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Cosa c'è veramente sotto i tacchi a spillo - Lingue Moderne per il Web

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spostamento (meta-phorein, che è tipico delle definizioni classiche della metafora) e della<br />

connessione, a quella di blending sensoriale. Il meccanismo cosciente della comprensione<br />

riesce a tener conto dell’articolazione di una linea sequenziale di informazioni, ma trova<br />

difficoltà nella recezione e nella comprensione di una comunicazione a più voci simultanee.<br />

È <strong>il</strong> noto problema del rapporto tra sfondo e figura. C’è quasi un switch <strong>per</strong>cettivo<br />

nell’occuparsi coscientemente del tutto o delle parti: la cura del dettaglio è lineare, <strong>il</strong><br />

movimento globale no. Ut<strong>il</strong>e <strong>il</strong> confronto con quanto avviene con un’orchestra: se si pone<br />

attenzione all’insieme è molto diffic<strong>il</strong>e tener conto in dettaglio degli apporti di singoli<br />

strumenti contemporaneamente. La comprensione di un link comincia nel momento in cui si<br />

lascia <strong>il</strong> punto di partenza, e ci si occupa del punto di arrivo: un comprendere <strong>per</strong><br />

sommatoria di punti di collegamento, paradossalmente “<strong>per</strong> sommi capi”.<br />

La fitta rete di informazioni parallele, di ricezione e decodifica in contemporanea di<br />

questa orchestrazione di linguaggi e sensorialità differenti richiede attenzione <strong>per</strong> <strong>il</strong><br />

cosiddetto “binding” cerebrale, che lega le diversità nell’unità della coscienza. Le linee<br />

informative, infatti, entrano in contatto, si sovrappongono, coesistono, anche se in termini di<br />

attenzione non riusciamo a seguirne coscientemente l’altro, che rimane presente <strong>per</strong> le<br />

suggestioni sue che continuano a vivere clonate nell’altro. Il blending 9 basato sugli spazi<br />

mentali preferisce lasciar convivere assieme le realtà, vivendole nella loro multisensorialità,<br />

senza l’obbligo di tradurre coscientemente o meno tutti in un tutto “risolto” e in un’unica<br />

forma di linguaggio (vedi congelamento). La metafora in questa prospettiva vive della<br />

contemporaneità di spazi mentali diversi 10 ; anche se metodologicamente improponib<strong>il</strong>e, si<br />

lega alla sinestesia 11 intesa nel suo senso etimologico di “multisensorialità” 12 e “blending”<br />

sensoriale. Forse un modo di dire diverso, non una realtà differente: ma la <strong>per</strong>cezione fa<br />

maggiormente riferimento ad o<strong>per</strong>azioni di “parallel processing” della mente e al suo<br />

“multitasking online”.<br />

La forma più nota di questa multisensorialità (la sinestesia) è un fenomeno<br />

comunicativo e <strong>per</strong>cettivo conosciuto da alcuni secoli in sede linguistica o artistica, ma che<br />

oggi si vede assegnata una funzione di “apripista”, in quanto ritenuto “possib<strong>il</strong>e cavallo di<br />

Troia” <strong>per</strong> cominciare a capire strutture e funzionamento del cervello.<br />

[683]<br />

Le affermazioni più esplicite, anche se prudenzialmente moderate con un “<strong>per</strong>haps”, ci<br />

sembrano quelle di Ramachandran-Hubbard: “Far from being an oddity, synaesthesia<br />

allows us to proceed (<strong>per</strong>haps) from a single gene to a specific brain area… to phenotype…<br />

and <strong>per</strong>haps event to metaphor, Shakespeare, and the evolution of language, all in a single<br />

ex<strong>per</strong>imental subject” (Ramachandran-Hubbard 2001a, p. 30).<br />

Potrebbe meravigliare questa attribuzione improvvisa di valore. Ma forse non può<br />

considerarsi tale. È possib<strong>il</strong>e rintracciare conferme inattese. Quella f<strong>il</strong>osoficamente più<br />

giustificata di Merlau-Ponty: “La <strong>per</strong>cezione sinestetica è la regola e, se non ce ne<br />

accorgiamo, è <strong>per</strong>ché <strong>il</strong> sa<strong>per</strong>e scientifico rimuove l’es<strong>per</strong>ienza, <strong>per</strong>ché abbiamo<br />

disimparato a vedere, a udire, e, in generale, a sentire…” (Merlau-Ponty, [1945], 1965, p.<br />

308). E quella del neurofisiologo della visione italiano R. Pierantoni, che nella<br />

“Postfazione” alla ricerca di T. Tornitore scrive:“Viene quasi <strong>il</strong> sospetto, certo infondato,<br />

che la sinestesia sia la condizione di partenza, la “base-line” di ogni processo <strong>per</strong>cettivo”<br />

(Pierantoni, 249), giustificando questa sua valutazione con osservazioni sullo sv<strong>il</strong>uppo del<br />

9<br />

La “Blending Theory” creata da G. Fauconnier e da M. Turner nasce sul f<strong>il</strong>o delle teorie cognitiviste della<br />

metafora (cfr. Lakoff e Lakoff-Johnson). Le nostre riflessioni non si propongono di verificare l’applicazione della<br />

teoria, ma ci pare significativa la possib<strong>il</strong>ità che offre <strong>per</strong> indicare <strong>il</strong> prevalere del blending sul metaforein.<br />

10<br />

“L’oggetto e <strong>il</strong> soggetto della metafora vengono messi a contatto; in genere appartengono a depositi sensoriali<br />

differenti” (Pierantoni, p. 251).<br />

11<br />

Per una definizione del termine e una bibliografia italiana dettagliata si cfr. Riccò e Paissa; riferimenti<br />

bibliografici esaurienti si trovano in Cytowic (2002), Baron Cohen-Harrison (1997), e Ramachandran-Hubbard<br />

(2001). Per una presentazione dal punto di vista neuroscientifico del termine cfr. Baron Cohen-Harrison pp. 3-16.<br />

12<br />

In questa sede non ci interessa analizzare i sinonimi collegati a “sinestesia” e a “multisensorialità”.<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 20

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