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l’opportunità di saper cogliere le differenze di significato, siano pure sfumature, tra parole diverse, al fine di un loro utilizzo consapevole e quindi più efficace. La gradita segnalazione di un lettore ci porta a considerare le parole comune e municipio, le quali vengono spesso utilizzate come sinonimi. Comune _ dal latino comune(m) composto da cŭm e mūnis significa letteralmente “che compartecipa ad un incarico” e per esteso “obbligato a partecipare, a dare, con il diritto di ricevere”; il termine è principalmente un aggettivo, dalla cui sostantivazione deriva lo stesso nome. Poiché storicamente il comune designò il governo autonomo retto da associazioni o gruppi di cittadini affermatosi nel Medioevo europeo e nato in Italia, la parola comune quale sostantivo intende modernamente l’ente locale autarchico la cui funzione riprende idealmente quella del suo antesignano medioevale, ovvero delle omonime istituzioni post-feudali. Municipio _ dal latino municĭpiu(m) derivante da múnus, “ufficio o servigio”, e cípium, da càpio “pren-do, ricevo”. Il termine, che intende quindi l’ottenimento di un pubblico servizio da parte di chi è stato conferito di un certo ufficio, fu coniato nell’antica Roma, dove venivano definite municipia le città straniere conquistate dall’impero, che pur essendo state private della sovranità con il tempo acquisivano i diritti connessi alla cittadinanza romana. Modernamente, il municipio designa la sede del comune, la quale ospita gli uffici e l’amministrazione comunale. Tuttavia, in alcuni casi previsti da particolari statuti comunali, il termine municipio può essere utilizzato per intendere le circoscrizioni di una città, è il caso ad esempio dei municipi di Roma e Genova o delle municipalità di Venezia e Napoli. In definitiva, le parole comune e muarte & dintorni la nostra lingua Mariavittoria Spina Sinonimia: tendenze d’uso e casi esemplari “Quando vediamo parole diverse, istintivamente deduciamo che ci debba essere anche una certa differenza nel significato, e nella grande maggioranza dei casi c’è di fatto una distinzione, anche se può essere talvolta difficile da motivare.” (Stephen Ullman – La semantica) Citare un esperto di semantica pare d’obbligo quando si ha a che fare con un ambito piuttosto complesso come quello della sinonimia, nonostante la definizione apparentemente banale che si potrebbe dare di questo fenomeno linguistico. Tradizionalmente una parola che ha lo stesso significato di un’altra, o meglio che è in grado di esprimerne lo stesso contenuto, viene definita un sinonimo, e tradizionalmente i lessicografi si sono attenuti a questa definizione, tant’è che nei dizionari si ricorre spesso alla spiegazione dei lemmi attraverso definizioni sinonimiche. Tuttavia, la linguistica moderna si è posta il problema di indagare l’effettiva natura dei rapporti semantici di sinonimia, giungendo ad affermare che i sinonimi assoluti sono molto rari, in quanto esistono pochissimi casi in cui due termini risultano completamente intercambiabili in qualsiasi discorso. Tutti gli altri tipi di relazioni sinonimiche, tali per cui due parole condividono almeno un semema, ovvero i due insiemi dei loro significati hanno in comune almeno un senso, (il significato di una parola può essere inteso come un insieme di sensi, la pluralità dei quali rende possibile ad esempio la costruzione di antanaclasi, una figura retorica che ha reso celebri luoghi comuni come i conti non sanno fare i conti), riguardano casi di sinonimia approssimativa, con vocaboli sostituibili e interscambiabili solo in determinati contesti. L’uso corretto dei sinonimi dipende di fatto da una serie di condizioni individuabili scientificamente, in merito gli studi linguistici di Kurt Baldinger hanno condotto a stilare un elenco di ben ventitre principi di differenziazione dei sinonimi, essi concernono motivazioni stilistiche, di registro e di connotazione specifica dei diversi termini. La ricerca di Baldinger non fa che ribadire quanto affermato da Ullman circa 38
arte & dintorni nicipio non possono definirsi sinonimi, fatta eccezione per il caso della regione Sicilia, il cui statuto autonomo prevede un’effettiva coincidenza di significati e quindi una sinonimia propria tra i due termini. Un altro caso piuttosto diffuso di sinonimia impropria, anche se solo a livello di discorso scritto, può generarsi dalla mescolanza dei sostantivi Chiesa e chiesa, da non confondere in quanto il grafema maiuscolo assume il significato primario attribuito alla parola stessa, letteralmente il termine Chiesa deriva dal latino ecclesia e quindi dal greco εκκλησια “comunità convocata”, riferendosi quindi alla comunità religiosa, in genere cristiana, oppure, quando appare in locuzioni prive di de-terminazione quali i padri della Chiesa, intendendo il cristianesimo stesso. Diversamente il grafema minuscolo è usato per designare l’edificio consacrato dove si svolgono le funzioni cristiane oppure, per estensione dal significato primario, può alludere ad una comunità non religiosa retta da rigide regole gerarchiche e cerimoniali, ad esempio la chiesa massonica. La comprensione e l’uso corretto dei reali rapporti di sinonimia, oltre ad aumentare la nostra proprietà linguistica, ci permette di contrastare l’insulso proliferare di inutili contaminazioni esterofile, un fenomeno ormai molto diffuso che verrà indagato a più riprese in questa rubrica. Aspetto i vostri suggerimenti per le prossime parole sulle quali riflettere ed intrattenerci. Mariavittoria Spina Dott. in Lingue e Letterature straniere Scrivete a: Teja.derdunkelritter@gmail.com la nostra lingua Autotrasporti SIMIONI GIANCARLO Tel. 0376 819035 - 348397060 via Ceresara, 11 46040 Guidizzolo - MN 39
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