Scarica il pdf - Unione Commercianti di Piacenza
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C A F I M P R E S E U N C O M<br />
avviato ad un corso <strong>di</strong> formazione o <strong>di</strong> riqualificazione o non lo frequenti regolarmente<br />
senza giustificato motivo. A tal proposito, <strong>il</strong> Ministero precisa che possono<br />
essere effettuati sia corsi <strong>di</strong> formazione finalizzati al trasferimento, cambiamento<br />
<strong>di</strong> mansioni o all’introduzione <strong>di</strong> nuove attrezzature o tecnologie o <strong>di</strong> nuove sostanze<br />
pericolose, sia corsi <strong>di</strong> aggiornamento quinquennali previsti dall’Accordo<br />
in Conferenza Stato-Regioni del 21.12.2011. Non possono invece essere effettuati<br />
corsi relativi alla formazione <strong>di</strong> cui all’art. 37, c. 4, del D. Lgs 81/2008 (formazione<br />
e addestramento specifico da effettuare in occasione della costituzione del<br />
rapporto <strong>di</strong> lavoro o dell’inizio dell’ut<strong>il</strong>izzazi one qualora si tratti <strong>di</strong> contratto <strong>di</strong><br />
somministrazione). Il Ministero chiarisce, infine, che la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> svolgere<br />
la formazione in materia <strong>di</strong> salute e sicurezza, nelle ipotesi in<strong>di</strong>cate, non mette<br />
in <strong>di</strong>scussione l’esistenza dei presupposti per i quali è operata la sospensione<br />
dell’attività lavorativa. Resta fermo che condotte strumentali, finalizzate a richiedere<br />
l’intervento <strong>di</strong> ammortizzatori sociali per effettuare attività formative obbligatorie,<br />
ut<strong>il</strong>izzando risorse pubbliche, saranno sanzionate penalmente.<br />
ASPI IN UN’UNICA SOLUZIONE PER L’ATTIVITÀ AUTONOMA.<br />
Ministero Lavoro - Decreto Interministeriale 29/03/2013 - Gazz. uffic. n.133 del<br />
08/06/2013.<br />
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 133 dell’8 giugno 2013 è stato pubblicato <strong>il</strong> Decreto Interministeriale<br />
29 marzo 2013 avente ad oggetto l’“Erogazione in unica soluzione<br />
dell’indennità ASpI e mini-ASpI, <strong>di</strong> cui all’articolo 2, comma 19, della legge 28<br />
giugno 2012, n. 92”. Il Decreto riguarda i lavoratori che hanno perso involontariamente<br />
la propria occupazione e che attualmente sono beneficiari dell’indennità<br />
mens<strong>il</strong>e ASpI o mini-ASpI. Per coloro che intendono intraprendere un’attività <strong>di</strong><br />
lavoro autonomo, avviare un’attività <strong>di</strong> auto impresa o <strong>di</strong> microimpresa o associarsi<br />
in cooperativa, è prevista la possib<strong>il</strong>ità della liquidazione in unica soluzione<br />
dell’indennità mens<strong>il</strong>e per un numero <strong>di</strong> mens<strong>il</strong>ità pari a quelle spettanti e non<br />
ancora percepite. I lavoratori interessati dovran no trasmettere domanda telematica<br />
all’Inps, corredata <strong>di</strong> apposita documentazione, entro i termini <strong>di</strong> fruizione<br />
della prestazione mens<strong>il</strong>e <strong>di</strong> ASpI e mini ASpI e, comunque, entro 60 giorni dalla<br />
data <strong>di</strong> inizio dell’attività autonoma o dell’associazione in cooperativa. L’indennità<br />
anticipata dovrà essere restituita, nel caso in cui <strong>il</strong> lavoratore instauri un<br />
rapporto <strong>di</strong> lavoro subor<strong>di</strong>nato prima della scadenza del periodo spettante <strong>di</strong><br />
indennità corrisposta in forma anticipata. Il lavoratore dovrà, pertanto, dare comunicazione<br />
alla sede dell’Inps che ha liquidato l’anticipazione medesima, entro<br />
10 giorni dall’inizio dell’attività <strong>di</strong>pendente.<br />
INFORTUNIO: NESSUNA COLPA DEL DIRIGENTE SE IL DIPENDENTE HA<br />
TENUTO UN COMPORTAMENTO ABNORME.<br />
Cassazione - Sentenza 19/04/2013 - n. 18196.<br />
La Corte <strong>di</strong> Cassazione, con la sentenza 19/04/2013 n.18196, ha deciso che se<br />
viene provato davanti ai giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> merito che l’infortunio mortale era <strong>di</strong>peso da<br />
un comportamento abnorme tenuto dal <strong>di</strong>pendente, devono considerarsi assolti<br />
tutti i <strong>di</strong>rigenti responsab<strong>il</strong>i del cantiere dove si è verificato l’incidente, compresi<br />
quelli che nella fase iniziale del giu<strong>di</strong>zio avevano patteggiato la pena. Nel<br />
caso esaminato dalla Suprema Corte un lavoratore è annegato in una vasca con<br />
fanghi attivi presso un cantiere ed<strong>il</strong>e dove stava lavorando. Il <strong>di</strong>rigente dell’impresa<br />
ed <strong>il</strong> legale rappresentante, accusati <strong>di</strong> omici<strong>di</strong>o colposo, avevano patteggiato<br />
la pena. Successivamente anche <strong>il</strong> <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> cantiere e <strong>il</strong> capocantiere<br />
erano stati chiamati a rispondere del grave fatto accaduto al lavoratore però gli<br />
stessi erano stati <strong>di</strong>chiarati assolti dopo che davanti al Tribunale era stato provato<br />
che <strong>il</strong> decesso del lavoratore era avvenuto terminato l’incarico a lui affidato.<br />
Più precisamente lo stesso <strong>di</strong>pendente si era recato sul luogo dove è avvenuto<br />
l’infortunio mortale per ragioni che non è stato possib<strong>il</strong>e ricostruire. Il Tribunale<br />
ha escluso <strong>il</strong> nesso causale tra gli obblighi <strong>di</strong> sicurezza nei confronti del lavoratore<br />
e la morte <strong>di</strong> quest’ultimo. La pronuncia <strong>di</strong> assoluzione nei confronti del<br />
<strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> cantiere e del capocantiere non può non coinvolgere anche gli altri<br />
due soggetti ritenuti responsab<strong>il</strong>i della morte del <strong>di</strong>pendente. In sostanza secondo<br />
i giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> legittimità la valutazione effettuata dalla Corte d’Appello che<br />
aveva ritenuto responsab<strong>il</strong>i <strong>il</strong> <strong>di</strong>rigente dell’impresa e <strong>il</strong> legale rappresentante<br />
travalica <strong>il</strong> limite della manifesta infondatezza dell’istanza dato che quest’ultima<br />
impegna ad una approfon<strong>di</strong>ta indagine circa la possib<strong>il</strong>ità che la condotta<br />
del lavorator e assume valenze <strong>di</strong>verse a seconda dei soggetti titolari <strong>di</strong> posizione<br />
<strong>di</strong> garanzia. La Sprema Corte ha affermato che per manifesta infondatezza<br />
della richiesta <strong>di</strong> revisione, che ne determina l’inammissib<strong>il</strong>ità, deve intendersi<br />
l’evidente inidoneità delle ragioni poste a suo fondamento a consentire una verifica<br />
circa l’esito del giu<strong>di</strong>zio.<br />
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