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Untitled - scienzaefilosofia.it

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S&F_n. 9_2013<br />

teoria e quella di filosofi come Tooley, Singer e Harris, i quali<br />

l’hanno elaborata in relazione a neonati affetti da sindrome di<br />

Down oppure altre malattie e/o malformazioni. Le patologie,<br />

secondo questi filosofi, ridurrebbero la qual<strong>it</strong>à della v<strong>it</strong>a,<br />

pertanto, da un punto di vista morale, essi leg<strong>it</strong>timavano<br />

l’uccisione del neonato per risparmiargli una v<strong>it</strong>a segnata da<br />

difficoltà e sofferenze. Secondo Giubilini invece la qual<strong>it</strong>à della<br />

v<strong>it</strong>a non è strettamente connessa soltanto alle condizioni di<br />

salute ma anche a quelle socio‐economiche. Per questo motivo egli<br />

fonda la teoria dell’aborto postnatale su un concetto diverso da<br />

quello di «v<strong>it</strong>a degna di essere vissuta». La fonda proprio sul<br />

dir<strong>it</strong>to morale alla v<strong>it</strong>a. Un neonato, al pari del feto,<br />

moralmente, non avrebbe il dir<strong>it</strong>to di vivere, perché non ha uno<br />

sviluppo neurologico tale da permettergli di apprezzare la propria<br />

v<strong>it</strong>a e considerare una perd<strong>it</strong>a l’esserne privati. Pertanto,<br />

conclude lo studioso, se accettiamo l’uccisione del feto,<br />

accettiamo anche l’uccisione del neonato, perché la nasc<strong>it</strong>a non è<br />

una condizione valida per attribuire al neonato il dir<strong>it</strong>to morale<br />

alla v<strong>it</strong>a.<br />

È il turno di Francesca Minerva, il cui intervento comincia<br />

rivelando l’incredul<strong>it</strong>à con la quale lei e Giubilini hanno<br />

constatato la portata del feedback del loro articolo. Non si<br />

aspettavano una così forte risonanza mediatica, né che si<br />

accogliesse con tanto clamore una tesi vecchia più di trent’anni.<br />

Eppure, sono argomenti che scuotono le coscienze e che fanno<br />

indignare. Sono parole che hanno susc<strong>it</strong>ato sgomento e anche<br />

reazioni violente. Ma soprattutto, sono parole passate attraverso<br />

il web e questo ne ha amplificato l’effetto, di per sé già molto<br />

potente. Di questo, “ingenuamente”, i due ricercatori non avevano<br />

tenuto conto. Minerva sostiene anche che la violenza delle<br />

reazioni susc<strong>it</strong>ate dal paper è stata in parte causata<br />

dall’incapac<strong>it</strong>à dei giornalisti di traslare da un linguaggio<br />

tecnico‐scientifico a uno più comune il significato della tesi<br />

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