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arte & dintorni recensioni La libertà di Giovannino Guareschi Nel centenario della nascita di Giovannino Guareschi (1908-2008) - l’autore dei famosissimi Don Camillo e Peppone - dedichiamo a lui qualche intervento per provare a conoscere un po’ meglio un autore, un uomo, un testimone che ha avuto (e continua ad avere) grandi cose da dire a chiunque si interroghi di fronte alla bellezza e la semplicità della vita. In questo numero iniziamo a conoscere l’autore, presentando in particolare la sua esperienza nei lager nazisti, dove riuscì, nonostante tutto, a vivere da uomo “libero”. Nei prossimi appuntamenti scopriremo la sua speranza nell’Europa unita (ricordando il suo ritorno di riconciliazione in Germania, nei luoghi della prigionia) e quindi la sua grande passione politica, troppo spesso fraintesa o strumentalizzata. Francesca Pesci « Non muoio neanche se mi ammazzano» Ironia Incauta spavalderia Ingenuo eroismo Forse, invece, in questa frase paradossale possiamo leggere tutta la forza, la libertà e la speranza di Giovannino Guareschi. Guareschi è famoso nel mondo grazie ai suoi splendidi racconti di Don Camillo e Peppone, figure che danno un’anima alla gente e allo scenario della Bassa emiliana e continuano a far sorridere (e riflettere) la gente di tutti i nostri paesi. Eppure, nonostante l’enorme successo di pubblico avuto in tutto il mondo, la cultura italiana è stata poco propensa a riconoscere a quest’autore i suoi effettivi meriti. Diventa allora ancora più importante ricordare Giovannino proprio nell’anno in cui si festeggia il centenario della sua nascita (avvenuta il 1° maggio 1908 a Fontanelle di Roccabianca, in provincia di Parma). La sua produzione letteraria raramente ha avuto riconoscimenti ufficiali. Scambiata per una prosa ingenua, lontana dai tradizionali canoni di cultura è stata spesso “snobbata”. A chi sostiene questa prospettiva sfugge però il dato forse più importante: la scelta consapevole di Giovannino di non allontanarsi mai dalla realtà, anzi di trovare in essa la linfa con cui alimentare la propria opera. Non è un’opera immatura o infantile quella di Guareschi, è invece il risultato della volontà di essere fedele alla Vita. La semplicità non è sinonimo di incapacità, ma è il desiderio preciso di tornare a stupirsi di fronte alla vita. Così com’è. Ecco allora una produzione che passa dai racconti autobiografici (divertentissimi) della famiglia Guareschi, alle collaborazioni giornalistiche che ci ricordano il suo impegno politico; dai racconti umoristici, alle storie di don Camillo, Peppone e il Crocifisso che parla, di 36 TINTART S.n.C. di Broccaioli Franco & C. Impresa di manutenzioni e ristrutturazioni edili Tinteggiature cicili e industriali Colorificio Cap Arreghini Centro distribuzione prodotti Fassa Bortolo Per qualsiasi informazione o urgenza è attivo il numero 393 9208350 via Guido Rossa, 2 Tel. 0376 1818248 Fax 0376 1818249 46040 Guidizzolo MN E-mail: tintartsnc@fastwebnet.it
arte & dintorni fronte alle quali ciascuno di noi, sorridendo, può riscoprire un po’ se stesso. E in fondo a cosa serve la letteratura se non a parlare direttamente al cuore del lettore, guidarlo nella scoperta della propria umanità, svelandogli parola dopo parola il senso della vita Se è vero questo, nessuna perplessità sul fatto che Giovannino Guareschi sia un letterato a pieno titolo. In un’opera d’arte confluisce sempre, più o meno consapevolmente, la vicenda umana dell’artista, che dunque è sempre bene conoscere per gustare appieno l’opera. A maggior ragione questo vale per il nostro autore, che - pur avendo vissuto solo sessant’anni - rimane sempre “dentro” la vita. In particolare, un’esperienza che non possiamo trascurare per dare senso a tutta la sua opera è l’internamento nel lager subìto durante la seconda guerra mondiale. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, Guareschi viene fatto prigioniero dai tedeschi insieme a molti altri soldati italiani. Le scelte sono due: o collaborare con i tedeschi, aderendo al Terzo Reich, oppure partire immediatamente per i lager. Senza un attimo di esitazione, Giovannino sceglie consapevolmente la via della prigionia. Guareschi fu uno dei circa seicentomila Internati Militari Italiani (I.M.I.), gli uomini della cosiddetta “Resistenza Bianca”: soldati e ufficiali che, per mantenere fede alla propria patria e ai propri princìpi, rinunciarono alla loro libertà individuale in vista di un bene più grande. A Guareschi i tedeschi fecero molte proposte di collaborazione (e conseguente libertà) conoscendo il suo talento di giornalista: tutte risolutamente respinte. Questa fu l’esperienza che forse più di ogni altra fece emergere quella «testardaggine di emiliano della Bassa» che lui stesso si attribuiva, cioè la sua volontà di non accettare alcun compromesso pur di tutelare la propria dignità, pur di mantenere la propria libertà interiore. Ostinato orgoglio fine a se stesso No. Nella rigida obbedienza agli ordini della propria coscienza, e lì soltanto, Guareschi trova pienamente la sua libertà: «Io obbedisco rigidamente alla mia coscienza e la mia coscienza obbedisce esclusivamente alle intoccabili leggi di Dio e della morale e non può conoscere compromessi». Ed è in questa circostanza che Giovannino afferma: «Non muoio neanche se mi ammazzano», pronto ad aggrapparsi alla vita a denti stretti, sostenuto sempre e comunque dalla sua fede semplice e profonda. Nel lager, in un contesto di drammatica sofferenza e umiliazione, eccolo scrivere storielle, favole, racconti umoristici che poi andava a leggere girando tra le baracche dei prigionieri. Un modo per rimanere vivo e aiutare i compagni di prigionia a rimanere vivi. L’esperienza della prigionia non è vissuta come una sconfitta, ma addirittura come una vittoria. Dal lager - ci dice Guareschi - «esco senza nastrini e senza medaglie ma vittorioso perché, nonostante tutto e tutti, io sono riuscito a passare attraverso questo cataclisma senza odiare nessuno. Anzi, sono riuscito a ritrovare un prezioso amico: me stesso». È la vittoria di Giovannino, e con lui di tutta quella umanità che crede nella libertà autentica, quella che non viene meno nemmeno tra i reticolati di un campo di concentramento. 37
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