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Cronache mastro - Assemblea Regionale Siciliana

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Emigrazione<br />

Una mostra fotografica di Bazan sull’integrazione dei nostri emigranti<br />

SICILIANI D’AMERICA<br />

Dieci fotografie, un moderno retablo, per raccontare<br />

una storia d’amore, ma anche di coraggio,<br />

di fatica, a volte di umiliazione, ma spesso di riscatto:<br />

è la storia dell’emigrazione italiana in<br />

America.<br />

“Italiani d’America” è il titolo della personale<br />

di Ernesto Bazan che in questi giorni, nella prestigiosa<br />

sede dell’Italian Accademy, presso La<br />

Columbia University di New York, raccoglie gli<br />

ultimi scampoli di pubblico.<br />

Un allestimento suggestivo, essenziale e allo<br />

stesso tempo carico di potenza evocativa. Gli scatti<br />

in bianco e nero che, risalgono alla fine degli<br />

anni Settanta, sono per tessitura e impatto immagini<br />

di cronaca e per<br />

profondità emotiva<br />

tele espressioniste.<br />

La mostra ha voluto<br />

riproporre queste<br />

foto rivisitandole<br />

alla luce delle ultime<br />

tecniche digitali.<br />

“I negativi fotografici<br />

sono stati inghiottiti<br />

da uno scanner e<br />

partoriti nuovamente,<br />

ai sali d’argento<br />

si sono sostituiti<br />

puntini invisibili<br />

dentro chip ancora<br />

più inscrutabili”,<br />

commenta Bazan. E<br />

prosegue con orgoglio<br />

misto ad un po’<br />

di nostalgia, “le<br />

nuove stampe, mi<br />

costa ammetterlo,<br />

L’ingresso della Casa Italiana a New York<br />

sono forse più belle<br />

e più ricche di gradazioni tonali e sfumature delle<br />

loro sorelle analogiche”.<br />

Ne è passato di tempo da quando, macchina al<br />

collo e scarpe da tennis, girava la sua Sicilia insieme<br />

con Letizia Battaglia, Franco Zecchini,<br />

Giovanni Carpinello, suoi compagni d’allora, in<br />

cerca di un ritratto, un frammento di memoria.<br />

Volti solcati di uomini e donne intenti in mestieri<br />

ormai estinti, visi allegri di ragazzini che giocano<br />

al pallone in una piazzetta, fanciulle ritrose davanti<br />

all’obbiettivo e ancora fiere di paese, processioni<br />

religiose, banchetti di nozze e funerali. Poi nel<br />

’79 lascia l’Italia e si trasferisce a New York, frequenta<br />

la “School of Visual Art”, entra nella prestigiosa<br />

agenzia Magnum e da qui alla definitiva consacrazione<br />

il passo è breve.<br />

Una mostra bella e intensa, quella di<br />

Amsterdam Avenue, che ha registrato un grosso<br />

successo di pubblico. Un pubblico fatto per la<br />

maggioranza di quegli “strani” americani, che oggi<br />

superano il milione in almeno quattro Stati (New<br />

York, New Jersey, California, Pennsylvania), e che<br />

pur conoscendo un’Italia raccontata dai<br />

genitori e dai nonni, continuano a sentirsi<br />

italiani; ma anche un pubblico “estraneo”<br />

che pure si riconosce nel racconto di Bazan,<br />

fotografo-cantastorie, perché nel sorriso di<br />

una sposa, nell’abbraccio di un fratello, nel<br />

bacio di una madre, ci sono i gesti di tutte le<br />

spose, di tutti i fratelli, di tutte le madri, che<br />

hanno lasciato la loro terra in cerca di un<br />

futuro migliore.<br />

La mostra, nata con il contributo dell’assessorato<br />

per l’Emigrazione della Regione<br />

<strong>Siciliana</strong>, non è che la punta di diamante di<br />

un progetto ben più ambizioso, il progetto<br />

“Sicily”, organizzato dalla Delegazione siciliana<br />

dell’A.N.F.E. (Associazione Nazionale<br />

Famiglie Emigrati), che da più di cinquant’anni<br />

svolge un lavoro di assistenza per favorire<br />

l’integrazione, in collaborazione con<br />

O.S.I.A. (Order Sons of Italy in America),<br />

una tra le più prestigiose associazioni che<br />

conta circa seicentomila iscritti in tutta<br />

l’America, con l’appoggio dell’Italian<br />

Accademy e l’Istituto Italiano di Cultura di<br />

New York.<br />

“Basta con l’Italia delle tarantelle e delle mazurche,<br />

degli spaghetti e della mafia, voglio fare un<br />

appello alle istituzioni perché siano attente alla<br />

qualità dei prodotti da esportare; lo chiedo ai<br />

Consolati, agli istituti di cultura, a tutti coloro che<br />

hanno il compito di promuovere il nostro Paese<br />

all’estero”. Deciso, perentorio, “assertive”, direbbe-<br />

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