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DIDATTICA E METODOLOGIE: - Vizavi

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<strong>DIDATTICA</strong> E <strong>METODOLOGIE</strong>:<br />

FRANCIA E ITALIA A CONFRONTO<br />

Studio realizzato nel quadro del nuovo dispositivo educativo ESABAC<br />

Francesca Traina<br />

francescatraina@hotmail.it<br />

Docteur en Philosophie du Langage<br />

Université de Palerme<br />

Etude réalisée dans le cadre d’un stage<br />

au Bureau de Coopération Linguistique et Artistique<br />

de l’Ambassade de France à Rome<br />

Avril - septembre 2011


<strong>DIDATTICA</strong> E <strong>METODOLOGIE</strong>: FRANCIA E ITALIA A CONFRONTO<br />

Introduzione ................................................................................................................. 2<br />

§1 Didattica EsaBac: intercultura e cittadinanza ..................................................... 5<br />

§2 Presupposti didattici ed educativi ......................................................................... 8<br />

§3 Filosofia e scuola, la didattica in Italia ai tempi di Gentile ............................... 10<br />

§4 Storicismo antimetafisico, antipositivismo e sistema scolastico........................ 13<br />

§5 L'approccio francese, celebrazione de l'esprit critique ...................................... 16<br />

§6 Come Cartesio influenzò la didattica: una questione di "metodo".................. 21<br />

§7 La didattica EsaBac: arricchirsi nella differenza .............................................. 23<br />

a. Approccio tematico e/o storico Caratteristiche<br />

didattiche dei due ordinamenti………………………………………….. 25<br />

b. Didattica EsaBac e falsi pregiudizi .......................................................... 29<br />

c. Il posto della storia dell’arte ..................................................................... 32<br />

d. Metodi e prove scritte: caratteri del sistema francese ............................. 36<br />

e. …e di quello EsaBac ................................................................................... 39<br />

Conclusioni ................................................................................................................. 42<br />

Bibliografia ................................................................................................................. 44<br />

2


<strong>DIDATTICA</strong> E <strong>METODOLOGIE</strong>: FRANCIA E ITALIA A CONFRONTO<br />

Introduzione<br />

Il presente lavoro nasce con l’obiettivo di mettere a confronto le didattiche del sistema<br />

scolastico francese e italiano. L’intenzione non è quella di riprendere o riproporre il dibattito<br />

contemporaneo sulla didattica e sui diversi modelli e orientamenti teorici che ne ridefiniscono<br />

continuamente i campi di applicazione. L’obiettivo, al contrario, è quello di lavorare sulle<br />

metodologie franco-italiane all’interno del dispositivo EsaBac facendo emergere una visione<br />

lontana da parallelismi inconciliabili ma, allo stesso tempo, preservandone le specificità<br />

individuali. Si cercherà di dimostrare che la nuova didattica italo-francese, pur mantenendo ben<br />

salde le proprie peculiari strutture fondanti, rivela la capacità di modificarsi e diviene un punto di<br />

partenza per costruire una metodologia innovatrice, orientata alla cooperazione europea e alle nuove<br />

sfide educative.<br />

Il dispositivo EsaBac 1 consente agli studenti liceali italiani e francesi di ottenere due diplomi -<br />

l'Esame di Stato italiano e il Baccalauréat francese - attraverso il percorso integrato di<br />

lingua/letteratura e storia durante triennio, da studiare nella lingua del paese partner. Si tratta allora<br />

di un metodo sperimentale che, coinvolgendo professori ed educatori, cerca di sviluppare -<br />

attraverso lo studio della lingua – l’educazione interculturale dei ragazzi. In tale progetto, inoltre,<br />

compare anche la storia dell’arte che, pur non essendo esplicitamente inserita nei programmi<br />

EsaBac, appare comunque come disciplina carrefour, da studiare seguendo un approccio di tipo<br />

trasversale.<br />

Tuttavia, nonostante i programmi 2 siano stati stabiliti con l’intenzione di permettere il<br />

confronto produttivo tra le differenti culture, è inevitabile che le due didattiche rivendichino ognuna<br />

la propria identità. Il problema che si pone, dunque, può essere riassunto nella seguente questione:<br />

1 Reso possibile grazie all'accordo firmato il 24 febbraio 2009 dal ministro italiano dell'Istruzione, dell'Università e<br />

della Ricerca (MIUR), Mariastella Gelmini, e il ministro francese dell'Educazione nazionale, Xavier Darcos.<br />

2 Stabiliti dal B.O. n°5 du 17 juin 2010 e i documenti ufficiali del M.I.U.R. n°91 del 22 novembre 2010.<br />

3


come integrare le due didattiche in modo da reinventare e valorizzare i differenti metodi nel<br />

costante rispetto delle loro reciproche differenze<br />

Per compiere tale ricerca, sarà utile allora non solo analizzare i programmi ministeriali<br />

relativi agli insegnamenti di storia e letteratura francese, ma indagare anche nella memoria dei due<br />

paesi, con l’obiettivo di trovare la genesi di queste metodologie e le tracce storico-filosofiche dei<br />

differenti approcci. È evidente, infatti, che la didattica francese, influenzata dai “lumi” di Rousseau,<br />

Voltaire e degli altri philosophes, propone sostanzialmente lo sviluppo dell’esprit critique dello<br />

studente, cercando di favorire la capacità dell’alunno di problematizzare ciò che è appreso. Allo<br />

stesso tempo, in linea con gli insegnamenti del filosofo Cartesio, l’atteggiamento di riflessione<br />

critico è accompagnato dalla ricerca di un metodo rigoroso che si manifesta nello sviluppo di abilità<br />

e competenze tipiche dell’esercizio di regole ben stabilite.<br />

D’altro canto, in Italia, quello della scuola è uno dei settori in cui il neoidealismo di Croce e<br />

Gentile si manifestò con interventi efficaci, i cui esiti sono ancora oggi tangibili. Ciò che, in<br />

particolare, la didattica italiana sembra aver mantenuto, è la centralità dell’istruzione classica e<br />

l’approccio storico nello studio delle varie discipline. In conformità alle concezioni dell’idealismo,<br />

infatti, i due filosofi imposero i valori dell’umanesimo letterario tradizionale. Lo storicismo<br />

assoluto di Croce, inoltre, propose l’idea secondo la quale la realtà è spirito, ed esso si manifesta<br />

concretamente nella storia. Ciò si traduce nell’idea secondo cui la storia antica rivive nel mondo<br />

presente e conduce all’esigenza di studiare le diverse discipline scolastiche considerandole<br />

essenzialmente secondo un’ottica storica.<br />

Si cercherà di dimostrare che, nonostante le differenze, queste due didattiche possono<br />

mettere in campo una visione unitaria, che il dispositivo EsaBac è in grado di applicare<br />

fruttuosamente: non si tratta di applicare il metodo francese a quello italiano o viceversa. In tale<br />

cornice s’inserisce anche la necessità di analizzare l’insegnamento della storia dell’arte che,<br />

affrontato da sempre secondo metodi e approcci differenti tra i due sistemi, genera di fatto<br />

incertezza sul modo in cui, effettivamente, deve essere condotto lo studio di tale disciplina<br />

all’interno del programma EsaBac.<br />

4


§1 Didattica EsaBac: intercultura e cittadinanza<br />

Trovare una definizione univoca e completa di “didattica” non è cosa facile. Tale disciplina,<br />

infatti, manifesta in ogni secolo e in ogni cultura specifici intenti teorici e proprie metodologie. Gli<br />

obiettivi del presente lavoro non ci consentono di compiere un’esposizione critica delle forme più<br />

recenti assunte dai diversi modelli 3 . È chiaro che la didattica, come sostiene G. Vergnaud (1984,<br />

1977, 1975), non è riconducibile alla conoscenza di una particolare disciplina, poiché ha una sua<br />

identità, suoi problemi e i suoi metodi. Senza scendere nei dettagli, ciò che bisogna sottolineare è il<br />

legame da parte della didattica, qualsiasi sia il modello di riferimento, con la complessità della<br />

realtà in cui si trova ad essere. Gli obiettivi educativi, infatti, non possono ignorare la realtà<br />

contemporanea e, nel tentativo di sviluppare la personalità dell’alunno, devono sempre tener conto<br />

della dimensione e dell’ambiente con cui il ragazzo interagisce quotidianamente.<br />

In generale, possiamo dire che la società in cui l’individuo di oggi cresce è una società<br />

complessa e multiprospettica: una società pluriculturale. L’uomo di oggi, cioè, si trova immerso in<br />

un tessuto multiforme, in costante e continua evoluzione, in cui il riconoscimento delle differenze<br />

culturali costituisce un dato oggettivo. In particolare, il quadro della società attuale rivela una<br />

percezione del mondo completamente differente rispetto a qualche decennio fa. Con la creazione<br />

dell’UE, infatti, è stato posto in essere un processo di cooperazione tra gli stati membri che ha<br />

determinato la crescente apertura al dialogo e al confronto. Apparteniamo cioè ad una comunità che<br />

riesce ad unire i singoli stati nelle molte diversità: condividiamo risorse ambientali, patrimoni<br />

artistici e naturalistici, valori culturali mobili e non primariamente precostituiti. Condividiamo un<br />

continente libero e aperto, in cui coabitano, allo stesso tempo, differenze e diversità di vedute e gli<br />

stessi valori di libertà e uguaglianza. Tutto ciò ha progressivamente spinto l’uomo verso una nuova<br />

percezione dell’io in relazione non-io: l’individuo, cioè, senza perdere l’orgoglio di un<br />

riconoscimento identitario locale, avverte adesso anche l’esigenza di essere considerato “cittadino<br />

europeo”.<br />

In Europa, complice il suo complesso percorso storico, coabitano molteplici forme<br />

organizzative della società civile e diverse comunità religiose. Di conseguenza, esistono<br />

3 Senza scendere nei dettagli, possiamo definire la didattica, in generale, come “scienza e arte dell’insegnamento”<br />

(cfr. M. Laeng, 1978). Dei principali orientamenti 3 , quello oggi maggiormente in voga è il modello costruttivista<br />

(Wilson 1966). La didattica costruttivista si basa sull’idea di “costruzione” piuttosto che di “riproduzione” di<br />

conoscenza, una costruzione inevitabilmente caratterizzata dallo stile cognitivo e dal tipo d’intelligenza prevalente del<br />

discente (Gardner 1994). In secondo luogo, possiamo dire che la didattica, nel tentativo di trasmettere le conoscenze,<br />

costituisce il suo campo d’indagine come “l’analisi-riflessione sistematica sull’insegnare-educare, e non già soltanto<br />

mera applicazione di principi derivati da altri settori di sapere” (La Neve C., 1993: 149). Questo significa che,<br />

qualunque sia il contenuto d’insegnamento, esso deve essere sempre organizzato attraverso una forma concettuale, per<br />

mezzo di principi propri e in vista dei suoi fini propri.<br />

5


innumerevoli tradizioni culturali, anche in relazione alla lingua che le contraddistingue. Per tale<br />

motivo, solo il pluralismo è il collante di un mondo talmente vario e multisfaccettato, attraverso cui<br />

garantire il rispetto della convivenza civile. Da questo punto di vista è possibile affermare,<br />

seguendo Todorov (1986), che una cultura dipende dalla relazione con altre culture e, di<br />

conseguenza, che lo stesso concetto d’identità nasce dalla differenza, dalla partecipazione e dalla<br />

comunicazione tra culture diverse in uno spazio sociale comune, che l’UE sta progressivamente<br />

creando.<br />

La risposta educativa che la Francia e l’Italia stanno cercando di fornire a tale realtà è<br />

l’elaborazione di una didattica interculturale, capace cioè di far emergere la coscienza della<br />

diversità ma che, allo stesso tempo, per citare Gadamer (1983), favorisca una fusione degli<br />

orizzonti, incoraggiando così il confronto e la scoperta della cultura dell’altro: l’obiettivo primario<br />

non è cioè quello di fagocitare le differenze culturali o, ancora, includerle per assimilazione. Al<br />

contrario, una volta presa coscienza della strutturale pluralità della nostra attuale società,<br />

l’intenzione deve essere quella di gettare le basi per la possibile coesistenza tra culture diverse,<br />

all’interno di una dimensione interculturale, dove confini tra «noi» e «loro» sono continuamente<br />

ridefiniti reinterpretati, e le differenze culturali appaiono proficue occasioni di scambio e produttivi<br />

momenti di coesione intersoggettiva. L’approccio interculturale, di conseguenza, presuppone<br />

almeno due civiltà in relazione l’una con l’altra e, così facendo, mette in risalto le dinamiche di<br />

interscambio tra esse, opponendosi alla multiculturalità che, invece, si limita a constatare la<br />

semplice giustapposizione tra culture diverse. 4 Entro questa prospettiva il nuovo dispositivo EsaBac<br />

svolge un ruolo molto importante: esso mira a “costruire una cultura storica comune ai due Paesi, a<br />

fornire agli studenti gli strumenti per la comprensione del mondo contemporaneo e a prepararli ad<br />

esercitare la propria responsabilità di cittadini” 5 .<br />

Scriveva Aristotele “l’uomo è per natura un animale politico” (Aristotele, Politica) facendo<br />

riferimento alla necessità costitutiva, da parte dell’essere umano, di essere nella polis, alla cui vita<br />

sociale tutti partecipano. L’uomo, di conseguenza, deve imparare ad essere cittadino, deve<br />

imparare, cioè, a vivere in società. E se per Aristotele la società era quella greca del IV secolo a.C.,<br />

adesso, nel mondo contemporaneo, si fa riferimento a un concetto più generale di cittadinanza. Il<br />

dovere civile di ‘fare politica’, cioè di interessarsi ai problemi della collettività, allora, trascende i<br />

confini del paese di origine e si proietta su scala internazionale. Di conseguenza gli Stati membri<br />

dell'Unione non ammettono l'esistenza di frontiere e di ostacoli alla realizzazione delle prospettive<br />

degli individui nel quadro dello spazio europeo ma, al contrario, propongono la creazione di regole<br />

4<br />

Métraux, Jean-Claude. Interculturalité. In Socialinfo, Dictionnaire suisse de politique sociale.<br />

http://www.socialinfo.ch/cgi-bin/dicoposso/show.cfmid=446<br />

5 M.I.U.R., D.M. n°91 del 22 novembre 2010.<br />

6


comuni e di cooperazione internazionale, mirate a incentivare e sviluppare un concetto<br />

sovranazionale di cittadinanza. E sebbene mettere in discussione le proprie certezze consolidate sia<br />

duro e faticoso, la sfida di creare una didattica interculturale è stata avvertita come necessità<br />

incalzante da parte della Francia e dell’Italia. Da questo punto di vista la didattica EsaBac non può<br />

prescindere dal rapporto col mondo presente, manifestando la necessità di adattarsi in relazione al<br />

contesto sociale, storico e temporale.<br />

La materia contestuale, allora, assume un ruolo essenziale nel percorso di ristrutturazione del<br />

soggetto e dell’oggetto di conoscenza: la conoscenza non è un oggetto esterno al soggetto, si<br />

costruisce nel rapporto costante e costitutivo con esso, in relazione alla dimensione in cui lo<br />

studente si trova calato. La conoscenza infatti è complessa, multipla, particolare, negoziata e<br />

condivisa, nell’interazione di un certo numero di giochi linguistici (Varisco,1995). E, considerando<br />

che la condizione strutturale della nostra società, oggi, dipende in larga parte dalla sua costitutiva<br />

interculturalità, è chiaro che la didattica EsaBac non può non tener conto di questa realtà, che è<br />

destinata ad incidere sulla personalità e sulle conoscenze degli allievi. Solo in questa prospettiva,<br />

nella capacità di conoscere e apprezzare le differenze, può nascere il sentimento d’identità come<br />

evento processuale e mai del tutto compiuto, all’interno di un territorio che è in continua interazione<br />

con l’altro.<br />

Bisogna sottolineare, inoltre, che in tale prospettiva l’innovazione metodologica che l’EsaBac<br />

realizza, consiste nel cercare di favorire un percorso concreto e condiviso tra le classi partner del<br />

progetto, non solo a distanza - adottando gli stessi testi e gli stessi programmi - ma in parte anche<br />

in presenza, attraverso gli scambi che ogni scuola italiana realizza con un istituto francese partner:<br />

questo è il vero valore aggiunto del progetto. La formazione interculturale dei giovani viene così<br />

agevolata con l’introduzione della collaborazione diretta all’interno della stessa classe tra docenti<br />

dei due diversi Paesi. In tal modo, l’utilizzo della lingua francese per insegnare discipline diverse<br />

dal francese, agevola gli studenti a considerare tale lingua al pari dell’italiano, poiché li obbliga a<br />

lavorare su testi e fonti in lingua originale e, allo stesso tempo, li abitua allo sforzo di esprimersi<br />

costantemente in francese. Allo stesso tempo, affrontare in parallelo problematiche e soggetti<br />

relativi alle due culture permette di educare i giovani all’interculturalità. Infine, mediare<br />

nell’insegnamento della storia e della letteratura il metodo francese e quello italiano, obiettivo<br />

primario dell’EsaBac, permette di sviluppare negli alunni competenze tipiche di entrambe le<br />

didattiche, con l’obiettivo di abbracciare la complessa e varia realtà italo-francese. In questa<br />

prospettiva, il metodo EsaBac diviene una proposta culturale, metodologica e didattica, avvertita<br />

come necessità per costruire l’integrazione europea.<br />

7


E tuttavia: come realizzare tale intento La didattica, infatti, come già sottolineato all’inizio del<br />

paragrafo, manifesta in ogni secolo specifici intenti teorici. L’obiettivo sarà quello di fare emergere,<br />

tra i due ordinamenti, possibili punti di incontro, preservando da un lato le specificità individuali<br />

delle differenti metodologie, ma proponendo allo stesso tempo una via di reciproco arricchimento in<br />

vista della collaborazione linguistico-educativa italo-francese.<br />

§2 Presupposti didattici ed educativi<br />

Ai fini della presente indagine, sono stati messi a confronto i programmi ministeriali relativi<br />

agli insegnamenti di storia e letteratura francese con quelli delle Indicazioni nazionali degli obiettivi<br />

specifici di apprendimento per i licei. Il motivo della scelta è chiaro: le materie in questione sono le<br />

stesse che gli alunni dei licei italiani di sezioni bilingue devono affrontare per ottenere l’ EsaBac.<br />

Prima di inoltrarci nella comparazione della metodologia didattica relativa al sistema<br />

francese e italiano occorre, in via preliminare, tracciare un quadro generico sul modo in cui si<br />

articola l’ordinamento scolastico francese in relazione a quello italiano e quali sono le analogie,<br />

nonché le differenze, che individuano e specificano i due sistemi. Cominciamo con il dire che,<br />

mentre in Italia il ciclo di studi di secondo grado 6 ha la durata di cinque anni, il sistema francese<br />

prevede, per il lycée, la durata di soli tre anni 7 . Il liceo francese presenta la seguente suddivisione: la<br />

classe seconde, corrispondente alla seconda superiore in Italia, detta anche classe de détermination<br />

poiché avviene la scelta tra i diversi indirizzi di studi (L= Lettres; S= Scientifique, ES=<br />

Economique et Sociale), la classe première - terza superiore in Italia - e la classe terminale,<br />

corrispondente alla quarta superiore. Questo è l’anno in cui gli alunni francesi ottengono il Diplôme<br />

du Baccalauréat . L’esame comprende tutte le materie tranne il francese, che viene studiato fino in<br />

première 8 . Al termine di questo anno scolastico gli alunni devono obbligatoriamente sostenere un<br />

esame di francese, il cosiddetto E.A.F. (Epreuve anticipée de Français), la prova anticipata del<br />

baccalauréat général. Questo tipo di esame è estraneo al sistema italiano che, invece, prevede un<br />

unico esame – l’Esame di Stato per l’appunto – al termine dei cinque anni di Liceo. Mentre lo<br />

6 In Italia, con il termine di uso comune “scuola superiore” si fa riferimento alla scuola secondaria di secondo grado.<br />

La definizione è stata assunta con la riforma Moratti del 2003, andando a sostituire la definizione di scuola media<br />

superiore, in uso fino a quel momento.<br />

7 A tal proposito bisogna osservare che la scuola media francese, detta collège, ha la durata di quattro anni, a differenza<br />

di quella italiana, la cui durata è di appena tre anni. In definitiva, allora, la differenza tra i due ordinamenti si riduce a<br />

solo un anno di studi.<br />

8 Ad eccezione di un particolare indirizzo di studi, quello della classe terminale di lettres.<br />

8


studio del francese viene abbandonato alla fine dell’anno in première, eccezion fatta per l’indirizzo<br />

L, l’insegnamento della storia procede in classe terminale almeno per gli indirizzi ES ed L 9 .<br />

A questo punto è doveroso specificare che, nel quadro dell’EsaBac, al fine di favorire la<br />

collaborazione linguistica ed educativa tra i due Paesi, i programmi di studio del triennio francese<br />

sono integrati a quelli degli ultimi tre anni del liceo italiano. In tal modo viene meno lo scarto<br />

relativo all’ultimo anno di studi tra i due ordinamenti, che vengono così tra loro equiparati pur<br />

avendo, il liceo francese, due anni in meno rispetto a quello italiano. I documenti definitivi che<br />

riguardano l’Esabac, concordati dal Ministère de l’Éducation Nationale francese (B.O. n°5 du 17<br />

juin 2010) e dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca italiano (M.I.U.R., D.M.<br />

n°91 del 22 novembre 2010) sottolineano che: “Il percorso di formazione integrata previsto per il<br />

doppio rilascio dell’Esame di Stato e del Baccalauréat si colloca nella continuità della formazione<br />

generale, nell’ottica di un arricchimento reciproco fra i due Paesi, di dimensione europea”.<br />

A tal fine i programmi di letteratura insistono sull’analisi delle opere letterarie poste a<br />

confronto tra i due paesi. I contenuti, specifica il D.M., si sviluppano cioè attorno tematiche tra loro<br />

correlate, con l’obiettivo di favorire il progetto di formazione bi-nazionale e la conoscenza delle<br />

opere letterarie e della cultura del paese partner. Per realizzare tale obiettivo il programma di<br />

letteratura si compone di nove tematiche culturali 10 da sviluppare nel corso del triennio. A partire da<br />

tali tematiche, il professore propone “itinerari letterari” “costruiti intorno a un tema comune alle due<br />

letterature, collegando le differenti epoche, mettendo in evidenza gli aspetti di continuità, frattura,<br />

ripresa e facendo emergere l’intertestualità”. Ogni “itinerario letterario” è costituito da quattro a otto<br />

brani tatti dal patrimonio letterario italiano e francese, in modo da assecondare il confronto tra le<br />

espressioni linguistiche e culturali dei due Paesi.<br />

Il programma di storia cerca, in modo analogo, di costruire una cultura storica comune tra<br />

Italia e Francia. Per tale ragione il programma è stato suddiviso in “temi storici” 11 . L’obiettivo è<br />

quello di rendere il ragazzo capace di cogliere le relazioni tra i fatti, gli eventi, i movimenti<br />

ideologici, interpretare con spirito critico il patrimonio di conoscenze acquisite e riuscire a<br />

9 Mentre per la serie S la prova di storia è anticipata in classe première.<br />

10 La letteratura medioevale; Il rinascimento e La Renaissance;. La Controriforma e il Barocco; il Classicismo;<br />

L’Illuminismo, la nuova razionalità; La nascita di una nuova sensibilità nel XVIII secolo; il Preromanticismo; Il<br />

Romanticismo; Il Realismo e il Naturalismo in Francia, il Verismo in Italia; La poesia della modernità: Baudelaire e i<br />

poeti maledetti, il decadentismo; La ricerca di nuove forme dell’espressione letteraria e i rapporti con le altre<br />

manifestazioni artistiche)<br />

11 “L’invenzione della cittadinanza ad Atene nel V secolo a.C.” o “La cittadinanza nell’Impero Romano nel I e II secolo<br />

d.C.”; “Il Mediterraneo nel XII e XIII secolo: un crocevia di civiltà”; “Umanesimo, Rinascimento e nuovi orizzonti: una<br />

diversa visione dell’uomo e del mondo”; “Il nuovo universo politico nato dalla Rivoluzione Francese”;<br />

“L’apprendimento della politica: rivoluzioni liberali, nazionali e sociali nell’Europa del XIX secolo”; “La Francia e<br />

l’Italia dalla metà del XIX secolo fino alla Prima Guerra Mondiale”; “I progressi della civiltà nell’età industriale dal<br />

XIX secolo al 1939”; “La prima metà del XX secolo: guerre, democrazie, totalitarismi (fino al 1945)”; “Il mondo dal<br />

1945 fino ai giorni nostri”; “L’Italia dal 1945 fino ai giorni nostri”; “La Francia dal 1945 fino ai giorni nostri”.<br />

9


comprendere le radici storiche del presente. Per questo motivo al professore vengono fornite precise<br />

indicazioni didattiche, consistenti essenzialmente nell’obbligo di sviluppare tali tematiche attraverso<br />

un ensemble documentaire che comprende: testi o estratti di testi, documenti iconografici<br />

(immagini, disegni, opere d’arte, fotografie ecc.), carte geografiche e statistiche. Tale ensemble<br />

deve essere utilizzato con l’intenzione di formare gli studenti al metodo storico, per un efficace<br />

sviluppo di conoscenze e competenze.<br />

Appare evidente, dunque, che i programmi EsaBac sono stati ben integrati e armonizzati.<br />

Tuttavia, come già sottolineato, ogni didattica mantiene sempre un legame costitutivo con le<br />

premesse del suo delinearsi storico e, a partire dal contesto socio-culturale in cui è calata, assume<br />

precisi significati: ogni concezione evoca determinate teorie della conoscenza e, più in generale, fa<br />

riferimento a certe assunzioni valoriali. Anche dietro le pratiche didattiche più ingenue, allora, è<br />

possibile ritrovare una precisa dinamica di atteggiamenti e orientamenti teorici (Calvani 1988).<br />

Ogni modello didattico è infatti l’effetto di un modello culturale, filosofico ed epistemologico che<br />

agisce come una metateoria del modello didattico. Anche la didattica italiana, come del resto quella<br />

francese, risente profondamente del rispettivo retroterra storico-filosofico: i due stati hanno<br />

elaborato, quindi, nel corso del tempo, metodologie diverse, in apparenza inconciliabili. Per<br />

comprendere i motivi di tale diversità è necessario scavare nella memoria storico-filosofica dei due<br />

Paesi: solo indagando tali presupposti è possibile giustificare e comprendere le metodologie che<br />

hanno segnato gli itinerari educativi di questi ultimi secoli.<br />

§ 3 Filosofia e scuola, la didattica in Italia ai tempi di Gentile<br />

In Italia la ripresa dell’idealismo hegeliano, nella seconda metà dell’Ottocento, plasmò lo<br />

spirito del tempo e manifestò i suoi frutti nella Riforma scolastica di Giovanni Gentile: il filosofo,<br />

profondamente influenzato dalla filosofia del diritto di Hegel, pensava di servirsi del fascismo per<br />

fare avanzare il suo ideale di costruzione di “Stato Etico”, “incarnazione suprema della moralità<br />

sociale e promotore del bene comune”. In tale prospettiva, in linea con gli insegnamenti platonici,<br />

lungi dal costruire sistemi ideali e astratti, si adoperò a fare un uso concreto delle sue speculazioni,<br />

impegnandosi nella vita politica della propria epoca, con l’obiettivo di trasformarla. Il progetto di<br />

Gentile realizzava un ideale volto a perseguire lo studio delle “umane lettere” al liceo – che<br />

trasformò in luogo deputato alla formazione dell’élite – con tutte le conseguenze che ciò comportò:<br />

l’assenza di un rigoroso metodo da seguire e il forte riferimento allo storicismo, da associare anche<br />

al forte peso che esercitò il filosofo Benedetto Croce sulla cultura italiana del tempo. Tutti questi<br />

10


effetti sopravvivono nel sistema attuale, influenzato in profondità dalle vicende intellettuali di quel<br />

periodo.<br />

Gentile ebbe un enorme ascendente sull’Italia degli anni venti, in particolare sul suo assetto<br />

scolastico. Il 29 ottobre 1922 accettò di entrare nel governo dell’Italia fascista di Mussolini come<br />

ministro della Pubblica Istruzione. Il regime lo onorò come suo massimo esponente culturale e ciò<br />

gli consentì di compiere la sua missione: la restaurazione dello stato e la costruzione della società<br />

italiana attraverso la riforma della scuola. Fu l’autore di una radicale riforma che non ebbe vita<br />

lunghissima, perché profondamente manipolata da Bottai alla fine degli anni Trenta. Resta però il<br />

fatto che le strutture fondamentali della scuola progettata da Gentile sopravvissero: la scuola<br />

italiana, nonostante sia il frutto di molteplici e complesse vicende, riscopre infatti le sue origini più<br />

recenti nei presupposti filosofici di Gentile.<br />

La pedagogia di Gentile era strettamente legata al suo pensiero. Egli, nell’interpretare Hegel,<br />

riformò i presupposti della dialettica del maestro tedesco e definì la sua filosofia nei termini di<br />

attualismo. A differenza di Hegel, non concepiva un pensiero trascendentale, autonomo ed esterno<br />

al soggetto pensante: ogni pensato, cioè il concetto o la realtà pensabile, è sempre attuale e<br />

concreto, esso è “attività creatrice ", inseparabile dal pensante, e dunque dal soggetto che pensa.<br />

Gentile quindi identificava la realtà con l'Atto di pensiero ("attualismo"). L'Atto è il "pensiero<br />

pensante", che avviene in ogni istante, mentre il reale è il "pensiero pensato", cioè statico, già<br />

costituito. L’Atto di pensiero non ha nulla di antecedente o di presupposto, non è oggettivabile, è<br />

libero e indeterminabile. Questo significa che l’oggetto del pensiero, qualsiasi esso sia, non ha<br />

realtà fuori dall’atto del pensiero che, pensandolo, lo pone in essere. Soggetto e oggetto sono così<br />

collegati in una dialettica che è attività creatrice e conoscitiva, e che si manifesta nella storia. La<br />

dialettica dell'atto puro allora, è la forma della realtà in divenire e si articola nei due momenti della<br />

tesi e dell'antitesi, rappresentati dall'arte e dalla religione, e nel momento superiore di sintesi, che è<br />

proprio della filosofia. La filosofia, nel rendere autocosciente questa dialettica dell'atto, coincide<br />

secondo Gentile con la storia della filosofia per un motivo evidente: ogni posizione filosofica<br />

concretizza, nella sua forma particolare, l'autocoscienza dello spirito in un dato momento storico.<br />

Per questo motivo, scrive nella Teoria generale dello spirito come atto puro (1916) che la filosofia<br />

fa della storia, non il presupposto, ma la realtà e concretezza dell'attualità spirituale, fondando così<br />

la sua assoluta libertà.<br />

Come si traduce tutto ciò nel progetto pedagogico gentiliano Si è detto che le sue posizioni<br />

in merito all’educazione si intrecciano in modo indissolubile con l’attualismo. Questo significava<br />

sostanzialmente avviare una rifondazione in senso idealistico della pedagogia, proponendo l’idea<br />

per cui essa non è una scienza particolare, con un proprio fondamento. La pedagogia, al contrario, è<br />

11


filosofia in atto, vita della filosofia. Una volta stabilito che l'oggetto della pedagogia è l'educazione,<br />

Gentile sostenne che il processo educativo, rivolto a “fare lo spirito”, si risolve nel “farsi dello<br />

spirito”, e dunque nella filosofia. Gentile non disegnò solo un modello astratto ma, seguendo<br />

l’ispirazione che la sua teoria gli forniva, utilizzò i tre momenti dialettici come modello dell'atto<br />

educativo. Così l’arte, che esprime l'io nella sua immediata posizione soggettiva, è il momento<br />

creativo e spontaneo, attraverso cui l’alunno impara ad esprimersi; la religione, invece, si presenta<br />

sempre come momento dell’oggettivismo ingenuo e, per tale motivo, è in posizione secondaria<br />

insieme alle scienze naturali. Queste discipline, infatti, devono essere tenute in scarsa<br />

considerazione perché corrono il rischio di essere insegnate in modo dogmatico e, di conseguenza,<br />

potrebbero offuscare le verità che solo la filosofia – sintesi dei due precedenti momenti - è in grado<br />

di mostrare pienamente. Una simile impostazione dell’educazione si traduce chiaramente nell’idea<br />

secondo la quale il momento più alto dell’insegnamento è consacrato agli studi classici e umanistici,<br />

storici e filosofici: la scienza, al pari della religione, venne considerata disciplina inferiore, da<br />

tenere rigorosamente separata dalle finalità educative vere e proprie. Il quadro che emerge è dunque<br />

quello di una scuola ideologicamente orientata in senso attualista, sorda ai richiami di una società in<br />

via di sviluppo ed industrializzazione. Comunque sia, il progetto gentiliano manifesta tutt’oggi<br />

grande attualità nella scuola italiana: la centralità dell'istruzione classica, come già sottolineato,<br />

distingue l’Italia dalla Francia e, in generale, dalle altre nazioni europee, ritrovando evidentemente<br />

nelle vicende gentiliane del primo dopoguerra, le sue più profonde radici.<br />

Strettamente collegato al pensiero di Gentile, inoltre, è l’assenza di un rigoroso metodo<br />

didattico. La riforma ripensò il problema del metodo di insegnamento per mezzo della soluzione<br />

dialettica della pedagogia nella filosofia. Gentile, infatti, insoddisfatto del sistema scolastico italiano<br />

basato sul modello positivista, cercò di rendere autonomo e indipendente il metodo pedagogico da<br />

ogni considerazione empirica o utilitaristica. Di conseguenza, qualsiasi forma o legame che la<br />

pedagogia poteva avere con il mondo dell’empiria fu marcato come “pregiudizio”, criticando in<br />

modo particolare la distinzione tra contenuto e forma dell’insegnamento, materia e metodo. Tale<br />

sfida s’iscriveva all’interno del suo più vasto progetto secondo il quale, in base alla concezione<br />

dialettico-attualistica del reale, l’autentico insegnamento si realizza nell'atto educativo in cui lo<br />

studente si unisce al maestro fino ad identificarsi, non già con quel maestro, ma con lo spirito. Egli<br />

cerca così di appropriarsi del contenuto educativo vivente. In tale prospettiva non esiste un rigoroso<br />

metodo didattico: non ha senso ricorrere alla distinzione tra materia e contenuto per sostenere l'atto<br />

educativo. Piuttosto, la lezione in quanto “accadimento spirituale” realizza se stessa come metodo.<br />

Di conseguenza, non esiste un metodo che valga per ogni singola disciplina, esso è continuamente<br />

mutevole, perché l'identica materia viene sempre affrontata in modo diverso. Su queste basi la<br />

12


pedagogia gentiliana ha influenzato la successiva visione educativa del sistema italiano. In<br />

particolare è possibile che, conseguenza della riforma, sia un aspetto caratteristico della scuola<br />

attuale, così precisato dalle Indicazioni nazionali: “la liberta del docente dunque si esplica non solo<br />

nell’arricchimento di quanto previsto nelle Indicazioni, in ragione dei percorsi che riterrà più<br />

proficuo mettere in particolare rilievo e della specificità dei singoli indirizzi liceali, ma nella scelta<br />

delle strategie e delle metodologie più appropriate, la cui validità e testimoniata non<br />

dall’applicazione di qualsivoglia procedura, ma dal successo educativo.”<br />

Alla luce di quanto abbiamo detto, uno degli obiettivi principali di Gentile è stato allora<br />

quello di immaginare che l’effettiva unità dialettica di soggetto e oggetto, io e mondo, contenuto e<br />

metodo, educando ed educatore, fossero tutti elementi necessari per la comprensione razionale del<br />

reale. Da questa concezione derivò, inoltre, un’organizzazione della scuola di stampo aristocratico:<br />

è chiaro infatti che, nella sua visione dialettica della realtà, per giungere alla verità, è necessario<br />

superare i momenti ingenui di tesi e antitesi. La superiore visione storico-filosofica, però, connessa<br />

al concetto dialettico, è inevitabilmente conquista di pochi: secondo Gentile, infatti, non tutti sono<br />

predisposti al culto dei più alti ideali umani – ovvero le discipline umanistiche -. Proprio per tale<br />

motivo il filosofo suddivise la scuola a livello secondario in un ramo classico, volto alla formazione<br />

delle élites dirigenti, e in uno professionale per il popolo. La scuola esprimeva così la sua finalità<br />

come luogo cruciale di nascita dell'intellettuale dirigente, un'idea che a lungo è stata mantenuta in<br />

Italia, dove al “liceo classico” è stato attribuito un ruolo sociale tale da farne un ambiente<br />

privilegiato per la formazione dei ceti più alti, dall’età liberale fin quasi ai giorni nostri. Nonostante<br />

i processi di modernizzazione culturale, per molto tempo la società italiana ha mostrato una certa<br />

resistenza all’introduzione di modelli alternativi. Anche dopo lo smantellamento della riforma,<br />

infatti, è stato fortemente mantenuto l’attaccamento ai valori della tradizione. Ciò costituisce,<br />

indubbiamente, una delle maggiori eredità che la riforma ha lasciato all’ordinamento scolastico<br />

italiano: ancora oggi, nonostante si cerchi di adeguarsi ad un presente dove sempre più forti sono i<br />

“nuovi” strumenti di acculturazione, i programmi continuano a privilegiare l’importanza della<br />

cultura classica, che continua ad avere lo stesso posto considerevole.<br />

§4 Storicismo antimetafisico, antipositivismo e sistema scolastico<br />

Le posizioni che Gentile maturò, di cui si è parlato fino a questo momento, non potrebbero<br />

essere comprese a fondo se non considerando il rapporto che legava il filosofo a Benedetto Croce,<br />

già dagli ultimi anni di fine Ottocento. Anche Croce partecipò al governo - nel 1920-21 - come<br />

13


ministro della Pubblica Istruzione, ma si allontanò ben presto dalla vita politica attiva, assumendo<br />

un atteggiamento sempre più ostile nei confronti del fascismo. Mentre Croce si opponeva<br />

apertamente al regime, divenendo così il simbolo italiano all’aspirazione di libertà, Gentile diveniva<br />

l’esponente culturale di spicco di Mussolini. Ciò raffreddò l’amicizia tra i due, che si consumò<br />

definitivamente nel 1924 in considerazione anche delle diverse aspirazioni intellettuali che<br />

contraddistinguevano i due filosofi. Aldilà delle divergenze, entrambi credevano nel rinnovamento<br />

del pensiero hegeliano, e si riproposero di fondare una filosofia dello spirito puro eliminando ogni<br />

elemento trascendente presente nella dottrina del filosofo tedesco. Sia Croce che Gentile, da questo<br />

punto di vista, erano d’accordo sul fatto che la dialettica non può essere astratta e contemplativa.<br />

Concordavano nel fatto che “con Hegel si era acquistata la coscienza che l’uomo è la sua storia, la<br />

storia unica realtà, la storia che si pensa come necessità, non più sequela capricciosa degli eventi<br />

contro la coerenza della ragione, ma è l’attuazione della ragione, la quale è da dire irragionevole<br />

solo quando dispregia e disconosce nella storia se stessa” (Croce, 1913). La realtà è spirito, ed esso<br />

si sviluppa concretamente nella storia. Quest’ultima allora è la vita dello Spirito il quale, per mezzo<br />

di antitesi e conflitti costruisce se stesso. Ciò significa che, qualunque sia l'età o l'epoca cui ci si<br />

riferisce, la storia è sempre attuale e si manifesta nel presente dello Spirito.<br />

Da questo punto di vista la teoria della storia crociana (o storicismo assoluto), auspicando un<br />

approfondimento della filosofia dello spirito in chiave storicista, propone l’idea secondo la quale,<br />

comunque sia, il giudizio filosofico è sempre un giudizio storico. Di conseguenza il vero pensare è<br />

sempre pensare storico e mai trascendente. L’unità tra filosofia e storia viene ripetutamente<br />

affermata in La storia come pensiero e come azione (1938) con l’obiettivo di negare qualsiasi forma<br />

di trascendenza metafisica, tipica dell’idealismo hegeliano. Criticando, insieme a Gentile, la<br />

dialettica hegeliana per essere astrattamente oggettiva, viene proposta la totale risoluzione della<br />

filosofia in attività storica: in tal modo non è la filosofia che deve “inghiottire” la storia, ma il<br />

contrario. La filosofia è concepita allora da Croce come “metodologia della storiografia”, nel senso<br />

che l’idea di una filosofia che sia metafisica e trascendente è completamente priva di significato. I<br />

problemi filosofici devono essere sempre storicizzati, nella convinzione che la storia sia visione<br />

logicamente necessaria alla realtà.<br />

Questo rapporto fondativo della storia nei confronti della filosofia non poteva non avere<br />

ripercussioni sul modo di intendere l’educazione: se il giudizio filosofico si identifica con quello<br />

storico, infatti, va da sé che il conoscere storico è l'unico dotato di efficacia e validità. Le diverse<br />

attività dello spirito, cioè, non sono mai completamente separate dalla storia che, da questo punto di<br />

vista, appare necessaria poiché coglie una realtà immanente e mondana, senza riferimenti metafisici<br />

o teologici. Gli effetti di tale ideologia non tardarono a manifestarsi, determinando un’inevitabile<br />

14


spinta “storicista” alla scuola italiana: l'approccio storico nello studio delle diverse discipline – che<br />

riveste ancora oggi, nell’insegnamento in Italia, una grande importanza – trova nelle concezioni<br />

filosofiche dell’idealismo storicista il suo fondamento. È qui che si sviluppa pienamente lo spirito<br />

dell’insegnamento italiano: la storia non è consacrata al passato, ma ritorna sempre ad essere storia<br />

contemporanea per mezzo dell’attività dello Spirito che se ne riappropria. Da tale punto di vista, le<br />

vicende dei Greci, dei Romani o di altri popoli dell’antichità, sono sempre da riferirsi alla situazione<br />

presente, rivivono cioè nello spirito europeo più attuale. Risulta evidente allora la traccia profonda e<br />

duratura che Croce riuscì a imprimere nell’insegnamento italiano: l’idea secondo la quale studiare<br />

la letteratura, la filosofia o altre discipline significa analizzarne lo sviluppo storico e tracciarne le<br />

linee essenziali per ridar loro vita e riappropriarsene nel presente.<br />

Lo stesso obiettivo era già stato delineato nella riforma Gentile. Aldilà delle divergenze<br />

politiche e intellettuali, infatti, i due filosofi proponevano un intento comune: la necessità di fare<br />

dell’analisi storica il luogo eletto in cui esercitare lo spirito di riflessione degli alunni. Denunciare<br />

qualsiasi forma di metafisica trascendente, infatti, si traduceva nella necessità di considerare “la<br />

filosofia altrettanto dipendente dalla storia quanto questa da lei; e, poiché né spirito né storia sono<br />

concetti naturalistici, la reciproca dipendenza non può essere pensata nella forma naturalistica<br />

dell’azione reciproca, ma soltanto in quella di unità sintetica o dialettica” (Croce, 1963). Così, i veri<br />

problemi non sono quelli posti in forma a-temporale ed eterna ma, al contrario, quelli che si<br />

realizzano nella storia. Tale finalità non realizzava però, a livello scolastico, la riduzione dello<br />

studio a una successione di date, eventi e nomi. Il senso della proposta di Croce e Gentile, al<br />

contrario, si concretizza nello sviluppo dell’intelligenza critica del ragazzo, da stimolare lavorando<br />

direttamente sui testi piuttosto che limitare l’insegnamento alla narrazione puramente fattuale e<br />

cronologica degli eventi<br />

L’influenza che esercitò il neo-idealismo di Croce e Gentile sulla cultura italiana non finisce<br />

qui. Bisogna parlare ancora di un’altra importante conseguenza che riuscirono a imprimere al<br />

sistema scolastico. Negli ultimi decenni dell’Ottocento si era affermata, in Italia come del resto in<br />

tutti i Paesi europei, la corrente filosofica del positivismo. Questo, proponendo il culto della scienza,<br />

attribuiva alle discipline matematico-naturali un importante valore anche sul piano didattico e<br />

considerava come unica forma autentica di conoscenza il sapere basato sul riconoscimento<br />

empirico. Simili presupposti non potevano sopravvivere nel clima culturale che si andava<br />

affermando in Italia a partire dagli anni Venti: l’idealismo infatti negava risolutamente l'esistenza<br />

del mondo materiale e ogni realtà che si opponesse al pensiero come suo presupposto. La realtà,<br />

infatti, è Spirito, “attività creatrice " che, proprio a causa del suo carattere di inesauribile<br />

produttività, non è compreso attraverso le forme statiche proprie delle scienze matematiche o<br />

15


naturali. Questo vuol dire che la realtà può essere conosciuta solo attraverso la filosofia, così come<br />

afferma l’attualismo di Gentile, o la storia che, sostiene Croce, è l’unica in grado di cogliere le<br />

manifestazioni sempre nuove dello Spirito nelle sue produzioni finite e temporali. Ciò si tradusse,<br />

concretamente, nel negare alla scienze matematico-naturali un genuino valore conoscitivo per<br />

subordinarle al sapere filosofico e letterario.<br />

Le loro posizioni, nello svalutare apertamente la cultura positivista, incapace di reggere il<br />

confronto con le speculazioni del neoidealismo, ebbero grandi ripercussioni sul sistema scolastico<br />

nella prima metà del Novecento, ed anche oltre. Come osservato dallo storico J. Charnitzky (1996),<br />

i programmi scolastici che Gentile propose nella sua riforma, fissavano una vera e propria scala di<br />

importanza delle materie da studiare, assegnando la priorità a quelle umanistiche, mentre le<br />

discipline scientifiche dovevano accontentarsi di un ruolo “ancillare” anche nel liceo scientifico. Le<br />

scienze, considerate da un punto di vista semplicemente strumentale e utilitaristico, venivano infatti<br />

escluse dalla conoscenza vera e propria: Gentile le considerava uno dei saperi inferiori all’interno<br />

della dialettica di arte-religione-filosofia, Croce riteneva che producessero solo pseudo-concetti,<br />

aventi carattere pratico e mnemonico. Sotto questo aspetto il neoidealismo italiano, collocandosi tra<br />

quei sistemi filosofici antiscientifici d'inizio secolo, esercitò – non a torto – un influsso negativo<br />

sulla cultura scientifica italiana di inizio secolo. L’ordinamento di Gentile, era volto alla creazione<br />

di una élite borghese attraverso un sistema di selezione che trovava nella scuola la sua<br />

manifestazione. Da questo punto di vista, impose un modello in cui andare a scuola significava<br />

intraprendere un percorso filosofico o letterario. Di conseguenza, mentre le discipline matematicoscientifiche<br />

venivano ingiustamente degradate a “sapere della povera gente”, chi amava veramente<br />

la cultura, la nuova aristocrazia intellettuale italiana, si realizzava solo con una laurea in lettere.<br />

Il disprezzo nei confronti della scienza causò la chiusura della società italiana verso le nuove<br />

conoscenze e competenze che in quel periodo si andavano affermando: mentre l’Europa si<br />

consacrava all’analisi della logica e delle metodologie scientifiche, in Italia l’idealismo svalutava<br />

tali forme di sapere, considerandole “inautentiche”. Ciò provocò un ritardo nello sviluppo della<br />

società industriale, determinando così una grave debolezza nella concezione didattica dell’opera di<br />

riforma gentiliana, che si mantenne anche dopo la caduta del regime. Il pregiudizio che ancora la<br />

scuola italiana si porta dietro, infatti, si manifesta nell’attenzione estrema nei confronti<br />

dell’umanesimo letterario tradizionale che, complice l’eredità storico-artistica di tale Paese, ritiene<br />

tutt’oggi l’insegnamento classico uno dei più completi e complessi.<br />

16


§5 L’approccio francese, celebrazione dell’esprit critique<br />

Nel XVIII secolo si assiste, in tutta Europa, a un movimento di profondo rinnovamento<br />

culturale: l’Illuminismo. La Francia, in particolare, comincia a utilizzare la metafora dei “lumi”<br />

della ragione da contrapporre alle “tenebre” dell’ignoranza dei secoli precedenti. La capacità<br />

illuminatrice della ragione propone di contestare i dogmi religiosi e le obsolete strutture sociali che<br />

dominavano l’epoca, con l’obiettivo di promuovere l’emancipazione dell’uomo e mettere in<br />

discussione i principi assolutistici e le acritiche verità della fede rivelata. A questo proposito occorre<br />

ricordare che l’aspetto più radicale dell’Illuminismo è il rifiuto di tutto ciò che è trascendente e,<br />

dunque, dogmaticamente imposto. In particolare, facendo leva sul pensiero intelligente dell’essere<br />

umano, si cercava di incoraggiare lo sviluppo dell’esprit critique allo scopo di rinnovare gli studi, la<br />

cultura e le istituzioni.<br />

La razionalità, dunque, ebbe massimo rilievo e l’uomo, erede del Rinascimento, cominciò a<br />

meditare su se stesso, rifiutando le verità rivelate della fede e considerando invece la possibilità<br />

influire sulla realtà e sul proprio destino con la sola forza della ragione. Di conseguenza, i<br />

philosophes del tempo auspicavano l’esercizio della ragione critica, con cui combattere i pregiudizi<br />

che impedivano il cammino della civiltà, opponendosi al progresso della società. Dominanti furono<br />

le figure di Montesquieu, Voltaire, Rousseau e Diderot. Indubbiamente le maggiori influenze<br />

furono esercitate nella lotta in nome della libertà di pensiero in campo sociologico, morale, estetico,<br />

scientifico e letterario. Di questi principi la didattica francese avverte ancora oggi il peso, non<br />

perché l’Illuminismo abbia trasmesso dei contenuti pedagogici storicamente determinati, ma perché<br />

tale movimento fu portavoce, attraverso l’opera dei philosophes, dell’ideale di spirito critico che,<br />

rifiutando la visione ingenua della realtà, rivendicava la fiducia nell’uso della ragione. Tale<br />

rivendicazione appare chiaramente nell’Enciclopedia dove i philosophes, sotto la direzione di<br />

Diderot e D’Alembert inaugurano un nuovo modo di pensare, libero dalla tradizione e da storici<br />

pregiudizi. L’obiettivo era quello di proporre al mondo l’immagine di una società retta dalla<br />

ragione, basato sull’ideale dell’autonoma formazione dello spirito e, strettamente collegato a questo,<br />

la constatazione del fatto che la natura dell'uomo è sociale.<br />

Il progetto dell’Enciclopedia, opera mastodontica suddivisa in 17 volumi, era finalizzato a<br />

illustrare i progressi della scienza e della tecnica, discutendo allo stesso tempo, i grandi problemi<br />

teologici, filosofici e politici. Ciò sta a indicare che l’opera doveva segnare una rottura rispetto alle<br />

enciclopedie precedenti impostate più sull’elaborazione di concetti universali. Bisognava, in altre<br />

parole, fare dell’Enciclopedia lo strumento attraverso il quale contribuire a mutare il modo di<br />

pensare comune. L’opera si rivelò, di conseguenza, un potente mezzo per la diffusione dell’esprit<br />

critique di cui i philosophes erano i portavoce. A testimonianza di ciò Kant, In risposta alla<br />

17


domanda: che cos’è l’illuminismo (1784) scrive che l’uomo deve avere il coraggio di uscire dallo<br />

stato di minorità che egli deve imputare a se stesso per servirsi del proprio intelletto senza essere<br />

guidato da un altro. Servirsi sella ragione significa dedicare attenzione estrema al presente, i temi<br />

che riguardano cose vicine e concrete e che toccano più o meno tutte le classi sociali A tal fine<br />

bisognava riflettere con grande forza polemica sui temi sociali politici e religiosi esaminando<br />

problemi concreti e ben definiti e sostenendo un progetto specifico di trasformazione radicale del<br />

modo di pensare e del vivere. Gli illuministi rifiutarono così la sistematicità del sapere, fondato su<br />

presupposti generali e organizzato in sistemi rigidi e forme gerarchiche rigorose e si dedicarono<br />

invece a generi come il romanzo, il teatro, la poesia, ma soprattutto il pamphlet, il discorso, il<br />

dialogo, la lettera aperta e l’essai, destinati a polemiche e a prese di posizione particolari, divenendo<br />

i mezzi privilegiati per diffondere le proprie idee.<br />

Questi stessi generi, oggi, manifestano enorme attualità nella scuola francese e costituiscono<br />

uno dei nuclei tematici del programma da articolare in classe di première: l’argumentation. Il<br />

presupposto basilare della didattica francese si manifesta nell’imprescindibile necessità di un’analisi<br />

critica dei testi e dei movimenti studiati. La ragione è semplice: l’obiettivo non è quello di fornire<br />

all’alunno solo un insieme sistematico e omogeneo di conoscenze storico-letterarie quanto,<br />

piuttosto, favorire la capacità di problematizzare ciò che è appreso, elevando così il ragazzo a<br />

un’analisi critica dei problemi letterari. L’esercizio della riflessione critica sulle diverse forme del<br />

sapere si manifesta con l’utilizzo di particolari strategie argomentative, attraverso cui gli alunni<br />

imparano a sostenere le proprie tesi. I programmi ministeriali, infatti, prevedono un’intera tematica<br />

da dedicare al genere argomentativo.<br />

L’argumentation è un ambito d’indagine che si trova al confine tra diversi oggetti di studio:<br />

si ritrova al teatro, in quanto “elemento motore dei dialoghi”, interviene nell’analisi del romanzo e<br />

in relazione alla posizione del narratore, si trova anche nel quadro di studi della poesia e dei<br />

movimenti culturali e letterari. Allo stesso tempo, attraverso queste analisi, al ragazzo non viene<br />

fornita un’immagine di sapere precostituito, già sentito e già conosciuto. Al contrario, l’alunno è<br />

portato a riflettere su problematiche di varia natura mettendo in rilievo il proprio punto di vista.<br />

D’altro canto, attraverso la lettura concreta dei testi, il giovane è stimolato a costruire<br />

autonomamente il proprio pensiero, a elaborare le proprie tesi, argomentare le proprie ragioni e<br />

difendere così le idee che, attraverso la lettura dei documenti, è riuscito a formarsi nel corso<br />

dell’anno. L’importanza di tale nucleo teorico è messa ben in evidenza dal projet de document<br />

d’accompagnement des programmes de français che ne precisa la funzione: sviluppare nell’alunno<br />

il proprio giudizio e la propria posizione, teoricamente fondata, in relazione a tematiche politiche,<br />

etiche, religiose, sociali, scientifiche e letterarie. A tal fine, il ragazzo é condotto all’analisi della<br />

18


argumentation directe, sottoforma, per esempio, di essai (trattato), dialogo , pamphlet o lettera, e<br />

della argumentation indirecte, sottoforma di récit fictif 12 . Un’attenzione particolare è dedicata<br />

inoltre al conte philosophique che, pur somigliando nella struttura al racconto tradizionale (c’è un<br />

eroe, elementi di natura meravigliosa, ostacoli da superare e imprese da compiere), cerca però allo<br />

stesso tempo di stimolare il lettore alla riflessione critica su questioni piuttosto controverse.<br />

Voltaire, per esempio, cui si deve la notorietà del genere, presenta nei suoi racconti filosofici temi<br />

critici nei confronti del potere assoluto del tempo, contro la morale tradizionale, la politica e la<br />

religione. I suoi racconti vengono molto utilizzati nelle scuole francesi, in particolare poiché<br />

permettono all’alunno di comprendere le caratteristiche essenziali del genere argomentativo, che si<br />

possono così riassumere: convaincre, persuader et délibérer.<br />

Si tratta in sostanza di sostenere o contestare un’opinione, cercando, allo stesso tempo, di<br />

esercitare un’azione sull’ascoltatore, che sia quella di convincerlo con l’uso della ragione o<br />

persuaderlo suscitando in lui un sentimento. L’ultimo aspetto essenziale dell’argomentazione è la<br />

délibération: esaminare cioè punti di vista differenti dal proprio, con i quali entrare in discussione al<br />

fine di prendere una decisione e scegliere la soluzione ritenuta migliore. Deliberare permette così di<br />

confrontarsi con le opinioni altrui, tappa essenziale per costruire un punto di vista critico e<br />

personale. Ecco che, allora, la délibération rivela la sua importanza nel dibattito pubblico in una<br />

democrazia, e in tal modo, s’iscrive esattamente nel fine ultimo della didattica francese: diventare<br />

un cittadino 13 . Il processo educativo infatti, in linea con gli insegnamenti ereditati dagli illuministi,<br />

è rivolto a un progetto di realizzazione della persona, l'obiettivo cioè è formare l'uomo e il cittadino.<br />

Seguendo tale presupposto non solo la letteratura, ma anche l’insegnamento delle storia è<br />

mirato a incentivare e sviluppare il concetto di cittadinanza. La storia racconta il destino umano,<br />

non quello personale, ma il destino collettivo, mostrando come tra individuo e società esista una<br />

continua e costante interazione. Per questo motivo il fine ultimo della didattica della storia è quello<br />

di contribuire a far divenire il ragazzo un vero cittadino. In tale prospettiva, il programma non può<br />

limitarsi all’analisi di conoscenze fattuali. Si potrebbe dire, in linea con gli insegnamenti illuministi<br />

12<br />

L’argumentation directe si caratterizza per essere un saggio di riflessione personale in prosa. Per quanto riguarda<br />

invece l’argumentation indirecte, l’alunno è condotto all’analisi di récits de fiction come, per esempio, il racconto<br />

filosofico, la fiaba dai contenuti morali, l’apologo e i racconti di finzione collegati a riflessioni su questioni scientifiche<br />

o filosofiche - Mentre nell’argomentazione diretta il discorso è condotto dall’autore stesso, in quella indiretta il<br />

discorso è delegato a un narratore e ai suoi personaggi. Un caso particolare è costituito dal dialogo, che si situa al<br />

confine tra i due generi: esso appartiene, infatti, da un lato al genere dell’argomentazione diretta, mentre, dall’altro lato,<br />

sottoforma di romanzo o di genere teatrale, sembra essere piuttosto un récit de fiction.<br />

13 L’analisi dell’argomentazione e dei suoi effetti sul destinatario, come già accennato, è svolta in modo rigoroso, con<br />

l’utilizzo di vere e proprie tecniche stilistiche la cui analisi è oggetto di studio nel corso dell’anno scolastico. Il ragazzo<br />

impara a utilizzare le figure retoriche (ripetizione, anafora, pleonasmo, ossimoro, ipallage, allitterazione ecc.), il cui<br />

impiego ha la funzione di affinare le strategie argomentative, e vengono studiati i types d’arguments (l’analogia,<br />

l’argomento ad hominem, l’argomento d’autorità, i rapporti di causa-effetto, i vantaggi e gli inconvenienti ecc.)<br />

attraverso cui meglio esercitare la tecnica retorica.<br />

19


di Voltaire, che la necessità primaria dell’analisi storica non è quella di fare resoconti di battaglie o<br />

esaltazioni di gesta, sterile cronaca: “Quel che manca di solito a coloro che scrivono di storia è lo<br />

spirito filosofico: la maggior parte, invece di discutere dei fatti con gli uomini, raccontano storielle<br />

a dei bambini” (Voltaire, 1972: 268). A questo proposito va ricordato che gli intellettuali illuministi<br />

erano profondamente ottimisti: credevano nel progresso e nella possibilità che lo spirito critico, se<br />

correttamente esercitato, potesse risolvere tutti i problemi e costruire una società migliore. Pertanto<br />

i philosophes non attribuivano molta importanza allo studio del passato - considerato un cumulo di<br />

errori – ma erano proiettati verso il futuro e verso un ideale di progresso sociale.<br />

Il retaggio illuminista manifesta ancora oggi una grande attualità nella scuola francese: da un<br />

certo punto di vista, infatti, la didattica francese considera l’apprendimento della storia non come<br />

una “trasmissione” di nozioni, ma come un sapere critico che si manifesta sulle cose e sul mondo. I<br />

programmi ministeriali invitano, per tale motivo, allo studio tematico di avvenimenti e situazioni<br />

accuratamente scelte, senza appesantire i contenuti d’insegnamento con un eccesso di eventi e fatti,<br />

che rivelano proposte poco operative dal punto di vista metodologico. I programmi di storia, infatti,<br />

possono fornire un rilevante contributo alla realizzazione dello “status” di cittadino e, proprio per<br />

tale motivo, l’approccio didattico deve essere capace non tanto di mettere in evidenza i fatti storici,<br />

quanto di usarli in modo critico e argomentato, con l’intenzione di far emergere l’importanza, ai fini<br />

di un appropriato impiego della nozione di “cittadinanza”. A tal proposito, scriveva Montaigne<br />

(1588): « Sçavoir par coeur n'est pas sçavoir ». L’obiettivo di tale approccio è semplice: il<br />

programma, lungi dal costituire la giustapposizione di oggetti singolari, scelti in funzione di far<br />

comprendere un periodo e/o un fenomeno storico, deve sottintendere una problematica e implicare<br />

una messa in prospettiva. Prevale, dunque la necessità di mettere in evidenza livelli di significato,<br />

frutto dello sforzo di individuare modalità interpretative critiche della storia. Tale volontà è esaltata<br />

indubbiamente dalla necessità di trovare, per ogni nucleo teorico, una problematica che sia terreno<br />

di esercizio - gradualmente prodotto nel corso dell’anno attraverso l’analisi concreta e approfondita<br />

di testi e fonti - il cosiddetto ensemble documentaire 14 -<br />

In tal modo l’alunno, interrogandosi in modo autonomo e personale sui possibili nessi teorici<br />

che i fatti esprimono, elabora un metodo d’indagine creativo e matura una propria coscienza sui<br />

legami concettuali e le interconnessioni associative di cui la storia è piena. Detto altrimenti: il<br />

presupposto basilare della didattica francese - della storia come della letteratura - si manifesta<br />

nell’imprescindibile necessità di un’analisi critica dei fatti, dei documenti, dei testi e dei movimenti<br />

studiati.<br />

14 Cf. § 8 b per una spiegazione dell’ensemble documentaire.<br />

20


§6 Come Cartesio influenzò la didattica: una questione di “metodo”<br />

In definitiva, possiamo dire, la conoscenza, secondo l’approccio francese, deve seguire da un<br />

processo di formazione da parte di ogni individuo: lo studente, in altre parole, deve essere aiutato<br />

dall’insegnante a mettere in atto strategie per apprendere o, meglio, per costruire le proprie in modo<br />

autonomo. Secondo tale metodologia l’apprendimento consiste nell’interazione tra il docente e la<br />

spontaneità del ragazzo che, a partire da tale rapporto, deve essere messo nella situazione di<br />

maturare il proprio spirito critico. Nella prassi didattica ciò si traduce in un vero e proprio metodo di<br />

costruzione della conoscenza nell’alunno. È stato sottolineato, nei paragrafi precedenti, che la<br />

Francia, a differenza dell’Italia, stabilisce un metodo didattico molto rigoroso e dettagliato. Il<br />

metodo, in quanto modalità operativa che permette l’acquisizione dei contenuti d’insegnamento è,<br />

quindi, un vero e proprio percorso da seguire per ottenere buoni risultati di studio.<br />

Il metodo, dunque, deve essere un modello operativo atto a costruire e creare le condizioni<br />

per l’assimilazione dei contenuti di apprendimento nell’allievo senza dimenticare di promuoverne la<br />

volontà di ricerca personale in relazione alle materie studiate. In altre parole sembra che, in linea<br />

con gli insegnamenti del filosofo Cartesio, ciò che bisogna promuovere è l’atteggiamento di<br />

riflessione da parte dei ragazzi.<br />

Il razionalismo cartesiano, proponendo l’ideale di una mente pura e attenta che nasce dal<br />

solo lume della ragione, considerava la ragione l’unico strumento che consentisse all’uomo di<br />

raggiungere la verità. Tutti gli uomini posseggono il “lume naturale”, tutti gli uomini, cioè, hanno<br />

alla nascita la stessa capacità razionale. Il fatto che alcuni la sappiano esercitare meglio di altri,<br />

allora, non dipende dal fatto che i primi abbiano più buon senso, ma dalla presenza del metodo<br />

giusto.<br />

Nel Discorso sul Metodo (1637), criticando la cultura del Seicento, Cartesio elabora quindi<br />

un metodo valido per tutte le scienze, improntato alla chiarezza e al rigore dei procedimenti<br />

analitico-matematici. La metodologia, infatti, deve permettere all’uomo di trovare un modello<br />

operativo valido ed efficace volto a costruire, analizzare, migliorare la propria conoscenza, alla<br />

ricerca della verità. Il metodo si articola in alcuni “precetti” che si possono riassumere nei seguenti<br />

punti: considerare come vero solo le idee chiare e distinte, analizzare i problemi riducendoli in parti<br />

o componenti più semplici, procedere alla sintesi dei propri pensieri procedendo dai più semplici ai<br />

più complessi, enumerare e rivedere infine tutti i passaggi. Ogni uomo è dotato della ragione<br />

necessaria per la conoscenza, ma pochi la usano bene. Sorge perciò l'esigenza di un metodo che la<br />

guidi:<br />

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“Il buon senso è la cosa nel mondo meglio ripartita: ciascuno, infatti, pensa di esserne ben provvisto, e<br />

anche coloro che sono i più difficili ad accontentarsi in ogni altra cosa, per questa non ne desiderano di più.<br />

Né è verosimile che tutti s’ingannino; anzi ciò dimostra che la facoltà di ben giudicare e di distinguere il vero<br />

dal falso (che è propriamente ciò che si dice il buon senso o ragione) è eguale per natura in tutti gli uomini, e<br />

che la diversità delle opinioni non deriva dal fatto che gli uni siano più ragionevoli degli altri, ma solamente<br />

dal condurre i nostri pensieri per vie diverse e dal non considerare le stesse cose. Poiché non basta avere un<br />

buon ingegno: ciò che più importa è di applicarlo bene”. (Cartesio, 1967:131-32).<br />

La ragione, sia nell'intuizione delle idee chiare e distinte, sia nelle conseguenze che<br />

deduttivamente ne trae, è il solo fondamento affidabile della conoscenza. Una volta stabilite le<br />

regole, Cartesio sottopone al dubbio tutte le conoscenze su cui si basa il sapere tradizionale: l’uomo,<br />

in quanto attività pensante, deve esercitare la propria riflessione e il proprio ragionamento per<br />

ricercare la chiarezza e la distinzione; l’esercizio di un ragionamento logico di carattere scientifico,<br />

unica fonte nel processo del pensiero, quindi, si rivela di importanza essenziale al fine di produrre<br />

un metodo che porti alle stesse conclusioni chiunque lo segua.<br />

La didattica francese, influenzata dal metodo cartesiano, propone una concezione di<br />

apprendimento che sia finalizzata non solo a conoscere, ma anche e soprattutto a capire. Lo studio,<br />

da questo punto di vista, fornisce gli strumenti essenziali per formare gli alunni verso una<br />

comprensione non passiva della realtà, sviluppando in tal modo il punto di vista personale di chi<br />

non accetta acriticamente qualsiasi affermazione senza interrogarsi sulla sua validità. Sembra,<br />

dunque, che sia mantenuta l’idea cartesiana secondo cui, nell’esercitare il dubbio metodico, si<br />

manifesta la capacità di esaminare in profondità i concetti e le situazioni: chiedersi il perché e<br />

problematizzare le conoscenze acquisite, mai da considerarsi scontate, è in definitiva uno dei primi<br />

passi per esercitare l’intelligenza dei ragazzi, fine ultimo della didattica francese. Si ritiene che la<br />

pratica metodologica, relativa alla problematizzazione delle conoscenze acquisite, sia collegata allo<br />

sviluppo di motivazioni e al conseguimento di abilità autonome.<br />

Accanto a tale esigenza è allo stesso tempo avvertita la necessità di portare al centro della<br />

didattica la conoscenza e la padronanza delle procedure dimostrative e argomentative. Scriveva<br />

Aristotele: “Se è vergognoso non essere capaci di difendersi con le proprie braccia, sarebbe assurdo<br />

se fosse esente da vergogna non saperlo fare per mezzo della parola, il cui uso è più proprio per<br />

l’uomo di quello delle braccia” (Aristotele, Retorica, I, 1355 a-b). Nella pratica di insegnamento<br />

delle scuole francesi la conoscenza e la padronanza della struttura della dimostrazione e del discorso<br />

argomentativo sono poste al centro dell’attenzione sulla base della finalità generale dell’istruzione<br />

che è lo sviluppo della 'capacità critica'. Il ragazzo impara concretamente a strutturare in modo<br />

rigoroso il proprio pensiero nella spiegazione del testo letterario sia all’orale - sottoforma di exposé<br />

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- che allo scritto (commentaire, dissertation, écriture d’invention 15 ) attraverso l’utilizzo di<br />

argomenti – prove a sostegno delle proprie tesi – supportati eventualmente da esempi di vario tipo.<br />

Allo scritto, in particolare, l’alunno impara a presentare gli argomenti a favore di una tesi all’interno<br />

di un ragionamento ordinato – attraverso un piano dialettico o tematico-, sottoforma di un plan<br />

argomentativo – dalle idee meno importanti a quelle essenziali – in cui i diversi nuclei teorici<br />

vengono collegati attraverso dei connettori logici.<br />

15 Attraverso lo studio del genere argomentativo i ragazzi imparano anche a strutturare il proprio pensiero allo scritto, e<br />

ciò si rivela molto utile in vista dell’E.A.F. e del baccalauréat . Il commentaire verte su un estratto dei testi, da<br />

analizzare singolarmente o mettere a confronto: il candidato deve comporre un elaborato strutturato in modo preciso, in<br />

cui giustificare la propria interpretazione e il proprio giudizio personale. La dissertation è un tema relativo a una<br />

problematica letteraria svolta durante l’anno che il ragazzo deve scrivere a partire dagli estratti del corpus di cui<br />

dispone. L’écriture d’invention, infine, permette di verificare la capacità di comprendere e analizzare un testo attraverso<br />

forme personali di scrittura: l’articolo, il monologo, il dialogo e il racconto (fiaba o apologo).<br />

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