Racconto Africano vol.6 - Energheia
Racconto Africano vol.6 - Energheia Racconto Africano vol.6 - Energheia
Dominic Chege Per la cruna di un ago Traduzione di Sara Giaccotto Il fruscìo leggero del vento e l’oscillare delle cime degli alberi avvolgevano la foresta pluviale in un’atmosfera di pace e armonia. La brina era evaporata e con lei i raggi del sole del mattino, che risplendono sulla terra marrone e la penetrano in profondità, si erano dispersi. Particelle di vapore, simili a linee sinuose e impenetrabili, erano sprigionate dal caldo umido e così intenso da far sudare chiunque. All’improvviso un enorme bucero batté le ali scomparendo nel verde lenzuolo della natura, tipica di ogni foresta pluviale. Poco prima un babbuino era comparso dal nulla scuotendo i grandi rami. Era il mese di ottobre; a causa dell’acqua abbondante caduta durante il mese passato, alcuni rami si erano spezzati producendo un rumore sonoro. Il babbuino era poi scomparso senza nemmeno guardarsi intorno. Il vento leggero muoveva le acque dello stagno. All'improvviso l’acqua iniziò a incresparsi, partendo dagli angoli dello stagno. Nient’altro, a parte il vento, muoveva la natura intorno. Al massimo si sarebbe potuto udire il fischio acuto dei fucili AK-47 dei cacciatori che rincorrono un animale selvaggio o sparano contro i leopardi bramosi di carne umana. E anche se si fossero mai imbattuti in un leopardo, ciò non sarebbe stato un problema. Tutt’altro; avrebbero potuto perfezionare il tiro. Quella della caccia era un’arte che praticavano fin da quando erano piccoli. Probabilmente, un talento ereditato dai nonni. Durante le vacanze, quan- 23
do le scuole erano chiuse, passavano il loro tempo cacciando. Era il loro hobby ed erano bravi in questo. Sapevano come sparare. Avevano un tiro perfetto e sapevano come posizionare le trappole e scuoiare gli animali. Tempo addietro avevano imparato ad usare archi e frecce, senza che nessuno gli avesse detto come usarli. Il vecchio del villaggio era solito ripetere: “Una freccia è una minaccia di cui abbiamo disperatamente bisogno!”. Talvolta il “Vecchio Padre” usava la pelle degli animali come decorazioni, per costruire strumenti musicali tradizionali, letti e anche vestiti tipici che indossava lui stesso o faceva indossare ad altri. “È una bella giornata, non è vero”, aveva detto Kaisi, il più alto, forte e anziano del gruppo. “Di sicuro la mattinata giusta per far risvegliare tutte le mosche tse-tse della foresta”, aveva risposto Jimo, “il Bambino”, come da sempre lo chiamavano. Il fatto che fosse il più piccolo del gruppo gli creava a volte dei complessi di inferiorità. Nessuno gli permetteva di portare un fucile; per questo era costretto a nascondersi dietro Kaisi ogni qualvolta sparava ad un animale. Jimo era addetto al controllo trappole. “La vita scorre felicemente tutto intorno a noi, Kaisi. Perfino Jimo vuole arrampicarsi sull’albero più alto e vedere dall’alto l’intera foresta”. Era una delle solite osservazioni ironiche di Moine. Tutti erano scoppiati in una risata fragorosa, provocando un’eco che si era subito smorzato lontano. Ancora una volta il silenzio era piombato tra loro, un silenzio tombale. Erano pronti a rispondere a qualunque attacco, specialmente in quella zona della foresta abitata da pericolosi carnivori. I fucili erano pronti a sparare e gli archi e le frecce pronte a vibrare dalle loro braccia muscolose. Attraversarono rapidamente il fiumiciattolo; l'acqua entrò negli stivali. Un desiderio impellente iniziò a impadronirsi delle loro menti mentre risalivano la scarpata, come una leonessa che scatta dietro un'antilope. Si stavano dirigendo verso le due trappole. I pesanti colpi degli stivali riecheggiavano nel silenzio penetrante, mentre enormi gocce d’acqua cadevano 24
- Page 1 and 2: 6 ENERGHEIA AFRICA TELLER ENERGHEIA
- Page 4 and 5: ENERGHEIA AFRICA TELLER 6 ENERGHEIA
- Page 6 and 7: Si ringrazia: la Giuria del premio
- Page 8 and 9: Amani Amani vuol dire, in kiswahili
- Page 10 and 11: Le mani di mille Nobel Africani L
- Page 12 and 13: Raccontare significa raccogliere pe
- Page 14: vane e affronta anche una questione
- Page 18 and 19: Gilbert Harrison Muyumbu Saulo Paul
- Page 20 and 21: Corse come una preda inseguita, anc
- Page 22 and 23: za, bellezza e benessere ai miei qu
- Page 26 and 27: di tanto in tanto sulle loro giacch
- Page 28 and 29: lo mise in spalla. Jimo e Kaiki lo
- Page 30 and 31: Da tempo immemore, la leggenda di W
- Page 32 and 33: pistole nella fondina della cinta,
- Page 34 and 35: trificasse, diventasse come un pezz
- Page 36 and 37: Con violenza, qualcosa colpì il ra
- Page 38 and 39: Thadeus Obadha Odenyo Skwota Traduz
- Page 40 and 41: incontrato la morte. Il giorno era
- Page 42 and 43: modo che il campo assomigliasse a u
- Page 44: “Possa il nuovo giorno arrivare p
- Page 47 and 48: che selvatiche, avrebbe potuto scop
- Page 49 and 50: in cambio di mucche, denaro, liquor
- Page 51 and 52: Fui tormentato dalla crudele immagi
- Page 53 and 54: Alla fine un martellante dilemma av
- Page 55 and 56: Giù, in fondo all’acqua vidi la
- Page 58 and 59: Cartoline G. Mbuthia Il linguaggio
- Page 60 and 61: Istintivamente lo fermai e gli chie
- Page 62 and 63: deva nota la sua rabbia. Appena se
- Page 64 and 65: Gorge G. Karanja Le avventure di un
- Page 66 and 67: Si udirono altre grida quando le bo
- Page 68 and 69: Era stanco e aveva sonno, le dita e
- Page 70 and 71: l’albero gigantesco come riparo d
- Page 72 and 73: “Sei tu, Marial”, chiese Riek c
do le scuole erano chiuse, passavano il loro tempo cacciando. Era il loro<br />
hobby ed erano bravi in questo. Sapevano come sparare. Avevano un tiro<br />
perfetto e sapevano come posizionare le trappole e scuoiare gli animali.<br />
Tempo addietro avevano imparato ad usare archi e frecce, senza che nessuno<br />
gli avesse detto come usarli. Il vecchio del villaggio era solito ripetere:<br />
“Una freccia è una minaccia di cui abbiamo disperatamente bisogno!”.<br />
Talvolta il “Vecchio Padre” usava la pelle degli animali come decorazioni,<br />
per costruire strumenti musicali tradizionali, letti e anche vestiti<br />
tipici che indossava lui stesso o faceva indossare ad altri.<br />
“È una bella giornata, non è vero”, aveva detto Kaisi, il più alto, forte<br />
e anziano del gruppo.<br />
“Di sicuro la mattinata giusta per far risvegliare tutte le mosche tse-tse<br />
della foresta”, aveva risposto Jimo, “il Bambino”, come da sempre lo<br />
chiamavano. Il fatto che fosse il più piccolo del gruppo gli creava a volte<br />
dei complessi di inferiorità. Nessuno gli permetteva di portare un fucile;<br />
per questo era costretto a nascondersi dietro Kaisi ogni qualvolta<br />
sparava ad un animale. Jimo era addetto al controllo trappole.<br />
“La vita scorre felicemente tutto intorno a noi, Kaisi. Perfino Jimo vuole<br />
arrampicarsi sull’albero più alto e vedere dall’alto l’intera foresta”.<br />
Era una delle solite osservazioni ironiche di Moine.<br />
Tutti erano scoppiati in una risata fragorosa, provocando un’eco che si<br />
era subito smorzato lontano. Ancora una volta il silenzio era piombato<br />
tra loro, un silenzio tombale. Erano pronti a rispondere a qualunque attacco,<br />
specialmente in quella zona della foresta abitata da pericolosi carnivori.<br />
I fucili erano pronti a sparare e gli archi e le frecce pronte a vibrare<br />
dalle loro braccia muscolose. Attraversarono rapidamente il fiumiciattolo;<br />
l'acqua entrò negli stivali. Un desiderio impellente iniziò a<br />
impadronirsi delle loro menti mentre risalivano la scarpata, come una<br />
leonessa che scatta dietro un'antilope.<br />
Si stavano dirigendo verso le due trappole. I pesanti colpi degli stivali riecheggiavano<br />
nel silenzio penetrante, mentre enormi gocce d’acqua cadevano<br />
24