Cronache mastro - Assemblea Regionale Siciliana
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Cultura<br />
Incontro con il noto regista palermitano<br />
IL TEATRO DI PERRIERA<br />
Per quarant’anni ha parlato a voce bassa, ma ferma.<br />
Con gli occhi puntati lontano.<br />
Ed è successo che piano piano, nel corso di questi quarant’anni<br />
– passati a scrivere, fare teatro, a meditare, a<br />
contrastare con Palermo, a lavorare con la gente – in molti<br />
sono stati zitti e hanno fatto agli altri segno di tacere per<br />
ascoltare meglio quella voce. Bassa, ma ferma.<br />
Che cosa cerca Michele Perriera, oggi, nel teatro che<br />
non abbia già trovato Oggi che tutto, anche il teatro,<br />
risente della globalizzazione culturale è possibile pensare<br />
un’altra cultura in termini di avanguardia<br />
“Non credo – dice Perriera – perché adesso è la stessa<br />
parola avanguardia a ingenerare equivoci. Rispetto al<br />
Gruppo ’63 i tempi sono cambiati”.<br />
È l’amore la chiave di volta del teatro di Perriera, e te<br />
ne accorgi subito. Ma anche la ricerca ha un suo peso. Una<br />
ricerca continua, condotta con il rigore scientifico di chi<br />
verifica costantemente la giustezza delle ipotesi di partenza.<br />
“Mi sono dedicato alla ricerca dello spirito del teatro –<br />
dice il regista – in un rapporto d’amore con il pubblico e<br />
con il futuro”.<br />
Perriera lo ha mostrato, lo spirito del teatro, mettendo<br />
a nudo l’anima nella proprie complessità, nella precarietà,<br />
soprattutto in questi anni in cui il teatro è diventato dimostrazione<br />
superficiale di un teorema imparato malamente<br />
a memoria. Lo colpisce la perdita della capacità di indagare<br />
a fondo. La mancanza d’amore camuffata da speranza.<br />
E un futuro, allora, è ancora possibile trovarlo senza<br />
perdersi, senza smarrirsi in questa superficialità che molti<br />
assumono come una medicina<br />
“Io ho messo davanti ai miei attori prima il mio pubblico<br />
poi la realtà, quella che non vogliamo vedere e che<br />
invece ci circonda. Aprendo gli occhi, soltanto aprendo gli<br />
occhi, si può scrutare il segreto autentico della vita”.<br />
Il teatro di Perriera non è solo teatro. E parte da quella<br />
meditazione che dà una lettura attenta, precoce. Inizia<br />
da bambino a leggere Dostojevski e Pirandello, ed è dalla<br />
lettura che si snoda un percorso parallelo tra letteratura e<br />
teatro. Fiume che diventa sotterraneo e vena d’acqua che<br />
esce alla luce del sole. Il teatro ha in sé narrativa e la narrativa<br />
contiene gli elementi per una lettura teatrale, per<br />
restituire la palpitazione della parola detta e vibrata dall’attore.<br />
Emozione, certo. Ma anche grande volontà di<br />
costruire, di riordinare le proprie riflessioni in una progettualità.<br />
“Sono arrivato a fondare il Teatés perché volevo fare<br />
del teatro un vero e proprio servizio sociale, di partecipazione<br />
– prosegue Perriera –. Ho voluto coniugare il fenomeno<br />
dell’indagine con la passione per il teatro. Mentre<br />
28<br />
scrivevo e facevo teatro,<br />
la città veniva<br />
tartassata da orrori.<br />
In questo panorama<br />
di atrocità, ho voluto<br />
offrire la mia chiave<br />
di lettura per un<br />
riscatto. E nello stesso<br />
tempo di coscienza<br />
davanti al mistero<br />
Regista e scrittore Michele Perriera dirige il Teatro e la<br />
scuola di teatro Teatés di Palermo. Tra i molti suoi lavori,<br />
Anticamera, La spola infinita, Qui è quasi giorno,<br />
Delirium cordis.<br />
del dolore. Perché la catarsi di cui parla Aristotele è possibile<br />
solo attraverso la coscienza”.<br />
Il palcoscenico di queste riflessioni è Palermo, da cui<br />
non si è mai voluto staccare, muovendo proprio da qui le<br />
proprie pedine e guardando all’universale umano.<br />
Palermo come città tracotante, che non sa (non vuole non<br />
può) nascondere la propria ferocia.<br />
Il filo rosso che lega questa costruzione intellettuale è,<br />
si diceva, l’amore. Forte, passionale, che vibra in quella<br />
voce calma.<br />
“Fare teatro è come amare perdutamente una persona<br />
– dice ancora il regista – e ai miei attori lo ripeto spesso.<br />
Devono sapere che possono rischiare di perdere equilibri e<br />
strutture mentali che credevano ormai consolidati. Fare<br />
teatro è essere lo stregone dell’esistenza, e come gli stregoni<br />
alludere continuamente alla vita come grande scommessa.<br />
Nelle mie lezioni, io assisto alla diffusione di un<br />
vero e proprio risveglio negli attori, che porta alla coscienza<br />
della pochezza dell’uomo e a un tempo della sua grandezza.<br />
Io penso di aiutare i miei allievi a sognare, a rappresentare<br />
un segreto nella consapevolezza che si è uno e si è<br />
tanti. Che si vive nel presente pur essendo universali”.<br />
Per lungo tempo Perriera ha lavorato esclusivamente<br />
con un gruppo di attori formati alla sua scuola. “Ma in<br />
seguito ad alcune difficoltà economiche c’è stata una diaspora<br />
– dice –, si sono formati sottogruppi, c’è chi ha preso<br />
la propria strada. Ma la solitudine non mi ha vinto. Anzi.<br />
Ne ho tratto il silenzio necessario per pensare”.<br />
E che cos’è, l’uomo, per Perriera Il bradipo dei suoi<br />
Atti oppure un pavone, anch’esso parte del suo glossario<br />
teatrale “Il mondo tende a farsi bradipo, a riconquistare<br />
la lentezza, a ripiegarsi verso le proprie origini – spiega – è<br />
per questo che si diventa bradipi, tra i più antichi primati<br />
che popolarono la terra. È attraverso la regressione che si<br />
può fondare il progresso. Il pavone – continua il regista –<br />
è simbolo di superficialità, ma anche in questo caso i risvolti<br />
sono molteplici. Il pavone può essere straziato dal fatto<br />
che non è più uomo. Anche in questo caso, sta tutto nella<br />
consapevolezza”.<br />
Alessia Franco