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Racconto Africano vol.6 - Energheia

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senza pietà il muco affinché defluisse dalle narici. “Spero che tu sia abbastanza<br />

forte da accettare il verdetto finale, lui ha perso la voglia di vivere<br />

e tutto ciò che rimane è il vuoto”, disse Jirani con un tono malinconico<br />

mentre prendeva il cartone di latte. “Possa un domani migliore<br />

essere la nostra speranza contro i danni di oggi”, avrebbe detto Jirani<br />

portando a casa un ulteriore cartone di latte preso a credito.<br />

Disteso sul suo letto di morte, Chwora sapeva che sua moglie stava per<br />

partorire. La faccia malata e giallastra per la morte imminente. Le ossa<br />

delle guance sporgenti e gli occhi incavati nelle orbite. Cercò di emettere<br />

dei suoni “mmm…”.<br />

“Chwora, riposati per favore”, disse accorata. Non sapeva che le stava<br />

dicendo addio. Quando Jirani arrivò all’ospedale il giorno seguente, c’era<br />

una opprimente nuvola di malinconia nell’aria. Suo marito era morto<br />

alle tre del mattino. Credeva che nello stesso momento lo spirito della<br />

morte l’avesse visitata in sogno consentendole di vedere suo marito<br />

ascendere al trono dei morti.<br />

L’aria fredda schiaffeggiava la sua sciarpa ripetutamente, aveva a malapena<br />

vent’anni. A ventitre anni aveva già imparato molto dalla scuola<br />

della vita. Jirani era giunta nello slum per stare con gli amici dopo la<br />

morte di sua zia. Al contrario di Skwota, Jirani era arrivata in città da<br />

bambina. Rinforzata dalle stranezze della vita era flessibile e forte. “La<br />

povertà, l’AIDS e il governo sono tutti nemici”, sputò. “Se solo la mia<br />

famiglia non fosse povera, l’AIDS non avrebbe rubato mio marito”, spiegò.<br />

Jirani sapeva che la morte l’aveva derubata e lei non ne aveva più<br />

paura. “Toto, starai bene, ti porterò dal dottore e tutto andrà bene”, disse<br />

stringendo il bambino più forte.<br />

Mentre si avvicinava l’alba, si poteva sentire il turaco strillare e il gufo<br />

stridere affacciandosi nel nuovo giorno. La notte era particolarmente<br />

lunga e si aspettava con impazienza un nuovo giorno. Skwota era stata<br />

seduta sul sacco contenente ciò che possedeva per un’ora e si sentiva<br />

già stanca in quanto il sacco conteneva oggetti sporgenti messi alla<br />

rinfusa. Alle tre del mattino voleva liberarsi come d’abitudine. Camminò<br />

giù nella valle verso il fosso e si liberò. La strada che conduceva al fosso<br />

era ingombra di rifiuti umani ed era ancora peggio per il buio. Ogni<br />

due passi metteva i piedi su letame suppurante.<br />

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