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Biblioriva 39 - Comune di Riva del Garda

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Libri, lettura e biblioteche<br />

Le artistiche traduzioni, e aspiranti<br />

all’infe<strong>del</strong>tà <strong>del</strong>la bellezza, non sono<br />

solamente quelle, a cui finora si è avuto<br />

l’occhio, <strong>di</strong> una in altra lingua, né quelle<br />

che procurano <strong>di</strong> tradurre le opere <strong>di</strong><br />

poesia in variazioni musicali, pittoriche e<br />

scultorie e nelle illustrazioni grafiche che<br />

fregiano o sfregiano le e<strong>di</strong>zioni dei poeti;<br />

ma anche le altre che sembrano<br />

renderne più viva e concreta<br />

l’espressione: le rappresentazioni<br />

teatrali dei drammi composti dai poeti.<br />

Di queste, a parlare esattamente, autori<br />

non sono già Guglielmo Shakespeare,<br />

ma Garrick e Salvini; non già l’Alfieri,<br />

ma Gustavo Modena; non il Dumas figlio<br />

o il Sardou, ma Eleonora Duse. La<br />

poesia dei drammi non si gusta se non<br />

col leggere da solo a solo il dramma, che<br />

potrà essere artisticamente superiore, o<br />

anche inferiore, alla rappresentazione<br />

che se ne faccia, ma certamente è<br />

<strong>di</strong>verso. La stessa declamazione o<br />

recitazione <strong>di</strong> una poesia non è quella<br />

poesia, ma un'altra cosa, bella o brutta<br />

che si giu<strong>di</strong>chi nella sua cerchia; e i poeti<br />

mal sopportano i declamatori dei loro<br />

versi, ed essi stessi non li recitano<br />

volentieri […] e quando si risolvono a<br />

darne lettura, non li gesticolano, non li<br />

drammatizzano, non li tuonano né li<br />

cantano, ma preferiscono <strong>di</strong>rli in tono<br />

basso, con certa monotonia, badando<br />

solamente a spiccarne bene le parole e a<br />

batterne il ritmo, perché essi sanno che<br />

quella poesia è una voce interiore, a cui<br />

nessuna voce umana è pari: è un cantar<br />

che nell’anima si sente.<br />

convinto comunque che l’opera d'arte,<br />

ma forse qualunque opera, visto che<br />

accanto al grande Shakespeare cita il<br />

minore Sardou, sia “assoluta”,<br />

indeformabile, intoccabile. Sembra che<br />

Croce pensi che l'arte abbia un senso<br />

calvinista: che esistano degli eletti<br />

destinati a comprenderla; che non ci<br />

siano me<strong>di</strong>azioni fra gli eletti e l’arte;<br />

che a dare una mano ai non eletti siano<br />

– fra gli eletti - i sacerdoti.<br />

Io credo che un testo offra quasi<br />

sempre <strong>di</strong>fficoltà: <strong>di</strong>pendenti <strong>del</strong>la sua<br />

complessità e dalle capacità <strong>del</strong> lettore.<br />

Ma la scuola e l’ambiente letterario<br />

hanno offerto al lettore solo sistemi <strong>di</strong><br />

comprensione “in<strong>di</strong>retti”, aiutandolo <strong>di</strong><br />

rado a fare una lettura propria, <strong>di</strong>retta,<br />

proponendogli <strong>di</strong> confrontare il testo<br />

con lui stesso. Va considerato prima <strong>di</strong><br />

tutto che un lettore normale pratica <strong>di</strong><br />

solito una lettura quasi globale, o<br />

generica: le frasi scritte sono percepite<br />

spesso come blocchi, <strong>di</strong> cui non si<br />

analizzano i componenti e le<br />

articolazioni. Questo capita soprattutto<br />

quando le parole sono lette solo come<br />

veicoli <strong>di</strong> informazioni strumentali,<br />

quando si legge un manuale o le pagine<br />

gialle. Ma anche la narrativa e la poesia<br />

(Benedetto Croce, La poesia, Roma-Bari, e<strong>di</strong>tori<br />

Laterza, 1980, pagina 95)<br />

Può darsi che Croce avesse<br />

presente il modo <strong>di</strong> recitare <strong>del</strong>l’epoca,<br />

<strong>del</strong> “grande attore” che tendeva a porre<br />

l’attore davanti al testo, ad usare le<br />

parole per mostrare <strong>del</strong>le abilità un po’<br />

da circo (come nell'opera lirica, dove,<br />

ancora oggi, un certo pubblico aspetta<br />

il do <strong>di</strong> petto per giu<strong>di</strong>care<br />

“l'interpretazione” <strong>del</strong> tenore). E’<br />

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