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MG AMADASI GUZZO, Epigrafia punica in Sicilia - Area Download

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2<br />

M. G. <strong>AMADASI</strong> <strong>GUZZO</strong><br />

a sufficienza. L’iscrizione dedicatoria ad Astarte conferma <strong>in</strong>fatti<br />

quanto risulta chiaro ormai dai dati di altre colonie: ogni centro<br />

fenicio aveva un importante santuario di Astarte 5 , sia cittad<strong>in</strong>o,<br />

come senza dubbio quello di Mozia, sia extraurbano, come il<br />

santuario di Astarte ’NN (= «A. di Malta») a Tas Silg (Malta),<br />

dove il culto della dea sembra essersi sovrapposto a quello di una<br />

div<strong>in</strong>ità locale 6 . Il caso di Erice, dove era presente una dedica ad<br />

Astarte ’RK (= «A. di Erice»), della quale sussistono solo due<br />

copie del XVII sec. (CIS I, 135), è analogo ma non identico: il<br />

culto locale del famoso santuario elimo è stato adottato dai Fenici<br />

e da loro diffuso; lo dimostrano le menzioni di Astarte eric<strong>in</strong>a sia<br />

<strong>in</strong> Sardegna, a Cagliari 7 , sia <strong>in</strong> Africa, a Cartag<strong>in</strong>e 8 e <strong>in</strong> particolare<br />

a Sicca 9 . La dedica di Mozia (<strong>in</strong>sieme con un frammento ceramico<br />

con l’iscrizione <strong>in</strong>completa LRBT[ «alla Signora», da datare<br />

forse già nel IV sec. a. C.) 10 , <strong>in</strong>ducono a sottol<strong>in</strong>eare la prem<strong>in</strong>enza<br />

di Astarte su ogni altra dea; essa appare come la grande div<strong>in</strong>ità<br />

femm<strong>in</strong>ile fenicia e le si offrono dediche ancora <strong>in</strong> periodo<br />

neopunico (I sec. a. C. / d. C. ca.) 11 ; diversamente da quanto si è<br />

spesso affermato, non è mai stata sostituita da T<strong>in</strong>nit o assimilata<br />

a questa. Al contrario, T<strong>in</strong>nit, già nota <strong>in</strong> Fenicia almeno dal VII-<br />

VI sec. a. C. 12 , prende rilievo, per ragioni ancora ignote, <strong>in</strong>torno<br />

al V sec. a. C. come div<strong>in</strong>ità specifica del tofet di Cartag<strong>in</strong>e<br />

<strong>in</strong>sieme a Ba‘l amon 13 ; il suo culto, ben dist<strong>in</strong>to da quello di<br />

Astarte, si diffonde ampiamente con la supremazia di Cartag<strong>in</strong>e,<br />

soprattutto <strong>in</strong> Africa, dove, <strong>in</strong> epoca romana, è venerata, <strong>in</strong>sieme<br />

con Saturno, come Giunone Celeste 14 .<br />

Il secondo documento di Mozia è un piccolo frammento di<br />

bac<strong>in</strong>o iscritto, r<strong>in</strong>venuto nel 1985, ancora una volta fuori contesto<br />

15 : la sua importanza consiste nel materiale, un marmo che G.<br />

Coacci Polselli, editrice del testo, def<strong>in</strong>isce «pentelico». Il frammento<br />

iscritto conserva parte di un patronimico BN ’DN[, verosimilmente<br />

da <strong>in</strong>tegrare <strong>in</strong> ’DN[B‘L] «Ba‘l è il mio signore», un<br />

nome ben documentato (se non è ’DRB‘L «Ba‘l è potente», come<br />

proposto dall’editrice, anche questo ben noto). Questa volta è il<br />

supporto sul quale è <strong>in</strong>cisa l’iscrizione che appare notevole:<br />

secondo l’editrice si tratterebbe di un oggetto importato e solo

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