo indicato dal Contribuente.<br />

Carte di credito abilitate: VISA –<br />

MASTERCARD – MONETA – AMERI-<br />

CAN EXPRESS – AURA – DINERS<br />

■Internet,<br />

collegandosi<br />

al sito www.taxtel.it<br />

con modalità identiche a quelle telefoniche,<br />

a parte l’orario, ovviamente.<br />

Le agenzie bancarie e quelle postali, utilizzando<br />

i bollettini RAV allegati all’avviso<br />

di pagamento;<br />

■In conto<br />

corrente<br />

bancario-RID<br />

Da quest’anno è possibile richiedere<br />

l’addebito permanente in conto corrente<br />

bancario-Rid.<br />

Non si devono più ricordare le scadenze<br />

e si risparmia tempo!<br />

Confermata l’adesione al servizio RID,<br />

secondo le modalità ed i termini sotto<br />

indicati, Esatri provvederà, ad ogni scadenza,<br />

a partire dalla quota addebitata<br />

con l’avviso di pagamento di quest’anno<br />

e per i prossimi anni, al pagamento<br />

automatico con addebito degli importi<br />

sul conto corrente bancario.<br />

Per aderire al servizio RID è sufficiente:<br />

• compilare il modulo RID contenuto nell’avviso<br />

di pagamento che sarà inviato<br />

agli iscritti e trasmetterlo ad Esatri via<br />

fax al 199.160.771.071, attenzione!,<br />

non deve essere presentato alla propria<br />

banca;<br />

• oppure compilare il modulo RID elettronico<br />

disponibile su Internet al sito<br />

www.taxtel.it;<br />

• oppure comunicare via telefono i dati<br />

richiesti nel modulo RID al n. 199 104<br />

343 (dal lunedì al venerdì dalle 8.30<br />

alle 17.00), disponibile anche per informazioni<br />

relative al RID;<br />

Avvertenze<br />

• Chi aderisce al RID non dovrà effettuare<br />

direttamente nessun pagamento;<br />

• I pagamenti addebitati saranno verificabili<br />

dall’estratto conto corrente bancario;<br />

• Il costo del servizio fissato per l’anno<br />

2004 è di 2,07 euro per ogni<br />

addebito effettuato.<br />

9


EDITORIA<br />

RAPPORTO <strong>2003</strong> SULL’INDUSTRIA DEI QUOTIDIANI<br />

Cinquecentomila copie<br />

guadagnate negli ultimi 23<br />

anni, 204 testate in edicola<br />

ogni mattina. L’esercito<br />

tenace <strong>dei</strong> “lettori assidui”<br />

che si concentra a sorpresa<br />

in Emilia Romagna e si<br />

disperde, invece, in Puglia<br />

Più entrate dalle edicole,<br />

meno dalle inserzioni<br />

5.901.366: tante le copie vendute in media<br />

ogni giorno di quest’anno dai 204 quotidiani<br />

italiani.<br />

Una diffusione che sfiora, senza sfondare, il<br />

tetto <strong>dei</strong> sei milioni. Con un incremento dello<br />

0,2% in confronto allo scorso anno, quando<br />

ci si fermava a 5.887.795.<br />

Ma soprattutto un progresso del 10,5% dal<br />

lontano 1980.<br />

Tanto in termini percentuali. Poco in cifre<br />

assolute. Perché si tratta di sole 559.396<br />

copie in più rispetto a vent’anni fa. In ventitré<br />

anni, in pratica, l’industria <strong>dei</strong> quotidiani ha<br />

conquistato e fidelizzato poco più di mezzo<br />

milione di persone.<br />

In principio, a leggere i giornali tutti i giorni,<br />

erano 5.341.970. Sono cresciuti ogni anno,<br />

senza sosta, fino al 1990 quando l’avanguardia<br />

<strong>dei</strong> lettori ha raggiunto i 6.808.501 di<br />

italiani.<br />

Anno d’oro dell’informazione proprio il 1990.<br />

Anche se l’incremento percentuale più consistente<br />

si registra nel 1984, quando la lettura<br />

<strong>dei</strong> quotidiani lievita del 5%.<br />

Poi, stagione dopo stagione, un’emorragia<br />

continua di copie. Meno 4,5% nel 1991,<br />

meno 2,6 nel ‘93, altri 3,7 punti rubati nel ‘95.<br />

Per un totale di un milione di copie volatilizzate.<br />

La tendenza sembra invertirsi dal ‘98 al<br />

2000, quando i lettori tornano a quota sei<br />

milioni.<br />

Ma l’erosione prosegue negli anni successivi.<br />

Complice, nel 2001, l’arrotondamento a<br />

un euro per le testate. Capitolo a parte queldi<br />

Francesca Romanelli<br />

Cinquecentomila copie guadagnate negli<br />

ultimi 23 anni. Duecentoquattro testate in<br />

edicola ogni mattina. L’esercito tenace <strong>dei</strong><br />

“lettori assidui” che si concentra a sorpresa<br />

in Emilia Romagna e si disperde invece in<br />

Puglia. Ma anche 14 milioni di persone che,<br />

con un titolo di studio inferiore alla terza<br />

media, faticano ad instaurare un rapporto<br />

stabile con la carta stampata. E tuttavia la<br />

prevalenza delle vendite rispetto alla pubblicità<br />

sulle bilance economiche <strong>dei</strong> singoli<br />

editori.<br />

È un ritratto <strong>dei</strong> giornali colto fin nei minimi<br />

dettagli quello anticipato dal “Rapporto <strong>2003</strong><br />

sull’industria italiana <strong>dei</strong> quotidiani”, protagonista<br />

martedì 19 novembre al Circolo della<br />

Stampa di Milano. Una vera e propria radiografia,<br />

capace di diagnosticare e allo stesso<br />

tempo prevedere la salute del settore in<br />

questo primo scorcio di millennio che conosce<br />

la rivoluzione delle tecnologie.<br />

Pluralista, elitaria e maschilista. Ma anche<br />

tenace, testarda e in espansione. Così si<br />

presenta l’industria di quel quotidiano che<br />

già Hegel, nell’Ottocento, definiva “la preghiera<br />

mattutina” dell’uomo moderno.<br />

Il giornale, infatti, si rivela per molti ma non<br />

per tutti. Fra le righe si scopre che “leggono”<br />

un uomo su due e solo una donna su tre.<br />

Il tutto nella settima edizione di questa indagine<br />

serrata promossa dalla Federazione<br />

italiana editori giornali (Fieg), dall’Asig insieme<br />

ai reparti comunicazione di Cgil, Cisl e<br />

Uil. Un’inchiesta che ha scandagliato e<br />

aggregato i dati di ben nove fonti statistiche,<br />

dall’Istat all’osservatorio Fieg, dall’Audipress<br />

ai distributori.<br />

Andamento diffusione 1980-<strong>2003</strong><br />

vendita media variaz.<br />

giornaliera %<br />

1980 5.341.970<br />

1981 5.368.815 0,5%<br />

1982 5.409.975 0,8%<br />

1983 5.580.394 3,2%<br />

1984 5.860.691 5,0%<br />

1985 6.068.407 3,5%<br />

1986 6.365.661 4,9%<br />

1987 6.618.481 4,0%<br />

1988 6.721.098 1,6%<br />

1989 6.765.715 0,7%<br />

1990 6.808.501 0,6%<br />

1991 6.505.426 -4,5%<br />

1992 6.525.529 0,3%<br />

1993 6.358.997 -2,6%<br />

1994 6.208.188 -2,4%<br />

1995 5.976.847 -3,7%<br />

1996 5.881.350 -1,6%<br />

1997 5.869.602 -0,2%<br />

1998 5.881.421 0,2%<br />

1999 5.913.514 0,5%<br />

2000 6.073.158 2,7%<br />

2001 6.057.403 -0,3%<br />

2002 5.887.795 -2,8%<br />

<strong>2003</strong> 5.901.366 0,2%<br />

variazione 1980-<strong>2003</strong> 10,5%<br />

Gli italiani<br />

e i quotidiani<br />

lo della free press. Che non compare in<br />

questo conteggio della ricerca proprio per le<br />

differenze rispetto alla distribuzione tradizionale.<br />

Ma che si stima capace di raggiungere due<br />

milioni di persone ogni giorno. Attestata sugli<br />

otto milioni e quattrocentomila esemplari la<br />

tiratura <strong>dei</strong> quotidiani italiani. Tuttavia su 100<br />

copie che escono dalla rotativa, 30 sono già<br />

destinate al macero.<br />

I lettori Interviste realizzate nella primavera<br />

di quest’anno e inserite nel rapporto raccontano<br />

che la media nazionale di “lettori assidui”<br />

alias “giornalieri” è del 40%. Con un minimo<br />

del 25,6 al sud.<br />

E se l’Emilia vede la maggiore concentrazione<br />

di lettori fedeli (57%), la Puglia deve<br />

accontentarsi di quella minima (24). Senza<br />

contare che per l’industria <strong>dei</strong> quotidiani è<br />

difficile “colonizzare” quei 14 milioni di italiani<br />

con un titolo di studio al di sotto della terza<br />

media. Di più.<br />

Dal 1997 ad oggi è calata di un milione di<br />

copie la lettura giornaliera nelle grandi città,<br />

da 4.466.000 a 3.443.000 nei centri urbani<br />

con più di 250mila abitanti. Colpevole, con<br />

tutta probabilità, l’avvento della stampa<br />

gratuita.<br />

Lontana invece l’Italia (8%) dagli indici di<br />

abbonamento che si registrano ad esempio<br />

in Giappone (94%).<br />

Contraddittoria infine la Gran Bretagna, dove<br />

la diffusione supera la percentuale di abbonati.<br />

Motivo: il successo <strong>dei</strong> quotidiani popolari<br />

come il Sun.<br />

TAVOLA<br />

ROTONDA<br />

Perrone (vicepresidente Fieg):<br />

di Francesca Romanelli<br />

Carlo Perrone, vicepresidente della Fieg<br />

nonché editore genovese de Il Secolo XIX.<br />

Ma anche il presidente dell’Osservatorio<br />

tecnico per i quotidiani e le agenzie, Carlo<br />

Lombardi, il presidente di Assografici Marco<br />

Spada, quello dell’Ente nazionale per l’istruzione<br />

professionale grafica Emanuele<br />

Piovesano e i leader delle segreterie nazionali<br />

di Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uil-comunicazione.<br />

È un autentico parterre di personalità<br />

quello accorso alla presentazione del<br />

“Rapporto <strong>2003</strong> sull’industria italiana <strong>dei</strong><br />

quotidiani” avvenuta fra gli ambienti ovattati<br />

e gli stucchi del Circolo della Stampa milanese.<br />

Presente anche Alessandro Nova,<br />

docente dell’università Bocconi, che ha spiegato<br />

quali sono le variabili che distinguono il<br />

mercato editoriale italiano e come sta<br />

cambiando l’assetto economico europeo.<br />

Dopo di lui, la presentazione <strong>dei</strong> risultati<br />

dell’indagine. E una tavola rotonda per innescare<br />

il dibattito fra questi esponenti di<br />

imprese, sindacati e associazioni.<br />

Carlo Perrone,<br />

vicepresidente Fieg<br />

“Ci preoccupa il calo della pubblicità avvenuto<br />

per tre anni consecutivi: 2001, 2002 e<br />

<strong>2003</strong>. Anche se abbiamo segnali incoraggianti<br />

per i mesi di settembre e ottobre. Il<br />

cambiamento più importante che dovremo<br />

fronteggiare Di sicuro l’evoluzione del ruolo<br />

degli editori. Non saranno più soltanto stampatori<br />

di un giornale, ma produttori continui<br />

di informazione. Non saremo più fornitori di<br />

un singolo prodotto, ma di informazione 24<br />

ore su 24. La sfida si giocherà sui contenuti,<br />

sulla necessità di avere sempre più qualità<br />

in ciò che offriamo. Perché la concorrenza si<br />

fa sui contenuti, più che sulle tecnologie. E<br />

sempre più decisivo sarà il rapporto di fiducia<br />

con il cliente. È un elemento sempre più<br />

chiaro. Lo si nota recentemente nel successo<br />

di prodotti collaterali che hanno accompagnato<br />

in questi mesi i quotidiani in edicola:<br />

libri, dvd, cassette. Tutti contrassegnati con il<br />

marchio della testata”.<br />

Marco Spada,<br />

presidente Assografici<br />

“Qualche anno fa avevamo il timore che<br />

Internet distruggesse tutto quanto, fino ad<br />

allora, era stato carta stampata. In parte<br />

quella previsione si è verificata. Ma certo non<br />

nei termini che ci si aspettava. La grande<br />

distribuzione ha invaso il mercato. Ora la<br />

situazione è diversa. All’orizzonte si profila<br />

l’investimento <strong>dei</strong> grandi giornali nelle rotative<br />

full color. Una grande sfida e parzialmente<br />

anche una cesura con il passato. Ma<br />

anche una problematica. Soprattutto se, con<br />

quelle rotative, si dovranno poi stampare<br />

altre cose rispetto al quotidiano”.<br />

Carlo Lombardi,<br />

presidente osservatorio tecnico per<br />

i quotidiani e le agenzie di informazione<br />

“Nonostante la crisi generale, è coraggiosa<br />

la politica di investimento che stanno affrontando<br />

i quotidiani italiani. Oggi possiamo<br />

studiare tutto questo grazie all’osservatorio,<br />

che è nato nel 1988. Di assoluto rilievo la sua<br />

missione, sancita dall’articolo 5 del contratto<br />

nazionale: «Per consentire la migliore conoscenza<br />

<strong>dei</strong> dati è costituito all’interno del<br />

settore su base paritetica un osservatorio<br />

tecnico per i quotidiani e le agenzie di informazione<br />

(...) L’osservatorio è sede di scambio<br />

e verifica di dati informativi globali»”.<br />

Emanuele Piovano,<br />

presidente Enipg-Ente nazionale<br />

per l’istruzione professionale grafica<br />

“Il settore grafico, in questo momento, ha<br />

una grande opportunità. È punto di incontro<br />

fra le scuole grafiche: sono 32 sul territorio<br />

nazionale, prima ubicate soprattutto al<br />

centro nord e ora presenti anche al sud. I<br />

nostri obiettivi Far nascere altre scuole,<br />

perché la formazione è una delle risorse più<br />

importanti per questa attività professionale.<br />

Ad esempio Napoli, fino a poco tempo fa,<br />

non aveva una sua scuola grafica. E l’istituto<br />

Rizzoli ha da poco ripensato i propri corsi di<br />

formazione”.<br />

Di Giovanni,<br />

vicesegretario nazionale Slc-Cgil<br />

“Un calo di pubblicità di questo tipo non si<br />

registrava da almeno dieci anni. È a due cifre.<br />

E poi, questo Paese non ha mai raggiunto<br />

sette milioni di copie. C’è pluralismo, ma<br />

mancano i lettori. C’è qualcosa che non<br />

quadra. C’è stato un calo delle retribuzioni e<br />

del costo del lavoro, ma è aumentata la<br />

produttività. Più che decuplicata. Si è verificato<br />

dunque lo sfruttamento di quella produttività.<br />

Le nuove rotative full color vanno bene,<br />

ma il prodotto da stampare sarà sempre quello,<br />

non sarà sostanzialmente diverso. Oggi<br />

poi non c’è più differenza fra grafico quotidiano<br />

e periodico. L’obiettivo, allora Avere un<br />

unico contratto dell’informazione. E recuperare<br />

a queste normative quelle aziende che<br />

operano fuori dal contratto quotidiani”.<br />

Fulvio Giacomassi,<br />

segretario nazionale Slc-Cgil<br />

“I dati presentati offrono alcune conferme: la<br />

distribuzione è sostanzialmente stabile, la<br />

lettura è stabile, c’è stato un calo dell’occupazione,<br />

un aumento altissimo della produttività.<br />

Lo scenario, dopo l’11 settembre<br />

americano, è stato quello della crisi. L’impresa<br />

editoriale si sta caratterizzando sempre<br />

più come produttrice di informazioni. E poi il<br />

reparto tecnologie, con l’adozione delle<br />

nuove rotative full color. Fino a poco tempo<br />

fa sembrava che la stampa si stesse separando<br />

dalla produzione del quotidiano, invece<br />

queste acquisizioni denotano una radicale<br />

inversione di tendenza. Vogliamo lasciar<br />

fare al mercato o capire come offrire un<br />

contributo utile in questa fase di trasformazione”.<br />

Bruno Di Cola,<br />

segretario nazionale Uil comunicazione<br />

“I colleghi parlavano di ipotesi di convergenza<br />

sul contratto. E la formazione rimane<br />

essenziale. Dal contratto quotidiani sono<br />

passati due anni, da quello grafici quasi quattro<br />

e a dicembre lo rinnoveremo. Chiedo<br />

dunque la possibilità di incontrarci per lavorare<br />

verso normative vicine, non dico un<br />

contratto unico ma almeno con alcuni caratteri<br />

di omogeneità. E dobbiamo ricordarci<br />

che queste nuove tecnologie non sostituiscono<br />

quelle esistenti, le integrano solamente”.<br />

10 ORDINE 12 <strong>2003</strong>


Andamento<br />

occupazionale<br />

poligrafici<br />

e giornalisti<br />

1990-2002<br />

I NOSTRI ERRORI<br />

Annuario 2004:<br />

un clic ha invertito<br />

città di nascita<br />

e di residenza<br />

<strong>dei</strong> pubblicisti<br />

Un clic di troppo sul computer ha determinato<br />

un increscioso errore nell’Annuario 2004<br />

distribuito a fine novembre tra gli iscritti negli<br />

elenchi dell’Albo di Milano: quel clic ha determinato<br />

una inversione della città di nascita<br />

con quella di residenza. Ce ne scusiamo con<br />

gli interessati.<br />

(F. Ab.)<br />

Gli editori:<br />

vendite e pubblicità<br />

A sorpresa, i ricavi che gli editori traggono<br />

complessivamente dalle vendite superano i<br />

guadagni ottenuti con la pubblicità. Il boom,<br />

in edicola, si ebbe nel 1995 quando le<br />

vendite fruttarono il 57,15% <strong>dei</strong> ricavi.<br />

Mentre l’annata migliore per la vendita<br />

pubblicitaria è targata 2000, quando il settore<br />

strappò un 58,03% da primato. Nel 2002<br />

invece le due voci avvicinano i loro valori e<br />

la stima finale per il <strong>2003</strong> parla di parità. Al<br />

contrario degli Usa dove la pubblicità pesa<br />

per l’80% e l’Inghilterra dove vale il 60. E se<br />

nell’ultimo triennio il valore del mercato<br />

pubblicitario è calato da 7.932.080 euro a<br />

7.344.706, è proprio l’ambito <strong>dei</strong> quotidiani<br />

ad aver subito il tracollo maggiore (-15%)<br />

rispetto a televisione (-4) e periodici (-4,5).<br />

Con un risultato di primo piano però: <strong>dei</strong><br />

600 milioni di euro fatturati in Italia dalla<br />

pubblicità, la metà esce dalle casse <strong>dei</strong><br />

giornali. L’anteprima sulle differenze fra<br />

2002 e <strong>2003</strong> L’agosto di quest’anno ha<br />

registrato una diminuzione <strong>dei</strong> ricavi da<br />

pubblicità pari allo 0,8% che arriva all’1,8 se<br />

si considera settembre.<br />

In discesa libera poi, nelle parole di Salvatore<br />

Curiale che ha curato il Rapporto, il valore di<br />

un modulo pubblicitario sui quotidiani dal 1996<br />

ad oggi. Perché se allora arrivava a valere<br />

anche 37,22 euro, ora si ferma a 32,15. Il<br />

picco di costo Senza dubbio nel 2000. Quando<br />

per un modulo di pubblicità si pagavano in<br />

media 42,29 euro. Non solo. Negli ultimi tre<br />

anni, un modulo pubblicitario ha perso addirittura<br />

il 25% del suo valore.<br />

209 testate<br />

146 società editrici<br />

101 centri stampa<br />

147 agenzie<br />

di informazione<br />

111 concessionarie<br />

di pubblicità<br />

Giornali<br />

e giornalisti<br />

Due le tendenze tipo da dodici anni a questa<br />

parte: lo sfaldamento dell’esercito <strong>dei</strong> poligrafici<br />

e l’allargamento delle file <strong>dei</strong> giornalisti.<br />

I primi, nel 1990, erano 12.457 nei quotidiani.<br />

Nel 2002, sono diventati 7.758. Fra loro<br />

si riduce la presenza di chi ha più di 57 anni,<br />

mentre cresce la fascia d’età compresa fra i<br />

33 e i 48 anni con l’età di uscita dalla professione<br />

che si stabilizza sui 52.<br />

I cronisti passano invece da 5.204 a 6.405:<br />

più 23%. Il Rapporto fa inoltre i conti in tasca<br />

alle retribuzioni di chi lavora ogni giorno nelle<br />

redazioni. Lo straordinario, nel ‘93, era di 160<br />

ore. Lo scorso anno si è rivelato inferiore alle<br />

120 ore, con un trend assestato in diminuzione.<br />

L’osservatorio tecnico per i quotidiani e le<br />

agenzie di informazione, l’organismo paritetico<br />

imprese-sindacati previsto dal contratto<br />

nazionale e curatore dell’indagine, ha inoltre<br />

passato al setaccio gli stipendi a confronto<br />

con l’inflazione. Buste paga rilevate con dati<br />

reali, quelle <strong>dei</strong> poligrafici. Limitate ai dati<br />

contrattuali, quelle <strong>dei</strong> giornalisti. Risultato: la<br />

retribuzione media ha superato solo del 4<br />

per cento il costo della vita. Ma come è<br />

cambiata, negli ultimi dodici anni, la produttività<br />

Nel 1990 si contavano 5.355 pagine e<br />

151 copie ogni ora. Oggi sono rispettivamente,<br />

in media, 8.886 e 213. Anche se il picco<br />

di produttività si è toccato nel 2001 con 9.188<br />

pagine l’ora. La tendenza parla di una riduzione<br />

del costo del lavoro. Perché nel 1982<br />

l’attività <strong>dei</strong> poligrafici “pesava” 23 euro a<br />

copia. E ora vale 13.<br />

Di scena, infine, l’anagrafe dell’industria italiana<br />

<strong>dei</strong> quotidiani. Con tutti i dati più completi e<br />

aggiornati su testate, editori, centri stampa,<br />

agenzie e concessionarie di pubblicità operanti<br />

nel Paese. Il bilancio in numeri è di tutto<br />

rispetto: 209 testate, 146 società editrici, 101<br />

centri stampa, 147 agenzie, 111 concessionarie.<br />

E la fotografia <strong>dei</strong> quotidiani allo specchio<br />

delle edicole racconta di 204 pubblicazioni<br />

complessive, di 22 nuovi giornali affacciatisi al<br />

mercato nell’ultimo anno e di altri 20 che<br />

hanno cessato l’attività. La regione con il<br />

maggior numero di quotidiani Il Lazio, con 41.<br />

Segue la Lombardia con 32. Medaglia di bronzo<br />

alla Campania che ne pubblica 22. Ma c’è<br />

di più: Valle d’Aosta, Molise e Basilicata non<br />

avevano un loro giornale fino a qualche anno<br />

fa. Oggi sono, rispettivamente, a quota 3, 2 e<br />

1. Con una curiosità: che la Campania e<br />

Puglia, con il numero minimo di lettori, abbiano<br />

una densità così fitta di pubblicazioni giornaliere<br />

(22 e 19).<br />

E se 25 editori pubblicano più di una testata,<br />

oltre due terzi delle agenzie sono quotidiane.<br />

Di queste, 73 trasmettono solo testi, 55 anche<br />

foto. Ultimo capitolo le linee di tendenze per<br />

l’editoria quotidiana. In primis, la prevista<br />

crescita degli investimenti sulla stampa che<br />

sembravano in secondo piano fino a qualche<br />

anno fa e che ora tornano protagonisti con le<br />

nuove rotative full color. Le incognite sulle relazioni<br />

industriali fra editrici e sindacati, dato che<br />

secondo la ricerca un terzo di queste società<br />

non applicano il contratto quotidiani ai loro poligrafici.<br />

Ma anche il fenomeno della “convergenza”,<br />

ossia il ripensamento del ruolo degli<br />

editori di fronte alle sfide anche commerciali<br />

del futuro. Nella convinzione che un quotidiano<br />

è e rimane, più che un prodotto editoriale,<br />

un’opera dell’ingegno collettivo.<br />

■<br />

“ Ci preoccupa il calo della pubblicità”<br />

Andamento<br />

<strong>dei</strong> ricavi<br />

editoriali<br />

vendite<br />

pubblicità<br />

Suddivisione<br />

percentuale<br />

1990-2002<br />

Alessandro Nova,<br />

docente università Bocconi<br />

“Le variabili che intervengono in un settore<br />

dell’economia sono tre: l’esistenza di concorrenza<br />

internazionale, la dinamica del consumo<br />

interno, l’evoluzione tecnologica. Italia,<br />

Francia e Germania hanno, in questo senso,<br />

elementi simili che le differenziano dal resto<br />

del mondo e in particolare dagli Usa o dall’Estremo<br />

Oriente. Dobbiamo chiederci allora<br />

perché l’America abbia vissuto una crescita<br />

così forte del suo Pil. E i motivi sono due. La<br />

scelta di competere in settori ad alto valore<br />

aggiunto; gli investimenti in tecnologie. Tutto<br />

questo rende difficile l’inseguimento da parte<br />

<strong>dei</strong> paesi in via di sviluppo. L’Italia è cresciuta<br />

meno perché ha affrontato con estrema<br />

lentezza questi due fattori. Ma se il settore<br />

<strong>dei</strong> giornali è protetto dalla concorrenza<br />

internazionale, le nuove tecnologie digitali<br />

aumentano la produttività e la flessibilità. La<br />

prossima frontiera<br />

La cosiddetta convergenza settoriale. Gli<br />

editori non saranno più solo produttori di<br />

giornali ma di informazione. E altri contesti si<br />

avvicineranno a loro volta al mondo dell’informazione”.<br />

■<br />

“Corriere<br />

dello Sport”:<br />

ogni giornalista<br />

“rende”<br />

3.610 copie<br />

Roma, 30 ottobre <strong>2003</strong>. È il Corriere dello<br />

Sport-Stadio, secondo un’indagine di Italia<br />

Oggi, il quotidiano con il migliore rapporto tra<br />

copie diffuse e giornalisti assunti. Stando ai<br />

risultati dell’inchiesta, in edicola domani, il<br />

giornale sportivo romano diffonde 3.610<br />

copie per ciascun giornalista (l’indice è ottenuto<br />

dividendo le 288 mila copie diffuse<br />

mediamente per gli 80 giornalisti assunti). Al<br />

secondo posto della speciale graduatoria,<br />

che analizza i 53 quotidiani italiani più importanti,<br />

si colloca proprio ItaliaOggi, con 2.831<br />

copie diffuse per giornalista.<br />

E il podio si completa con la Gazzetta dello<br />

sport, a quota 2.638 copie per giornalista.<br />

Nella competizione fra big, ha la meglio il<br />

Corriere della Sera: ogni giornalista di via<br />

Solferino vale 1.970 copie, contro le 1.476<br />

<strong>dei</strong> colleghi di Repubblica.<br />

Si muove bene Libero: la testata di Vittorio<br />

Feltri, dopo soli tre anni di vita, è già nella top<br />

15 con 1.175 copie diffuse per redattore. In<br />

coda Il Corriere mercantile di Genova, con<br />

349 copie per giornalista, e Il Corriere dell’Umbria,<br />

con 458.<br />

(ANSA)<br />

ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />

11


EDITORIA<br />

Il bilancio dal 1990 al 2002<br />

sugli investimenti pubblicitari<br />

mette in evidenza un<br />

rafforzamento di Mediaset<br />

nel comparto televisivo (dal<br />

34,1% del totale nel 1990 al<br />

35% nel 2002, con ulteriore<br />

rafforzamento di mezzo<br />

punto percentuale nei primi<br />

quattro mesi del <strong>2003</strong>)<br />

ANALISI DI MERCATO E LINEE DI TENDENZA<br />

NEL RAPPORTO PRESENTATO A MILANO<br />

IN OCCASIONE DEL PREMIO CENACOLO<br />

Luci e ombre dell’editoria<br />

nell’era digitale<br />

di Francesca Romanelli<br />

“La Milano capitale dell’editoria non ama<br />

apparire né raccontarsi troppo perché, fin dai<br />

tempi del Manzoni, non è nel suo spirito”. È<br />

la Milano austera, schiva e sfuggente della<br />

comunicazione quella protagonista nelle<br />

parole di Michele Perini, guida di Assolombarda.<br />

Una Milano che una volta l’anno, tuttavia,<br />

non rinuncia a celebrarsi e riunirsi in un<br />

evento di cui già il nome evoca il carattere<br />

elitario del suo gotha: il Cenacolo. Per carità,<br />

niente a che vedere con l’ultima cena o il<br />

mistero della “tredicesima mano” di Leonardo<br />

se non fosse che la prima apparizione di<br />

questo evento si tenne nel 2000 a Santa<br />

Maria delle Grazie.<br />

Ma oggi, che di edizioni del premio Cenacolo<br />

all’editoria e all’innovazione si è arrivati<br />

alla quarta (ospitata il 17 novembre nel<br />

tempio dell’economia e dell’imprenditoria<br />

ambrosiana di via Pantano), la squadra degli<br />

apostoli della comunicazione ne contava<br />

certo più una dozzina: il presidente di Rcs<br />

Cesare Romiti, il leader di Mediaset Fedele<br />

Confalonieri, l’amministratore della Mondadori<br />

Maurizio Costa, il presidente del gruppo<br />

“Sole 24 Ore” Guidalberto Guidi e quello di<br />

Radio e Reti, Enzo Campione. Senza contare,<br />

fra i numerosi presenti, il direttore di Sky<br />

Tg24 Emilio Carelli e un collaboratore della<br />

stessa rete, Alan Friedman.<br />

Più tutta una truppa di docenti universitari e<br />

semiologi dell’universo comunicazione. Gran<br />

cerimoniere, questa volta, il re <strong>dei</strong> media che<br />

SEZIONE EDITORIA<br />

ha fatto sbarcare in Italia la piattaforma Sky:<br />

Rupert Murdoch.<br />

Tutti per lui i riflettori: 72 anni, humor caustico<br />

sfoderato con aplomb dietro a un microfono,<br />

ha giocato la carta della presenza senza<br />

PREMIO<br />

CENACOLO<br />

editoria e innovazione<br />

Premio<br />

Cenacolo:<br />

tutti i premiati<br />

scoprire troppo quelle della sua azienda.<br />

Ulteriore espansione in Italia “Non ci sentiamo<br />

pronti per grandi acquisizioni. Potremmo<br />

tentare qualcosa nei paesi dell’est, ma bisogna<br />

essere cauti.<br />

Dobbiamo concentrarci su quello che abbiamo<br />

già fatto, Sky, per migliorare”. E poi, ai<br />

giornalisti che insistevano: “Non penso che<br />

pubblicheremo mai un quotidiano in Italia.<br />

Non so l’italiano e sono troppo vecchio per<br />

impararlo”. Punto e a capo. Anche se “sarebbe<br />

una tentazione, ma è qualcosa cui devo<br />

resistere. Avere un quotidiano, per sua natura<br />

di carattere politico, metterebbe in difficoltà<br />

i miei interessi a livello televisivo, quindi<br />

devo tenermi alla larga...”.<br />

E allora via alle danze del dibattito fra i<br />

patron <strong>dei</strong> media italici che qualcosa in più,<br />

complice la legge Gasparri alle porte, dicono.<br />

“Il digitale terrestre è un’opportunità per<br />

valorizzare i contenuti già pronti in Mediaset”<br />

gli fa eco Confalonieri. Che, a scudo della<br />

riforma, racconta come “consenta agli editori<br />

di avere subito una televisione e a noi di<br />

avere eventualmente un giornale solo tra<br />

cinque anni”.<br />

Pollice verso invece da parte di Cesare<br />

Romiti, che parla di “legge Gasparri con<br />

aspetti poco condivisibili e di una finta privatizzazione<br />

Rai”. Non solo. “Rcs è interessata<br />

a possedere una tv digitale e sta lavorando<br />

a questo progetto, oltre a proseguire i piani<br />

di espansione all’estero”. “L’idea di avere un<br />

quotidiano nel gruppo esiste da tempo”,<br />

aggiunge invece Costa, “tuttavia la legge che<br />

si va ad approvare impedisce di averlo prima<br />

del 2009, quindi...”.<br />

SEZIONE COMUNICAZIONE<br />

I numeri della Milano<br />

dell’editoria<br />

Quindi la parola passa ai numeri della Milano<br />

dell’editoria. Dove si concentrano 700<br />

editori di libri che assommano il 40% dell’offerta<br />

e altrettanta occupazione. Dove viene<br />

catalizzato il 25% degli addetti ai quotidiani<br />

di tutta la penisola.<br />

Dove si raggruppa il 45% del personale che<br />

lavora nei periodici. Da primato anche il<br />

video. Perché su 20 mila occupati in tutta<br />

Italia nel comparto televisione, 4.500 sono<br />

attivi a Milano. E hanno sede qui 20 tv fra<br />

locali e a pagamento. Non solo. Su suolo<br />

ambrosiano vegeta il 40% degli editori e <strong>dei</strong><br />

distributori di prodotti sia digitali sia Cd Rom.<br />

E già oggi, siamo la città più cablata d’Italia.<br />

Di più. Abbiamo il primo <strong>dei</strong> due nodi di interscambio<br />

esistenti in Italia (Milano Internet<br />

Exchange), e confluiscono qui le dorsali <strong>dei</strong><br />

principali provider del Paese.<br />

Con la maggior parte <strong>dei</strong> principali portali<br />

italiani nati in territorio meneghino e Milano<br />

che detiene il primato nazionale <strong>dei</strong> fornitori<br />

di accesso a Internet: poco meno del doppio<br />

di un’intera regione come l’Emilia Romagna.<br />

E non è tutto.<br />

Perché se si osservano i primi risultati dell’indagine<br />

“Nuovi assetti e nuove prospettive<br />

dell’industria della comunicazione in Italia”<br />

annunciata in anteprima ed elaborata dall’osservatorio<br />

editoria e comunicazione, Milano<br />

si rivela il termometro nazionale della febbre<br />

<strong>dei</strong> media.<br />

1° Premio: TicaeBio.it, il primo portale italiano<br />

dedicato alla diffusione della cultura<br />

scientifica, in particolare della Scienza della<br />

vita, rivolto ai ragazzi tra gli 8 e i 13 anni.<br />

Premia Umberto Eco ritirano Marino Golinelli,<br />

presidente della Fondazione Marino<br />

Golinelli e Paola Parenti, presidente della<br />

società Chiocciola che ha realizzato il sito.<br />

2° Premio: Lavoce.info è una rivista online<br />

autofinanziata dai membri fondatori dedicata<br />

all’analisi e al dibattito della politica economica<br />

italiana.<br />

Premia Cesare Romiti ritira Pietro Ichino,<br />

docente Diritto del lavoro alla Statale di Milano<br />

3° Premio: La storia di Leon Country, un<br />

immaginario profeta del rock, è un progetto<br />

multimediale nato da un format radiofonico<br />

per Radio Rai 3 che diversamente declinato<br />

si è trasformato in un dramma e in uno spettacolo<br />

teatrale.<br />

Premia Enzo Campione ritirano gli autori<br />

Gaetano Cappa e Marco Drago soci del<br />

gruppo Istituto Barlumen.<br />

Menzione speciale: Lapis Edizioni per “I<br />

bambini alla scoperta di...” è una collana di<br />

guide turistiche per bambini, sviluppata attraverso<br />

quattro itinerari cittadini in cui le immagini<br />

hanno una funzione sia didattica che ludica.<br />

Consegna il riconoscimento il coordinatore<br />

del Comitato tecnico Antonio Calabrò ritirano<br />

Rosaria Punzi, presidente di Lapis e<br />

Anna Parisi, direttore generale.<br />

Motivazioni: “Premiare un modello ottimale<br />

di divulgazione scientifica in grado di prefigurare<br />

nuovi scenari per l’educazione e la formazione<br />

di un pubblico giovane. Gli approfondimenti<br />

nel campo della genetica, delle biotecnologie<br />

e delle scienze della vita presentati<br />

con un linguaggio chiaro e appassionante<br />

evidenziano le importanti questioni etiche che<br />

si celano nelle nuove scienze. In particolare la<br />

giuria ha apprezzato l’attualità <strong>dei</strong> contenuti,<br />

l’innovativa veste grafica e d’animazione con<br />

cui essi vengono proposti e la capacità di<br />

differenziare l’informazione in base al target<br />

<strong>dei</strong> giovani utenti (8-13anni)”.<br />

Motivazioni: Per “la capacità di mettere in<br />

rete l’esperienza di numerosi ed eccellenti<br />

collaboratori in grado di produrre un’informazione<br />

critica e un dibattito animato sui temi<br />

della politica economica. In particolare la<br />

giuria ha apprezzato il ruolo di osservatorio<br />

privilegiato rivestito dalla Voce.info, ampliamente<br />

utilizzata dalla stampa, dalla radio e<br />

dalle televisioni, che in breve tempo si è<br />

trasformata in un utile strumento per il cittadino<br />

e per chiunque si occupi di informazione”.<br />

Motivazioni: “Premiare l’originalità di un<br />

progetto nato dalla sperimentazione e dalla<br />

contaminazione di diversi registri e media, in<br />

cui la colta finzione sonora e teatrale risulta<br />

funzionale alla costruzione di una storia<br />

inventata. In particolare la giuria ha apprezzato<br />

la creazione ex novo di un universo<br />

sonoro filologicamente fedele ai dettami<br />

musicali del rock, in grado di intrattenere e di<br />

fidelizzare via radio, Internet e dal vivo un<br />

esigente e ironica comunità di ascoltatori”.<br />

Motivazioni: “Un prodotto che sviluppa in<br />

maniera creativa il concetto di guida, adattandolo<br />

al linguaggio e alle necessità ludiche<br />

<strong>dei</strong> bambini. In particolare la giuria ha<br />

apprezzato l’ottima integrazione tra testo,<br />

immagine e gioco in cui a contenuti storicoartistici<br />

di qualità corrispondono precise ricostruzioni<br />

iconografiche <strong>dei</strong> monumenti e <strong>dei</strong><br />

personaggi storici”.<br />

1° Premio ex aequo: Solitude Standing –<br />

Reading Concert è l’evento musicale e<br />

letterario realizzato dalla casa editrice Minimum<br />

Fax per il lancio dell’omonimo libro<br />

della folk singer americana Suzanne Vega.<br />

Consegna il premio Fedele Confalonieri<br />

ritira Daniele di Gennaro, fondatore e editore<br />

della casa editrice Minimum Fax.<br />

1° Premio ex aequo: 30% scontati è la<br />

campagna realizzata dall’Agenzia Saatchi<br />

per promuovere la riduzione sul prezzo di<br />

copertina degli Oscar Mondadori.<br />

Consegna il premio Guidalberto Guidi ritira<br />

Fabrizio Caprara, direttore generale Saatchi&<br />

Saatchi Italia.<br />

3° Premio ex aequo: Vent’anni di idee è la<br />

mostra evento realizzata a Palazzo Te a<br />

Mantova dal Gruppo Studio Azzurro per<br />

festeggiare i vent’anni de Il Sole 24 Ore<br />

Domenica.<br />

Consegna il premio Maurizio Costa ritira<br />

Riccardo Chiaberge, responsabile del supplemento<br />

Domenica de Il Sole 24 Ore.<br />

3° Premio ex aequo: Arte del 900 per<br />

l’Espresso è la campagna realizzata dall’Agenzia<br />

Lowe Pirella per promuovere l’Enciclopedia<br />

dell’Arte dell’Espresso.<br />

Consegna il premio Michele Perini ritirano<br />

Emanuele Pirella, presidente Lowe Pirella<br />

e Marco Freccia, amministratore delegato.<br />

Motivazioni: “Premiare la campagna Solitude<br />

Standing per essere riuscita a comunicare<br />

in maniera originale e innovativa un<br />

prodotto, quello poetico, editorialmente difficile.<br />

In particolare la giuria ha apprezzato la<br />

capacità di creare attorno a un libro di poesie<br />

e di canzoni un evento musicale e letterario<br />

di successo, in grado di mobilitare una comunità<br />

di lettori”.<br />

Motivazioni: Per “l’originalità e l’ironia del<br />

concept della campagna 30% scontati, che,<br />

declinata in chiave cartacea e in forma di<br />

spot televisivo, è riuscita con modalità tradizionali<br />

a comunicare in maniera innovativa<br />

l’offerta promozionale di un prodotto già<br />

esistente. In particolare la giuria ha apprezzato<br />

la creatività della trovata linguistico-visiva<br />

in grado di promuovere in maniera divertente<br />

la riduzione sul prezzo di copertina”.<br />

Motivazioni: “Premiare l’efficacia estetica e<br />

concettuale della mostra Vent’anni di idee.<br />

Un percorso artistico e culturale, che ha<br />

sostituito in maniera innovativa una tradizionale<br />

campagna di promozione e comunicazione<br />

di un prodotto editoriale. In particolare<br />

la giuria ha apprezzato la scelta de Il Sole<br />

24 Ore di comunicare attraverso una mostra<br />

multimediale lo spirito interdisciplinare de Il<br />

Sole 24 Ore Domenica”.<br />

Motivazioni: “L’originalità e l’efficacia delle<br />

immagini della Campagna Arte del 900 per<br />

l’Espresso,” sono “perfettamente armonizzate<br />

con il concept “L’arte contemporanea è<br />

intorno a noi basta saperla guardare”. In<br />

particolare la giuria ha apprezzato l’originalità<br />

della campagna, declinata sotto forma di<br />

spot e in versione cartacea, nel ripensare le<br />

opere d’arte contemporanea come immagini<br />

e fenomeni presenti nel quotidiano, frutto di<br />

un rinnovato sguardo sulla realtà”.<br />

12 ORDINE 12 <strong>2003</strong>


Altro che crisi di Internet. La vincitrice, ancora una volta, è<br />

la madre di tutte le reti. O meglio, uno <strong>dei</strong> suoi prodotti fra<br />

navigazione e informazione. E così il primo gradino del<br />

podio allestito ogni anno dal premio Cenacolo spetta<br />

quest’anno a TicaeBio.it, un portale per ragazzi incentrato<br />

sulle scienze della vita e dedicato ai ragazzi. Va dunque a<br />

questo spazio virtuale il primo premio della sezione Editoria,<br />

la più prestigiosa nella quarta edizione di questo riconoscimento<br />

promosso da un parterre di istituzioni e imprese<br />

che vanno da Assolombarda a Mediaset, da Mondadori a Il<br />

Sole 24 Ore, da Radio e Reti a RCS Mediagroup. Medaglia<br />

d’argento e di bronzo invece, rispettivamente, vanno ad un<br />

magazine on line dedicato ai temi della politica economica,<br />

La Voce.info, e a un format radiofonico trasformatosi in<br />

progetto multimediale di nome Leon Country. Ma in primissimo<br />

piano ci sono i giovani, con una sezione della gara<br />

interamente dedicata ai progetti editoriali elaborati da under<br />

35 e capace di promettere una valanga di euro (premi di<br />

15.000, 10.000 e 5.000) più un servizio di tutoring offerto<br />

dalle imprese promotrici. Palma d’oro a Profilo sinistro Irregolare,<br />

una collana di monografie dedicata alle creazioni<br />

artistiche <strong>dei</strong> pazienti psichiatrici. Mentre il secondo premio<br />

I magnifici dieci<br />

su 600 progetti<br />

a Paperkut, un magazine nato per offrire visibilità ai giovani<br />

creativi, e il terzo viene assegnato a Fuoriporta, progetto<br />

per la promozione turistica del territorio. Editoria al potere,<br />

dunque. Con un occhio anche alle migliori campagne di<br />

comunicazione che hanno visto come protagonisti libri e<br />

giornali. Qui, nella sezione comunicazione organizzata per<br />

il secondo anno consecutivo, l’apprezzamento ex aequo è<br />

andato a 30% Oscar Mondadori di Saatchi&Saatchi così<br />

come a Reading concert – Solitude Standing di Minimum<br />

Fax. Terzo premio invece, sempre a parimerito, alla mostra<br />

Vent’anni di Idee ideata per celebrare i vent’anni de Il<br />

Sole24Ore Domenica e a L’arte del Novecento dell’Espresso<br />

di Lowe Pirella. L’ardua sentenza sui 400 prodotti e<br />

progetti, provenienti da tutto il territorio nazionale, è arrivata<br />

da un giuria tutta accademica. A testimoniare come sia l’università,<br />

oggi, il garante italiano e soprattutto milanese<br />

dell’eccellenza. A comporla, lo scrittore Umberto Eco, il giornalista<br />

Antonio Calabrò di APcom, il prorettore della Cattolica<br />

Francesco Casetti e dello Iulm Giampaolo Fabris, il filosofo<br />

della Statale Giulio Giorello, il sociologo della Bicocca<br />

Guido Martinotti, Enrico Montangero di Assocomunicazione<br />

e Severino Salvemini, alla guida della Scuola di direzione<br />

aziendale della Bocconi. Come hanno valutato i “candidati”<br />

Prendendo in considerazione tutti gli aspetti che contribuiscono<br />

alla realizzazione di un prodotto innovativo nelle<br />

diverse fasi della sua elaborazione: novità, qualità, efficacia<br />

comunicativa <strong>dei</strong> contenuti, potenzialità commerciali, efficacia<br />

della veste grafica e capacità di raggiungere nuovi<br />

segmenti di pubblico. Un successo, quello del premio Cenacolo,<br />

dichiarato dall’aumento costante del numero di iscrizioni.<br />

Edizione dopo edizione. Ma anche sezione per sezione.<br />

Perché al “reparto” giovani sono pervenuti ben 150<br />

progetti. Con due particolarità. Si tratta, sempre di più, di<br />

idee e temi a rilevanza sociale: dall’integrazione delle marginalità<br />

al volontariato, dall’attenzione per l’ambiente al multiculturalismo.<br />

E poi c’è l’esplosione, a sorpresa, <strong>dei</strong> format<br />

radiofonici. Dà i numeri invece la pubblicità: quest’anno<br />

hanno concorso trenta agenzie per oltre 50 campagne.<br />

Linee di tendenza<br />

del mercato<br />

Il documento, 34 pagine costruite in sinergia<br />

fra 30 esponenti del mondo della comunicazione,<br />

dall’ex direttore generale Rai Pierluigi<br />

Celli ad Alessandro Dalai, dall’ex direttore del<br />

Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli a<br />

Francesco Micheli, analizza infatti la situazione<br />

italiana e parla delle linee di tendenza del<br />

mercato. L’esame parte dagli albori dell’industria<br />

della comunicazione, da quando “la Rai<br />

catturava audience, attenzione e tempo degli<br />

utenti, sottraendoli agli altri media. Tuttavia<br />

finché la televisione pubblica (in monopolio)<br />

lavorava in gran parte con il canone, si limitava<br />

ad attrarre spettatori ma non risorse pubblicitarie”.<br />

Allora, stabilisce la ricerca, vigeva<br />

“una netta ripartizione fra la Rai, investita del<br />

monopolio del servizio radio televisivo, da una<br />

parte, e l’editoria libraria e giornalistica dall’altro.<br />

Due business nettamente separati e<br />

anche due equilibri di mercato stabili”.<br />

Finché arriva Mediaset a “squilibrare i<br />

segmenti adiacenti, grazie al fatto che la<br />

nuova offerta televisiva attrae investimenti<br />

pubblicitari che prima alimentavano” il<br />

comparto giornalistico. “Conseguenza, la televisione<br />

ha cominciato a intercettare la parte<br />

principale delle risorse pubblicitarie”. Ma il<br />

duopolio è stabile, “in una specie di stallo<br />

competitivo: da un lato è bloccato (normativamente<br />

e politicamente) nelle sue possibilità di<br />

sviluppo esterno; dall’altro, a sua volta, non è<br />

contendibile da nessuno degli attori esterni”.<br />

Il fatturato pubblicitario<br />

tra i diversi media<br />

Due le rivoluzioni mancate, secondo gli<br />

studiosi: “il boom (rivelatosi poi effimero)<br />

delle information and communication tecnology”<br />

e “il processo di liberalizzazione e<br />

privatizzazione di tutti i settori caratterizzati<br />

in passato da forte intervento pubblico”.<br />

Specchio di questa situazione ingessata<br />

sono “le quote di mercato in termini di fatturato<br />

pubblicitario tra i diversi media” che “dal<br />

1993 al 2000, non cambiano gran che: la<br />

televisione continua a fare la parte del leone,<br />

mentre la stampa arretra leggermente. E agli<br />

altri toccano le briciole”. Il bilancio dal 1990<br />

al 2002 sugli investimenti pubblicitari “mette<br />

in evidenza un rafforzamento di Mediaset nel<br />

comparto televisivo (dal 34,1% del totale nel<br />

1990<br />

2002<br />

Mediaset %<br />

34,1<br />

35,0<br />

1990 al 35% nel 2002, con ulteriore rafforzamento<br />

di mezzo punto percentuale nei primi<br />

quattro mesi del <strong>2003</strong>). La stampa, nello<br />

stesso periodo, perde un 4% passando dal<br />

43,3 al 39,4 (con un altro mezzo punto perso<br />

nei primi quattro mesi del <strong>2003</strong>).” Di più.<br />

“All’interno di questo settore, la perdita è<br />

imputabile soprattutto ai periodici (dal 24,2%<br />

al 15,6), tuttora in discesa nel <strong>2003</strong>. Mentre i<br />

quotidiani hanno guadagnato qualcosa (dal<br />

19,1% al 23,8), anche se stanno arretrando<br />

nei primi quattro mesi del <strong>2003</strong>”. Con un<br />

punto fermo: “Nel complesso l’investimento<br />

pubblicitario è in calo, negli ultimi anni,<br />

soprattutto a causa della crisi di settori<br />

importanti come le Ict e l’automobile”.<br />

Stampa % Periodici % Quotidiani %<br />

43,3<br />

39,4<br />

24,2<br />

15,6<br />

19,1<br />

23,8<br />

Emergono<br />

due fattori<br />

Finché oggi, a squilibrare nuovamente il<br />

sistema in veste di incognite e variabili di<br />

cambiamento, emergono due fattori: la legge<br />

Gasparri e il digitale terrestre in arrivo.<br />

“Dovrebbe portare ad un progressivo<br />

aumento dell’offerta, nella prospettiva del<br />

2006, con conseguente spengimento delle<br />

trasmissioni analogiche”.<br />

Tre le direttrici della rivoluzione alle porte:<br />

“per la prima volta da molti anni c’è la possibilità<br />

di modificare in profondità la distribuzione<br />

delle frequenze televisive (congelate<br />

da tempo), grazie alla probabile rottamazione<br />

con vendita di molte emittenti prive di<br />

risorse”; “cadono con la Gasparri le barriere<br />

normative che avevano in passato separato<br />

il mercato televisivo da quello editoriale”; “si<br />

può procedere verso la digitalizzazione della<br />

radio”.<br />

Altrettanti gli scenari preconizzati dagli analisti:<br />

in primis “la formazione a monte tra alcuni<br />

poli di scala nazionale e internazionale,<br />

avvalendosi degli ampi limiti consentiti dalle<br />

nuove normative”.<br />

Poi “il consolidamento di network regionali<br />

di media dimensione specializzati nel<br />

servire bacini di utenza ampia ma non<br />

nazionali”. Da ultimo “il radicamento locale<br />

di molte iniziative di piccola scala,<br />

emergenti dal basso, che si legano ai<br />

circuiti di condivisione delle esperienze e<br />

<strong>dei</strong> problemi locali”.<br />

■<br />

SEZIONE GIOVANI<br />

1° premio: Profilo sinistro Irregolare è un<br />

progetto per la realizzazione di collane monografiche<br />

dedicate alla valorizzazione estetica<br />

delle opere degli artisti-pazienti che operano<br />

nei laboratori di cura e riabilitazione psichiatrica.<br />

L’idea del progetto nasce dall’esperienza<br />

pilota dell’Atelier Adriano e Michele, del Centro<br />

Fatebenefratelli di San Colombano al Lambro.<br />

Consegna il premio l’assessore ai Giovani<br />

del Comune di Milano Aldo Brandirali ritirano<br />

le autrici Francesca Monza e Teresa<br />

Maranzano.<br />

2° Premio: Paperkut è un magazine bimestrale<br />

di pagine bianche affidate a giovani<br />

creativi internazionali integrato all’interno di<br />

un progetto di sito web.<br />

Consegna il premio il prof. Severino Salvemini<br />

ritirano gli autori Alessandro Scali e<br />

Robin Goode.<br />

3° Premio: Fuoriporta è un kit editoriale<br />

formato tascabile per la scoperta e la valorizzazione<br />

del territorio. È composto da una<br />

mappa con leggende singolarmente sviluppate<br />

all’interno di 6 pieghevoli tematici.<br />

Consegna il premio il prof. Francesco<br />

Casetti ritirano gli autori Ioselita Ciaravino<br />

e Massimo Cucchiara.<br />

ORDINE - TABLOID<br />

periodico ufficiale del Consiglio<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />

La quota di iscrizione all’Albo<br />

e al Registro è di 100 euro<br />

all’anno di cui 10<br />

per l’abbonamento al mensile Tabloid.<br />

Mensile / Spedizione in a. p. (45%)<br />

Comma 20 (lettera B) art. 2 legge n. 662/96<br />

Filiale di Milano<br />

Anno XXXIII<br />

Numero 12, dicembre <strong>2003</strong><br />

ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />

Motivazioni: “Per l’attualità <strong>dei</strong> contenuti<br />

che, in linea con le direttive culturali e sociali<br />

da anni perseguite in Europa, valorizzano<br />

quanto di significativo e di creativo è stato<br />

prodotto in Italia da persone emarginate. In<br />

particolare la giuria ha apprezzato la volontà<br />

di diffondere in maniera sistematica e scientifica<br />

opere artistiche che necessitano di uno<br />

sguardo solidale in grado di ripensare criticamente<br />

il rapporto troppo spesso stereotipato<br />

tra arte e psichiatria”.<br />

Motivazioni: “Premiare l’originalità del<br />

progetto Paperkut, che contaminando più<br />

media e più registri, dal poetico, al grafico al<br />

musicale, attribuisce al magazine il ruolo di<br />

collettore delle esperienze più significative<br />

maturate in rete. In particolare la giuria ha<br />

apprezzato l’innovazione grafica del progetto<br />

paperkut molto coerente con i contenuti che<br />

si intendono comunicare”.<br />

Motivazioni: “Per la capacità di ripensare il<br />

territorio attraverso specifiche aree tematiche<br />

in grado di valorizzare e di restituire<br />

identità ad ogni singolo luogo. In particolare<br />

la giuria ha apprezzato l’attualità del progetto<br />

che in sintonia con l’evoluzione delle politiche<br />

turistiche in Italia mira a differenziare<br />

l’offerta all’interno di un’area circoscritta”.<br />

Direttore responsabile FRANCO ABRUZZO<br />

Condirettore BRUNO AMBROSI<br />

Direzione, redazione, amministrazione<br />

Via Appiani, 2 - 20121 Milano<br />

Tel. 02/ 63.61.171 - Telefax 02/ 65.54.307<br />

Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia<br />

Franco Abruzzo presidente;<br />

Brunello Tanzi vicepresidente;<br />

Sergio D’Asnasch consigliere segretario;<br />

Davide Colombo consigliere tesoriere.<br />

Torna<br />

in edicola<br />

“punto.com”<br />

<strong>Ordine</strong>/Tabloid<br />

Consiglieri:<br />

Bruno Ambrosi,<br />

Letizia Gonzales,<br />

Liviana Nemes Fezzi,<br />

Cosma Damiano Nigro,<br />

Paola Pastacaldi<br />

Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> conti<br />

Alberto Comuzzi (presidente),<br />

Maurizio Michelini e Giacinto Sarubbi<br />

Direttore dell’OgL Elisabetta Graziani<br />

Segretaria di redazione Teresa Risé<br />

Realizzazione grafica:<br />

Grafica Torri Srl (coordinamento<br />

Franco Malaguti, Marco Micci)<br />

Roma, 3 novembre. Torna in edicola il quotidiano dell’informazione<br />

“punto.com”.<br />

Distribuito in tutte le edicole di Milano e Roma al prezzo di<br />

due euro e su abbonamento nel resto d’Italia, “punto.com”<br />

è diretto da Gianluca Marchi. Come direttore responsabile<br />

di “punto.com” - si legge in una nota - Marchi intende recuperare<br />

lo spirito originario del primo quotidiano interamente<br />

dedicato al mondo della comunicazione, dando particolare<br />

rilievo alla comunicazione anche dal punto di vista dell’impatto<br />

politico e del ruolo che la politica svolge nell’intero<br />

pianeta delle telecomunicazioni. “punto.com” non sarà, si<br />

sottolinea, solo uno strumento tecnico-economico al servizio<br />

<strong>dei</strong> vari settori delle tlc, ma anche una finestra aperta<br />

sui prodotti delle aziende di comunicazione. “punto.com”<br />

affronterà, quindi, giornalmente, aspetti diversi del mondo<br />

<strong>dei</strong> media, della comunicazione d’impresa e della nuova<br />

economia.<br />

Gianluca Marchi, nato a Cantù (Como) nel 1957, risiede<br />

attualmente a Milano. Giornalista professionista, ha iniziato<br />

la sua attività giornalistica al quotidiano La Provincia di<br />

Como per poi lavorare per i quotidiani milanesi Il Giorno e<br />

La Notte.<br />

Dopo tre anni all’ufficio stampa della Regione Lombardia, è<br />

tornato a lavorare nei quotidiani prima come vicecapocronista<br />

a Il Giornale diretto da Feltri e poi come caporedattore<br />

centrale de L’Indipendente diretto da Daniele Vimercati. È<br />

stato il primo direttore responsabile del quotidiano La Padania<br />

(dal 97 al 99) quindi ha diretto Il Giornale d’Italia fino al<br />

2000.<br />

Ha partecipato alla creazione di Libero, il quotidiano diretto<br />

da Vittorio Feltri, dove è stato prima caporedattore centrale e<br />

poi inviato.<br />

(ANSA)<br />

Stampa Stem Editoriale S.p.A.<br />

Via Brescia, 22<br />

20063 Cernusco sul Naviglio (Mi)<br />

Registrazione n. 213 del 26 maggio 1970<br />

presso il Tribunale di Milano.<br />

Testata iscritta al n. 6197 del Registro<br />

degli Operatori di Comunicazione (ROC)<br />

Comunicazione e Pubblicità<br />

Comunicazioni giornalistiche Advercoop<br />

Via G.C.Venini, 46 - 20127 Milano<br />

Tel. 02/ 261.49.005 - Fax 02/ 289.34.08<br />

La tiratura di questo numero<br />

è di 23.296 copie<br />

Chiuso in redazione il 22 novembre <strong>2003</strong><br />

13


14 ORDINE 12 <strong>2003</strong>


di Paola Pastacaldi<br />

L<br />

’Italia è il Paese del conflitto d’interessi.<br />

L’interesse è sostanzialmente quello<br />

della televisione. Un Paese dove in ogni<br />

famiglia troneggiano dai due ai quattro televisori.<br />

Un Paese in cui le ore giornaliere di<br />

esposizione agli influssi del Verbo tv sono tre,<br />

quattro, anche cinque, equivalenti dunque ad<br />

un intero pomeriggio.<br />

Un Paese in cui anche i bambini subiscono le<br />

scelte della tv. Non solo per quanto riguarda i<br />

cartoni animati. I bambini sono costretti a<br />

vedere i telegiornali con tutto il loro bagaglio<br />

di violenza, perché quella è l’ora in cui la famiglia<br />

italiana si siede a tavola, unita, per cena.<br />

È l’unico momento per stare insieme, padre,<br />

madre, figli. Non è, dunque, eccessivo dire<br />

che la televisione è il Verbo degli italiani. Eugenio<br />

Montale nel ‘48 ne aveva descritto gli esordi<br />

in Inghilterra come giornalista del Corriere<br />

della Sera, con sagacia e humour.<br />

E aveva intuito che il vero pericolo della televisione<br />

era il suo sguardo potenzialmente invasivo,<br />

capace di entrare nelle vite private.<br />

Cinquant’anni dopo, sappiamo che la televisione<br />

è entrata nell’intimità delle famiglie,<br />

dentro le coscienze. La tv tenta di reinventare<br />

il nostro modo di essere e pensare. E, ammettiamolo,<br />

un po’ ci è riuscita. Ma che c’entra la<br />

scrittura con tutto questo La scrittura, il modo<br />

di esprimersi, dipende dalla nostra cultura, da<br />

ciò che abbiamo studiato e da ciò che studiamo<br />

o vediamo e sappiamo. Ciò che sappiamo<br />

- nessuno lo può negare - è pesantemente<br />

Lcondizionato dal verbo tivù.<br />

a tv è l’informazione dominante, la carta<br />

vive le notizie in seconda battuta. Ma<br />

pochi telespettatori sono consapevoli e<br />

pochissimi cittadini sono desiderosi di farne<br />

una riflessione critica. La critica la possono<br />

fare i lettori e i telespettatori, ma data l’invasività<br />

<strong>dei</strong> media, ormai possiamo dire che la<br />

critica la dovrebbero fare i media stessi. Cito,<br />

a proposito di spirito critico da sviluppare<br />

dentro i media, due giornali stranieri, Le<br />

Monde e The Guardian. Le Monde ha una<br />

pagina dedicata alla comunicazione, dove<br />

espone notizie legate ai giornali e alle tv, ma<br />

anche riflette su come queste notizie vengono<br />

confezionate, sulla deontologia, sugli<br />

eccessi del comportamento giornalistico.<br />

Insomma la pagina Communication di Le<br />

Monde è sotto il profilo del contenuti una<br />

specie di confessionale, dove i giornalisti stessi<br />

si guardano allo specchio e si chiedono<br />

cosa hanno sbagliato. The Guardian ha un<br />

inserto sui media, a cui si può dare la palma<br />

per i titoli più critici sulla dittatura <strong>dei</strong> media.<br />

Lo stesso fa Le Monde, che però si concentra<br />

di più sulla critica alla televisione. I giornalisti<br />

italiani si limitano a fare percorsi dentro le<br />

trasmissioni con le rubriche televisive che<br />

analizzano successi e insuccessi delle stesse,<br />

ma con difficoltà entrano nella filosofia <strong>dei</strong><br />

media.<br />

L’apparecchio televisivo italiano non è solo un<br />

complemento dell’arredamento nazionale che<br />

decora cucine, salotti, camere, camerette,<br />

D I B A T T I T O<br />

Scrivere dopo la tv<br />

Le immagini raccontano la loro realtà sui giornali e dentro il piccolo schermo.<br />

Dall’attacco dell’11 settembre a New York, ai proclami di Saddam sino alle vittime della<br />

guerra contro l’Afghanistan. I media, invasivi, producono una loro visione della realtà e<br />

la televisione la diffonde, come fosse l’unica.<br />

(Il collage è di Paola Pastacaldi, consigliere dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia)<br />

S<br />

studi, ma anche uffici postali (di recente gli enza foto, le notizie non meritano una<br />

spot vengono trasmessi mentre si fa la coda pubblicazione. E, tanto è assodato<br />

per pagare le bollette), e persino le librerie. questo principio, che se la foto non c’è,<br />

L’apparecchio sagace e onnipotente offre una si ricorre al cinema, cioè alle immagini <strong>dei</strong><br />

angolatura di questa nuova realtà che è il film per illustrare un fatto di cronaca (quante<br />

mondo dentro la tv. Il mondo che noi conosciamo<br />

è stato riplasmato dalla telecamera sciopero <strong>dei</strong> postini con il film Il postino<br />

volte lo abbiamo visto nei quotidiani Lo<br />

della tv. Leggendo il volume Come si scrive il suona sempre due volte). Carlo, morto a<br />

Corriere della Sera (Rizzoli), uscito nel marzo Genova in occasione del G8, la guerra di<br />

del <strong>2003</strong> un po’ in sordina, nel corso della direzione<br />

di Ferruccio de Bortoli, peschiamo immagini decidono da sole la verità di un<br />

Bagdad, tanto per citare due episodi. Le<br />

dall’intervento dell’art director, Gianlugi Colin, fatto Sì, ma siamo in una mistificazione<br />

colui che ha reimpastato graficamente il giornale<br />

negli ultimi vent’anni. Colin sostiene a la verità, dicono parziali verità, che dipendo-<br />

collettiva della realtà. Le foto non dicono mai<br />

ragione che la fotografia è un elemento no da contesto in cui vengono collocate, a<br />

essenziale dell’informazione. Ma non è mai un seconda dunque dell’ideologia che anima<br />

momento di verità. La foto si contestualizza Scolui che le sceglie o del medium scelto.<br />

dentro un articolo. L’uso della foto nei giornali e la tv ha decretato il trionfo del fatto<br />

è, dunque, prettamente ideologico. E bene immagine, cioè della notizia che si<br />

Isgomberare il campo da falsi convincimenti. substanzia in una, dieci, cento, mille<br />

n un Paese come il nostro, fortemente immagini, la scrittura che è il tramite del narrare<br />

la verità <strong>dei</strong> fatti come riflessione, che fine<br />

caratterizzato da immagini “ideologiche”<br />

scelte da quell’essere pensante che è la tv ha fatto Come si è adattata a questa svolta<br />

(sia la Rai, Mediaset o qualche rete locale), epocale Imitando la televisione. Diventando<br />

l’assioma “è vero: l’ha detto il giornale” è mutato<br />

in “è vero: l’ho visto in tv”. Anche le foto che una macchina da presa. La scrittura <strong>dei</strong> media<br />

scrittura televisiva. Diventando, in altre parole,<br />

ormai invadono i giornali vivono di rendita di post-televisivi si sforza di essere prima di tutto<br />

questa nuovo imperialismo delle immagini e immagine. L’articolo post-televisivo soffre di un<br />

si propongono baldanzosamente come la difetto di omologazione allo schermo. Una<br />

verità. Purtroppo è un falso convincimento. prova Le prime dieci, venti righe di un pezzo<br />

L’invasione delle notizie-foto, rafforzata dalla sovente, anche se non sempre, raccontano o<br />

televisione o meglio dall’eccessiva esposizione<br />

degli italiani alle immagini della televisione, scenario, il luogo, dettagli di tipo fotografico.<br />

si disperdono in dettagli visivi, il vestito, lo<br />

ha decretato la subalternità <strong>dei</strong> fatti. I fatti La nuova scrittura è funzionale alla povertà di<br />

sono, cioè esistono solo se sono fotografati o contenuti voluta oggi dal sistema dell’informazione<br />

che predilige un articolo di tipo fotografabili.<br />

più<br />

pubblicitario che informativo. Ma questo è un<br />

altro annoso argomento.<br />

La tv è un mezzo straordinario. Ma certo<br />

nessuno può negare la sua naturale superficialità,<br />

dovuta alla velocità e all’incisività<br />

baldanzosa del vedere. La tv non è per l’approfondimento,<br />

dunque la scrittura che vuole<br />

descrivere le immagini si impoverisce. In<br />

realtà si occupa di fatti marginali. La scrittura,<br />

che si fa condizionare dal visivo, è una scrittura<br />

che si allontana dal fatto. La foto non è mai<br />

un momento di verità. Perché la scrittura subisce<br />

questo scotto I media scritti soffrono di<br />

un complesso di inferiorità verso il media<br />

dominante: il piccolo schermo, ormai assurto<br />

al ruolo di Verbo, dunque di grande schermo<br />

o se preferite Grande fratello, che mediatizza<br />

tutto, fatti, persone e opinioni. In un percorso<br />

della memoria, sempre utile in epoche di crisi,<br />

proviamo a rileggere Goffredo Parise, Eugenio<br />

Montale, Dino Buzzati, alcuni degli scrittori<br />

che facevano i giornalisti e i cronisti, e<br />

scopriamo lo stile che per raccontare i fatti, le<br />

notizie da quelle più comuni di bianca a quelle<br />

di nera, sconvolgenti, straordinarie o meno,<br />

restando però legati alla riflessione. Scopriremono<br />

che sono articoli dove la scrittura, lo<br />

stile, gli aggettivi restano legati alla concretez-<br />

del loro significato. Lza<br />

a nuova scrittura, invece, assomiglia ad<br />

un ingrandimento fotografico, tradotto in<br />

parole. Un ingradimento di dettagli infinitesimali.<br />

La scrittura è stata espropriata della<br />

sua naturale forza, della sua identità, la critica.<br />

C’è nello scrivere la forza della riflessione.<br />

C’è nella tv il descrivere spettacolarizzato.<br />

Come la scrittura, le vignette di Le Monde,<br />

senza foto, riassumono in una volta sola dieci,<br />

cento, mille immagini, mille racconti incisivi e<br />

critici. Come quella del G8, o come quelle<br />

sull’Afghanistan. Servono decine di meravigliose<br />

foto per condensare lo spirito critico di<br />

una sola immagine-vignetta. Art Spiegelman,<br />

l’illustratore del New Yorker, con le sue copertine<br />

ha spesso provocato reazioni altrettanto<br />

forti che un cambio di governo. La foto, come<br />

riproduzione-fotocopia della realtà, non ha<br />

questo carisma (salvo in casi rarissimi): non<br />

ha la capacità di scuotere le coscienze e far<br />

fare un salto di qualità alla consapevolezza del<br />

lettore. La foto fissa lo spettatore su un fatto,<br />

inchiodandolo drammaticamente ad un sola<br />

Llettura.<br />

a comunicazione legata all’informazione<br />

odierna ha un nuovo compito fondamentale:<br />

calibrare i due poteri, l’immagine e<br />

la riflessione legata alla scrittura, rendendoli<br />

entrambi critici. È necessario svincolare la<br />

scrittura dallo strapotere del medium per<br />

eccellenza e ridarle una identità. Studiare la<br />

nuova scrittura, rilevarne i limiti e i momenti<br />

di plagio televisivo. Si potrebbe compilare un<br />

codice di scrittura postelevisiva con la segnalazione<br />

degli influssi velenosi delle tv Forse,<br />

ma anche se non si farà mai un codice di<br />

stile post-televisivo, i professionisti del<br />

raccontare i fatti potranno chiedere a se stessi<br />

fin dove il visivo li condiziona e ritornare<br />

ad un dialogo meno spettacolarizzato con il<br />

lettore.<br />

Promosso e organizzato dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />

Entro il 31 dicembre la<br />

partecipazione al VI Concorso<br />

tesi di laurea sul giornalismo<br />

Promossa dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della<br />

Lombardia la sesta edizione del Concorso valorizza le tesi<br />

di laurea dedicate al giornalismo e alle istituzioni della<br />

professione. Giudice insindacabile del premio è lo stesso<br />

Consiglio dell’<strong>Ordine</strong>.<br />

Le tesi (in unica copia e anche su dischetto in programma<br />

word oppure rtf) dovranno pervenire alla segreteria dell’<strong>Ordine</strong><br />

(via Appiani 2 - 20121 Milano) entro il 31 dicembre<br />

<strong>2003</strong>. Ogni candidato dovrà presentare la domanda in carta<br />

semplice corredata dai dati anagrafici comprensivi del codice<br />

fiscale, recapiti telefonici e residenza.<br />

Potranno concorrere le tesi discusse nelle Università italiane<br />

(pubbliche e private) nel periodo gennaio-dicembre<br />

<strong>2003</strong>. Le sezioni del premio (al quale ogni candidato dovrà<br />

far riferimento) sono sette e ogni vincitore di sezione riceverà<br />

2.500 euro. L’impegno finanziario dell’<strong>Ordine</strong> è,<br />

pertanto, di 17.500 euro complessivi.<br />

La cerimonia della consegna avverrà in occasione dell’assemblea<br />

degli iscritti all’Albo dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia.<br />

La cerimonia, quindi, è prevista per il marzo 2004 al Circolo<br />

della Stampa.<br />

Estratti (di 400 righe) delle tesi premiate (e segnalate)<br />

verranno pubblicati su Tabloid, organo mensile dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia. Per la valutazione delle tesi<br />

il Consiglio si avvarrà, come lo scorso anno, dell’opera di<br />

consulenti (giornalisti e professori universitari).<br />

Sette sezioni:<br />

a ogni vincitore 2.500 euro.<br />

I candidati dovranno<br />

consegnare le tesi<br />

entro dicembre<br />

Queste le sezioni:<br />

1) Storia del giornalismo italiano, <strong>dei</strong> suoi<br />

interessi e <strong>dei</strong> suoi protagonisti, anche<br />

attraverso le vicende storiche e di costume<br />

che lo hanno impegnato.<br />

2) Storia del giornalismo occidentale.<br />

3) Istituzioni della professione giornalistica.<br />

La deontologia e l’inquadramento contrattuale<br />

<strong>dei</strong> giornalisti in Italia, in Europa<br />

e nel resto del mondo occidentale.<br />

4) Giornalismo radiotelevisivo.<br />

5) Giornalismo telematico.<br />

6) Giornalismo economico e finanziario.<br />

7) Giornalismo culturale, sociale, scientifico,<br />

sportivo e di costume.<br />

ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />

15


Ifg<br />

L’ESORTAZIONE DEL PRESIDENTE FRANCO ABRUZZO AI 40 ALLIEVI DEL XIV BIENNO DURAN<br />

“Rispettate le persone<br />

e la verità <strong>dei</strong> fatti”<br />

di Silvia Bernasconi<br />

Rispetto delle persone e verità <strong>dei</strong> fatti: questi<br />

i due moniti di Franco Abruzzo alle nuove leve<br />

dell’Istituto Carlo de Martino per la Formazione<br />

al Giornalismo (Ifg), all’inaugurazione del<br />

XIV biennio (<strong>2003</strong>-2005) che si è svolta lunedì<br />

17 novembre alle ore 10 nella sede di via<br />

Fabio Filzi 17. Presenti Bruno Ambrosi, presidente<br />

dell’Associazione Walter Tobagi per la<br />

Formazione al Giornalismo (Afg), Franco<br />

Abruzzo, presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia (Odg), Gigi Speroni e Alfredo<br />

Pallavisini, rispettivamente direttore e vicedirettore<br />

della scuola, il corpo docenti e i<br />

quaranta giovani aspiranti giornalisti, raccolti<br />

tutti nell’aula dedicata alla memoria di Luigi<br />

Marinatto, uno <strong>dei</strong> padri fondatori della scuola.<br />

Manca soltanto Enzo Biagi, presidente<br />

della Commissione d’esame, costretto a declinare<br />

all’ultimo momento l’invito per motivi di<br />

salute.<br />

È Bruno Ambrosi a prendere la parola per<br />

primo e a dare il benvenuto agli allievi, sopravvissuti<br />

a una selezione durissima che ha decimato<br />

i 364 candidati iscritti alle prove del 13<br />

settembre. Il presidente dell’Afg sottolinea il<br />

rapporto di continuità con i tredici bienni<br />

precedenti, fino a ripercorrere le tappe della<br />

Tutto quello che avreste sempre voluto sapere<br />

sull’Istituto Carlo De Martino per la Formazione<br />

al Giornalismo ma che non avete mai<br />

osato chiedere. Si riassume in una battuta<br />

l’opportunità, offerta dal direttore dell’Ifg Gigi<br />

Speroni alle quaranta “matricole”, di incontrare<br />

sei allievi del XIII biennio, usciti per l’ultima<br />

volta come studenti dalle aule di via Fabio Filzi<br />

17 lo scorso maggio. Freschi della partecipazione<br />

alla prova scritta dell’esame di Stato per<br />

diventare professionisti, Oriana Liso, Gianni<br />

Santucci, Nicola Falcinella, Lara Zani, Stefano<br />

fondazione dell’Ifg a Milano nel 1977, la prima<br />

scuola italiana di giornalismo. Il XIV biennio si<br />

apre quindi con alle spalle ben venticinque<br />

anni di gloriosa tradizione, recentemente riassunti<br />

nella pubblicazione Ifg 25 anni, cronaca<br />

di una storia curata da Emilio Pozzi. Dopo<br />

aver accolto con calore e lusingato i “magnifici<br />

quaranta”, Ambrosi prospetta loro due anni di<br />

intenso lavoro e, citando un ex-allievo, definisce<br />

la scuola “una via di mezzo tra un’università<br />

e un’accademia militare”, espressione<br />

che trasmette con immediatezza l’idea dell’alto<br />

livello qualitativo della formazione, ma<br />

anche della severità.<br />

Franco Abruzzo interviene difendendo energicamente<br />

l’importanza dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

troppe volte messa in discussione, della<br />

deontologia professionale – che sarà peraltro<br />

una materia di studio – e dell’esame di Stato<br />

finale per l’accesso alla professione. In qualità<br />

di presidente dell’Odg della Lombardia esprime<br />

la sua piena fiducia nella formazione della<br />

scuola, indispensabile per riscattare la professione<br />

giornalistica e fondarla su basi solide.<br />

Rivolgendosi agli allievi, che dal 1 febbraio<br />

2004 saranno iscritti all’Albo <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

elenco <strong>dei</strong> praticanti, li esorta a prendere<br />

coscienza del proprio ruolo e a non oltrepassare<br />

mai i limiti del rispetto delle persone<br />

umane e della verità <strong>dei</strong> fatti. “Raccontare<br />

L’incontro con i praticanti (sotto esame) del XIII, appena concluso<br />

“La scuola è solo<br />

il primo passo.<br />

Poi tocca a noi”<br />

di Anna Bernasconi De Luca<br />

storie vere”, ribadisce, è infatti il primo compito<br />

del giornalista. Abruzzo sottolinea infine sia<br />

la dimensione nazionale che l’Ifg ha voluto<br />

assumere fin dalla sua fondazione, sia la<br />

prospettiva europea, sancita dai finanziamenti<br />

che provengono in massima parte dal<br />

Fondo sociale europeo tramite la Regione<br />

Lombardia e per il restante 15% dall’<strong>Ordine</strong><br />

della Lombardia.<br />

Succinto e concreto il discorso di Gigi Speroni,<br />

direttore della scuola, che si giustifica con<br />

un “di fiato da sprecare con voi ne avrò<br />

tanto!”. A lui tocca presentare il regolamento,<br />

gli orari, il metodo che mira ad integrare<br />

teoria e pratica giornalistica, le strutture a<br />

disposizione degli alunni e soprattutto i<br />

docenti. Non dimentica il problema degli<br />

alloggi che assilla in questi primi giorni i<br />

candidati provenienti da 14 regioni italiane,<br />

proponendo un incontro con gli ex-Ifg per<br />

trovarvi soluzione. Ad un certo punto si interrompe<br />

ed estrae un post-it giallo dal taschino<br />

della giacca per ricordare di consegnare una<br />

foto formato tessera in segreteria. Con l’affetto<br />

e l’esperienza di chi è a contatto continuo<br />

e diretto con i giovani invita a bussare alle<br />

porte sempre aperte degli uffici del direttore<br />

e del vicedirettore in caso di necessità di ogni<br />

tipo e conclude con un “buon lavoro a tutti”.<br />

Augurio quanto mai opportuno.<br />

Casella e Alessia Gallione sono stati disponibili<br />

a un confronto aperto e franco. E le<br />

domande alle quali hanno risposto sono state<br />

numerose. Così come i consigli dati e alcune<br />

“dritte” che, dato il colloquio di natura confidenziale,<br />

ci terremo per noi.<br />

Un primo giro di presentazioni - in pratica la<br />

risposta alla domanda: «Dove state lavorando»<br />

- ha suscitato entusiasmo tra le nuove<br />

leve al loro secondo giorno di scuola, che si<br />

sono sentite citare Il Corriere della Sera, la<br />

Repubblica, L’Avvenire, Il Manifesto, la Provincia<br />

di Como, Diario. I sei, comunque, hanno<br />

chiarito: «Non parliamo di assunzione, ma<br />

di “collaborazione”». L’ammonimento generale<br />

del resto è stato: «Non pensiate di uscire<br />

dall’Ifg con il lavoro garantito. La scuola di giornalismo<br />

è il primo passo, lo strumento per<br />

conoscere ed entrare in contatto con il mondo<br />

editoriale. Sta agli allievi darsi da fare, bussare<br />

a tante porte, cercare di fare collaborazioni<br />

e diversificarle».<br />

Intraprendenza, dunque. Rumore tra i quaranta.<br />

Che hanno incalzato: «Ma è vero che il<br />

prestigio e la storia dell’Ifg rendono i suoi allievi<br />

più appetibili sul mercato editoriale, rispetto ai<br />

praticanti delle altre scuole italiane». Ha risposto<br />

Nicola Falcinella: «L’Ifg ha una sua storia<br />

lunga e importante. E i 600 professionisti che<br />

ne sono usciti lo testimoniano. In particolare<br />

questa scuola, rispetto alle altre, ha il merito di<br />

far sperimentare agli allievi tutti i mezzi di comunicazione:<br />

radio, carta stampata, televisione e<br />

adesso anche giornalismo on line».<br />

Il discorso si è quindi orientato sull’utilità di<br />

lezioni, laboratori e stage estivi. È stato chiesto:<br />

«Vi sentite diversi rispetto a due anni fa».<br />

«È presto per dirlo» è la risposta che forse<br />

centra il nodo della questione.<br />

Se non è stato trascurabile un certo sentimento<br />

di incertezza nei ragazzi in cattedra<br />

(consapevoli che ancora di strada da fare ce<br />

n’è prima di poter dire di avercela fatta), è<br />

davvero troppo presto per sapere quali lezioni<br />

saranno più utili nel loro futuro. Inglese e<br />

La graduatoria<br />

Cognome Nome Posizione<br />

Cauli Tiziana 1<br />

Stella Armando 2<br />

Dell’olio Luigi 3<br />

Bernasconi de Luca Anna 4<br />

Bassi Cristina 5<br />

Battaggia Simone 6<br />

Lorenzetti Daniele 7<br />

Morici Antonino 8<br />

Ottaviani Marta Federica 9<br />

Dell’oste Cristiano 10<br />

De Tommaso Giuseppe 11<br />

Cionfrini Davide 12<br />

Lagattolla Enrico 13<br />

Angioni Carlo 14<br />

Zaccagni Nicola 15<br />

Nencha Beatrice 16<br />

Alfieri Paolo Maria 17<br />

Beltramin Paolo 18<br />

*Piccinini Fabio 19<br />

Castelletti Rosalba 20<br />

Cieri Giuseppe Maria 21<br />

Barbieri Eleonora 22<br />

Fanì Andrea 23<br />

Giuffrida Diletta 24<br />

Vinonuovo Marcello 25<br />

Seno Elena 26<br />

Bernasconi Silvia 27<br />

Sparaciari Andrea 28<br />

Morselli Valeria 29<br />

Ortoncelli Silvia 30<br />

Bracchetti Sara 31<br />

Marilli Roberta 32<br />

Natale Maria Serena 33<br />

Mancuso Palmira 34<br />

Costanzo Elisa 35<br />

Uva Daniela 36<br />

Celauro Andrea 37<br />

Persiani Gabriella 38<br />

Mazzaferro Claudia 39<br />

Nieddu Elena 40<br />

*Buzzi Emanuele Silvio 41<br />

*Emanuele Buzzi<br />

sostituisce Fabio Piccinini<br />

che si è ritirato per motivi personali.<br />

procedura penale sono gli insegnamenti giudicati<br />

più importanti. Dizione e portamento i più<br />

divertenti. I laboratori giornalistici pratici e utili.<br />

Quanto agli stage, i consigli sono stati diversi:<br />

«Se avete un sogno, puntate tutto su quello.<br />

Se, per esempio, avete sempre desiderato<br />

lavorare alla Gazzetta dello Sport, insistete<br />

per andare a fare lo stage alla “rosa”. E poi<br />

cercate di stare in contatto con la redazione,<br />

cercate ogni scusa per farci un salto. Siate<br />

determinati».<br />

In queste foto: alcuni momenti del “primo giorno di scuola” all’Ifg. Al centro, il presidente Franco Abruzzo a colloquio con alcuni allievi.<br />

16 ORDINE 12 <strong>2003</strong>


NTE L’INAUGURAZIONE DEL NUOVO CORSO, IL 17 NOVEMBRE<br />

A sinistra:<br />

l’intervento<br />

del direttore<br />

dell’Ifg, Gigi<br />

Speroni.<br />

Al centro<br />

Franco<br />

Abruzzo<br />

e, a destra<br />

il presidente<br />

Afg, Bruno<br />

Ambrosi.<br />

Timori, sorrisi, speranze:<br />

la carta di identità <strong>dei</strong> 40<br />

di Carlo Angioni<br />

Suona la campana, primo giorno di scuola.<br />

Quaranta volti nuovi. Ventuno ragazze,<br />

diciannove ragazzi. Dalla Lombardia alla<br />

Sicilia, dall’Abruzzo al Veneto, passando tra<br />

il piccolo Molise e l’isolata Sardegna per<br />

arrivare a Roma, Napoli e Firenze. Mille<br />

storie, mille personalità. Esperienze diverse,<br />

realtà variegate. Tanta voglia di scoprire e<br />

scoprirsi, di conoscere e conoscersi.<br />

Così inizia il lungo cammino <strong>dei</strong> nuovi allievi,<br />

attori protagonisti del XIV biennio dell’Ifg.<br />

C’è emozione, si ammirano i primi sorrisi, si<br />

lanciano gli appelli<br />

più strani e i ringraziamenti<br />

più sentiti.<br />

C’è chi è più rodato<br />

e ha in tasca il<br />

tesserino da giornalista<br />

pubblicista,<br />

magari già con<br />

qualche esperienza<br />

“vera” in redazione;<br />

altri collaborano<br />

saltuariamente con<br />

radio e giornali; altri<br />

ancora, invece, il<br />

primo articolo lo<br />

hanno scritto solo<br />

poco tempo fa. C’è<br />

chi si presenta in modo assai semplice e chi<br />

racconta qualche particolare in più, chi<br />

legge alcune pagine di un libro per giustificare<br />

la vocazione giornalistica e ispirare i<br />

compagni di scuola, o chi si limita ad offrirsi<br />

per qualche sfida di basket o calcetto o<br />

come compagno di casa.<br />

Alcuni sono sempre pronti ad alzare il braccio<br />

e a bombardare di domande i nuovi<br />

colleghi, altri, invece, siedono pacati e riflessivi<br />

sulle sedie delle ultime file e scarabocchiano<br />

qualche riga per ricordare nomi e<br />

curiosità degli intervistati. Dalle parole <strong>dei</strong><br />

“quaranta” si intravedono determinazione,<br />

orgoglio, ambizione. Una passione infinita<br />

per il giornalismo, grande felicità. Per avercela<br />

fatta, aver preceduto altri 344 agguerriti<br />

aspiranti allievi Ifg, ed essere atterrati più<br />

o meno morbidamente sul linoleum multicolore<br />

delle gloriose stanze di via Filzi, là dove,<br />

Due allievi nell’ingresso della sede Ifg.<br />

nei prossimi due anni, si studierà e si lavorerà<br />

duramente per diventare davvero giornalisti.<br />

Si parte con un po’ di tensione, un pizzico di<br />

timidezza, ma il tono della voce e la confidenza<br />

con la platea crescono immediatamente.<br />

C’è Paolo Maria, che arriva da<br />

Catanzaro, via Perugia, ed ha una passione<br />

viscerale per il giornalismo di guerra. Ci sono<br />

i laureati in giurisprudenza e quelli in lettere,<br />

i dottori e le dottoresse in scienze politiche e<br />

quelli in filosofia. E poi chi, come Cristina,<br />

privilegia la cronaca e proprio con la cronaca<br />

ha avuto il primo approccio al giornalismo.<br />

Magari grazie alla vecchia ma efficientissima<br />

macchina<br />

della mamma, sempre<br />

accesa per girare<br />

qua e là e scovare<br />

la notizia più<br />

fresca o più strana,<br />

come quella sul<br />

pescatore che ha<br />

portato a casa una<br />

trota di cinque chili.<br />

Non manca chi ha<br />

provato la radio,<br />

come Simone, che<br />

ha iniziato proprio<br />

nella piccola ed efficiente<br />

stazione<br />

radiofonica della<br />

propria parrocchia, raccontando qualche<br />

partita di calcio amatoriale, o come Daniele,<br />

che ha esordito in una dal nome decisamente<br />

esotico (Radio Città del Capo) ma, in<br />

realtà, italianissima. E poi Silvia, precisissima<br />

nel ricordare tutti gli avvenimenti che<br />

hanno segnato il giorno della sua nascita; o<br />

Giuseppe Maria e Andrea esperto di politica<br />

interna e arbitro di calcio a cinque a tempo<br />

perso il primo, e patito di ciclismo il secondo;<br />

Tiziana e Anna, innamorate del Sudafrica e<br />

<strong>dei</strong> cavalli ed entrambe determinate nella<br />

propria scelta; il gruppone che arriva dalla<br />

Sicilia, compatto nel credere che la professione<br />

giornalistica, nella propria terra, debba<br />

essere uno strumento indispensabile.<br />

Volano le parole, le prime impressioni, i<br />

sogni, le illusioni e le speranze. Ma la<br />

campana suona di nuovo. La prima lezione<br />

è finita. La strada è appena cominciata.<br />

Esami<br />

sessione<br />

ottobre:<br />

695<br />

candidati.<br />

Praticante<br />

via dall’aula<br />

Ciampi:<br />

“A scuola<br />

si studino<br />

i valori<br />

della<br />

Resistenza”<br />

Sei<br />

vincitori<br />

per il<br />

Premiolino<br />

Antonio<br />

Bettanini<br />

addetto<br />

stampa<br />

dell’anno<br />

Roma, 10 novembre <strong>2003</strong>. Il giorno 31 ottobre <strong>2003</strong> si sono<br />

svolte all’hotel Ergife di Roma le prove scritte della sessione<br />

d’esame autunnale. Su 695 candidati sono stati 677 quelli<br />

che si sono presentati alle prove. Questa la ripartizione in<br />

base alla provenienza dai diversi Ordini regionali:<br />

ANCONA 10 1,44%<br />

BARI 12 1,73%<br />

BOLOGNA 75 10,79%<br />

CAGLIARI 23 3,31%<br />

CATANZARO 6 0,86%<br />

FIRENZE 13 1,87%<br />

GENOVA 8 1,15%<br />

L’AQUILA 8 1,15%<br />

MILANO 173 24,89%<br />

NAPOLI 56 8,06%<br />

PALERMO 37 5,32%<br />

PERUGIA 5 0,72%<br />

ROMA 183 26,33%<br />

TORINO 31 4,46%<br />

TRENTO 12 1,73%<br />

TRIESTE 21 3,02%<br />

VENEZIA 12 1,73%<br />

POTENZA 5 0,72%<br />

AOSTA 5 0,72%<br />

TOTALE 695 100%<br />

Durante lo svolgimento delle prove si è presentata all’Ergife<br />

una pattuglia di carabinieri, che hanno chiesto di interpellare<br />

una candidata (Anna Grande, iscritta all’<strong>Ordine</strong> regionale<br />

della Campania). La stessa è stata trovata in possesso di<br />

un’apparecchiatura telefonica. La commissione d’esami,<br />

presieduta dal magistrato Paolo De Fiore, rilevata la gravità<br />

del fatto, in base alla legge ha disposto l’immediata espulsione<br />

della Grande dagli esami. I militari dell’Arma hanno invitato<br />

la stessa candidata a seguirli in caserma. Le prove scritte<br />

si sono concluse regolarmente.<br />

Galatina (Lecce), 30 ottobre <strong>2003</strong>. “Io cerco di fare quello<br />

che posso per mantenere vivi i valori della Resistenza. Mi<br />

auguro che anche nelle scuole si arrivi a studiare questo<br />

periodo”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Carlo<br />

Azeglio Ciampi, parlando a margine della cerimonia della<br />

partecipazione dell’Aeronautica alla guerra di liberazione. “Mi<br />

auguro - ha proseguito Ciampi - che anche nelle scuole,<br />

quando si studia la storia contemporanea, si arrivi veramente<br />

fino ai tempi nostri e quindi si abbracci anche un periodo<br />

certamente non facile da capire, che va dalla prima guerra<br />

mondiale, attraverso la dittatura, alla seconda guerra mondiale<br />

fino appunto alla Resistenza”. Quest’ultima, ha sottolineato,<br />

“va intesa in senso ampio, non solamente come lotta<br />

armata, che è stata certamente la punta più importante, ma<br />

anche come reazione sostanziale della maggioranza degli<br />

italiani che in vario modo parteciparono alla Resistenza”.<br />

“Occorre - ha concluso il capo dello Stato - tramandare<br />

questa storia ai giovani, che tra l’altro la seguono con interesse<br />

e ci si appassionano”.<br />

(ANSA)<br />

Milano, 12 novembre <strong>2003</strong>. Sono sei i vincitori del Premiolino,<br />

riconoscimento che da 43 anni accompagna la vita del<br />

giornalismo italiano segnalando protagonisti illustri e promettenti<br />

matricole, e che da quest’anno si rinnova con un nuovo<br />

sponsor, un nuovo nome, un nuovo presidente e alcuni<br />

importanti ingressi tra i giurati.<br />

Per i quotidiani il premio va a Fiorenza Sarzanini del Corriere<br />

della Sera e a Furio Colombo, direttore de l’Unità. Per i periodici<br />

si qualificano Franca Sozzani, direttrice di Vogue e<br />

Sandro Boeri direttore di Focus. Per la televisione il riconoscimento<br />

è attribuito a Toni Capuozzo per Terra (Canale 5) e<br />

a Marco Paolini per Report (Raitre). Tra gli insigniti c’era<br />

anche il direttore de Il Foglio, Giuliano Ferrara, che tuttavia,<br />

come sua consuetudine, ha declinato il premio, ringraziando<br />

la giuria e il presidente.<br />

(ANSA)<br />

Firenze, 14 novembre <strong>2003</strong>. Antonio Bettanini, direttore<br />

dell’emittente Tele PA e coordinatore della comunicazione<br />

del ministro degli Esteri, è il vincitore della sezione “alla<br />

carriera” del primo premio nazionale di giornalismo “L’ addetto<br />

stampa dell’anno”.<br />

L’ iniziativa è stata organizzata dal Gruppo giornalisti Uffici<br />

stampa, con il patrocinio della Federazione nazionale della<br />

stampa italiana e dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti. (ANSA)<br />

ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />

Premio<br />

Torretta<br />

<strong>2003</strong><br />

a quattro<br />

giornalisti<br />

Sesto San Giovanni, 24 novembre <strong>2003</strong>. Sono stati assegnati<br />

gli annuali riconoscimenti premio nazionale “La Torretta”<br />

per lo sport. L’obiettivo del premio, ideato e organizzato da<br />

Quinto Secchioni, direttore de Il Corriere di Sesto, non è solo<br />

quello di offrire un riconoscimento ai campioni dello sport, ma<br />

anche quello di evidenziare l’oscuro impegno di quegli atleti,<br />

che pur non praticando discipline sportive popolari, dedicano<br />

la loro vita e il loro entusiasmo agli sport cosiddetti “minori”,<br />

nobilitandone il ruolo e favorendone la diffusione.<br />

Il “Torretta”, giunta quest’anno alla trentesima edizione,<br />

premia, infatti, anche tutti coloro che con il loro lavoro (giornalisti,<br />

manager, campioni di ieri, protagonisti di grandi imprese,<br />

impegno sociale e solidarietà) contribuiscono all’esaltazione<br />

dello sport e ad elevarne i contenuti morali.<br />

Fra i giornalisti premiati: Fabio Ravezzani (direttore sport<br />

Telelombardia); Giacomo Crosa (Mediaset); Giancarlo Falletti<br />

(Corriere della Sera); Fabrizio Maffei (Rai Tv).<br />

Sono stati inoltre premiati: Stefania Belmondo (premio alla<br />

carriera); Ottavio Cinquanta (membro dell’esecutivo del<br />

Comitato olimpico internazionale); Luciano Ligabue, cantautore<br />

rock (Sport e Solidarietà). Il Trofeo “Atleta europeo<br />

dell’anno” premio del Parlamento europeo è andato allo staff<br />

Alinghi Swiss Challenger.<br />

17


Abruzzo scrive ai direttori <strong>dei</strong> giornali:<br />

“Attenti al nuovo Testo unico sulla privacy”<br />

1Il legislatore ha attribuito all’<strong>Ordine</strong><br />

professionale il compito di giudicare i<br />

giornalisti, che violano le regole deontologiche<br />

sulla riservatezza.<br />

2Le violazioni delle norme sulla privacy<br />

fissate nel Codice del 3 agosto 1998 -<br />

che fa parte integrante del Testo unico<br />

- potranno comportare un’eventuale sanzione<br />

disciplinare e anche un risarcimento del<br />

danno, ma non potranno avere, come tali,<br />

riflessi penali, se non nel caso in cui sfocino<br />

in una lesione penalmente rilevante (sotto il<br />

profilo della diffamazione a mezzo stampa)<br />

della dignità e dell’identità personale <strong>dei</strong><br />

cittadini protagonisti di fatti di cronaca.<br />

3Il diritto di cronaca, quindi, non abbraccia<br />

la pubblicazione di notizie e immagini<br />

idonee a consentire l’identificazione<br />

di un minore.<br />

4Il peso del Codice del 1998 è notevolmente<br />

aumentato: dal 1° gennaio 2004<br />

avrà il rango di norma primaria, che<br />

vincola maggiormente i giornalisti professionisti,<br />

i pubblicisti e i praticanti giornalisti. Con<br />

imponenti ricadute nel campo civilistico: la<br />

violazione, è un esempio, del principio<br />

dell’essenzialità dell’informazione potrebbe<br />

innescare cause rilevanti economicamente<br />

sotto il profilo del risarcimento del danno.<br />

Milano, 18 novembre <strong>2003</strong>. Franco Abruzzo, presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, ha scritto ai direttori responsabili<br />

di quotidiani, periodici, testate radiotelevisive e testate web, richiamando la loro attenzione sul Dlgs n. 196/<strong>2003</strong> (Testo<br />

unico in materia di protezione <strong>dei</strong> dati personali in vigore al 1° gennaio 2004).<br />

Questo il testo della lettera:<br />

“Cari colleghi, con questa lettera intendo richiamare la vostra<br />

attenzione sul nuovo Testo unico di protezione <strong>dei</strong> dati personali,<br />

che assorbe la vecchia legge 675/1996 e che entra in vigore dal 1°<br />

gennaio 2004. Vi trasmetto anche un mio saggio sull’argomento,<br />

presentato in occasione di un convegno organizzato il 2-3 ottobre<br />

dal Csm. I passaggi più significativi sono questi:<br />

1. Le violazioni delle norme sulla privacy fissate nel Codice del 3<br />

agosto 1998 - che fa parte integrante del Testo unico - potranno<br />

comportare un’eventuale sanzione disciplinare e anche un risarcimento<br />

del danno, ma non potranno avere, come tali, riflessi penali,<br />

se non nel caso in cui sfocino in una lesione penalmente rilevante<br />

(sotto il profilo della diffamazione a mezzo stampa) della dignità e<br />

dell’identità personale <strong>dei</strong> cittadini protagonisti di fatti di cronaca.<br />

L’articolo 15 del Testo unico recita: “Chiunque cagiona danno ad<br />

altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento<br />

ai sensi dell’articolo 2050 del Codice civile. Il danno non<br />

patrimoniale è risarcibile anche in caso di violazione dell’articolo<br />

11”. L’articolo 2050 Cc prevede la “responsabilità per l’esercizio di<br />

attività pericolose”, mentre il danno non patrimoniale è trattato<br />

dall’articolo 2059 Cc. L’articolo 11 del Testo unico, che regola le<br />

“Modalità del trattamento e i requisiti <strong>dei</strong> dati”, afferma che “i dati<br />

personali oggetto di trattamento sono: a) trattati in modo lecito e<br />

secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati,<br />

espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in<br />

termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati;<br />

d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per<br />

le quali sono raccolti o successivamente trattati…”.<br />

2. Il legislatore ha attribuito all’<strong>Ordine</strong> professionale il compito di<br />

giudicare i giornalisti, che violano le regole deontologiche sulla<br />

riservatezza.<br />

3. Il peso del Codice del 1998 è notevolmente aumentato: dal 1°<br />

gennaio 2004 avrà il rango di norma primaria, che vincola maggiormente<br />

i giornalisti professionisti, i pubblicisti e i praticanti giornalisti. Con<br />

imponenti ricadute nel campo civilistico: la violazione, è un esempio, del<br />

principio dell’essenzialità dell’informazione potrebbe innescare cause<br />

rilevanti economicamente sotto il profilo del risarcimento del danno.<br />

4. Importante appare il principio secondo il quale “possono essere<br />

trattati i dati personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente<br />

dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico”.<br />

In sostanza i cittadini hanno il diritto di rinunciare alla loro<br />

privacy e di parlare anche <strong>dei</strong> loro dati sensibili. I cronisti possono<br />

raccontare i comportamenti tenuti in pubblico da una persona e<br />

quindi possono riferire le circostanze di una malattia resa evidente<br />

ad esempio dal tremolio di una mano o dall’incertezza dell’eloquio.<br />

Per «interessato» si intende “la persona fisica, la persona giuridica,<br />

l’ente o l’associazione cui si riferiscono i dati personali”.<br />

5. C’è un altro articolo del Dlgs n. 196/<strong>2003</strong>, che è di grande rilievo<br />

nell’esercizio del diritto di cronaca: è il 50. L’articolo 50, richiamato<br />

l’articolo 13 del Dpr n. 448/1988, contiene “il divieto di pubblicazione<br />

e divulgazione con qualsiasi mezzo di notizie o immagini idonee<br />

a consentire l’identificazione di un minore si osserva anche in caso<br />

di coinvolgimento a qualunque titolo del minore in procedimenti<br />

giudiziari in materie diverse da quella penale”. Il diritto di cronaca,<br />

quindi, non abbraccia la pubblicazione di notizie e immagini idonee<br />

a consentire l’identificazione di un minore.<br />

Vi chiedo di far distribuire il testo del Codice e il mio saggio sul<br />

Testo unico tra i colleghi che trattano l’attualità sul campo o al desk<br />

in modo che il lavoro sia coordinato. Il saggio incorpora un’analisi<br />

dettagliata <strong>dei</strong> 13 articoli del Codice. Resto a disposizione per<br />

eventuali chiarimenti, dibattiti e incontri”.<br />

In un libro sei anni di pronunce del Garante su privacy e media<br />

Privacy: i guasti del mostro<br />

in prima pagina (secondo Mauro Paissan)<br />

di Daniela Simonetti (Ansa)<br />

Roma, 5 novembre <strong>2003</strong>. Frasi carpite con<br />

uno stratagemma e impietosamente diffuse,<br />

foto di bambini che campeggiano anche in<br />

copertina, immagini e informazioni lesive<br />

della dignità della persona rese di dominio<br />

pubblico: un tempo si diceva “sbatti il mostro<br />

in prima pagina”, ma adesso le cose sono un<br />

po’ cambiate, come dimostra il libro Privacy<br />

e giornalismo, diritto di cronaca e diritti <strong>dei</strong><br />

cittadini, curato da Mauro Paissan con<br />

l’obiettivo di testimoniare e documentare i<br />

progressi fatti nell’arco di sei anni grazie agli<br />

interventi del Garante per la Privacy in un<br />

ambito dai contorni labili e inafferrabili. Il volume<br />

è stato presentato nella sede del Garante<br />

per la protezione <strong>dei</strong> dati personali alla<br />

presenza del presidente della Camera, Pierferdinando<br />

Casini.<br />

Conciliare il diritto di cronaca con il rispetto<br />

<strong>dei</strong> diritti <strong>dei</strong> singoli, siano essi persone<br />

qualunque o personaggi famosi, è possibile,<br />

suggerisce Paissan, senza imporre alcuna<br />

censura ma rispettando un insieme di regole<br />

contenute nel Codice deontologico che liberamente<br />

i giornalisti hanno scelto di adottare.<br />

C’è voluto un terremoto mediatico per<br />

permettere un salto di qualità, per porre un<br />

argine e un freno a quello che comunemente<br />

veniva definito e accettato come esercizio<br />

del diritto di cronaca. Era il febbraio del 1993<br />

e pochi hanno dimenticato l’impatto di<br />

Tangentopoli sui mezzi di comunicazione. La<br />

miccia che diede fuoco alle polveri fu l’arresto<br />

di Enzo Carra: l’immagine dell’ex portavoce<br />

di Arnaldo Forlani con i ceppi ai polsi,<br />

ripresa dalle telecamere e proposta da televisioni<br />

e giornali, divenne il simbolo della<br />

battaglia per un’informazione migliore.<br />

Il risultato è ora sotto gli occhi di tutti ed è<br />

“fotografato” in questo libro curato da Paissan,<br />

giornalista, ex deputato e ora componente<br />

dell’Authority per la privacy, una specie<br />

di album dove dal 1997 vengono passate in<br />

rassegna articoli e storie costruiti in seguito<br />

ad una violazione, vera o presunta, sulla<br />

quale è stata invocata la pronuncia dell’Autorità:<br />

dalla diffusione di notizie di avvisi di<br />

garanzia e di foto di persone con manette ai<br />

polsi al problema delle fonti, dall’uso delle<br />

fotografie in generale alla pubblicità <strong>dei</strong> dati<br />

sanitari fino alla diffamazione via Internet per<br />

toccare il tema recentissimo rappresentato<br />

dalla telecamera nascosta, quell’occhio indiscreto<br />

che cattura i movimenti <strong>dei</strong> cittadini,<br />

spesso a loro totale insaputa.<br />

Il tutto passando per quelle notizie che<br />

hanno suscitato clamore e hanno creato il<br />

caso, finendo col riempire intere pagine <strong>dei</strong><br />

giornali: nella casistica è entrato di diritto<br />

Franco Frattini che in uno studio televisivo<br />

espresse pesanti giudizi politici pensando in<br />

buona fede di parlare davanti a un microfono<br />

spento. Indignazione e proteste suscitò invece<br />

la pubblicazione di informazioni sul fratellino<br />

di Samuele, il bambino di tre anni<br />

massacrato a Cogne: un delitto agghiacciante<br />

che ha polarizzato l’interesse morboso<br />

dell’opinione pubblica raccolto e amplificato<br />

dai media. E c’è anche l’aspetto voyeuristico<br />

che può facilmente scivolare nella calunnia e<br />

nella diffamazione quando foto innocenti<br />

vengono interpretate e piegate a fini scandalistici:<br />

una situazione in cui si è trovato un<br />

famoso calciatore italiano immortalato insieme<br />

al fratello, scatti travisati da didascalie<br />

offensive e ammiccanti.<br />

“Spesso il modo di informare <strong>dei</strong> giornali e<br />

della tv - si legge nella ‘non conclusione’ del<br />

libro - provoca da parte di cittadini, di<br />

commentatori, di associazioni, sollecitazioni,<br />

inviti, richiami al Garante perché intervenga in<br />

modo repressivo, censorio contro il mancato<br />

rispetto della riservatezza e della dignità delle<br />

persone coinvolte nei fatti di cronaca. Il garante<br />

ha in questi anni preferito creare cultura,<br />

attenzione, sensibilità piuttosto che decretare<br />

il blocco dell’informazione o assumere altri<br />

provvedimenti più o meno autoritativi che pur<br />

sono nella sua disponibilità in base alla legge”.<br />

In ogni caso, “in tema di privacy non c’è una<br />

ricetta valida sempre e comunque, da applicare<br />

ai singoli casi concreti. La responsabilità<br />

del giornalista è sempre preminente”.<br />

<strong>Ordine</strong>-Garante privacy<br />

Roma, 14 novembre <strong>2003</strong>. A<br />

cinque anni dall’entrata in vigore<br />

del Codice della privacy previsto<br />

dalla legge n. 675 del 1996, si è<br />

svolto un incontro, cordiale e<br />

concreto, fra i rappresentanti<br />

dell’<strong>Ordine</strong> nazionale e i componenti<br />

dell’Autorità garante. Per<br />

l’Autorità erano presentii Stefano<br />

Rodotà, Giuseppe Santaniello,<br />

Mauro Paissan, il segretario<br />

generale, Giovanni Buttarelli. Per<br />

l’<strong>Ordine</strong> hanno partecipato il<br />

segretario nazionale, Vittorio<br />

Roidi, il direttore generale, Antonio<br />

Viali, e il consigliere Giuseppe<br />

Morello. A conclusione l’ufficio<br />

del Garante ha un comunicato<br />

in cui si precisa che scopo<br />

dell’incontro è stato quello di<br />

verificare lo stato di attuazione<br />

del codice deontologico e per<br />

definire prospettive di lavoro<br />

comune. “Proprio per raggiungere<br />

questo obiettivo - continua il<br />

comunicato - nell’ambito della<br />

costante e fattiva collaborazione<br />

realizzatasi in questi anni tra<br />

Garante e <strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong><br />

giornalisti, è stata decisa la costituzione<br />

di un gruppo di lavoro<br />

che avrà il compito di elaborare<br />

Gruppo<br />

di studio<br />

sulle<br />

difficoltà<br />

della<br />

professione<br />

testi e documenti utili per dare un<br />

concreto contributo al lavoro di<br />

chi opera nel mondo dell’informazione.<br />

Il gruppo di lavoro si<br />

occuperà anche di alcuni aspetti<br />

applicativi riguardanti il nuovo<br />

testo unico in materia di protezione<br />

<strong>dei</strong> dati personali che<br />

entrerà in vigore a partire dal 1<br />

gennaio 2004”.<br />

“In questi cinque anni - ha rilevato<br />

il segretario Roidi durante la<br />

riunione - l’attività giornalistica è<br />

diventata più difficile e incontra<br />

sempre maggiori ostacoli. Si tratta<br />

ora di giungere ad una interpretazione<br />

delle norme sulla<br />

privacy, ad esempio nel campo<br />

della cronaca giudiziaria, delle<br />

notizie sull’infanzia e, in genere,<br />

nell’utilizzazione delle fotografe e<br />

<strong>dei</strong> filmati. Mi auguro che il gruppo<br />

di studio formato con il<br />

Garante metta l’<strong>Ordine</strong> nazionale<br />

in condizione di aiutare i colleghi<br />

nello svolgimento della loro<br />

attività. Aumenta la sensibilità<br />

per la correttezza <strong>dei</strong> giornalisti<br />

e appare contemporaneamente<br />

necessario che ai cittadini giunga<br />

un’informazione libera e<br />

completa”. (da www.odg.it)<br />

18 ORDINE 12 <strong>2003</strong>


“Aprire in fretta un tavolo di trattative per rispondere alle attese <strong>dei</strong> giornalisti precari delle testate Rai”<br />

Il doppiopesismo<br />

dell’Usigrai<br />

Veto anticostituzionale all’assunzione in Rai<br />

di una giornalista del quotidiano La Padania<br />

Milano, 14 novembre <strong>2003</strong>. Le agenzie del<br />

10 novembre hanno rilanciato un comunicato<br />

dell’Usigrai contro l’assunzione in Rai di<br />

una giornalista della Padania.<br />

L’accusa alla Rai è quella di condurre “operazioni<br />

clientelari”. In conclusione l’Usigrai<br />

chiede al direttore generale dell’ente “che<br />

questa operazione non si effettui” e lamenta<br />

che “i giornalisti precari continuano ad essere<br />

presi in giro”. L’11 la notizia è stata rilanciata<br />

da alcuni quotidiani, che hanno pubblicato<br />

anche il nome della redattrice del quotidiano<br />

leghista.<br />

Sulla vicenda il presidente dell’<strong>Ordine</strong> di<br />

Milano, Franco Abruzzo, ha rilasciato la<br />

seguente dichiarazione: “Stupisce, ma non<br />

troppo, l’atteggiamento dell’Usigrai. Un<br />

sindacato non può porre veti anticostituzionali<br />

all’assunzione di una collega.<br />

Evidentemente i dirigenti del sindacato non<br />

conoscono l’articolo 3 della Costituzione,<br />

che vieta discriminazioni di carattere politico.<br />

Chi pone questi paletti illeciti ferisce anche<br />

la deontologia della professione. L’articolo 1<br />

ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />

della legge Mammì (n. 223/1990) vincola<br />

l’informazione televisiva pubblica e privata al<br />

rispetto del pluralismo culturale e politico.<br />

Anche l’area federalista-leghista, presente in<br />

Parlamento, ha diritto di cittadinanza in Rai,<br />

come è avvenuto in passato, nel silenzio<br />

dell’Usigrai, con altre aree tramite l’assunzione<br />

di giornalisti provenienti dall’Unità,<br />

Paese Sera, Il Popolo, l’Avanti, Lotta continua,<br />

Il Secolo d’Italia e il Manifesto.<br />

L’Usigrai ha un comportamento doppiopesista,<br />

benevolo con gli amici e ostile con gli<br />

avversari politici.<br />

C’è da augurarsi che il direttore generale<br />

della Rai sappia tener duro e non cedere a<br />

pressioni illegittime, mentre è evidente che<br />

va aperto in fretta un tavolo di trattative per<br />

rispondere alle attese <strong>dei</strong> giornalisti precari<br />

delle testate Rai.<br />

L’Usigrai fa parte in sostanza di quella nuova<br />

destra corporativa, conservatrice e tecnocratica,<br />

che ha smarrito i valori costituzionali<br />

dell’uguaglianza, della solidarietà e del<br />

rispetto della dignità della persona”.<br />

COMUNICATO USIGRAI -1<br />

USIGRAI, IN ARRIVO<br />

ASSUNZIONE<br />

DA LA PADANIA.<br />

COSA NE PENSANO<br />

TGR E DIREZIONE<br />

GENERALE<br />

Roma, 10 novembre <strong>2003</strong>. Alla Rai è in arrivo<br />

un assunzione di un giornalista della<br />

Padania: lo sostiene l’esecutivo dell’Usigrai<br />

sottolineando che, per questo, “la Rai di oggi<br />

si conferma come azienda refrattaria al<br />

rispetto delle regole ed attivamente impegnata<br />

in operazioni clientelari”.<br />

Si sta “per allungare - sostiene l’Usigrai -<br />

ulteriormente l’elenco di giornalisti chiamati<br />

dall’esterno per chiari meriti politici. Ancora<br />

una volta si va ad attingere tra i professionisti<br />

di area leghista, che già tanto hanno dato<br />

alla Rai nell’ultimo anno e mezzo.<br />

Dal quotidiano di partito La Padania sta per<br />

entrare in Rai una nuova collega: potrebbe<br />

essere assunta a Milano oppure a Trento-<br />

Bolzano”. Usigrai chiede dunque di sapere<br />

“cosa ne pensi la direzione della Tgr, che a<br />

norma di contratto è titolare delle proposte di<br />

assunzione; e cosa ne pensi la direzione<br />

aziendale (direzione generale e direzione del<br />

personale), che in altri casi sa invocare le<br />

compatibilità economiche per bloccare indispensabili<br />

reintegri di organico.<br />

La vicenda dovrebbe incuriosire anche il<br />

Consiglio di amministrazione, che non ha<br />

formale titolarità, ma non può restare indifferente<br />

ad atti che danno un’immagine così<br />

bassa della Rai”.<br />

“Il sindacato <strong>dei</strong> giornalisti Rai - conclude la<br />

nota - chiede che questa operazione non si<br />

effettui: anche perché non c’è bisogno di<br />

buttare altra benzina sul fuoco della protesta<br />

<strong>dei</strong> colleghi precari, che continuano ad essere<br />

presi in giro perché non chiedono favori,<br />

ma il rispetto di diritti”.<br />

(ANSA)<br />

Presentato a Milano il Terzo rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione in Italia<br />

Amano tv, cellulare e radio.<br />

Giovani e media a confronto<br />

di Fabrizio de Marinis<br />

Giovani e media. Un universo complesso e<br />

in costante rivoluzione copernicana. Televisione<br />

cellulare e radio sono i media in assoluto<br />

più apprezzati dai giovani, perché tutti e<br />

tre dotati di un modello di comunicazione<br />

diretto, fluido, personale, disimpegnato e<br />

interattivo. Internet è una vera eccezione,<br />

spacca in due il mondo giovanile. Metà lo<br />

vive come il più avanzato cronometro per<br />

indagare il tempo, metà come un difficile<br />

strumento non privo d’insidie.<br />

Tutto ciò che è cartaceo – libri, quotidiani,<br />

periodici – è invece ritenuto pesante, troppo<br />

impegnativo, unidirezionale, rigido, appartenente<br />

al mondo degli adulti e non rientra<br />

nelle attenzioni mediatiche del mondo giovanile.<br />

È quanto è emerso dal Terzo rapporto<br />

sulla comunicazione in Italia, presentato alla<br />

Fondazione Cariplo di Milano, lo scorso 30<br />

ottobre, dal Censis e dall’Ucsi, l’unione cattolica<br />

stampa italiana, in collaborazione con<br />

Cor (Comunicazioni, opinioni e ricerche),<br />

Mondadori, Mediaset, Rai, Consiglio nazionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, Telecom Italia<br />

e con la partecipazione del Gruppo Ansa e<br />

della Fondazione Cariplo stessa.<br />

Dai dati presentati da Raffaele Pastore,<br />

responsabile del settore comunicazione del<br />

Censis, sono emerse ulteriori novità ed<br />

approfondimenti sul mondo <strong>dei</strong> giovani e sul<br />

loro rapporto con i media: gli under 30 utilizzano<br />

sempre meno i quotidiani come strumento<br />

d’informazione e prediligono la radio<br />

rispetto alla televisione perché strumento<br />

più immediato e libero. Presenti al dibattito<br />

Giuseppe Roma, direttore del Censis, Loredana<br />

Cornero, responsabile Ufficio studi<br />

Rai, Marco Paolini, direttore marketing<br />

Mediaset, Giorgio Rumi, storico e consigliere<br />

d’amministrazione della Rai, Giuseppe<br />

De Rita, segretario generale Censis ed<br />

Emilio Rossi, consigliere nazionale dell’Ucsi.<br />

Comunque sia i giovani italiani sono grandi<br />

consumatori di media. Fra i 14 e i 30 anni,<br />

infatti, il 90,7% è utente “ abituale” della televisione,<br />

il 90,4% del cellulare, il 71,1% della<br />

radio, il 48,4% ha letto almeno tre libri<br />

nell’ultimo anno, il 44% sfoglia un quotidiano<br />

almeno tre volte alla settimana, il 38,7%<br />

usa abitualmente Internet, il 15,2% legge<br />

abitualmente i periodici e il 14,1% segue<br />

anche la televisione satellitare. Questi dati<br />

sono nettamente al di sopra di quelli rilevati<br />

nello stesso campione di adulti dai 31 anni<br />

in su, preso in esame dal Censis nelle indagini<br />

degli anni scorsi. Ma non tutti i media<br />

vengono percepiti allo stesso modo. Ci sono<br />

quelli sentiti più vicini al proprio universo e<br />

quelli percepiti come più lontani.<br />

È il caso del mondo mediatico elettronico e<br />

digitale con qualche importante eccezione.<br />

La televisione è sentita vicina dal 59,3% <strong>dei</strong><br />

giovani e lontana dal 12,8%. Il cellulare è uno<br />

strumento irrinunciabile per il 52,3% degli<br />

Un universo in costante<br />

rivoluzione copernicana<br />

dove a patire<br />

di più sono gli strumenti<br />

di comunicazione cartacea<br />

quali libri,<br />

quotidiani e periodici<br />

intervistati. La radio lo è per il 24,8% degli<br />

under 30 ed ascoltatissima nella fascia tra i<br />

14 e i 18 anni. L’eccezione nel complesso<br />

mondo <strong>dei</strong> media elettronici e digitali è costituito<br />

da Internet perché ha contemporaneamente<br />

il più basso tasso di affezione, solo il<br />

23,1%, e il più alto tasso di disaffezione, solo<br />

il 30%, a significare che, ancora una volta, le<br />

tecnologie connesse alla navigazione in rete<br />

spaccano quasi in due la popolazione giovanile,<br />

esattamente come dividono quasi in<br />

due, negli ultimi rapporti Censis, l’intera<br />

società italiana. Una nota dolente va registrata<br />

per i media cartacei, libri, quotidiani e<br />

periodici. Sono in fondo alla lista delle preferenze<br />

<strong>dei</strong> giovani. Nell’ordine, più lontani<br />

sono percepisce i periodici (solo il 3,6% li<br />

sente vicini e ben il 25,6% li sente lontani);<br />

poi i quotidiani (l’11,8% li sente vicini e il<br />

22,9% li sente lontani); infine i libri, sentiti<br />

vicini solo dal 12,1%, ma per fortuna lontani<br />

solo dal 17,8% degli intervistati. Ma fra le<br />

diverse generazioni di giovani, 14-18 anni,<br />

19-24 anni, 25-30 anni, le differenze sono<br />

fortissime. I più giovani, come già detto,<br />

prediligono la televisione (93,4%), il cellulare<br />

(93,4%), la radio (73,5%) e i libri (54,4%)<br />

come i meno giovani (fino a 30 anni).<br />

La fascia media e quella alta invece mette al<br />

primo posto i quotidiani, Internet e i periodici.<br />

Un’altra caratteristica che differenzia le<br />

generazioni consiste nell’uso ludico <strong>dei</strong><br />

media, molto pronunciato tra i più giovani e<br />

meno presente nelle altre fasce d’età. Se,<br />

infatti, fino a 18 anni è il 47,1% a guardare la<br />

televisione solo per svago tale percentuale<br />

dopo i 25 anni scende al 39,1%. Per fare un<br />

altro esempio, se fino a 18 anni a usare il<br />

cellulare per svago è il 21,7% <strong>dei</strong> giovani,<br />

dopo i 25 questo dato scende solo all’8,2%<br />

del totale. Ma che cosa cercano nell’universo<br />

<strong>dei</strong> media i giovani. Conoscenze, nella<br />

percentuale più alta, che tocca la soglia del<br />

34% del totale. Informazione, per il 31,3%.<br />

Utilità per il 14,3%. Tutti gli altri motivi cadono<br />

in secondo piano: divertimento (8,7%),<br />

emozioni (5,4%), compagnia (4,6%), ideali<br />

(1,8%). A cercare divertimento nei media<br />

sono soprattutto i più giovani con un tetto di<br />

intervistati del 15%.<br />

Ma c’è un profilo ideale <strong>dei</strong> media da seguire.<br />

Per il 98,8% <strong>dei</strong> giovani è preferibile il<br />

media che offre molti temi diversi e lascia<br />

libertà per la consultazione. L’86,3% ha<br />

risposto che preferisce, invece, quei media<br />

che consentono di approfondire le notizie<br />

che maggiormente interessano. Il 79,8% ha<br />

risposto che predilige quelli che permettono<br />

di essere sempre aggiornati sui fatti che<br />

accadono, anche senza approfondimenti<br />

mentre il 72,5% punta sui media che sanno<br />

proporsi in maniera seria e autorevole.<br />

COMUNICATO USIGRAI -2<br />

LA REPLICA<br />

AD ABRUZZO:<br />

“CHIEDIAMO<br />

SOLTANTO<br />

IL RISPETTO<br />

DELLE REGOLE”<br />

Roma, 17 novembre <strong>2003</strong>. «Nessuna<br />

discriminazione politica, solo rispetto delle<br />

regole». L’Usigrai risponde così al presidente<br />

dell’Ogl Franco Abruzzo, che aveva accusato<br />

il sindacato <strong>dei</strong> giornalisti Rai di «porre veti<br />

anticostituzionali» all’assunzione in azienda<br />

di un giornalista proveniente da La Padania.<br />

«Proprio perché la Rai dovrebbe garantire la<br />

massima trasparenza informativa - spiega in<br />

una nota l’esecutivo del sindacato - l’Usigrai<br />

ha sempre chiesto che le assunzioni di giornalisti<br />

siano sottoposte a criteri oggettivi e<br />

rigorosi (a partire dalla regolarizzazione<br />

dell’ormai patologico fenomeno del precariato)<br />

e non all’arbitrio delle pressioni politiche».<br />

Da qui, prosegue il sindacato, «la nostra<br />

richiesta, sempre coerentemente ribadita,<br />

che le aspettative di centinaia di precari non<br />

vengano superate dalla solita chiamata<br />

nominativa di giornalisti occupati. Nessuna<br />

discriminazione politica, solo rispetto per le<br />

regole». Anzi: «È del tutto ovvio - ribadisce<br />

l’Usigrai - che non è mai in discussione il<br />

giornale di provenienza, né men che mai il<br />

valore <strong>dei</strong> singoli colleghi, ma una scelta che<br />

di fatto umilia quei principi di correttezza e<br />

deontologia ai quali Abruzzo dice di fare riferimento<br />

nel suo disperato appello al direttore<br />

generale della Rai». Il sindacato ribadisce<br />

quindi la richiesta «che non si perfezioni<br />

alcuna assunzione fuori dai tradizionali criteri<br />

di anzianità di precariato, territorialità e<br />

provenienza dalle scuole di giornalismo, e<br />

che la Rai riapra quella trattativa sui criteri di<br />

accesso che aveva rotto tre mesi fa».<br />

(ANSA)<br />

UNA DIRETTIVA EUROPEA<br />

DIMENTICATA<br />

All’esame<br />

solo i laureati<br />

Il Consiglio<br />

nazionale esamina<br />

l’idea di Abruzzo<br />

Roma, 18 ottobre <strong>2003</strong>. Il Consiglio<br />

nazionale dell’<strong>Ordine</strong> si è riunito a Roma<br />

il 15, 16 e 17 ottobre <strong>2003</strong>, sotto la presidenza<br />

di Lorenzo Del Boca. Il Consiglio<br />

ha preso atto del rinnovo del Consiglio<br />

regionale della Sardegna e della Calabria.<br />

Ha poi approvato questo documento sul<br />

problema dell’accesso alla professione<br />

<strong>dei</strong> non laureati:<br />

«Il Consiglio nazionale <strong>dei</strong> giornalisti<br />

italiani, riunito a Roma il 15 e 16 ottobre<br />

<strong>2003</strong>, ha esaminato l’ipotesi avanzata dal<br />

presidente dell’<strong>Ordine</strong> regionale della<br />

Lombardia, Franco Abruzzo, in merito<br />

all’applicazione della direttiva europea<br />

sulle professioni. Il Consiglio ritiene che<br />

l’eventualità che non venga più seguita la<br />

legge n. 69 del 1963, che prevede l’iscrizione<br />

al praticantato di chi sia in possesso<br />

del titolo di licenza di scuola media<br />

superiore e in assenza del superamento<br />

di un esame di cultura generale, è meritevole<br />

di approfondimento. Il Consiglio -<br />

poiché la direttiva europea del 1989 è<br />

stata recepita dall’Italia nel 1992 - ammette<br />

che tale ipotesi vada esplorata. Invita<br />

pertanto il Comitato esecutivo a porre in<br />

questo senso un quesito alla Commissione<br />

giuridica, organo consultivo del Consiglio<br />

stesso, nonché a proporre un parere<br />

formale al ministero della Giustizia, cui è<br />

affidata per legge la sorveglianza sugli<br />

Ordini professionali. Il Consiglio ritiene<br />

che sia indispensabile una uniforme linea<br />

di comportamento, valida in tutti gli Ordini<br />

regionali. Per questo, una volta pervenuti i<br />

pareri richiesti, sarà compito del Comitato<br />

esecutivo riunire la Consulta <strong>dei</strong> presidenti,<br />

al fine di predisporre un percorso comune».<br />

(da www.odg.it)<br />

19


CONVEGNI<br />

Si è svolto a Milano “Legal Approach to the Web Era”, un convegno per fare<br />

il punto sullo stato del diritto e del progresso tecnologico.<br />

Moltissime le tematiche affrontate durante i due giorni di aperta discussione:<br />

dalla brevettabilità del software alla nuova normativa sulla privacy,<br />

dalle opportunità offerte dalla sicurezza alle problematiche del commercio<br />

elettronico, dal digital divide ai crimini telematici. Senza dimenticare ovviamente<br />

due fondamentali argomenti: la libertà d’espressione e il diritto d’autore<br />

Innovazione tecnologica e legge:<br />

un rapporto possibile<br />

di Stefano Porro<br />

Prima di scaricare da Internet il prossimo<br />

mp3 sarà meglio che consultiate il vostro<br />

avvocato. La Recording Industry Association<br />

of America sta per denunciare 204<br />

cittadini statunitensi, colpevoli di essersi<br />

illegalmente appropriati di file musicali<br />

protetti dal diritto d’autore, grazie ai famigerati<br />

software “peer to peer”. Alcuni giorni<br />

fa, altre 261 persone erano finite nel mirino<br />

della temibile associazione discografica,<br />

che ha dichiarato guerra aperta alle comunità<br />

degli scambisti di file.<br />

Sul fronte del software la situazione non è<br />

certo migliore: soltanto questa settimana,<br />

la società E-Data ha querelato Tiscali, la<br />

tedesca On Demand Distribution e Microsoft<br />

per aver utilizzato una procedura di<br />

download di cui sostiene di possedere il<br />

brevetto, mentre la stessa casa di<br />

Redmond rispondeva per le rime ai rilievi<br />

formulati dall’Antitrust europeo, che sta<br />

indagando sulla sua posizione dominante<br />

nel mercato. Nel frattempo, un tribunale<br />

francese ha condannato Google a pagare<br />

75.000 euro di multa per aver ospitato<br />

pubblicità testuali collegate a un trademark<br />

(come per esempio la Coca Cola) senza<br />

possederne la preventiva autorizzazione.<br />

Casi fortemente disparati, ma che testimoniano<br />

quanto la via del progresso possa<br />

essere condizionata, nel bene e nel male,<br />

dai codici del diritto.<br />

Un rapporto cruciale e ambiguo, quello tra<br />

innovazione tecnologica e legislazione, che<br />

spesso e volentieri si trasforma in scontro<br />

aperto: da un lato, c’è chi considera la rete<br />

un luogo anarchico e libero di condivisione<br />

della conoscenza, dall’altro chi vorrebbe<br />

trasformarla in un enorme mercato regolamentato<br />

da lacciuoli e vincoli burocratici.<br />

Una situazione magmatica e in continua<br />

evoluzione, fotografata in tutte le sue sfaccettature<br />

da avvocati, giuristi e specialisti<br />

del settore che si sono ritrovati a Milano la<br />

scorsa settimana per la seconda edizione<br />

di “Legal Approach to the Web Era”, un<br />

convegno pensato per fare il punto sull’evoluzione<br />

legislativa nell’era di Internet.<br />

Moltissime le tematiche affrontate durante i<br />

due giorni di aperta discussione: dalla<br />

brevettabilità del software (regolamentata<br />

da una recente quanto discussa direttiva<br />

europea) alla nuova normativa sulla<br />

privacy, dalle opportunità offerte dalla sicurezza<br />

alle problematiche del commercio<br />

elettronico, dal digital divide ai crimini telematici.<br />

Senza dimenticare ovviamente i due<br />

fondamentali argomenti su cui le comunità<br />

di esperti e di semplici utenti dibattono<br />

dagli albori della rete: la libertà d’espressione<br />

e il diritto d’autore.<br />

Sulla prima, è intervenuto in apertura di<br />

convegno il presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

Franco Abruzzo, che ha posto l’accento<br />

sulla necessità di regolamentare<br />

l’anarchia <strong>dei</strong> contenuti online: “La libertà<br />

d’espressione è un diritto inviolabile sancito<br />

dalla Costituzione. Tuttavia, le testate<br />

telematiche che fanno informazione in<br />

modo professionale, dovrebbero essere<br />

regolarmente registrate al Tribunale”. Più<br />

complessa invece la questione del copyright,<br />

intorno alla quale si sta generando una<br />

crescente tensione a livello internazionale.<br />

Secondo il professor Giovanni Ziccardi,<br />

docente di diritto all’Università Statale di<br />

Milano e rappresentante dell’associazione<br />

IP Justice, “le major statunitensi del software<br />

e della musica, terrorizzate dalle opportunità<br />

di copia e di diffusione offerte dalle<br />

nuove tecnologie, vogliono ottenere un<br />

ulteriore irrigidimento del diritto d’autore,<br />

così da servirsene come arma per minacciare<br />

chiunque osi duplicare anche un solo<br />

cd per uso personale”.<br />

E proprio sotto l’egida delle big corporate<br />

statunitensi è nato il Digital Millennium<br />

Copyright Act, il decreto-incubo su cui si<br />

basano le incursioni quotidiane contro chi<br />

scarica musica o filmati dai network di file<br />

sharing. Ma c’è di più: secondo gli avvocatoni<br />

del convegno, i decreti sul diritto d’autore<br />

e sul commercio elettronico approvati<br />

lo scorso 9 aprile dal nostro Parlamento<br />

accoglierebbero in nuce le ferree regolamentazioni<br />

presenti nel Dmca.<br />

Anche gli scambisti di file nostrani quindi,<br />

dovrebbero iniziare a preoccuparsi. Ma il<br />

primo vero problema che il diritto dovrebbe<br />

affrontare, secondo la maggioranza degli<br />

intervenuti al convegno, è quello dell’alfabetizzazione:<br />

tanto <strong>dei</strong> cittadini, che ignorano<br />

del tutto questi argomenti così importanti<br />

per la loro libertà di consumatori e di<br />

persone; quanto degli stessi legislatori, che<br />

emanano norme spesso incomprensibili<br />

per chi le deve far applicare, figuriamoci<br />

per le persone comuni.<br />

Chi ha ragione, dunque Il ragazzino che<br />

si scarica l’mp3, oppure il discografico che<br />

lo querela per miliardi di danni La risposta<br />

sta forse in un giusto equilibrio di legge e<br />

buonsenso. Nel mare oscuro della rete e<br />

della giurisprudenza che intende regolamentarla,<br />

c’è una sola certezza: la tecnologia<br />

corre molto più velocemente della legge<br />

che, per recuperare terreno, cerca talvolta<br />

di imbrigliare in modo scomposto i risultati<br />

dell’innovazione.<br />

(da LaStampaweb del 22 ottobre <strong>2003</strong>)<br />

Un dibattito promosso dalla Federazione nazionale della stampa, al Circolo della Stampa di Milano<br />

Mass media e regole<br />

dell’informazione economica:<br />

illustrati i nuovi indirizzi<br />

della direttiva europea sugli abusi<br />

in Borsa. Si è parlato di insider<br />

trading, aggiotaggio, conflitto<br />

d’interessi e codici di autodisciplina<br />

Giornalismo finanziario.<br />

Quis custodet custodes<br />

di Fabrizio de Marinis<br />

Quis custodet custodes L’Europa vigila<br />

severa sugli abusi nei mercati finanziari<br />

soprattutto se a compierli sono gli operatori<br />

dell’informazione, spesso custodi di notizie<br />

riservate. Il nuovo regolamento Ue è molto<br />

più rigido dell’attuale norma italiana, che<br />

richiede, perché si compia un reato, anche<br />

una sensibile alterazione <strong>dei</strong> prezzi di Borsa.<br />

Nel primo articolo, invece, la nuova normativa<br />

europea chiarisce subito che perché scatti<br />

il reato di manipolazione basta solo “la<br />

diffusione di notizie incontrollate o informazioni<br />

false ovvero fuorvianti se la persona<br />

che le ha diffuse sapeva o avrebbe dovuto<br />

sapere che erano false e fuorvianti”. I giornalisti,<br />

insomma, stanno per diventare<br />

soggetti vigilati dalle authority <strong>dei</strong> mercati<br />

finanziari. Le novità sono in arrivo con la<br />

direttiva sul market abuse (insider trading e<br />

aggiottaggio) approvata il 28 gennaio <strong>2003</strong><br />

dall’Unione europea e che dovrà essere<br />

recepita dai Parlamenti nazionali <strong>dei</strong> Paesi<br />

membri entro il 12 ottobre 2004. E il Parlamento<br />

italiano, il 23 ottobre scorso, ha approvato<br />

la legge comunitaria delegando il<br />

Governo, tra l’altro, a recepire la nuova direttiva<br />

europea. Prima della definitiva approvazione,<br />

però, non mancheranno momenti<br />

allargati di verifica, nei quali saranno coinvolti<br />

vari soggeti istituzionali tra cui il Consiglio<br />

nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, la Federazione<br />

nazionale della stampa (Fnsi) e la<br />

Federazione italiana editori giornali (Fieg).<br />

Non poche saranno le problematiche sul<br />

tappeto. Se ne è discusso il 28 ottobre, presso<br />

la sede del Circolo della Stampa, a Milano,<br />

in un convegno, “ Mass media e regole<br />

dell’informazione finanziaria: codici di autoregolamentazione<br />

o leggi dall’alto”, promosso<br />

dalla Federazione nazionale della<br />

stampa italiana.<br />

La disciplina comunitaria introduce nuove<br />

norme per evitare, o comunque gestire al<br />

meglio, i conflitti d’interesse delle categorie<br />

professionali che a vario titolo vengono in<br />

contatto con notizie suscettibili di influenzare<br />

i prezzi di Borsa delle azioni: analisti finanziari,<br />

intermediari, amministratori di società<br />

e, appunto, anche giornalisti finanziari. Nonostante<br />

l’informazione finanziaria sia stata<br />

oggetto negli ultimi anni di una crescente<br />

attenzione da parte delle autorità di controllo,<br />

la stampa ha continuato a godere, non<br />

solo in Italia, della più larga autonomia in<br />

considerazione del suo valore di attività<br />

costituzionale. In futuro non sarà più così a<br />

meno che gli organi d’informazione – precisa<br />

la nuova legge – non risolvano i potenziali<br />

conflitti d’interesse con appropriati codici di<br />

autoregolamentazione.<br />

Un simile scenario normativo preoccupa per<br />

i vincoli che potenzialmente introduce nel<br />

mondo <strong>dei</strong> mass media. Ma può anche<br />

rappresentare un’opportunità per gestire al<br />

meglio alcuni <strong>dei</strong> nodi storici dell’industria<br />

editoriale italiana, da sempre caratterizzata<br />

dall’assenza di editori “puri”. I giornali italiani,<br />

al contrario, sono normalmente controllati da<br />

grandi società manifatturiere o di servizi<br />

(nella gran parte <strong>dei</strong> casi quotate in Borsa)<br />

ciò che, naturalmente, accentua il rischio di<br />

potenziali conflitti d’interesse.<br />

Puntuale ed esaustivo Riccardo Sabbatini,<br />

giornalista de Il Sole 24 Ore, ha illustrato i<br />

cambiamenti che la nuova normativa europea<br />

introdurrà non senza conflitti e complicazioni<br />

nel quadro dell’informazione finanziaria<br />

italiana, una materia regolata fino all’ultimo<br />

passaggio dal Testo unico della Finanza<br />

(1988) per quanto attiene gli obblighi<br />

d’informazione periodica e continua a carico<br />

degli emittenti, il Regolamento Consob e i<br />

Protocolli di autoregolamentazione che<br />

comprendono uno statuto per l’efficienza del<br />

mercato finanziario realizzato nel 1966<br />

dall’Assogestioni e la Guida per l’informazione<br />

al mercato proposta, nel 2002, da diversi<br />

soggetti e associazioni di operatori di mercato<br />

come Aiaf, Assogestioni, Assonime e<br />

Borsa Italiana. A tutto questo si aggiunge la<br />

severa normativa della legge sulla stampa, il<br />

Codice di autodisciplina <strong>dei</strong> giornalisti, i<br />

diversi codici di autodisciplina che le maggiori<br />

testate nazionali si sono già dati.<br />

A riguardo Franco Abruzzo, presidente<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, ha<br />

sottolineato come un proliferare di troppa<br />

normativa possa diventare controproducente<br />

e pericoloso per una corretta informazione,<br />

tanto da determinare un temibile ingabbiamento<br />

della libertà di cronaca, disponendo<br />

l’Italia di una già severa regolamentazione a<br />

riguardo. “ Ben vengano le regole”, hanno<br />

sottolineato Guido Cammarano, presidente<br />

di Assogestioni, e Carmine Di Noia di Assonime,<br />

l’associazione fra le società italiane<br />

per azioni, non negando che spesso, nella<br />

storia della Borsa italiana e in quella dell’informazione<br />

finanziaria, non sono mancati<br />

gravi conflitti ed imbarazzanti avvenimenti.<br />

“Oggi va riconsiderato il ruolo degli editori -<br />

ha aggiunto Carlo Perrone, vicepresidente<br />

della Federazione italiana editori giornali -<br />

che non dispongono più, dopo l’avvento<br />

delle nuove tecnologie e di Internet, del<br />

monopolio dell’informazione. Oggi compito<br />

degli editori è dare semmai valore aggiunto<br />

all’informazione.<br />

Gli editori sono però d’accordo per una<br />

normativa europea che metta regole precise<br />

ed inderogabili sul market abuse soprattutto<br />

per quanto attiene quella zona grigia <strong>dei</strong><br />

diversi soggetti che operano intorno ai<br />

mercati finanziari e che vanno dalle società<br />

di rating, a quelle di pubbliche relazioni, a chi<br />

con la forza dell’informazione digitale e di<br />

Internet immette notizie di disturbo e tendenziose”.<br />

Un necessario richiamo al confronto<br />

tra le parti e all’analisi proiettiva su che cosa<br />

genererà la nuova normativa europea nel<br />

mondo <strong>dei</strong> giornali, con chiare indicazioni da<br />

fornire al Governo, è quanto ha auspicato<br />

Paolo Serventi Longhi, segretario della Fnsi,<br />

invitando tutti a misurare i livelli di conflitto<br />

che si verrebbero a creare con i codici di<br />

autoregolamentazione, ad esempio, di giornali<br />

quali Il Sole 24 Ore e il Corriere della<br />

Sera. Sui pericoli della frammentazione delle<br />

fonti, si è soffermato Claudio Salini, responsabile<br />

della divisione mercati della Consob –<br />

quest’ultima più volte chiamata in causa dai<br />

diversi relatori come non reale tutrice del<br />

mercato, come in verità dovrebbe essere –<br />

sottolineando la necessità di una più attenta<br />

e profonda normativa che fissi forme e regole<br />

del procedere quotidiano <strong>dei</strong> mercati.<br />

La nuova legge europea spinge insomma i<br />

mass media a dotarsi di “appropriate” norme<br />

di autoregolamentazione. Con quali caratteristiche<br />

I codici dovrebbero riguardare soprattutto<br />

due aspetti. L’elaborazione di standard<br />

per la stampa finanziaria e la disciplina<br />

<strong>dei</strong> conflitti d’interesse.<br />

Per la varietà delle situazioni esistenti,<br />

comunque, sarebbe opportuno che non vi<br />

sia un solo codice, ma che ciascun giornale<br />

ne elaborasse uno proprio. La cosa più<br />

importante è che ogni giornale renda espliciti<br />

ai suoi lettori i propri standard e che vi si<br />

attenga. I requisiti delle notizie finanziarie<br />

saranno inderogabili: identità dell’autore o di<br />

chi fornisce una raccomandazione finanziaria,<br />

disciplina delle fonti, modalità di diffusione<br />

di report e studi finanziari. Un fatto è<br />

certo, nel mondo di Internet la stampa è<br />

sottoposta ad un concreto rischio di disintermediazione.<br />

Nuovi soggetti come chat room, comunicazione<br />

diretta delle società, giornali on line,<br />

solo per citarne alcuni, insidiano quello che<br />

era il suo monopolio. Un variegato mondo<br />

dell’informazione che nasconde di tutto,<br />

spesso solo insidie e disinformazione.<br />

20 ORDINE 12 <strong>2003</strong>


CONVEGNI<br />

Incontro al Circolo della Stampa promosso da Fnsi, <strong>Ordine</strong> e Commissione<br />

nazionale per le pari opportunità. Un giornalismo fatto da donne sempre più impegnato<br />

e anticipatore delle grandi dinamiche della società. È quello <strong>dei</strong> periodici femminili<br />

che l’anno scorso hanno superato 140 milioni di copie diffuse, con un fatturato<br />

di 405 milioni di euro. Un universo complesso che per rispondere ai bisogni<br />

di chi è madre, moglie e manager ha costruito un’informazione dinamica e innovativa<br />

più agguerrita del più tradizionale mondo maschile.<br />

Giornaliste in punta di spada.<br />

Quando il femminile fa tendenza<br />

di Fabrizio de Marinis<br />

Giornaliste in punta di fioretto. La stampa<br />

periodica femminile italiana mostra sempre<br />

più spesso vitalità, armonia, profondità di<br />

vedute, capacità d’analisi, attenzione alle<br />

nuove tendenze, alto senso estetico. Qualità<br />

queste, sempre meno percettibili nel più tradizionale<br />

mondo dell’informazione maschile,<br />

ancora troppo imbrigliato da visioni e condizionamenti<br />

legati a vecchi schemi e inamovibili<br />

e noiosi giochi di potere. Basta sfogliare<br />

uno <strong>dei</strong> tanti “femminili” in edicola, per trovarsi,<br />

invece, di fronte ad un universo frizzante e<br />

innovativo, ricco di proposte nuove e vicine<br />

alle grandi problematiche che interessano il<br />

mondo della donna madre, manager, single,<br />

findanzata o moglie che sia. Un universo che<br />

l’anno scorso ha superato il tetto di 140 milioni<br />

di copie diffuse, con un fatturato di 405<br />

milioni di euro, dati che rappresentano il 20%<br />

del mercato in termini di volumi d’affari e il<br />

42% per numero di lettori nel settore <strong>dei</strong> periodici.<br />

Le giornaliste dell’universo femminile<br />

sembrano essere, insomma, un passo più<br />

avanti <strong>dei</strong> loro colleghi maschi.<br />

Servizi fotografici sofisticati, interviste esclusive,<br />

pagine di approfondimento su lavoro,<br />

famiglia, tempo libero, economia e giustizia,<br />

arte e cultura contemporanea. Non mancano<br />

ampi articoli dedicati ai sentimenti, alle grandi<br />

problematiche esistenziali e ai temi di vita<br />

quotidiana su quel mondo al femminile,<br />

insomma, fulcro fondante non solo della famiglia,<br />

ma di un equilibrio armonico della<br />

società, per quanto attiene il ruolo imprescindibile<br />

e portante della donna in ogni azione<br />

del vivere comunitario. È quanto è emerso dai<br />

recenti rapporti sull’industria editoriale italiana<br />

e sulla comunicazione presentati a Milano,<br />

tra ottobre e novembre. Un dato importante<br />

e significativo che era stato affermato<br />

con forza nel convegno, Donne di carta. Identità<br />

e metamorfosi delle riviste femminili in<br />

Italia, tenutosi a fine estate al Circolo della<br />

Stampa di Milano, promosso dalla Commissione<br />

nazionale per le pari opportunità, la<br />

Commissione pari opportunità della Federazione<br />

nazionale della stampa Italiana e<br />

dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti. L’incontro aveva<br />

visto riunite, per la prima volta, le direttrici <strong>dei</strong><br />

maggiori giornali italiani tutte focalizzate a<br />

riflettere sulla qualità dell’informazione al<br />

femminile. Sul palco, a descrivere successi e<br />

glorie di un giornalismo grintoso e innovativo<br />

c’erano Raffaela Carretta, vicedirettrice di Io<br />

Donna, Cipriana dall’Orto, condirettrice di<br />

Donna Moderna, Vera Montanari, direttrice di<br />

Gioia, Roselina Salemi, direttrice di Anna. Per<br />

i mensili presenti Valeria Corbetta direttrice di<br />

Flair, Maria Laura Rodotà, direttrice di Amica,<br />

Danda Santini direttrice di Glamour.<br />

“Si è trattato di un convegno che ancora una<br />

volta ha sottolineato come le giornaliste siano<br />

sempre più brave e preparate ma, come in<br />

altri ambiti lavorativi, scarsamente rappresentate<br />

nei ruoli di massima responsabilità -<br />

racconta Marina Cosi, presidente della<br />

Commissione pari opportunità della Fnsi - Un<br />

momento di riflessione ulteriore su quello che<br />

a tutti gli effetti è un panorama ricco di grande<br />

creatività professionale, capace di dialogare<br />

con un mondo complesso e composito come<br />

è quello delle lettrici del settore <strong>dei</strong> periodici<br />

femminili. La Commisione pari opportunità<br />

della Fnsi, sempre sul tema del femminile, a<br />

suggello dell’attenzione che viene data a tutte<br />

le problematiche della professione, organizzerà<br />

il prossimo 10 dicembre, a Roma, nella<br />

sede della Fnsi, in corso Vittorio Emanuele,<br />

un convegno internazionale, dedicato alla<br />

giornalista Zhara Kazemi, assassinata in Iran,<br />

alle donne iraniane e all’informazione per la<br />

democrazia in Iran”.<br />

“Rottura degli schemi della politica maschile,<br />

corretta informazione, profondità di analisi,<br />

fiuto sul mutamento di tendenze e mode e<br />

un’informazione dinamica e attenta al mercato<br />

– sostiene Vera Montanari direttrice di Gioia<br />

– costituiscono le basi di un giornalismo al<br />

femminile che deve rapportarsi ad un universo<br />

della donna contemporanea complesso e<br />

impegnato su più fronti in un quotidiano pieno<br />

di insidie e tensioni esasperanti. Una donna<br />

che spesso è madre, moglie e manager e che<br />

sente sulle sue spalle il peso di molteplici<br />

responsabilità essendo impegnata a trecentossessanta<br />

gradi”.<br />

Un vivere quotidiano non facile, va riconosciuto,<br />

che può innescare dinamiche incontrollate<br />

ed estremamente penalizzanti per la donna.<br />

“Oggi assistiamo ad una compressione del<br />

tempo cui la donna è soggetta”, spiega Roselina<br />

Salemi, direttrice di Anna “fare tutto in<br />

breve, condensare velocemente i ritmi dell’esistenza<br />

e dare risposte concrete e solutive a<br />

figli, marito, datore di lavoro, imprevisti. Occorre<br />

quindi creare il momento di riflessione e di<br />

distacco dalle dinamiche troppo coinvolgenti<br />

del vivere quotidiano. Occorre quindi fare<br />

un’informazione capace di concrete risposte<br />

ad un pubblico altamente impegnato nel<br />

sociale, con un grande senso di responsabilità<br />

e spesso avido di risposte. Per questo non<br />

va sottovalutato l’aspetto edonistico e l’importanza<br />

di un’informazione positiva che generi<br />

generale rilassamento, quiete e riflessione,<br />

dove soppesare le reali funzioni del vivere e<br />

rilassarsi nutrendo lo spirito, la mente e la<br />

fantasia”. Un giornalismo al femminile, insomma,<br />

che proprio per rispondere alle complesse<br />

dinamiche del mondo delle donne si è<br />

trasformato in informazione di tendenza.<br />

Cinque lectures e una tavola rotonda a Genova sullo stato dell’informazione in Europa e Usa<br />

“Di informazione ce n’è tanta,<br />

sia di qua che di là dell’Atlantico,<br />

ma quella di buona qualità<br />

spesso non è accessibile a tutti,<br />

soverchiata com’è<br />

da quella gridata e piegata<br />

a ragioni di mercato”<br />

Le teorie del complotto<br />

fanno crescere le tirature<br />

Genova, 30 ottobre <strong>2003</strong>. “Nulla è più<br />

costante, più gradito ai lettori, si vende<br />

meglio delle teorie del complotto”, una<br />

conseguenza del fatto che “il giornalismo è<br />

diventato showbusiness senza danza e<br />

senza musica. Non un mestiere, ma un’attività<br />

di servizio”.<br />

È la tesi di Henryk M. Broder, editorialista<br />

del settimanale tedesco Der Spiegel, esposta<br />

in apertura del seminario sullo stato<br />

dell’informazione in Europa e negli Usa,<br />

organizzato a Genova dalla Fondazione<br />

Colombo con la collaborazione di Regione<br />

Liguria, <strong>Ordine</strong> e Associazione <strong>dei</strong> giornalisti<br />

e università.<br />

In cinque lectures, sullo stile delle università<br />

americane, altrettanti relatori (oltre a<br />

Broder, il caporedattore di Le Monde Patrice<br />

de Beer, il rettore della Columbia<br />

University Alan Brinkley, il direttore dell’Agenzia<br />

Ansa Pierluigi Magnaschi ed il vicedirettore<br />

del Corriere della Sera Magdi<br />

Allam) analizzano problemi e scenari<br />

dell’informazione oggi. Gremita da studenti<br />

la sala del consiglio regionale, con il vicepresidente<br />

della giunta, Gianni Plinio.<br />

“La teoria del complotto più in voga e<br />

assurda al momento è quella sull’11<br />

settembre, secondo la quale gli Usa hanno<br />

inscenato gli attentati alle Twin Towers per<br />

attaccare l’Iraq”, ha osservato Broder, che<br />

ha citato come esempi l’assassinio<br />

Kennedy, la morte di Lady Diana o i protocolli<br />

<strong>dei</strong> saggi di Sion nati in Giappone a<br />

fine Ottocento.<br />

“Sull’11 settembre autori falliti - ha proseguito<br />

l’editorialista di Der Spiegel - hanno<br />

scritto bestseller sulla storia <strong>dei</strong> quattromila<br />

ebrei che non sarebbero andati a lavorare<br />

al World Trade Center quella mattina,<br />

quando è noto che nessuno chiede a chi<br />

entra in ufficio a che fede appartenga. Chi<br />

nega l’esistenza di Auschwitz in Germania<br />

viene immediatamente portato, per legge,<br />

davanti a un tribunale. La situazione è<br />

analoga”.<br />

Broder attribuisce le colpe della situazione<br />

anche alla “democratizzazione dell’accesso<br />

all’opinione pubblica e all’informazione”,<br />

a Internet (“dove ogni idiota può dire la sua<br />

opinione”) e al fatto che “il giornalismo è<br />

diventato showbusiness senza danza e<br />

senza musica. Non un mestiere, ma un’attività<br />

di servizio”.<br />

Broder ha quindi concluso citando due<br />

esempi: l’ampio spazio su tutti i media<br />

dato a un cane di nome Adolf istruito al<br />

saluto nazista dal suo padrone e il fatto<br />

che Schroeder non sia venuto in Italia per<br />

le vacanze: “quando è noto che voleva<br />

riposare”. All’argomento Bild ha dedicato<br />

un mese intero di prime pagine con attacchi<br />

all’Italia e titoli come Riminix (‘Basta<br />

Rimini’).<br />

Adriano Giovannelli, preside di Scienze<br />

politiche, ha iniziato il suo intervento con<br />

un minuto di silenzio per Jean Helene, giornalista<br />

francese appena ucciso in Costa<br />

D’Avorio.”È stato anche un nostro corrispondente<br />

- ha ricordato con commozione<br />

Patrice de Beer, caporedattore di Le<br />

Monde incontrando la stampa - un giornalista<br />

appassionato di Africa e molto preparato”.<br />

Secondo Giovannelli la teoria <strong>dei</strong><br />

complotti, che parte con i canti omerici (“gli<br />

<strong>dei</strong> che complottano contro i Greci”), ha<br />

avuto nei secoli molte vittime: “I templari, i<br />

gesuiti, la massoneria, gli ebrei, i comunisti,<br />

la Cia, gli arabi, i medici e ora i giudici.<br />

Ogni volta che ci sono <strong>dei</strong> punti oscuri nella<br />

storia si trova una risposta nelle teorie del<br />

complotto”.<br />

Critico nei confronti della spettacolarizzazione<br />

dell’informazione, anche Alan Brinkley,<br />

rettore della Columbia University, che<br />

anticipa ai giornalisti il suo intervento del<br />

pomeriggio: “Il processo di concentrazione<br />

delle proprietà, come la Abc che fa parte<br />

della Disney Corporation, ad esempio,<br />

costringe a ottenere utili a breve e spinge i<br />

giornalisti a un ruolo che non punta alla<br />

qualità e alla verifica delle notizie”.<br />

Secondo Brinkley, “l’intrattenimento si<br />

sovrappone all’informazione. Oggi si creano<br />

delle notizie divertenti da guardare e i<br />

politici, anche quelli dell’amministrazione<br />

Bush, preferiscono andare ai talk show che<br />

rilasciare interviste. Così si rischia di<br />

perdere l’integrità della notizia”.<br />

De Beer invece ha parlato di quella che più<br />

che anomalia vuole definire “eccezione<br />

francese” dopo l’11 settembre: “La Francia<br />

ha espresso una posizione europea di<br />

opposizione alla guerra che è il parere<br />

dell’opinione pubblica europea; infatti ci<br />

sono state grandi manifestazioni pacifiste<br />

a Londra e a Roma, non in Francia e tutti i<br />

giornali hanno condiviso questa posizione,<br />

grazie anche alla copertura mediatica della<br />

guerra irachena. Ad esempio Le Monde ha<br />

mandato 10 persone nella regione”.<br />

Di informazione ce n’è tanta, sia di qua che<br />

di là dell’Atlantico, ma quella di buona<br />

qualità spesso non è accessibile a tutti,<br />

soverchiata com’è da quella gridata e<br />

piegata a ragioni di mercato. Si sono trovati<br />

abbastanza concordi i partecipanti alla<br />

tavola rotonda che a Genova ha concluso<br />

il seminario sullo stato dell’informazione in<br />

Europa e negli Usa, organizzato dalla<br />

Fondazione Colombo.<br />

L’editorialista dello Spiegel Henryk M.<br />

Broder, il direttore dell’Agenzia Ansa, Pierluigi<br />

Magnaschi, il vicedirettore del Corriere<br />

della Sera, Magdi Allam, il rettore della<br />

Columbia University, Alan Brinkley, il caporedattore<br />

di Le Monde, Patrice de Beer,<br />

moderati dal segretario della Fnsi, Paolo<br />

Serventi Longhi, hanno tastato il polso<br />

dell’informazione in Europa e negli Usa,<br />

giudicandone abbastanza buono lo stato di<br />

salute, almeno dal punto di vista dell’offerta.<br />

“L’obiettività <strong>dei</strong> giornali è il frutto del<br />

pluralismo fra le testate - ha osservato<br />

Magnaschi - il pluralismo non si realizza in<br />

una testata ma fra le testate”. “Il monopolio<br />

e l’oligopolio editoriale - ha aggiunto - è il<br />

nemico assoluto della libertà, non di stampa<br />

ma di essere informati (che non è il diritto<br />

di una categoria, i giornalisti, ma è una<br />

libertà molto più ampia perché riguarda<br />

tutti i cittadini)”.<br />

Una preoccupazione, quella delle concentrazioni<br />

nel mondo dell’informazione,<br />

specie in Italia, sottolineata con forza da<br />

Serventi Longhi.<br />

Se per Allam è il mercato che dovrebbe<br />

spingere alla pluralità delle voci all’interno<br />

di un medium, al di là della volontà <strong>dei</strong><br />

singoli proprietari <strong>dei</strong> media, Broder ha rilevato<br />

un nuovo pericolo per l’informazione:<br />

il problema del trasferimento diretto della<br />

politica nei media attraverso le nuove sedi<br />

<strong>dei</strong> dibattiti politici, i talk show televisivi. “In<br />

Germania - ha detto - oramai sono già un<br />

paio i ministri che rifiutano le interviste individuali,<br />

preferendo comparire solo nelle<br />

trasmissioni di maggior audience”.<br />

Gli ha fatto eco de Beer, osservando che<br />

ora i politici preferiscono sempre più essere<br />

intervistati dai media stranieri, che<br />

ritengono meno informati di quelli nazionali<br />

e quindi meno in grado di metterli in<br />

difficoltà.<br />

Il problema è l’accessibilità al buon giornalismo,<br />

che pure esiste, ha osservato<br />

Brinkley.<br />

I media che raggiungono il maggior numero<br />

di cittadini hanno maggiori condizionamenti<br />

di carattere economico e non fanno<br />

un buon giornalismo. Brinkley ha anche<br />

ammesso che negli Stati Uniti ci sono stati,<br />

specie nei recenti momenti di crisi internazionali,<br />

molti casi di manipolazione<br />

dell’informazione e di autocensura.<br />

(ANSA)<br />

ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />

21


M E M O R I A<br />

TRENT’ANNI DALLA MORTE<br />

Alla caduta di Mussolini<br />

denuncia i retroscena del fascismo<br />

e dopo la guerra rivela<br />

i misteri di Dongo.<br />

Nel secondo dopoguerra,<br />

capocronista del Corriere della Sera,<br />

promuove il Circolo della Stampa,<br />

il Poliambulatorio Balzan,<br />

la Cooperativa case<br />

e la previdenza <strong>dei</strong> giornalisti<br />

Ferruccio<br />

Lanfranchi<br />

«Giornalismo e verità»: si può dire che la vita<br />

di Ferruccio Lanfranchi sia tutta rivolta a<br />

praticare questo motto, che vuole a tema per<br />

un convegno di giornalisti nel 1960. Un impegno<br />

che lo guida nella professione, e nel<br />

1961 gli vale il «Pro Civitate Christiana» istituito<br />

ad Assisi. La motivazione mette in luce<br />

la sua etica del lavoro:<br />

«Al giornalista iscritto all’Albo che nel complesso della sua<br />

attività professionale con resoconti di cronaca o con articoli<br />

che prendono spunto dalla cronaca, abbia dato il miglior<br />

contributo alla moralizzazione della professione giornalistica,<br />

non solo evitando qualsiasi deformazione della verità,<br />

speculazione scandalistica, incoraggiamento al divismo,<br />

ma favorendo la illustrazione e la divulgazione di episodi di<br />

onestà, di bontà, di generosità da costituire esempio a<br />

bene operare».<br />

L’inizio è al foglio<br />

cattolico l’Italia<br />

di Renata Broggini<br />

Scomparso a Milano trent’anni fa, l’8 dicembre<br />

1973, Lanfranchi è una personalità non<br />

comune del giornalismo: oltre a svolgere il<br />

mestiere in piena adesione al principio di<br />

informare senza cedimenti alla stampa-spettacolo,<br />

è il professionista della carta stampata<br />

più attivo nel «dare dignità» alla categoria<br />

che lo ha partecipe per mezzo secolo dopo<br />

l’ingresso al Corriere della Sera.<br />

Al grande quotidiano di via Solferino arriva<br />

infatti nel 1924. Non è la sua prima esperienza.<br />

Nato a Milano il 29 giugno 1903, terminati<br />

gli studi ma senza diploma, ha seguito<br />

assieme a Silvio Negro futuro vaticanista e<br />

Giambattista Migliori, poi presidente della<br />

Federazione universitari cattolici (Fuci) e<br />

altri, la «scuola di propaganda» della<br />

gioventù cattolica milanese di monsignor<br />

Francesco Olgiati.<br />

Non passa inosservato e viene assunto da<br />

Luigi Albertini. Al Corriere il giovane cronista<br />

dalla faccia «mesta e un po’ patita» rischia<br />

nel 1928 il licenziamento perché non iscritto<br />

al sindacato fascista e - scrive Glauco Licata<br />

nella Storia del «Corriere della Sera» -<br />

durante il regime «vivacchia». Il 25 luglio<br />

1943, alla caduta del fascismo, si fa conoscere<br />

come autore eccezionale.<br />

Con una serie di articoli risultato di inchieste<br />

meticolose rivela per la prima volta sul<br />

Corriere i retroscena del fascismo e della<br />

vita privata del duce, il cosiddetto «petaccismo»,<br />

e del sottobosco clientelare che gravitava<br />

attorno a Mussolini e ai gerarchi. «Fu<br />

come passare in lavanderia la biancheria<br />

sporca sino allora accuratamente nascosta.<br />

Per la prima volta, l’Italia aveva modo di<br />

guardarsi allo specchio, per constatare<br />

quanto fosse ammalata», scriverà il collega<br />

Arturo Lanocita.<br />

A seguito della campagna giornalistica le<br />

sorelle Claretta e Myriam Petacci verranno<br />

arrestate e incarcerate a Novara. Dopo l’8<br />

settembre 1943 tedeschi e neofascisti e gli<br />

danno la caccia, deve lasciare il giornale e<br />

la città.<br />

Raggiunge la moglie Ada Sommaruga e la<br />

figlia Maria Giovanna, sfollate a Malnate nel<br />

Varesotto. A fine ottobre i giornali si occupano<br />

del suo caso: il Fascio, in particolare.<br />

La vicenda<br />

svizzera<br />

Avvertito da amici di essere ricercato,<br />

Lanfranchi decide infine di sparire dalla<br />

circolazione.<br />

Inseguito da mandato di cattura del Tribunale<br />

speciale, si nasconde a Pombia nel Novarese,<br />

presso un amico. Riconosciuto deve<br />

lasciare l’Italia occupata e cerca rifugio in<br />

Svizzera. Il 7 marzo 1944, di notte, clandestino,<br />

espatria nella Confederazione dai<br />

monti della val di Muggio con un «habillement<br />

d’hiver un un peu usé, avec paletôt de<br />

laine gris», come si legge nel verbale della<br />

polizia di frontiera svizzera.<br />

Dopo i normali controlli a Chiasso e al<br />

campo di raccolta di Bellinzona, è inviato<br />

all’ex Casa d’Italia di Lugano trasformata in<br />

campo profughi dove si mette in luce per le<br />

doti di organizzatore ed è nominato capocampo<br />

dal direttore, Antonio Antognini. Il<br />

passaggio continuo di rifugiati con notizie<br />

fresche dall’Italia permette a Lanfranchi di<br />

pubblicare sul cattolico Popolo e Libertà la<br />

rubrica «Cronache dalla frontiera», riprese<br />

da Radio Londra e da Radio New York. Scriverà:<br />

«La rubrica era nata, si può dire, per germinazione spontanea.<br />

Al campo rifugiati dell’ex Casa d’Italia, a Lugano, che<br />

era un campo di “smistamento”, affluivano molti fuorusciti<br />

provenienti dai campi di raccolta e vi sostavano in attesa di<br />

una destinazione definitiva. Era una rotazione continua, per<br />

taluni rapida, per altri più lenta. Ogni nuovo arrivato aveva<br />

notizie relativamente fresche da raccontare, comunque inedite.<br />

Si parlava volentieri, nell’ozio delle interminabili giornate e<br />

la sera, al buio. Coricati semisvestiti sui pagliericci stesi sul<br />

nudo pavimento. Affioravano, nei racconti fatti alla buona, e<br />

per ciò scrupolosamente genuini, vicende di grande interesse<br />

umano e politico, di grande valore propagandistico».<br />

Sempre informato, Lanfranchi diventa personaggio<br />

interessante specie per gli esuli. Gli<br />

è concesso il permesso di fare ricerche alla<br />

Alcune immagini d’archivio di Ferruccio Lanfranchi.<br />

Qui sopra, al Circolo della Stampa di Milano per l’inaugurazione della<br />

mostra “C’è anche lei” con il prefetto Sergio Spasiano (secondo da<br />

destra) e Vincenzo Carrese, titolare della Publifoto (a destra).<br />

In alto, nella pagina a fianco, con Sophia Loren e con Vittorio De Sica<br />

sempre al Circolo della Stampa di Milano.<br />

biblioteca di Lugano, sotto la protezione<br />

delle autorità. Occasione che usa per diventare<br />

redattore della pagina «L’Italia e il<br />

Secondo Risorgimento», aperta nel maggio<br />

1944 sulla Gazzetta Ticinese e diretta da<br />

Ettore Janni, altro esule del Corriere, cui<br />

collabora Luigi Einaudi.<br />

Trasferito al «campo cattolico» di Loverciano,<br />

aperto nella casa vescovile, si interessa<br />

tramite il coordinatore monsignor Felice<br />

Camponovo per scambi di notizie tra rifugiati,<br />

specie i colleghi del Corriere Filippo<br />

Sacchi e Luigi Simonazzi, e famiglie in Italia;<br />

e per ricevere informazioni dalla Resistenza.<br />

«Tramite i ferrovieri – ricorda la figlia Maria<br />

Giovanna Baldi - arrivavano strisce di carta<br />

velina che consegnavo nel retro di una libreria<br />

d’arte sacra e Como… e ogni lunedì a<br />

Malnate ritiravo informazioni di partigiani che<br />

poi i ferrovieri portavano in Svizzera».<br />

Quando, nell’agosto 1944 personalità del<br />

mondo cattolico milanese in esilio – Stefano<br />

Jacini, Piero Malvestiti, Giambattista Migliori<br />

– pubblicano nel quotidiano cattolico Popolo<br />

e Libertà il loro foglio, Libertà!, organo <strong>dei</strong><br />

democristiani lombardi, diretto da Edoardo<br />

Clerici, trovano in Lanfranchi uno <strong>dei</strong> più attivi<br />

collaboratori. Per «ragioni di salute» è<br />

posto in «libertà» a Lugano-Viganello e lì<br />

inizia «un’attività giornalistica intelligente e<br />

discreta a favore della Resistenza».<br />

«Alloggiavo all’ospedale italiano di Viganello e di là spedivo<br />

il materiale alla tipografia “Grafica S.A.” di Bellinzona per la<br />

composizione. Non era facile conciliare gli ardori politici <strong>dei</strong><br />

collaboratori della pagine del giovedì, con la necessità di non<br />

creare imbarazzi alla direzione del Popolo e Libertà e soprattutto<br />

ai capi del Partito conservatore democratico, di cui il<br />

giornale era ed è la luminosa bandiera, autorevolmente<br />

rappresentati nel Governo cantonale. Dietro le quinte, paternamente<br />

severo e trepido, il consigliere agli stati Antonio<br />

Antognini, vigilava affinché non avvenissero deviazioni che,<br />

compromettendo gli ospiti, rendessero difficile la posizione<br />

degli stessi compilatori del foglio; mentre quel dotto giurista<br />

ed acutissimo uomo politico quale è l’on. Giuseppe Lepori<br />

stendeva su di noi, senza nulla lasciar intravedere la sua invisibile<br />

mano protettrice…».<br />

Come redattore tiene la rubrica «Documentario<br />

partigiano», ventun articoli di commento<br />

a episodi noti o meno della resistenza<br />

partigiana in alta Italia. Le sue inchieste,<br />

documentate, sono esposte con tempestività<br />

e pacatezza e soprattutto quelle sui criminali<br />

di guerra e sulla «banda Koch» hanno una<br />

grande risonanza anche in Italia e obbligano<br />

persino i neofascisti a liquidare i personaggi<br />

più compromessi. Presto il suo pseudonimo,<br />

Il Furiere, diventa popolare fra internati e ticinesi.<br />

Sotto un’altra sigla, Effe Elle, nel settembre<br />

1944 diventa la voce dell’Ossola partigiana<br />

in Svizzera e dopo la caduta della Giunta<br />

provvisoria di governo deplora il mancato<br />

intervento degli Alleati nella zona. Altro<br />

pseudonimo è Il pedone che usa nella<br />

nuova rubrica Corriere Romano quando da<br />

Roma liberata cominciano a giungere notizie<br />

sulla vita della città. Alla vigilia della liberazione,<br />

il 15 aprile 1945, riceve l’autorizzazione<br />

di viaggio per recarsi a Berna alla<br />

regia legazione d’Italia: certo per raccogliere<br />

informazioni per le future iniziative come<br />

«storico».<br />

Ferruccio Lanfranchi rientra in Italia nel<br />

maggio 1945 e riprende il posto al giornale,<br />

dove dal 4 al 14 luglio 1945 pubblica anoni-<br />

22 ORDINE 12 <strong>2003</strong>


I NOSTRI LUTTI<br />

Galante Garrone,<br />

una vita dedicata<br />

all’impegno civile<br />

e al giornalismo<br />

Il giornalismo, le inchieste,<br />

la tutela della professione<br />

ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />

mo Le ultime giornate di Mussolini. Il tema e<br />

il personaggio saranno al centro di altre sue<br />

inchieste sul campo, tuttora modello di documentazione<br />

scrupolosa. Inizia così sul<br />

Nuovo Corriere della Sera la famosa serie<br />

sull’«oro di Dongo». Ricorda ancora la figlia:<br />

«Ha rifatto con me il percorso della colonna<br />

di Dongo in incognito, non rivelandosi giornalista…<br />

ci spostavamo come una famigliola<br />

in gita, con i nostri panini… Aveva una<br />

memoria spettacolare, ricordava tutto senza<br />

prendere appunti».<br />

Dalle sue inchieste<br />

due libri di successo<br />

Al servizio<br />

della professione<br />

Dalle inchieste precedenti e da continue<br />

indagini ricava due libri di successo, L’inquisizione<br />

nera, sulle polizie «speciali» della<br />

repubblica di Salò, e La resa degli ottocentomila,<br />

uscito da Rizzoli nel 1948: una ricostruzione<br />

dettagliata e affidabile sui retroscena<br />

delle trattative svolte in Svizzera tra<br />

autunno 1944 e primavera 1945 fra diplomatici<br />

e militari tedeschi e rappresentanti degli<br />

Alleati per la resa dell’armata hitleriana in<br />

nord Italia e per la salvaguardia degli impianti<br />

industriali. Un libro, sottolinea Gaetano<br />

Salvemini, destinato a far testo «ora e per<br />

sempre».<br />

«Chi scrive è un giornalista», si legge nella<br />

recensione di Indro Montanelli, «e gli si<br />

permetta quindi anzitutto di congratularsi col<br />

collega per l’abilità con cui seppe fiutare la<br />

pista dell’avvenimento e restare sulla sua<br />

traccia dal principio alla fine; per la sagacia<br />

con cui seppe guardarvi di dentro e di sotto;<br />

per la fiducia che seppe guadagnarsi presso<br />

i protagonisti, i quali finirono per credere al<br />

suo senso di responsabilità e discrezione;<br />

per la diligenza con cui seppe annotare i<br />

particolari e ricollegarli fra loro». Montanelli,<br />

del resto, pescherà a piene mani nel lavoro<br />

del «collega», attribuendosi i risultati delle<br />

inchieste svolte da Lanfranchi in Svizzera.<br />

Nel 1946 diventa capo <strong>dei</strong> servizi della<br />

cronaca del Corriere della Sera, con la<br />

qualifica di redattore capo. Mentre continua<br />

nel filone delle indagini sulle vicende del<br />

fascismo e di altre di attualità nazionale,<br />

inizia l’attività a tutela <strong>dei</strong> giornalisti e della<br />

professione di cui è protagonista per il resto<br />

della vita.<br />

Direttore dell’organo <strong>dei</strong> giornalisti lombardi<br />

Il Giornalismo, sarà inoltre consigliere delegato<br />

dell’Associazione lombarda <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

dal 1949 e per vent’anni presidente;<br />

membro del consiglio nazionale della Federazione<br />

della stampa italiana e della<br />

Commissione unica ministeriale per la tenuta<br />

dell’Albo <strong>dei</strong> giornalisti, nonché vicepresidente<br />

dell’Istituto di previdenza <strong>dei</strong> giornalisti<br />

italiani.<br />

In quegli realizza forse il suo disegno più<br />

ambizioso quando nel 1951 fonda a Milano<br />

il Circolo della Stampa, che porterà al<br />

successo quale presidente dal 1959 al 1968,<br />

dopo Renato Simoni e Arnaldo Fraccaroli. Si<br />

è scritto: «Quasi tutte le maggiori manifestazioni<br />

che in pochissimi anni hanno reso celebre<br />

il circolo e lo fa primeggiare anche tra<br />

quelli della stampa estera, si devono alla<br />

genialità di Ferruccio che vede lontano un<br />

miglio e che sa cosa si dovrà fare… nulla gli<br />

sfugge… Il Museo della Scienza e della<br />

Tecnica si è fatto perché al Corriere Ferruccio<br />

non mollava… La Fiera di Milano… bisogna<br />

pensare al Centro direzionale… Si<br />

occupa di troppe cose Ma dal momento<br />

che se ne occupa e come se ne occupa… il<br />

titolo che più gli piace è quello di maestro<br />

del Lavoro. Ferruccio, secondo Orio Vergani,<br />

non è visto che da pochi ed è dappertutto:<br />

l’uomo invisibile».<br />

All’impresa concorre in maniera decisiva il<br />

finanziamento assicurato da un altro famoso<br />

«corrierista», Eugenio Balzan, amministratore<br />

della testata dal 1903 al 1934. La vita di<br />

Lanfranchi si è intrecciata a quella di Balzan<br />

dai tempi di Albertini e negli anni difficili del<br />

regime; e ora il vecchio amministratore che<br />

vive ritirato in Svizzera con questo gesto si<br />

identifica in Lanfranchi, che certo apprezza<br />

per organizzatore e presidente di enti della<br />

carta stampata come lui stesso è stato anni<br />

prima.<br />

Alla sua scomparsa Lanfranchi sollecita<br />

l’erede della fortuna Balzan, la figlia Angela<br />

Lina, ad avviare anche un’altra iniziativa a<br />

favore della categoria: il gabinetto medico<br />

polispecialistico dell’Associazione lombarda<br />

<strong>dei</strong> giornalisti intitolato a «Eugenio Balzan»,<br />

inaugurato nel 1957 in via Monte Santo a<br />

Milano, tuttora attivissimo.<br />

Presidente dal 1964 dell’Associazione<br />

lombarda <strong>dei</strong> giornalisti e dell’Istituto di previdenza<br />

<strong>dei</strong> giornalisti italiani, Lanfranchi<br />

promuove infine la Cooperativa case per i<br />

giornalisti in viale Ferdinando di Savoia 3/5,<br />

sempre a Milano.<br />

Un impegno sociale<br />

continuo e discreto<br />

Questo suo impegno continuo e discreto<br />

trova un riconoscimento pubblico nel 1958<br />

nell’attribuzione della medaglia d’oro con<br />

l’effige di San Francesco di Sales, patrono<br />

<strong>dei</strong> giornalisti, per i 35 anni di attività al<br />

Corriere; e del premio «Rezzara Pubblicità»<br />

per il «contributo significativo ed esemplare<br />

allo sviluppo delle relazioni pubbliche in tutti<br />

i settori e fra tutti i ceti della metropoli milanese,<br />

valorizzando e spesso promuovendo<br />

iniziative intese ad elevare il livello di socialità,<br />

di cultura, di educazione civica e ad<br />

intensificare le attività produttive, in vista di<br />

una migliore distribuzione <strong>dei</strong> beni e di un<br />

più diffuso benessere».<br />

Lanfranchi devolve comunque il premio di un<br />

milione, già assegnato anche a Luigi Einaudi<br />

e a Orio Vergani, al gabinetto medico polispecialistico<br />

di via Monte Santo. Fra gli altri<br />

riconoscimenti, il diploma di prima classe<br />

con medaglia <strong>dei</strong> benemeriti della cultura, da<br />

maestro del lavoro, grand’ufficiale e cavaliere<br />

della gran croce della Repubblica italiana<br />

nel 1959; la commenda dell’ordine di san<br />

Gregorio Magno e altre onorificenze italiane<br />

e straniere; il premio per l’«Intervista alla<br />

città», sotto forma di inchiesta, nel 1960.<br />

Morto dopo anni di malattia che l’aveva<br />

costretto a ritirarsi, Lanfranchi è oggi quasi<br />

dimenticato. È doveroso invece ricordarlo,<br />

non solo quale giornalista ma per aver dato<br />

dignità alla professione.<br />

Renata Broggini<br />

Roma, 30 ottobre <strong>2003</strong>. Quella di Alessandro Galante<br />

Garrone è stata una vita interamente dedicata all’impegno<br />

civile vissuto in prima persona e a quelle idee di democrazia<br />

radicale che aveva sostenuto, oltre che con l’azione, con<br />

idee, scritti e con la sua attività politica.<br />

Storico e giurista, nato a Vercelli nel 1909, Galante Garrone<br />

si era dedicato per oltre trent’anni alla carriera di magistrato<br />

e solo nel 1963 era passato all’insegnamento nelle università,<br />

prima come professore di Storia contemporanea e poi<br />

di Storia del Risorgimento a Torino.<br />

Durante la seconda guerra mondiale, era stato partigiano<br />

combattente e rappresentante del Partito d’Azione nel Cln<br />

(Comitato di liberazione nazionale) del Piemonte. Da allora<br />

era sempre rimasto fedele al filone della democrazia radicale,<br />

un’idea da lui sempre sostenuta con l’intensa attività<br />

pubblicistica su La Stampa, Il Ponte, L’Astrolabio, L’Espresso,<br />

nonché con i lavori più ponderosi come quelli sui radicali<br />

italiani dal 1849 al 1925 e su Felice Cavallotti.<br />

Senatore della sinistra indipendente, molto sensibile alle<br />

tematiche <strong>dei</strong> diritti civili, aveva inoltre dato alle stampe<br />

numerosi manuali di educazione civica per le scuole, mentre<br />

sul versante storiografico si era occupato <strong>dei</strong> rivoluzionari<br />

sette-ottocenteschi come Babeuf, Buonarroti, Romme.<br />

Nel 1984 aveva pubblicato il volume I miei maggiori dove<br />

aveva ricordato i maestri di libertà della sua generazione, da<br />

Omodeo a Calamandrei, da Einaudi a Salvemini, tutti personaggi<br />

da cui Galante Garrone aveva derivato un insegnamento<br />

di vita e di pensiero, una “passione di libertà - come<br />

lui stesso diceva - sempre illuminata dalla ragione”.<br />

Nel dicembre 1993 era stato tra i fondatori, insieme ad Aldo<br />

Garosci, Franco Venturi, Arialdo Banfi, Giorgio Parri e Aldo<br />

Visalberghi, dell’associazione Movimento d’Azione giustizia<br />

e libertà. Una denominazione esplicita visto che i promotori<br />

del movimento erano partigiani della formazione “Giustizia e<br />

libertà e militanti del Partito d’Azione. E proprio a quelle posizioni<br />

politico-culturali questa associazione, come lo stesso<br />

Alessandro Galante Garrone, intendeva riallacciarsi per farle<br />

uscire dall’emarginazione voluta dal regime partitocratico e<br />

per riaffermare e trasmettere il pensiero di Gaetano Salvemini,<br />

la critica liberale di Piero Gobetti e il socialismo liberale di<br />

Carlo Rosselli. Tra i suoi scritti principali: Buonarroti e Babeuf<br />

(1948); Filippo Buonarroti e i rivoluzionari dell’Ottocento<br />

(1951); Gilbert Romme, Storia di un rivoluzionario (1959); I<br />

radicali in Italia, 1849-1925 (1973); Felice Cavallotti (1976); I<br />

miei maggiori (1984); Zanotti Bianco e Salvemini (1984); Padri<br />

e figli (1986); Calamandrei (1987); Amalek, il dovere della<br />

memoria (1990); Il mite giacobino ; L’Italia corrotta (1895-1996)<br />

Cento anni di malcostume politico (1996).<br />

(ANSA)<br />

Incarnava l’ideale Azionista<br />

Roma, 30 ottobre <strong>2003</strong>. È stato l’incarnazione dell’intellighenzia<br />

Azionista liberalsocialista nata dalla Resistenza. Alessandro<br />

Galante Garrone ha condiviso questo ruolo storico con altri<br />

grandi della cultura italiana e, in particolare, torinese, tra cui:<br />

Franco Antonicelli, Norberto Bobbio, Augusto Monti, Franco<br />

Venturi, Giorgio Agosti, Vittorio Foa, Alessandro Passerin d’Entreves,<br />

Luigi Salvatorelli, Aldo Garosci, Walter Maturi, Guido<br />

Quazza e Paolo Spriano. “Venivamo giudicati scavezzacolli e<br />

saltasiepi - ricordò in un’ intervista - parlavamo di rivoluzione<br />

democratica, ma eravamo nel Paese una sparuta minoranza”.<br />

Un tributo importante a quest’uomo - per trent’anni magistrato,<br />

poi militante della Resistenza e, infine, indiscusso punto di riferimento<br />

per gli studi sul Risorgimento e maitre a penser di tanti<br />

intellettuali torinesi - arrivò nel 1955 quando il direttore della<br />

Stampa, Giulio De Benedetti, lo prese tra i collaboratori del suo<br />

giornale. In breve tempo Galante Garrone passò dalla “terza<br />

pagina” agli editoriali: una collaborazione che, attraverso gli<br />

anni, ha allargato l’incidenza del suo pensiero dalle aule universitarie<br />

al grande pubblico della carta stampata. Galante Garrone<br />

esordì come editorialista il 25 aprile del 1955 con un articolo<br />

sull’insurrezione di Torino.<br />

Dalle pagine della Stampa, Galante Garrone spiegò il suo<br />

concetto intellettuale della libertà, vista nei suoi “grandi, piccoli<br />

o addirittura minimi problemi, nelle questioni anche umili,<br />

profondamente avvertite dai cittadini”. Lo storico filtrò con il<br />

razionalismo <strong>dei</strong> suoi maestri di pensiero, da Filippo Buonarroti<br />

ai rivoluzionari dell’Ottocento, e con la dottrina sociale di Francesco<br />

Ruffini, Adolfo Omodeo, Gaetano Salvemini, Piero Calamandrei,<br />

Arturo Carlo Jemolo e Ferruccio Parri, tutte le questioni<br />

più scottanti dell’attualità: la pena di morte, il divorzio (nel ‘59<br />

fu tra i primi a rivendicarlo sulle pagine <strong>dei</strong> giornali) l’aborto, la<br />

strenua difesa della scuola pubblica, i rapporti tra Stato e Chiesa,<br />

i diritti delle minoranze, “Tangentopoli”. Per lui si trattò di un<br />

impegno che visse come “convinta e pugnace attività politica”.<br />

All’attività pubblica di Galante Garrone è legato anche l’interrogatorio<br />

di Vittorio Valletta, nel maggio del ‘45, raggiunto da un<br />

provvedimento di epurazione da parte del Cln.<br />

Coerente con il suo spirito libertario, lo storico fu anche tra i<br />

primissimi a solidarizzare con gli studenti che avevano occupato,<br />

alla fine del ‘67, il palazzo delle facoltà umanistiche a Torino.<br />

A Galante Garrone deve parte della propria formazione una<br />

schiera di intellettuali più giovani, da Claudio Magris a Giampaolo<br />

Pansa, da Giorgio Bocca a Umberto Eco, da Gianni Vattimo<br />

a Furio Colombo.<br />

(ANSA)<br />

23


PERSONAGGI<br />

Margarethe de Colins de Tarsienne<br />

vive nel Varesotto,<br />

quasi novantatreenne.<br />

Una nobile signora di origine austriaca<br />

che divorziò da Montanelli nel 1951.<br />

E, dopo oltre mezzo secolo,<br />

gli vuol sempre bene<br />

Margarethe<br />

de Colins<br />

de Tarsienne,<br />

ai tempi<br />

del matrimonio<br />

con Indro<br />

Montanelli.<br />

Ecco nella foto<br />

a destra la coppia<br />

dopo la cerimonia.<br />

Sotto, Margarethe<br />

oggi, nella casa<br />

di riposo<br />

di Malnate,<br />

in provincia<br />

di Varese.<br />

La baronessa Margarethe de Colins<br />

prima moglie di Indro Montanelli<br />

Dopo il divorzio<br />

lavorò nella moda<br />

di Lino Pellegrini<br />

1946, o giù di lì. Sto viaggiando in treno da<br />

Bolzano verso Monaco di Baviera; nel mio<br />

scompartimento entra una giovane, bella<br />

signora. Conversazione spontanea. Mi<br />

dichiaro giornalista. E la giovane signora si<br />

dichiara... moglie di Indro Montanelli! Non<br />

potemmo approfondire, perché lei, a<br />

Innsbruck, scese. Né la rividi mai, sino all’altro<br />

giorno, quando andai a trovarla a Malnate,<br />

in provincia di Varese.<br />

Comincio dal principio. Margarethe de Colins<br />

de Tarsienne è baronessa. Casata di origine<br />

Belga. In Belgio, esiste ancore un castello<br />

della sua casata. Poi, i de Colins de Tarsienne<br />

divennero austriaci. Il padre di Margarethe<br />

era un ufficiale austriaco. Lei nacque a<br />

Rovereto, che allora apparteneva al Tirolo e<br />

che - come tutti sanno - divenne nostra dopo<br />

la prima guerra mondiale. Tra fratelli e sorelle,<br />

Margarethe ne ebbe quattro. In Italia,<br />

lavorò nel settore dell’estetica, specie nel<br />

salone di Elisabeth Arden. Si incontrò con<br />

Indro Montanelli e, nonostante le reciproche<br />

opposizioni <strong>dei</strong> genitori, i due si sposarono<br />

(“Con nozze religiose - mi dice -, perché, se<br />

no, Indro avrebbe temuto di perdermi. Invece<br />

lui, sapendomi religiosissima, così si sentiva<br />

al sicuro”). Ma su quel famoso matrimonio e<br />

sulla successiva convivenza si è detto e<br />

scritto sin troppo, per cui ne escludo il tema.<br />

Lo escludo anche per questo motivo: i due si<br />

sposarono nel 1942 e divorziarono nel 1951,<br />

quando Indro conobbe Colette Rosselli;<br />

ebbene, dal 1951 ad oggi sono passati<br />

cinquantadue anni. Lei, quando divorziò, di<br />

anni ne aveva quaranta; oggi, va per i novantatré!,<br />

quindi dopo il divorzio, una seconda<br />

vita, assai più lunga della prima. Ma, della<br />

seconda vita, non se ne parla affatto. Un<br />

motivo di più per conversarne con lei.<br />

A Malnate, Donna Margarethe ci vive dal<br />

febbraio 2001. La incontro su una collina, in<br />

quella che dovrei definire “casa di riposo” ma<br />

che ha la classe di un grande albergo, vasta,<br />

complessa, signorilmente arredata, con un<br />

personale addirittura raffinato; tre piani,<br />

ascensore, giardino, alberi superbi, eccetera<br />

eccetera. Attenzione: io scrivo “Donna Margarethe”,<br />

ma tutto il personale la chiama<br />

“Signora Montanelli”. Diminutivo di Margarethe,<br />

Maggie (Montanelli la chiamava<br />

Maggiolino), che però avrebbe pronunciato<br />

alla tedesca, Magghi. Altri influssi teutonici<br />

Bè, L’italiano parlato dalla baronessa Margarethe<br />

è totale, e però un po’ di erre moscia e<br />

certe tonalità vocaliche ci conducono - a<br />

saperlo - verso nord. Come studi, lei ha fatto<br />

l’Accademia (pari alla nostra Università) a<br />

Innsbruck; inoltre parla, oltre all’italiano e al<br />

tedesco, anche il francese e l’inglese.<br />

Dunque, una signora internazionale. Non<br />

tanto per la conoscenza della lingua, quanto<br />

perché, dopo il divorzio, lavorò nel settore<br />

della moda per due celebri società francesi,<br />

viaggiando di continuo fra l’Italia e Francia,<br />

Germania e Spagna. “In Francia - precisa -<br />

rifinivo con gusto italiano le collezioni di<br />

moda, poi le presentavo in Italia”. E così per<br />

molti, molti anni. “In Italia - continua - vivevo<br />

a Mlano, in via Fratelli Gabba, poco lontano<br />

da via Manzoni. Da casa mia, ammiravo il<br />

verde dell’orto botanico”. No, non si risposò<br />

mai. E da Indro non aveva avuto figli. Fratelli<br />

e sorelle li ha perduti tutti.<br />

Prigioniera in un campo<br />

di concentramento<br />

A questo punto devo pur dire com’è, la baronessa<br />

Margarethe. Novantatrè Ne dimostra<br />

venti o trenta di meno. Sì, cammina col<br />

bastone, ma dritta, sicura. Alta, asciutta, sa<br />

sempre dove andare e che cosa fare.<br />

Elegante; collana, orecchini. Capelli dorati; e<br />

occhi vivaci, acuti, pressoché pungenti. Il suo<br />

udito è incerto, ma lei parla con precisione,<br />

risponde con esattezza a qualsiasi domanda.<br />

Anche la sua memoria lascia un po’ a<br />

desiderare, ed è lei, Donna Margarethe, a<br />

dirlo subito, dimostrando così la sua chiarezza<br />

intellettuale. Quando le chiedo dove giace<br />

suo padre, riflette a lungo, poi conclude con<br />

un Wels, una località austriaca poco lontana<br />

da Linz. E la mamma Anche stavolta è<br />

incerta, propende per Caldaro, in provincia<br />

di Bolzano, dove la mamma aveva conosciuto<br />

il papà e dove aveva una villa. Strano a<br />

dirsi, Donna Margarethe non è mai tornata a<br />

Rovereto.<br />

Dopo l’8 settembre 1943, Donna Margarethe,<br />

rea, per i tedeschi - i quali non la<br />

consideravano affatto una compatriota -, di<br />

aver sposato un italiano, ne passò di tutti i<br />

colori; fra l’altro fu prigioniera in un campo di<br />

concentramento tedesco a Gries, presso<br />

Bolzano. Le chiedo: “Ma, a Gries, non si<br />

sentiva in patria” “Proprio no, mi sentivo<br />

soltanto prigioniera. Cercai di fuggire, ma i<br />

tedeschi mi beccarono”. “Senta, a proposito<br />

di Austria e di Germania, quando la Germania<br />

occupò l’Austria per annettersela, lei che<br />

sentimento provò” “Provai dispiacere e<br />

un’immensa rabbia. La Germania, non l’avevo<br />

amata mai”.<br />

Prima della mia visita a Malnate, a Donna<br />

Margarethe avevo telefonato. E lei mi aveva<br />

risposto molto cordialmente, anche perché<br />

le avevo detto di esser stato molto amico di<br />

Indro Montanelli. (Quando lui morì, pubblicai<br />

su Il Giornale il seguente necrologio: “A Indro<br />

Montanelli “Finlandese”, un arrivederci da<br />

Lino Pellegrini “Finlandese”: perché lui, in<br />

Finlandia, s’era sciroppato la “guerra d’inverno”,<br />

e io, un anno - il 1942 - della seconda<br />

Un carattere<br />

duro e dolce<br />

guerra mondiale). Quindi il nostro incontro si<br />

svolge subito in un’atmosfera molto amichevole.<br />

E però, quando estraggo le mie carte e<br />

la biro per prendere appunti, Donna Margarethe<br />

si allarma, si oppone, protesta; io preciso<br />

che non voglio saperne di pettegolezzi,<br />

ma lei replica, a sua volta, che i giornalisti<br />

sono ficcanaso (sì, proprio così). Tuttavia, un<br />

poco alla volta, si ammansisce, cede, e ai<br />

miei quesiti risponde - direi - proprio senza<br />

riserve.<br />

“Che cosa pensò, quando Indro fondò il<br />

Giornale” “Ne fui entusiasta”. “E, quando<br />

venne gambizzato” “Provai un profondo<br />

dispiacere, ma non mi meravigliai affatto”. “Mi<br />

consenta, Donna Margarethe, una domanda<br />

indiscreta: dopo il divorzio, ebbe più rapporti,<br />

anche soltanto epistolari, con Indro” “No,<br />

no. Poteva soltanto accadere che ci incontrassimo<br />

per strada, allora ci abbracciavamo,<br />

poi, subito, ci lasciavamo”.<br />

Donna Margarethe mi dice di no anche le<br />

chiedo di poter riprodurre qualche sua foto;<br />

ma anche stavolta ci ripensa, sale alla sua<br />

stanza al secondo piano, ne scende con un<br />

album ricco di splendide immagini del suo<br />

matrimonio; riproduco. “Adesso, qualche foto<br />

a lei, baronessa”. “No, no”. Ma per la terza<br />

volta il no devia nel consenso, per cui la<br />

riprendo vicino a schiere di vasetti con spendidi<br />

fiori. Intanto le racconto qualche barzelletta<br />

anche in tedesco, e lei apprezza, ride.<br />

“Donna Margarethe, vengono spesso a<br />

trovarla” “No, non molto. Ma, una volta, un<br />

mio amico col quale giocavo a bridge radunò<br />

alcune altre giocatrici, arrivarono qui in macchina,<br />

facemmo una rimpatriata. Ho invece<br />

un rapporto abbastanza frequente con...<br />

“(Qui mi tengo sul vago perché lei mi parla di<br />

una “nipote di Montanelli”; nipote, forse, via<br />

Colette). E continua: “... con una donna deliziosa.<br />

Ogni tanto, ci scriviamo. è tutto ciò che<br />

mi resta di Indro”.<br />

A questa signora, che abita vicino a Stresa,<br />

riesco a telefonare. Non vuole essere citata,<br />

e io rispetto il suo veto. Anche lei mi parla<br />

con affetto di Donna Margarethe, che definisce<br />

dura e dolce. “Dura e dolce” Ecco due<br />

parole che la sintetizzano a perfezione. Dura:<br />

forse, infatti, la sua volontà si opponeva a<br />

quella di Indro. Dolce, perché mi dice che a<br />

Indro vuole sempre bene, e che vuol bene a<br />

chi gli vuol bene. In fondo, dura e dolce lo è<br />

stata anche con me, oggi. “Donna Margarethe,<br />

lei faceva sport” “Sì, nuoto e sci”.<br />

Sciava, infatti, in Austria, a Kitzbühel;<br />

sembrava una campionessa della discesa.<br />

Dunque, dura e dolce. Ma, soprattutto, un’autentica<br />

signora.<br />

Chiudo, dicendo: “Lo sa, Donna Margarethe,<br />

che, se lei è nata nel Tirolo di allora, mia<br />

moglie Elena ed io ci siamo sposati nel<br />

Sudtirolo di adesso, cioè in Alto Adige, a<br />

Selva di Val Gardena” “Quando”, mi chiese.<br />

“Eh abbiamo già superato le nozze di<br />

diamante…”<br />

Mi risponde quasi con entusiasmo: “Complimenti,<br />

auguroni, anche perché le vostre<br />

nozze sono dolomitiche, e le Dolomiti valgono<br />

più di qualsiasi diamante!”<br />

Baronessa Margarethe, le bacio la mano.<br />

24 ORDINE 12 <strong>2003</strong>


M O S T R E<br />

Una rassegna (ritornata nella sede<br />

della Permanente dopo alcuni anni<br />

di emigrazione in Fiera)<br />

ha reso disponibili occasioni eccezionali<br />

grazie ad un’offerta selezionata<br />

proveniente da librai di tutto il mondo,<br />

38 gli italiani e 24 gli stranieri.<br />

È una rassegna di alto prestigio<br />

I libri antichi affascinano quando si guardano appena e quando<br />

si prendono in mano. Prima ancora di leggerli essi appagano<br />

i cinque sensi: la vista anzitutto grazie alla loro veste, il<br />

gusto in quanto ogni volume d’epoca costituisce una precisa<br />

espressione di arte, il tatto ovviamente nel maneggiare con<br />

affetto l’intera opera, l’olfatto per il profumo che promanano<br />

le vecchie carte, e persino l’udito dato che ogni pagina<br />

suggerisce l’eco di lontani suoni e rumori. Si gode per una<br />

legatura vigorosa che mostra nervature sul dorso, per quei<br />

fogli spessi e durevoli, per i suoi caratteri perfettamente<br />

inchiostrati, per mirabili xilografie di ignoti artisti, per la validità<br />

di testi che attestano culture straordinarie, per l’umiltà<br />

degli autori che antepongono al nome il rispetto verso il<br />

mecenate dell’opera. Sono opere che sottolineano uno stile<br />

oltre a dare prova di bellezza editoriale. È vero: l’arte della<br />

stampa si è andata evolvendo nei secoli - le attuali tecnologie<br />

forniscono prodotti a costi bassissimi, velocità istantanee,<br />

formati e pezzi su misura, riproduzioni iconografiche perfette<br />

- ma ci ricorda pure che i caratteri mobili ed il torchio hanno<br />

offerto per secoli esempi di ineguagliabile grandiosità. Ecco<br />

di Giacomo de Antonellis<br />

perché la bibliofilia antiquaria incarna un’intima ricerca di<br />

raffinatezza e contagia gli animi nobili.<br />

Attenzione. Bibliofilia non significa accumulo indiscriminato di<br />

libri, collezionismo fine a se stesso, appesantimento delle<br />

librerie. Come ogni arte ben coltivata, l’amore verso i libri<br />

comporta regole precise, non scritte ma idealmente stilate,<br />

adattabili a ciascuna personalità. Chi nutre davvero questa<br />

passione è anzitutto un lettore attento e, dal momento che<br />

non si può essere onnivori, dirige la propria attenzione verso<br />

uno specifico genere (incunaboli o cinquecentine, religione o<br />

storia, esoterismo o scienze esatte, medicina o diritto, illustrati<br />

o stampe, arti figurative oppure erotica, poetica o filosofia,<br />

manoscritti come autografi, letteratura classica o minore)<br />

e al suo interno restringe le scelte in un ambito più particolare<br />

(per esempio: trattati di arte militare, biografie di uomini<br />

illustri, atti notarili, opere di o su un determinato scrittore,<br />

favole per bambini, saggi storici su una città o una regione).<br />

Come per le raccolte di francobolli o di monete, volendo<br />

procurarsi uno scaffale di valore occorre tastare il mercato<br />

con cautela, disponibili a investire cifre non certamente lievi.<br />

BIBLIOFILIA A Milano il meglio<br />

del libro antico<br />

Sempre informati<br />

con i cataloghi<br />

ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />

La bibliofilia però non deve intendersi quale<br />

bene rifugio, similmente a preziosi ori e arte<br />

figurativa: si rischierebbero perdite secche in<br />

quanto i valori del possesso non corrispondono<br />

mai a quelli del commercio. Se l’acquisto<br />

richiede 10, al privato che desidera disinvestire<br />

lo smobilizzo può rendere al massimo un<br />

terzo. È ben vero che i prezzi medi sono<br />

cresciuti in modo spesso esagerato quasi in<br />

contrasto con le vorticose cadute delle Borse<br />

mondiali ma la particolarità della merce - deteriorabile<br />

e ingombrante - non è tale da<br />

compensare i rischi di una collezione sotto il<br />

profilo finanziario. Certamente, il mercato<br />

dell’antiquariato si è esponenzialmente<br />

ampliato negli ultimi decenni, giovandosi di<br />

due strutture basilari - le librerie del ramo e i<br />

cataloghi postali - e del supporto aggiuntivo<br />

quanto stimolante di rassegne, saloni, mercatini,<br />

tra cui primeggia la Mostra del Libro Antico<br />

di Milano (Palazzo della Permanente, la<br />

quattordicesima edizione si è svolta nella<br />

scorsa primavera) senza dubbio l’appuntamento<br />

numero uno in Italia.<br />

Figure<br />

dalla<br />

“Iconologia”<br />

di Cesare<br />

Ripa, 1603.<br />

Il fulcro portante del mercato librario resta<br />

comunque il giro <strong>dei</strong> cataloghi che consentono<br />

ai bibliofili di “frequentare” anche antiquari<br />

che lavorano in località lontane. È un salotto<br />

di cui non si può fare a meno poiché consente<br />

il continuo aggiornamento delle offerte e il<br />

confronto diretto <strong>dei</strong> prezzi. Questi ultimi sono<br />

la nota dolente di tanti bibliofili: la passione,<br />

infatti, non si sposa sempre con le normali<br />

disponibilità economiche. Il materiale prezioso<br />

scarseggia e i prezzi crescono senza alcun<br />

freno. Del resto, i libri antichi non sono vitali<br />

per l’esistenza umana. Chi li vagheggia deve<br />

fare bene i conti con le proprie disponibilità,<br />

magari a sognare il pezzo che avrebbe desiderato<br />

possedere.<br />

Per una fitta e competente schiera di bibliofili,<br />

e per tanti altri con la carta di credito senza<br />

limiti, questa mostra (ritornata nella sede della<br />

Permanente dopo alcuni anni di emigrazione<br />

in Fiera, sempre con Marcello Dell’Utri suo<br />

deus ex machina) ha reso disponibili occasioni<br />

eccezionali grazie ad un’offerta selezionata<br />

proveniente da librai di tutto il mondo, 38 gli<br />

italiani e 24 gli stranieri. È una rassegna di alto<br />

prestigio, contrassegnata - ahimé - da un brutto<br />

catalogo, inondato da un’autentica colata<br />

pubblicitaria, un catalogo tanto diverso da<br />

quelli puliti e ragionati delle prime edizioni nel<br />

chiostro delle Stelline e nello stesso palazzo<br />

di via Turati a Milano.<br />

Ecco alcune rarità, in un mare di offerte. Allo<br />

stand della Martayan Lan di New York si poteva<br />

ammirare il primo libro illustrato di viaggi<br />

dal titolo Peregrinationes in Terram Sanctam<br />

scritto da Bernhard von Breydenbach e stampato<br />

a Magonza nel 1486. La Imago Mundi di<br />

Buenos Aires presentava l’Enciclopedia di<br />

Diderot e D’Alembert, edizione ginevrina<br />

1777-1779, quarantacinque volumi in 4° di cui<br />

sei con tavole analitiche e tre con ottime incisioni.<br />

La francese Sourget di Chartres era<br />

presente con un eccelso “in folio” dell’edizione<br />

principe (così si chiama la prima stampa di un<br />

libro antico) dell’opera poetica di Orazio<br />

commentata da Nicolas Perottus e stampata<br />

a Strasburgo nel 1498. Dall’Olanda, Antiquariaat<br />

Forum di Utrecht proveniva il Libro del<br />

gigante Morante e de re Carlo, poema anonimo<br />

di 209 stanze che soltanto pochissime<br />

biblioteche possiedono nella versione del<br />

Soncino edita a Pesaro nel 1515.<br />

Rilevanti anche le opportunità di casa nostra<br />

tra cui alcuni manoscritti (due lettere di Casanova<br />

della Tattile di Rimini e una copia del<br />

libretto di Tosca con interventi autografi di<br />

Giacomo Puccini per la Scarpignato di Roma)<br />

e opere introvabili come L’emporio delle glorie<br />

palermitane di Paolo Del Vio stampato nel<br />

1704 con quattro grandiose tavole sugli apparati<br />

per la festa di Santa Rosalia in vendita<br />

presso Il Polifilo di Milano oppure come La<br />

storia naturale degli uccelli che nidificano in<br />

Lombardia di Eugenio Bettoni del 1868 nello<br />

stand di Malavasi storica libreria milanese.<br />

Presso Loredana Pecorini specialista in carte<br />

musicali e bibliografie due proposte eccellenti<br />

quali il Dictionnaire des ouvrages anonymes<br />

in cinque volumi edita a Parigi nel 1872 e il<br />

nuovissimo Dizionario illustrato della legatura<br />

di Sylvestre Bonnard. Ai Due Santi di Padova<br />

si poteva trovare il Giornale <strong>dei</strong> Bambini,<br />

foglio di fine Ottocento diretto anche da Carlo<br />

Collodi (pseudonimo di Carlo Lorenzini) creatore<br />

della storia di Pinocchio apparso su<br />

questo periodico in 30 puntate tra il 1881 e il<br />

1883. Ovviamente si tratta di una scarna selezione<br />

essendo impossibile descrivere la vasta<br />

gamma di preziose “anticaglie” viste tra le<br />

vetrine dell’esposizione milanese.<br />

Le opere di Voltaire<br />

in settanta volumi<br />

Una segnalazione ulteriore, tuttavia, va fatta<br />

per la libreria Rovello di Milano il cui fiore<br />

all’occhiello era dato dalle opere complete di<br />

Voltaire, 70 volumi del 1785-1789 in 8° corredato<br />

da numerose e belle incisioni e reso<br />

gradevole da una rilegatura coeva con titoli e<br />

fregi in oro: questa libreria fa capo al collega<br />

Mario Scognamiglio il quale è anche animatore<br />

del più importante circolo di bibliofili italiani,<br />

l’Aldus Club, autentico cenacolo di passionari<br />

del libro con in testa l’esegeta Umberto Eco<br />

che lo presiede. A margine va sottolineato che<br />

da tredici anni l’Aldus Club promuove un<br />

apprezzato Almanacco letterario. Il volume<br />

<strong>2003</strong> riporta i testi di una “estrosa équipe di<br />

scanzonati favolatori”: tra le varie firme si rilevano<br />

quelle di Giulio Andreotti, Matteo Collura,<br />

mio figlio Gianandrea de Antonellis, Gianfranco<br />

Dioguardi, Curzia Ferrari, Elio Palombi,<br />

Pietro Spirito accanto ai nomi di Eco e<br />

Scognamiglio. Ma non è tutto perché le edizioni<br />

Rovello hanno anche un altro fiore all’occhiello<br />

in campo editoriale: la rivista trimestrale<br />

di bibliofilia L’Esopo che esce dal 1979 ed<br />

ha raggiunto il numero 91, sempre avvincente<br />

per note critiche e di attualità, appunti, recensioni,<br />

aggiornamenti su aste e su novità del<br />

settore.<br />

Quando la bibliofilia<br />

diventa bibliomania<br />

Bibliofilia non è sinonimo di bibliomania. Sono<br />

due filoni prossimi ma indipendenti. Un filologo<br />

del Settecento, Louis Bollioud-Mermet, ci<br />

ha lasciato scritto una sorta di testamento per<br />

mettere in guardia dagli eccessi. “Quando il<br />

gusto <strong>dei</strong> libri degenera in passione diventa<br />

una sorgente perenne di capricci e di raffinate<br />

pignolerie”. Allora, in effetti, l’uomo tende a<br />

guardare al libro in quanto oggetto meraviglioso<br />

e non più in quanto contenitore essenziale<br />

di idee e di valori. In tale sviamento, non<br />

raramente, giocano anche i principali operatori.Vale<br />

a dire gli editori. Nell’odierna società,<br />

non a caso, i grandi nomi della stampa svolgono<br />

il ruolo di impresari preoccupati soltanto<br />

di accrescere la redditività della ditta<br />

mentre i piccoli (dove sono i medi) tendono<br />

a lavorare soprattutto per il gusto della produzione:<br />

si sfornano in tal modo testi di ogni<br />

risma, per formato, per legatura, per iconografia,<br />

per contenuto, per destinazione. Così,<br />

non tutta l’editoria produce cose valide, spesso<br />

i risultati sono mediocri, spesso rispecchia<br />

materiale inutile, spesso diventa un’occasione<br />

perduta, spesso resta motivo di buona<br />

volontà e nulla altro.<br />

Bisogna rendersi conto, tuttavia, che il libro è<br />

un oggetto davvero particolare. Esso va acquisito,<br />

consultato, donato o conservato con<br />

rispetto, quasi con senso religioso. Il libro non<br />

è soltanto un insieme di carte inchiostrate<br />

dalle quali trarre diletto o riflessioni, gioia o<br />

stanchezza. È uno strumento che offre<br />

sempre - seppure in misure diverse, variabili<br />

secondo il momentaneo stato d’animo del<br />

lettore - un arricchimento spirituale. Chi legge<br />

si distacca automaticamente dalle contingenze<br />

del proprio ambiente, si trasferisce in altri<br />

spazi e vive con la fantasia situazioni estranee<br />

al suo mondo. La conseguenza è incerta.<br />

Si può guadagnare in serenità come pure<br />

sentirsi appesantiti dalla tristezza. In questo<br />

verso la copertina e le prime dieci pagine<br />

hanno una funzione mattatrice nei confronti<br />

del lettore: se l’approccio iniziale funziona la<br />

lettura diventa scorrevole e calamita l’attenzione.<br />

Diversamente le palpebre si fanno di<br />

piombo e gli occhi tendono a riposare. Anche<br />

il bibliofilo tende a seguire questo genere di<br />

norme. D’altronde, in tempi di globale distrazione<br />

- quanti danni producono gli abusi di<br />

certe esasperate tecnologie ai nostri tempi: ce<br />

ne renderemo conto soltanto in un futuro forse<br />

neppure lontano - non appare agevole prodursi<br />

nell’esercizio di una passione culturale. Ma<br />

almeno è bello provarci.<br />

■<br />

25


LA LIBRERIA DI TABLOID<br />

Liceo scientifico statale di Sulmona<br />

Il sentiero della libertà<br />

Un libro della memoria con Carlo Azeglio Ciampi<br />

di Dario Fertilio<br />

Chi volesse conoscere le motivazioni<br />

intime di un personaggio,<br />

il perché delle scelte<br />

prese nel corso della sua esistenza,<br />

probabilmente dovrebbe<br />

individuare il suo “nucleo<br />

eroico”. Che cos’è il “nucleo<br />

eroico” Quel momento<br />

della vita, generalmente collocato<br />

nella stagione della<br />

prima giovinezza, in cui una<br />

futura personalità, non ancora<br />

delineata e affermata, rischia<br />

in prima persona per le<br />

sue nascenti idee e convinzioni.<br />

È la tipica stagione d’esordio,<br />

destinata poi a imprimersi<br />

indelebilmente nella<br />

memoria di chi vi è passato:<br />

l’occasione in cui la scelta<br />

fondamentale di una vita viene<br />

fatta, il destino segnato;<br />

momenti che, benché magari<br />

scomodi o drammatici, verranno<br />

poi sempre ricordati<br />

con affetto e rimpianto da chi<br />

li ha vissuti.<br />

Qualcosa di simile ci attira alla<br />

lettura di un lontano diario,<br />

scritto da Carlo Azeglio<br />

Ciampi, futuro ministro e presidente<br />

della Repubblica, allora<br />

più o meno ventenne.<br />

Siamo nel marzo del 1944,<br />

qualche mese dopo la smobilitazione<br />

dell’8 settembre. La<br />

linea Gustav attraversa l’Abruzzo<br />

e taglia l’Italia in due: il<br />

nord è occupato dai tedeschi,<br />

il sud già liberato dagli alleati.<br />

Divisione, agli occhi degli antifascisti,<br />

non solo politica e<br />

militare ma anche psicologica:<br />

varcarla, raggiungere la<br />

parte sotto il controllo angloamericano,<br />

equivaleva al riscatto<br />

personale, da inquadrare<br />

in quello collettivo di<br />

un’Italia semidistrutta.<br />

Questo è il contesto in cui si<br />

decide la fuga, o meglio la<br />

marcia verso la libertà, del<br />

sottotenente Carlo Azeglio<br />

Ciampi. Bisognava varcare,<br />

rischiando di essere scoperti<br />

dai soldati tedeschi e fucilati,<br />

il massiccio della Maiella.<br />

Bisognava soprattutto prendere<br />

la decisione di rompere i<br />

condizionamenti mentali del<br />

ventennio e rischiare tutto per<br />

qualcosa di estremamente<br />

indefinito e ipotetico.<br />

Il giovane Ciampi accetta la<br />

scommessa, e descrive l’esperienza<br />

di quei giorni in un<br />

diario: ora quelle pagine lontane<br />

riemergono, pubblicate<br />

in un “libro della memoria”, a<br />

cura del liceo Fermi di<br />

Sulmona.<br />

Tutto comincia a Livorno, dove<br />

il sottotenente Ciampi nel<br />

pomeriggio dell’8 settembre<br />

si trova in licenza. Raggiunge<br />

Roma, trovandola sotto l’occupazione<br />

tedesca: ecco allora<br />

la decisione di varcare la linea<br />

Gustav raggiungendo le<br />

truppe alleate. Ciampi e il suo<br />

compagno d’avventura, Beniamino<br />

Sadun, si rifugiano in<br />

un primo tempo a Scanno,<br />

dove si nascondono in una<br />

soffitta per non essere scoperti<br />

dai tedeschi. Vivono così,<br />

protetti da una famiglia<br />

amica, per parecchi mesi: cucinando,<br />

leggendo, giocando<br />

a carte, dormendo. A Scanno<br />

Ciampi incontra il filosofo<br />

Guido Calogero, di cui era<br />

stato allievo alla Normale di<br />

Pisa, e che adesso si trova là<br />

come confinato politico.<br />

Trascorre qualche tempo discutendo<br />

affettuosamente<br />

con lui, mentre altri uomini in<br />

fuga vanno ingrossando il<br />

drappello di coloro che hanno<br />

intenzione di passare la linea<br />

Gustav. I tempi intanto si fanno<br />

più stretti, la presenza e il<br />

controllo <strong>dei</strong> tedeschi sulle<br />

montagne abruzzesi si vanno<br />

rafforzando, i controlli sono<br />

sempre più minuziosi e feroci.<br />

Il 24 marzo 1944, finalmente,<br />

la partenza: in una sessantina<br />

si mettono in marcia, quasi<br />

subito accolti da una tormenta,<br />

fermandosi per aspettare<br />

i più deboli e anziani, con<br />

la paura di essere scoperti<br />

dalle truppe tedesche, distanti<br />

soltanto un chilometro.<br />

Ora per ora, il diario del giovane<br />

sottotenente racconta le<br />

esperienze, le incertezze, le<br />

disavventure della traversata,<br />

fino all’arrivo presso il comando<br />

inglese. Dove molti<br />

degli italiani, e fra essi lo stesso<br />

Ciampi, sono classificati<br />

come “definitely suspect”,<br />

estremamente sospetti d’essere<br />

spie fasciste.<br />

È interessante notare, rileggendo<br />

quelle pagine di diario,<br />

come il giovane antifascista<br />

accetti con filosofia la sua<br />

scomoda situazione, e nello<br />

stesso tempo continui a seguire<br />

con passione gli sviluppi<br />

della situazione politica a<br />

Roma: il 22 aprile riporta per<br />

intero sul suo diario la composizione<br />

ministeriale del governo<br />

Badoglio, la correda di<br />

un commento sulla situazione<br />

politica generale, mescolando<br />

al tutto le impressioni di<br />

vita vissuta fra i rifugiati antifascisti<br />

e le truppe inglesi.<br />

Non pagine di eroismo, dunque;<br />

piuttosto la testimonianza<br />

di quella resistenza morale<br />

che formò una parte, la migliore,<br />

della futura classe dirigente<br />

italiana. Qui c’è dunque<br />

il “nucleo eroico” di Carlo<br />

Azeglio Ciampi, che avrebbe<br />

influenzato tante sue scelte<br />

successive, compresa quella<br />

patriottica di oggi. E che spiega<br />

il senso di una lettera significativa<br />

indirizzata molti anni<br />

più tardi a uno <strong>dei</strong> compagni<br />

di quella avventura: “Come<br />

vuoi che non ricordi quella<br />

notte fra il 23 e il 24 marzo del<br />

1944 Sono passati trentacinque<br />

anni e quel periodo resta<br />

fra i più intensi, i più degni<br />

di essere stati vissuti”.<br />

Liceo Scientifico Statale<br />

di Sulmona<br />

Il sentiero della libertà,<br />

Un libro della memoria con<br />

Carlo Azeglio Ciampi,<br />

Laterza,<br />

pagine 137, euro 10<br />

Gianfranco<br />

Bettetini<br />

Capirsi<br />

e sentirsi uguali<br />

di Vito Soavi<br />

Agli inizi del secolo scorso<br />

mio zio Michele, giovanotto di<br />

belle speranze, si imbarcò<br />

per le Americhe in cerca di<br />

fortuna. Giunto a New York,<br />

senza la prospettiva di un<br />

qualsiasi lavoro ed all’oscuro<br />

dell’idioma locale, si mise al<br />

crocevia di una strada molto<br />

trafficata interpellando i passanti<br />

con questa battuta: “ah,<br />

figlio di buona donna”. Dopo<br />

tanti appelli lanciati a vuoto,<br />

finalmente uno gli chiese:<br />

“che hai detto” e lui pronto:<br />

“proprio te cercavo!!” Da quel<br />

tentativo di aggancio comunicativo<br />

nacque la sua fortuna.<br />

Sono passati cento anni ed il<br />

panorama di accoglienza degli<br />

emigrati è profondamente<br />

cambiato in tutto il mondo,<br />

nei termini e nei numeri, e<br />

con esso, a dismisura, sono<br />

mutati gli aspetti e le conseguenze<br />

pratiche del multiculturalismo.<br />

Ecco uscire, nella Collana<br />

Studi Bompiani, l’attualissimo<br />

libro di Gianfranco Bettetini,<br />

che, prendendo spunto dalla<br />

specifica ricerca promossa<br />

dall’Istituto Gemelli e Musatti,<br />

approfondisce l’argomento attraverso<br />

una disamina attenta<br />

e completa sulle strade da<br />

percorrere per consentire ai<br />

“nuovi entrati” di garantirsi la<br />

conservazione della propria<br />

singola identità, pur nel rispetto<br />

dell’inserimento in tradizioni<br />

e culture quasi sempre<br />

molto differenti. Traguardo<br />

non semplice da raggiungere<br />

perché prima bisogna rimuovere<br />

l’ostacolo <strong>dei</strong> pregiudizi<br />

che possono essere più marcati<br />

fra un’etnia e un’altra che<br />

nei confronti della popolazione<br />

ospitante.<br />

Quali sono gli ostacoli che si<br />

oppongono al raggiungimento<br />

di questo risultato<br />

Innanzitutto la constatazione<br />

che, affinché due individui<br />

che parlano lingue diverse<br />

riescano a comprendersi,<br />

non è sufficiente che traducano<br />

vicendevolmente il loro<br />

pensiero, perché sarebbe necessario,<br />

prima, eseguire un<br />

lavoro di “taratura” <strong>dei</strong> loro retroterra<br />

linguistici.<br />

Nel contempo la ricerca ha<br />

fatto anche emergere risvolti<br />

che debbono essere interpretati<br />

in un dibattito sociologico<br />

che coinvolge aspetti semiotici<br />

come la narrativa e la<br />

fiction, ove l’autore, “ giocando<br />

in casa” si riserva ampi<br />

spazi di appassionata analisi.<br />

E poi l’ambito esteso e complicato<br />

della dimensione<br />

pragmatica e di quella interpretativa,<br />

sia in prospettiva<br />

sociosemiotica, che secondo<br />

il punto di vista antropologico.<br />

Ed infine il ruolo dell’immaginario<br />

con le sue manifestazioni<br />

(cultura, mito, fiction).<br />

Il rapporto con la comunità di<br />

origine, l’impostazione della<br />

dimensione temporale, il contrasto<br />

fra assimilazione e<br />

marginalità, la consapevolezza<br />

della propria unicità, il riconoscimento,<br />

la valorizzazione<br />

della propria cultura, sono i<br />

temi scottanti che Bettetini ha<br />

proposto ed affrontato. Ora,<br />

conclude, è tempo di verifica,<br />

paziente e prudente, “senza<br />

aspettarci soluzioni folgoranti<br />

e risultati immediati”. E questo<br />

è il messaggio positivo<br />

che emerge dalla sua proposta.<br />

Gianfranco Bettetini,<br />

Capirsi e sentirsi uguali,<br />

Bompiani, Milano <strong>2003</strong>,<br />

pagine 216, euro 17<br />

Paolo Di Stefano<br />

Tutti contenti<br />

di Filippo Senatore<br />

La chiave di lettura di una<br />

narrazione, si dipana all’interno<br />

della memoria interna dello<br />

scrittore che rende coerente<br />

un assemblaggio di trame<br />

che si sviluppano come processo<br />

creativo. La realtà trascolora<br />

nell’invenzione, ma il<br />

lettore percepisce il contrario<br />

credendo fermamente in un<br />

qualcosa di veritiero, virtualmente<br />

sospeso sulle ali dell’immaginazione.<br />

Nel romanzo di Paolo Di<br />

Stefano, Tutti contenti, i personaggi<br />

sono di pura fantasia,<br />

ma calati in una realtà<br />

concreta di piccole storie del<br />

nostro tempo. L’autore li ha<br />

estratti come modelli da storie<br />

vere, ma ha elaborato l’intreccio<br />

e lo sviluppo della loro<br />

esistenza.<br />

Un tipografo, Nino Motta vive<br />

a Milano e soffre d’amnesia a<br />

causa di un trauma infantile.<br />

Verso i sessant’anni a causa<br />

della crisi degli affetti, abbandona<br />

moglie e figli per recarsi<br />

a Messina, luogo misterioso<br />

della fanciullezza per indagare<br />

e decifrare il proprio passato.<br />

Il protagonista assume il<br />

nome fittizio di Matteo Dolci e<br />

millanta di essere un giornalista.<br />

Così riesce ad indagare sul<br />

passato tra Messina, Avola e<br />

Taormina senza che sorgano<br />

sospetti sulla sua vera identità,<br />

ma qualcuno lo riconosce.<br />

Nino Motta ha pochi frammenti<br />

e brandelli di ricordi. Ha<br />

in mente con vaghezza la<br />

Casa del Fanciullo (denominato<br />

il Forte), il collegio per<br />

orfani e poveri in cui egli ha<br />

vissuto. Ricorda con ossessione<br />

un cappello, appeso<br />

nell’attesa di essere colto dal<br />

fantasma del padre americano,<br />

sempre immanente come<br />

una forza negativa che lo ha<br />

portato agli eccessi di violenza:<br />

una forza primordiale che<br />

permea l’atmosfera sulfurea<br />

etnea. Ricorda con angoscia<br />

l’attesa della madre, fragile<br />

ed adolescente che sale “alla<br />

Fortezza con il suo cappottino<br />

troppo stretto”. Spira il<br />

vento dell’abbandono e dell’assenza.<br />

Presso l’archivio comunale ricompone<br />

un quadro più nitido<br />

attraverso il Bollettino dell’orfanotrofio<br />

e la cronaca cittadina<br />

degli anni Cinquanta.<br />

Ritagli di giornali ed elenchi di<br />

telefono ricostruiscono e restituiscono<br />

l’orientamento<br />

perduto. I nomi sono le coordinate<br />

coerenti di un nuovo<br />

ordine del passato.<br />

Nino incontra gli ex compagni<br />

di collegio i quali raccontano,<br />

da angolatura diversa, le storie<br />

personali e soprattutto la<br />

sua vita. A volta è incredulo<br />

perché la storia intima che lo<br />

riguarda gli sembra estranea<br />

o forse inventata, ma poi dopo<br />

avere intrecciato ed incrociato<br />

le dichiarazioni convergenti<br />

e/o contrastanti <strong>dei</strong> testimoni,<br />

si rassegna ad indossare<br />

i nuovi panni sottratti<br />

alla dimenticanza.<br />

La sua mente elabora nuovi<br />

dettagliati ed inquietanti particolari.<br />

Vorrebbe svelare il gioco<br />

soprattutto quando subisce<br />

le insolenze più provocatorie,<br />

ma riesce a controllarsi<br />

per venire a capo di una matassa<br />

che si dipana come le<br />

reti <strong>dei</strong> pescatori del mare di<br />

Sicilia. Il mimetismo è la sua<br />

salvezza, fuori dal labirinto<br />

traumatico di uno stallo. Si lascia<br />

andare solo col suo ex<br />

compagno del cuore.<br />

Il protagonista cerca non solo<br />

di recuperare la memoria in<br />

un’età in cui in genere si perde,<br />

ma di elaborarla per ricostruire<br />

attraverso i particolari,<br />

il senso di un’esistenza.<br />

Paolo Di Stefano, senza cadere<br />

nel patetico e nel sentimentalismo,<br />

descrive la nostalgia<br />

per i luoghi e i tempi irrecuperabili.<br />

Ci troviamo di<br />

fronte ad una ricerca e ad<br />

una sintesi delle voci interiori<br />

di tutti i protagonisti, che diventano<br />

l’ossessione di una<br />

generazione.<br />

Il trauma maggiore di Nino è<br />

quello di non riconoscere i<br />

luoghi dell’infanzia irrimediabilmente<br />

cambiati.<br />

Di fronte ad una realtà secolare<br />

urbana, trasformatasi radicalmente<br />

con l’impetuosa<br />

modernizzazione degli ultimi<br />

anni, qualunque memoria ferrea<br />

impallidisce. Sembra un<br />

paradosso che lo smemorato<br />

riesca a destreggiarsi meglio<br />

facendo finte interviste e questionari<br />

scarni, senza perdere<br />

il controllo e frenando le<br />

emozioni. La perdita della<br />

memoria è il modo di prevenire<br />

i rimorsi o legarsi in ceppi<br />

per non essere inghiottito dai<br />

flutti sinuosi dell’inganno<br />

Le trasformazioni non sono<br />

solo interiori. Il fluire di una vita<br />

stravolta rinnega le pieghe<br />

più insidiose di una realtà banale<br />

e descrittiva.<br />

La narrazione a volte intreccia<br />

passato e presente che si<br />

distinguono dalla forma stilistica.<br />

Il linguaggio contemporaneo<br />

è più banale, semplificato e<br />

volgare; mentre quello del<br />

passato è pregnante di molteplicità<br />

linguistiche, espressioni<br />

dialettali multiformi e pittoresche.<br />

Il recupero della<br />

memoria si arricchisce di parole<br />

antiche, quasi a voler ricostruire<br />

la forma e gli oggetti<br />

<strong>dei</strong> ruderi del Forte. Evocare<br />

l’arcaico, travolto dalla modernità<br />

consumista come cultura<br />

fondante di una civiltà<br />

non più tralatizia, sepolta dall’oblio.<br />

Lo spartiacque ormai<br />

è segnato. Con la ricostruzione<br />

storica <strong>dei</strong> fatti, il protagonista<br />

si avvia a lasciare le<br />

spoglie di una storia dolente<br />

di morte. Il gioco svelato diventa<br />

catarsi.<br />

La fabulazione tenta di superare<br />

una realtà superficiale<br />

con un dialogo sempre più<br />

serrato tra i personaggi.<br />

Lascio al lettore la scoperta<br />

del trauma infantile da parte<br />

del protagonista.<br />

Questi dopo un travagliato<br />

processo di superamento, ritrova<br />

la voglia di vivere riscoprendo<br />

l’amore di una giovane<br />

compagna.<br />

La memoria è un vizio, un ingombro<br />

indesiderato che si<br />

vorrebbe annullare nell’illusione<br />

di adeguare ciò che si è<br />

stati a ciò che si è diventati.<br />

“In ogni mente umana, si sa,<br />

cose ricordate scompaiono e<br />

cose scomparse riaffiorano;<br />

cioè, sia nell’individuo sia nella<br />

collettività, memoria e dimenticanza<br />

si scambiano<br />

spesso i ruoli” (Maria Corti,<br />

La funzione della memoria).<br />

Di Stefano con questo magistrale<br />

romanzo ha riscattato<br />

la memoria dolente <strong>dei</strong> vinti.<br />

Paolo Di Stefano,<br />

Tutti contenti,<br />

Feltrinelli editore,<br />

pagine 376, euro 16<br />

26 ORDINE 12 <strong>2003</strong>


RIVELAZIONE<br />

Qualcuno sapeva, ma non fermò<br />

gli assassini di Walter Tobagi<br />

di Marco Volpati<br />

Walter Tobagi viene assassinato in una mattina<br />

di pioggia a pochi passi da casa sua, a<br />

Milano in via Salaino. Sta facendo la solita strada<br />

per raggiungere il garage dove ricovera la<br />

sua utilitaria. Sono quasi le 11 di mattina; si è<br />

svegliato tardi, perché la sera prima ha partecipato<br />

ad un dibattito su libertà di stampa e<br />

diritto di cronaca. Un dibattito che prendeva lo<br />

spunto dal caso di Fabio Isman, giornalista<br />

arrestato per aver ottenuto e pubblicato il<br />

memoriale di un terrorista pentito. Il clima in<br />

quel periodo è plumbeo, come il cielo di quel<br />

28 maggio. Sono passati due anni dal delitto<br />

Moro; Brigate Rosse e Prima Linea, le due<br />

sigle principali – ma non le uniche – del terrorismo<br />

rosso, continuano con i loro agguati<br />

mortali. Le cronache, a Milano, registrano<br />

quasi un morto alla settimana. Sono dirigenti<br />

di industria, magistrati, carabinieri e uomini<br />

della polizia; cadono in una guerra di imboscate<br />

a colpo sicuro (si spara sempre alle spalle),<br />

e messaggi ciclostilati fatti arrivare alle redazioni<br />

<strong>dei</strong> giornali. Anche i giornalisti sono nel<br />

mirino: a Torino Carlo Casalegno è stato ucciso,<br />

forse in un’azione che è andata al di là del<br />

piano prefissato. I giornalisti sono più spesso<br />

vittime delle “gambizzazioni”, un termine orrendo<br />

che vuol dire ferire alle gambe: un atto<br />

sanguinoso ma non mortale. È capitato a Indro<br />

Montanelli, Emilio Rossi,Vittorio Bruno, Nino<br />

Ferrero; anche, qualche settimana prima di<br />

quel 28 maggio, a Guido Passalacqua, un<br />

giornalista di sinistra che ha mostrato troppa<br />

attenzione e curiosità nel seguire le azioni del<br />

partito armato.<br />

Tobagi sa di essere in pericolo. Il suo nome,<br />

con altri, è stato trovato in un elenco di obiettivi.<br />

A soli 33 anni è un personaggio importante<br />

e scomodo: cattolico impegnato, simpatizzante<br />

del Psi, inviato di punta del Corriere della<br />

Sera, studioso di storia ed esperto di argomenti<br />

sociali e sindacali. È anche - e solo Dio<br />

sa come faccia a mettere d’accordo tutti i suoi<br />

impegni - presidente dell’Associazione lombarda<br />

<strong>dei</strong> giornalisti, il sindacato di categoria.<br />

Meno di due anni prima aveva fondato una<br />

corrente, Stampa Democratica, che aveva<br />

rotto i vecchi schemi e provocato aspre polemiche.<br />

Tobagi è un riformista. In quegli anni<br />

violenti la parola, a sinistra, suona assai male:<br />

tanti, e non solo i terroristi, considerano il riformismo<br />

come il nemico più insidioso, la negazione<br />

delle spinte rivoluzionarie che, partite dal<br />

‘68, sono ancora forti. Ci sono i movimenti che<br />

operano alla luce del sole (si chiamano extraparlamentari,<br />

più per l’assenza di rappresentanti<br />

a Montecitorio, che per il generico rifiuto<br />

della democrazia tradizionale). Ma contano<br />

anche i terroristi e i gruppi che li affiancano: la<br />

famosa acqua nella quale i pesci nuotano e<br />

prosperano.<br />

La pistola impugnata da Marco Barbone, un<br />

giovane della borghesia figlio di un dirigente<br />

editoriale, stronca quel mattino la vita di un<br />

leader della professione e del sindacalismo<br />

giornalistico, sposato e padre di due bimbi in<br />

tenera età. Chi lo ha condannato a morte<br />

Quali colpe ha commesso agli occhi di coloro<br />

Michela Dazzi<br />

Tener Angel<br />

di Vincenzo Ceppellini<br />

Non è una lettura, o meglio<br />

non solo, la fruizione di questo<br />

nuovo libro di poesia di<br />

Michela Dazzi, (Tener angel,<br />

dallo spagnolo, aver angelo,<br />

visione della vita che si può<br />

dire teologica), cento pagine<br />

di emozioni che non nascono<br />

da un’ambizione letteraria,<br />

ma da un atto di sofferta partecipazione<br />

e che richiedono<br />

ed offrono un altrettanto<br />

profondo atto di partecipazione.<br />

Protagonisti sono il dolore<br />

e la morte, la violenza e la<br />

guerra, la passione e il silenzio,<br />

derivati da un prelievo accurato<br />

e coraggioso dalla<br />

realtà. Le citazioni sono perciò<br />

squilli, urla, sussurri, sospiri.<br />

Sono sempre comunque<br />

citazioni di poesia, con la<br />

sintassi liberamente smontata<br />

e ricreata, le invenzioni figurative,<br />

le sintesi scintillanti,<br />

con il ritmo che crea un universo<br />

di suoni armonici e innovativi.<br />

Per far capire lo stile<br />

e il messaggio naturalmente<br />

è opportuno ricorrere agli<br />

esempi, per quanto possa<br />

concedere lo spazio. L’autrice<br />

dice ad un certo punto di volersi<br />

“confessare in poesia”.<br />

La sua poesia, che ricrea il<br />

linguaggio dal primo verso all’ultimo,<br />

ribadendo che il testo,<br />

più che letto, vuole essere vissuto,<br />

tanta è la tensione che<br />

lo ispira. Ci sono brani da recitare<br />

come preghiere, altri da<br />

urlare come proclami di battaglia.<br />

I capitoli sono sei (Africa,<br />

che sognano una rivoluzione comunista che<br />

parta da azioni esemplari, da esecuzioni a<br />

sangue freddo<br />

Nel testo della rivendicazione, un’analisi puntigliosa<br />

e dottrinaria delle tendenze in atto nel<br />

mondo dell’informazione dell’editoria, si<br />

condanna proprio il riformismo che cerca sintesi<br />

e mediazioni democratiche. Se quelli come<br />

Tobagi prevarranno, il rischio è che le masse<br />

rinuncino a prendere le armi e a seguire le<br />

avanguardie rivoluzionarie. Il documento di<br />

rivendicazione gronda dogmatismo ideologico,<br />

ma è anche ricco di informazioni di prima<br />

mano sul Corriere della Sera e sul mondo <strong>dei</strong><br />

giornali. Perciò saranno in molti a non credere<br />

che un gruppo di sei giovani assassini, dotati<br />

di un bagaglio culturale modesto, possano<br />

essere autori delle due cose, omicidio e volantino.<br />

Il processo – che porterà presto alla scarcerazione<br />

di Barbone e Morandini grazie al loro<br />

contributo all’arresto di decine di altri terroristi,<br />

giudicato importante – non ha mai chiarito<br />

questo punto. Per il volantino vengono indicate<br />

fonti che non reggono al riscontro testuale.<br />

Le testimonianze di un ex capitano<br />

<strong>dei</strong> carabinieri, raccolte e narrate<br />

dal collega Renzo Magosso, portano<br />

luce su due casi irrisolti: le carte<br />

di Moro trovate a Milano nel covo Br<br />

di via Monte Nevoso, e l’informativa<br />

che annunciava l’agguato<br />

mortale a Walter<br />

Sulla questione <strong>dei</strong> possibili mandanti si è<br />

molto scritto in questi anni. C’è chi ritiene che<br />

andrebbero ricercati in ambienti dello stesso<br />

giornalismo, o comunque dell’editoria, dove<br />

Tobagi era additato come un nemico da colpire.<br />

E c’è chi esclude di dover sfogliare l’”album<br />

di famiglia” della professione.<br />

Il retroterra politico della “Brigata 28 Marzo”<br />

non è l’unico mistero del caso Tobagi. C’è<br />

dell’altro, a partire da una nota informativa che<br />

segnalava per tempo che Barbone e il suo<br />

gruppo di giovani terroristi “in carriera” stava<br />

per sparare contro di lui. La nota giunse ai<br />

carabinieri di Milano, ma venne ignorata, sottovalutata,<br />

forse nascosta.<br />

A lungo si è negato che l’informazione confidenziale<br />

esistesse (e difatti nel processo non<br />

è mai entrata). Su di essa fa luce il libro Le<br />

carte di Moro, perché Tobagi edito da Franco<br />

Angeli e scritto a quattro mani da Roberto<br />

Arlati, ex capitano <strong>dei</strong> carabinieri che ebbe un<br />

ruolo importante nelle indagini sul terrorismo<br />

a Milano fino alla fine degli anni ‘70, e da<br />

Renzo Magosso, cronista in quegli stessi anni<br />

e oggi caporedattore ad Hachette-Rusconi. È<br />

una narrazione tutta avvenimenti; serrata<br />

come una giallo, e documentata come un<br />

verbale. Scenari, ipotesi o dietrologie non<br />

trovano posto nel testo. Chi legge può, se<br />

vorrà, trarre qualche conclusione da sé.<br />

Aiutato, magari, dall’ottima introduzione dello<br />

storico della politica Giorgio Galli, capace di<br />

illuminare in poche pagine i nessi tra cronache<br />

del terrorismo e sviluppi della politica e<br />

dell’economia in quegli anni.<br />

Tutto parte da Moro. Il rapimento in via Fani, i<br />

55 giorni di prigionia, l’intreccio mai dipanato<br />

delle carte trovate due volte, a distanza di<br />

parecchi anni, nel covo-archivio delle Br di via<br />

Monte Nevoso, a Milano, quartiere Lambrate,<br />

a ridosso della ferrovia. Fra i delitti di Moro e di<br />

Tobagi passano due anni. Nessuno li aveva<br />

collegati finora. Invece un rapporto c’è, molto<br />

particolare. Il libro lo rivela attraverso la memoria<br />

impeccabile del protagonista: il capitano<br />

Roberto Arlati.<br />

In quale lasciò l’Arma quasi 25 anni fa, poco<br />

prima che Tobagi venisse ucciso. Probabilmente<br />

– ma su questo il racconto non è esplicito<br />

– perché Arlati si era messo in cattiva luce<br />

con i suoi superiori proprio con l’operazione di<br />

via Monte Nevoso. E non perché avesse<br />

sbagliato qualcosa. Anzi: fu Arlati a scoprire<br />

l’appartamento dove le Br tenevano un archivio<br />

di una ricchezza e completezza maniacale,<br />

seguendo la difficile pista di un borsello<br />

perso a Firenze che conteneva una pistola e<br />

un mazzo di chiavi. Fu Arlati a individuare tra i<br />

frequentatori due pesci grossi delle Br, Lauro<br />

Azzolini e Nadia Mantovani. Il suo errore, per<br />

così dire, deve essere stato di non mandar giù<br />

che un suo superiore portasse via le carte di<br />

Moro appena scoperte, con la scusa di doverle<br />

fotocopiare, restituendole nel giro di qualche<br />

ora piuttosto alleggerite. Tutto, a quanto<br />

risulta, all’insaputa <strong>dei</strong> magistrati inquirenti. Da<br />

quel prelievo di carte – che si dice contenessero<br />

accuse gravi di Moro ai dirigenti Dc, e<br />

informazioni esplosive su vecchi e recenti<br />

segreti della Repubblica – partirà una stagione<br />

di sospetti, ricatti, indagini, processi e<br />

inchieste parlamentari che è ben lungi dall’essere<br />

conclusa.<br />

Dopo l’operazione di via Monte Nevoso, Arlati<br />

torna a svolgere il suo lavoro nell’Arma <strong>dei</strong><br />

carabinieri, a Milano. Il fronte di indagine è<br />

sempre quello caldo, il terrorismo.<br />

Organizza infiltrazioni di uomini dell’Arma negli<br />

ambienti che si sospetta fiancheggino i brigatisti.<br />

E ottiene alcuni successi. Tira su un brigadiere<br />

che agisce sotto copertura nel mondo<br />

dell’antagonismo. Uno capace di tenere una<br />

condotta da autentico sbandato.<br />

Il suo soprannome è Ciondolo. Senza farsi<br />

individuare procura informazioni preziose ad<br />

Arlati, che se ne avvale per neutralizzare<br />

Maternità, Gigli del campo,<br />

Mia sorella Lucy, Le ombre si<br />

allungano, Angeli) e sono ambientati<br />

in aree diverse e imprevedibili<br />

in rapporto a evocazione<br />

di paesi, di popoli, di<br />

momenti di vita, di situazioni<br />

morali o civili; sempre con una<br />

grande forza di penetrazione<br />

nell’animo del lettore. Può incuriosire<br />

la citazione del Tumbun<br />

di San Marco, a pochi<br />

passi dalla redazione del<br />

Corriere (“appena tace la notte<br />

/ le rotative traducono parole<br />

di uomini / una mansarda di<br />

sogni e di travi / appoggiata<br />

sulla nebbia di questi anni<br />

Sessanta / parole dimenticate<br />

accanto al bicchiere / parole<br />

d’inchiostro malato”).<br />

Senz’altro commuove la condizione<br />

dell’Eritrea, già celebrata<br />

in un libro precedente<br />

(Nezelà, 1998), inevitabilmente<br />

coinvolge il ricordo della<br />

prima pagina: “Ricordo appena<br />

/ ma era ieri / il bianco<br />

pagliaccio / disegna col sangue<br />

/ i confini della grande avventura<br />

/ nella terra di Cam /<br />

Una pioggia sottile di morte /<br />

brandelli di carne / liquido seminale<br />

/ epidemia di violenza.<br />

/ Io come te / bellezza di bambine<br />

/ le domande dell’infanzia<br />

/ e i giochi degli adulti /. Ho<br />

portato nella vita il mio disagio<br />

/ indossando il silenzio della<br />

paura / come non avere il diritto<br />

di sapere / oppure quelle<br />

mani ruvide sulla mia pelle /<br />

La rappresentazione di un infamia<br />

/ mi aspettava languida<br />

come tu sei. Un altro brano<br />

gioiello: “Mi porto sempre appresso<br />

il tuo sorriso / ci sono<br />

cose sai, cose dell’anima /<br />

che nessuna violenza potrà<br />

mai cancellare / guardando<br />

con gli occhi dell’anima vedrai<br />

anche tu / nascosto bene da<br />

quell’uragano che è la vita / il<br />

cielo infinitamente bello dell’amore”.<br />

Su un altro registro:<br />

“Un mondo di affamati che<br />

devono rubare / con giornali<br />

stampati a pagine economiche<br />

/ e i volti <strong>dei</strong> morti mischiati<br />

a quelli degli assassini<br />

/ i titoli neri della partita dare<br />

avere”.<br />

L’esplorazione continua nel<br />

bagno turco: “Quando sono<br />

nel bagno turco vedo il paradiso<br />

/ accade sotto l’occhio vigile<br />

della lampadina / angeli<br />

nudi offrono la loro anima alla<br />

grazia <strong>dei</strong> vapori… La lampadina<br />

del bagno turco / ha uno<br />

sguardo benevolo / che solleva<br />

dal peso del corpo”. Un altro<br />

ambiente: “Ai miei fratelli di<br />

San Vittore a memoria di un<br />

alcuni gruppi armati. Finché viene a sapere<br />

che una bada di “aspiranti brigatisti” ha nel<br />

mirino Walter Tobagi. Ciondolo conosce<br />

anche i loro nomi, a partire dal capo, Marco<br />

Barbone. Vorrebbe trasmettere la notizia al<br />

capitano Arlati, ma non può. Il suo superiore,<br />

che lo ha gestito e guidato per mesi, ha<br />

lasciato l’Arma. Ha la carriera bloccata (forse,<br />

ma il libro non lo dice, perché nel caso di via<br />

Monte Nevoso ha cercato di impedire che le<br />

carte di Moro uscissero, e adesso sa qualche<br />

cosa di troppo). In ogni modo Ciondolo non<br />

riesce più a trovare qualcuno che lo stia a<br />

sentire. Redige la sua informativa, anonima<br />

come è la prassi, ma tutto finisce in qualche<br />

cassetto. Quando si sa dell’attentato a Tobagi,<br />

Ciondolo rischia di impazzire. Si mette a<br />

rapporto con i superiori, ma non ottiene i<br />

colloqui richiesti. Gli arriva invece il trasferimento<br />

ad altri incarichi: il nucleo del Palazzo<br />

di Giustizia, poi una sperduta stazioncina ai<br />

confini con la Svizzera, poi Vicenza. Tutto fa<br />

pensare che l’informativa, rimasta inutilizzata,<br />

debba rimanere segreta. Per non dover<br />

ammettere di aver mancato di salvare l’inviato<br />

del Corriere della Sera.<br />

Infatti per i magistrati Spataro e Pomarici che<br />

hanno indagato sul delitto Tobagi l’informativa<br />

proprio non esiste (probabilmente chi la conosce<br />

nega di averla mai vista). Più tardi, nel<br />

1983, dopo che Craxi e l’Avanti! ne hanno<br />

parlato, arriva la conferma da Oscar Luigi Scalfaro,<br />

ministro degli Interni. Esiste, dice Scalfaro.<br />

E aggiunge che i carabinieri, in quanto<br />

corpo di polizia giudiziaria, avrebbero dovuto<br />

portarla a conoscenza della magistratura.<br />

Intanto però il processo è chiuso. La versione<br />

sull’informativa è cambiata: era arrivata, sì; ma<br />

tanto generica da confondersi con decine e<br />

decine di segnalazioni degli informatori su<br />

possibili atti di terrorismo.<br />

Come dire: forse l’errore c’è stato, ma era<br />

quasi impossibile non sbagliare.<br />

Qui il libro si ferma. Non trae conclusioni. Il<br />

lettore più attento troverà comunque una<br />

traccia, un inciso nel mezzo del racconto.<br />

Quando si ricorda che molti ufficiali <strong>dei</strong> carabinieri,<br />

proprio in quegli anni, sono affiliati<br />

alla loggia massonica P2. E si osserva che<br />

«Tobagi, come presidente del sindacato<br />

lombardo <strong>dei</strong> giornalisti e per di più giornalista<br />

di punta del Corriere della Sera, rappresenta<br />

un ostacolo politicamente rilevante»<br />

proprio per la P2 che tramite Calvi e l’amministratore<br />

delegato Tassan Din, ha ormai le<br />

mani sul Corriere.<br />

Comunque lo si voglia interpretare, questo<br />

libro è un’opera di giornalismo autentico. Frutto<br />

della cocciutaggine di un cronista che non<br />

smette di indagare dopo più di 20 anni, e<br />

degli scrupoli di due vecchi servitori dello<br />

Stato. Ciondolo, che come il suo capitano<br />

Arlati vive e lavora lontano dall’Italia, ha<br />

confessato a Magosso: «Mi sento in qualche<br />

modo responsabile dell’assassinio di Walter<br />

Tobagi». Chissà se qualcun altro avrà la forza<br />

di fare come lui.<br />

Roberto Arlati e Renzo Magosso,<br />

Le carte di Moro, perché Tobagi,<br />

Franco Angeli,<br />

pagine 160, euro 12<br />

ragazzo / nato nella notte di<br />

San Lorenzo / in un bombardamento<br />

che ha cancellato<br />

ogni stella / fatto uomo nel segno<br />

dell’ingiustizia / portatore<br />

di anima nel girone delle infamie<br />

/ capace quindi di vedere<br />

/ l’ottuso quadrato del mondo<br />

/ tra un’occupazione e l ‘altra<br />

tra una manetta e l’altra / passando<br />

di cella in cella fino a<br />

diventare morto / fantasma<br />

oppure anima / scomparso<br />

nel Manicomio Criminale di<br />

Aversa / tra le bianche pieghe<br />

di una camicia di forza / e finalmente<br />

libero / per sempre<br />

sarà con tutti noi / nella gioia<br />

di sapere che esiste un luogo<br />

dell’anima / dove nessuno<br />

mai potrà mai rinchiuderci”.<br />

Con questo auspicio si può<br />

lasciare il lettore a continuare<br />

la ricerca e la raccolta <strong>dei</strong><br />

molti gioielli d’ispirazione disseminati<br />

nel libro.<br />

Michela Dazzi,<br />

Tener Angel,<br />

Editrice Berti,<br />

pagine 107, euro 10<br />

ORDINE 12 <strong>2003</strong> ORDINE 12 <strong>2003</strong> 27


LA LIBRERIA DI TABLOID<br />

LIBRI<br />

IN REDAZIONE<br />

Diego Verdegiglio<br />

La Tv di Mussolini<br />

(Sperimentazioni televisive<br />

del Ventennio fascista)<br />

di Emilio Pozzi<br />

Il Ventennio con lettera iniziale<br />

maiuscola e una quarta di<br />

copertina che precisa “il grande<br />

fratello del DUCE”. È proprio<br />

vero che i titoli <strong>dei</strong> libri e le<br />

frasi stampate dall’editore per<br />

attirare lettori, possono funzionare<br />

come specchietti per<br />

le allodole, a seconda di come<br />

si pensi che tiri il vento.<br />

E poi, a parte qualche forzatura,<br />

ad uso di allodole nostalgiche,<br />

ci si accorge che il testo<br />

di Verdegiglio, che ha al<br />

suo attivo qualche volume<br />

(che non conosco ma che mi<br />

attira per gli argomenti proposti<br />

e, almeno nei titoli, suggestivi)<br />

va preso in considerazione<br />

per abbondanza di materiali<br />

di documentazione,<br />

raccolti in quattro anni di lavoro,<br />

anche se qualche riserva<br />

non può essere taciuta.<br />

In quasi cinquecento pagine,<br />

l’autore si prefigge di raccontare<br />

gli esordi della TV attraverso<br />

‘gli esperimenti che<br />

l’Eiar effettuò a Roma, Milano<br />

e Torino tra il 1939 e il 1940’.<br />

Verdegiglio ricorda artisti, presentatori,<br />

trasmissione di film,<br />

interviste sportive in studio,<br />

sketch, commediole, canzoni,<br />

imitatori, balletti e concerti. E<br />

l’apporto delle grandi aziende<br />

elettroniche italiane e straniere<br />

che intuirono l’importanza<br />

del mezzo.<br />

Per eliminare il dubbio che<br />

quanto scriverò sia viziato da<br />

pregiudizi ideologici, elenco<br />

tre buoni motivi di indulgenza<br />

da parte mia: penso di dover<br />

attribuire alle fantasie del<br />

marketing editoriale la caratterizzazione<br />

enfatica di presentazione<br />

del volume che mi<br />

ha infastidito; le inesattezze<br />

su luoghi e persone, sono da<br />

attribuirsi alla cattiva memoria<br />

di alcuni intervistati, raggiunti<br />

frettolosamente per telefono<br />

dall’autore che ha preso per<br />

buone le loro risposte; il fatto<br />

che l’autore stesso, concluda<br />

la nota di apertura chiedendo<br />

ai lettori di ‘voler segnalare errori<br />

od omissioni che dovessero<br />

trovare nel testo’. A questo<br />

punto però, poiché temo<br />

fortemente che questo volume,<br />

in mancanza di altri testi<br />

in argomento, entri acriticamente<br />

nelle bibliografie su radio<br />

e tv, ritengo opportuno offrire<br />

qualche considerazione,<br />

sperando che possano essere<br />

utili ‘istruzioni per l’uso’.<br />

L’impianto del libro, scorrendo<br />

l’indice, appare corretto, sulla<br />

base delle metodologie che<br />

contraddistinguono anche le<br />

buone tesi di laurea. Poi però<br />

una attenta lettura pone il lettore<br />

di fronte a qualche dubbio:<br />

perché due cronologie<br />

La prima comincia a pagina<br />

14 con notizie del 1846 e prosegue<br />

fino a pagina 38, citando<br />

nomi e fatti, in un arco di<br />

tempo che si ferma al 1945.<br />

La seconda, analoga, ma più<br />

diffusa, occupa 77 pagine<br />

contro le 24 della prima partecomincia<br />

con un avvenimento<br />

del 1817 e termina anch’essa<br />

nel 1945. Se il marketing, come<br />

sospetto l’ha fatta da padrone<br />

per i titoli, qui, latita l’editing,<br />

creando al lettore una<br />

faticosa operazione di rimandi.<br />

A questa prima domanda<br />

critica aggiungo altre annotazioni.<br />

Il secondo capitolo, intitolato<br />

‘La Tv, il Fascismo e la guerra’<br />

è composto da un centinaio di<br />

pagine nelle quali, collegate<br />

fra loro da poche righe di testo,<br />

si succedono lunghissimi<br />

brani di altri autori. Qui Verdegiglio<br />

si esercita nel collazionare,<br />

come un ottimo topo<br />

di biblioteca, pareri autorevoli<br />

di specialisti : una densa antologia<br />

che allinea il meglio di<br />

quanto si è già letto in questi<br />

anni sull’argomento.<br />

Saccheggiatissimi Guido<br />

Guarda, Aldo Grasso, Gianni<br />

Isola e Peppino Ortoleva, in<br />

particolare. Il capitolo si conclude<br />

con otto pagine di un<br />

memoriale di un fascista ‘epurato’<br />

supportato da testimonianze,<br />

a difesa, di colleghi e<br />

amici. Anche il terzo capitolo<br />

dedicato ai programmi della<br />

Tv Eiar a Roma, Milano e<br />

Torino segue lo stesso schema:<br />

citazioni su citazioni.<br />

L’autore riferisce, ma non si<br />

esprime.<br />

E non verifica come si usa<br />

nel buon giornalismo, confrontando<br />

più fonti, soprattutto<br />

quando le testimonianze si<br />

riferiscono a memorie infantili.<br />

Prendiamo un caso: la sede<br />

dell’Eiar in periodo repubblichino.<br />

Un intervistato parla,<br />

rispondendo a una domanda<br />

precisa di “un istituto<br />

in disuso, fuori Porta Vigentina”.<br />

Va precisato che<br />

quell’edificio era una scuola,<br />

requisita, e sul tetto erano rimasti<br />

i segnali di Croce rossa<br />

che venivano usati per indicare<br />

ospedali e scuole, ad<br />

uso <strong>dei</strong> bombardieri. Dice<br />

ancora il testimone: Le voci<br />

<strong>dei</strong> conduttori erano imponenti.<br />

“qui Radio Tevere”, la<br />

voce di Roma Libera.<br />

Facevano <strong>dei</strong> programmi con<br />

una formula modernissima<br />

che sarebbe stata ripresa<br />

dopo molti anni da Radio<br />

Montecarlo: tantissima musica<br />

(incredibilmente passava<br />

anche tanto jazz… Era un<br />

modo di fare radio che catturava<br />

noi giovani”. Tutto vero,<br />

tranne il fatto che Radio<br />

Tevere, sotto controllo <strong>dei</strong> tedeschi,<br />

trasmetteva da<br />

Milano in via Rovani, in pieno<br />

centro da dove andavano in<br />

onda le trasmissioni in tedesco<br />

per la Wehrmacht<br />

(Soldatensender), mentre il<br />

Radiogiornale era trasmesso<br />

da corso Sempione 25 (prima<br />

sede del Gruppo rionale<br />

fascista Crespi e ore sede<br />

della Guardia di Finanza) accanto<br />

al palazzo di corso<br />

Sempione 27 di Giò Ponti,<br />

già costruito ma non agibile<br />

perché privo di impianti tecnici.<br />

E una delle voci ‘profonde’<br />

era quella dell’attore Carlo<br />

D’angelo, poi processato, dopo<br />

la Liberazione e condannato,<br />

in prima istanza a dieci<br />

anni di carcere. Scarcerato<br />

dopo qualche anno, divenne<br />

uno degli attori più interessanti<br />

delle scene di prosa.<br />

Le trasmissioni radiofoniche<br />

venivano dunque diffuse da<br />

tre punti della città, particolare<br />

non trascurabile.<br />

Le imprecisioni portano poi a<br />

interpretazioni di parte, assolutamente<br />

gratuite. E qui mi riferisco<br />

ad una recensione del<br />

volume, a firma di Luca<br />

Telese apparsa sul quotidiano<br />

Il Giornale il 12 settembre<br />

scorso. L’estensore dell’articolo,<br />

ad esempio ha preso in<br />

considerazione alcune frasi riportate<br />

nel risvolto di copertina<br />

del libro (“molti pensano,<br />

infatti, che la televisione italiana<br />

sia nata con la Rai agli inizi<br />

degli anni Cinquanta”). Dando<br />

per buona questa ‘vulgata’<br />

prende lo spunto per affermare<br />

che “questo libro è senz’altro<br />

materia per gli storici, per<br />

gli appassionati, forse perfino<br />

per i nostalgici…”<br />

Indubbiamente gli storici dovrebbero<br />

leggerlo per dare<br />

qualche suggerimento all’autore<br />

sulle metodologie, ricordandogli<br />

che ‘un documento<br />

non è un monumento’ soprattutto<br />

se non viene collocato in<br />

un contesto.<br />

Diego Verdegiglio,<br />

La tv di Mussolini<br />

(Sperimentazioni<br />

televisive<br />

nel Ventennio fascista),<br />

Cooper- Castelvecchi-<br />

Roma <strong>2003</strong>,<br />

pagine 495, euro 20<br />

Antonella Pamploni Scarpa e Maria Gisella Conca,<br />

Miglioramento innovazione e benchmarking, come<br />

aumentare la competitività dell’impresa, Il Sole 24 Ore,<br />

pagine 184, euro 29,00<br />

Robert Alberti e Michael Emmons, Essere assertivi,<br />

come imparare a farsi rispettare senza prevaricare gli<br />

altri, Il Sole 24 Ore, pagine 258, euro 14,00<br />

Renato Di Lorenzo, Guadagnare in borsa con l’analisi<br />

tecnica, Il Sole 24 Ore, pagine 274,<br />

euro 17,56<br />

Luigi Vannini e Mario Vinzia, Manuale del Credit<br />

Manager, Il Sole 24 Ore, pagine 519,<br />

euro 55,00<br />

Michael R. Tyran, Gli indici aziendali, 400 numeri chiave<br />

per gestire il business, Il Sole 24 Ore,<br />

pagine 413, euro 17,95<br />

Riccardo, Maria Ludovica e Luca Vardelli, Fai di te un<br />

leader, come decidere la propria strada verso il successo<br />

e raggiungerlo, Il Sole 24 Ore, pagine 174, euro 11,00<br />

Hubert Jaoui, Tutti innovatori, strumenti e processi<br />

creativi per le imprese, Il Sole 24 Ore, pagine 187, euro<br />

24,00<br />

Giorgio Merli e Angelo Crippa, Business on demand, il<br />

prossimo paradigma, Il Sole 24 Ore, pagine 180, euro<br />

24,00<br />

Mauro Pecchenino e Felice Bonalumi, Scrivere e<br />

comunicare in azienda, Il Sole 24 Ore, pagine 132,<br />

euro 17,99<br />

Mauro Pecchenino, Organizzare gli eventi, come gestire<br />

convegni, manifestazioni, feste per la comunicazione<br />

d’impresa, Il Sole 24 Ore, pagine 102, euro 17,99<br />

Marco Bettini, Color sangue, Rizzoli, pagine 337, euro<br />

16,50<br />

Mattia Corsetto, I finanziamenti per la ricerca, Il Sole<br />

24 Ore, pagine 342, euro 40,00<br />

Antonio Rossano, Mi lagnerò tacendo, rumori e follie<br />

del giornalismo-verità, Levante editori,<br />

pagine 102, euro 10,00<br />

Maria Giulia Ferrario Landone, La mia vita con<br />

Antonio, Il Guado, pagine 68, euro s.p.<br />

Walter Giorgio Scott, Mauro Murtula, Maurizio Stecco,<br />

Manuale di Management, strategie modelli e risorse<br />

dell’impresa nell’economia digitale, Il Sole 24 Ore, pagine<br />

1390, euro 79,00<br />

Autori vari, Imprenditori eccellenti, I protagonisti dell’economia<br />

italiana raccontano se stessi, la cultura delle<br />

loro imprese, le ragioni del successo, Il Sole 24 Ore,<br />

pagine 228, euro 24,00<br />

Liliana de Curtis<br />

con Matilde Amorosi<br />

Totò femmene e malafemmene<br />

di Emilio Pozzi<br />

Credevamo fosse stato detto<br />

tutto su Totò: uomo, artista,<br />

maschera. Celebrato anche<br />

da chi, in un primo tempo,<br />

non lo aveva capito, fino in<br />

fondo, dandogli soltanto la dimensione<br />

di attore popolare,<br />

di macchietta. Nossignori,<br />

molti sono stati i ‘pentiti’ e più<br />

non l’avevano apprezzato,<br />

più hanno voluto riservargli,<br />

in ritardo, lodi e aggettivi a<br />

profusione.<br />

Ora, ad aggiungere altri elementi<br />

conosciuti magari in<br />

superficie, a livello di battute<br />

frivole e di ammiccamenti<br />

maliziosi su un aspetto di<br />

Totò, quello di ‘sciupafemmine’,<br />

ecco un libro della figlia<br />

Liliana scritto con la giornalista<br />

Matilde Amorosi (che<br />

ama essere considerata una<br />

‘totologa’ e che è già stata a<br />

fianco di Liliana per altri due<br />

volumi) che tratta con grande<br />

sincerità l’amore di Totò per<br />

l’universo femminile.<br />

Nell’introduzione, Liliana De<br />

Curtis confessa di essere<br />

stata sconcertata quando le<br />

fu proposto di toccare questo<br />

tema. “Una prospettiva che in<br />

un certo senso mi spaventava,<br />

nel dubbio che rivelare il<br />

lato più privato della sua personalità<br />

potesse essere imbarazzante<br />

o comunque difficile”.<br />

Abbandonati falsi pudori e<br />

perplessità, in oltre duecento<br />

pagine, vengono raccontati<br />

tutti gli amori di Totò, grandi e<br />

piccoli, leciti e illeciti: femmene<br />

e malafemmene. E spiega:<br />

“A qualcuno potrà sembrare<br />

strano e persino irriverente<br />

che sia io sua figlia, a rivelare<br />

i segreti più intimi di<br />

Totò, ma in casa de Curtis<br />

siamo tutti un po’ folli e mi piace<br />

corre questo rischio”.<br />

Superati, da lettori, le ritrosie<br />

a addentrarci nella sfera più<br />

privata di un personaggio<br />

(del resto il primo passo l’aveva<br />

compiuto la figlia, che diamine),<br />

ci si rende conto che<br />

in effetti il racconto aiuta a capire<br />

Totò, la sua natura sincera<br />

e l’irrefrenabile e sano<br />

amore per la donna (‘a femmena<br />

è ’na cosa troppo bella…<br />

è stato nu’ lavoro e ‘fantasia….<br />

è stata ‘na magnifica<br />

trovata).<br />

Il libro si snoda attraverso diverse<br />

chiavi: qualche volta a<br />

parlare è lo stesso Totò, qualche<br />

altra la figlia Liliana, in altri<br />

momenti subentra, cronisticamente,<br />

Matilde Amorosi;<br />

si passa da episodi noti declinando<br />

virtù e vizi di molti personaggi,<br />

(Anna Magnani è<br />

particolarmente presa di mira,<br />

ma si parla anche di<br />

Silvana Pampanini, di Ingrid<br />

Bergman, di Delia Scala) all’interpolazione<br />

di brevi citazioni,<br />

tratte da poesie o battute<br />

di film che, nel contesto acquisiscono<br />

nuova luce e significato.<br />

Il filo è molto tenue<br />

e cambia anche di colore; ne<br />

esce un manualetto sul come<br />

si può amare, sui molti significati<br />

di un sentimento che, al<br />

di la della passione e dell’erotismo,<br />

si nobilita, svelando tenerezze<br />

impreviste. C’è amore<br />

e amore, si sa e una nicchia<br />

non contaminata accoglie,<br />

tra luci e ombre di un<br />

rapporto non sempre facile,<br />

la storia che ha come protagonisti<br />

Antonio De Curtis e la<br />

madre Anna Clemente, una<br />

presenza fondamentale, comunque.<br />

Anche la vicenda di Liliana<br />

Castagnola, suicida per amore<br />

di Totò, è qui rievocata con<br />

un arbitrio narrativo originale<br />

(è lui stesso, a parlarne, in<br />

prima persona, come in un<br />

diario intimo, ma la scrittura è<br />

della figlia Liliana che ha ricostruito<br />

ogni particolare attraverso<br />

le sue confessioni alla<br />

moglie Diana e a lei stessa).<br />

Ci sono alcune altre pagine<br />

che, meriterebbero di essere<br />

sviluppate: in particolare i ritrattini<br />

di alcune figure come<br />

quelle di Armanda, Vincenza,<br />

Colombina, Maria, la ‘mamma<br />

<strong>dei</strong> cani’, la vedova esosa,<br />

la mamma infelice.<br />

E in alcune storie, la sincerità<br />

è spinta all’estremo, crudezza<br />

quasi crudele, come<br />

quando fu attratto da una giovane<br />

violoncellista, bellissima,<br />

con grandi occhi celesti,<br />

ma che aveva un piccolo difetto<br />

fisico (zoppicava leggermente).<br />

Sguardi inequivocabili,<br />

bigliettini, appuntamento.<br />

Approcci erotici, frenati da<br />

una confessione: la ragazza<br />

aveva una gamba di legno. E<br />

qui subentra il racconto di<br />

una notte d’amore che ha come<br />

sfondo, non l’imbarazzo<br />

di una situazione per lo meno<br />

grottesca, bensì un tocco di<br />

grande umanità. Su questo<br />

lato del carattere e sulla sua<br />

generosità mentale e concreta,<br />

il libro elenca molti episodi,<br />

indubbiamente meno imbarazzanti.<br />

Il volume si conclude con<br />

molte testimonianze di ammiratrici,<br />

appassionate lettere<br />

d’ammirazione e d’amore,<br />

per lo più. Come in sostanza<br />

un atto d’amore, di una figlia<br />

verso un padre celebre e<br />

‘iperprotettivo’, che fa conoscere<br />

un altro Totò, è tutto il libro<br />

E alla fine, stampata con<br />

caratteri più grandi, una sua<br />

frase sulla quale non si può<br />

non concordare: “SONO VI-<br />

VO, VIVISSIMO, STRAVI-<br />

VO!”<br />

Liliana de Curtis con<br />

Matilde Amorosi,<br />

Totò, femmene<br />

e malafemmene,<br />

Rizzoli, Milano <strong>2003</strong>,<br />

pagine 236, euro 12,50<br />

28 ORDINE 12 <strong>2003</strong>


DOSSIER<br />

Intrighi, retroscena e colpi di mano.<br />

Dietro le quinte della “150/2000”<br />

di Franz Foti<br />

Appare sarcastica e ironica l’impietosa<br />

rassegna di fatti e situazioni nelle quali è<br />

maturata la legge sulla comunicazione che<br />

avrebbe dovuto rivoluzionare il modo di<br />

essere della pubblica amministrazione. E<br />

intrighi, retroscena e colpi di mano per affossare<br />

questa legge, nata nel giugno del 2000,<br />

si susseguono, appunto, come nella trama<br />

<strong>dei</strong> gialli politici di marca nostrana. Sembra<br />

la tela di Penelope. Renzo Santelli e Vincenzo<br />

Perone, in questo volume, ne raccontano<br />

di cotte e di crude, talvolta rasentando l’inverosimile.<br />

In genere tutte le leggi aderiscono<br />

alla curvatura e alle deformazioni degli itinerari<br />

parlamentari. Colpi di scena, marce<br />

indietro, imboscate procedurali, agguati<br />

consumati a colpi di comma. Insomma, alla<br />

canna fumante della pistola <strong>dei</strong> gialli classici,<br />

si sostituisce il cupo inchiostro delle deformazioni<br />

del mondo politico parlamentare<br />

italiano, con appendici sindacali. Si potrebbe<br />

dire ingredienti classici, ormai logori. Invece<br />

si sta parlando di una legge che è destinata<br />

ad estendere i margini della democrazia e<br />

della partecipazione nel rapporto pubblica<br />

amministrazione-cittadini. Una legge che<br />

stabilisce tre strutture fondamentali nella<br />

nomenclatura della comunicazione pubblica:<br />

il portavoce, l’ufficio per le relazioni con il<br />

pubblico e l’ufficio stampa.<br />

MOBILITAZIONE POLITICA<br />

E CONFLITTI<br />

Per il varo di questa legge, una delle poche,<br />

si è vista un’alleanza quasi innaturale fra<br />

maggioranza, allora dì centrosinistra, e<br />

minoranza di centrodestra. Ci hanno messo<br />

le mani due ministri, Bassanini e Frattini, due<br />

sottosegretari, Minniti e Cananzi, Associazioni<br />

<strong>dei</strong> comunicatori, la Fnsi con Paolo<br />

Serventi Longhi, Lorenzo Del Boca presidente<br />

dell’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

Centrali sindacali confederali, la Corte <strong>dei</strong><br />

conti, e tante altre strutture. Si sono mobilitati<br />

i pezzi di artiglieria pesante delle forze politiche:<br />

Di Bisceglie, Giulietti, Alveti, La Loggia,<br />

Mancino, Parisi, Villone, Schifani. E quando i<br />

giochi sembravano già chiudersi, riesplodevano<br />

i colpi di mano che si consumavano<br />

dietro le quinte, nelle lobby di partito e,<br />

soprattutto, dentro i mille tentacoli dell’indomabile<br />

burocrazia dello stato e degli enti<br />

pubblici. Le tribune da cui venivano lanciati i<br />

messaggi “forti” o i cambiamenti di rotta<br />

erano soprattutto la Fiera di Bologna<br />

(Compa) e le commissioni parlamentari.<br />

Quando il carro delle decisioni parlamentari<br />

subiva frenate brusche, i giornalisti impegnati<br />

negli uffici stampa ricorrevano agli appuntamenti<br />

di massa. Il primo si è svolto il 2 aprile<br />

del 1998 nella sala “Walter Tobagi” della<br />

Federazione nazionale della stampa. La<br />

seconda spallata alle resistenze per il varo<br />

della legge si verificò il 28 gennaio del 1999<br />

al Residence Ripetta di Roma. Fnsi e Associazione<br />

<strong>dei</strong> comunicatori coniarono lo<br />

slogan “Comunicatori e uffici stampa, subito<br />

la legge”. La sala era stracolma. Fu un gran<br />

successo per le aspettative <strong>dei</strong> giornalisti<br />

degli uffici stampa. Nel marzo del 1999<br />

sembrava che tutto dovesse filare per il<br />

meglio. Così non era. Ci volle l’ultimo assalto<br />

di massa alle resistenze parlamentari. Si<br />

consumò il 16 marzo del 2000 al cinema<br />

Capranichetta, sempre a Roma, vicino a<br />

Montecitorio. Il 7 giugno del 2000, la legge<br />

finalmente viene votata.<br />

IL GIOCO DEI COLPI BASSI,<br />

L’INDIGNAZIONE DI FRANCO ABRUZZO<br />

Finalmente si stabilisce la funzione del portavoce<br />

che può coadiuvare l’organo di vertice<br />

di un’amministrazione, con compiti di diretta<br />

“Delitto imperfetto”<br />

di Renzo Santelli e Vincenzo Perone.<br />

Una ironica e impietosa rassegna<br />

di fatti e situazioni che hanno portato<br />

all’approvazione della legge<br />

sulla comunicazione pubblica e che ne<br />

ritardano l’applicazione. Comunicatori<br />

e giornalisti vivono le stesse sofferenze:<br />

quale via d’uscita<br />

collaborazione per i rapporti politici e istituzionali<br />

con il mondo dell’informazione. Potrà<br />

essere assunto dall’esterno e non essere<br />

necessariamente un giornalista. Poi vengono<br />

delineate le figure dell’ufficio stampa: il<br />

coordinatore, capo ufficio stampa, e gli<br />

addetti stampa che possono essere reperiti<br />

nell’organico delle singole amministrazioni o<br />

assunti dall’esterno, purchè iscritti all’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti. Per i piccoli comuni è previsto<br />

che si possa costituire un ufficio stampa in<br />

“service”, una specie di consorzio nell’ambito<br />

dello stesso comprensorio. Chiusa la partita<br />

e nella attesa del regolamento di attuazione<br />

della legge si apre il fuoco di sbarramento.<br />

Il primo a infuocare la polemica è Mario<br />

Pirani – Repubblica, 4 dicembre 2000.<br />

Comincia a parlare di “leggina”, dispregiativo<br />

usato nei confronti delle leggi parlamentari di<br />

stampo clientelare e corporativo. Legge che<br />

serve a sistemare numerosi giornalisti rimasti<br />

disoccupati in seguito alla crisi d’alcune<br />

testate. Il tiro viene anche orientato verso gli<br />

editori, colpevoli di voler scaricare gli oneri<br />

sullo Stato, e sull’Inpgi che deve salvaguardare<br />

i suoi equilibri finanziari. Ma il colpo più<br />

duro Pirani lo sferra contro l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

e altri organismi di rappresentanza<br />

sindacale verso i quali si esprime con estrema<br />

durezza: “lascito dell’ordinamento corporativo<br />

fascista che… impedisce l’accesso alla<br />

professione … limitando … la stessa libertà<br />

di stampa. Per contro esercita un’impropria<br />

funzione di repressione (espulsione Vittorio<br />

Feltri)”. E conclude definendola legge illiberale<br />

e corporativa. Posizioni analoghe,<br />

sostengono Santelli e Perone, vengono affermate<br />

da Fassino e dal Ferpi capeggiato da<br />

Muzi Falcone. A questo punto la sollevazione<br />

<strong>dei</strong> giornalisti degli uffici stampa pubblici<br />

scatta con rapidità e disappunto. Franco<br />

Abruzzo, presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia s’indigna più di altri.<br />

Prende carta e penna e scrive con profondo<br />

rammarico a Mario Pirani una lettera in cui<br />

smonta punto per punto le posizioni del<br />

collega. In effetti, rileva Franco Abruzzo,<br />

nessuna delle preoccupazioni di Pirani ha<br />

avuto riscontro nella realtà. “Non è stato<br />

assunto alcun giornalista in condizione di<br />

disoccupazione. Un apposito accordo con<br />

l’Aran permette l’iscrizione all’<strong>Ordine</strong> anche<br />

ai dipendenti che hanno svolto la funzione di<br />

giornalista negli uffici stampa con un percorso<br />

mirato di formazione professionale”. Il<br />

dibattito diventa rovente e scendono in<br />

campo anche Paolo Serventi Longhi, segretario<br />

Fnsi, e Alessandro Rovinetti, segretario<br />

dell’Associazione di comunicazione pubblica<br />

e istituzionale.<br />

IL CERCHIO SI CHIUDE<br />

Il cerchio finalmente si chiude con il varo del<br />

regolamento attuativo della legge che mette<br />

fine a molte inutili e pregiudiziali polemiche. Il<br />

volume di Santelli e Perone si completa con<br />

tre autorevoli interventi politici: Raffaele<br />

Cananzi, Franco Frattini e Antonio Di Bisceglie.<br />

Si tratta di un volume che i due autori<br />

hanno curato con particolare attenzione,<br />

soprattutto nella ricostruzione minuziosa <strong>dei</strong><br />

fatti e <strong>dei</strong> misfatti. Un lavoro che proietta un<br />

cono di trasparenza sulla legge che fino ad<br />

ora non si era mai visto. Delitto Imperfetto è<br />

andato già sotto le lenti di un esperto di<br />

comunicazione pubblica e segretario nazionale<br />

Uil del ministero della Comunicazione:<br />

Gennaro Scarpato. Il sindacalista condivide<br />

la ricostruzione che i due autori hanno<br />

prodotto nei confronti della legge 150/2000<br />

e, però, ne segnala i confini molto stretti. “<br />

Manca uno sguardo attento alla condizione<br />

<strong>dei</strong> comunicatori pubblici che ancora non<br />

godono, come i giornalisti, di alcun’area di<br />

contrattazione. Ci sono circa 100 comunicatoti<br />

pubblici usciti dalla scuola superiore della<br />

pubblica amministrazione di Bologna che<br />

non trovano riconoscimento negli organigrammi<br />

<strong>dei</strong> ministeri e degli enti. Quindi non<br />

solo il giornalista rischia di essere un<br />

“marziano”. Il comunicatore viene configurato<br />

come “il nemico critico” <strong>dei</strong> colleghi, colui<br />

che con l’organizzazione della comunicazione<br />

costringe alla cessione di sovranità del<br />

potere individuale e collettivo. Mancano, in<br />

effetti, aree di contrattazione e piante organiche.<br />

Ritardi gravi che i prossimi contratti<br />

dovranno colmare. Ma mancano anche alcuni<br />

adempimenti previsti dalla legge e dal<br />

regolamento: la destinazione del 2% del<br />

bilancio di ciascun ente e ministero per la<br />

comunicazione. È del tutto assente una reale<br />

valutazione <strong>dei</strong> dirigenti in rapporto ai risultati<br />

conseguiti nella comunicazione. E sono<br />

poche le strutture che hanno predisposto il<br />

piano della comunicazione. C’è dunque un<br />

ritardo di tipo contrattuale unitamente a un<br />

ritardo di tipo culturale che si sta perpetuando<br />

lasciando lavorare certa dirigenza come<br />

se la legge non esistesse. Tutto, per loro,<br />

procede come se decenni di pressione per<br />

cambiare pagina non fossero mai esistiti. E<br />

poi, che fine ha fatto l’area <strong>dei</strong> professionisti<br />

dentro la quale si potranno collocare giornalisti<br />

e comunicatori “ In definitiva, comunicatori<br />

e giornalisti vivono le medesime sofferenze.<br />

Per loro l’unica via d’uscita è il contratto<br />

nazionale di lavoro, dentro cui si dovrà<br />

dare una sterzata seria all’applicazione organica<br />

della legge altrimenti i rischi di riassorbimento<br />

dell’innovazione diventeranno facile<br />

strumento nelle mani sapienti della burocrazia<br />

centrale e periferica.<br />

Renzo Santelli e Vincenzo Perone,<br />

Delitto imperfetto,<br />

Centro Documentazione <strong>Giornalisti</strong>ca,<br />

pagine 160, euro 15<br />

Armando Torno<br />

La moralità<br />

della violenza<br />

di Mario Pancera<br />

La violenza non è morale,<br />

non ha quindi una moralità, è<br />

inaccettabile. Il sottotitolo di<br />

questo libro, Considerazioni<br />

sul male della storia, spiega<br />

da solo che il titolo è un drammatico<br />

gioco di parole.<br />

L’autore se ne serve non soltanto<br />

per attirare l’attenzione<br />

del pubblico, ma anche per<br />

svelare il sottofondo del suo<br />

testo: l’uomo ritiene che la<br />

violenza abbia - talvolta o<br />

sempre - una giustificazione,<br />

cioè sia accettabile e, anzi,<br />

addirittura giusta. La moralità<br />

consiste dunque nel riflettere<br />

sull’immoralità.<br />

Armando Torno, che come si<br />

desume dal “Congedo” finale<br />

è di profonda convinzione cristiana,<br />

svolge il suo esame<br />

con mano leggera ma precisa,<br />

ben sapendo che sull’argomento<br />

esistono intere biblioteche.<br />

Lo chiama piccolo<br />

viaggio intorno alla violenza,<br />

utilizzando tuttavia una serie<br />

numerosa di fonti sempre importanti,<br />

con esempi che attraversano<br />

i secoli.<br />

La violenza è in quasi tutti i<br />

gesti umani, perfino nei pensieri.<br />

E la guerra la porta ai<br />

vertici. Noi giornalisti sappiamo<br />

come la violenza si diffonda,<br />

più o meno subdolamente,<br />

attraverso gli strumenti<br />

stessi del nostro lavoro.<br />

Vivamo - direi, che l’uomo è<br />

sempre vissuto - nel cinismo<br />

più spietato, che a volta a volta<br />

si insinua nell’individuo e<br />

nella società attraverso forme<br />

presentate come la Verità, la<br />

Benevolenza, il Ringraziamento,<br />

la Riconoscenza, il<br />

Benessere e via di questo<br />

passo, fino all’invocazione<br />

blasfema, ripetuta in questi<br />

mesi anche in Occidente,<br />

che “Dio è con noi”. È uno<br />

scandalo che ci si accaparri<br />

Dio per fare una guerra, ma è<br />

ugualmente scandaloso che<br />

non lo si denunci: in questo<br />

modo la violenza diventa costume.<br />

I misteri degli scandali sono<br />

una matassa che il cinismo<br />

dipana con un sorriso, come<br />

a presentarceli a cielo aperto<br />

affinché, appunto, non si<br />

parli di scandali, ma di cronaca,<br />

di fatti dovuti: dovuti,<br />

anzi, per il bene, se non addirttura,<br />

per la sopravvivenza<br />

generale, di una comunità,<br />

di uno Stato, di una<br />

confessione religiosa, dell’universo<br />

mondo. Si fondano<br />

imperi finanziari sulle truffe,<br />

sui raggiri delle leggi, sulla<br />

compravendita delle coscienze;<br />

si combattono guerre<br />

contro nemici di pura invenzione,<br />

si divulgano attraverso<br />

i mass media notizie<br />

false per coprir precedenti<br />

notizie ugualmente menzognere<br />

in una spirale senza fine,<br />

in cui sono violentati i<br />

corpi e le intelligenze e lo<br />

spirito degli indivdui e delle<br />

nazioni.<br />

La tentazione, a questo punto,<br />

è di parlare delle cose di<br />

casa e di quelle internazionali,<br />

ma il cinismo è talmente<br />

diffuso e chiaro - in particolare,<br />

è chiaro ai lettori di<br />

Tabloid, professionisti che<br />

ogni giorno si confrontano<br />

con l’essenza della vita - che<br />

mi sembra inutile percorrere<br />

questa strada. Siamo in mezzo<br />

alla violenza. Gesù, come<br />

ricorda Torno, fu consegnato<br />

alla violenza rispettando le<br />

leggi. E con cinismo si presentò<br />

la sua morte come voluta<br />

dai fatti, dal bene superiore<br />

di una comunità (o Stato<br />

o Impero o altro).<br />

Si apprende dai giornali che<br />

oggi siamo arrivati a sbarbare<br />

i morti figli dell’irakeno<br />

Saddam Hussein per presentarli<br />

in due versioni, affinché<br />

i morti assomiglino proprio<br />

a quei vivi che erano stati<br />

conosciuti. Un teatro. Un clamoroso<br />

falso accertato all’inizio<br />

della guerra americana<br />

contro l’Iraq (cattura e lberazione<br />

di una giovane soldatessa)<br />

è poi ridiventato vero<br />

con i festeggiamenti nella sua<br />

città natale. Non credo alle<br />

mie orecchie: si fa un monumento<br />

su un eroe che non<br />

esiste, mentre si dovrebbe<br />

consegnare alla Storia un<br />

monumento alla verità calpestata<br />

in nome della violenza.<br />

Il cinismo (del potere, del denaro,<br />

dell’orgoglio, di tutte<br />

queste e altre cose messe<br />

assieme) ci pone davanti le<br />

maschere per nascondere la<br />

dolorosa realtà, e per almeno<br />

un motivo: perché, conoscendola,<br />

potremmo migliorarla<br />

in nome e nell’interesse<br />

di tutti; anche <strong>dei</strong> soldati che<br />

vanno in guerra perché, come<br />

hanno dichiarato loro<br />

stessi, non sanno come altrimenti<br />

vivere.<br />

Potenza delle parole, vanno<br />

a morire per vivere. Addirittura<br />

il Pentagono avrebbe<br />

inventato una specie di<br />

lotteria, con società da quotare<br />

a Wall Street, sulle previsioni<br />

di possibili attentati terroristici.<br />

La morte come un<br />

gioco a scopo di profitto.<br />

“La violenza si camuffa, cambia<br />

continuamente aspetto,<br />

si placa per ripresentarsi più<br />

forte”, ricorda Torno al termine<br />

del suo rapido e intelligente<br />

excursus: “Se si potesse<br />

dare un’occhiata al suo guardaroba<br />

scopriremmo mille<br />

maschere, adatte a tutte le<br />

occasioni. Le indossa ogni<br />

giorno. Non la riconosciamo”.<br />

Impalare i cristiani a<br />

Roma e dargli fuoco come a<br />

torce per illuminare le vie dell’imperatore<br />

non è diverso<br />

che assassinare di nascosto<br />

migliaia di avversari politici o<br />

religiosi né di eliminarli davanti<br />

alle telecamere con<br />

tanks, elicotteri, missili e<br />

bombe al plutonio (ultima<br />

maschera) impoverito.<br />

Armando Torno,<br />

La moralità<br />

della violenza,<br />

Saggi Mondadori,<br />

pagine 140, euro 17<br />

ORDINE 12 <strong>2003</strong><br />

29


Giampaolo Pansa<br />

Il sangue <strong>dei</strong> vinti<br />

LA LIBRERIA DI TABLOID<br />

di Gigi Speroni<br />

Trovandomi tra le mani l’ultimo<br />

libro di Giampaolo Pansa,<br />

Il sangue <strong>dei</strong> vinti, Quello che<br />

accadde in Italia dopo il 25<br />

aprile, ho rivisto, una volta<br />

ancora, quel film di quasi sessant’anni<br />

fa. I miei erano sfollati<br />

in provincia di Varese, a<br />

Lozza. Per raggiungere l’unica<br />

posteria del paese (gestita<br />

dalla nonna di Roberto Maroni)<br />

dovevo percorrere la<br />

strada che dalla valle sale sino<br />

alla piazza costeggiando il<br />

cimitero nascosto dietro una<br />

curva. E fu in quel preciso<br />

momento, nell’atto d’affrontare<br />

la curva, che m’investì lo<br />

scroscio d’una furiosa grandinata.<br />

Erano spari. Pochi passi,<br />

e davanti m’apparve il muro<br />

grigio del cimitero crivellato<br />

dai buchi neri <strong>dei</strong> proiettili che<br />

non erano finiti sui corpi<br />

scomposti di alcuni uomini in<br />

abiti civili, fermati nell’atto della<br />

morte. A sinistra, su un camion<br />

col motore acceso stavano<br />

risalendo alcuni partigiani<br />

col fazzoletto rosso al<br />

collo. Uno di loro, alto, magrissimo,<br />

i baffi neri, nota quel<br />

ragazzino dall’aria stupefatta,<br />

con la borsa per la spesa che<br />

gli ciondola dalla mano.<br />

L’unico testimone. Rivedo vicinissimo<br />

il suo volto sconvolto<br />

dalla tensione mentre si<br />

china su di me. Con la mano<br />

destra fa l’atto di tagliarsi la<br />

gola e urla: «Se quelli ieri ci<br />

prendevano …» Poi balza sul<br />

camion che già si sta avviando<br />

verso la piana. Rimango<br />

solo davanti a quei cadaveri.<br />

Li conto meccanicamente: tre<br />

ai piedi del muro, il quarto più<br />

distante, verso il bosco, colto<br />

nel disperato tentativo di<br />

sfuggire al suo destino quando<br />

una sventagliata di mitra<br />

l’aveva freddato dando il via<br />

alla tempesta di fuoco.<br />

Ora tutto è silenzio. Sono impietrito,<br />

senza pensieri, poi<br />

voci sempre più forti e vicine<br />

mi risvegliano dal torpore: dal<br />

paese sta scendendo un popolo<br />

eccitato per celebrare la<br />

festa dell’orrore. Questo il mio<br />

film che non potrò mai dimenticare.<br />

Anche a Giampaolo<br />

Pansa quei giorni sono rimasti<br />

nella memoria. Aveva nove<br />

anni e mezzo quando,<br />

spinto dalla curiosità, volle<br />

assistere ai processi <strong>dei</strong> fascisti<br />

catturati nella sua città,<br />

Casale Monferrato.<br />

“Quello che vidi non l’ho più<br />

dimenticato. Tutta la furia e<br />

tutto il dolore della guerra civile<br />

sembravano essersi scaricati<br />

sulla folla che saliva di<br />

corsa le scale. E avanzava<br />

verso l’aula a forza di spinti e<br />

pugni, urlando, imprecando,<br />

sacramentando contro questo<br />

o quel fascista atteso in<br />

manette nel gabbione….<br />

Quando mi venne chiesto<br />

perché dopo aver scritto tanto<br />

sulla Resistenza e sui partigiani,<br />

mi sono deciso a occuparmi<br />

<strong>dei</strong> fascisti sconfitti,<br />

ho pronta più di una spiegazione.<br />

Ma forse la spinta vera<br />

mi è venuta da molto lontano:<br />

da me stesso bambino che<br />

voleva vedere i processi <strong>dei</strong><br />

neri. Senza rendermene conto,<br />

scoprii allora che c’erano<br />

pure loro, essere umani come<br />

tutti, nel bene e nel male,<br />

anche se avevano scelto di<br />

combattere per una causa<br />

che, ancora oggi, giudico<br />

sbagliata. È stato quel bambino<br />

a prendermi la mano. E a<br />

portarmi all’incontro da cui è<br />

nato questo lungo viaggio tra<br />

il sangue <strong>dei</strong> vinti.”<br />

L’incontro è un espediente<br />

letterario che Pansa ha già<br />

usato nel suo precedente libro,<br />

quando spacciò come ricordi<br />

di una donna i documenti<br />

da lui trovati per ricostruire,<br />

con I figli dell’Aquila,<br />

la storia <strong>dei</strong> fascisti di Salò.<br />

Sino al 25 aprile.<br />

Adesso è “Livia Bianchi l’unico<br />

personaggio immaginario<br />

di questo libro, la bibliotecaria<br />

di Firenze che mi affianca<br />

nell’inchiesta sulla resa <strong>dei</strong><br />

conti dopo il 25 aprile. Tutto il<br />

resto è vero. Ed è accaduto<br />

realmente in molte province<br />

dell’Italia del Nord, tra il maggio<br />

del 1945 e la fine del<br />

1946, e in qualche caso anche<br />

più in là”.<br />

Su quel che è accaduto molto<br />

è già stato scritto e documentato,<br />

soprattutto da destra<br />

(Giorgio Pisanò, Arturo<br />

Assante e Mino Caudana, lo<br />

stesso Guareschi, Indro<br />

Montanelli, e via dicendo) ma<br />

erano voci fuori dal coro di<br />

una sinistra culturalmente,<br />

storicamente, predominante.<br />

Ben diverso sarebbe stato se<br />

un noto giornalista e scrittore<br />

di sinistra dopo cinquant’anni<br />

avesse deciso di steccare<br />

fuori da quel coro. Pansa l’aveva<br />

previsto. Si intervista tramite<br />

l’immaginaria Livia: “…il<br />

libro che lei vuole scrivere le<br />

attirerà una tempesta di critiche…<br />

L’accuseranno di rivalutare<br />

i fascisti, come vittime<br />

di tante vendette difficili da<br />

giustificare. Le rinfacceranno<br />

il suo scarso senso dell’opportunità,<br />

perché fa il gioco<br />

degli altri, della destra che è<br />

al potere in Italia… Alzai le<br />

spalle… Posso fare, per una<br />

volta, l’uomo sicuro di sé<br />

Bene: me ne infischio! Voglio<br />

provare a scrivere un libro sereno<br />

anche quando racconta<br />

gli orrori messi in scena dai<br />

propri antenati. Di tutto il resto<br />

non m’importa niente”.<br />

Questo, dunque, andando al<br />

nocciolo, è Il sangue <strong>dei</strong> vinti:<br />

innanzitutto una intelligente<br />

operazione di marketing.<br />

Il sangue <strong>dei</strong> vinti scorre copioso<br />

in 380 pagine di episodi<br />

orrendi, agghiaccianti, in parte<br />

già documentati, ma da<br />

scrittori di destra che non facevano<br />

notizia, e qui raccontati<br />

da un giornalista che già<br />

gode (giustamente) di una<br />

notevole popolarità. E ben sa,<br />

stavolta, di offrire una provocazione<br />

da sinistra alla sinistra.<br />

Raccontando, come sostiene<br />

nella premessa “fatti<br />

che la storiografia antifascista<br />

ha quasi sempre ignorato di<br />

proposito, per opportunismo<br />

partitico o per faziosità ideologica”.<br />

Per un’opera del genere dove<br />

i fatti sono inoppugnabili e<br />

raccontati con un tratto<br />

asciutto, robusto, la recensione<br />

tradizionale si ferma qui.<br />

Che altro dire, infatti sul piano<br />

stilistico e <strong>dei</strong> contenuti Ma,<br />

visto che questo è un mensile<br />

che arriva in coda a lenzuolate<br />

di interviste all’autore<br />

e di polemiche tra gli addetti<br />

ai lavori, mi sembra interessante<br />

registrare il lancio di un<br />

libro diventato in poche settimane<br />

un bestseller anche<br />

grazie alle critiche ricevute<br />

dalla sinistra più conservatrice.<br />

La prima a muoversi era<br />

stata la presidenza dell’Anpi<br />

che il 10 ottobre, quattro giorni<br />

prima dell’uscita del volume<br />

“con riserva di ulteriori valutazioni<br />

successive all’esatta<br />

conoscenza del libro” prevedendo<br />

che Il sangue <strong>dei</strong> vinti<br />

è “destinato a suscitare polemiche<br />

e strumentalizzazioni<br />

in buona parte legate al momento<br />

particolare che il nostro<br />

Paese sta attraversando”,<br />

riteneva “necessario precisare<br />

che le violenze e uccisioni<br />

che si verificarono nel<br />

periodo immediatamente<br />

successivo alla Liberazione<br />

furono originate dal feroce e<br />

sanguinoso dominio nazista<br />

affiancato dal volonteroso e<br />

spietato collaborazionismo<br />

del secondo fascismo, quello<br />

di Salò”… dalla “enorme<br />

somma di sofferenze e di orrori<br />

che quella occupazione e<br />

quel regime avevano imposto<br />

al nostro Paese. Una sorta di<br />

“reazione “fisiologa” come è<br />

stata storicamente definita”.<br />

All’Anpi il libro non l’avevano<br />

ancora letto, ma nelle redazioni<br />

sì, visto che, sempre il<br />

10 ottobre, Il sangue <strong>dei</strong> vinti<br />

è già tracimato a tutta pagina<br />

sui maggiori quotidiani. Il<br />

Corriere della Sera (Il 25 aprile<br />

degli sconfitti. Cronaca di<br />

un massacro); La Stampa<br />

(Pansa, i giorni della vendetta):<br />

L’Unità (Pietà l’è morta.<br />

Operazione verità o forzatura<br />

polemica). Scrive Bruno<br />

Gravagnuolo “Abbiamo fatto<br />

notte fonda per finire il dannato<br />

libro degli orrori… Quel<br />

che non quadra è l’ottica, un<br />

lungo piano sequenza monocorde<br />

sulla furia antifascista.<br />

Come se fosse venuta dal<br />

nulla… Scompaiono quasi<br />

del tutto gli antecedenti, una<br />

nazione spezzata, piagata,<br />

violentata dalla «guerra ai civili<br />

» <strong>dei</strong> nazifascismi”. È lo<br />

stesso concetto espresso<br />

dall’Anpi.<br />

La Repubblica ha un titolo<br />

asettico: “Quei fascisti uccisi<br />

dopo il 25 aprile”. Non così è<br />

il pezzo di Simonetta Fiori: “ È<br />

una pagina orrenda della storia<br />

italiana del Novecento.<br />

Storie di impiccati e traditori,<br />

di stupri e torture, di fucilazioni<br />

di massa ed efferatezze<br />

gratuite, di cadaveri irrisi e<br />

violati, della furia vendicativa<br />

che travolse il Nord Italia alla<br />

fine della guerra. Storie laceranti<br />

e dolorose perché nelle<br />

vesti di aguzzini e seviziatori,<br />

tra il maggio del 1945 e la fine<br />

del 1946 (talvolta anche più<br />

in là) s’incontrano alcuni <strong>dei</strong><br />

partigiani che avevano liberato<br />

il paese da nazisti e fascisti.<br />

… Per quasi sessant’anni<br />

questa vicenda è rimasta avvolta<br />

in un velo di reticenze e<br />

di silenzi imbarazzati. La racconta<br />

ora, con la passione<br />

storiografica degli esordi e la<br />

limpidezza del narratore sapiente”…<br />

ecc, ecc.<br />

Il giorno dopo, Giorgio Bocca,<br />

ex partigiano e firma eccellente<br />

di Repubblica si fa intervistare<br />

per Liberazione da un<br />

Beppe Lopez che lo descrive<br />

“pur pacatamente furibondo”.<br />

Per Bocca «La verità è che<br />

siamo di fronte a un voltagabbana,<br />

a un personaggio politicamente<br />

inaffidabile…<br />

Robaccia e menzogne già<br />

scritte e riscritte… Anche in<br />

questi tempi di opportunisti e<br />

voltagabbana dovrebbe esserci<br />

qualche limite.<br />

Perlomeno di decenza e di<br />

dignità personale. Con questo<br />

libro invece Pansa si è voluto<br />

mettere in sintonia con gli<br />

istinti più bassi di una opinione<br />

pubblica ottimamente rappresentata<br />

dal cavalier Berlusconi.<br />

…Chissà se Pansa<br />

non crede in cuor suo di mettersi<br />

così sulla buona strada<br />

per diventare direttore del<br />

Corriere della Sera».<br />

Il “voltagabbana” doveva avere<br />

altre aspirazioni: un mese<br />

dopo firmava come editorialista<br />

su Repubblica. Guarda la<br />

vita. Mi fermo qui, a prima<br />

che libro fosse sugli scaffali.<br />

Poi fu un diluvio di pro e contro,<br />

interviste e dibattiti che<br />

hanno coinvolto tutta l’intellighenzia<br />

nostrana. L’unico che<br />

non poteva più parlare era<br />

Indro Montanelli. Comunque<br />

la sua opinione l’aveva<br />

espressa, giusto vent’anni fa,<br />

nel libro L’Italia della guerra<br />

civile scritto con Mario Cervi.<br />

“È impossibile seguire i molti<br />

altri destini, tragici e non, che<br />

l’ondata della liberazione travolse.<br />

Questo periodo ebbe<br />

l’ambizione d’essere rivoluzionario;<br />

ma della rivoluzione<br />

spartì solo in piccola parte i<br />

connotati nobili ed epici, l’ardore<br />

del nuovo, la genuinità<br />

delle convinzioni, delle passioni,<br />

la speranza del futuro,<br />

e in larga parte i connotati<br />

deteriori: la ferocia e la vendetta.<br />

L’una e l’altra rispondevano<br />

ad altre ferocie e ad altre vendette.<br />

Ma chi se ne fece interprete,<br />

in entrambi i casi, era<br />

intercambiabile, salvo poche<br />

onorevoli eccezioni: v’è una<br />

professionalità dell’estremismo,<br />

e del sangue, che ha<br />

per costante l’ansia di uccidere,<br />

e per accessorio casuale<br />

l’ideologia cui applicarla”.<br />

Giampaolo Pansa,<br />

Il sangue <strong>dei</strong> vinti.<br />

Quello che accadde<br />

in Italia dopo il 25 aprile,<br />

Sperling & Kupfer, <strong>2003</strong>,<br />

380 pagine, euro 17<br />

Glenn B. Infield<br />

Disastro a Bari<br />

di Massimiliano Ancona<br />

Bari come Pearl Harbor. Il raid<br />

tedesco sul porto pugliese del<br />

2 dicembre 1943 come quello<br />

giapponese sulla base hawaiana<br />

del 7 dicembre 1941.<br />

Fu il Washington Post, un paio<br />

di settimane dopo l’incursione<br />

tedesca, a scrivere che «quello<br />

di Bari è stato il più grave,<br />

improvviso bombardamento<br />

subìto dopo Pearl Harbor.<br />

Delle 30 navi nel porto almeno<br />

17 sono state affondate, fra le<br />

quali 5 mercantili americani, e<br />

8 molto danneggiate. Le perdite<br />

in uomini sono state almeno<br />

un migliaio». Ma ciò che l’autorevole<br />

giornale americano non<br />

scrisse fu che tra le navi distrutte<br />

c’era la “John Harvey”,<br />

esplosa con il suo carico di un<br />

centinaio di tonnellate di bombe<br />

all’iprite (o gas mostarda),<br />

sostanza chimica vescicante e<br />

mortale usata dai tedeschi nella<br />

cittadina belga di Ypres già<br />

durante la Grande guerra - come<br />

da Saddam Hussein nel<br />

conflitto contro l’Iran tra il 1980<br />

e il 1988 - nonostante il Trattato<br />

di Ginevra, promosso dalla<br />

Società delle Nazioni, l’avesse<br />

bandita dal 1925.<br />

Non lo scrisse perché la censura<br />

militare fu rigidissima. «I<br />

sintomi non sembrano quelli<br />

provocati dal gas iprite» disse<br />

il primo ministro britannico,<br />

Winston Churchill, riferendosi<br />

alla diagnosi del colonnello<br />

Alexander, il consulente medico<br />

di chimica di guerra inviato<br />

a Bari il 7 dicembre del ‘43<br />

dal Quartier generale del comandante<br />

americano Eisenhower<br />

per accertare le cause<br />

delle decine di morti inspiegabili<br />

verificatesi nei giorni seguenti<br />

all’attacco della Luftwaffe.<br />

Il personale sanitario<br />

degli ospedali militari, infatti,<br />

aveva curato i superstiti ritenendoli<br />

sotto shock per la permanenza<br />

nelle fredde acque<br />

del porto e l’esposizione alle<br />

fiamme, neanche prendendo<br />

in considerazione l’azione di<br />

un agente chimico. Ma<br />

Churchill pretese che nei rapporti,<br />

pur segretati, le ustioni<br />

di natura chimica fossero indicate<br />

con la sigla N.Y.D., cioè<br />

«non ancora diagnosticate» e<br />

i decessi come «dovuti a<br />

ustioni provocate da azione<br />

nemica». Per coerenza, il governo<br />

inglese ha sempre negato<br />

ai sopravvissuti a quell’evento<br />

bellico una pensione<br />

d’invalidità per i danni permanenti<br />

provocati alla pelle.<br />

Tutte scelte “tollerate” dal quartier<br />

generale americano di<br />

Algeri per evitare incrinature<br />

con gli inglesi. E giustificate<br />

dalla circostanza che Churchill<br />

non volle ammettere, soprattutto<br />

per ragioni di prestigio,<br />

che il raid sul porto di Bari,<br />

controllato dagli inglesi, avesse<br />

provocato il più grave episodio<br />

di guerra chimica (forse l’unico)<br />

del secondo conflitto<br />

mondiale.<br />

Una squadriglia di 105 bombardieri<br />

Ju-88 piombò sul capoluogo<br />

pugliese alle 7.25 di<br />

quel 2 dicembre, una serata<br />

fredda, ma limpida. Il porto era<br />

illuminato, perché le operazioni<br />

proseguivano anche nelle<br />

ore notturne.<br />

Gli aerei incursori lanciarono<br />

migliaia di “finestre”, cioè lamine<br />

di stagnola, per ingannare i<br />

radar della contraerea che non<br />

funzionavano. Il comando inglese<br />

aveva ritenuto improbabile<br />

un attacco nemico e aveva<br />

sottovalutato il guasto alle postazioni<br />

radar sul teatro<br />

Margherita: «l’occhio del porto<br />

era cieco in quella notte».<br />

Così, gli incursori poterono<br />

colpire da un’altezza di soli 45<br />

metri, causando morte e distruzione<br />

sul molo di Levante -<br />

dove erano ancorate la maggior<br />

parte delle navi - e su tutto<br />

il lungomare. Ma anche in via<br />

Piccinni, via Abate Gimma,<br />

via Sparano e in via Crisanzio,<br />

nella zona della manifattura<br />

<strong>dei</strong> tabacchi. Solo in queste<br />

parti della città i cadaveri <strong>dei</strong><br />

civili estratti dalle macerie furono<br />

181. Le acque del porto<br />

diventarono un miscuglio mortale<br />

composto dall’iprite sprigionatasi<br />

nell’aria dopo lo<br />

scoppio della “John Harvey”,<br />

dalla nafta che sgorgava dall’oleodotto<br />

sul molo San<br />

Cataldo, e che serviva a rifornire<br />

di carburante le navi in<br />

partenza, e dal fuoco delle<br />

esplosioni. Nel miscuglio si dimenavano<br />

centinaia di marinai<br />

sbalzati dalle navi.<br />

L’odore “d’aglio”, caratteristico<br />

dell’iprite, invase l’aria per giorni,<br />

colpendo soprattutto la città<br />

vecchia, la più vicina al mare. Il<br />

numero <strong>dei</strong> morti, più di mille,<br />

non è stato mai accertato, poiché<br />

molti abitanti della città furono<br />

vittime inconsapevoli di<br />

quel gas venefico.<br />

Come Alessandro Raucci, un<br />

sessantenne investito da uno<br />

schizzo di acqua infetta durante<br />

l’incursione e morto il giorno<br />

dopo fra le braccia dell’amico<br />

Pietro Sbordini nei pressi della<br />

Basilica di San Nicola. Questo<br />

episodio bellico è tutt’ora ignorato<br />

dai libri di storia.<br />

Ed era addirittura sconosciuto<br />

fino alla pubblicazione del libro<br />

Disastro a Bari (Adda editore,<br />

1977) di Glenn B. Infield, ex<br />

maggiore della U.S. Air Force,<br />

e ripubblicato nel giugno scorso<br />

in occasione del 60° anniversario<br />

del raid, dalla stessa<br />

casa editrice con l’aggiunta del<br />

sottotitolo «La storia inedita del<br />

più grave episodio di guerra<br />

chimica nel secondo conflitto<br />

mondiale» e di un saggio introduttivo<br />

del professor Giorgio<br />

Assennato e dello storico (e<br />

giornalista) Vito Antonio<br />

Leuzzi.<br />

Peraltro, alle vittime civili, che<br />

ci furono nelle ore e nei giorni<br />

seguenti l’attacco tedesco, bisogna<br />

aggiungere, come scritto<br />

da Assennato e Leuzzi, le<br />

centinaia di pescatori contaminati<br />

– l’ultimo caso accertato è<br />

del 2000 -, dal contatto delle<br />

reti con le bombe all’iprite inesplose<br />

affondate al largo di<br />

Manfredonia, Molfetta, Bisceglie,<br />

Trani e Mola dopo essere<br />

state raccolte dai fondali delle<br />

acque del porto barese, nella<br />

vana speranza che la loro pericolosità<br />

fosse inibita. Il successo<br />

del raid aereo su Bari, inoltre,<br />

ebbe conseguenze anche<br />

dal punto di vista strategico.Se<br />

la guerra nell’Europa mediterranea,<br />

infatti, durò qualche<br />

mese in più, ciò in larga parte<br />

fu dovuto a quell’incursione.<br />

Petrolio, combustibile, materiale<br />

medico, cibo, armi e<br />

quant’altro andarono perduti,<br />

rallentando l’avanzata alleata<br />

verso il Nord Italia e ritardando<br />

le manovre di sfondamento e<br />

aggiramento delle truppe tedesche,<br />

attestate sulla Linea<br />

Gustav. Manovre che si sarebbero<br />

dovute chiudere con il<br />

congiungimento alle forze alleate<br />

sbarcate ad Anzio il 22<br />

gennaio del ‘44 e che non si<br />

conclusero se non molti mesi<br />

dopo, rispetto alle previsioni,<br />

perché il porto pugliese, inutilizzabile<br />

per almeno un mese,<br />

tornò alla piena attività solo nel<br />

febbraio del ’44.<br />

Glenn B. Infield,<br />

Disastro a Bari.<br />

La storia inedita del più<br />

grave episodio di guerra<br />

chimica nel II conflitto<br />

mondiale.<br />

Saggio introduttivo<br />

di Giorgio Assennato<br />

e Vito Antonio Leuzzi. Adda<br />

editore, <strong>2003</strong>,<br />

pagine 346, euro 15.<br />

30 ORDINE 12 <strong>2003</strong>

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