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Cosa c'è veramente sotto i tacchi a spillo - Lingue Moderne per il Web

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<strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong>.<br />

Comunicazione pubblicitaria e didattica multimediale.<br />

In Ruta Maria Caterina (a c. di), Le parole dei giorni, Palermo, Sellerio,<br />

2003, pp. 662-696<br />

Comme de long échos qui de loin se confondent<br />

Dans une ténébreuse et profonde unité,<br />

Vaste comme la nuit et comme la clarté<br />

Les parfums, les couleurs et les sons se répondent<br />

Baudelaire “Correspondances”<br />

[662]<br />

Sono convinto che nella vita, bene che ci vada, ci avviene di essere “attraversati” da<br />

due, tre idee o sensazioni che poi ritornano, spesso quasi irriconoscib<strong>il</strong>i, <strong>sotto</strong> altre vesti;<br />

talvolta si nascondono come focus di pensieri altri, talaltra sembrano addirittura essere<br />

diventate altro. Poi all’improvviso ci accorgiamo di avere girato sempre nello stesso<br />

carrefour.<br />

Queste riflessioni dedicate ai 70 anni dell’amico Nino Buttitta, da un lato esprimono la<br />

gratitudine <strong>per</strong> una presenza, dall’altro non riescono a restarmi estranee, assumendo un<br />

carattere fortemente autobiografico: spingono a tornare con <strong>il</strong> pensiero ad un come<br />

eravamo; di fatto mettono in forte evidenza <strong>il</strong> confronto dei pensieri di oggi con quelli di<br />

ieri, marcandone continuità e differenze. Un punto mi tocca in particolare: <strong>il</strong> mio interesse<br />

attuale <strong>per</strong> la didattica e comunicazione assistita dal computer, lungi dall’essere estraneo a<br />

quegli inizi, è sostenuto costantemente, quasi un’ossessione, dalla volontà di collegare<br />

semiotica come attenzione a pratiche e linguaggi della vita sociale, e fisica della mente<br />

come luogo in cui ritrovare <strong>il</strong> senso dell’atto comunicativo nella sua globalità e<br />

multisensorialità. In questo, vedendo l’influsso che hanno avuto sul mio <strong>per</strong>corso, ringrazio<br />

ancora Nino Buttitta <strong>per</strong> due letture segnalatemi in quegli inizi: Il paradigma delle<br />

rivoluzioni scientifiche di O. Kuhn e La fisica della mente di Ashley K. S. et alii. Quasi<br />

momento di riemersione: tutto appare diverso, le prime intuizioni, in parte vere e in parte<br />

false, spesso approssimate, ma sempre fortemente connesse. Quasi che si trattasse di<br />

variazioni sul tema.<br />

Mi si <strong>per</strong>doni un riferimento <strong>per</strong>sonale. Poco prima di pubblicare <strong>il</strong> mio primo libro<br />

dedicato ad un’analisi di pubblicità, un amico semiologo, durante un seminario urbinate,<br />

dopo averne letto in anteprima alcuni capitoli, con un po’ di disagio mi pose due questioni.<br />

La prima, che si rifaceva a polemiche dell’epoca, volendo quasi preliminarmente una<br />

dichiarazione di schieramento, se la mia riflessione semiotica fosse da iscriversi ad una<br />

semiotica della comunicazione o della significazione. Mi difesi con una boutade: la<br />

semiotica è una, ognuno intreccia metodi e orientamenti secondo umori e sensib<strong>il</strong>ità<br />

<strong>per</strong>sonali e stagionali. La seconda aveva a che fare con riflessioni ora contenute in questo<br />

saggio in maniera più organica: in quel <strong>per</strong>iodo fortemente strutturalistico mi<br />

“rimproverava” un atteggiamento olistico nell’analisi del messaggio pubblicitario e un peso<br />

eccessivo attribuito alla “semantica” come momento unificante dell’es<strong>per</strong>ienza<br />

comunicativa, in particolare dei collegamenti e delle traslazioni intersensoriali presenti nella<br />

stessa pagina pubblicitaria (cfr. Di Sparti 1975, pp. 22-76).<br />

Il problema che qui si vuole evidenziare (e non già risolvere) è <strong>il</strong> ruolo che la base<br />

cerebrale (l’hardware della mente) gioca nei confronti dei linguaggi e delle sensorialità che<br />

veicolano una presentazione audiovisiva o multimediale (nella definizione strettamente<br />

semiotica del termine, v. Di Sparti 1995, pp. 11-39),<br />

[663]<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 1


volendo raccogliere e mettere in evidenza <strong>il</strong> suo specifico rispetto ad altre forme espressive.<br />

Sotto altri aspetti ritorna <strong>il</strong> problema natura-cultura (cfr. Buttitta 2000), mente-cervello,<br />

hardware-software della mente. Allora era vissuto con una forte carica ideologica e oggi<br />

ritorna identico nei suoi termini ma forse con una minore tensione. Il problema di sfondo<br />

rimane sempre identico: quello della fisica della mente, la base cerebrale delle o<strong>per</strong>azioni<br />

mentali, la calcolab<strong>il</strong>ità della loro complessità 1 .<br />

Le riflessioni qui riportate hanno origine nell’es<strong>per</strong>ienza didattica. Per spiegare i<br />

meccanismi multimediali della comunicazione pubblicitaria (sia nella decodifica di<br />

inserzioni o spot, sia nella progettazione/realizzazione di i<strong>per</strong>testi didattici multimediali)<br />

spesso si rendeva necessario creare innanzitutto la consapevolezza che nel processo di<br />

traslazione di uno stesso messaggio su supporti diversi (carta, audio, video), l’o<strong>per</strong>azione di<br />

traduzione non si limitasse alla strutturazione delle connessioni intersemiotiche dei segni,<br />

ma che implicasse anche una strategia di progettazione sensoriale. Nell’articolazione del<br />

messaggio si poteva attribuire priorità gerarchica o funzionale ora alla parola scritta, ora alla<br />

parola parlata, ore alla figura, ora all’animazione o alla colorazione del testo, e ciò<br />

richiedeva la scelta delle sensorialità sulle quali fare affidamento. Entrambe le es<strong>per</strong>ienze<br />

erano le due facce dello stesso processo: nel primo caso, partendo dal testo linguistico,<br />

occorreva riconoscere e verificare i linguaggi, <strong>il</strong> loro hardware, le intelligenze attivate, le<br />

modalità comunicative, l’esposizione alla complessità; nell’altro, orchestrare lo stesso<br />

armamentario cognitivo, <strong>per</strong>cettivo e comunicativo in modo da andare incontro alle<br />

aspettative sensoriali dei destinatari. In tutte e due le modalità gli interrogativi ricorrenti<br />

riguardavano gli strumenti sensoriali e cognitivi della comunicazione multimediale e <strong>il</strong><br />

luogo dell’assemblaggio del prodotto finale. Entrambe riportavano <strong>il</strong> problema sull’essenza<br />

della coscienza umana.<br />

L’analisi di uno spot, con l’attenzione a coglierne minutamente i singoli elementi di<br />

linguaggio (separati gli uni dagli altri, o nella loro interazione intertestuale), non solo creava<br />

una maggiore consapevolezza metalinguistica e metacomunicativa, ma si rivelava<br />

addestramento sensoriale, in quanto insegnava a cogliere dettagli di cui non si aveva<br />

coscienza, <strong>per</strong> cui, alla fine, le capacità di <strong>per</strong>cezione risultavano migliorate e<br />

l’apprendimento di un processo di comprensione si intrecciava in realtà con un parallelo<br />

addestramento visivo. In particolare l’ab<strong>il</strong>ità di cogliere gli aspetti intertestuali diventava<br />

esigenza di multisensorialità, accresciuta attenzione alla contemporaneità che legava le<br />

varie porzioni sensoriali del messaggio.<br />

L’affermazione che si cerca di sostenere è che nella comunicazione multimediale viene<br />

a realizzarsi una forma vera e propria di <strong>per</strong>cezione polifonica e multisensoriale di canali e<br />

di codici destinati a differenti funzioni cerebrali, che presuppongono grammatiche<br />

specifiche di decodifica e <strong>il</strong> loro coordinamento funzionale nella coscienza. Queste<br />

riflessioni tornano sul tema se sia possib<strong>il</strong>e analizzare una comunicazione in modo olistico.<br />

Convinti che è <strong>il</strong> tutto che determina <strong>il</strong> significato delle parti, come hanno insegnato sia<br />

Saussure sia gli psicologi della Gestalt e come continuano a ritenere le moderne scienze<br />

cognitive, insistendo su un modello di cervello e di mente senza paratie. Nonostante le<br />

approssimazioni e la provvisorietà di una prospettiva non specialistica, anche se<br />

sufficientemente documentata, resta viva la necessità di tener sempre presenti modi di<br />

o<strong>per</strong>are della mente ogniqualvolta si debbano esaminare prodotti degli stessi.<br />

Per semplificare <strong>il</strong> campo della ricerca, ci si limiterà ad un punto specifico, quello delle<br />

forme sinestetiche (nell’accezione più generica del termine) ut<strong>il</strong>izzate nella pubblicità di<br />

due settori merceologici, quelli del profumo e delle scarpe. Del primo abbiamo ut<strong>il</strong>izzato un<br />

ampio corpus a stampa; del secondo abbiamo fatto solo un piccolo<br />

[664]<br />

assaggio su un singolo tipo di prodotto (scarpe con <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong>).<br />

1 Problemi già presenti nei miei “Il computer, creativo pubblicitario?” (1975) e “Le figure del discorso tra<br />

linguistica e intelligenza artificiale. Osservazioni preliminari ad una elaborazione automatica del discorso figurato”<br />

(1976).<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 2


Sicuramente sarebbe stato più fac<strong>il</strong>e e forse a più d’uno sarebbe parso opportuno<br />

fondare tali riflessioni su un corpus di spot audiovisivi; ma abbiamo preferito rimanere<br />

nell’ambito della pubblicità su carta proprio <strong>per</strong> evidenziare come già in questa siano attivi<br />

meccanismi multimediali di solito non riconosciuti come tali o ai quali non si presta la<br />

necessaria attenzione. L’obiettivo finale è quello di capire dove stia la multimedialità, quali<br />

forme assuma o possa assumere, in modo da poterla insegnare come tecnica di decodifica e<br />

di una consapevole progettazione multimediale. Le consuete ricette del “come si fa” in dieci<br />

regole senza <strong>il</strong> riconoscimento delle profondità in cui si svolge l’intero processo ci<br />

sembrano del tutto insufficienti e ster<strong>il</strong>i.<br />

1. Comunicazione pubblicitaria vecchia e nuova: la pubblicità immaginata<br />

L’evoluzione del linguaggio pubblicitario è segnata da quella delle f<strong>il</strong>osofie creative,<br />

delle tecniche psicologiche della <strong>per</strong>suasione e delle pratiche che caratterizzano l’attività<br />

professionale dei pubblicitari. Quando una pubblicità è vecchia e quando è nuova? È ovvio<br />

che ognuno ha una o più risposte tutte accettab<strong>il</strong>i. In ogni caso è necessario definire <strong>il</strong> punto<br />

di partenza di queste riflessioni, <strong>per</strong>ché <strong>il</strong> loro sv<strong>il</strong>uppo potrà sembrare che contraddica<br />

alcuni orientamenti della pubblicità di oggi, soprattutto i vincoli della cosiddetta<br />

“correttezza politica” e della trasparenza del processo comunicativo. La consonanza con <strong>il</strong><br />

target, poi, spinge ad adottarne valori e st<strong>il</strong>i comunicativi. In breve la referenzialità del<br />

prodotto o i dettami del life style di riferimento dettano legge. Le qualificazioni di “vecchia”<br />

e di “nuova”, inoltre, considerano come momenti unitari <strong>per</strong>iodi lunghi e molto differenziati<br />

e qui sono ut<strong>il</strong>izzate unicamente <strong>per</strong> distinguere la pubblicità che ut<strong>il</strong>izza la lingua come<br />

proprio elemento fondamentale, con <strong>il</strong> visuale chiamato a svolgere un ruolo anc<strong>il</strong>lare, del<br />

tutto secondario, di supporto o d’<strong>il</strong>lustrazione, e un’altra che vede <strong>il</strong> rapporto tra lingua e<br />

sensorialità giocato in favore di quest’ultima.<br />

L’insistenza sui destinatari che caratterizza tutta l’organizzazione marketing-pubblicità<br />

e la stratificazione della comunicazione ha diversificato gli st<strong>il</strong>i comunicativi mutuando<br />

modalità e preferenze dal target. Ad ogni settore merceologico o meglio ad ogni frazione di<br />

consumatori corrisponde una griglia comunicativa, che racchiude contenuti, comportamenti<br />

e linguaggi. La referenzialità, che sembra costituire la chiave della maggior parte delle<br />

pubblicità odierne, ha ridotto di molto lo spazio delle forme metaforizzate, allusive e<br />

simboliche, dominanti qualche decennio fa, relegandole in alcuni settori, come quello dei<br />

profumi, dei liquori, dell’abbigliamento. In ogni caso la possib<strong>il</strong>ità di ut<strong>il</strong>izzare segni e<br />

linguaggi non espliciti rimane notevole soprattutto nel ricorso accorto alla comunicazione<br />

non-verbale; una decodifica attenta di quest’ultima è sufficiente <strong>per</strong> far ritenere che non<br />

tutto è trasparente e limpido come ci si vuol far credere.<br />

L’espressione “pubblicità immaginata”, che intesta <strong>il</strong> paragrafo, pur alludendo al titolo<br />

di un libro di Annamaria Testa, vuole forzare l’accezione del neologismo, spingendola ad<br />

assumere non tanto <strong>il</strong> significato di testo linguistico arricchito da immagini, quanto di una<br />

parola resa immagine o fattasi immagine, una commistione di elementi linguistici e non,<br />

coinvolti in un gioco espressivo complesso che li allontana da un modo di essere<br />

“metalinguistico”, staccato dalla loro interezza reale. Del resto le possib<strong>il</strong>ità di collegare<br />

porzioni di vita quotidiana a st<strong>il</strong>i di vita che contengono connotazioni favorevoli<br />

[665]<br />

al contesto d’uso del prodotto favorisce una tecnica espositiva che priv<strong>il</strong>egia l’uso del<br />

prodotto e non quella enunciativa delle sue referenzialità e dei suoi attributi. Indubbiamente<br />

questo cambiamento, favorito anche dalla diffusione delle nuove tecnologie televisive,<br />

contribuisce all’abbandono di un modello comunicativo basato sulla lingua (scritta o<br />

parlata) <strong>per</strong> favorire una comunicazione di più immediata comprensione e ricca di una<br />

organizzazione multisensoriale. Ci si allontana ancor di più da forme linguistiche<br />

proposizionali e ci si avvicina a forme di immersione in situazioni comunicative sim<strong>il</strong>i a<br />

quelle reali: l’informazione spesso tende a diventare interazione.<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 3


Diminuisce <strong>il</strong> ruolo dell’esplicito e l’obbligo della chiarezza, forti dell’adozione di uno<br />

schema comunicativo a puzzle, ove alla connessione sintagmatica lineare succede quella<br />

della concatenazione reticolare o della giustapposizione o dell’accostamento. Aumentano i<br />

margini di indefinitezza della comunicazione e dei giochi di focalizzazione consentiti agli<br />

interlocutori. È la natura stessa dell’immagine che si presta a questa contrattazione<br />

<strong>per</strong>cettiva, dato che i meccanismi della <strong>per</strong>cezione sono fortemente influenzati dalle nostre<br />

conoscenze e dalle nostre storie individuali. La cultura interviene anche là dove pensavano<br />

che fossero attivi solo processi naturali. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, gli<br />

spazi <strong>per</strong> la metaforizzazione aumentano: la contrazione quantitativa delle parole si traduce<br />

in un ampliamento del loro peso e delle loro valenze, ed estende <strong>il</strong> ruolo del setting, del<br />

testimonial, del flacone e della grammatica visiva. Cercheremo di darne una descrizione più<br />

articolata nel paragrafo destinato alla pubblicità dei profumi.<br />

Molte di queste caratteristiche, secondo l’opinione prevalente, sarebbero determinate<br />

direttamente dalla diversità del supporto/canale che veicola l’informazione. In questo caso <strong>il</strong><br />

passaggio dal supporto cartaceo a quello audiovisivo o digitale farebbe da solo la<br />

differenza: altro infatti sarebbe scrivere <strong>per</strong> la stampa, altro progettare una comunicazione<br />

multimediale <strong>per</strong> lo stesso contenuto. L’affermazione, a nostro parere, è vera solo<br />

parzialmente, <strong>per</strong>ché i mutamenti nell’uso dei codici e dei linguaggi che l’adozione dei<br />

nuovi media comportano si fondano anche sulle variazioni sensoriali e cognitive già<br />

determinate da quell’uso. I cambiamenti rimangono sostanzialmente di natura semiotica: i<br />

segni, unitamente alle grammatiche che li rendono o<strong>per</strong>ativi e che diventano disponib<strong>il</strong>i,<br />

cambiano la pianificazione della comunicazione e dell’interazione mittentedestinatario/ricevente:<br />

<strong>il</strong> rapporto tra i linguaggi ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i e le loro sensorialità di<br />

riferimento di fatto viene “riposizionato”. A conferma di questa sensazione è che la<br />

pubblicità che ut<strong>il</strong>izza nel tempo lo stesso medium è profondamente diversa a seconda dei<br />

<strong>per</strong>iodi storici in cui è diffusa. Probab<strong>il</strong>mente i contenuti e le psicografie di riferimento<br />

possono essere analoghe, ma <strong>il</strong> progetto semiotico della comunicazione è totalmente<br />

differente.<br />

A questa aggiungiamo una seconda caratteristica: <strong>il</strong> rapporto di consonanza, se non di<br />

complicità, che lega comunicatore e target, obbliga <strong>il</strong> primo ad adattarsi e ad adottare le<br />

aspettative del secondo in termini di contenuti, forme simboliche, st<strong>il</strong>i di comunicazione o<br />

di interazione. Ora è proprio in questo che è cambiato <strong>il</strong> target: le sue aspettative in termini<br />

di sensorialità e di meccanismi <strong>per</strong>cettivi, sv<strong>il</strong>uppatesi nell’epoca dell’audiovisivo e del<br />

multimedia, risultano variate, proprio <strong>per</strong>ché i nuovi media, con <strong>il</strong> loro massaggio<br />

sensoriale, hanno sv<strong>il</strong>uppato nuove ab<strong>il</strong>ità e nuove richieste negli interlocutori. La<br />

sensorialità richiesta dalle nuove abitudini non consente al comunicatore di presentarsi con<br />

una informazione “povera” e “inadeguata”, senza <strong>il</strong> rischio di vedersela rifiutata ancor<br />

prima della verifica delle proposte. Inoltre gli stessi contenuti della socializzazione risultano<br />

profondamente e radicalmente mutati, <strong>per</strong>ché cambiati sono<br />

[666]<br />

la loro provenienza e i modi della loro determinazione. Alle agenzie culturali tradizionali 2<br />

(scuola, chiesa, cultura) sono subentrate quelle della televisione generalista massificata e<br />

isterlita a livello più basso, <strong>per</strong> includere <strong>il</strong> massimo possib<strong>il</strong>e di target e ottenere l’audience<br />

più ampia. L’insistenza sul metalinguaggio e sul’intertestualità (specialmente di tipo<br />

citazionale) non trova più spazio in una cultura che priv<strong>il</strong>egia l’uso, e non la riflessione<br />

sull’uso; la citazione della vita reale anzicché i riferimenti storici o culturali. Si passa<br />

dall’informazione (trasmissione di unità semantiche astratte) all’interazione, alla<br />

multisensorialità. Ne deriva un potenziamento sensoriale complessivo, un allargamento del<br />

ruolo del linguaggio emotivo e delle forme linguistiche e iconiche connesse; alle<br />

connessioni isofoniche, sinestetiche dipendenti dalla parola si aggiungono o si sostituiscono<br />

2 Il problema è esaminato in profondità da R. Simone (1998).<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 4


quelle visive o linguistico-visive; anche le o<strong>per</strong>azioni del linguaggio figurato vengono<br />

potenziate con l’allargamento dell’area <strong>per</strong>cettiva di provenienza.<br />

Il dire proposizionale veridittivo si arricchisce con le varietà di linguaggio emozionale.<br />

Alla procedura del qualificare attraverso elementi linguistici, come l’aggiunta di aggettivi o<br />

di espressioni attributive, si sostituisce quella del potenziamento informativo <strong>per</strong><br />

connessione e <strong>per</strong> allusione con altre realtà semiotiche. In questo modo la parola diventa<br />

solo <strong>il</strong> link, <strong>il</strong> ponte di passaggio ad una qualità/attività altra. Da un mondo in cui alla lingua<br />

era affidata ogni responsab<strong>il</strong>ità espressiva, si passa ad un altro, che ne vede <strong>il</strong> suo ruolo<br />

coordinato, orchestrato e, talvolta, anche subordinato, con quello di altri portatori di valori.<br />

La lingua si risparmia i grandi giochi su se stessa e lo sforzo di incuriosire fino allo<br />

sfinimento dei suoi artifici e affida la comunicazione altra (emotiva, connessionista,<br />

allusiva) agli elementi nonverbali dell’interazione, al visuale (forme, colori, oggetti), alla<br />

voce, alla musica, alla spazialità e al movimento. La sensorialità monodimensionale,<br />

su<strong>per</strong>fruttata marinescamente, viene sostituita da quella polifonica, “multimediale”. Non<br />

domina più l’arbitrarietà del segno, ma prevalgono le forme analogiche e associative. La<br />

sintagmaticità viene associata ad una forma più intensa di paradigmaticità intersemiotica.<br />

Da un testo linguisticamente orientato e che quindi priv<strong>il</strong>egia la linearità e la<br />

sequenzialità del f<strong>il</strong>o del discorso, si passa ad un altro, in cui tutto viene scomposto in<br />

piccolissimi segmenti e assegnato a canali e codici differenti, <strong>per</strong> creare o mantenere una<br />

particolare “tem<strong>per</strong>atura” emotiva. Scompare l’enfasi dello slogan, dell’headline e del<br />

payoff: trionfa la sceneggiatura visiva e <strong>il</strong> non-verbale. Il ruolo della figura e della<br />

comunicazione non-verbale assegna alle varie ut<strong>il</strong>izzazioni della metafora una parte<br />

sostanziale nel modo di intendere l’interazione e la realtà, facendole abbandonare quella di<br />

supporto e di <strong>il</strong>lustrazione della parola.<br />

Spesso affiora la sensazione che questa i<strong>per</strong>trofia comunicativa sia una forma di<br />

“rumore” linguistico o multimediale, che impoverisce e dematerializza la comunicazione,<br />

privandola dell’apporto multisensoriale che di fatto ha: un’abbondanza che si fa entropia,<br />

<strong>per</strong>dita, s<strong>il</strong>enzio. La parola cede <strong>il</strong> suo ruolo di guida al “blending” sensoriale, e gli altri<br />

canali si vedono rafforzare presenza e funzionalità. Il <strong>per</strong>corso comunicativo indicato sin<br />

qui farebbe pensare ad una connessione diretta tra sv<strong>il</strong>uppo quantitativo e qualitativo delle<br />

tecnologie multimediali e ad una quasi parallela carenza sensoriale. La virtualità a cui ci<br />

abituiamo diventa secchezza e talvolta aridità. Una volta raggiunto un livello di<br />

sensorialità più elevato si verifica che, dopo un breve <strong>per</strong>iodo di assuefazione, le esigenze<br />

richieste non riescano ad essere soddisfatte, sicché quello che prima era novità e<br />

informazione si presenta come ridondanza, routine o addirittura rumore. Ricondotta a<br />

normalità tale accresciuta complessità sensoriale, si avverte un vuoto, che determina a sua<br />

volta <strong>il</strong> sorgere di una nuova aspettativa.<br />

[667]<br />

Nella multimedialità televisiva o digitale del computer tali aspetti negativi sono aggravati<br />

dal continuo accavallamento delle fonti e di una proliferazione quasi frattale di piccole<br />

infinite repliche di uno schema o delle sue parti, che riproducendosi diventano complesse<br />

e non consentono di essere dominate coscientemente. Tale meccanismo, accentuato dal<br />

carattere citazionale se non proprio ripropositivo che hanno assunto i palinsesti televisivi<br />

delle tv generaliste, riproduce sia i <strong>per</strong>sonaggi e le loro maschere sia configurazioni<br />

figurative e foniche oltre che st<strong>il</strong>emi conversazionali e gestuali. Tutti i generi televisivi o<br />

anche singoli format di fatto sembrano variazioni sul tema sia che si tratti di<br />

intrattenimento, di spettacolo, di sport sia che si tratti di argomenti di maggiore impegno.<br />

Inoltre bisogna tenere presente che la quantità di sensorialità, di cui si poteva disporre<br />

prima dell’era elettronica, era legata quasi esclusivamente all’es<strong>per</strong>ienza diretta, tranne<br />

quella riportata dalla letteratura o pittura: oggi risulta potenziata dalle forme virtuali della<br />

sua riproduzione e della loro disponib<strong>il</strong>ità replicativa. L’intertestualità comunicativa,<br />

legata alla frequenza e alla velocità dei processi citazionali, assume le vesti di un<br />

caleidoscopio che con gli stessi pezzi assume forme differenti. L’uomo ha sempre fondato<br />

la sua capacità comunicativa sull’invenzione di sistemi di significanti che stanno al posto<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 5


di situazioni reali, inglobandole in modi e sistemi di elaborazione e archiviazione. La<br />

diversità introdotta dai new media non sta in ut<strong>il</strong>izzazioni, quantitativamente e<br />

funzionalmente modificate, ma nel prevalere, che determinano, di una comunicazione e di<br />

un pensiero fortemente analogici, basati su meccanismi di riproduzione e quindi<br />

configurazionali, prevalentemente visivi. In questo modo si riduce <strong>il</strong> ruolo e <strong>il</strong> processo<br />

della elaborazione e della traduzione cognitiva da un sistema all’altro. La conoscenza prima<br />

era f<strong>il</strong>trata dalle o<strong>per</strong>azioni linguistiche e semantiche di traduzione da un sistema sensoriale<br />

alla lingua, ora viene riportata analogicamente.<br />

È possib<strong>il</strong>e scorgere tracce di tale paradigma anche nella prevalenza del ricorso agli st<strong>il</strong>i<br />

di vita o alla pubblicità referenziale, oggi in voga come f<strong>il</strong>osofia creativa: anziché<br />

argomentare a parole, si mostra <strong>il</strong> prodotto in una situazione di consumo, facendolo vedere<br />

o come si usa dire “facendolo parlare da sé”. Tale bisogno di comunicazione analogica<br />

trova attenzione crescente nel design, nel marketing, nella sociologia e nella psicologia del<br />

prodotto, nella spettacolarizzazione delle forme che lo riguardano e diventa parte<br />

dell’interazione intesa come contrattazione tra mittente e destinatario. L’immagine, poi,<br />

accentua la forza mimetica del già visto e della citazione della realtà quotidiana nel produrre<br />

adesione e consenso. Anche l’immagine che consumiamo ubbidisce alle regole<br />

dell’iterazione che regolano <strong>il</strong> successo delle fiction e le vie del pensiero ri<strong>per</strong>corrono così<br />

quelle consuete del quotidiano senza la necessità di una nuova loro strutturazione e<br />

traslazione astratta. Nuova r<strong>il</strong>evanza acquistano l’uso simbolico degli oggetti e la loro<br />

correlazione con forme di comunicazione non-verbale, dando loro una consistenza emotiva<br />

mutuata dai <strong>per</strong>sonaggi che sono testimoni del loro uso: i prodotti pubblicizzati assumono<br />

così la consistenza di protagonisti di storie umane, ne assorbono l’umanità e la sensorialità<br />

visiva e tatt<strong>il</strong>e che esprimono. Il rapporto con la psicologia del consumatore è più frequente,<br />

dura più a lungo.<br />

Questa ibridazione di elementi coscienti e inconsci, linguistici e iconici, porta<br />

all’identificazione di una tipologia di segni particolare. Forme, colori, rinvii, analogie e<br />

simbolismi riescono <strong>il</strong> più delle volte a toccare i delicati meccanismi dell’inconscio, nel più<br />

assoluto rispetto delle esigenze del minor consumo di tempo. Borello riut<strong>il</strong>izza <strong>il</strong> termine<br />

“segno visivo-verbale” (già ado<strong>per</strong>ato da Pignotti come “scrittura verbovisiva”) e propone<br />

una classificazione tipologica<br />

[668]<br />

a seconda del grado di contaminazione visiva della lingua. In “Frigoverre” <strong>il</strong> puntino<br />

diventa granello esagonale microscopico di neve; in “Alitalia” <strong>il</strong> segno grafico della A<br />

ricorda la forma di un aereo; in “Faber” la “a” è rappresentata come una mela addentata.<br />

L’intreccio diventa più articolato negli iconismi sintattici 3 .<br />

E <strong>il</strong> cervello? Sicuramente è maggiormente coinvolto con processi paralleli di<br />

elaborazione intersensoriali che si connettono e si richiamano. Perché è cambiata la<br />

strategia comunicativa della pubblicità e della comunicazione? Non tanto <strong>per</strong>ché siano<br />

cambiati hardware e software cerebrale, ma <strong>per</strong>ché la stimolazione multimediale attivata<br />

dagli audiovisivi (musica, televisione) ha determinato nuove sensib<strong>il</strong>ità <strong>per</strong>cettive <strong>per</strong> <strong>il</strong><br />

nostro orecchio/cervello. L’es<strong>per</strong>ienza più comunemente riportata è quella delle reazioni di<br />

un adolescente di oggi dinanzi ad una melodia originale di qualche decennio fa. Di solito <strong>il</strong><br />

suo orecchio, abituato ad una ricchezza sonora (orchestrazioni abbondanti e complesse,<br />

effetti, basi musicali molto ritmate) la <strong>per</strong>cepisce come sensorialmente povera. Il cervello<br />

vuole la sua parte. Il senso di impoverimento e di frustrazione sensoriale che viene creato<br />

dall’uso intensivo delle tecnologie della riproduzione acustica e visiva ha contribuito ad<br />

alzare la soglia del bisogno di multimedialità.<br />

Risultato? I giochi gerarchici e funzionali tra i linguaggi e i canali sono stati ria<strong>per</strong>ti e<br />

sono stati ridefiniti. La lingua non è più <strong>il</strong> jolly universale della <strong>per</strong>suasione; mantiene un<br />

suo ruolo essenziale di <strong>per</strong>no o di link, mentre la maggior parte delle altre funzioni<br />

3 Si ricordino le sfumature interattive evidenziate da R. Jakobson nell’analisi del citatissimo “I like Ike” (1966c).<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 6


<strong>per</strong>suasive o seduttive sono passate di mano. La parola riduce la sua presenza,<br />

specializzandola; assume un ruolo chiave senza dis<strong>per</strong>sione, essenziale e lascia agli altri<br />

strumenti sensoriali <strong>il</strong> resto della polifonia. Il ruolo della metafora (soprattutto<br />

nell’immagine o anche nella sintassi visiva, topologica e cromatica, dell’insieme) si fa più<br />

forte e più insistente, anche se talvolta mascherato. La manualistica retorica, classica e<br />

moderna, continua a fare proprio <strong>il</strong> punto di vista secondo <strong>il</strong> quale <strong>il</strong> linguaggio figurato è<br />

caratterizzato da elementi costitutivi che tendono ad allontanarsi dai modi di esprimersi. Un<br />

f<strong>il</strong>one di riflessione linguistica oggi continua a <strong>sotto</strong>lineare la sua natura essenzialmente<br />

cognitiva 4 . In Metaphors we live by Lakoff e Johnson mettevano in evidenza l’intreccio di<br />

modalità di pensiero, di mediazione fra mente, linguaggio e realtà esterna svolto dalla<br />

metafora quotidianamente. Tale punto di vista continua quello che assegna alla metafora un<br />

carattere sostanzialmente o elitariamente linguistico-verbale, mentre la tradizione semiotica<br />

(europea in particolare) ha insistito sulla convinzione che si tratti di un meccanismo comune<br />

a tutti i canali sensoriali, ai media e ai linguaggi che vi vengono attivati (cfr. la classica<br />

“retorica visivo-verbale” di Bonsiepe e <strong>il</strong> dibattito dgli anni ‘70-‘80 dedicato all’iconismo).<br />

Più frequente è l’uso non esplicito di arricchimento connotativo attraverso <strong>il</strong><br />

“correlativo oggettivo”: l’uso della giustapposizione di <strong>per</strong>sone e/o di oggetti ottiene come<br />

effetto <strong>il</strong> “blending” delle loro caratteristiche. Immagini, idee ed emozioni possono essere<br />

agganciate a parole, a determinati prodotti, attraverso una semplice o<strong>per</strong>azione di<br />

accostamento fisico. Tale prossimità crea nel lettore/spettatore un migrare di proprietà tra<br />

gli estremi messi a contatto, <strong>per</strong> es. una modella e un’automob<strong>il</strong>e, un tramonto come sfondo<br />

di un prodotto, ambienti alpini o genericamente campestri e prodotti alimentari. Non è una<br />

tecnica specificamente pubblicitaria, ma - nonostante la sua origine poetica e letteraria – è<br />

condivisa da tutte le forme artistiche. Scriveva T.S. Eliot: “L’unico modo di esprimere<br />

emozioni in forma artistica è quello di trovare un correlativo oggettivo: in altre parole, un<br />

insieme di oggetti, una situazione, una catena di eventi, che sarà la formula di quella<br />

particolare emozione, in modo che quando si verificano quei fatti esterni allora l’emozione<br />

associata venga evocata immediatamente”.<br />

[669]<br />

Altro elemento non verbale, colto dagli studiosi quasi esclusivamente nella dimensione<br />

linguistica, riguarda <strong>il</strong> “ritmo”, spesso è determinante <strong>per</strong> <strong>il</strong> senso d’un atto comunicativo.<br />

Nella comunicazione audiovisiva è essenziale <strong>per</strong> l’efficacia del messaggio; entrare in<br />

consonanza con <strong>il</strong> ritmo specifico del prodotto (quello di un whisky è diverso da quello di<br />

un profumo, di un alimento <strong>per</strong> bambini, di un abito o d una calzatura; o addirittura è<br />

diverso anche all’interno di uno stesso settore commerciale: quello di una automob<strong>il</strong>e di<br />

lusso deve essere diverso da quello di un’ut<strong>il</strong>itaria 5 ) ed esprimerlo in tutti gli elementi che<br />

compongono <strong>il</strong> messaggio (cfr. Testa 1988: 62-64) è <strong>il</strong> momento chiave della costruzione di<br />

questo.<br />

La gerarchia degli elementi semiotici non è più fissa: la loro priorità funzionale e <strong>il</strong><br />

ruolo di cardine (luogo che tiene <strong>il</strong> tutto) può spostarsi di volta in volta ed essere assegnato<br />

liberamente ai componenti del messaggio. L’importanza della linearità e della sequenzialità<br />

(la comprensione e lo sprigionarsi della forza <strong>per</strong>suasiva non seguono la linea dei sintagmi)<br />

risulta minore rispetto al ruolo assegnato ad altre componenti (la figura e <strong>il</strong> volto, <strong>il</strong> corpo, <strong>il</strong><br />

flacone, o anche <strong>il</strong> payoff o l’headline). Il messaggio pubblicitario è visto e letto<br />

selettivamente: l’occhio corre là dove lo chiamano la forza del colore, le sue sinergie, o<br />

quelle del corpo o degli oggetti. Alla fine della scansione la coscienza lega gli elementi<br />

raccolti e dà un senso, chiaro o confuso, più o meno verbalizzab<strong>il</strong>e. Non è una lettura<br />

ordinata e uniforme, quanto una <strong>per</strong>cezione a sbalzi (a puzzle) guidata dalle priorità<br />

implicite inserite nei singoli elementi del quadro.<br />

4<br />

Cfr. soprattutto Lakoff-Johnson.<br />

5<br />

Una prova banale la si può ottenere confrontando le modelle o i testimonial che ne accompagnano la<br />

dimostrazione dell’uso soprattutto nel loro linguaggio del corpo, nell’abbigliamento e nella location.<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 7


2. Pubblicità dei profumi: sinestesie e multisensorialità<br />

Proprio <strong>per</strong> la consonanza con le caratteristiche del prodotto, <strong>il</strong> modello di pubblicità<br />

che abbiamo delineato è presente in modo quasi esclusivo nella pubblicità dei profumi.<br />

2.1. Psicologia dell’oggetto e del suo consumo<br />

Il profumo si è sempre presentato come oggetto misterioso, inafferrab<strong>il</strong>e e sfuggente;<br />

effimero e volat<strong>il</strong>e, rispecchia sensazioni e sentimenti nella trama dei loro infiniti <strong>per</strong>corsi e<br />

destini emozionali, chiudendoli in quell’alone di mistero che ognuno di noi vuole <strong>per</strong> la<br />

parte intima e privata di sé.<br />

I circuiti e le modalità attraverso i quali l’oggetto e <strong>il</strong> segno “profumo” comunicano<br />

sono sensorialmente molto differenti da quelli tipici dell’homo videns: l’odore non ha<br />

contorni, non ha prospettiva, avvolge e circonda, è vaporoso, cangiante e volat<strong>il</strong>e. Traduce<br />

la fisicità delle sensazioni in sottigliezze e connessioni informulab<strong>il</strong>i; si allontana quindi<br />

dalle dimensioni della forza sintagmatica della parola e crea, sulla base delle sue<br />

caratteristiche di indeterminatezza, allusività e m<strong>il</strong>le possib<strong>il</strong>ità di focalizzazione e di<br />

lettura, liaisons priv<strong>il</strong>egiate con la metafora. Il legame tra componenti di una fragranza e<br />

loro valenza simbolica nel consumo individuale o nella comunicazione pubblicitaria resta<br />

ancora intrigante e misterioso, come misteriosa è l’affinità che sentiamo con un profumo e<br />

che ci spinge a sceglierlo. L’elemento più appariscente delle valenze comuni esistenti tra<br />

pubblicità di tipo simbolico e profumo sta nell’amore <strong>per</strong> l’indefinito e lo sfumato che<br />

entrambi pred<strong>il</strong>igono. Ricchi di valenze simboliche, ricordate e attivate nei destinatari con<br />

tocchi velocissimi, si rifiutano di essere circoscritti in un quadro di componenti espliciti. Il<br />

loro comunicare è fatto di richiami diretti in grande quantità verso <strong>il</strong> ricevente e dal destino<br />

incerto. Sta infatti alla sensib<strong>il</strong>ità di questi avvertirne la presenza<br />

[670]<br />

e <strong>il</strong> richiamo e quindi dare una risposta agli appelli in quella inclusi. Una funzione<br />

maieutica e magica, secondo le reason why del marketing: <strong>il</strong> profumo aiuta a capire la<br />

faccia, in senso goffmaniano, che vogliamo presentare a noi stessi e agli altri. Oltre a questa<br />

funzione di specchio, che proietta noi stessi sulla coscienza <strong>per</strong> poterci vedere meglio, <strong>il</strong><br />

profumo è uno strumento che favorisce o magicamente ci fa vivere l’altra faccia di noi<br />

stessi, quello che vorremmo essere o avere.<br />

Per orientarsi nella comprensione del significato del profumo è necessario porsi tre<br />

domande: cosa c’è realmente e fisicamente nel profumo, che cosa vi si vede, che cosa vi si<br />

cerca o gli si chiede. La risposta semiotica sta in una gamma di potenziali significanti<br />

attivab<strong>il</strong>i e <strong>per</strong>cepib<strong>il</strong>i sulla base di una sensib<strong>il</strong>ità <strong>per</strong>sonale. Il gioco di messa a fuoco è<br />

potenzialmente infinito.<br />

L’area pubblicitaria del profumo si presenta molto articolata e ricca di specificità, quasi<br />

un genere a sé. Oltre ai sensi della fragranza infatti è possib<strong>il</strong>e essere attratti dalla sinergia<br />

di linee e di colori che si sprigionano dal flacone, espressione di una forma visiva che attiva<br />

una sensazione olfattiva e poi diventa tratto di <strong>per</strong>sonalità o sensazione delle azioni e<br />

situazioni della vita. Questo nucleo profondo di significato nella pagina pubblicitaria si<br />

traduce in un insieme di segni, che vanno dal testo linguistico, alla forma del flacone, ai<br />

colori, alle circostanze del setting, della storia raccontata e soprattutto dal linguaggio non-<br />

verbale espresso dal testimonial.<br />

Il ruolo semiotico rivestito da questo attore della scena, non solo nel senso di testimone<br />

del prodotto, ma in quello di coadiutore semiotico del flacone e del prodotto nella<br />

costruzione di una realtà di senso, viene realizzato soprattutto attraverso una orchestrazione<br />

di segni nonverbali. Come si vedrà nel corso dell’analisi, <strong>il</strong> rapporto tradizionale tra segno<br />

linguistico e segno non-verbale qui è ribaltato: <strong>il</strong> ruolo di ancoraggio del significato che<br />

Barthes assegnava alla parola, qui è proprio del non-verbale. La procedura di decodifica<br />

assegnata al ricevente è ribaltata: <strong>il</strong> liminale, <strong>il</strong> sensoriale, l’alluso vengono prima del senso<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 8


organizzato dai grandi sistemi della lingua o della cultura, agisce quasi come un sistema<br />

istintuale, non elaborato, molto vicino ad una fisiologia della <strong>per</strong>cezione. La sensorialità<br />

prevale sulla coscienza e sulla codifica cosciente dei sistemi semiotici. Il profumo, come<br />

oggetto di consumo e di comunicazione simbolica con se stessi e con gli altri, rivela questa<br />

doppia direzione anche prima dell’acquisto e del consumo, quindi proprio nella sua fase di<br />

comunicazione.<br />

Il corpus di riferimento ha rivelato una complessità e ricchezza comunicativa, a prima<br />

vista insospettab<strong>il</strong>e, e una estrema varietà creativa di strategie ut<strong>il</strong>izzate a tutti i livelli <strong>per</strong><br />

raggiungere le nuances culturali, psicologiche ed emozionali che caratterizzano quasi in<br />

modo individuale i consumatori. Il fascino di questa area comunicativa, rispetto agli<br />

orientamenti o<strong>per</strong>ativi dominanti nella maggior parte della pubblicità di oggi, sta nella sua<br />

scarsa referenzialità e nel suo agire come o<strong>per</strong>atore simbolico a tu <strong>per</strong> tu con la mente e la<br />

psiche del consumatore: <strong>il</strong> prodotto fisico, le sue componenti non possono essere<br />

considerate come l’oggetto in gioco, questo raggiunge la sua completezza e la sua ragion<br />

d’essere solo quando si incontra con <strong>il</strong> consumatore o del prodotto o della comunicazione<br />

che lo riguarda. Il lavorio comunicativo, semantico e simbolico che si svolge tra produttore,<br />

messaggio e ricevente è di tipo “seduttivo” (cfr. Baudr<strong>il</strong>lard; Degrèse-Amory), cioè una<br />

comunicazione che si vela e si nasconde ora negli obiettivi finali ora negli strumenti e nelle<br />

argomentazioni <strong>per</strong>suasive ora proprio nella scelta dei singoli componenti segnici. C’è tutta<br />

una rete di accenni, di suggerimenti, talvolta anche di eufemismi, che viene ut<strong>il</strong>izzata da<br />

entrambi i poli <strong>per</strong> dire e non dire, <strong>per</strong> scavalcare le resistenze della coscienza e inondare e<br />

rispondere ai bisogni più nascosti. Vi prevalgono una comunicazione<br />

[671]<br />

e una interazione <strong>per</strong> sottintesi, <strong>per</strong> strategie a lunga scadenza e lontane, non immediate. Il<br />

gioco degli obiettivi e della focalizzazione è quasi esclusivamente sul simbolico non<br />

collettivo ma individuale.<br />

Tale gioco seduttivo ha bisogno quindi di una strumentazione segnica basata<br />

sull’approssimazione e <strong>il</strong> doppio senso, le focalizzazioni multiple dovute alla diversità degli<br />

individui e dei propri stati d’animo. È <strong>per</strong> questo che prevale l’uso di codici nonverbali e di<br />

una forma “poetica” non referenziale della lingua. Il gioco delle intertestualità tra parte<br />

linguistica e non-verbale nel suo complesso, e quella tra singoli sistemi segnici (colore,<br />

forme degli oggetti, prossemica e gestualità), si fa intenso e imprevedib<strong>il</strong>e.<br />

Lo spazio lasciato al lettore e al consumatore è molto grande e definitivo nei confronti<br />

del testo e del prodotto: è questi infatti che ne decide <strong>il</strong> destino e <strong>il</strong> risultato, accettandolo o<br />

rifiutandolo. L’universo semiotico, unitamente alle nervature semantiche e alle strategie<br />

<strong>per</strong>suasive che lo attraversano nell’atto comunicativo, è interessante anche nella misura in<br />

cui non riesce a <strong>per</strong>suadere, a creare consenso all’acquisto e al consumo, quando in una<br />

parola fallisce. In questo caso viene a galla, attraverso i luoghi e i modi del rifiuto, la parte<br />

più sana di noi, quella che ha in sé le certezze dell’identità e non dipende dagli oggetti o<br />

dagli altri. Il confronto tra queste due facce di noi rivela le faglie che attraversano la nostra<br />

coscienza e <strong>il</strong> nostro essere uomini, oggi.<br />

Le aree tematiche e correlative che emergono con chiarezza sono quattro:<br />

A) profumo come gioco della seduzione. “Je séduis donc je suis” si legge in Degrése-<br />

Amory (p.17). Nella diffic<strong>il</strong>e identificazione dell’accezione del termine “seduzione”, forse<br />

l’unica cosa certa resta la sua accezione etimologica: attrarre e portare dalla propria parte,<br />

spesso con linguaggi non espliciti e strategie interattive che tendono ad evitare <strong>il</strong> conflitto e<br />

tendono alla “softness” o all’implicito e alla complicità;<br />

B) profumo come risveglio dei sensi. Immagini, sapori, suoni, odori aspettano di essere<br />

<strong>per</strong>cepiti <strong>per</strong> recu<strong>per</strong>are quello che ci sembra di avere trascurato. Il tema dominante dei<br />

profumi femmin<strong>il</strong>i è l’evocazione immediata di una natura rigogliosa e amica: <strong>il</strong> “paradiso<br />

ritrovato”, insomma; spesso anche un “giardino proibito”, un “paradiso terrestre” in cui,<br />

come nel gioco della seduzione, si offre un’eterna soluzione simbolica a problemi di ben<br />

altra natura;<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 9


C) profumo come ricordo. L’aggettivo che meglio si accorda con profumo – e che ritorna<br />

più frequentemente- è “magico”, <strong>per</strong>ché è connotato da un potere segreto: la capacità<br />

evocativa. Infatti attraverso i meccanismi misteriosi dell’olfatto <strong>il</strong> profumo sa riportare alla<br />

memoria ricordi e mondi <strong>per</strong>duti, emozioni e situazioni, creando un vincolo più stretto tra<br />

passato e presente, evocando antiche e mitiche atmosfere, ma soprattutto sa rubare<br />

suggestioni alla natura <strong>per</strong> restituircele amplificate;<br />

D) profumo come prestigio ed eleganza. Oltre a stare bene con se stessi e nella coppia,<br />

garantisce accettazione e gradimento anche nel sociale. È uno degli aspetto<br />

sociocomunicativi più frequenti.<br />

Per leggere lo spartito della complessià “sinfonica” di questa comunicazione occorre<br />

affidarsi ai vari righi musicali che la compongono, selezionare i singoli canali e i singoli<br />

messaggi 6 . I campi di osservazione ut<strong>il</strong>izzati nell’indagine vogliono tentare di cogliere la<br />

ricchezza della comunicazione non-verbale e <strong>il</strong> ruolo subordinato che la parte linguistica<br />

ricopre nel corpus. Anzi, nella maggior parte dei casi, <strong>il</strong> testo linguistico è molto limitato o<br />

addirittura non c’è se non in forme riflesse dal flacone e limitato alla denominazione del<br />

prodotto e della Maison produttrice. Questo soprattutto riguarda i prodotti già affermati,<br />

creando una diarchia tra <strong>il</strong> potere del nome<br />

[672]<br />

e la magia del prodotto. Inoltre nei casi in cui si svolge un’articolazione linguistica con<br />

headline e una sub-headline o un copy, i riferimenti semantici sono generici, spesso<br />

espressione di una poeticità evanescente, indeterminata, tra esotico, immaginazione e<br />

sogno; mentre l’equ<strong>il</strong>ibrio comunicativo (l’ancoraggio di tipo barthesiano) passa dal<br />

linguistico al non-verbale di alcuni elementi come <strong>il</strong> flacone, la modella o testimonial e <strong>il</strong><br />

setting.<br />

2.2. Gli “actors”<br />

Il primo elemento significativo riguarda gli attori della comunicazione. Su un campione<br />

casuale di 400 inserzioni si ha che i profumi <strong>per</strong> donna sono presentati da una donna (161),<br />

dal solo prodotto (80), da una coppia (24), da un gruppo di donne (9), da un gruppo misto<br />

(3), da un uomo (1), da una donna e una bambina (1), da un gruppo di uomini (1); mentre in<br />

quelli <strong>per</strong> uomo da un uomo (46), dal solo prodotto (31), da una coppia (19), da un gruppo<br />

di uomini (6), da un uomo e uno o più bambini (4), da una donna (1), dalla sola<br />

denominazione del profumo (1), da un gruppo di donne (1), da un gruppo misto (1). La<br />

tendenza è quella di ut<strong>il</strong>izzare proiezioni speculari di sé (come potrei diventare), di<br />

focalizzare in modo egocentrico e referenziale sulla raffigurazione del prodotto, o infine di<br />

vedere la propria proiezione come coppia. In ogni caso una comunicazione fatta di <strong>per</strong>sone,<br />

di corpi e di volti.<br />

2.3. Il gioco linguistico<br />

Anche se quantitativamente scarso, l’elemento linguistico si presenta agguerrito nello<br />

svolgimento di una funzione che osc<strong>il</strong>la tra rassicurazione autoritativa della denominazione<br />

6 Questa analisi si rifà e in parte riprende le osservazioni di una ricerca (cfr. Di Sparti 1997) basata su un corpus<br />

di oltre m<strong>il</strong>le inserzioni pubblicitarie, varie <strong>per</strong> lingua e <strong>per</strong> anno, ma senza alcun impianto quantitativo in termini di<br />

rappresentatività del campione. Da esso è stato ottenuto un database analitico <strong>per</strong> vari aspetti di comunicazione<br />

linguistica e non-verbale. I suoi elementi costitutivi (“campi”) più significativi sono stati: denominazione,<br />

destinatario, headline, payoff, copy, posizione corpo, inquadratura, capelli (colore, taglio; legati/sciolti;<br />

lisci/ondulati), contatto, setting, prossemica, actors (testimoni, prodotto), sfondo; abito (tessuto, colore, taglio), tappo<br />

(colore, materiale, forma, allusioni), mani (autocontatto, eterocontatto), flacone (forme, colore, dimensioni,<br />

posizione), volto (fronte, sguardo, sorriso), gestualità, metafora/miti, sintassi visiva (forme, richiami), testimonial<br />

(sesso, aspetto, gestualità, somiglianze).<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 10


o della griffe e la magia sensoriale, con riferimenti che danno la valenza di talismano<br />

storico, geografico, o sensoriale al prodotto.<br />

Le denominazioni legate alla Maison sono presenti da sole (nome e cognome dello<br />

st<strong>il</strong>ista, denominazione di linee di prodotti), o accompagnate da aggiunte minime <strong>per</strong> la<br />

parte in francese <strong>per</strong> indicare la tipologia del prodotto (eau de parfum, eau de to<strong>il</strong>ette,<br />

parfum, extrait, fragrance), dei destinatari (con l’aggiunta “pour homme”o una sua variante<br />

come Donna Trussardi, L’uomo Trussardi, Madame Rochas) o una indicazione numerica<br />

progressiva (Chanel N° 5). Interessante la lista di denominazioni minimizzanti create a<br />

partire da “eau de”: Eau Belle d’Azzaro Loris Azzaro, Eau d’Eden Cacharel, Eau de<br />

Fraîcheur Rancé, L’Eau d’Issey Issey Miyake. Sono possib<strong>il</strong>i piccole variazioni sul nome<br />

come l’indicazione del solo nome: Laura (Laura Biagiotti), Mariella (Burani) o del solo<br />

cognome: Capucci; oppure con la semplice aggiunta di un sintagma nominale<br />

caratterizante: Spazio K (Krizia), Fiori di Krizia, Musk di Mimmina, Van<strong>il</strong>la di Mimmina,<br />

Miss (Arpels, Dior), Gucci: Accenti, Nob<strong>il</strong>e, L’arte di Gucci.<br />

Le denominazioni originali possono esssere così raggruppate: 1) aggettivi relativi al<br />

prodotto o ai consumatori: Krazy Krizia, Molto Missoni; Arrogantissima, Clandestine,<br />

Égoïste; 2) cinema con riferimenti generici o a titoli di f<strong>il</strong>m: Diable Au Corps; 3) identità<br />

masch<strong>il</strong>e e femmin<strong>il</strong>e: “Donna” di Fiume; Féminité du Bois Shiseido, Le Male Jean Paul<br />

Gautier; 4) esotismo: Ashâya, Jaïpur, Samsara, Shalimar; 5) geografico/storici: 24,<br />

Faubourg, Byzance, Firenze, Paris; 6) idiomatismi: C’est la vie, Cheap And Chic By<br />

Moschino, Oh Lala; 7) mito/classico: Antaeus Pour Homme, Eden; 8) abbigliamento:<br />

Atelier, Green Jeans, Pa<strong>il</strong>lettes; 9) musica: Arpège, Pour Elise, Chrome; Nocturnes; 10)<br />

nomi comuni: Poême, Trésor; 11) <strong>per</strong>sonaggi: Anaïs Anaïs, Anouchka, Coco; 12) “profumo<br />

di”: Parfum d’été, Parfum d’homme, Parfum de Nuit; 13. “proibito”: Fleur d’interdit,<br />

Opium secret de Parfum.<br />

[673]<br />

La varietà funzionale e semantica mette in evidenza l’importanza attribuita al gioco di<br />

riferimenti culturali e sensoriali che vengono proposti al consumatore. Più intrigante è <strong>il</strong><br />

gioco di correlazioni testuali offerto suggerendo collegamenti tra aree espressive diverse,<br />

giocando con la possib<strong>il</strong>ità di collegare la denominazione della griffe spesso riportata anche<br />

come titolo e presente sul flacone. Quest’uso della parola (ma si estende con maggiore<br />

ampiezza e r<strong>il</strong>evanza anche alla parte visiva) è collegato alla tecnica del correlativo<br />

oggettivo, di cui abbiamo detto.<br />

Per osservare <strong>il</strong> gioco referenziale e allusivo tra realtà molte diverse è opportuno<br />

riportare una selezione dei costrutti relativi a denominazione, headline, copy/payoff in cui<br />

tale meccanismo è usato molto di frequente e con notevole ab<strong>il</strong>ità giustappositiva, creando<br />

una sensazione di senso, che forse non c’è, o la cui logica spesso sfugge. In alcuni casi <strong>il</strong><br />

collegamento tra i modi linguistici è guidato e controllato come in Basala pour homme (Per<br />

un uomo unico - Forte Intelligente. Passionale. / La forza del suo spirito / ne fa un uomo<br />

unico. / Un uomo che conosce se stesso. / E che tutti riconoscono), Diable au corps (Il<br />

profumo che ti ruba l’anima), Eau d’Eden (Un profumo dal paradiso - d’Eau / Eden), Fleur<br />

d’interdit (Fleur d’interdit - Ti aspettavo!), Fresco absolut (Voglia di assoluto - Il gusto<br />

della libertà / la vertigine / di una natura estrema / La sensazione intensa / di un incontro<br />

assoluto / L’uomo assoluto / allo stato puro), Parfum d’été (Kenzo trasforma l’estate in<br />

profumo. - Parfum d’été), Poison (C’è qualcosa in voi, è Dior. - Poison / veleno), Venezia<br />

Uomo (È meglio sedurre o essere sedotti? - Il / profumo / <strong>per</strong> l’uomo), XS (Osez la lumière<br />

- Oro oscuro. / Ebano luminoso. / Corpo proteso verso preziosi segreti. / Trasparenza nel<br />

palmo della mano. / Il vero piacere si nasconde nella luce, / non nella penombra); Allure<br />

(Indefinib<strong>il</strong>e / ma assolutamente irresistib<strong>il</strong>e); Anaïs Anaïs (Tutta la tenerezza in un<br />

profumo); Roma (Un soffio / di / eternità).<br />

In altri l’allusione corre totalmente libera, svincolata da qualsiasi nesso apparente: 24,<br />

Faubourg (Le monde secret où chaque femme est un sole<strong>il</strong>); Aria Missoni (L’intensità del<br />

momento. / La forza del ricordo); Azzaro (Un regard tourné / vers l’avenir); Balestra (Il<br />

prossimo tuo sei tu); Cacharel pour homme (... Destination a<strong>il</strong>leurs); Cacharel pour homme<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 11


(Un salto / nella libertà); Dior (Fahrenheit / infinitamente uomo); Dune (Dune, un attimo di<br />

sogno); IL (Uomini); Insensé ultramarine (Ultramarine); Jean Louis Scherer (La passion du<br />

moment. L’éternel / féminin); Joint (Intensamente Donna); Kenzo (Kenzo, ça sent beau);<br />

Patou (Surprendre son-temps); Perlier (L’emozione di una musica. / La tenerezza di un<br />

profumo); Poême (Come la luce del sole tu mi accechi la mente); Roccobarocco jeans <strong>per</strong><br />

uomo (Voglio tutto / voglio la luna); Solo Soprani (Vivi e vola); Tocade (Totalmente /<br />

Tocade / di Rochas); Trance (Trance. Le mystère / d’un parfum); Yes (Oh yes!).<br />

2.4. La componente non-verbale<br />

La componente non-verbale si estende dagli aspetti specifici della comunicazione<br />

visiva (meccanismi di <strong>per</strong>cezione e di pensiero, sintassi visiva) ai contenuti veicolati dal<br />

linguaggio del setting/sfondo, degli oggetti, del corpo degli actors o della testimonial.<br />

Si tratta di una comunicazione molto articolata e differenziata sia a livello di contenuti<br />

che di canali <strong>per</strong>cettivi. Gli aspetti cognitivi propri della intelligenza razionale oggi sono<br />

accostati a quelli dell’intelligenza emotiva (v. Goleman). L’insistenza su questo doppio<br />

canale di attenzione è necessario, <strong>per</strong>ché l’impatto di moltissime (quasi tutte) le pubblicità<br />

del corpus non sono referenziali (se non in minima parte) ma sono quasi esclusivamene di<br />

tipo seduttivo e quindi emotivo.<br />

[674]<br />

Il colore<br />

Se è vero che nella comunicazione pubblicitaria <strong>il</strong> colore svolge un ruolo da<br />

protagonista, poiché qualsiasi fatto di realtà, prima di essere presenza materica è presenza<br />

cromatica, <strong>per</strong> fattori psicologici, <strong>per</strong>cettivi e fisiologici (cfr. Appiano, 1991, p. 20), ciò si<br />

rivela particolarmente vero <strong>per</strong> la pubblicità dei profumi.<br />

Doppio ruolo: richiamare l’attenzione, dare uno sfondo emotivo <strong>per</strong> <strong>il</strong> suo significato<br />

intrinseco creato dalla gamma di onde che attivano aree diverse del cervello.<br />

Restano ad oggi diversità interpretative nel determinare <strong>il</strong> significato del colore,<br />

osc<strong>il</strong>lando tra ipotesi culturali (Jung), psicologiche se sia da attribuire a fattori psicologici, o<br />

anche a fattori cerebrali. Queste tre ipotesi di spiegazione del ruolo del colore in termini<br />

<strong>per</strong>cettivi si rivelano informativamente produttive <strong>per</strong>ché rivelano come <strong>il</strong> colore possa<br />

coinvolgere contemporaneamente circuiti cerebrali differenti. Sono loro spesso che danno la<br />

prima determinazione della tem<strong>per</strong>atura emotiva. Le uniche associazioni di colori su cui ci<br />

si trova universalmente d’accordo sono quelle fisiche: i rossi, gli arancioni ed i gialli sono<br />

visti come colori caldi; <strong>il</strong> blu, i verdi ed i violetti sono considerati freddi; <strong>per</strong> <strong>il</strong> resto esiste<br />

ben poco accordo tra gli studiosi sui loro effetti fisici e fisiologici. Gli es<strong>per</strong>ti del colore lo<br />

“gestiscono” quando, attraverso un suo uso ab<strong>il</strong>mente es<strong>per</strong>to, risvegliano l’interesse o<br />

aumentano la produttività; <strong>il</strong> suo valore risulta ancora più evidente nell’importanza che gli<br />

viene riconosciuta <strong>per</strong> la pubblicità nella manipolazione del consumatore: è con esso,<br />

infatti, che si richiama l’attenzione, si comunica informazione, si crea identità.<br />

Parecchie ricerche hanno stab<strong>il</strong>ito che “la luce di diversi colori, entrando nel nostro<br />

occhio, può influenzare indirettamente <strong>il</strong> centro delle emozioni; [...] le <strong>per</strong>sone tendono ad<br />

essere attirate da certi colori in base ad alcuni fattori; la scelta può essere basata sulla loro<br />

<strong>per</strong>sonalità, sulle circostanze della loro esistenza o su processi mentali e desideri profondi<br />

magari inconsci” (Sun, p. 58).<br />

Nelle pubblicità a stampa dei profumi, <strong>il</strong> significato del colore può riguardare o <strong>il</strong><br />

messaggio nel suo insieme o singoli moduli testuali della pagina come <strong>il</strong> setting/sfondo, la<br />

scena e gli attori, <strong>il</strong> loro abbigliamento, <strong>il</strong> flacone, <strong>il</strong> tappo, <strong>il</strong> packaging.<br />

Questo tipo di comunicazione viene generalmente usato <strong>per</strong> un genere di prodotto che<br />

non ha bisogno di attirare l’attenzione con particolari effetti cromatici, <strong>per</strong>ché già<br />

conosciuto in quanto tale o <strong>per</strong> <strong>il</strong> nome della maison o della griffe. Un’immagine<br />

fotografica in bianco e nero, infatti, mediante precisi accorgimenti tecnici, <strong>per</strong>mette la<br />

realizzazione di figure indistinte e comunque, anche se la figura è <strong>per</strong>fettamente visib<strong>il</strong>e, <strong>il</strong><br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 12


testo cromatico le conferisce un fascino che travalica i limiti del tempo e l’attore risulta<br />

quasi mitizzato; in tal modo ogni fruitore vi si può identificare a proprio piacimento.<br />

Certo non c’è dubbio che anche senza colore, <strong>il</strong> gioco comunicativo affidato alla luce<br />

nelle sue varianti (dal nero all’abbagliante) riesce a comunicare emozioni e sensazioni pur<br />

sempre nella CNV e in correlazione con gli altri elementi del messaggio. Manca <strong>per</strong>ò la<br />

varietà del gioco dei richiami (quindi con un affievolirsi del ruolo di ancoraggio<br />

mnemonico) possib<strong>il</strong>e attraverso la grande rete di tinte cromatiche.<br />

Il colore preferito <strong>per</strong> <strong>il</strong> flacone, forse anche <strong>per</strong> <strong>il</strong> fatto che essendo trasparente assume<br />

<strong>il</strong> colore della fragranza, risulta <strong>il</strong> giallo in tutta la gamma delle sue sfumature, dall’ambra al<br />

giallo pallido, all’ocra, alle sfumature dorate, non importa che i suoi destinatari siano<br />

uomini, donne o bambini. Poche volte viene impiegato <strong>per</strong> <strong>il</strong> setting e <strong>per</strong> gli abiti; <strong>per</strong> i<br />

tappi vengono usati l’oro, l’argento <strong>il</strong> bianco trasparente o smerigliato ed <strong>il</strong> nero; rare volte<br />

<strong>il</strong> verde, l’azzurro, <strong>il</strong> blu, <strong>il</strong> marrone ed <strong>il</strong> rosso.<br />

[675]<br />

È sempre un colore positivo e della felicità, legato al sole e all’oro; simboleggia <strong>il</strong> futuro ed<br />

<strong>il</strong> bisogno di nuovo, modernità e sv<strong>il</strong>uppo, come afferma Max Lüscher, secondo cui<br />

fornisce la gioia spontanea dell’azione e provoca un tipo di risposta attiva e vivace.<br />

Combinato con <strong>il</strong> rosso equivarrebbe a “desiderio di conquista più attesa di qualcosa di<br />

nuovo”. Le diverse sfumature suggeriscono <strong>il</strong> gusto aspro ed astringente del limone e del<br />

pompelmo o quello ricco e cremoso del burro e del formaggio.<br />

Il giallo è associato alla mente, è <strong>il</strong> colore tipico della primavera <strong>per</strong>ché i fiori<br />

primaver<strong>il</strong>i sono quasi tutti gialli ed ha pochi aspetti malvagi; <strong>per</strong>ò nonostante la sua<br />

valenza di gioia generalmente non è molto apprezzato. Da tempo immemorab<strong>il</strong>e i cinesi lo<br />

hanno considerato beneaugurante e riservato all’im<strong>per</strong>atore, alla sua corte e alle insegne<br />

dell’im<strong>per</strong>o. Un’esemplificazione cinematografica sulla ampia gamma del suo uso, in<br />

associazione con <strong>il</strong> rosso, la possiamo trovare nel f<strong>il</strong>m “L’ultimo Im<strong>per</strong>atore” di B.<br />

Bertolucci, ove contribuisce a dare vitalità e regalità a una vicenda che felice non è. Il suo<br />

uso nell’abbigliamento è oggi diffuso più in Oriente che in Occidente, forse <strong>per</strong>ché nella<br />

cultura europea fin dal medioevo gli è stato associato un alone di negatività aggressiva.<br />

La comunicazione pubblicitaria e la moda non adottano tale punto di vista, tornando a<br />

dargli <strong>il</strong> valore simbolico che gli deriva dalla sua associazione analogica con <strong>il</strong> sole e l’oro.<br />

Il colore diventa strumento di raccordo degli elementi diversi della pagina pubblicitaria<br />

<strong>sotto</strong>lineando consonanze e dissonanze, o suggerendo intrecci e collegamenti.<br />

A) Il colore della fragranza. Quando è visib<strong>il</strong>e attraverso la trasparenza del flacone, nella<br />

maggior parte dei casi è giallo, si intensifica diventando più caldo e dorato, virando verso <strong>il</strong><br />

rosso <strong>per</strong> i jus forti e corposi, si avvicina invece alle tonalità più pallide e al bianco<br />

trasparente e cristallino <strong>per</strong> le essenze leggere e delicate; <strong>per</strong> i freschi, dedicati soprattutto<br />

all’uomo, si usano invece oltre all’azzurro tutte le tonalità del verde, dalle più scure al verde<br />

acqua, che richiamano l’idea di pulito, di semplice e di fresco.<br />

B) I colori dello sfondo. I colori più ut<strong>il</strong>izzati <strong>per</strong> lo sfondo degli annunci sono <strong>il</strong> bianco, <strong>il</strong><br />

grigio ed <strong>il</strong> nero, cioè i così detti “colori senza colore”, che <strong>per</strong>mettono agli altri elementi di<br />

risaltare meglio e di esprimersi in tutta la loro bellezza. Dal punto di vista <strong>per</strong>cettivo <strong>il</strong> nero<br />

suggerisce l’idea di uno spazio infinito, ma è in sé foriero di presagi in quanto sconosciuto.<br />

Tuttavia <strong>il</strong> nero è generalmente indice di eleganza e di seduzione; in molte pubblicità infatti<br />

la donna veste di nero e porta altissimi <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong>.<br />

C) I colori del packaging. Anche nel packaging <strong>il</strong> colore assume ruoli e significato precisi;<br />

esso serve <strong>per</strong> attirare l’occhio, fissare l’immagine in modo indeleb<strong>il</strong>e e corrisponde al<br />

bisogno reale o immaginario che <strong>il</strong> prodotto soddisfa. Nei testi analizzati non sempre è stata<br />

registrata la presenza del packaging, diversamente che in altre aree merceologiche in cui<br />

esso è elemento importantissimo: <strong>per</strong> esempio nei prodotti alimentari che bisogna scegliere<br />

o riconoscere immediatamente tra i tanti degli affollatissimi scaffali dei su<strong>per</strong>mercati,<br />

oppure <strong>per</strong> le sigarette, di cui spesso viene venduto <strong>il</strong> contenitore e non <strong>il</strong> contenuto. Nel<br />

settore profumi invece esso non ha molta importanza <strong>per</strong>ché <strong>il</strong> ruolo maggiore è rivestito<br />

dall’essenza che si “indossa” come un abito sulla propria pelle, e dal flacone che la deve<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 13


contenere. Sui 422 testi pubblicitari esaminati, in soli 23 casi infatti si è riscontrata la sua<br />

presenza.<br />

D) Il colore dei tappi del flacone. Quasi sempre nei messaggi pubblicitari presi in esame è<br />

presente <strong>il</strong> tappo del flacone con particolare importanza sia <strong>per</strong> l’effetto cromatico che <strong>per</strong> <strong>il</strong><br />

simbolismo della forma. Il colore più impiegato <strong>per</strong> i tappi è <strong>il</strong> bianco in tutte le sue<br />

sfumature<br />

[676]<br />

e con particolari lavorazioni del vetro, sia trasparente che smerigliato.<br />

E) I colori dell’abbigliamento. Le peculiarità di un profumo sono spesso indicate o<br />

<strong>sotto</strong>lineate anche dal simbolismo dell’abito indossato dagli attori che, come la pettinatura o<br />

<strong>il</strong> trucco, non ha un valore estetico autonomo, ma condizionato dall’essere adatto a chi lo<br />

indossa secondo una complementarità che viene stab<strong>il</strong>ita tra la <strong>per</strong>sonalità del flacone e del<br />

profumo e quello del testimonial. L’abito insieme agli accessori quali gioielli, occhiali,<br />

scarpe, ecc., dà ut<strong>il</strong>i informazioni sulla <strong>per</strong>sonalità, lo status sociale, <strong>il</strong> gruppo<br />

d’appartenenza di chi lo indossa, <strong>sotto</strong>lineandone l’affermazione sociale, l’aggressività o<br />

alcuni atteggiamenti inter<strong>per</strong>sonali, come ad esempio la disponib<strong>il</strong>ità sessuale. L’abito non<br />

solo veste, ma spesso sveste, mettendo in evidenza fome corporee, frequentemente lasciate<br />

intravedere in modo malizioso. È soprattutto con la gaiezza del colore che prende r<strong>il</strong>ievo<br />

non soltanto la bellezza intrinseca delle armonie tonali che esso è in grado di creare, ma<br />

anche la capacità di mettere in evidenza gli stati d’animo più diversi, sia quelli<br />

delicatamente intimi, che quelli puramente esteriori. Il colore ha un suo particolare carattere<br />

espressivo che riflette e manifesta la <strong>per</strong>sonalità di chi lo indossa. L’abbigliamento<br />

dell’uomo va dai vestiti da sera in nero o grigio scuro, indossati su camicie bianche a tinta<br />

unita, ad uno st<strong>il</strong>e informale e sportivo. Anche l’uomo è sempre aitante e giovane. Nella<br />

quasi totalità mira a creare emozioni o più indefinite sensazioni, <strong>per</strong> cui appare giustificato<br />

<strong>il</strong> ricorso massiccio, quasi esclusivo, a linguaggi non verbali <strong>per</strong> la creazione di sinergie fra<br />

vari sistemi non verbali comunicativi: l’olfatto (le fragranze), la vista (<strong>il</strong> colore, la figura, la<br />

forma e la dimensione del flacone, lo sfondo ...) <strong>per</strong> suscitare una stessa<br />

sensazione/emozione e rafforzarla.<br />

Riverberanze archetipiche<br />

Uno studio quasi sistematico dei “miti del quotidiano”, iniziato da Barthes, ha messo in<br />

r<strong>il</strong>ievo le sorprendenti analogie tra la mitologia e la pubblicità. Forme di metalinguaggio e<br />

di metacomunicazione agiscono attraverso una metaforizzazione del loro oggetto primario<br />

con la creazione di correlativi oggettivi e di valori simbolici aggiuntivi, e la trasformazione<br />

della loro valenza semantica e comunicativa. Finalità condivisa è quella di ottenere<br />

consenso senza avvalersi di tecniche epidittiche ma argomentative; entrambe infatti non<br />

mirano a documentare verità, ma solamente ad ottenere un’adesione, seppure provvisoria,<br />

mediante una comunicazione osmotica che, avvalendosi del subliminale e del<br />

paralinguistico, su<strong>per</strong>i <strong>il</strong> controllo e la vig<strong>il</strong>anza dell’ego e aiuti a vivere meglio sull’onda<br />

dell’utopia. Queste due realtà comunicative condividono anche alcune funzioni come quella<br />

totemica, mentre differiscono <strong>per</strong> <strong>il</strong> rapporto con <strong>il</strong> tempo. Il mito classico o antropologico è<br />

caratterizzato infatti dalla <strong>per</strong>ennità di forme, contenuti ed espressioni atemporali, mentre la<br />

pubblicità, nel suo rincorrere la complicità del consumatore, si serve di miti provvisori<br />

desunti dalla cronaca (politica, sport, spettacolo) e dalla fiction (f<strong>il</strong>m, cartoni animati, serial<br />

televisivi), risultando così sincronica al destinatario e alla società in cui egli vive.<br />

Gli elementi che più ricorrono nella mappa delle presenze di archetipi mitici sono:<br />

A) Il sole. Ha una molteplice positività: dà luce, si ricollega al fuoco, fonte di vita, simbolo<br />

di energia. Oltre che nella sua diretta rappresentazione visiva o anche linguistica (es. nel<br />

testo di Poême “Come <strong>il</strong> sole tu mi accechi la mente”), appare in forme metaforizzate del<br />

flacone (es. Byzance <strong>sotto</strong> forma di disco luminoso nella parte centrale), o nell’uso come<br />

sfondo di colori che vanno dal giallo ai rossi del tramonto o dell’alba.<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 14


[677]<br />

B) L’acqua. Assiduamente presente, contenuto sia nel nome del profumo, sia riprodotto<br />

oggettivamente come mare o specchio d’acqua, schizzi e spruzzi sui corpi e sui volti degli<br />

attori o attraverso <strong>il</strong> colore dello sfondo e del flacone. Il blu-profondo è allusivo a<br />

profondità oceaniche ed è capace di suscitare calma contemplativa e di appagare <strong>il</strong> bisogno<br />

di infinito; nella sua sfumatura più pallida è invece simbolo di freschezza. Elemento<br />

demiurgico da cui proviene la vita, l’acqua ha in sé una duplice valenza, è prima di tutto <strong>il</strong><br />

simbolo dell’inconscio e della maternità. La colorazione dell’acqua spazia dai toni del blu a<br />

quelli del verde; spesso in essa sono immersi gli attori, i cui corpi vengono da essa invitati<br />

ad una rigenerazione.<br />

C) La terra. Nelle pubblicità dei profumi è presente spessissimo la terra nelle sue varie<br />

forme (campagna, montagna, spiagge, dune, praterie o pianure); essa esprime sempre un<br />

bisogno di libertà e di territori senza barriere che lo soddisfino e rappresenta<br />

simbolicamente <strong>il</strong> suolo che si fa fecondare, e quindi la donna. Per Jung essa è <strong>per</strong><br />

eccellenza <strong>il</strong> simbolo dell’archetipo materno che rappresenta sia la Madre Terra sis la<br />

totalità delle donne, poiché racchiude tutti i caratteri femmin<strong>il</strong>i, positivi e negativi, tra cui<br />

l’aspetto materno e protettivo legato alla casa e alla famiglia, e quello castrante, possessivo,<br />

distruttivo della madre terrificante.<br />

D) Il tramonto. Preferito come location temporale, è uno dei principali simboli del<br />

passaggio del tempo, tuttavia non ha mai valenza negativa di fine o crepuscolo della vita,<br />

che potrebbe suscitare angoscia nel destinatario del messaggio; appare piuttosto ambiguo tra<br />

l’alba e <strong>il</strong> tramonto.<br />

E) Animali. Talvolta viene accordato un posto di primaria importanza ad alcuni animali<br />

come uccelli, <strong>per</strong> es. <strong>il</strong> gabbiano (Solo Soprani), cigni (Gloria Vanderb<strong>il</strong>t), cani (Sergio<br />

Tacchini e Cacharel Pour Homme) o cavalli (V’è Gianni Versace), che, oltre alle valenze<br />

simboliche di libertà, garantiscono un dinamismo euforizzante e rassicurante.<br />

Il flacone e la modella, suo clone<br />

Un ruolo fondamentale e assoluto lo riveste <strong>il</strong> flacone, che fa da starting point e<br />

carrefour di tutte le linee comunicative. Le sue linee, i suoi contorni, le sue parti, i suoi<br />

colori, le linee di energia vettoriale che esprime tendono a farlo tale. La unicità che lo<br />

distingue necessariamente dagli altri, completa le suggestioni o le informazioni date dalla<br />

denominazione <strong>per</strong> rispondere ad un requisito essenziale del riconoscimento e del ricordo.<br />

Questa importanza è indicata anche dal fatto che alcuni st<strong>il</strong>isti scelgono di curarne<br />

<strong>per</strong>sonalmente la progettazione, <strong>il</strong> design, e naturalmente le sfumature dei suoi colori.<br />

Il suo valore dipende dal suo ruolo fisico di espositore/contenitore della fragranza e<br />

delle sue virtù, dai simbolismi che attiva e dalla sinergie che riesce ad ottenere anche dal<br />

testimonial (in genere una modella) che ne diventa clone. In alcuni casi questo meccanismo<br />

di dipendenza anche nelle linee fisiche della modella dal flacone, sulla base dell’enfasi<br />

posta su somiglianze fisiche, di acconciature, di trucco o di abbigliamento, subordina<br />

l’umano al contenitore. In questa o<strong>per</strong>azione di osmosi, <strong>per</strong> effetto di questo contatto, <strong>il</strong><br />

flacone assorbe animandosi, quasi, le qualità e gli attributi della prima. Il meccanismo di<br />

proiezione della lettrice e consumatrice è abbastanza complesso, ma nitido. La modella<br />

anima <strong>il</strong> flacone, gli passa la propria “anima”, le proprie emozioni. Ha una valenza di<br />

unicità che lo lega al nome del profumo e alla fragranza in modo indissolub<strong>il</strong>e e definitivo,<br />

portandolo a condividere <strong>il</strong> proprio destino in termini di successo o di fallimento. Un<br />

flacone non è ut<strong>il</strong>izzato <strong>per</strong> un altro prodotto<br />

[678]<br />

né <strong>per</strong> lo stesso prodotto, anche se indicato con un’altra denominazione. Le figure<br />

geometriche che lo creano o lo avvolgono hanno m<strong>il</strong>le volti, miranti a suggerire ora una<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 15


ellezza astratta e st<strong>il</strong>izzata, ora una serie di orientamenti e di mosse che si arricchiscono<br />

nel gioco delle tonalità di luce e cromatiche, ora infine <strong>sotto</strong>lineando analogie e richiami del<br />

linguaggio del corpo in genere o della modella testimonial del prodotto. In questo caso <strong>il</strong><br />

linguaggio del corpo si fa st<strong>il</strong>e e momento di seduzione. La funzione di valorizzatore<br />

sensuale mette in risalto <strong>il</strong> ruolo centrale che <strong>il</strong> profumo ha nell’interazione umana e <strong>il</strong><br />

rapporto contenente-contenuto si trasforma in quello di causa-effetto. La modella infatti,<br />

con <strong>il</strong> suo corpo, <strong>il</strong> colore degli occhi, la foggia dei capelli e la particolarità<br />

dell’abbigliamento spesso assume la funzione di clone del flacone, a cui <strong>per</strong>ò aggiunge<br />

sensazioni ed emozioni del proprio volto.<br />

Risalire al simbolismo dei flaconi delle pubblicità analizzate non sempre è fac<strong>il</strong>e,<br />

giacché spesso dietro una forma apparentemente innocente si nascondono criptomessaggi<br />

che bisogna decodificare avvalendosi soprattutto dell’intuito. Il linguaggio subliminale<br />

usato nel corpus, come <strong>per</strong> la pubblicità dei più svariati prodotti, si avvale soprattutto del<br />

simbolismo relativo alla sfera sessuale, sia femmin<strong>il</strong>e sia masch<strong>il</strong>e, in grado di trasmettere<br />

input repressi dall’attenzione vig<strong>il</strong>e e conscia, ma che comunicano direttamente con la sfera<br />

dell’inconscio. L’uso di questo tipo di linguaggio è rintracciab<strong>il</strong>e, oltre che nelle particolari<br />

sagomature, incisioni e forme di tappi e flaconi dei profumi, nel simbolismo degli oggetti<br />

aggiuntivi del setting e in quelli sostitutivi degli attori, secondo <strong>il</strong> procedimento della<br />

metonimia o della sineddoche. Volendo procedere <strong>per</strong> astrazione si può dire che<br />

generalmente le forme affusolate, più lunghe e grosse, richiamano <strong>il</strong> simbolismo genitale<br />

masch<strong>il</strong>e; mentre quelle basse e larghe, arrotondate, <strong>per</strong>iformi, ellittiche o circolari,<br />

rintracciab<strong>il</strong>i negli oggetti più disparati (come occhi, labbra, mele, <strong>per</strong>e, viso ovale<br />

contornato da capelli, arance,..) evocano inconsciamente quello vaginale.<br />

L’Io del flacone sulla pagina risulta spesso ingombrante, eccessivo nelle pretese di<br />

grandezza e delle posizioni e degli spazi che occupa. Questi meccanismi dimensionali e<br />

posizionali diventano indicativi dei rapporti con le altre realtà presenti nella pagina.<br />

Assieme al nome dello st<strong>il</strong>ista o della maison, si vedono riconosciuto <strong>il</strong> diritto all’esibizione<br />

di una spudorata unicità e assoluta grandezza. Un linguaggio simbolico e allusivo,<br />

fortemente sessualizzato è quello del tappo. Talvolta gli è assegnato un ruolo comunicativo<br />

autonomo: simbolicamente detiene l’accesso al profumo e lo concede. <strong>Cosa</strong> c’è <strong>sotto</strong>: la<br />

magia delle trasformazioni promesse e le attese suscitate dalla allusioni. Incosciamente, ha<br />

un ruolo emozionalmente forte, soprattutto <strong>per</strong>ché implicito e subliminale.<br />

Il linguaggio del corpo<br />

Il corpo umano, l’enfasi su determinate sue parti, la sua trasformazione non soltanto in<br />

oggetto significativo, ma interattivo e sensorialmente attivo, anche sinesticamente (vedi i<br />

primissimi primi piani di volti, la presenza di goccioline minutissime sui corpi e le forme<br />

rugiadose sul flacone) è un protagonista assoluto della comunicazione dominante in questo<br />

corpus. Secondo Berger la prossimità viene letta come intimità o diritto o accesso<br />

all’intimità. Le aree più ut<strong>il</strong>izzate sono quelle del volto, dei capelli e delle mani, sempre<br />

evidenziate in primo piano e fortemente significative ed espressive. Il linguaggio che<br />

parlano e i messaggi che inviano restano <strong>il</strong> cuore emozionale e interattivo di questa area<br />

pubblicitaria. I meccanismi associativi che instaurano con gli elementi del flacone o con<br />

altre aree del corpo,<br />

[679]<br />

fortemente impliciti e spesso subliminali (non nel senso di ab<strong>il</strong>mente nascosti, ma in quello<br />

di fortemente allusi o impliciti) costituiscono la parte più impegnativa della <strong>per</strong>cezione e<br />

della decodifica. Per questo le loro dimensioni nella pagina risultano amplificate in modo da<br />

fac<strong>il</strong>itarne <strong>il</strong> riconoscimento e la lettura.<br />

Un ruolo essenziale gioca la tatt<strong>il</strong>ità esibita o proiettata: le forme di contatto sono varie<br />

(autocontatto, eterocontatto) e si intrecciano con le interazioni virtuali che esprimono o<br />

suggeriscono esplicitamente o simbolicamente.<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 16


Il collegamento alle attività cerebrali della decodifica si fa evidente e ovvio. Le<br />

modalità di <strong>per</strong>cezione visiva (varie, funzionalmente e anatomicamente differenziate), <strong>il</strong><br />

ruolo del feedback delle aspettative create da una storia <strong>per</strong>sonale di es<strong>per</strong>ienze visive<br />

(ruolo riconosciuto sia dagli studiosi della Gestalt sia dai neurologi odierni), crea un<br />

complesso e individuale gioco di focalizzazioni possib<strong>il</strong>i, basato sulle ab<strong>il</strong>ità di<br />

riconoscimento e di connessione che ogni tipo di lettore/consumatore possiede, una<br />

interattività sensoriale in cui parti del messaggio pubblicitario parlano direttamente e<br />

contemporaneamente a parti diverse della mente e del cervello, aspettando che <strong>il</strong> risultato<br />

sia contrattato dalla conoscenza cosciente e inconscia e che venga depositato nelle varie<br />

zone di memoria. Anche le intelligenze (sia le razionali che le emotive) sono coinvolte in<br />

modo massiccio in questo traffico interazionale, <strong>per</strong> parlare di qualcosa che non c’è (<strong>il</strong><br />

profumo), ma di cui devono comunicare la presenza e gli effetti magici, individuali e<br />

sociali. È impossib<strong>il</strong>e dire dove finisce la verità referenziale (molto probab<strong>il</strong>mente non c’è)<br />

e dove comincia la contrattazione simbolica tra la comunicazione attivata dalla pagina, un<br />

prodotto nella sua realtà extracomunicativa e le attese della storia <strong>per</strong>sonale del<br />

consumatore.<br />

3. Tacchi a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong><br />

Caratteristiche comunicative e interazionali sessualizzanti analoghe ha la pubblicità<br />

delle scarpe, in particolare delle scarpe con <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> o di stivaletti. Ma lo fa con<br />

linguaggi diversi.<br />

Il ruolo della scarpa nella pubblicità come fatto culturale e <strong>per</strong>suasivo è scarsamente<br />

avvertito, rispetto alla prevalenza di attenzione garantita ad altri elementi di comunicazione<br />

non-verbale; un po’ meglio <strong>per</strong> l’abbigliamento e i cosiddetti “adaptors” 7 . Sembrerebbe<br />

strano se si considera l’incidenza che <strong>il</strong> consumo di questo bene (necessario e voluttuario<br />

insieme) quantitativamente ha e <strong>il</strong> suo ruolo nella moda. La spettacolarizzazione televisiva<br />

(talk show e spettacoli di intrattenimento, oggi anche telegiornali e informazione) con le sue<br />

esigenze sintattiche delle inquadrature di ripresa ne fa uno degli elementi essenziali, <strong>per</strong>ché<br />

modificano la presentazione delle altre parti del corpo. I testi dedicati alla scarpa osc<strong>il</strong>lano<br />

tra <strong>il</strong> ricordo storico e la celebrazione delle forme, quasi una rivendicazione celebrativa<br />

dell’accuratezza e della bellezza. Le valutazioni funzionali psicologiche sono quasi<br />

interamente centrate sul problema del feticismo e si muovono in un ambito prevalentemente<br />

freudiano. E la comunicazione pubblicitaria esplicita tende ad essere informativa (notorietà<br />

del marchio, robustezza, forma estetica, trendy). In realtà se si presta attenzione al livello<br />

implicito delle forme, degli oggetti e agli effetti che determina con l’uso, non ci pare che le<br />

cose siano così.<br />

Nella comunicazione pubblicitaria (e anche in quella audiovisiva) <strong>il</strong> ruolo della scarpa<br />

assume meccanismi di <strong>per</strong>cezione complessa. Legata, oltre che a fatti di valutazione<br />

estetica, agli effetti seduttivi e interazionali che ne determinano l’uso, parla linguaggi<br />

differenti, intervenendo in modo significativo nella gestione<br />

[680]<br />

e l’enfatizzazione di varie parti del corpo, creando una situazione comunicativa particolare,<br />

<strong>per</strong> cui la sua tipologia e modalità d’uso devono essere attentamente considerate. Non è più<br />

comunicazione di un fatto, smette di essere oggetto funzionale quotidiano destinato a<br />

proteggere, diventa interazione e spesso seduzione.<br />

Questo è particolarmente vero <strong>per</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong>.<br />

Ci sembra particolarmente <strong>per</strong>tinente <strong>per</strong> <strong>il</strong> nostro tema concentrare la riflessione<br />

solamente su due elementi: l’uno dedicato alla storia della calzatura e alla celebrazione della<br />

7 Come esempio di <strong>sotto</strong>valutazione si può prendere l’analisi minuziosa compiuta da T. M<strong>il</strong>lum della pubblicità<br />

dei magazines femmin<strong>il</strong>i, in cui è assente qualsiasi accenno alla calzatura.<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 17


moda della scarpa (funzionalità dell’oggetto e usi simbolici derivati dall’estetica e dalla<br />

moda), l’altro all’esplicitazione dei risvolti psicanalitici di quest’uso.<br />

Non si può non rimanere meravigliati a sentire <strong>il</strong> “canto” innalzato alla scarpa: “La<br />

scarpa è testimone delle esigenze dell’umanità”, “A sa<strong>per</strong> ben guardare nelle curve di una<br />

scarpa si mescolano la storia dei popoli, la sessualità e <strong>per</strong>sino la scomparsa<br />

dell’aristocrazia”, “La scarpa inebria, fa venire la febbre e rende mitomani. È una droga<br />

molto dolce, ma cara”, “Il marito più fedele, l’amante più tenero, <strong>il</strong> padre di famiglia più<br />

caro può trasformarsi, quando si tratta delle scarpe, in un <strong>per</strong>sonaggio sconosciuto,<br />

insospettato… quanto di tratta delle scarpe”, “È una passione divorante, fisica…”, “L’uomo<br />

è un altro quando si pronuncia la magica parola: la scarpa” (Thévenet, pp. 5-8). Meno male<br />

che si lascia sfuggire anche questa considerazione sul ruolo proiettivo rivestito dalla scarpa,<br />

che “è come un fondo di caffè su cui leggere le esitazioni, i progressi e la follia dell’uomo”<br />

(Thévenet, p. 6).<br />

Perché questo interesse intenso <strong>per</strong> la calzatura?<br />

Le spiegazioni psicologiche si rifanno alle teorie freudiane sull’origine e <strong>il</strong> ruolo del<br />

feticismo del piede e della calzatura. Viene lamentato “l'atteggiamento regressivo dell'uomo<br />

civ<strong>il</strong>izzato nei confronti dei piedi”, e la tendenza a vedervi “un segno di quel torbido<br />

rapporto che l'uomo ha con i suoi piedi. Li occulta, li nasconde con le scarpe. La scarpa<br />

diventa così un feticcio e un sostituto di quel piede che non viene più mostrato” (Thévenet,<br />

p. 15), facendone un semplice involucro protettivo. A ben vedere forse non è proprio così.<br />

Ma in qualche modo la tendenza nelle linee generali sembra quella. È interessante cogliere<br />

<strong>il</strong> riconoscimento frequente a forme di multisensorialità (legata alla vista e al tatto, ma<br />

diversificata nelle funzioni e nei momenti) attribuita alla calzatura (<strong>per</strong> es. “La scarpa<br />

femmin<strong>il</strong>e eccita tremendamente nell’uomo la vista e <strong>il</strong> tatto…”, Thévenet, p. 26), come<br />

oggetto che sta a contatto della pelle (piedi e gamba), ma che si ama toccare, pulire,<br />

lucidare, con le sensazioni anche olfattive legate al cuoio.<br />

L’accenno al simbolismo delle sue forme, considerate sia nell’insieme che nei dettagli<br />

più minuti, riporta alla sua valutazione in termini psicanalitici. Questo aspetto viene<br />

esplicitato anzi amplificato ed enfatizzato da W. Rossi. Può essere interessante una<br />

considerazione iniziale: l’autore non è uno psicologo o un sociologo dei consumi, ma un<br />

venditore, come redattore di pubblicazioni pubblicitarie di settore, quindi attento al<br />

marketing e alle motivazioni psicologiche presenti relative all’oggetto e ai consumatori.<br />

Le sue riflessioni si possono riassumere in tre punti:<br />

a) “The foot is an erotic organ and the shoe is its sexual covering” (Rossi 1). Anche<br />

nelle trasformazioni del corpo e della sua immagine ha un ruolo determinante (o<br />

scatenante); senza la posizione eretta e senza <strong>il</strong> piede (senza la scarpa e senza i <strong>tacchi</strong> a<br />

<strong>sp<strong>il</strong>lo</strong>), <strong>il</strong> nostro aspetto e quello specifico di singole parti non sarebbe lo stesso. “The foot<br />

is largely responsable for most of the erogenous features of the human body and also for the<br />

distinctive posture of human copulation” (ib., p. 46); In breve “the human foot … changed<br />

the whole architecture of the body”,<br />

[681]<br />

“The human foot is the ‘mother’ of most of the erogenous features of the human body (ib.,<br />

pp. 56-59) 8 . Questa sessualizzazione del corpo umano, successivo alla assunzione della<br />

figura eretta e alla stab<strong>il</strong>izzazione delle tecniche dell’incedere e allo sv<strong>il</strong>uppo delle aree<br />

nervose del contatto con la terra (stimolazione a piedi nudi) ha portato a sv<strong>il</strong>uppare molte<br />

zone erogene che consideriamo sexy. La differenza sta tutta nella diversa configurazione,<br />

tonicità e ondulazioni muscolari osservate nella posizione di una <strong>per</strong>sona a piede piano e<br />

alle variazioni create con l’inserimento e l’innalzamento dell’altezza del tacco: la forma ad<br />

S della colonna spinale (accentuata dai <strong>tacchi</strong> alti) “is part of the curvaceousness in the<br />

erotic arsenal of the human figure” fondata su forme e ondeggiamenti del fondoschiena, del<br />

petto, l’esposizione del collo, <strong>il</strong> “long leggy look” associato al sex-appeal è <strong>il</strong> risultato della<br />

8 I dettagli alle pp. 56-59 e in particolare <strong>per</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> e gli stivaletti alle pp. 121-124.<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 18


postura eretta “gracefully” b<strong>il</strong>anciata sui piedi (ib.). Rossi conclude queste sue<br />

considerazioni affermando che solo i <strong>tacchi</strong> alti o una posizione alterata dei piedi hanno<br />

creato “le gambe da un m<strong>il</strong>ione di dollari” di Marlene Dietrich (ib., p. 56). Il <strong>per</strong>corso<br />

evolutivo dell’uomo sarebbe segnato da tre stadi: homo sapiens, homo erectus, homo<br />

sexualis” (ib., p. 55). Questo ruolo di sessualizzazione viene potenziato dall’uso dei <strong>tacchi</strong><br />

alti e dalle forme degli stivaletti. In questo caso oltre alla funzionalità primaria vengono<br />

aggiunte funzioni legate al taglio, alla forma e al colore, in un discorso connesso con<br />

l’abbigliamento (vestire e svestire). “The erotic magic of high heels” (ib., p. 121).<br />

Conclusione: i <strong>tacchi</strong> accentuano <strong>il</strong> cambiamento di uno strumento di protezione corporea in<br />

una forma varia e complessa, multisensoriale, di interazione.<br />

b) St<strong>il</strong>isti e pubblicitari hanno ut<strong>il</strong>izzato esplicitamente questa consapevolezza nel<br />

creare e nel vendere i loro prodotti: “The shoe designers have always created podoerotic art,<br />

which is what consumers admire (ib., p. 75); “Footwear fashion is podoerotic art” (ib.),<br />

“fashion appeal” equivale a “sex appeal”. Le considerazioni fin qui riportate creano qualche<br />

problema alla nostra anima puritana, sia <strong>per</strong> la loro eccessiva focalizzazione sulla sessualità<br />

sia <strong>per</strong> la loro enfatizzazione. Non credo che occorra riferirsi alla teoria della<br />

“scarpatologia”, proposta nel 1891 dal dr. Garri come “scienza che si propone di studiare<br />

l’anima in base alle condizioni delle scarpe” (Thévenet, p. 43), ma una prova di<br />

commutazione applicata al tipo di calzatura consente di verificare che: A) l’indossare un<br />

tipo particolare di calzatura diventa “semanticamente e socialmente <strong>per</strong>tinente”, in quanto<br />

cambia le modalità dell’interazione. I <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> alterano la condizione di quotidianità e<br />

vogliono una dimensione interpretativa dell’interazione riferita a “frame” sociali diversi.<br />

L’incedere risulta modificato, rallentato: i suoi ondeggiamenti concentrano l’attenzione<br />

sulla <strong>per</strong>cezione del ritmo dei movimenti e sulle intenzioni interattive dei partecipanti.<br />

Questo rallentamento consente una interazione più d<strong>il</strong>uita nel tempo; con una esibizione di<br />

attività aumenta coscientemente la visib<strong>il</strong>ità dei richiami sessuali e delle zone sessuali. Il<br />

corpo assume un ritmo diverso. E forse è un segnale <strong>per</strong>cettivamente importante. Secondo<br />

lo psicanalista americano Havelock Hellis: l’aspetto simbolico assume un valore prioritario:<br />

“<strong>il</strong> centro in cui risplende la bellezza di una donna desiderab<strong>il</strong>e è spostato e concentrato in<br />

una zona situata al di <strong>sotto</strong> del ginocchio, cosa che genera <strong>il</strong> feticismo del piede…” (cit. in<br />

Thévenet, p. 26); B) i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> hanno l’effetto di “allungare” l’esibizione del piede (lo<br />

fanno apparire più lungo) e ne esibiscono le forme; <strong>il</strong> gioco delle stringhe, inoltre, e dei<br />

colori spesso crea correlazioni con altre aree e sensazioni comunicative, condividendo i<br />

meccanismi del vedere, lasciare intravedere, creare suggestioni.<br />

[682]<br />

4. Metafora e blending sensoriale<br />

Alla luce delle riflessioni precedenti l’intrico di codici presenti nella comunicazione<br />

pubblicitaria dei due settori merceologici analizzati risultano chiari: non c’è una<br />

informazione che gocciola bit a bit; c’è una immersione in una “esplosione” di linguaggi,<br />

una forma non tanto di fisioterapia (un massaggio, come suggeriva McLuhan), quanto di<br />

una vera “doccia sensoriale”. Potenziata da connessioni interne o esterne al codice ut<strong>il</strong>izzato<br />

e da allusioni a realtà extralinguistiche, veniva interpretata come attività della memoria<br />

semantica tipicamente linguistica (<strong>per</strong> altri riferimenti cfr. Di Sparti 1975). Un’ipotesi che<br />

affiora ancora oggi proprio a proposito di sinestesia (si veda l’ipotesi del “congelamento” di<br />

Pierantoni, pp. 247-248). Sarebbe stato giusto e avrebbe reso l’argomentazione più semplice<br />

<strong>il</strong> ricorso alla comunicazione pubblicitaria audiovisiva (spot televisivi, soprattutto), ma<br />

abbiamo preferito una argomentazione a fortiori: dimostrata la multisensorialità nella<br />

pubblicità centrata sulla parola o sulla figura-parola, sarebbe stato banale e ridondante<br />

vedere i meccanismi multisensoriali e multicodici della multimedialità che vi sono<br />

ut<strong>il</strong>izzati.<br />

Anche nell’uso della metafora a livello linguistico o figurativo, la contemporaneità e <strong>il</strong><br />

parallelismo funzionale dell’elaborazione spinge a passare da una retorica dello<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 19


spostamento (meta-phorein, che è tipico delle definizioni classiche della metafora) e della<br />

connessione, a quella di blending sensoriale. Il meccanismo cosciente della comprensione<br />

riesce a tener conto dell’articolazione di una linea sequenziale di informazioni, ma trova<br />

difficoltà nella recezione e nella comprensione di una comunicazione a più voci simultanee.<br />

È <strong>il</strong> noto problema del rapporto tra sfondo e figura. C’è quasi un switch <strong>per</strong>cettivo<br />

nell’occuparsi coscientemente del tutto o delle parti: la cura del dettaglio è lineare, <strong>il</strong><br />

movimento globale no. Ut<strong>il</strong>e <strong>il</strong> confronto con quanto avviene con un’orchestra: se si pone<br />

attenzione all’insieme è molto diffic<strong>il</strong>e tener conto in dettaglio degli apporti di singoli<br />

strumenti contemporaneamente. La comprensione di un link comincia nel momento in cui si<br />

lascia <strong>il</strong> punto di partenza, e ci si occupa del punto di arrivo: un comprendere <strong>per</strong><br />

sommatoria di punti di collegamento, paradossalmente “<strong>per</strong> sommi capi”.<br />

La fitta rete di informazioni parallele, di ricezione e decodifica in contemporanea di<br />

questa orchestrazione di linguaggi e sensorialità differenti richiede attenzione <strong>per</strong> <strong>il</strong><br />

cosiddetto “binding” cerebrale, che lega le diversità nell’unità della coscienza. Le linee<br />

informative, infatti, entrano in contatto, si sovrappongono, coesistono, anche se in termini di<br />

attenzione non riusciamo a seguirne coscientemente l’altro, che rimane presente <strong>per</strong> le<br />

suggestioni sue che continuano a vivere clonate nell’altro. Il blending 9 basato sugli spazi<br />

mentali preferisce lasciar convivere assieme le realtà, vivendole nella loro multisensorialità,<br />

senza l’obbligo di tradurre coscientemente o meno tutti in un tutto “risolto” e in un’unica<br />

forma di linguaggio (vedi congelamento). La metafora in questa prospettiva vive della<br />

contemporaneità di spazi mentali diversi 10 ; anche se metodologicamente improponib<strong>il</strong>e, si<br />

lega alla sinestesia 11 intesa nel suo senso etimologico di “multisensorialità” 12 e “blending”<br />

sensoriale. Forse un modo di dire diverso, non una realtà differente: ma la <strong>per</strong>cezione fa<br />

maggiormente riferimento ad o<strong>per</strong>azioni di “parallel processing” della mente e al suo<br />

“multitasking online”.<br />

La forma più nota di questa multisensorialità (la sinestesia) è un fenomeno<br />

comunicativo e <strong>per</strong>cettivo conosciuto da alcuni secoli in sede linguistica o artistica, ma che<br />

oggi si vede assegnata una funzione di “apripista”, in quanto ritenuto “possib<strong>il</strong>e cavallo di<br />

Troia” <strong>per</strong> cominciare a capire strutture e funzionamento del cervello.<br />

[683]<br />

Le affermazioni più esplicite, anche se prudenzialmente moderate con un “<strong>per</strong>haps”, ci<br />

sembrano quelle di Ramachandran-Hubbard: “Far from being an oddity, synaesthesia<br />

allows us to proceed (<strong>per</strong>haps) from a single gene to a specific brain area… to phenotype…<br />

and <strong>per</strong>haps event to metaphor, Shakespeare, and the evolution of language, all in a single<br />

ex<strong>per</strong>imental subject” (Ramachandran-Hubbard 2001a, p. 30).<br />

Potrebbe meravigliare questa attribuzione improvvisa di valore. Ma forse non può<br />

considerarsi tale. È possib<strong>il</strong>e rintracciare conferme inattese. Quella f<strong>il</strong>osoficamente più<br />

giustificata di Merlau-Ponty: “La <strong>per</strong>cezione sinestetica è la regola e, se non ce ne<br />

accorgiamo, è <strong>per</strong>ché <strong>il</strong> sa<strong>per</strong>e scientifico rimuove l’es<strong>per</strong>ienza, <strong>per</strong>ché abbiamo<br />

disimparato a vedere, a udire, e, in generale, a sentire…” (Merlau-Ponty, [1945], 1965, p.<br />

308). E quella del neurofisiologo della visione italiano R. Pierantoni, che nella<br />

“Postfazione” alla ricerca di T. Tornitore scrive:“Viene quasi <strong>il</strong> sospetto, certo infondato,<br />

che la sinestesia sia la condizione di partenza, la “base-line” di ogni processo <strong>per</strong>cettivo”<br />

(Pierantoni, 249), giustificando questa sua valutazione con osservazioni sullo sv<strong>il</strong>uppo del<br />

9<br />

La “Blending Theory” creata da G. Fauconnier e da M. Turner nasce sul f<strong>il</strong>o delle teorie cognitiviste della<br />

metafora (cfr. Lakoff e Lakoff-Johnson). Le nostre riflessioni non si propongono di verificare l’applicazione della<br />

teoria, ma ci pare significativa la possib<strong>il</strong>ità che offre <strong>per</strong> indicare <strong>il</strong> prevalere del blending sul metaforein.<br />

10<br />

“L’oggetto e <strong>il</strong> soggetto della metafora vengono messi a contatto; in genere appartengono a depositi sensoriali<br />

differenti” (Pierantoni, p. 251).<br />

11<br />

Per una definizione del termine e una bibliografia italiana dettagliata si cfr. Riccò e Paissa; riferimenti<br />

bibliografici esaurienti si trovano in Cytowic (2002), Baron Cohen-Harrison (1997), e Ramachandran-Hubbard<br />

(2001). Per una presentazione dal punto di vista neuroscientifico del termine cfr. Baron Cohen-Harrison pp. 3-16.<br />

12<br />

In questa sede non ci interessa analizzare i sinonimi collegati a “sinestesia” e a “multisensorialità”.<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 20


transfer intermodale nell’infante (cfr. Pierantoni 251). Affermazioni che, se verificate,<br />

possono avere un’influenza notevole su una prospettiva di educazione alla multimedialità<br />

ancorata alle caratteristiche strutturali della <strong>per</strong>cezione.<br />

Sinestesia linguistica 13<br />

Il fenomeno dei riferimenti intersensoriali nella comunicazione linguistica e letteraria è<br />

fatto noto anche se appare <strong>sotto</strong> aspetti diversi. Innanzi tutto è presente nella sua forma più<br />

semplice di convenzionalità e arbitrarietà del segno linguistico (ma già lo stesso Saussure,<br />

proprio nel momento in cui affermava la convenzionalità del segno linguistico, <strong>sotto</strong>lineava<br />

la necessità di tener conto delle forme analogiche e iconiche della lingua); successivamente<br />

è stato sv<strong>il</strong>uppato nelle teorie sulla struttura del testo poetico. L’attenzione sugli aspetti di<br />

arricchimento dell’elemento linguistico con dati emozionali, da sempre considerata come<br />

costitutiva e esclusiva della letteratura (rime, onomatopee, forme fonosimboliche,<br />

riferimenti intertestuali tematici o formali, ecc.), deve essere estesa anche alla<br />

comunicazione quotidiana.<br />

Tuittavia in senso vero e proprio la definizione della sinestesia linguistica non pone<br />

problemi: questi arrivano quando si tratta delle sue tipologie e delle sue funzioni. “La<br />

sinestesia (gr. synaísthesis, <strong>per</strong>cezione simultanea) è un tipo di metafora che consiste nel<br />

trasferimento di una sensazione A (ad es. visiva) <strong>per</strong> mezzo di una sensazione B<br />

appartenente ad altro dominio sensoriale (ad es. tatt<strong>il</strong>e)… “Il trasferimento intersensoriale<br />

riguarda le modalità <strong>per</strong>cettive, e in quanto tale è fenomeno universale e pancronico”<br />

(Beccaria p. 666). Il punto di riferimento di questa definizione è Ullman (1957, it. 1977),<br />

che analizza <strong>il</strong> fenomeno in molti autori di lingue differenti, arrivando a indicare i tratti<br />

universali del fenomeno. Tra i contributi italiani più conosciuti sono quelli di L. Rosiello e<br />

di S. Cigada, con la loro attenzione alla poesia simbolista e ermetica. Realizzazioni poetiche<br />

famose restano quelle di Baudelaire (“Correspondances”) o di Rimbaud (“Voyelles”) o del<br />

giapponese Bashô (XVII sec.); ma nelle forme meno appariscenti e liminali si trova in tanta<br />

altra produzione artistica poetica o figurativa. 14<br />

In realtà questo f<strong>il</strong>one si connette a due varietà più grandi di fenomeni di simbolismo,<br />

quello fonetico e quello iconico. . Il primo da un lato riporta alla natura del linguaggio e della<br />

funzione poetica, dall’altro si allarga genericamente alla funzione fonosimbolica. Aspetti<br />

s<strong>per</strong>imentali del fonosimbolismo in ambito letterario-poetico o interlinguistico o<br />

genericamente psicologico,<br />

[684]<br />

hanno avuto inoltre uno sv<strong>il</strong>uppo notevole (è sufficiente ricordare i nomi di Grammont,<br />

Chastaing, Fonagy, <strong>per</strong> una buona risorsa bibliografica anche se datata cfr. quella che si<br />

trova in Peterfalvi). Il primo è legato all’attività di R. Jakobson 15 , sia nella direzione<br />

dell’analisi della funzione poetica, sia in quella sui meccanismi cognitivi e cerebrali legati<br />

alle attività delle singole o<strong>per</strong>azioni retoriche (in particolare <strong>per</strong> quanto riguarda la metafora<br />

e la metonimia), come due modi fondamentali di o<strong>per</strong>are del cervello. Quello iconico ha<br />

riverberanze più ampie che partono dal significato dell’immagine e dall’o<strong>per</strong>atività della<br />

<strong>per</strong>cezione visiva (si ricordino in particolare le teorie della Gestalt) e <strong>per</strong> l’aspetto che qui ci<br />

interessa le sinergie del lettering e di altre o<strong>per</strong>azioni iconiche che tendono a legare<br />

13<br />

Per motivi di <strong>per</strong>tinenza in questa sede ci si limita a riportare e discutere solo punti di vista, rimandando ai<br />

testi già indicati <strong>per</strong> una discussione generale e una storia delle teorie sinestetiche.<br />

14<br />

Altre forme di sinestesia legate a forme artistiche sono quelle musicali dedicate principalmente al rapporto tra<br />

musica e <strong>per</strong>cezione cromatica (cfr. Riccò pp. 117-152).<br />

15<br />

In realtà <strong>il</strong> collegamento profondo e reale è al formalismo russo (cfr. le antologie di Rosiello e di Todorov) e<br />

alle indagini sulla natura del testo poetico.<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 21


significante (la parola) con sensazioni o immagini mentali, qualifiche e atteggiamenti<br />

attraverso la figurazione o <strong>il</strong> cromatismo che lo riporta 16 .<br />

Entrambe le forme sono presenti nella comunicazione pubblicitaria. L’esigenza di<br />

ottenere <strong>il</strong> massimo di espressività (non solo proposizionale, ma anche emotiva) dalla parola<br />

spinge spesso la pubblicità a prevalenza linguistica ad insistere sulla manipolazione della<br />

forma della parola, spingendo fino a contorsionismi marinistici, a “l’i<strong>per</strong>funzione e la<br />

maxiespressività” (Medici: 73), portando ad un ampliamento spropositato del ruolo della<br />

rima 17 e delle altre forme isofoniche e fonosimboliche. I passaggi più consueti sono<br />

dall’udito alla vista (suono chiaro, luminoso, voce scura, tenebrosa), dall’udito al tatto<br />

(parole dolci, vellutate, fredde); dalla vista al tatto (colori morbidi, stridenti, luce calda). Il<br />

riferimento dei copywriter è chiaramente alla poesia simbolista, agli ermetici e agli<br />

s<strong>per</strong>imentalisti e i futuristi (cfr. Salaris).<br />

La lingua pubblicitaria nel suo tentativo di arricchire di risonanze emotive le<br />

connessioni semantiche o mnestiche ne faceva un uso abbastanza frequente. M. Medici<br />

ut<strong>il</strong>izza <strong>il</strong> termine “sinergie” e ci pare che sia proprio quello che vogliamo dire: sinergie<br />

espressive multisensoriali cooptate <strong>per</strong> richiamare l’attenzione e ottenere <strong>il</strong> consenso del<br />

lettore/destinatario. Lo studio più accurato è stato quello di P. D’Onofrio (1973). La lista in<br />

genere si apre con "gusto morbido", "biondo aroma", ma è molto più vasta e richiede<br />

categorie e definizioni un po’ più elastiche. I più comuni riguardano “sapore” (associato<br />

con “splende”, “alto”, “morbido”); “gusto” (con “vispo”, “morbido”, “morbido come<br />

velluto”, “come una carezza”; “bianco”, “frizzante”, “vivo”); “freschezza” (“nuova”,<br />

“profonda”, “bianca”). Particolarmente suggestivo: “Airlux volo di luce”. La tendenza si<br />

manifesta anche con rafforzamenti grafico-fonici di vocali e di consonanti <strong>per</strong> es. Su<strong>per</strong><br />

Wafer Maggiora Frrriab<strong>il</strong>issimo; Tintall lllavab<strong>il</strong>e, Nel cuore della casa…<br />

Krisssssicurezza. Insetticida Kriss. Altre volte inserisce richiami sensoriali altri (visivi o<br />

acustici), ottenendo una <strong>sotto</strong>lineatura o una assolutizzazione di alcune qualità intrinseche<br />

o attribuite all’oggetto. Un espediente specifico dei Futuristi (<strong>per</strong> es. si veda i marinettiani<br />

“azzzzzzurrrrrro lento indulgente e scettico…” e “tutti gli occhi dei forti occhieggiare<br />

strizzzzare frastttuono delle loro palpebre” 18 ) e proprio di molte altre forme di scrittura<br />

verbo-visiva (fumetto in modo particolare, cfr. Gubern, Fossati, Pignotti). È un segnale<br />

della volontà di associare due distinte sensazioni: una linguistica, l’altra acustica, cercando<br />

di conservare la complessità dell’es<strong>per</strong>ienza sensoriale nella sua interezza.<br />

Non potendo discutere tutti gli esempi in dettaglio, ci si limita a riportare <strong>per</strong> <strong>il</strong> paziente<br />

e benevolo lettore quelli particolarmente significativi.<br />

A) In un primo gruppo sono raccolti quelli multisensoriali linguistici: Ace smacchia a<br />

fondo senza ssstrapp; Biscotto Granlatte Buitoni. Selomangibev<strong>il</strong>atte; Bourbon ti aroma;<br />

Brancamenta. Scolpisci la tua estate nel ghiaccio; Calze Elbeo.<br />

[685]<br />

Deliziosamente leggere come una lunga carezza; Flavio, baglior di neve tra due labbra<br />

ardenti (dentifricio), I Pavesini colorano la vostra giornata; Sbiancodent. Accendi <strong>il</strong> tuo<br />

sorriso; Scottex. 10 piani di morbidezza; Pernod. Freschissimo con quattro esse; Su<strong>per</strong><br />

S<strong>il</strong>ver G<strong>il</strong>lette. Così dolce, così a lungo; Winner Algida accende un brivido in me.<br />

B) Nel secondo quelle ad orientamento sexy e che presuppongono spesso <strong>il</strong> richiamo<br />

o la citazione di un’immagine (inserzione o spot): Brooklyn. Freschezza da baciare;<br />

Bacardi, mix appeal; Chiamami Peroni, sarò la tua Birra; Pavesini. Chi ama brucia;<br />

Peroni ama la vita; Cornetto Algida, Cuore di panna; Bionda naturale, forte e gent<strong>il</strong>e. Un<br />

corpo. Morbido, caldo. Un profumo sott<strong>il</strong>e e stimolante. Se vuoi è tua. (Grappa<br />

16<br />

Cfr. Dogana (1990, 1993), Appiano (1991, 1998). Questa parte è fortemente collegata con la comunicazione<br />

del marchio (cfr. Monachesi e Appiano 1991, pp. 28-77).<br />

17<br />

Si cita spesso <strong>il</strong> detto “anche in pubblicità la rima fa prima” (D’Adda, p. 51).<br />

18<br />

Riferimenti più ricchi alla nota 1 di pag. 73 di Medici 1973. Per un resoconto più dettagliato sui legami<br />

pubblicità e Futurismo si veda Salaris. 1986.<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 22


Stravecchia Ramazzotti); Una bocca tuttaluce. Finalmente con dentifricio Squibb, via gli<br />

angoli bui dal vostro sorriso.<br />

C) Nel terzo gruppo prevalgono i multisensoriali che alludono a precise situazioni<br />

extralinguistiche: Omsa. Che gambe; One-to-One. Cento bollicine e una stella; Perlana.<br />

Passaparola; Sofficini Findus. Il sorriso che c’è in te; Robert’s. Buongiorno, cioè<br />

borotalco; Se qualcuno ruba un fiore <strong>per</strong> te, <strong>sotto</strong> <strong>sotto</strong> c’è Impulse; Bella chi Ciao. In<br />

tutti questi casi è possib<strong>il</strong>e riconoscere come l’elemento linguistico non si limiti a<br />

denominare, etichettare, qualificare, ma cerchi di attivare o indirizzare verso sensorialità<br />

diverse, collegate con la citazione di immagini di mondo esterno citato figurativamente<br />

(alluso) o <strong>per</strong> accostamento. In tutti i casi è fac<strong>il</strong>e riconoscere quantomeno la creazione di<br />

sinergie sensoriali.<br />

A questa sinestesia creata sulle denominazioni e sulle parole, la comunicazione di<br />

oggi ne sostituisce un’altra mediata dalla contemporaneità di linguaggi (soprattutto visivi<br />

e audiovisivi) presenti nello stesso atto comunicativo. La lingua parla di un elemento,<br />

mentre componenti della parte visiva o audio (musica e voce) insistono su altri e quindi i<br />

vari aspetti si presentano contemporaneamente alla mente e ai suoi organi di ricezione e di<br />

comprensione. Quello che si tentava di dire con le parole forzandole con accostamenti<br />

“acuti” in senso barocco, oggi lo si comunica con maggiore fac<strong>il</strong>ità attraverso altri codici.<br />

Dinanzi a due slogan/payoff (“Tubiamo” dei Baci Perugina e “Morositas, morbida la<br />

vita” delle omonime caramelle), l’eventuale attribuzione di caratteristiche sinestetiche non<br />

appare giustificata. A rifletterci su, invece sì. Ma la fondazione sinestetica non sta nella<br />

forma linguistica, ma nella realtà referenziale del primo e referenziale-contestuale nella<br />

seconda. L’esame del primo caso parte dalla forma tubolare della confezione dei<br />

cioccolatini che porta a giustificare <strong>il</strong> passaggio da “tubo” sostantivo a “tubo” 1 p.s. del<br />

verbo ‘tubare’. L’identità fonica è alla base del trasferimento metaforico del tubare dei<br />

colombi a quello del “tubare” umano. Il gioco di associazione e di trasferimento è vario e<br />

intrecciato. I sensi interessati diversi. Il gioco delle sensorialità del tubare amoroso umano e<br />

<strong>il</strong> “tubare” (neologismo, usare e consumare i cioccolatini conservati nel tubo, quindi<br />

consumare <strong>il</strong> tubo, “tubare” equivale a “mangiare <strong>il</strong> contenuto del tubo”), intrecciano i sensi<br />

della tatt<strong>il</strong>ità (nella sua gamma di sfumature che vanno dalla distanza, al contatto, alle<br />

risonanze fonico-acustiche e intonative) e del gusto. Nel secondo caso i richiami sinestetici<br />

sono più evidenti, ma anche questi non sono legati alla parola, ma al suo referente (la<br />

gommosità e la morbidezza della caramella). L’analisi storica dello slogan resterebbe<br />

monca <strong>per</strong>ché priva di un riferimento sessuale netto e prevalente nello spot che lanciò<br />

questo payoff. In quel caso la morbidezza che lo spettatore vedeva era quella di una modella<br />

mora ovviamente ben dotata di curve e di morbidezze professionalmente esibite sia nel<br />

corpo che nelle movenze dell’incedere, che inavvertitamente andava a sbattere sul palo di<br />

un cartello, senza farsi male proprio <strong>per</strong>ché “morbida”.<br />

[686]<br />

Dalla morbidezza fisica alla morbidezza interazionale <strong>il</strong> passo è breve: la modella e le<br />

donne della pubblicità sono e si offrono morbide, <strong>per</strong>ciò “Morositas: morbida la vita”. In<br />

questo caso <strong>il</strong> fermo immagine diventa i<strong>per</strong>carico di significato. In questo richiama una<br />

sensazione di E. Canetti dinanzi alla figure del michelangiolesco Isaia della Cappella<br />

Sistina: “Questo è <strong>il</strong> <strong>per</strong>icolo dei quadri. Immob<strong>il</strong>izzano in pose irrigidite qualcosa che<br />

avviene incessantemente, dura a lungo, non finisce mai” (Canetti 373) 19 . Il <strong>per</strong>corso<br />

sensoriale anche in questo caso è molto intrecciato e le aree <strong>per</strong>cettive coinvolte (anche nel<br />

19 Il passo riportato fa riferimento alla descrizione che la precede di qualche pagina: dinanzi ai Profeti della<br />

Sistina, in particolare a Isaia: “Ho cercato di immaginarmi le parole di Isaia prima di conoscerle, <strong>il</strong> suo nuovo<br />

creatore mi aveva preparato ad esse. Forse fu presunzione da parte mia cercare di immaginarmi quelle parole, esse si<br />

sprigionavano <strong>per</strong> me dal suo gesto, non sentivo alcun bisogno di apprenderle in una forma precisa, non ne cercavo<br />

l’esatto enunciato, che pure avrei potuto trovare così fac<strong>il</strong>mente; l’immagine e <strong>il</strong> gesto le contenevano con una tale<br />

forza espressiva che mi sentivo continuamente costretto a volgermi verso Isaia, quella era la costrizione, <strong>il</strong> senso<br />

vero, inesaurib<strong>il</strong>e della Sistina” (Canetti, p. 368).<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 23


icordo visivo) sono varie. E la lingua interviene solo ad attivare ricordi e sensazioni.<br />

Qualcosa di analogo: “Cin contriamo con Cin Soda. Cinzano”.<br />

Abbiamo già giustificato la scelta di occuparci unicamente di pubblicità a stampa. Resta<br />

solo da aggiungere che nelle pubblicità audiovisive l’elemento in più che si ritrova è una<br />

espansione nel tempo del messaggio e <strong>il</strong> ruolo che <strong>il</strong> ritmo è chiamato a svolgere nel<br />

montaggio linguistico e figurativo, e le correlazioni che possono giocare non solo con gli<br />

elementi presenti nel “frame” ma con l’intera sequenza. Non è possib<strong>il</strong>e considerare nella<br />

stessa maniera le espressioni sinestetiche riportate, quasi che si trattasse sempre di “pure<br />

sinestesie”, <strong>per</strong>ché la loro complicità con valenze metaforiche è molto solida. Occorrono<br />

criteri di definizione e di classificazione più netti.<br />

Sinestesia neurologica<br />

Quelli più rigorosi sono ut<strong>il</strong>izzati nella descrizioni neurologiche del fenomeno; sono di<br />

natura clinica e quindi meno esposte ad osc<strong>il</strong>lazioni e consentono la distinzione tra<br />

sinestesie vere e proprie e pseudosinestesie, legate più o meno fortemente a meccanismi<br />

metaforici. La determinazione di una vera sinestesia (sintomi e funzioni) rispetto alle<br />

pseudosinestesie e la determinazione tipologica dei sinesteti costituiscono <strong>il</strong> punto fermo<br />

che le neuroscienze hanno determinato. Ciò ha contribuito anche a fare chiarezza<br />

sull’essenza della sinestesia 20 . Le interpretazioni cognitive della sinestesia sono due. Quella<br />

psicolinguistica che fa riferimento a Osgood, a Marks e in Italia a Dogana, è<br />

quantitivamente meglio documentata; le possib<strong>il</strong>ità, <strong>per</strong>ò, di approfondimento in vivo grazie<br />

alle tecniche di risonanza magnetica favoriscono soprattutto quelle neurologiche. I due<br />

punti di vista sembrerebbero contrapporre due possib<strong>il</strong>i sedi: la mente o <strong>il</strong> cervello, qualora<br />

fosse possib<strong>il</strong>e distinguere o separare le due cose. La prima cerca di evidenziare le<br />

connotazioni attivate o collegate al fonosimbolismo; <strong>per</strong> la seconda si tratta di modalità<br />

specifiche di attività cerebrale. La seconda ci sembra più foriera di risultati.<br />

Quello della sinestesia neurologica appare un mondo particolare dove “one sensation<br />

involuntar<strong>il</strong>y conjures up others” (Citowic, 1997, p. 17). Il punto di partenza comune a tutti<br />

i tipi e <strong>sotto</strong>tipi di sinestesia è la bi-modalità: la stimolazione di una modalità sensoriale<br />

automaticamente attiva la <strong>per</strong>cezione in una seconda modalità, in assenza di una<br />

stimolazione certa della seconda modalità (cfr. Harrison-Baron Cohen, p. 3). Per sinestesia<br />

in senso stretto, quindi, si intende la rara capacità di ascoltare colori, sentire sensazioni<br />

gustative relativamente alle forme. Un sinesteta può descrivere colore, forma e sapore della<br />

voce di qualcuno. Si tratta di osservazioni fisiologiche e non di descrizioni metaforiche.<br />

Quante sono le <strong>per</strong>sone che hanno questa capacità? Cytowic fornisce la cifra di circa<br />

25.000 come valutazione bassa, ma pensa che siano di più. In ogni modo i casi <strong>veramente</strong><br />

significativi (gli “high synesthetes”) che stanno alle base delle ricerche più significative<br />

sono molto pochi.<br />

I maggiori neuroscienziati che si occupano del problema (Marks, Cytowic, Baron-<br />

Cohen, Ramachandran) insistono sul fatto<br />

[687]<br />

20 Secondo Cytowic i dati certi sulla sinestesia sono i seguenti: 1) la sinestesia è un fatto genetico ereditario ed è<br />

diffusa all’interno della famiglia (<strong>per</strong> es. la famiglia del romanziere russo Nabokov); 2) c’è una predominanza<br />

femmin<strong>il</strong>e tra i sinesteti (3 a 1 secondo Cytowic; 8 a 1 secondo Barron-Cohen); 3) in modo preponderante sono non<br />

destrorsi; 4) dal punto di vista cognitivo e intellettivo, normodotati (la genialità è uno stereotipo); 5) hanno un’ottima<br />

memoria; grande ab<strong>il</strong>ità nella collocazione spaziale; 6) i sinesteti hanno impareggiab<strong>il</strong>i ab<strong>il</strong>ità cognitive; qualche<br />

problema di calcolo numerico. La diagnosi clinica della sinestesia è richiesta <strong>per</strong> distinguere nettamente e in modo<br />

definitivo <strong>il</strong> problema. Cinque sarebbero le caratteristiche principali: a) la sinestesia è involontaria, ma può essere<br />

attivata da uno stimolo; non può essere tolta a volontà; b) è proiettata e <strong>per</strong>cepita nello spazio <strong>per</strong>i-<strong>per</strong>sonale; c)<br />

distingue la <strong>per</strong>cezione vicina e lontana; d) le <strong>per</strong>cezioni sinestetiche sono durevoli nel tempo e generiche, non<br />

“elaborate coscientemente e immediatamente”; e) non è una forma di poeticità.<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 24


che la sinestesia dal punto di vista medico - pur riconosciuta da oltre tre secoli, continua ad<br />

essere trascurata, non vista, o trattata come pura curiosità – oggi conosce un momento di<br />

interesse e di nuova valutazione, non tanto come fenomeno in sé, ma in quanto giocattolo<br />

rotto e a<strong>per</strong>to 21 . Quali aree sensoriali si prestano a questo tipo di interazioni? Un po’ tutti i<br />

sensi, anche se alcune associazioni sono più frequenti di altre (<strong>per</strong> un riassunto<br />

esemplificativo cfr. Riccò, pp. 50-58). Invece sono più significative alcune singole “case<br />

history” che consentono squarci e approfondimenti non prevedib<strong>il</strong>i sul funzionamento del<br />

cervello e della mente.<br />

La spiegazione neurologica più recente e convincente è quella complessiva di V.S.<br />

Ramachandran e E.M. Hubbard che – come vedremo tra qualche paragrafo – spiegano la<br />

sinestesia come una “i<strong>per</strong>connettività” di moduli cerebrali di solito nell’adulto normale non<br />

connessi o scarsamente connessi sulla base di un “defective pruning” di tipo genetico.<br />

Come avviene la transizione? Un elemento – anomalo nel quadro generale che abbiamo<br />

ricostruito e semplificato – è <strong>il</strong> riferimento ad una forma di memorizzazione-congelamento<br />

avanzata da Pierantoni come precondizione del passaggio: “La transizione modale, dal<br />

senso cioè dell’udito a quello della vista, si realizza solo dopo <strong>il</strong> congelamento… una sorta,<br />

cioè di memorizzazione. Il congelamento <strong>per</strong>mette <strong>il</strong> transito intersensoriale. In ogni caso si<br />

ha un transfert intermodale attraverso un passaggio temporaneo in un organo di memoria”<br />

(Pierantoni, pp. 247-248). In questo caso la memoria associativa e la semantica<br />

svolgerebbero un ruolo, non previsto nel quadro disegnato dagli altri studiosi.<br />

Un punto di vista particolare<br />

Particolarmente suggestive ci sono apparse le ipotesi avanzate da V.S. Ramachandran e<br />

da E. M. Hubbard (2001a e 2001b) relative alla individuazione dei meccanismi cerebrali di<br />

un tipo di sinestesia e alla loro potenziale ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>ità <strong>per</strong> spiegare metafora, pensiero<br />

creativo e origine del linguaggio. In breve “a genetically based excess of connections in<br />

some individuals leads to both synesthesia and a propensity for metaphor and, hence, the<br />

higher incidence of synesthesia among artists, poets and novelists” (Ramachandran-<br />

Hubbard, 2001a, p. 982).<br />

Ovviamente, pur se documentate, si tratta di ipotesi che devono avere conferme a livelli<br />

differenti. L’argomentazione è così articolata: A) la sinestesia è un vero e proprio fenomeno<br />

sensoriale legato al funzionamento delle aree cerebrali (Ramachandran-Hubbard 2001, p.<br />

27), in netto contrasto con altri che affermano la natura concettuale della stessa e si<br />

richiamano a strutture o associazioni di memoria. Tale conclusione viene collegata con<br />

alcuni disordini mentali e la natura metaforica del pensare, dell’arte e dell’origine del<br />

linguaggio. B) In particolare in vari <strong>sotto</strong>tipi del tipo grafema-colore (sia come numerocolore<br />

e sia come lettera-colore), la sinestesia sarabbe originata da una mutazione che causa<br />

una “defective pruning” e una “cross-activation” tra le aree V4 (o V8) e l’area numerica<br />

adiacente nel giro fusiforme. La sua spiegazione consiste quindi nell’affermare una<br />

i<strong>per</strong>connettività (“crosswiring”) tra aree comunemente non connesse se non raramente. Può<br />

essere significativa l’adiacenza delle aree implicate? Forse sì. Proprio come avviene <strong>per</strong> <strong>il</strong><br />

gusto e l’odorato: alcuni sapori e odori sono disgustosi, come anche qualche<br />

comportamento morale: “Is it entirely a coincidence that smell and taste ‘maps’ are in the<br />

orbitofrontal frontal lobes, he same place where ‘maps’ for moral disgust might lie?” (ib., p.<br />

982) o come suggerisce anche <strong>per</strong> altri fenomeni cerebrali. C) Constatata la particolare<br />

frequenza della sinestesia tra poeti, musicisti, romanzieri,<br />

[688]<br />

occorre trovare una spiegazione a tale correlazione. Nella stessa ricerca si afferma che<br />

l’ipotesi avanzata della i<strong>per</strong>connettività può aiutare la comprensione della base neurale della<br />

metafora e della creatività, ipotizzando sulla stesso meccanismo un crosswiring più esteso.<br />

21 Cytowic cita l’aforisma che “nature reveals herself by her exceptions” (1997, p. 17).<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 25


Se i concetti sono rappresentati nella mente come i <strong>per</strong>cetti, allora potrebbe avvenire lo<br />

stesso meccanismo di i<strong>per</strong>connettività in poeti e artisti “whose brains may be more crosswired,<br />

giving them greater opportunity for metaphors” (ib., p. 28).<br />

La posizione di Ramachandran, soprattutto nella discussione dei “phantoms in the<br />

brain”, offre spunti originali <strong>per</strong> <strong>il</strong> collegamento tra aspetti comunicativi e cerebralità. Qui<br />

in particolare ci interessa richiamare quello del rapporto natura-cultura, discusso<br />

esplicitamente in vari punti del volume (in particolare a p. 33, e alle pp. 73-75). Il problema<br />

è visto in un’ottica particolare, in funzione dell’origine innata o acquisita delle mappe<br />

cerebrali e delle modalità di rimappatura della corteccia e delle modifiche all’immagine<br />

corporea nei casi di arti fantasma. In questo caso la sua conclusione è che parti innate e parti<br />

acquisite si intrecciano a causa soprattutto del ruolo che <strong>il</strong> feedback dell’educazione<br />

sensoriale e le abitudini cognitive hanno nel processo <strong>per</strong>cettivo, integrandosi o supplendo a<br />

informazioni attese ma incomplete o assenti: “<strong>il</strong> fantasma nasce dalla complessa interazione<br />

tra natura e cultura” (ib., p. 73). Il fenomeno dei movimenti fantasma e della loro<br />

remissione, è dovuto al fatto che <strong>il</strong> cervello adulto normale ha avuto <strong>per</strong> un’intera vita<br />

feedback visivi e cinestetici e quindi se li aspetta anche dopo l’amputazione. Se l’aspettativa<br />

non è soddisfatta, <strong>il</strong> cervello è deluso e alla fine si registra <strong>il</strong> non ut<strong>il</strong>izzo della corteccia<br />

cerebrale che controllava l’attività dell’arto. Ramachandran ritiene che gli arti fantasma<br />

nascano dalla complessa interazione di variab<strong>il</strong>i sia genetiche sia es<strong>per</strong>ienziali, i cui<br />

rispettivi contributi possono essere individuati solo attraverso sistematiche indagini<br />

empiriche. Non si può dire quale delle due sia più importante: studiare o vedere la loro<br />

interazione. Infatti nei casi di arti fantasmi le zone di corteccia s<strong>il</strong>enti tendono ad essere<br />

ut<strong>il</strong>izzate dalle aree adiacenti, creando una sovrapposizione delle sensazioni (<strong>il</strong> prurito a un<br />

braccio mancante viene risolto con una grattatina al volto, la cui area nella mappa cerebrale<br />

ha “invaso” e fatta propria anche la parte del braccio, cfr. ib., pp. 52-55).<br />

5. Basi neurologiche della multimedialità<br />

È questo <strong>il</strong> nostro punto di partenza: tener conto delle basi neurologiche della<br />

multimedialità. Andare a dare un’occhiata a come è fatta la macchina, come funziona<br />

all’ingrosso. C’è in breve la necessità di collegare la tipologia e le grammatiche semiosiche<br />

o<strong>per</strong>anti e attive nella comunicazione multimediale con macchina cerebrale che li produce.<br />

Andare a collegare molteplicità semiosica con intelligenze multiple e la multisensorialità.<br />

Ci pare che sia necessario passare dalle o<strong>per</strong>azioni di connessione analogica di tipo<br />

astrattamente semantico e semantico-linguistico alla connessione neuronale. Questa<br />

attenzione all’elemento fisico-organico non distrugge la varietà culturale che vi si appoggia:<br />

ne dà una base più unitaria e interdisciplinariamente certa.<br />

I primi es<strong>per</strong>imenti di verifica delle attività cerebrali in vivo su porzioni comunicative<br />

sono della fine degli anni ‘60-70 e applicavano l’uso dell’EEE e la teoria dello “split brain”,<br />

tendendo a verificare specificità emisferica e tipologia dei media (stampa, tv) 22 . Venivano<br />

accertate forme di memorizzazione e di <strong>per</strong>cezione specifica dei due emisferi. Con una<br />

assolutizzazione rivelatasi eccessiva, <strong>per</strong>ché la mente normalmente non risulta “split” alla<br />

coscienza che la vede<br />

[689]<br />

e i processi cognitivi dati <strong>per</strong> semplici, come la visione, risultano in realtà o<strong>per</strong>azioni<br />

complesse con l’aggiunta di forme iterative, vicarianti e suppletive. Come metaforicamente<br />

suggerisce R. Pierantoni, “<strong>sotto</strong> le linee dei confini corrono fiumi, tratti nervosi, correnti,<br />

gorghi” (Pierantoni, p. 245).<br />

22 Cfr. <strong>per</strong> riferimenti Di Sparti 1985.<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 26


In questa prospettiva la sinestesia 23 appare oggi come una chiave priv<strong>il</strong>egiata alla<br />

comprensione del funzionamento della mente e in particolare <strong>per</strong> la parte che riguarda la<br />

multisensorialità e quindi la multimedialità. A) Le domande fondamentali sulla mente<br />

restano senza risposta (soprattutto relativamente alla coscienza, alle emozioni). Come<br />

dialogano i moduli allo scopo di creare l’es<strong>per</strong>ienza conscia? B) Dalle ricerche degli arti<br />

fantasma viene confermata la struttura modulare del cervello, in cui ogni elemento è<br />

connesso agli altri 24 ma svolge un ruolo specifico (talvolta appreso) che ha sv<strong>il</strong>uppato un<br />

sistema di aspettative che intervengono nella loro azione e influenzano anche l’attività di<br />

altre aree nello svolgimento di una data funzione. L’idea che ogni modulo elabori<br />

autonomamente e consegni l’output non è vera; l’elaborazione sensoriale consisterebbe solo<br />

nell’invio di cascate di segnali unidirezionali, mentre in realtà c’è un coinvolgimento anche<br />

nella fase di elaborazione. L’immagine corporea, cioè lo schema e la memoria che la mente<br />

ha del corpo nella cornice spaziale e temporale, può essere modificata: “abbiamo constatato<br />

che nell’encefalo adulto si formano nuove connessioni, che l’attività delle mappe<br />

somatosensoriali è connessa all’es<strong>per</strong>ienza sensoriale e, nel complesso, che <strong>il</strong> cervello<br />

aggiorna in continuazione <strong>il</strong> suo modello di realtà a mano a mano che risponde a nuovi<br />

input” (Ramachandran-Blakeslee 1999, p. 73). C) Attività ritenute semplici o omogenee in<br />

realtà hanno carattere complesso e ambiguo. L’importante non è conoscere <strong>il</strong> cosa fa, ma<br />

come lo fa. D) Di particolare importanza l’individuazione dei meccanismi della visione: non<br />

replica o copia di una realtà obiettiva, ma <strong>per</strong>cezione e inferenza inconscia (ib., p. 85); ma<br />

interazione tra 30 aree visive ognuna delle quali ricava attributi distinti dalla scena visiva<br />

(colore, profondità, movimento, (ib., p. 88), e in particolare quella che viene chiamata la via<br />

del cosa e la via del come. E) L’interazione tra differenti centri cerebrali, come quelli<br />

preposti alla visione e al tatto, sarebbe talmente forte che anche la mera <strong>il</strong>lusione ottica di<br />

un pugno a<strong>per</strong>to minaccioso potrebbe agire sugli interi circuiti delle vie nervose e tatt<strong>il</strong>i (ib.,<br />

p. 71).<br />

Solo domande<br />

Alla fine della riflessione, l’intento iniziale (di una base cerebrale <strong>per</strong> l’educazione<br />

alla multimedialità) appare giustificata, ma non ha risposte certe. Individua un problema,<br />

anche se non ha risposte. “La cosa più evidente della nostra esistenza è che ci <strong>per</strong>cepiamo<br />

come un sé singolo e unitario, padrone del proprio destino… in realtà esiste al nostro<br />

interno un altro essere capace di procedere <strong>per</strong> la sua strada a nostra insaputa e <strong>per</strong> la<br />

verità sembra vi sia nell’encefalo non uno ma una moltitudine di zombie” (ib., p. 102). Il<br />

fenomeno del “crosswiring” individuato <strong>per</strong> la sinestesia e suggerito <strong>per</strong> qualche altra<br />

“strana o misteriosa” connessione, conferma la necessità di addestrare alla coscienza di<br />

elaborazioni parallele e multitasking del nostro sistema cognitivo senza attendersi che<br />

tutto sia chiaro alla logica proposizionale e alla calcolab<strong>il</strong>ità.<br />

È necessario sganciarsi dalla schiavitù della sequenzialità e della linearità, e dalle<br />

abitudini cognitive che ne derivano. A volte è vantaggioso “liberare lo zombie”, che<br />

individua soluzioni senza passare <strong>per</strong> l’esplicito della coscienza. Perché in alcuni casi<br />

“chiaramente la mano sa qualcosa che gli occhi ignorano” (cfr. l’es<strong>per</strong>ienza di Aglioti cit.<br />

ib., pp. 100-101),<br />

[690]<br />

l’addestramento sensoriale al riconoscimento dei linguaggi, delle fasi di o<strong>per</strong>azioni<br />

sensoriali complesse (legate soprattutto alla visione), fatto – <strong>per</strong> esempio – nell’analisi delle<br />

pubblicità, smette di essere esercizio metalinguistico e diventa educazione dei circuiti del<br />

23<br />

In questo saggio intendiamo la sinestesia del tutto sinonimo di multisensorialità in tutte le sue forme. Per la<br />

discussione del problemma cfr. Riccò, pp. 75-84.<br />

24<br />

“Nel cervello… non esistono vicoli ciechi, binari morti. Si incontrano solo anelli entro anelli… Traduzioni<br />

che istradano su diverse e simultanee vie… Una struttura profondamente interconnessa in cui nessuna parte finiva <strong>per</strong><br />

ignorare completamente ciò che accadeva nelle altre” (Pierantoni, p. 248).<br />

Di Sparti <strong>Cosa</strong> c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong> 27


cervello, lasciando alla coscienza <strong>il</strong> ruolo di “binding” dell’orchestrazione sensoriale e<br />

comunicativa.<br />

E i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong>?<br />

Anche su questo Ramachandran ha qualcosa da dire, non esattamente sui <strong>tacchi</strong>, ma sul<br />

piede e sulle teorie relative al feticismo. Le sue osservazioni nascono da implicazioni di<br />

alcuni effetti di arti fantasma, collegati all’area sessuale. L’ipotesi freudiana sull’origine del<br />

feticismo, fondata sulla somiglianza della forma del piede con <strong>il</strong> pene, viene criticata sulla<br />

base del fatto che esistono altre forme allungate del corpo che potevano servire alla bisogna<br />

e che <strong>il</strong> feticismo non interessa altre aree del corpo (come mani e viso). L’ipotesi che egli<br />

avanza: “a mio avviso la soluzione del mistero è semplice: nell’area somatosensoriale i<br />

piedi si trovano accanto ai genitali. Forse anche in molte delle cosiddette <strong>per</strong>sone normali si<br />

ha qualche piccolo “incrocio di f<strong>il</strong>i”, <strong>il</strong> che spiegherebbe <strong>per</strong>ché ci piaccia farci succhiare<br />

l’alluce” (ib., p. 51) 25 . Questo collegamento è attestato anche dalla sessualizzazione di un<br />

piede fantasma testimoniata dalle es<strong>per</strong>ienze di due pazienti con arti fantasma: “quando<br />

avevo rapporti provavo curiose sensazioni al piede mancante” (ib., p. 50) e “provo<br />

l’orgasmo nel piede… non limitato ai soli genitali” (ib., p. 50-51). L’ipotesi include anche <strong>il</strong><br />

fare piedino <strong>sotto</strong> un tavolo.<br />

E allora, cosa c’è <strong>veramente</strong> <strong>sotto</strong> i <strong>tacchi</strong> a <strong>sp<strong>il</strong>lo</strong>?<br />

Quello che ci sta sopra. E l’abbiamo sempre saputo.<br />

È un problema psicologico o biologico?<br />

Del cervello.<br />

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(Ramachandran-Blakeslee 1999, p. 38): “Le mani e la faccia occupano una parte sproporzionatamente grande della<br />

mappa. Si osservi inoltre che l’area del volto è situata <strong>sotto</strong> l’area della mano anzicché, come parrebbe logico, vicino<br />

al collo e che i genitali sono rappresentati <strong>sotto</strong> i piedi. Che sia, questa, la spiegazione anatomica del feticismo dei<br />

piedi e delle scarpe” (ib., pp.38-39).<br />

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