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1 Abstract La prima parte dell'articolo discute criticamente il concetto ...

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ecente - ha più a che fare con gli apprendimenti che con <strong>il</strong> ragionamento. Le capacità<br />

di ragionamento possono modificarsi con un trattamento, mentre <strong>il</strong> QI, quando viene<br />

valutato con test che implicano apprendimenti (visuo-spaziali, aritmetici, linguisticoconcettuali,<br />

sociali, ecc.) può non modificarsi, o almeno non migliorare con i tempi<br />

relativamente rapidi con cui possono invece modificarsi funzioni esecutive e memoria<br />

di lavoro.<br />

<strong>La</strong> questione centrale di una diagnosi –determinare <strong>il</strong> nucleo essenziale di un deficit,<br />

cogliere le relazioni esistenti tra diversi tipi di “sintomi”- può solo essere sfiorata<br />

quando ci limitiamo a valutare <strong>il</strong> QI e <strong>il</strong> funzionamento adattivo. Nel caso di D. <strong>il</strong><br />

“nucleo essenziale” è stato suggerito da una valutazione neuropsicologica che<br />

mostrava un deficit nell’attenzione, nelle funzioni esecutive e nella memoria di lavoro<br />

unito a un disturbo severo dell’integrazione visuo-motoria, della memoria narrativa<br />

(una componente della memoria episodica) e del lessico.<br />

In conclusione, etichette diagnostiche come disab<strong>il</strong>ità intellettiva o ritardo mentale non<br />

rendono conto della modificab<strong>il</strong>ità dell’intelligenza “fluida” in persone che attraverso<br />

un trattamento possono potenziare i principali supporti cognitivi delle ab<strong>il</strong>ità di<br />

ragionamento: funzioni esecutive e memoria di lavoro. Etichette diagnostiche che<br />

implicitamente assumono l’equivalenza QI deficitario=scarsa intelligenza sollevano<br />

anche questioni etiche non di poco r<strong>il</strong>ievo perché trasmettono alla persona valutata e<br />

alla sua famiglia la convinzione che ogni difficoltà, ogni errore, ogni incomprensione<br />

della persona dipendano da una componente poco modificab<strong>il</strong>e del sistema cognitivo.<br />

<strong>La</strong> convinzione di essere poco intelligenti finisce per togliere qualsiasi sostegno<br />

emotivo all’apprendimento e provoca nel tempo quella generalizzata stasi dei processi<br />

cognitivi che gli psicoanalisti definivano anni fa “inibizione del pensiero”. Del prodursi<br />

di questa inibizione non siamo in <strong>parte</strong> responsab<strong>il</strong>i noi psicologi e operatori della<br />

valutazione psicodiagnostica quando continuiamo a interpretare tutte le serie difficoltà<br />

cognitive di una persona come originate da scarsa intelligenza<br />

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