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1 Abstract La prima parte dell'articolo discute criticamente il concetto ...

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ambiente arricchito, caratterizzato da socialità, da materiali di gioco e novità, <strong>il</strong><br />

cervello sv<strong>il</strong>uppa arborizzazioni dendritiche in un modo che non si osserva quando<br />

l’animale cresce in un ambiento povero di stimoli. L’ambiente arricchito motiva<br />

nell’animale attività ed esercizi che a loro volta modificano lo sv<strong>il</strong>uppo del cervello<br />

inducendo sinaptogenesi e formazioni di dendriti (Dierssen et al., 2003; Restivo et<br />

al., 2005).<br />

Queste evidenze individuano dunque la necessità di ripensare alle difficoltà<br />

generalizzate dell’apprendere considerandole, anche a livello neurobiologico, non già<br />

come una proprietà immodificab<strong>il</strong>e dell’individuo ma come una dimensione soggetta a<br />

cambiamento e all’influenza dell’ambiente. Socialità, esplorazione, novità sono le tre<br />

parole chiave che nel caso dei topi permettono di sperimentare una ricca stimolazione,<br />

un coinvolgimento costante in esercizi motori e visuo-spaziali, una diminuzione della<br />

paura, tutte condizioni che stimolano <strong>il</strong> cervello alla formazione di dendriti e di sinapsi.<br />

Quando passiamo dai topi agli esseri umani non è però così semplice creare un<br />

ambiente arricchito. Iniziando dalla socialità, questo è un tratto molto variab<strong>il</strong>e a<br />

seconda della sindrome genetica o della storia individuale. Molti bambini che fin dai<br />

primi mesi di vita hanno avuto un’ipotonia, una difficoltà a controllare lo sguardo e i<br />

movimenti, hanno spesso figure di attaccamento che hanno sofferto di costante<br />

preoccupazione e ansia per le difficoltà che vedevano nel figlio. Sia quest’esperienza<br />

affettiva (<strong>il</strong> contatto con <strong>il</strong> sentimento depressivo del caregiver) sia le prime reazioni di<br />

rifiuto dei pari contribuiscono in molti casi ad una scarsa propensione ai rapporti<br />

sociali, a una paura nello stab<strong>il</strong>ire contatti con persone non fam<strong>il</strong>iari.<br />

Quanto alle altre due parole chiave di un ambiente arricchito –esplorazione e novitàsappiamo<br />

che negli esseri umani l’esplorazione ha a che fare con la curiosità e con la<br />

capacità di mitigare la paura di fronte all’ignoto. Ma un essere umano che ha appreso<br />

a considerarsi non intelligente ha paura di fronte a situazioni nuove. Ha paura di<br />

venire in contatto con un’immagine di sé interpretata come inab<strong>il</strong>e e incompetente; ha<br />

paura di sperimentare un’um<strong>il</strong>iante vergogna che provoca una condanna interna, un<br />

senso di confusione e insicurezza. Dati questi sentimenti, la tendenza di molti ragazzi<br />

con “disab<strong>il</strong>ità intellettiva” e dei loro genitori è di proteggersi dalle novità e dalle<br />

situazioni complesse, di rifugiarsi in consolanti routines sia nella vita sociale sia nelle<br />

situazioni d’apprendimento. Di questa tendenza si fanno interpreti spesso sia<br />

insegnanti sia riab<strong>il</strong>itatori quando si preoccupano di proporre a questi ragazzi compiti<br />

“fac<strong>il</strong>i”. L’idea che i ritardi nello sv<strong>il</strong>uppo e nell’apprendimento siano legati a scarsa<br />

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