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Rivista SWISSLIFE Primavera 2013

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<strong>SWISSLIFE</strong><br />

4° anno // Numero 1 // CHF 6.50<br />

<strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong> // Nuovo inizio


Il revival dei marchi svizzeri<br />

È stato per un pelo se i ragazzi non sono stati privati del piacere irresistibile del Tiki schiumeggiante sulla lingua:<br />

la produzione di questa polverina frizzante stava, infatti, per essere soppressa. Poi la ditta argoviese Domaco<br />

con tanta passione si è data da fare per salvare il marchio. Così come hanno fatto Daniela e Werner Haderer con<br />

Wisa-Gloria. E Ursula Capaul, Thomas Weber nonché André Oldani con Alpa.


Editoriale // 3<br />

Buongiorno<br />

Lo viviamo tutti gli anni: la primavera, ormai alle porte, stimola<br />

la voglia di vivere. E risveglia quel nostro impulso interiore<br />

che spinge a osare una nuova partenza, verso nuovi lidi, verso il<br />

cambiamento.<br />

In tutti noi c’è il germoglio che ci induce a osare un nuovo<br />

inizio, ricchi delle esperienze del passato, con una nuova idea,<br />

un altro lavoro, magari in un’altra parte del mondo. Sono<br />

molti coloro che si decidono a compiere il gran passo. Che<br />

abbiano raggiunto il fiero traguardo dei 100 anni come Klara<br />

Milt-Becker, che, dovendosi trasferire in una casa per anziani,<br />

si trovava ad affron tare una nuova partenza. O magari c’era<br />

di mezzo un cambiamento d’aria, come per la cantante Jaël<br />

della band svizzera Lunik. Nel caso degli esercenti Beat Walker<br />

e Marco Helbling del ristorante im Feld di Gurtnellen si<br />

trattava, invece, di decidere di portare avanti una tradizione<br />

di famiglia urana.<br />

Ad accomunare tutti i protagonisti di questa edizione agli imprenditori<br />

della nostra storia di copertina sono la voglia di fare,<br />

l’impegno e la passione. Anche i marchi presentati sarebbero da<br />

tempo scomparsi, se qualcuno non li avesse trovati degni di<br />

attenzione e non li avesse fatti nascere a nuova vita.<br />

Tutti i protagonisti di questa edizione di <strong>SWISSLIFE</strong> hanno<br />

dato vita al proprio sogno: un nuovo inizio. Per farlo ci vogliono<br />

co raggio, fiducia e fede incrollabile nelle proprie capacità.<br />

Proprio quello che vi auguro per questa primavera.<br />

Ivo Furrer, CEO Swiss Life Svizzera, afferma:<br />

«Coraggio, fiducia e fede incrollabile nelle<br />

proprie capacità. Proprio ciò che vi auguro per<br />

questa primavera.»<br />

La prestigiosa associazione di categoria «Forum<br />

Corporate Publishing» ha conferito a <strong>SWISSLIFE</strong><br />

un riconoscimento quale migliore pubblicazione<br />

in lingua tedesca per la clientela, nel settore dei<br />

servizi finanziari.<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


06 Swiss<br />

Photo Selection: Una nuova casa<br />

Un nuovo inizio e non il capolinea: la fotografa Mara Truog<br />

ha fatto visita agli uomini e alle donne che risiedono presso le<br />

case di riposo della città di Zurigo. E ha incontrato persone con<br />

una grande gioia di vivere. Questi ritratti sensibili raccontano<br />

le loro storie.<br />

16 Due facce della stessa medaglia: Dono per la vita<br />

20 Storia<br />

di copertina: Il ritorno delle leggende<br />

E all’improvviso erano (quasi) scomparsi: grandi marchi svizzeri<br />

quali Tiki, Wisa-Gloria e Alpa erano minacciati dal fallimento,<br />

se non fosse stato per donne e uomini visionari e intraprendenti, che<br />

hanno rischiato un nuovo inizio. Ma il successo non viene da sé.<br />

Buone prospettive<br />

Scrivono libri, studiano l’universo, navigano in<br />

Internet e considerano ogni giorno come un regalo:<br />

le persone che risiedono nelle case di riposo non<br />

sono solo dei ferri vecchi – molti sono contenti di<br />

questo nuovo inizio.<br />

28 Mix di numeri: Bocciati - le quote di insuccessi agli esami<br />

di guida, dall’Argovia fino a Zugo<br />

31 Sì, lo voglio: Il futuro comincia qui.<br />

Responsabile del progetto: Swiss Life Public Relations, Martin Läderach Commissione redazionale:<br />

Ivo Furrer, René Aebischer, Thomas Bahc, Monika Behr, Thomas Langenegger, Christian Pfister,<br />

Hans-Jakob Stahel, Paul Weibel Responsabile della redazione UPDATE: Dajan Roman Indirizzo<br />

della redazione: <strong>Rivista</strong> <strong>SWISSLIFE</strong>, Public Relations, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo,<br />

magazin@swisslife.ch Coordinamento del progetto: Mediaform|Christoph Grenacher, Ittenthal/<br />

Zurigo Ideazione e progettazione: Festland Werbeagentur, San Gallo/Zurigo Traduzione: Swiss Life<br />

Language Services Stampa e spedizione: Heer Druck AG, Sulgen; stampato su carta FSC Inserzioni:<br />

Mediaform|Christoph Grenacher, Hauptstrasse 3, 5083 Ittenthal, mediaform@mediaform.ch<br />

Cambiamenti d’indirizzo/Ordinazioni: <strong>Rivista</strong> <strong>SWISSLIFE</strong>, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo,<br />

magazin@swisslife.ch Tiratura: 100 000 Pubblicazione: 3 volte l’anno (primavera, estate, autunno)<br />

Avviso legale: le informazioni relative a servizi e prodotti contenute nella presente pubblicazione<br />

non costituiscono un’offerta in termini giuridici. Non viene tenuta alcuna corrispondenza in merito<br />

a concorsi. È escluso il ricorso alle vie legali. ISSN 1664-5588<br />

Nuovo avvio per marchi storici<br />

Un nome noto non è sufficiente. Con un’idea, un po’<br />

di fortuna e molto impegno può nascere qualcosa<br />

di grandioso: nel caso di Alpa of Switzerland si tratta<br />

di fotocamere a sistema esclusive.


Sommario // 5<br />

46 A Swiss Life: Claudio Castagnoli<br />

«Voi americani ignoranti!», grida Claudio Castagnoli alias<br />

Antonio Cesaro sera dopo sera al pubblico. Lui lo può fare. Dopo<br />

ben 900 combattimenti in 12 anni, il «Bad Guy», ragazzo<br />

cattivo, ha raggiunto l’olimpo del wrestling. È diventato «United<br />

States Champion».<br />

55 I piaceri della tavola: «ryys und boor» ossia riso ai<br />

porri di Uri<br />

57 Beni Frenkel: Sull’artigiano nell’uomo<br />

Chi è il cattivo ragazzo<br />

Il wrestling non è altro che spettacolo. I combattimenti<br />

sono concordati, i vincitori sono decisi in<br />

anticipo. E qualcuno deve rappresentare l’uomo<br />

nero: lui ad esempio, lo svizzero Claudio Castagnoli.<br />

58 Concorso:<br />

Vincete una bicicletta Villiger da<br />

donna o da uomo – a seconda del caso<br />

60 Fuoriprogramma: Jaël Malli sulla canzone «What is next»<br />

Il trionfo dell’assicurazione completa<br />

Anche Oliver Hohl di Weber AG a Coira colloca la<br />

sicurezza della previdenza professionale al primo<br />

posto. Swiss Life gli offre soluzioni su misura, in<br />

modo che può concentrarsi sulla guida della sua<br />

impresa.<br />

Allegato: UPDATE<br />

Leggete cosa hanno in comune la previdenza a favore del<br />

personale e il reclutamento, come Swiss Life apre un accesso<br />

supplementare ai clienti e in che modo un’impresa dal nome<br />

temerario Halsundbeinbruch Film gestisce la sicurezza.<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


Una nuova<br />

casa<br />

Quando con la vecchiaia gli acciacchi aumentano, molte<br />

persone si trovano di fronte a un nuovo inizio: il trasloco<br />

nella casa di riposo. La fotografa Mara Truog ha visitato<br />

alcune case di riposo della città di Zurigo. E ha incontrato<br />

persone con il morale alto. Apprezzano ogni giorno,<br />

affer mano.›››<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> presenta in «Swiss Photo Selection»<br />

lavori di fotografi svizzeri, inviati allo «Swiss Photo<br />

Award – ewz.selection», il premio più importante<br />

in Svizzera per la fotografia. www.ewzselection.ch


Swiss Photo Selection // 7<br />

Alfred Ilk (82 anni) abita dal 2009 nella casa di riposo Rebwies a Zollikon. Nativo dell’Austria, il signor Ilk ha lavorato per 55 anni come<br />

parrucchiere e oggi il suo hobby è studiare i segreti dell’universo: «Mi affascina ciò che succede al di fuori del nostro pianeta.»<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


Konrad Akert (93 anni) vive dal 2000 nella casa di riposo Klus Park. Per mantenere in forma il cervello il neurologo si mette davanti<br />

al computer ogni giorno e studia la vita del pioniere industriale Alfred Escher: «Per certi versi sono uno storico.»


Swiss Photo Selection // 9<br />

Lina Schnidrig (83 anni) si sente come a casa propria nella casa di riposo Wolfswinkel. Ha scoperto Internet<br />

e ne è entusiasta: «Oggi ho ricevuto un’e-mail da uno dei miei pronipoti. L’ho stampata subito.»<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


Rosa Keller (89 anni) si è trasferita nell’aprile 2004 nella casa di riposo Wildbach. È il periodo più bello della sua vita,<br />

afferma l’ex domestica. «Fare bricolage, cantare e fare ginnastica insieme: prima non ho mai fatto tutto questo.»


Swiss Photo Selection // 11<br />

Heidi Leupi (81 anni) si è trasferita nell’agosto 2004 nella casa di riposo Klus Park. La signora Leupi, un dottorato in storia,<br />

lavora attualmente a uno studio scientifico e ama i giochi di pazienza: «Al gioco del puzzle posso lasciare libero sfogo ai miei pensieri.»<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


Bruno Schuler (72 anni) è uno degli abitanti più giovani e vive nella casa di riposo Mittelleimbach da luglio 2009.<br />

L’ex postino è felice di non annoiarsi più: «Qui non sono più solo e questa è la cosa più bella.»


Swiss Photo Selection // 13<br />

Klara Milt-Becker (100 anni) abita da maggio 2008 nella casa di riposo Bullinger. La pensionata si allena regolarmente,<br />

impara l’inglese e considera ogni giorno un dono. Afferma: «Non vedo l’ora che arrivi la primavera.»<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


Elisa Stauffer (90 anni) vive da luglio 2007 nella casa di riposo Laubegg. L’ex commessa del settore alimentari si rilassa con musica classica<br />

e ascolta la radio tutto il giorno: «Un concerto per pianoforte di Beethoven è per me come un massaggio al cervello.»


Swiss Photo Selection // 15<br />

Mara Truog:<br />

«Mi interessano le persone, i loro<br />

sentimenti e i loro stati d’animo.»<br />

Mara Truog, nata a Berna nel 1977 e cresciuta a<br />

Zurigo, dopo la maturità ha seguito una formazione<br />

in fotografia a Londra e a Zurigo, dove nel 2002<br />

si è diplomata in fotografia presso la Scuola superiore<br />

delle arti di Zurigo. Dal 2002 lavora come<br />

fotografa freelance per la stampa e aziende nazionali<br />

e internazionali. Mara Truog è specializzata<br />

in ritratti e reportage. Vive e lavora a Zurigo.<br />

Per Mara Truog la fotografia è al contempo un’occasione<br />

e un pretesto per immergersi nei mondi di<br />

altre persone e ritrarle nelle loro realtà. Le foto<br />

colpiscono perché rendono visibili speranze, paure<br />

e sogni. E perché la fotografa riesce a riprodurre<br />

le persone ritratte in maniera naturale, autentica<br />

e rilassata. I ritratti scattati nelle case di riposo<br />

della città di Zurigo mostrano persone anziane che<br />

sono ancora piene di fiducia e gioia di vivere. Le<br />

foto sono tratte dal libro «Mein Leben ist mit vielen<br />

Geschichten verbunden», pubblicato dalla casa<br />

editrice Neue Zürcher Zeitung.<br />

Contrasto impressionante: in<br />

Vietnam Mara Truog ha scattato<br />

fotografie in un orfanotrofio, a<br />

Zurigo a persone anziane. Entrambi i<br />

reportage svelano aspetti importanti<br />

del suo lavoro: da una parte, il<br />

confronto con l’interlocutore che è<br />

una forma di incontro e, dall’altra,<br />

la vulnerabilità delle persone, non<br />

importa se vecchie o giovani.<br />

www.maratruog.com<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


Testo: Florian Caprez, foto: Severin Nowacki<br />

Dono per<br />

la vita<br />

Prof. dr. med. Barbara E. Wildhaber, direttrice<br />

del reparto di chirurgia pediatrica, ospedale<br />

pediatrico di Ginevra<br />

«La piccola Lara aveva nove mesi quando<br />

abbiamo effettuato il trapianto.<br />

Prima del trapianto si era tentato invano<br />

di ripristinare, mediante un’operazione,<br />

il flusso della bile. Sapevamo<br />

di dover sostituire il fegato, altrimenti<br />

Lara sarebbe morta.<br />

Quindi, abbiamo atteso un organo donatore;<br />

in Svizzera l’attesa può durare fino a dodici<br />

mesi. A volte, attendiamo anche invano;<br />

muoiono tuttora bambini, perché manca<br />

l’organo donatore. Prima dell’operazione, nel<br />

corso di lunghi colloqui tengo a trasmettere<br />

ai parenti il mio atteggiamento positivo;<br />

nel contempo devo trattare anche l’argomento<br />

della morte. Ciò non è facile. Tuttavia,<br />

credo sempre fermamente che tutto volgerà<br />

al meglio. I bimbi come Lara prima dell’operazione<br />

presentano un colorito di un giallo<br />

intenso: occhi gialli, lacrime gialle, muco giallo.<br />

Inoltre hanno un pancino gonfio e braccine<br />

esili. Poi ricevono un fegato sano e, tre<br />

mesi dopo, hanno un aspetto completamente<br />

sano. Sono eventi come questo che, giorno<br />

dopo giorno, ti danno la forza di continuare<br />

in questo mestiere – con e nonostante le<br />

emozioni che esso comporta. Emozioni che<br />

diventano quasi insopportabili quando, ad<br />

esempio, riceviamo organi di giovani donatori,<br />

soprattutto bambini. Ci si rende conto<br />

che ci sono genitori che stanno vivendo il<br />

periodo più buio della loro vita. Ma poi considero<br />

la situazione sotto il nostro punto di<br />

vista, sapendo che grazie a questo organo<br />

donatore potrò salvare la vita a un altro<br />

bambino.»<br />

www.swisstransplant.org


Due facce della medaglia // 17<br />

«Certo, la signora Wildhaber ci ha parlato<br />

anche dei rischi legati al trapianto.<br />

Tuttavia, quando è arrivata la telefonata<br />

che era disponibile l’organo donatore,<br />

l’unica cosa a cui siamo riusciti<br />

a pensare era che presto il periodo di<br />

sofferenze di Lara sarebbe finito.<br />

Sapevamo di affidare il destino ad altrui, di<br />

non poter più fare nulla, ma la signora<br />

Wildhaber ci ha sempre infuso coraggio, è<br />

rimasta ottimista e ci ha trattati in un<br />

modo del tutto naturale. Perciò non ci siamo<br />

resi veramente conto della gravità delle<br />

condizioni in cui versava Lara, di quanto<br />

la sua vita fosse sospesa a un filo. Tuttavia,<br />

quando il 6 gennaio 2010 il trapianto è riuscito,<br />

tutte le emozioni sono venute a galla:<br />

abbiamo realizzato che la nostra bambina<br />

era stata a un passo dalla morte, che sarebbe<br />

bastato il minimo errore durante l’operazione.<br />

Ci ha fatto piacere che Lara abbia subito<br />

il trapianto insieme a un altro bambino<br />

che ha ricevuto l’altra parte del fegato<br />

donatore. Per me sarebbe un problema<br />

sapere che il donatore era un lattante, così<br />

piccolo e leggero come Lara. Ora sappiamo<br />

che era una persona giovane, e nient’altro.<br />

Nonostante la gioia e il sollievo di vedere<br />

che Lara sta di nuovo bene, ogni tanto ancora<br />

oggi mi capita di chiedermi perché<br />

questa persona sia dovuta morire. Permane<br />

un sentimento di empatia per i donatori<br />

e i loro famigliari, nonostante la felicità che<br />

proviamo.»<br />

www.evlk.ch<br />

Christine Bachmann,<br />

Schwendibach, mamma di Lara<br />

che fra poco compirà quattro<br />

anni (*21 marzo 2009)


Motion Control.<br />

Lorsque vous évoluez sur des chemins de montagne exigeants, un contrôle maximal est impératif, à chaque pas.<br />

Mammut a conçu une collection « Trail Running » précisément pour répondre à votre besoin. Dynamisme, respirabilité,<br />

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optimales. Soyez-en convaincus !. Tout comme les athlètes présents lors de la journée de test sur la moraine<br />

du glacier Pers. www.mammut.ch


erdmannpeisker / Robert Bösch<br />

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<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


Storia di copertina // 21<br />

Testo: Christoph Grenacher, foto: Darko Todorovic<br />

Come la fenice<br />

dalle ceneri<br />

Leggendari marchi svizzeri festeggiano attualmente un<br />

ritorno in scena, un revival con nuovi proprietari. Gli<br />

esempi di Tiki, Wisa-Gloria e Alpa mostrano che i grandi<br />

nomi e la nostalgia non sono garanzia<br />

›››<br />

di successo, ma<br />

nuove idee e concetti chiari sì.<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


1907 – Hynek Boleslav Allan inventa Tiki:<br />

polvere di soda con un po’ di<br />

zucchero e acido.<br />

1947 – Guy Allan, il figlio dell’inventore,<br />

fugge in Svizzera e dapprima<br />

fa produrre Tiki presso<br />

Landolt+Hauser a Näfels (GL).<br />

1950 – Allan costruisce a Mont-sur-<br />

Lausanne la fabbrica Tiki che<br />

rifornisce il mercato con i più<br />

antichi prodotti dolciari svizzeri.<br />

Per tre decenni Tiki lavora con<br />

successo in Svizzera.<br />

1980 – Allan vende Tiki a un produttore<br />

di dolciumi italiano che continua<br />

a produrre a Mont-sur-Lausanne.<br />

Tutti i tentativi di vendere i pro -<br />

dotti Tiki all’estero falliscono.<br />

1990 – Tiki sparisce dalla maggior parte<br />

degli scaffali; il marchio praticamente<br />

non esiste più.<br />

1991 – Gli italiani vendono Tiki. Un’azien -<br />

da di marketing di Zurigo acquista<br />

i diritti, Demaco produce la pol -<br />

verina effervescente. Poco dopo<br />

l’avvio della produzione, l’azienda<br />

di marketing fallisce.<br />

1993 – Invece di esigere le fatture non<br />

saldate dell’azienda di marketing,<br />

Domaco acquisisce i diritti del<br />

marchio di Tiki.<br />

2007 – Per festeggiare i 60 anni di Tiki in<br />

Svizzera Domaco adotta nuovamente<br />

il design originale di Tiki.<br />

Andarsene a tutti i costi! Via! A<br />

Königshof an der Elbe, nella<br />

futura Repubblica Ceca, i comunisti<br />

rafforzano gradualmente il<br />

controllo e nel 1948 prendono il potere.<br />

Guy Allan però è già in Svizzera. È<br />

un profugo. Non possiede niente.<br />

In patria era figlio di un imprenditore<br />

di successo. Allan ha guidato come<br />

meglio poteva dopo la fine della guerra<br />

la ditta del padre, che in passato aveva<br />

impiegato fino a 300 dipendenti. Producevano<br />

lievito in polvere, detersivi e<br />

qualche genere alimentare. Poi, arrivarono<br />

i rossi e Allan perse tutto.<br />

Il futuro sta in Svizzera. L’unica<br />

cosa che porta con sé dalla patria è una<br />

ricetta annotata dal padre nel 1907: voleva<br />

capire cosa succedeva se alla polvere<br />

di soda utilizzata per i saponi aggiungeva<br />

un po’ di zucchero. Il risultato<br />

fu un prodotto che spumeggiava a più<br />

non posso.<br />

Chi ha assaggiato la polvere frizzante<br />

non la dimenticherà più: la classica<br />

pastiglia effervescente Tiki, 4,5<br />

grammi di peso, grande 24×24×6 millimetri,<br />

rimanda ai beati giorni dell’infanzia,<br />

solletica un dolce formicolio e<br />

induce a chiederne ancora.<br />

Una maggiore quantità di zucchero,<br />

acidificante, acido citrico, idrogenocarbonato<br />

di sodio, maltodestrina, acido<br />

silicico, agenti distaccanti, dolcificanti<br />

e coloranti.<br />

In Svizzera agli inizi degli anni 60<br />

Allan conosce Alfons Meier, che aveva<br />

appena rilevato da un medico di campagna<br />

e farmacista zurighese una piccola<br />

azienda e che vende pasticche contro<br />

le affezioni delle vie respiratorie.<br />

Meier produce anche caramelle alle<br />

erbe con miele, fa ricerca, inventa, prova<br />

e riprova e sviluppa una procedura<br />

per trasformare miscele di erbe essiccate<br />

in granulato. Così inventò i primi tè<br />

alle erbe solubili; il pioniere Meier li<br />

battezzò tè istantanei.<br />

Oggi l’azienda, guidata da Silvia Huber,<br />

figlia di Meier, ha sede a Lengnau<br />

(AG), dove produce soprattutto per marchi<br />

propri di altre aziende di 35 Paesi (tra<br />

cui Migros, Rewe, Tesco, Nestlé, Hipp) e<br />

per il marchio proprio Vitalp (tè e caramelle),<br />

Dr Doolittle’s (pasticche), Belart<br />

(gelatina di frutta), XLEnergy (pillole<br />

energizzanti) e per Tiki.<br />

Quando la direttrice racconta la storia<br />

di Tiki, gli occhi le brillano e più di<br />

una volta afferma che ci hanno messo<br />

l’anima.<br />

Allan ha dapprima venduto Tiki a<br />

un produttore di dolciumi italiano.<br />

Meier non poteva competere con il<br />

prezzo richiesto. Ma gli italiani hanno<br />

svuotato l’azienda, perdendo presto<br />

ogni interesse a Tiki e l’hanno messa di<br />

nuovo in vendita nel 1991. Ancora una<br />

volta Meier era interessato all’acquisto<br />

e ancora una volta non è riuscito nell’intento.<br />

Tiki fu acquistata da un’azienda<br />

di marketing zurighese, che era entusiasta<br />

del valore emotivo del marchio,<br />

ma che non capiva niente di dolciumi.<br />

C’era bisogno di qualcuno che potesse<br />

produrre la polverina: era giunta<br />

l’ora della Domaco di Meier. Tuttavia,<br />

Allan aveva affrontato enormi spese<br />

per proteggere la ricetta della polverina<br />

effervescente. C’erano i bicchieri segnati<br />

in cui i dipendenti versavano gli ingredienti,<br />

tre bicchierini di zucchero,<br />

un quarto di bicchiere di aroma, ecc.,<br />

ma niente indicazioni sulle quantità.<br />

Demaco, quindi, ha dovuto dapprima<br />

ricostruire la ricetta, impresa ostacolata<br />

dalle nuove leggi e ordinazioni<br />

che vietavano e limitavano l’utilizzo di<br />

alcune sostanze.<br />

Alla fine, Demaco ha avviato la produzione.<br />

L’azienda di marketing di Zurigo<br />

non aveva ancora la più pallida<br />

idea di come muoversi e ben presto<br />

non pagava più le fatture. «E noi», racconta<br />

Silvia Huber, «non riuscivamo a<br />

vendere tutte queste materie prime e<br />

l’enorme quantità di materiale da imballaggio.»<br />

«Quindi», continua Huber, «per<br />

compensare il mancato pagamento<br />

delle fatture abbiamo preso il marchio.»<br />

Demaco ha cercato di adattare<br />

Tiki allo spirito del tempo, decorando<br />

gli imballaggi con figure manga giapponesi<br />

e ampliando l’assortimento.<br />

Oggi Tiki è disponibile sia in forma di<br />

cubetti sia in scatola, come mini shot,<br />

in granuli e come destrosio. Nel 2007<br />

Tiki è ritornato al passato con l’adozione<br />

del design rétro.<br />

Un prodotto originale è un prodotto<br />

originale e rimane un prodotto originale.<br />

E un’importante storia di successo,<br />

aggiunge Silvia Huber, con un’effervescente<br />

crescita annua compresa tra il<br />

cinque e il dieci percento.


Storia di copertina // 23<br />

Silvia Huber, gerente Tiki, si rallegra dell’effervescente crescita della polverina.<br />

Era la valuta più dura nei luoghi di ricreazione, perché nessuno<br />

voleva dare volontariamente nemmeno la più piccola briciola.<br />

Nelle gite scolastiche il cubetto effervescente, fatto a pezzettini e<br />

sciolto in acqua nelle bottigliette di plastica, era<br />

d’obbligo, e i più coraggiosi si facevano sciogliere<br />

la polverina direttamente sulla lingua. Tiki era<br />

già allora un cult e oggi è di nuovo un mito.<br />

Un effervescente pezzo di originale storia<br />

svizzera del gusto.<br />

Mitica polverina: Tiki in cubetti al gusto di lampone, limone e coca cola.<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


La super coppia Daniela e Werner Haderer va a tutto gas con il marchio tradizionale Wisa-Gloria.<br />

Nell’angolo orientale del paese, la coppia si occupa<br />

della protezione della specie svizzera: Daniela e<br />

Werner Haderer sono bambini ormai cresciuti con<br />

uno scrigno pieno di idee e l’ottimismo contagioso<br />

per la fabbrica di giocattoli più antica del mondo:<br />

Wisa-Gloria.<br />

La bici rétro: il triciclo Wisa-Gloria Klassik.


Storia di copertina // 25<br />

1882 – L’azienda Neeser & Rohr viene<br />

fondata a Lenzburg (AG). All’inizio<br />

ha sei dipendenti e costruisce<br />

ogni anno 300 carrozzine e tricicli.<br />

1913 – Neeser & Widmer si fonde con<br />

Sender & Co. di Sciaffusa, un’altra<br />

azienda che produce carrozzine.<br />

Nascono così gli stabilimenti<br />

Wisa-Gloria di Widmer,<br />

Sandmeier & Co.<br />

1960 – Wisa-Gloria diventa leader di<br />

mercato mondiale.<br />

1975 – Wisa-Gloria non è rimasta al passo<br />

con i tempi perdendo l’occasione<br />

di adeguarsi all’era della plastica e<br />

così deve ridurre i propri dipendenti<br />

da 100 a 60. Il direttore d’azienda,<br />

disperato, tenta di togliersi<br />

la vita.<br />

1992 – Ristrutturazioni, riorganizzazioni e<br />

la vendita di reparti non redditizi<br />

non riescono a impedire l’interruzione<br />

della produzione e il licenziamento<br />

di tutti i dipendenti. Ueli<br />

Bächtold acquista Wisa-Gloria e<br />

trasferisce la produzione in Europa<br />

orientale.<br />

2007 – Werner Haderer acquista il marchio<br />

Wisa-Gloria da Sief van der<br />

Wee. Nel prezzo sono compresi<br />

un deposito merci, la documentazione<br />

aziendale, prospetti – ma<br />

non i piani di costruzione per i<br />

giocattoli che non vengono più<br />

prodotti da anni.<br />

2008 – Werner Haderer inizia ad Au la<br />

produzione Wisa-Gloria sulla base<br />

di piani di costruzione sviluppati<br />

in proprio.<br />

N<br />

on c’è nulla che non abbia<br />

fatto: a 21 anni l’esame di<br />

maestria e la fondazione di<br />

un’impresa che costruisce qualsiasi<br />

cosa dalla piegatura, foratura, tornitura,<br />

fresatura e saldatura del metallo. È<br />

così che nascono complementi d’arredo<br />

(LongLife), pareti insonorizzate e<br />

divisorie costruite in acciaio e riempite<br />

a pietra (Swiss Wall), il palco del festival<br />

di Bregenz oppure giocattoli, nel<br />

cui marchio registrato Haderer ha fuso<br />

insieme due delle sue più grandi passioni:<br />

sua moglie Daniela e il suo impegno<br />

per la solidità: «Danis Kindergartenqualität»<br />

è sinonimo di giocattoli<br />

robusti, indistruttibili, proprio come la<br />

fiducia ispirata da questa super coppia.<br />

Lui porta i pantaloni in casa, lei,<br />

con i suoi capelli rosso fuoco, è un’icona<br />

perfetta della filosofia aziendale: dinamismo,<br />

voglia di avventura, passione,<br />

«lavoro duro» – ma anche una sana<br />

porzione di stabilità, senza la quale il<br />

nostro marchio di giocattoli della tradizione<br />

svizzera Wisa-Gloria sarebbe<br />

già nel tritacarne della storia contemporanea.<br />

«Se sopra c’è scritto Svizzera, allora<br />

la Svizzera deve esserci anche dentro»,<br />

postula il quarantottenne. Il suo modo<br />

di pronunciare queste parole, nel dialetto<br />

del Vorarlberg, che non dimentica<br />

nonostante lavori e viva da più di 15<br />

anni in Svizzera, la dice lunga: è vero<br />

che gli immigrati sono i migliori rappresentanti<br />

della nostra terra, i promotori<br />

più efficaci e i propagandisti instancabili<br />

della swissness.<br />

«Ciò che mi succede qui da noi», afferma<br />

Haderer da fabbro diplomato, battendo<br />

il pugno sul tavolo, «non lo capisco!»<br />

Improvvisamente, il mondo soave<br />

di quei giocattoli graziosi si allontana;<br />

la bici rossa e il cavalluccio a dondolo,<br />

il carrellino scricchiolante in legno e la<br />

chiocciola a dondolo che fanno scintillare<br />

gli occhi dei bambini sono su un<br />

universo lontano; dietro gli occhiali<br />

sottili, le pupille di Haderer luccicano,<br />

sprizzano e brillano; l’uomo tuona:<br />

«Ma noi non lo accettiamo!»<br />

Una volta, un giornalista gli chiese<br />

ingenuamente se la provenienza svizzera<br />

fosse un vantaggio per Wisa-Gloria.<br />

«Ma cosa va pensando!», rispose Haderer<br />

adirato, «in Svizzera no, assolutamente,<br />

anzi rappresenta un ostacolo. I<br />

prodotti nazionali in Svizzera sono<br />

considerati prima di tutto fuori moda,<br />

tradizionali, polverosi, in secondo luogo,<br />

troppo costosi, anche se non è vero<br />

e, in ultimo, nessuno crede che siano<br />

costruiti in Svizzera.»<br />

Ognuno di questi è un pezzo unico<br />

fatto a mano, anche la classica bicicletta<br />

rossa, con sella in legno di faggio cresciuto<br />

nella regione e gomme in granulato<br />

bianco, è costruita ad Au, sulla<br />

Zingerstrasse, nel Canton San Gallo.<br />

Costa 199 franchi e dura una vita. Per<br />

un brevissimo lasso di tempo, anche<br />

Haderer sembra rassegnato quando<br />

dice: «Tutti nella mia ditta lavorano<br />

con passione. Ma con un fatturato così<br />

basso l’attività non è più accettabile neanche<br />

per una sola persona.»<br />

Ma il successo arriverà comunque; talvolta<br />

basta poco, il costruttore sente in<br />

qualche modo la verve dietro al marchio,<br />

la potenza, la spinta – «quando,<br />

cioè, lanceremo il prodotto giusto al<br />

momento giusto.»<br />

Eccolo dunque, a escogitare sempre<br />

nuove idee. Di tanto in tanto, riaffiora<br />

il pessimismo: «Tengo molte conferenze<br />

in Svizzera. Iniziano sempre allo<br />

stesso modo, con la mia domanda al<br />

pubblico: ‹Chi pratica lo sci tra di voi›<br />

Tutti alzano la mano. Seconda domanda:<br />

‹E chi indossa sci svizzeri› Quasi<br />

tutti abbassano le mani e io continuo:<br />

‹Ecco, siamo al cuore del problema di<br />

Wisa-Gloria.›»<br />

Haderer, tuttavia, sa che attirare<br />

l’attenzione è fondamentale – e s’impegna<br />

molto affinché il marchio Wisa-<br />

Gloria goda di considerazione. Alla<br />

Fiera dei milionari di Vienna ha esposto<br />

recentemente un triciclo in oro 24<br />

carati con sella in microfibra e catarifrangenti<br />

in diamanti; arabi e russi<br />

hanno mostrato un forte interesse per<br />

questo pezzo da 20 000 franchi. Ultimamente,<br />

in Giappone ha iniziato a<br />

pubblicizzare la Svizzera del Cervino e<br />

dei rifugi alpini, la Svizzera globalizzata<br />

come la porta per un nuovo reame.<br />

I profeti sono partiti dal Vorarlberg<br />

e sono venuti in Svizzera per preservare<br />

Wisa-Gloria dal declino. «Non siamo<br />

quelli che vogliono rivoluzionare il<br />

mondo», dicono a tale riguardo Daniela<br />

e Werner Haderer.<br />

«Vogliamo che mantenga la sua attuale<br />

varietà.»<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


1918 – Fondazione della fabbrica<br />

meccanica Pignons SA a Ballaigues<br />

(VD). Fornisce componenti<br />

alle fabbriche di orologi.<br />

1944 – L’azienda costruisce la sua prima<br />

macchina fotografica, l’Alpa-Reflex,<br />

modello C e, fino<br />

alla fine degli anni 60 si impone<br />

come produttore leader di<br />

macchine fotografiche reflex.<br />

1990 – L’impresa non ha alcuna possibilità<br />

contro i bassi prezzi della<br />

concorrenza estera e deve dichiarare<br />

il fallimento. L’ultimo<br />

modello costruito è l’Alpa 11.<br />

1996 – Thomas Capaul e Ursula Weber<br />

acquistano i diritti del<br />

marchio Alpa ed espongono la<br />

loro prima macchina fotografica<br />

di medio formato alla fiera<br />

Photokina di Colonia: Alpa 12<br />

WA (grandan golo) e Alpa 12.<br />

2000 – Le macchine fotografiche Alpa<br />

12 sono precursori dell’utilizzo<br />

del dorso digitale.<br />

2007 – Capaul e Weber trasformano<br />

la loro impresa in una società<br />

per azioni della quale, ancora<br />

oggi, detengono la maggioranza.<br />

2010 – Alpa lancia il supporto per<br />

iPhone da montare sulla macchina<br />

fotografica; esso consente<br />

di utilizzare l’iPhone con<br />

funzione di mirino.<br />

2012 – La serie di macchine fotografiche<br />

Alpa 12 comprende sei<br />

modelli. In autunno viene lanciata<br />

l’Alpa 12 FPS, una «cassetta<br />

degli utensili aperta», a<br />

detta del costruttore.<br />

Si è trattato – ben 15 anni fa – di<br />

una fusione fra testa e braccia;<br />

«loro due» uniti, da quel momento<br />

in poi, anche nel lavoro. «In comune<br />

avevamo», afferma Ursula Capaul, «la<br />

gioia per ogni forma di tecnologia.» «E<br />

la ricerca, completa Thomas Weber,<br />

«della massima soddisfazione proveniente<br />

dagli oggetti costruiti.»<br />

Tanto impegno, passione e volontà<br />

di affermarsi si ravvisa nelle voci della<br />

coppia che racconta la propria storia,<br />

assistita da un diplomato in economia e<br />

banchiere, André Oldani, di ben venti<br />

anni più giovane e che gestisce l’azienda<br />

in qualità di terzo partner.<br />

Azienda Non c’è nulla di consueto<br />

in Alpa of Switzerland: il trio non produce<br />

semplicemente macchine fotografiche,<br />

costruisce prodotti inimitabili del<br />

momento immortalato.<br />

Medèn ágan (nessun eccesso): questo<br />

detto in greco antico scolpito<br />

all’entrata del tempio di Apollo a Delfi<br />

rappresenta anche il pensiero ispiratore<br />

dei tre.<br />

Nessun eccesso – ma il meglio che si<br />

possa chiedere a un’idea, alla qualità, al<br />

materiale e alla produzione. La riduzione<br />

all’essenziale, la funzionalità posta al<br />

centro, lo strumento come bene più alto<br />

della proverbiale creazione di valore.<br />

«Costruiamo utensili», confermano<br />

gli imprenditori che, attualmente, seguono<br />

un percorso innovativo insieme<br />

a pochi collaboratrici e collaboratori a<br />

Zurigo e che, in passato, hanno venduto<br />

al fotografo francese Raymond Depardon<br />

– oggi uno dei fondatori della rinomata<br />

agenzia fotografica Magnum – la<br />

prima Alpa 12WA costruita con le loro<br />

mani.<br />

Era il 1998.<br />

Tuttavia, la storia di Alpa of Switzerland<br />

inizia ottant’anni prima nel Giura<br />

vodese, dove la Pignons SA di Ballaigues<br />

inizia la propria attività nel 1918. Nel<br />

1944, questo fornitore dell’industria<br />

orologiera costruisce la sua prima macchina<br />

fotografica reflex. Nel 1965, l’anno<br />

migliore della sua storia, Pignons<br />

vende 1 300 macchine in 12 mesi.<br />

Alla fine degli anni 80, Alpa si avvia<br />

però al declino; il futuro si chiama<br />

Ashai-Pentax, Nikon, Olympus, Canon<br />

e Sony, mentre a Zurigo la coppia Capaul-Weber<br />

– sui 50 anni – si pone questa<br />

domanda:<br />

era tutta qui, la nostra vita<br />

Armonizzare cervello e braccia, creare<br />

qualcosa da soli, osare un nuovo inizio:<br />

quando Thomas Weber, grafico e<br />

psicologo, e Ursula Capaul, insegnante<br />

ed etnologa, leggono del fallimento di<br />

Pignons SA, non hanno dubbi: ecco<br />

l’occasione!<br />

Ursula Capual ritiene che sia stata<br />

l’antica fama di Alpa a spronarli – e la<br />

volontà di salvare il marchio. Nel frattempo,<br />

dal cartone creano i primi modelli<br />

della loro macchina fotografica.<br />

Doveva essere qualcosa di nuovo, di<br />

esclusivo, di essenziale: – per l’appunto:<br />

medèn ágan. Un miracolo della meccanica,<br />

senza eccessi.<br />

La rinascita di Alpa of Switzerland è<br />

una storia del tutto particolare, raccontata<br />

da Thomas Weber:<br />

Dopo esserci guardati attorno a Ballaigues,<br />

abbiamo capito: volevamo solo il marchio.<br />

Abbiamo scritto, telefonato, senza mai ricevere<br />

alcuna risposta. Allora abbiamo pensato<br />

che gli svizzeri francesi non ci volessero e che<br />

potevamo fare ciò che volevamo.<br />

Nel 1994 la coppia soggiorna non<br />

lontano da Ballaigues. Durante una<br />

passeggiata alla fabbrica, scopre, guardando<br />

attraverso una finestra, che nel<br />

padiglione c’è ancora tutto: macchine,<br />

materiale di lavoro, cartelloni pubblicitari.<br />

Ci chiedemmo: come mai si comportano così<br />

con noi Allora, ci venne l’idea: dobbiamo diventare<br />

creditori dell’impresa fallita! In questo<br />

modo non ci potranno più ignorare!<br />

Visto l’elenco dei creditori, i due<br />

chiamarono un’impresa che vantava ancora<br />

un credito da Pignons SA, lo acquisirono<br />

presso la ditta in bancarotta e<br />

scrissero all’ufficio d’esecuzione e dei<br />

fallimenti che a loro, titolari legittimi di<br />

questo credito, spettava ancora del denaro.<br />

Poi le cose andarono velocemente. Ci invitarono<br />

a una vendita all’asta dedicata esclusivamente<br />

al marchio – proprio quello che ci<br />

interessava. Ci venne chiesto se volevamo offrire<br />

di più rispetto all’offerta formulata dalla<br />

famiglia dei titolari. Era ovvio e ci eravamo<br />

recati all’asta per quel motivo! Evidentemente<br />

nessuno aveva previsto che ci saremmo presentati.<br />

Ancor meno, che il 29 febbraio 1996<br />

avremmo anche pagato.<br />

A questo punto, avevano il marchio.<br />

Morale della favola: tutto è possibile<br />

con la passione e il lavoro. Appunto<br />

medèn ágan: senza eccessi.


Storia di copertina // 27<br />

André Oldani, Ursula Capaul e Thomas Weber hanno raggiunto grandi obiettivi con Alpa – ma senza eccessi.<br />

Alpa of Switzerland costruisce ogni anno alcune centinaia di fotocamere<br />

a sistema di qualità esclusiva: una massiccia parte centrale, l’alloggiamento<br />

della macchina, proviene dalla Svizzera orientale, gli obiettivi<br />

sono dei migliori produttori tedeschi, i dorsi, analogici<br />

e digitali, dei costruttori più precisi al mondo e le<br />

impugnature caratteristiche sono di un’impresa<br />

svizzera di tecnica medicale. Un’Alpa analogica<br />

costa almeno 10 000 franchi; il doppio o anche<br />

di più costa invece una macchina fotografica<br />

con dorso digitale.<br />

Alpa 12 FPS: piattaforma per infinite possibilità.<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


Bocciati a tutto gas<br />

Si dice che è facile guidare la macchina. Tuttavia, stando alle statistiche cantonali<br />

degli esami di guida, accelerare, frenare e parcheggiare non è poi tanto facile. I primi<br />

in classifica sono i glaronesi: solo uno su quattro non supera l’esame di guida al<br />

primo tentativo. Nel Canton Vaud, invece, quasi un candidato su due deve ripeterlo.<br />

(Fonte: asa)<br />

Zugo<br />

Svitto<br />

Soletta<br />

Sciaffusa<br />

30.9%<br />

31.0%<br />

Berna<br />

29.7%<br />

30.7%<br />

Uri<br />

Appenzello Interno<br />

29.7%<br />

29.0%<br />

Vallese<br />

Ticino<br />

San Gallo<br />

Appenzello Esterno<br />

28.6%<br />

28.1%<br />

Glarona<br />

28.1%<br />

28.0%<br />

27.4%<br />

26.4%


Mix di numeri // 29<br />

31.3%<br />

Friborgo<br />

33.6%<br />

33.6%<br />

Obwaldo, Nidwaldo<br />

34.4%<br />

Grigioni<br />

34.9%<br />

35.0%<br />

35.7%<br />

36.4%<br />

38.9%<br />

Giura<br />

Basilea-Città, Basilea Campagna<br />

Argovia<br />

Ginevra<br />

Turgovia<br />

39.1%<br />

44.2%<br />

Lucerna<br />

47.1%<br />

Zurigo<br />

Neuchâtel<br />

Vaud<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


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A Swiss Life // 47<br />

Testo: Michael Bahnerth, foto: Daniel Ammann e WWE<br />

L’energumeno<br />

delle Alpi<br />

Lo amano, perché sono liberi<br />

di odiarlo. Un oriundo di Weggis sta per diventare una star<br />

del wrestling. Ha già in tasca il titolo di USA Champion.<br />

Si fa chiamare Antonio Cesaro. Ha 32 anni, pesa 115 chili e<br />

sfiora i due metri. La storia di un vincente prodotto svizzero<br />

di esportazione.<br />

›››<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


Mancano tre ore e mezza alla sua comparsa sul<br />

ring. Va da sé che entrerà negli annali della storia.<br />

Una piccola storia per l’umanità, ma una grande<br />

storia personale. Quando alle nove e mezza entrerà in scena,<br />

urlerà al mondo intero che è lui la «personificazione dell’eccellenza».<br />

Esagerare fa parte del gioco. Combatterà per circa<br />

dodici minuti nel ring, che misura cinque metri per cinque,<br />

mimando una lotta all’ultimo sangue a scapito del suo avversario.<br />

Gli ci sono voluti dodici anni per finalmente varcare<br />

questo ring questa sera.<br />

Indosserà aderenti pantaloncini corti, calzini, scarpe, e<br />

intorno alle cosce un indumento che assomiglia a ginocchiere<br />

spostatesi verso l’alto. Nient’altro. A parte un sorriso<br />

sprezzante stampato sulle labbra. Sul percorso verso il ring<br />

si aggiungeranno una giacca con la croce svizzera e una cintura<br />

trofeo con la scritta United States Champion. Dall’agosto<br />

2012 è proprietario della cintura, lui, uno svizzero inneggiato<br />

dagli Stati Uniti per il fatto di rappresentare la<br />

tipologia del cafone arrogante. In realtà lo amano perché<br />

sono liberi di odiarlo. Il suo ring name è Antonio Cesaro.<br />

Nella vita reale è Claudio Castagnoli, 32 anni, wrestler di<br />

professione. Pesa 115 chili e sfiora i due metri. Fra tre ore e<br />

mezza sarà chiamato a difendere il suo titolo. Uno svizzero<br />

di Weggis lotterà in difesa del suo trofeo all’Hallenstadion di<br />

Zurigo. Questa è la storia che Claudio Castagnoli scriverà<br />

nella serata odierna.<br />

Ovvio che vincerà contro Jack Swagger, una macchina da<br />

combattimento bionda, United States Champion dal 16 gennaio<br />

al 5 marzo 2012. Infatti, i «registi» delle storyline del<br />

World Wrestling Entertainment (WWE) tengono al personaggio<br />

dell’«energumeno delle Alpi», garante di uno spettacolo<br />

valido e redditizio. Il WWE guadagna mezzo miliardo di dollari<br />

con il wrestling. Claudio mantiene il riserbo su quanto<br />

guadagna Antonio. Si limita a dare la notizia che è partito per<br />

l’Europa dalla Florida, dove vive, seduto su un «posto centrale<br />

dell’aereo». «Clautonio» parla a voce bassa, ha un modo di<br />

fare modesto e non conosce nemmeno il suo numero di scarpe.<br />

Tira a indovinare puntando sul 42: un’esagerazione all’inverso<br />

smisurata, diametralmente opposta al comportamento<br />

eccessivo adottato sul ring. Un atteggiamento lontano anni<br />

luce dalla realtà come, del resto, lo è il mondo del wrestling,<br />

disciplina sportiva inscenata, sospesa tra l’arte e il cattivo gusto,<br />

che trasforma l’eterna lotta tra il bene e il male in uno<br />

spettacolo che spazia dallo sport al divertimento fino al pubblico<br />

ludibrio, tra i fischi e le acclamazioni degli spettatori<br />

scatenati. Che per frasi intere intende «f... you» o «finiscilo».<br />

In questo mondo – l’unico in cui negli Stati Uniti il male ha<br />

licenza di vincere – Antonio impersona il ruolo dell’intellettuale.<br />

Alcuni lo considerano un semideo, perché parla cinque<br />

lingue: tedesco, svizzero tedesco, italiano, francese e inglese.<br />

A volte Antonio se ne sta in mezzo al ring e declama<br />

«eccezionale» in tutte e cinque le lingue. È una delle occasioni<br />

in cui gli americani lo fischiano. «Più ti fischiano, più sei<br />

popolare» ci spiega Antonio. «Voi americani ignoranti» ribatte<br />

allora al pubblico «parlate una sola lingua!» E il pubblico,<br />

in risposta, lo fischia ancora di più. I maggiori fischi li<br />

ha finora incassati con l’osservazione «voi americani avete i<br />

figli più obesi del mondo.» Il boato del pubblico si fa sentire<br />

«Voi americani ignoranti»<br />

ribatte allora al pubblico «parlate<br />

una sola lingua!» E il<br />

pubblico, in risposta, lo fischia<br />

ancora di più. In realtà lo<br />

ama, perché è libero di odiarlo.<br />

anche quando, sul percorso verso il ring, Antonio urla: «Fuori<br />

dai piedi, arriva il balivo!» «Ho riso come un matto quando<br />

ho sentito la battuta per la prima volta.» Tuttavia, tutto<br />

ciò che dice lo dice in accordo con i fautori del WWE. «Ho<br />

delle direttive chiare a cui attenermi. Tuttavia, mi è concesso<br />

un certo margine di libertà.» Il wrestling è come una telenovela<br />

quotidiana. I caratteri sono stereotipi, i cosiddetti gimmick,<br />

come il ricco malvagio, il russo violento, lo svizzero<br />

arrogante, l’americano buono.<br />

Essi seguono le «storyline» e ogni match tra di loro è analogo<br />

a un nuovo episodio. Pertanto, ognuno ha il suo ruolo<br />

fisso: il buono e il cattivo, il vincitore e il perdente. La reggenza<br />

più breve nel wrestling è durata 45 secondi (André the<br />

Giant), quella più lunga 2 803 giorni (Bruno Sammartino).<br />

Quella di Antonio dura dal 19 agosto, quando ha battuto<br />

Santino «The Cobra» Marella. «The Cobra» non funzionava<br />

più. Il suo gimmick era sempre legato alla comicità. Quando<br />

la comicità si è trasformata in una barzelletta che non faceva<br />

più ridere, il WWE ha mostrato il pollice verso. Al di là del


I tifosi ne sono entusiasti: il wrestling è un grande spettacolo con vincitori già predefiniti all’inizio e in cui ognuno è chiamato a impersonare il proprio ruolo.<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


Claudio Castagnoli è il primo United States Champion europeo dei wrestler. Pertanto, non ha nulla in contrario a mimare il cattivo.


A Swiss Life // 51<br />

ring è questa la vera arte del wrestling: rendere reale l’artificio<br />

della messa in scena.<br />

È il pubblico, con la sua approvazione o la fantasia degli<br />

sceneggiatori a decidere quanto durerà il regno di un wrestler.<br />

Tuttavia, anche il wrestler ha in mano il suo destino: se<br />

non è più in grado di impersonare il suo ruolo in modo convincente<br />

o di conferirgli l’aspetto brillante che lo distingue<br />

dalla mediocrità, finisce per essere contato fuori: «one, two,<br />

three, out.» Antonio ha al suo attivo circa 900 incontri combattuti<br />

in dodici anni. Ama impersonare il cattivo, un «heel»<br />

nella terminologia del wrestling. I buoni sono i «face». «Ho<br />

sempre impersonato il cattivo. Da cattivo godi di maggiori<br />

Alzarsi, mangiare, palestra,<br />

mangiare, spettacolo, dormire…<br />

Adesso, vedendolo seduto in<br />

questo locale improvvisato<br />

nell’Hallenstadion di Zurigo,<br />

viene da chiedersi se essere<br />

un wrestler è vivere un sogno<br />

a cui ambire.<br />

libertà.» L’anno scorso gli è stato concesso di vincere il 71%<br />

di tutti gli incontri, finora è stato il suo anno migliore: «È<br />

forte essere campione statunitense, il primo svizzero sotto<br />

contratto, il primo europeo continentale in assoluto a detenere<br />

un titolo nel WWE.»<br />

Naturalmente ama il wrestling, da sempre: in Svizzera,<br />

quando frequentava la scuola di commercio e, più tardi,<br />

quando lavorava nel settore commerciale. «Avevo un buon<br />

lavoro, un ottimo lavoro. Tuttavia, non sono riuscito a resistere<br />

al sogno del wrestling.» Lo ha vissuto durante i fine<br />

settimana, combattendo in Svizzera e in Germania. Allora si<br />

faceva chiamare «Double C». Il suo primo incontro ufficiale<br />

ha avuto luogo il 24 dicembre 2000 nella discoteca «Roxy» a<br />

Essen: a Natale è cambiata la sua vita.<br />

Ci vuole anche fortuna per realizzare un sogno. La fortuna<br />

di Claudio è stata quella di vincere una «green card»,<br />

un biglietto di sola andata nel «land of the free». «Non mi<br />

sono posto limiti di tempo. Faccio del mio meglio e rimarrò<br />

fino al momento in cui sarò soddisfatto del mio lavoro e in<br />

grado di guadagnarmi da vivere.» Ha combattuto come «independent»,<br />

godendo di una piena libertà d’azione. Oggi è un<br />

impiegato del WWE. Ciò significa meno libertà e più soldi. Si<br />

è guadagnato un posto nell’olimpo dei wrestler.<br />

Chi ha visto il film «The Wrestler» con Mickey Rourke ha<br />

una vaga idea di quanto sia faticoso questo lavoro. Antonio<br />

ha un piccolo ruolo nel film: è seduto in un guardaroba sudicio<br />

insieme agli altri wrestler, in attesa di poter salire su un<br />

ring in un capannone in un cortile interno, dove li attende<br />

un centinaio di spettatori. Era il 2008. Chi conosce questa<br />

scena capisce perché Antonio ha in parte rinunciato alla sua<br />

libertà, quando nel 2011 ha firmato il contratto WWE. All’epoca<br />

aveva trent’anni. Per otto anni si era dedicato al wrestling<br />

indipendente di basso livello, si era esercitato, aveva perfezionato<br />

il suo gimmick e studiato le mosse, le frasi e gli<br />

atteggiamenti aggressivi che suscitano maggiore emozione<br />

tra il pubblico. Era giunto il momento di crescere. E di scendere<br />

a compromessi. Era ora di tentare un nuovo inizio.<br />

Adesso, vedendolo seduto in questo locale improvvisato<br />

nell’Hallenstadion di Zurigo, viene da chiedersi se essere un<br />

wrestler è vivere un sogno a cui ambire: con il suo completo<br />

nero, i piedi lunghi come la coda davanti al chiosco degli<br />

hamburger nel foyer, racconta della monotonia della sua<br />

quotidianità – alzarsi, mangiare, palestra, mangiare, spettacolo,<br />

dormire, e poi si ricomincia da capo…<br />

Ha due dita steccate, «legamenti strappati», spiega, «una<br />

sciocchezza.» Lo spettacolo è pericoloso e se non si destreggia<br />

l’arte del wrestling e, saltando, si sbaglia mira anche di<br />

soli dieci centimetri, il gioco diventa molto pericoloso. Ma<br />

Antonio ama esibirsi nello spettacolo che gli sta a pennello,<br />

dà il meglio di stesso per sopravvivere e per non venire estromesso<br />

dal circo ed essere costretto a condurre una vita priva<br />

di gimmick.<br />

«È come per gli artisti», afferma Claudio, «se non possono<br />

esercitare la loro arte, cadono in depressione. Ed esercitare<br />

l’arte è un impulso interiore. La vita diventa terribilmente<br />

silenziosa se non senti più le voci di 10 000 persone che gridano<br />

il tuo nome.»<br />

Michael Bahnerth scrive anche per i giornali ZEIT, Weltwoche, Schweizer<br />

Illustrierte, Facts e Cash e lavora attualmente per Basler Zeitung.<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


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I piaceri della tavola // 55<br />

Un piatto semplice, apprezzato e<br />

tipico del Canton Uri: ryys und<br />

boor (riso ai porri).<br />

Un tempo consumato durante i periodi di digiuno,<br />

già a partire da metà del 18° secolo il piatto<br />

fa la sua prima comparsa nei libri di ricette. Il<br />

«boor» (termine romanico per porro) ha varcato<br />

il Gottardo prendendo la stessa strada del riso.<br />

Il piatto si abbina perfettamente<br />

a un uovo all’occhio di bue<br />

o a una salsiccia.<br />

Ryys und boor<br />

Far rosolare nel burro le cipolle tritate<br />

insieme ai porri tagliati a grossi cubi e alle<br />

patate. // Aggiungere il riso e farlo cuocere a fiamma<br />

vivace fintanto che non diventa trasparente. //<br />

Innaffiare con il brodo e cuocerlo a fuoco lento per<br />

15 minuti. // Mescolare il riso di tanto in tanto per<br />

mantenerlo morbido. // Aggiungere brodo quanto<br />

basta. // Imbiondire in una padella le cipolle tagliuzzate<br />

e l’aglio tritato finemente. // Adagiare il riso in una forma da gratin.<br />

A piacimento, mantecare o spolverare con formaggio grattugiato. //<br />

Infine, versare sulla gustosa pietanza le cipolle.<br />

Consiglio: aggiungere un cucchiaio di mascarpone prima di servire.<br />

Ingredienti per 8 persone: 400 g di riso (Vialone o Arborio), 400 g di porri, 300 g di patate,<br />

100 g di cipolle tritate, 50 g di burro, 1litro di brodo di verdure, formaggio delle Alpi o di<br />

montagna del Canton Uri. Glassa di cipolle: 120 g di burro, 200 g di cipolle, 2 spicchi d’aglio.<br />

Illustrazioni: Sylvia Geel<br />

Marco Helbling e<br />

Beat Walker e il<br />

lusso nell’Urnerland<br />

Per noi è di massima importanza<br />

utilizzare prodotti locali provenienti<br />

dalle valli circostanti e dalle Alpi e che<br />

arricchiscono la cucina tradizionale<br />

urana. Pertanto, riteniamo un lusso<br />

persino un piatto così semplice come<br />

«ryys e boor» nel mese di marzo – a<br />

testimonianza del profondo rispetto<br />

che nutriamo per i porri e le patate.<br />

Presumibilmente l’«härdepfel», la<br />

patata nel dialetto urano, è stata<br />

piantata per la prima volta nel nostro<br />

suolo a Gurtnellen-Dorf nel 1780.<br />

C’è un detto dell’Urnerland che<br />

recita: «Dr Härdepfel seit: Chasch<br />

mich schteckä, wemp-mi witt, vor em<br />

Brachät (Juni) chum-dr nit!» O in<br />

altre parole: a ogni cosa il suo tempo.<br />

Il fatto curioso è che il campo di<br />

patate si trovava esattamente nel<br />

luogo in cui dalla quinta generazione<br />

stiamo svolgendo la nostra attività –<br />

nella casa dal fascino unico costruita<br />

nel 1897.<br />

Beat Walker e Marco Helbling sono stati insigniti<br />

di 14 punti Gault-Millau per le loro creazioni<br />

culinarie nel ristorante im Feld a Gurtnellen (UR)<br />

e designati come scoperta dell’anno nella Svizzera<br />

tedesca nel <strong>2013</strong>.<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


Fotografia<br />

Design<br />

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<br />

<br />

<br />

Architettura<br />

Arte<br />

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<br />

<br />

www.benteli.ch<br />

<br />

www.niggli.ch


Beni Frenkel // 57<br />

Illustrazioni: Sarah von Blumenthal<br />

Non sono particolarmente portato per i lavori manuali.<br />

Quando salta la catena della bicletta corro, praticamente in lacrime,<br />

dal meccanico e quando si accende una luce sospetta della lavastoviglie<br />

per settimane preferisco rigovernare a mano.<br />

Eppure insegno lavoro manuale in una scuola elementare<br />

svizzera. Ecco com’è successo. Gli esami presso l’istituto pedagogico<br />

superiore erano prettamente teorici. Da settimane<br />

fra gli studenti circolavano già le soluzioni. Solo il lavoro finale<br />

mi dava il mal di pancia. Optai dunque per una nave di<br />

polistirolo. Col coltello formai poppa e prua e collocai all’interno<br />

dell’imbarcazione alcuni omini Playmobil. Neanche<br />

gli altri studenti avevano avuto idee più brillanti. Quando<br />

posi la nave sull’acqua davanti alla commissione d’esame,<br />

affondò. Mi vergognai non poco, tanto più che normalmente<br />

il polistirolo non può affondare. La commissione d’esame<br />

comunque mi diede 5–6. Infatti, avevo tenuto un registro<br />

dei vari passi, da cui risultava che avevo «studiato in modo<br />

approfondito il materiale polistirolo».<br />

Da allora insegno lavoro manuale. Più che altro facciamo<br />

«lavoretti» manuali. Lo strumento più pericoloso che maneggiamo<br />

sono le forbici. I miei timori iniziali, cioè che in particolare<br />

i ragazzi si ribellassero, annoiati da tutto questo lavoro<br />

basato sull’incollare, si sono dissolti. È vero che da noi in classe<br />

troneggia una perforatrice. Ma io dico sempre: «Peccato, ma è<br />

rotta!» E con le seghe da traforo ho poco da spartire, per cui<br />

non le uso. Non so mai come inserire correttamente i fogli.<br />

Non ne vado fiero. Più di una volta ho avuto l’impulso di<br />

recuperare nella materia in cui sono lacunoso o di seguire un<br />

corso alla Scuola Club Migros, ma non ho mai avuto tempo<br />

o voglia per farlo. Fino al giorno in cui mio figlio ha compiuto<br />

i sei anni. Anche lui di cognome fa Frenkel e sembra aver<br />

ereditato molto dal genitore. Questo mi faceva molta paura.<br />

Mi chiedevo se anche lui, come me e prima di noi i nostri<br />

antenati, fosse destinato a essere assolutamente negato per i<br />

lavoretti pratici. Espressi i miei timori a mia moglie quella<br />

volta che stava sostituendo una lampadina. Fu un momento<br />

di grande emozione per me. Qualsiasi moglie compren siva<br />

avrebbe interrotto il lavoro per abbracciare il marito: «Per<br />

me tu sei l’uomo più virile della terra! Non cambiare!» Purtroppo,<br />

però, mia moglie non è fatta di questa pasta. «Smettila<br />

di lamentarti e comincia a far qualcosa!» È lecito sgridare<br />

così un marito sensibile<br />

Profondamente offeso mi rinchiusi in camera mia a mangiarmi<br />

un pacchetto di patatine. Su un foglio bianco però<br />

scrissi «nuovo inizio». La mattina dopo, un sabato, mi recai<br />

con il bambino al centro bricolage. Tutto, qui, aveva un aspetto<br />

terrificante. Incontrai numerose persone intenzionate ad<br />

abbattere pareti, rinnovare la cucina e acquistare materiale<br />

per lavori manuali in classe. Con voce forte e decisa mi rivolsi<br />

al commesso: «Dove trovo il polistirolo» Acquistammo anche<br />

colla per legno, coltelli, sassolini brillanti e stoffe colorate.<br />

Alla cassa mi sentivo molto virile e pagai in contanti.<br />

A casa mi sentii meno virile. Nel viaggio di ritorno, in treno,<br />

il pezzo di polistirolo si era frantumato. Il risultato: due<br />

grossi pezzi e migliaia di altri piccoli frammenti. Il che, tutto<br />

sommato, non era poi un male, visto che così non eravamo<br />

più costretti a costruire una grande nave, ma una più piccola.<br />

Ci mettemmo di buona lena a incollare. Il ragazzetto faceva<br />

del proprio meglio. Quando posammo la nave nella vasca da<br />

bagno, fu un momento ricco d’emozioni per me. L’imbarcazione,<br />

infatti, stava a galla e pendeva solo leggermente su un<br />

lato. Che momento di grande commozione! La maledizione<br />

che aleggiava sulla famiglia, finalmente, si era spezzata.<br />

Beni Frenkel è maestro elementare e lavora come giornalista<br />

freelance tra l’altro per la NZZ am Sonntag. Per <strong>SWISSLIFE</strong><br />

descrive esperienze quotidiane indimenticabili.<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


Migliore forma fisica,<br />

care signore.<br />

<strong>Primavera</strong>, tempo di riprendere la bici – tempo di iniziare alla grande. Con l’inizio della stagione delle due ruote,<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> mette in palio una bicicletta Villiger Novena da donna e una da uomo del valore di 1049 franchi<br />

ciascuna. La bicicletta alu trekking leggera e completamente attrezzata, con deragliatore Shimano Alivio a 27<br />

velocità e sistema di illuminazione Herrmans H-Diver, dispone di tutto il necessario per la gamma Activity.<br />

Rispondete alla domanda del nostro concorso: quale ciclista professionista svizzero ha vinto per primo il Tour<br />

de France Buona fortuna!


Concorso // 59<br />

Maggiore resistenza,<br />

cari signori.<br />

www.villigerbikes.com<br />

Per facilità basta rispondere on line alla domanda (www.swisslife.ch/rivista). Oppure inviateci la cartolina-risposta allegata con la vostra soluzione<br />

(scheda della copertina posteriore). Ultimo termine di partecipazione è il 30 aprile <strong>2013</strong>. I vincitori saranno resi noti nella prossima edizione di <strong>SWISSLIFE</strong>.<br />

Congratulazioni al signor Jörg Fiechter a Bärschwil SO per aver vinto l’ultimo concorso di <strong>SWISSLIFE</strong>. La risposta esatta era 632,46 anni.<br />

<strong>SWISSLIFE</strong> <strong>Primavera</strong> <strong>2013</strong>


60 // Fuoriprogramma<br />

Jaël Malli dei Lunik e il brano<br />

copertina «What is next»<br />

«Sentivo che<br />

qualcosa stava<br />

per finire»<br />

But what is next I’m still thirsty.<br />

I’m growing old and it’s way too early.<br />

What is next Now that I’m grounded.<br />

Can’t anybody show me the next<br />

move<br />

«Ho sempre pensato che per me invecchiare non fosse un<br />

problema. Pensavo addirittura di scoprire, con il passare del<br />

tempo, cosa voglio dalla vita, trovando così una pace interiore.<br />

I miei amici, invece, continuavano a dirmi: ‹Vedrai, quando<br />

compirai 30 anni, sarà finita la cuccagna.› E così è stato: da<br />

questo compleanno rotondo è scaturita una fase riflessiva.<br />

Sentivo che qualcosa stava per finire. Intorno ai vent’anni<br />

ero una musicista iperattiva e spensierata. Si è in tournée,<br />

si viaggia da un luogo all’altro e si ha l’impressione di poter<br />

iniziare ogni giorno qualcosa di nuovo. Lo stesso valeva per<br />

me: all’epoca seguivo anche una formazione di massaggio<br />

wellness, ho iniziato a imparare l’italiano e ho seriamente<br />

riflettuto sul fatto di aprire un locale che offre la prima colazione<br />

– fedele alla massima: tutto è possibile.<br />

Invece, il trentesimo compleanno improvvisamente ha<br />

cambiato tutto. Le amiche e gli amici si sono sposati, hanno<br />

avuto figli, hanno comprato una casetta – e io Non ho comprato<br />

né casette, né macchine e non ho nemmeno avuto figli.<br />

Tuttavia, sentivo che qualcosa in me stava cambiando: sarebbe<br />

ora di arrivare a destinazione, sapere cosa vuoi, avere<br />

un piano, avere la terraferma sotto i piedi. Ma in un certo<br />

senso avevo paura: non volevo prendere decisioni così definitive,<br />

mettere radici così solide, essere così «vecchia». Mi sembrava<br />

di vivere un atterraggio intermedio: arrivi dal passato<br />

vissuto, prosegui verso il futuro non vissuto e ti chiedi: e<br />

adesso – «What is next»<br />

La domanda era onnipresente. Mi ricordo che mi ha tenuta<br />

sveglia per una notte intera, fino alle cinque di mattina, e ha<br />

continuato a tormentarmi. A un certo punto ho afferrato la<br />

chitarra e sono scesa in cucina. È lì che parole e musica hanno<br />

iniziato a sgorgare incessantemente. Il brano è nato proprio<br />

così, durante una notte insonne, come lo vuole il cliché<br />

dei musicisti!<br />

Il brano descrive in un certo qual modo questo senso di<br />

disorientamento: e adesso che succede E che sarà in futuro<br />

Non ho nessun motivo per lamentarmi. Sto bene, ho tutto,<br />

tuttavia rimane quella fame e quella sete – «thirsty», la sete<br />

di qualcosa in più, di qualcosa di indescrivibile. Tuttavia,<br />

quella cosa non la trovo restandomene a casa, in cucina;<br />

devo uscire.<br />

Così, qualche mese più tardi mi sono messa in cammino<br />

e sono andata a Londra per quasi un anno, cercando la sfida,<br />

il nuovo inizio. Il periodo trascorso da sola in questa metropoli<br />

così stimolante è stato meraviglioso: un luogo in cui<br />

nessuno ti conosce, dove ricominciare senza affanni e pensieri<br />

– con sé stessi! Sentivo chi sono veramente – e poi, circa<br />

un anno dopo essere tornata da Londra, l’estate scorsa ho<br />

sposato il mio partner con cui ero insieme da molti anni:<br />

anche questo è un nuovo passo, un nuovo inizio.»<br />

La band bernese Lunik nata nel 1997 si annovera tra i gruppi svizzeri più<br />

conosciuti. Il suo sesto album in studio «What is next», registrato a Berlino,<br />

Berna e sulle Isole Lipari, è uscito lo scorso autunno. Alla cantante Jaël Malli<br />

si affiancano il chitarrista Luk Zimmermann e il pianista Cédric Monnier.<br />

I Lunik suonano spesso anche insieme ad altri artisti, come ad esempio con<br />

la Zürcher Kammerorchester.<br />

Attuali date della tournée al sito www.lunik.com


www.swisslife.ch/rivista<br />

Foto: www.schlegelvonarburg.ch

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