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RECENSIONI&REPORTS recensione<br />

altri esponenti della cosiddetta “rivoluzione conservatrice”.<br />

Inoltre, sempre in quegli anni, la stessa Francia fu attraversata<br />

da un moto di protesta artistico‐letterario piuttosto intenso, che<br />

portò alla formazione di vere e proprie avanguardie. Anche in<br />

questo caso l’obiettivo annunciato era di matrice pol<strong>it</strong>ica:<br />

distruggere l’arte borghese e quindi cap<strong>it</strong>alistica e lavorare per<br />

un comunismo libertario.<br />

Ebbene, proprio in questo contesto culturale venne formandosi Guy<br />

Debord, la cui opera principale La società dello spettacolo,<br />

apparsa per la prima volta nel 1967, tanta influenza ha avuto<br />

sulla contestazione del ’68 e su intere generazioni di studiosi,<br />

mil<strong>it</strong>anti pol<strong>it</strong>ici e non. Un’opera, quella di Debord,<br />

tematicamente ricca, molto spesso più c<strong>it</strong>ata a caso ed elogiata<br />

come profetica e anticipatrice che effettivamente compresa nella<br />

sua estrema compless<strong>it</strong>à.<br />

La tesi principale, se così la si può definire, è che «lo<br />

spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale<br />

fra individui, mediato da immagini» (p. 54). Secondo il filosofo<br />

francese, in altre parole, la società nella quale egli stesso si<br />

trova a vivere, è caratterizzata da un evento epocale, cioè dal<br />

fatto che il Cap<strong>it</strong>ale è giunto a un tale livello di sviluppo da<br />

essersi trasformato in immagine, anzi, in un’“Immagine” autonoma e<br />

autonomizzata, sintesi di tutte le immagini individuali del mondo.<br />

Il Cap<strong>it</strong>ale entra in una fase nella quale presentandosi come<br />

“Immagine” porta alle estreme conseguenze il processo di<br />

mistificazione della realtà, presentando il falso come vero e<br />

viceversa e costringendo, altresì, l’operaio a produrre merciimmagini<br />

sempre più astratte, private ormai quasi del tutto di un<br />

benché minimo valore d’uso. Al di là della cr<strong>it</strong>ica allo sfrenato e<br />

generale consumismo, al di là delle categorie lukacsianamente<br />

intese (oggettivazione, reificazione, ecc.), con le quali Debord<br />

flirta con grande frequenza, occorre sottolineare anche un forte<br />

deb<strong>it</strong>o nei confronti di una certa lettura di Heidegger, tipica di<br />

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