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Marzia Marino<br />
CARMELO<br />
FLORIS
I MAESTRI DELL’ARTE SARDA
Marzia Marino<br />
CARMELO<br />
FLORIS<br />
in copertina:<br />
MARIANNA, 1936, particolare.<br />
a fronte:<br />
“SU GHIONE” DI SAN COSTANTINO,<br />
anni Cinquanta, particolare.
INDICE<br />
Grafica, impaginazione e fotolito:<br />
Ilisso Edizioni<br />
Referenze fotografiche:<br />
Le riproduzioni fotografiche per questo volume, tutte<br />
appartenenti all’ARCHIVIO ILISSO, sono state realizzate<br />
da Donatello Tore, ad esclusione delle foto: nn. 8,<br />
13, 16-17, 24, 27-30, 36-37, 40-43, 53, 64, 66, 77,<br />
100-101, 157 (Pietro Paolo Pinna); nn. 11, 107, 158<br />
(Nicola Monari); nn. 62, 111 (Industrialfoto); n. 161<br />
(Luigi Moroni).<br />
7 UNA VISIONE INTIMA DELLA SARDEGNA<br />
16 SULLA SCIA DI BIASI: LA FORMAZIONE E L’ESORDIO<br />
22 GLI ANNI DELLA GUERRA E L’ESPLORAZIONE DELLA SARDEGNA<br />
30 I RITRATTI<br />
Periodico quindicinale n. 5<br />
del 8-09-2004<br />
Direttore responsabile: Giovanna Fois<br />
Reg. Trib. di Nuoro n. 2 del 27-05-2004<br />
58 I PAESAGGI<br />
Tutti i diritti di copyright sono riservati.<br />
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta,<br />
trasmessa o utilizzata in alcuna forma o con qualsiasi mezzo,<br />
senza l’autorizzazione scritta dell’editore.<br />
Ogni violazione sarà perseguita a termini di legge.<br />
100 LA GRAFICA E LA REINVENZIONE DELL’ACQUAFORTE<br />
116 L’ULTIMA PRODUZIONE<br />
© Copyright 2004<br />
Ilisso Edizioni - Nuoro<br />
www.ilisso.it - e-mail ilisso@ilisso.it<br />
ISBN 88-89188-04-9<br />
121 CRONOLOGIA<br />
126 DOVE VEDERE FLORIS
UNA VISIONE INTIMA DELLA SARDEGNA<br />
1<br />
Nel panorama dell’arte sarda del Novecento, <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> ricopre un<br />
ruolo per certi versi scomodo e spesso frainteso, per cui, inevitabilmente<br />
la sua pittura è stata per anni schedata in termini del tutto impropri. Inserito<br />
in quella corrente che ebbe in Giuseppe Biasi l’uomo di punta se non il<br />
capofila indiscusso, la semplicità di linguaggio e la spontaneità dei soggetti di<br />
<strong>Floris</strong> ne fissano una variabile più ingenua e paesana, meno intellettualistica<br />
ma realistica, caratterizzata da una potente espressività arcaica. Aggiornato<br />
sugli sviluppi della cultura artistica occidentale, <strong>Floris</strong> si dimostra un grande<br />
maestro, carico di suggestioni che hanno generato un particolare registro stilistico.<br />
Base fondata su un vigile ed intenso rapporto con quanto in <strong>Sardegna</strong><br />
andava costituendosi attraverso Antonio Ballero, Felice Melis Marini, Giuseppe<br />
Biasi, Filippo Figari, Mario Delitala, Melkiorre Melis, Stanis Dessy, artisti<br />
che, con lui, hanno inventato e dato vita alla pittura sarda moderna.<br />
È all’interno del processo di definizione di una cultura personale che bisogna<br />
ricercare il contributo originale di <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong>, artista che ha saputo<br />
proporre in termini schiettamente pittorici quei motivi del folklore che altri<br />
rievocano senza farli propri, generando una visione intima della <strong>Sardegna</strong>,<br />
l’incarnazione di valori umani meno appariscenti ma diffusi, fedele rappresentazione<br />
dell’autenticità di un popolo.<br />
Alla radice della sua arte vi è il bisogno di contemplare la natura e le cose,<br />
l’amore per i suoi conterranei che traduce in esiti di sommessa poesia. Con<br />
naturale sincerità, <strong>Floris</strong> trae ispirazione dalla gente comune e da quegli aspetti<br />
ricercati nei centri interni dell’Isola, dal microcosmo dove anch’egli ha vissuto<br />
la sua vita appartata e solitaria, andando a respirare l’aria della grande città solo<br />
per brevi periodi. Una condizione, quella dell’isolano, che non ha costituito<br />
un limite ma piuttosto una posizione privilegiata per osservare la <strong>Sardegna</strong> e<br />
restituircela attraverso il linguaggio sublimato dell’arte. Il piccolo triangolo<br />
racchiuso tra Olzai, Ollolai e Gavoi, area nella quale usi e tradizioni si conservavano<br />
inalterati nonostante l’inesorabile marcia della modernità, hanno costituito<br />
per l’artista una continua ed inesauribile fonte di ispirazione, un mondo<br />
vergine, un paradiso solitario che non ha avuto bisogno di andare a ricercare<br />
altrove, perché è quello in cui ha vissuto sin da ragazzo e per tutta la vita.<br />
1. <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong><br />
al torchio nel suo<br />
studio di Olzai,<br />
anni Cinquanta.<br />
I fieri pastori, le donne in costume, i venditori ambulanti,<br />
le montagne e la vegetazione non sono il frutto di una<br />
retorica primitivistica ma il risultato di una diretta osservazione<br />
della realtà. L’artista non è però animato dallo<br />
7
2<br />
4<br />
3<br />
2. LA SOSTA, 1932<br />
olio su tela, cm 70 x 96.<br />
3. LA FAMIGLIA ATTORNO AL FUOCO (1933)<br />
olio su tela, cm 43,1 x 41,3.<br />
In questi dipinti l’artista sembra meditare sugli effetti<br />
luministici osservati a Roma nelle opere di Gherardo<br />
delle Notti: atmosfere notturne intime e magiche,<br />
familiari a <strong>Floris</strong> immerso nella quotidianità dei<br />
paesi della <strong>Sardegna</strong>, quasi tutti ancora sprovvisti<br />
della rete elettrica, in cui la realtà viene osservata<br />
attraverso il riverbero di un corpo illuminante come<br />
quello di una candela o di un fuoco. Atmosfere vicine<br />
al Ballero di Sa ria e a numerose illustrazioni<br />
realizzate da Giuseppe Biasi per Grazia Deledda.<br />
4. BALLO TONDO (1933)<br />
olio su tela, cm 71,8 x 78,3.<br />
Il dipinto è quanto resta di una delle lunette<br />
realizzate da <strong>Floris</strong> per Casa Siviero di Oristano.<br />
8 9
spirito dell’etnografo, non è un ricercatore di stranezze<br />
né di aspetti primordiali e insoliti. Per <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> il<br />
folklore è vita vissuta. Con questi uomini, con queste<br />
donne parla e si intrattiene ad ogni ora; questi paesi,<br />
questi animali, queste montagne sono quelli del quieto<br />
scorrere quotidiano, attraverso essi l’artista ci racconta la<br />
<strong>Sardegna</strong> che sente vera, lontana dagli schemi standardizzati,<br />
guardata con gli occhi del figlio affettuoso che suggerisce<br />
ritmi e cadenze con quel lirico temperamento che<br />
gli ha permesso di narrare la favola della sua gente, l’epopea<br />
di un mondo al tramonto. Egli è moderno, eleggendo<br />
il suo studio, luogo remoto in un paese remoto, quale<br />
osservatorio di un mondo che per essere “grande” non<br />
deve necessariamente trasferirsi nella metropoli.<br />
5. RITORNO<br />
DALLA CAMPAGNA,<br />
anni Trenta, olio su<br />
tavola, cm 27 x 28.<br />
6. SOSTA DI PASTORI,<br />
anni Quaranta<br />
olio su cartone pressato,<br />
cm 18 x 25.<br />
7. VIANDANTI<br />
A SU NODU<br />
MANNU, anni<br />
Cinquanta, olio su<br />
tavola, cm 25,5 x 36.<br />
8. INCONTRO DI<br />
CAVALIERI, fine anni<br />
Trenta-primi anni<br />
Quaranta, olio su tela,<br />
cm 70 x 96.<br />
6<br />
5<br />
7<br />
10 11
9<br />
11<br />
10<br />
9 “SU GHIONE” DI SAN COSTANTINO,<br />
anni Cinquanta, olio su cartone, cm 34,7 x 48,8.<br />
10. GIOCATORI DI CARTE, anni Cinquanta<br />
olio su tela, cm 24 x 34,9.<br />
Il tema ispiratore del dipinto rivela l’evidente<br />
interesse di <strong>Floris</strong> per la pittura di un maestro<br />
del post-impressionismo come Paul Cézanne.<br />
11. SETTIMANA SANTA, 1952 circa<br />
olio su tela, cm 56,5 x 62,5, coll. Regione <strong>Sardegna</strong>.<br />
Il soggetto sacro viene affrontato dagli artisti sardi,<br />
Biasi ne è il capofila, in maniera indiretta, ovvero<br />
narrando il dramma della Passione mediante la<br />
rappresentazione dei riti pasquali o processionali,<br />
momenti salienti e aggregativi vissuti dalla<br />
devozione popolare.<br />
14 15
SULLA SCIA DI BIASI: LA FORMAZIONE E L’ESORDIO<br />
Tra i pittori che operano in <strong>Sardegna</strong> nella prima metà del secolo, <strong>Carmelo</strong><br />
<strong>Floris</strong> è senza dubbio il più vicino a Giuseppe Biasi, di cui non<br />
solo con orgoglio si dichiara discepolo ma sembra, a volte, farsi continuatore<br />
completandone l’opera e dimostrando, anche più dello stesso maestro,<br />
l’attaccamento alle radici della sua gens.<br />
Nato a Bono nel 1891, trascorre parte della sua infanzia ad Ollolai, presso<br />
la casa dello zio parroco. È proprio qui che il pittore Giuseppe Biasi scopre<br />
le sue doti artistiche: «Questo ragazzo è nato pittore» e ancora «Dipingi<br />
Carmele’ non fare altro».<br />
Da questo momento Biasi diviene un riferimento costante per <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong>;<br />
sotto la sua guida compie i primi passi nel campo dell’arte e, grazie al suo<br />
consiglio, nel 1909, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Roma. Il clima<br />
artistico della Capitale, a cavallo tra il primo e il secondo decennio del Novecento,<br />
è molto frizzante: una città viva che cerca di aggiornarsi sugli orientamenti<br />
artistici del resto d’Europa, aperta ai continui apporti dei diversi linguaggi<br />
e delle culture straniere. Lo stesso Biasi, in questi anni, moltiplica<br />
ripetutamente i suoi soggiorni romani: qui c’è Grazia Deledda, c’è il pittore<br />
Camillo Innocenti che, in seguito ad un suo viaggio in <strong>Sardegna</strong> nel 1908,<br />
ha stretto ottimi rapporti con gli artisti isolani. Proprio Innocenti, insieme ad<br />
Arturo Noci e Giacomo Balla, è uno dei principali animatori della Secessione<br />
romana: una trentina di giovani artisti che, sulla scia delle altre esperienze<br />
europee, specie quella viennese (la cui scioccante presenza nell’Esposizione<br />
romana del 1911 era stata una salutare doccia fredda), all’inizio del 1912<br />
creano una vera e propria frattura all’interno della Società degli Amatori e<br />
Cultori di Belle Arti. I secessionisti si dimostrano insofferenti nei confronti<br />
delle tendenze conservatrici del vecchio sodalizio, ai cui vertici si detiene il<br />
pieno controllo dell’attività artistica romana, responsabile, il più delle volte,<br />
dell’esclusione dei giovani dalle mostre e dell’impossibilità di una totale apertura<br />
alle esperienze internazionali ormai incalzanti.<br />
Quando nel marzo del 1913 si apre la prima mostra della Secessione, <strong>Carmelo</strong><br />
<strong>Floris</strong> è a Roma. L’esposizione non è una rassegna di tendenza, rispecchia<br />
piuttosto la situazione italiana del momento, l’emergere dallo stanco<br />
accademismo ottocentesco di moderate novità di orientamento simbolista,<br />
espressionista-sintetista e primitivista. Già in questa edizione sono numerose<br />
le presenze internazionali che solo l’anno successivo, nel 1914, si arricchiscono<br />
delle opere di Paul Cézanne, Gustav Klimt ed Egon Schiele.<br />
12<br />
12. PASTORE DI OLLOLAI, ante 1914<br />
olio su cartone, cm 41 x 35.<br />
La datazione, spesso incerta nei lavori di <strong>Floris</strong>,<br />
è per quest’opera motivata dal fatto che il dipinto<br />
appartenne all’avvocato e poeta nuorese Sebastiano<br />
Satta, scomparso nel 1914.<br />
16 17
13<br />
13. I FUNERALI DI ZIU BORE, 1915<br />
tempera su cartoncino, cm 49 x 70.<br />
14. FANCIULLE IN PREGHIERA,<br />
seconda metà anni Dieci, tempera su<br />
carta, cm 23,6 x 17,8.<br />
15. DON DAGA, 1915<br />
olio su tela, cm 80 x 43,8.<br />
L’opera appartenne allo scultore<br />
Francesco Ciusa.<br />
I Funerali di ziu Bore, Don Daga<br />
e L’ultimo ballo (oggi disperso) furono<br />
realizzati da <strong>Floris</strong> per essere esposti<br />
nella mostra della Secessione romana<br />
del 1915. Sono dipinti nei quali si<br />
individua il momento di massima<br />
tangenza con l’opera di Biasi.<br />
14 15<br />
18 19
le trame e i fili dell’ordito che, con una perfetta ripetizione ritmica di motivi<br />
geometrici e vegetali, fortemente stilizzati e divisi in bande orizzontali, creano<br />
uno splendido e prezioso esempio di artigianato. Il linearismo decorativo di origine<br />
klimtiana, la sintesi delle forme e la totale bidimensionalità dell’immagine<br />
data dalla pennellata che definisce campiture piatte, corrispondono con quanto<br />
nello stesso periodo sperimenta Melkiorre Melis, che a Roma divide con lui<br />
una mansarda. L’espressione contratta del volto, le grandi mani nodose, che<br />
paiono parlare più dello sguardo, preannunciano invece i futuri esiti della sua<br />
17. VENDITRICI DI<br />
CILIEGIE (1920)<br />
tempera su carta,<br />
cm 18,3 x 17,5.<br />
ritrattistica che, con una naturale propensione all’espressionismo,<br />
tenderà all’analisi concreta della realtà, assecondato<br />
dai particolari caratteri somatici dei sardi selezionati<br />
dall’artista come soggetti (esplicativi quelli di Ollolai).<br />
16<br />
Gli anni tra il 1910 e la fine della Grande Guerra sono<br />
per <strong>Floris</strong> fondamentali: assecondato da una generica<br />
cultura classica e dalla preparazione artistica conseguita a<br />
Roma, tra la Scuola Libera del Nudo e l’Accademia di<br />
Francia, fa sue le suggestioni delle prime Secessioni.<br />
L’audacia della sintesi figurativa e dell’impianto cromatico<br />
di quegli esempi, filtrati attraverso l’influsso di Biasi,<br />
costituiscono in questi anni il particolare esito stilistico<br />
della sua opera.<br />
L’allestimento di una sala sarda per la Secessione del 1915<br />
fallisce in seguito all’ingresso in guerra dell’Italia. Sono<br />
tre le opere destinate da <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> all’esposizione:<br />
I funerali di ziu Bore, Don Daga e L’ultimo ballo, questa<br />
purtroppo dispersa, dipinti che testimoniano il momento<br />
di maggior tangenza con Biasi. I tipi umani che sfilano<br />
nel mesto corteo de I funerali di ziu Bore (fig. 13)<br />
16. BALLERINE<br />
DI BARONIA, 1920<br />
tempera a mezzatinta su<br />
carta, cm 22,9 x 33,2.<br />
Quest’opera fu realizzata<br />
da <strong>Floris</strong> per la Rivista<br />
Sarda, pubblicata a<br />
Roma e diretta sul piano<br />
artistico da Melkiorre<br />
Melis, compagno di<br />
studi dell’artista, a lui<br />
legato da profonda<br />
amicizia. In questo<br />
lavoro è curioso il ricorso<br />
al bianco-nero già<br />
nell’originale, quasi che<br />
<strong>Floris</strong>, nella sua<br />
illustrazione, volesse<br />
controllare il risultato<br />
finale della stampa.<br />
sembrano desunti dalle illustrazioni e dai dipinti del maestro, a ricordarcelo<br />
anche le notazioni violacee inserite, quasi piccole tessere di un mosaico, ad accendere<br />
questa «gelida visione di neve». Una più libera interpretazione degli<br />
apporti secessionisti mostra il ritratto di Don Daga (fig. 15): alta, severa, frontale,<br />
ieratica come un’icona bizantina, la figura pare incastonata, bloccata, fra<br />
17<br />
20<br />
21
GLI ANNI DELLA GUERRA<br />
EL’ESPLORAZIONE DELLA SARDEGNA<br />
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> parte volontario,<br />
prestando servizio nella Brigata “Sassari”, spinto da quel credo<br />
interventista che anima il cuore di molti altri giovani artisti; trascorre quattro<br />
anni nelle trincee dell’altopiano di Asiago, della Bainsizza e del Piave,<br />
meritandosi la medaglia d’argento al valor militare in seguito al coraggio dimostrato<br />
durante quelle terribili giornate, passate alla storia come la Battaglia<br />
dei Tre Monti. Tra le rare testimonianze riportate dal fronte un piccolo dipinto<br />
datato 1916, Monte Zebio (fig. 18), offre un’efficace chiave di lettura<br />
per questo difficile momento di passaggio: una scena in trincea ripresa dal<br />
vero in cui però lo studio calibrato e attento della composizione nega l’iniziale<br />
idea di impressione. <strong>Floris</strong>, ormai addentro all’esperienza artistica italiana<br />
ed europea, si muove sempre più decisamente alla ricerca della realtà.<br />
18. MONTE<br />
ZEBIO, 1916<br />
olio su tela,<br />
cm 23 x 27.<br />
Della Guerra del<br />
1915-18, logorante<br />
e fatta di attese,<br />
come mostra il<br />
piccolo dipinto<br />
raffigurante i<br />
soldati in trincea,<br />
<strong>Floris</strong> fu<br />
protagonista e<br />
spettatore diretto.<br />
19. PROCESSIO-<br />
NE A TORPÈ,<br />
1920, olio su<br />
cartone,<br />
cm 20,7 x 20,5.<br />
19<br />
18<br />
L’intervento in guerra segna una cesura molto importante nella storia della<br />
<strong>Sardegna</strong>. La guerra si rivela la prima vera occasione per l’integrazione dei<br />
sardi nel contesto nazionale. Gli uomini della Brigata “Sassari”, si distinguono<br />
per l’incredibile valore militare, con i singoli episodi eroici, e per la<br />
compattezza che lega fra loro soldati (prevalentemente contadini e pastori)<br />
e ufficiali (intellettuali e borghesi). I sardi maturano in trincea una forte<br />
solidarietà e la consapevolezza di meritare, a pieno titolo, un posto nella<br />
politica dello Stato. Pastori e contadini, rimasti fino a questo momento ai<br />
margini dello scontro sociale, ora irrompono nella scena politica: molti,<br />
una volta congedati, proprio come accade a <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong>, aderiscono<br />
prima all’Unione dei Combattenti e poi al Partito Sardo d’Azione, spinti<br />
dal desiderio di raggiungere il decentramento politico del governo isolano,<br />
la partecipazione alla sua gestione e la conseguente valorizzazione della<br />
cultura sarda.<br />
Una rivoluzione sociale che determina inevitabilmente un profondo mutamento<br />
del gusto estetico. In <strong>Sardegna</strong> le arti figurative sono particolarmente<br />
legate all’esperienza secessionista, l’attenzione di molti artisti si concentra sulle<br />
arti applicate. Un fenomeno che, favorito da personaggi quali Giuseppe Biasi<br />
22<br />
23
20<br />
21<br />
20. VECCHIA DI OLLOLAI, 1920<br />
olio su tela, cm 27,8 x 18,9.<br />
21. MENDICANTE, 1920<br />
olio su tela, cm 28,1 x 24,5.<br />
22. GRISTOLU, 1923<br />
olio su tela, cm 19,6 x 24,9.<br />
24<br />
e soprattutto Francesco Ciusa, fondatore<br />
della manifattura SPICA prima<br />
e della Scuola d’Arte Applicata<br />
poi, inevitabilmente polarizza tutti<br />
gli artisti. Il fine ultimo è quello di<br />
rinnovare la produzione decorativa<br />
attraverso il riferimento puntuale alle<br />
tradizioni etnografiche locali. Un fenomeno<br />
che si ricollega a quanto<br />
nell’ambiente romano riesce a concretizzare<br />
Duilio Cambellotti. La rivalutazione<br />
delle arti applicate e della<br />
cultura popolare compiuta da Cambellotti<br />
influenza non poco gli artisti<br />
isolani che gravitano intorno a<br />
lui a Roma, primo fra tutti Melkiorre<br />
Melis, suo allievo e collaboratore.<br />
Pittori e scultori finiscono per instaurare<br />
un intenso ed immediato rapporto<br />
stilistico ed iconografico con la<br />
tradizione contadina, un mondo<br />
espresso con simboli astratti che raccontano<br />
millenari affetti, intimità<br />
domestiche e sociali, la cui potenzialità<br />
ispiratrice pare inesauribile.<br />
Anche <strong>Floris</strong> attraversa questa fase:<br />
nascono dipinti caratterizzati da colori<br />
squillanti e da forme taglienti e<br />
spigolose, derivate direttamente dall’asciutta<br />
stilizzazione dei manufatti<br />
popolari e dai forti contraddittori<br />
cromatici dei costumi. Forme e motivi<br />
che si possono individuare nel<br />
dipinto In processione (fig. 24), datato<br />
1924, in cui l’attenzione dell’artista<br />
sembra insistere sulla geometria<br />
delle linee, specie quelle che descrivono<br />
la cuffietta della bimba. Il punto<br />
di vista fortemente ravvicinato – il<br />
taglio ai margini dell’inquadratura<br />
rivela il fatto di trovarsi di fronte al particolare di un’opera di maggiori dimensioni<br />
– è uno strumento utilissimo all’artista che con la sua vena intimista<br />
indaga i volti, gli atteggiamenti e ci restituisce un’immagine delle tre<br />
età della vita in cui lo sforzo è la resa di una specificità sarda, fissata mediante<br />
il recupero di un geometrismo di natura artigiana e popolare, quello<br />
dei tessuti e delle cassapanche in primis. Per confermare l’ipotesi che si trattasse<br />
del frammento di una tela più grande è bastato smontare la cornice<br />
del dipinto: l’immagine ritagliata, infatti, combacia perfettamente con il<br />
profilo di donna, firmato e datato 1924, già considerato brano di una scena<br />
processionale.<br />
L’interesse per la cultura popolare, per gli usi e i costumi della <strong>Sardegna</strong><br />
contribuisce a rendere sempre più forte e solido l’attaccamento dell’artista<br />
alla sua terra. Proprio in questi anni <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> esplora l’Isola in lungo<br />
e in largo, dai paesi interni fino alle zone costiere, in compagnia dei suoi cari<br />
amici e colleghi Mario Delitala e Melkiorre Melis. È questa l’occasione in<br />
cui a Desulo viene accolto da Montanaru: più volte ospite nella casa del poeta,<br />
inizia a conoscere e ad apprezzare i suoi versi. Tornato ad Olzai dipinge<br />
incessantemente e, sicuro entro i confini del suo paese, crea i primi memorabili<br />
capolavori.<br />
25<br />
22
23. IN PROCESSIONE, 1924<br />
tempera su tela, cm 37,4 x 17.<br />
24. IN PROCESSIONE, 1924<br />
tempera su tela, cm 21,8 x 24, Sassari,<br />
Soprintendenza ai BAAAS, coll. Tomé.<br />
L’inedito dipinto testimonia del perdurare in questi<br />
anni dello spirito di geometrizzazione di carattere<br />
déco che anima il <strong>Floris</strong> della metà degli anni Dieci.<br />
Era abitudine degli artisti tagliare i propri dipinti,<br />
considerando i frammenti opere compiute. Con questo<br />
drastico taglio <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> ha voluto privilegiare<br />
un punto di vista fortemente ravvicinato, meno<br />
descrittivo, certo per lui più efficace. Una decisione<br />
assolutamente voluta dal pittore che non a caso firma<br />
e data entrambi i frammenti. Diverso il caso di Ballo<br />
tondo (fig. 4), unico frammento superstite di una<br />
delle lunette dipinte per Casa Siviero.<br />
26<br />
23<br />
24
25<br />
DUILIO CAMBELLOTTI E I SUOI ALLIEVI SARDI<br />
Xilografo, illustratore, pittore, decoratore, ceramista, scultore, grafico, disegnatore di<br />
mobili e arredi, scenografo, Duilio Cambellotti (Roma 1876-1960) esordisce nel<br />
1897 come disegnatore di manifesti pubblicitari. Nel 1908 ottiene un vasto consenso<br />
realizzando le scenografie teatrali per la tragedia La Nave di Gabriele D’Annunzio.<br />
Figura cardine per il processo di rivalutazione delle arti applicate e della cultura popolare,<br />
a partire dal 1904 esplora l’Agro Romano in compagnia di Sibilla Aleramo,<br />
27 29<br />
Giovanni Cena, Angelo e Anna Celli e con loro<br />
avvia l’ardua impresa di alfabetizzazione<br />
della campagna romana, fondando il Comitato<br />
delle Scuole. Gli intenti didattici ed educativi<br />
prendono forma nella realizzazione di una serie<br />
di illustrazioni per libri e manuali destinati<br />
appunto ai contadini della regione, dove la stilizzazione<br />
delle forme coniuga una accurata<br />
descrizione delle diverse attività agricole, in<br />
una felice sintesi tra tradizione e modernità.<br />
Il progetto culmina nel 1911 con l’inaugurazione<br />
della Mostra dell’Agro Romano durante<br />
l’Esposizione per il cinquantenario dell’Unità<br />
d’Italia. Cambellotti cura l’allestimento e progetta<br />
la grande capanna dell’Agro nella quale<br />
vengono esposte tra le altre, oltre ai mobili<br />
intagliati della cultura agropastorale laziale, alcune<br />
sue sculture assieme a dipinti di Giacomo<br />
Balla. Maestro oltre che di <strong>Floris</strong> anche<br />
dei sardi Melkiorre Melis e Stanis Dessy, si<br />
guarderà a lui come straordinario propugnatore<br />
del programma che vede l’“arte in funzione<br />
sociale”, sentito dagli artisti sardi come<br />
risposta impellente a motivo della neonata<br />
arte regionale.<br />
Tutti e tre gli allievi, pur in misura diversa nei<br />
vari ambiti, realizzeranno disegni per mobili,<br />
decori per arredi, scenografie e coltiveranno<br />
la pratica dell’incisione xilografica, della ceramica,<br />
dell’illustrazione, declinazioni espressive<br />
care a Cambellotti.<br />
31<br />
26<br />
28 30<br />
25. Duilio Cambellotti,<br />
LA STORIA DELLE TRE<br />
SORELLE, tavola per<br />
Le mille e una notte.<br />
26. Duilio Cambellotti,<br />
CIOTOLA DELLA SIRENA,<br />
coppetta ceramica.<br />
27. Melkiorre Melis (Silem),<br />
RITRATTO DI ATTILIO<br />
MASTINO.<br />
28. Melkiorre Melis (Silem),<br />
PROFILO DI RAGAZZA DI<br />
OLLOLAI, coppetta ceramica.<br />
29 Stanis Dessy, NUDINO<br />
DANZANTE.<br />
30. Stanis Dessy, PESCE,<br />
coppetta ceramica.<br />
31. CARICATURA DI GIOVANNI MURA,<br />
fine anni Dieci, matita e tempera su carta,<br />
cm 30,2 x 13,5.<br />
32. SUONATORI, anni Cinquanta<br />
terraglia dipinta sotto vetrina, Ø cm 26,3.<br />
32
I RITRATTI<br />
Uno dei capitoli principali della<br />
produzione di <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> è<br />
il ritratto: le donne severe nell’antico<br />
costume, le fanciulle il cui sguardo<br />
par divenuto “vigile e moderno”, gli<br />
uomini vestiti di pelle, orbace e velluto,<br />
sono personaggi semplici ma<br />
pieni di umanità, protagonisti dell’arte<br />
di <strong>Floris</strong> che, ricca di luci e di<br />
colori, si è emancipata dal puro dato<br />
narrativo-descrittivo e, ben lontana<br />
dai semplici compiacimenti del racconto,<br />
diventa un fatto di puro sentimento.<br />
Sono tutte figure realizzate a colpi di<br />
picco e accetta, prive d fronzoli, apparentemente<br />
insensibili, eppure quegli<br />
occhi ci seguono, sono spesso lo specchio<br />
di una bellezza ormai sfiorita, la<br />
prova della sofferenza e della fatica, ci<br />
svelano inquietudini, paure, speranze.<br />
E la scelta dei soggetti ritratti si mostra<br />
vincolata ad un’esistenza interiore.<br />
Più che in qualsiasi altro soggetto,<br />
nel ritratto l’arte si confronta direttamente<br />
con la natura: il pittore cattura<br />
un’espressione fuggevole, un momento<br />
dell’età, uno scatto dei sentimenti,<br />
un moto dell’anima e li fissa indelebilmente<br />
sulla tela.<br />
Nella ritrattistica <strong>Floris</strong> si rivela capace<br />
di cogliere, senza il minimo sforzo e<br />
con rara limpidezza e sensibilità, i<br />
tratti più significativi dell’anima popolare<br />
sarda, mettendo a nudo il personaggio,<br />
le sue paure, le sue pulsioni.<br />
33. RITRATTO DI GIUSEPPE MURGIA, 1926<br />
olio su tela, cm 48,6 x 35.<br />
34. RITRATTO DEL NOTAIO SATTA, 1929<br />
olio su tela, cm 70,2 x 50,2.<br />
33<br />
34<br />
35. IL PICCOLO<br />
CAPRARO, 1931<br />
olio su tela incollata<br />
su cartone,<br />
cm 30,1 x 31,2.<br />
Crea figure prive di vezzi, dipinte con forza e arguzia; sono<br />
donne e uomini veri che poggiano con gravità sul<br />
suolo, quasi per non perdere il contatto con la terra madre,<br />
dipinti con quella naturale sincerità che è l’elemento<br />
costante del percorso artistico di <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong>. Tipi comuni<br />
pieni di umanità, di forza istintiva, di desideri, caratteri da lui condivisi<br />
perché, come loro, inserito in una condizione di isolamento.<br />
Ed è proprio nei ritratti che si percepisce chiaramente il momento di emancipazione<br />
dal modello Biasi: mentre nell’opera di quest’ultimo è evidente<br />
l’interesse dello studioso di tradizioni popolari, in <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> si apprezza<br />
un maggior sforzo di aderenza a quella realtà viva che quotidianamente egli<br />
aveva sotto il suo vigile sguardo. A partire dagli anni Venti l’artista si muove<br />
sempre più verso la ricerca del “vero”, un approccio emotivo portato avanti<br />
attraverso i grafismi, già sperimentati negli anni precedenti, la sintesi e la<br />
35<br />
30<br />
31
semplificazione che ora paiono lasciar spazio ad un tentativo di costruzione<br />
per masse plastiche. E se in ritratti come Vecchia di Ollolai (fig. 20) e Mendicante<br />
(fig. 21), entambi del 1920, il modello Biasi non può dirsi ancora del<br />
tutto superato, il bel ritratto virile intitolato Gristolu (fig. 22), firmato e datato<br />
13 gennaio 1923, testimonia la maturità del nuovo linguaggio: la definizione<br />
dei volumi, affidata ad una visone prospettica di tre quarti e alla pennellata<br />
libera e robusta, dichiara la definitiva rinuncia ai preziosismi grafici<br />
di stampo secessionista. L’opera registra un’esigenza di maggior realismo che<br />
<strong>Floris</strong> però non risolve con la superficiale riproduzione dei caratteri fisionomici<br />
dell’uomo. Gristolu ci guarda intensamente, svela se stesso attraverso<br />
37<br />
36<br />
36. IL VECCHIO<br />
ELIA, 1930<br />
olio su compensato,<br />
cm 99,6 x 89,9.<br />
37. VESPERO (LE<br />
TRE ETÀ) (1930)<br />
olio su tela, cm 95,5 x<br />
95,5, Nuoro, MAN.<br />
gli occhi, le rughe del viso e attraverso le labbra, serrate<br />
in un atteggiamento di grande contegno. Il punto di vista,<br />
fortemente ravvicinato, dà l’impressione di trovarci<br />
lì al suo fianco: basta lo sguardo fiero e carico di tensione<br />
per mettere a nudo la personalità fisica e psicologica<br />
dell’uomo, segnato dalla fatica ma pieno di dignità.<br />
Come la critica ha già notato, l’uso antinaturalistico del<br />
colore, evidente nell’insistenza dei verdi lividi del volto,<br />
è di chiara ascendenza espressionista, e in alcuni ritratti arriva sullo sfondo<br />
al dissolvimento delle forme.<br />
L’aderenza al pathos e all’umanità della sua gente sono la costante di tutto il<br />
percorso artistico di <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong>. Possiamo scorrere una ricchissima galleria<br />
di tipi e di caratteri senza individuare sostanziali svolte stilistiche almeno<br />
32<br />
33
38 39<br />
fino agli anni Cinquanta. Alla luce di una generale “costanza di stile” spesso<br />
sono le scelte iconografiche che permettono una approssimativa sistemazione<br />
cronologica delle opere non datate. Se negli anni Venti il colore viene<br />
sfruttato come efficace risorsa espressiva per i numerosi ritratti virili, la produzione<br />
degli anni Trenta è ormai rivolta, nei termini di un realismo composto<br />
e profondamente sentito, prevalentemente verso il mondo infantile e<br />
38. DONNA IN CHIESA, primi anni Trenta<br />
olio su compensato, cm 65 x 50,5.<br />
39. DONNA DI OLLOLAI, 1931<br />
olio su tela, cm 67,5 x 55,<br />
coll. Camera di Commercio di Nuoro.<br />
34 35
40<br />
41<br />
40. DONNA DI OLLOLAI, primi anni<br />
Trenta, olio su tavola, cm 39,4 x 32,2.<br />
41. RAGAZZA DI OLLOLAI, primi anni<br />
Trenta, olio su cartone, cm 26 x 17,6.<br />
42. SPOSA IN CHIESA, ante 1931<br />
olio su tela, cm 80,3 x 60,7,<br />
coll. Provincia di Nuoro, in esposizione al MAN.<br />
femminile. Quando dipinge bambine o<br />
donne nelle loro vesti tradizionali <strong>Floris</strong><br />
rifugge dalla retorica e da forme stereotipe.<br />
L’attenzione dell’artista è rivolta al vero<br />
psicologico e fisionomico: i costumi<br />
non sono indagati dallo spirito che anima<br />
l’etnografo ma rappresentati in quanto<br />
carattere sostanziale del personaggio<br />
ritratto. Le spose immobili e frontali, le<br />
mute prioresse, composte entro le fogge<br />
dei loro abiti, diventano il simbolo del<br />
contegno e della dignità della donne sarde,<br />
centrali nell’ordine sociale isolano, affatto<br />
deboli e passive.<br />
In Fanciulla di Ollolai (fig. 43), firmato<br />
e datato 1933 (dipinto molto amato da<br />
Costantino Nivola, che in proposito ebbe<br />
a osservare come le particolari modalità<br />
di “<strong>Carmelo</strong>” nel costruire i volumi<br />
del volto facessero sembrare i modelli<br />
sempre “sudati”), <strong>Floris</strong> non indugia nella<br />
minuta e precisa descrizione del costume<br />
della giovinetta: l’attenzione dell’artista<br />
è indirizzata altrove. La carnagione<br />
olivastra del volto viene ravvivata dall’incredibile<br />
luminosità degli occhi che un<br />
tocco di bianco ha reso ancora più lucenti.<br />
Profondi, intensi, neri come i capelli<br />
che incorniciano il perfetto ovale del volto,<br />
sono il fulcro dell’opera, sono lo strumento<br />
per indagare nell’intimo il soggetto<br />
ritratto, per mettere a nudo la bellezza,<br />
ancora acerba, della fanciulla. Il bel dipinto,<br />
che conserva l’originale cornice lignea<br />
progettata dallo stesso <strong>Floris</strong>, rivela<br />
un artista attento ad esaltare le potenzialità<br />
costruttive della materia: la luce diffusa<br />
gioca tra le pieghe della camicia, sfumature<br />
di giallo e di grigio-azzurro creano<br />
movimenti inattesi esaltandone i volumi.<br />
42<br />
36 37
44<br />
43. FANCIULLA DI OLLOLAI, 1933<br />
olio su tela, cm 60,1 x 50,2.<br />
L’opera fu presentata da <strong>Floris</strong>, corredata<br />
di cornice in legno intagliato su suo disegno,<br />
alla mostra del Sindacato fascista del 1933,<br />
ospitata alla Galleria Comunale d’Arte<br />
ai Giardini Pubblici di Cagliari,<br />
inaugurata per l’occasione.<br />
44. RAGAZZA DI OLLOLAI (1933)<br />
olio su tela, cm 38 x 29.<br />
39<br />
43
45<br />
45. GAVOESA, 1933<br />
olio su tela, cm 33 x 33,<br />
coll. Comune di Sassari.<br />
46. DONNA DI GAVOI,<br />
primi anni Trenta<br />
olio su tela, cm 80,5 x 61,<br />
Sassari, Soprintendenza ai BAAAS.<br />
40<br />
46
47<br />
49<br />
47. UOMO DI TEULADA, primi anni Trenta<br />
olio su tela, cm 20,2 x 20.<br />
48. TESTA DI VECCHIO, 1935<br />
olio su tela, cm 27,2 x 25.<br />
49. RITRATTO DELL’INGEGNER FERRARI,<br />
anni Trenta, olio su compensato, cm 35,9 x 28,5.<br />
48<br />
50. RITRATTO DI BIMBA, anni Trenta<br />
olio su tela, cm 30 x 21,7.<br />
E se nelle scene corali, come quelle realizzate lo stesso anno per Casa Siviero<br />
ad Oristano, lo studio compositivo e il solido impianto grafico delle figure<br />
sembrano prendere il sopravvento, il grande ritratto di gruppo, intitolato<br />
La famiglia di Ollolai (fig. 66), da collocare verosimilmente nello stesso periodo,<br />
nonostante la vivace descrizione dei costumi, non lascia dubbi sullo<br />
stato d’animo trepidante della sposa in secondo piano.<br />
Il bel dipinto, in effetti, fonde insieme la tipologia del ritratto di gruppo<br />
con il tema della sposa-idolo, immobile e sacralizzata, tanto caro agli artisti<br />
della generazione di <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> e ben rappresentato dalla smagliante<br />
policromia della Sposa antica, una scultura ceramica realizzata da Federico<br />
Melis nel 1930.<br />
50<br />
42 43
51<br />
52<br />
51. DONNA DI OLLOLAI, 1935<br />
olio su tavola, cm 50 x 38.<br />
52. MARIANNA, 1936<br />
olio su tela, cm 42 x 35,6.<br />
44 45
53<br />
53. USCITA<br />
DALLA CHIESA<br />
(1933), olio su tela,<br />
cm 150 x 150,<br />
Arborea, Consorzio<br />
Bonifiche, Villa<br />
del presidente.<br />
Si tratta, molto<br />
probabilmente,<br />
di un dipinto<br />
inizialmente<br />
destinato alla Casa<br />
Siviero di Oristano.<br />
Come gli altri fu<br />
realizzato da <strong>Floris</strong><br />
a seguito della<br />
sua permanenza<br />
a Oristano quale<br />
insegnante della<br />
Scuola d’Arte<br />
Applicata diretta<br />
da Francesco Ciusa<br />
e attiva sino alla<br />
fine degli anni<br />
Venti.<br />
LA SCUOLA D’ARTE APPLICATA DI ORISTANO<br />
Fondata e diretta da Francesco Ciusa nel 1925, la Scuola d’Arte Applicata<br />
di Oristano ha il sostegno finanziario dell’Amministrazione comunale e di<br />
altri enti pubblici e privati, fra cui il Ministero della Pubblica Istruzione,<br />
quello dell’Economia Nazionale, la Camera di Commercio di Cagliari, l’impresa<br />
edile Martora.<br />
In un primo momento le lezioni si tengono nel palazzo Parpaglia, vicino allo<br />
studio di Ciusa, per poi trasferirsi nel locale delle Missioni. Il piano di<br />
studi quadriennale prevede l’insegnamento delle “arti pure”, integrato dalle<br />
esercitazioni pratiche e da materie di cultura generale. Gli insegnamenti<br />
impartiti sono: figura disegnata e modellata, ornato modellato e disegnato,<br />
composizione decorativa, elementi di architettura, prospettiva e teoria<br />
delle ombre, anatomia artistica, storia dell’arte. Si aggiungano i corsi di decorazione,<br />
ferro battuto, ebanisteria, ceramica e cuoio istoriato. È Francesco<br />
Ciusa, insegnante lui stesso, a scegliere come docenti gli artisti e gli artigiani<br />
più qualificati del momento.<br />
A <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong>, giunto ad Oristano sin dal 1925, sono assegnati gli insegnamenti<br />
di figura, ornato disegnato, disegno geometrico e storia dell’arte.<br />
54. OLLOLAESE, 1936<br />
olio su compensato, cm 38,4 x 34,1.<br />
La limpidezza delle forme e il robusto<br />
plasticismo del volto rendono questo<br />
ritratto il più “Novecento” fra<br />
quelli dipinti da <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong><br />
negli anni Trenta.<br />
54<br />
46 47
IL CICLO DI CASA SIVIERO<br />
Le 12 lunette sopraporta dipinte nel 1933 per Casa Siviero, palazzo signorile sulla<br />
via Dritta, il corso di Oristano, costituiscono il primo ciclo decorativo realizzato<br />
da <strong>Floris</strong> e si inseriscono tra i progetti più impegnativi da lui affrontati. L’impresa<br />
comprende anche la progettazione e la realizzazione degli intagli lignei che incorniciano<br />
i dipinti. Le scene, tutte corali, rappresentano una sorta di esaltazione epica<br />
del popolo sardo tramite la narrazione di quelli che, nel corso dei mesi dell’anno,<br />
sono i momenti più suggestivi e significativi della sua vita sociale e religiosa. Ciascuna<br />
composizione, severa e scenografica insieme, conferisce ai quadri un tono<br />
solenne mentre l’impianto grafico e la scelta di tinte accese impongono la potenza<br />
plastica delle figure umane che si stagliano come assolute protagoniste sullo sfondo.<br />
Una celebrazione che evoca i ritmi austeri e misurati dei cortei in scene come<br />
Processione del Corpus Domini (fig. 57) e culmina nei festeggiamenti de L’Ardia di San<br />
Costantino (fig. 56), frenetica cavalcata ripetuta annualmente a Sedilo.<br />
56<br />
57<br />
58<br />
59<br />
55. VENDEMMIA, 1933<br />
olio su tela, cm 140 x 148,5.<br />
56. L’ARDIA DI SAN COSTANTINO (1933)<br />
olio su tela, cm 132,8 x 140.<br />
57. PROCESSIONE DEL CORPUS DOMINI<br />
(1933), olio su tela, cm 125 x 138.<br />
58. PASTORI (1933)<br />
olio su cartone, cm 140 x 148,<br />
Cagliari, Credito Industriale Sardo.<br />
59. ATTORNO AL FOCOLARE, 1933<br />
olio su tela, cm 130 x 140.<br />
55<br />
60. ALLA FONTE (1933)<br />
olio su tela, cm 137,1 x 140,5. 60
61<br />
62<br />
61. ZIA PEPPA TODDE, anni Trenta<br />
olio su tavola, cm 48 x 34.<br />
62. DONNA DI NEONELI, anni Trenta<br />
olio su tavola, cm 41 x 31.<br />
50 51
63. IL POTATORE, 1936<br />
olio su tela, cm 30 x 27,2, Sassari,<br />
Soprintendenza ai BAAAS.<br />
64. PASTORELLO, anni Trenta<br />
olio su cartoncino, cm 35,2 x 25,2.<br />
63<br />
64<br />
65. LA VEDOVA, 1936<br />
olio su tavola, cm 48 x 36.<br />
Il soggetto sembrerebbe fare la sua<br />
comparsa nel primo piano sinistro<br />
della lunetta di Casa Siviero (in quel<br />
caso rivelatore di caratteri pittorici<br />
quasi interamente desunti da Biasi),<br />
dal titolo L’Ardia di San Costantino.<br />
65<br />
52 53
66. LA FAMIGLIA DI<br />
OLLOLAI, anni Trenta<br />
olio su compensato, cm 141<br />
x 80, Università di Cagliari,<br />
coll. Piloni.<br />
Il dipinto è inizialmente<br />
appartenuto a Guglielmo<br />
Cao, iniziatore a Cagliari<br />
di una rinomata impresa<br />
(la ditta si chiamerà Cau,<br />
in sardo “gabbiano”,<br />
animale usato quale<br />
marchio aziendale)<br />
produttrice di arredi in stile<br />
sardo e poi modernisti, alla<br />
quale hanno fatto capo<br />
artisti come Federico Melis<br />
e Tarquinio Sini per la<br />
realizzazione di mobili o<br />
cornici intagliate, proposte<br />
in stile tradizionale e<br />
destinate ai loro lavori<br />
ceramici o pittorici.<br />
67. RITRATTO DI<br />
GIOVANNI MURA, 1947<br />
olio su tela, cm 27,5 x 20,6.<br />
68. “GRIFO”, IL FABBRO<br />
SEBASTIANO MATTU,<br />
1946, olio su tela,<br />
cm 45 x 37.<br />
67<br />
66<br />
69. RAGAZZA<br />
CON TRECCE,<br />
primi anni Cinquanta<br />
olio su tela, cm 24,3 x 22,5.<br />
70. RITRATTO<br />
DI BAMBINO,<br />
primi anni Cinquanta<br />
olio su tela, cm 22,6 x 20,5.<br />
71. RITRATTO DI<br />
FANCIULLA, anni<br />
Quaranta, olio su tavola,<br />
cm 34,5 x 35.<br />
68<br />
54 55
69<br />
70<br />
71<br />
56 57
I PAESAGGI<br />
<strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> è uno dei pochi pittori sardi della prima generazione del<br />
Novecento, insieme ad Antonio Ballero e Mario Delitala, a manifestare<br />
un’attenzione costante nei confronti del paesaggio, tanto da dimostrarsi uno<br />
degli interpreti più forti ed originali di questo genere pittorico. In realtà nel<br />
primo decennio di attività il giovane artista non appare molto interessato al<br />
soggetto: il paesaggio è soltanto lo sfondo sul quale collocare i personaggi<br />
della scena. In Pastore di Ollolai (fig. 12), opera non datata, da collocare verosimilmente<br />
poco prima del 1915, per la prima volta lo sguardo può spingersi<br />
oltre la figura del protagonista e soffermarsi sulla sintetica descrizione<br />
dello scenario retrostante.<br />
Il mondo da rappresentare è per <strong>Floris</strong> sempre Olzai,<br />
un paese visto come luogo di serenità e di pace col quale<br />
l’artista crea una perfetta osmosi: di esso conosce tutto,<br />
gli uomini, gli animali, i fenomeni astronomici e atmosferici,<br />
la vegetazione e da esso solo rarissime volte si<br />
separa. Un legame talmente forte da non poter scindere<br />
il nome del pittore da quello di Olzai. Il primo a capirlo<br />
72. PAESAGGIO<br />
ESTIVO, 1921<br />
olio su tela,<br />
cm 17,5 x 24,8.<br />
73. SCORCIO DI<br />
OLZAI, 1922<br />
olio su cartone,<br />
cm 17,4 x 26,5.<br />
è il suo carissimo amico Delitala, proprio colui che lo battezza “<strong>Carmelo</strong> de<br />
Olzai”, un appellativo scherzoso, memore di certi maestri medievali e rinascimentali<br />
il cui nome era spesso accompagnato da quello del luogo d’origine.<br />
È stato l’anima pittorica del piccolo paese, attento e fedelissimo interprete<br />
del suo mondo. In Paesaggio estivo (fig. 72), firmato e datato 1921,<br />
per la prima volta Olzai diventa l’indiscusso protagonista, non una figura<br />
umana a disturbare l’assoluto equilibrio, non un’ombra né uno strumento<br />
che ricordi il lavoro dei campi. Tutto è immobile, ma non per questo privo<br />
di suggestione. <strong>Floris</strong> è il pittore del paesaggio “stato d’animo”, un’immagine<br />
lirica capace di evocare il sentimento che può nascere dalla contemplazione<br />
della natura. Un coinvolgimento empatico, per un paesaggio che nasce<br />
dalla concreta e puntuale osservazione della realtà ma che diventa<br />
interiore evocazione dell’anima dell’artista.<br />
La sua pittura d’impasto e di tocco, che rende percepibili attraverso luce e<br />
colore le superfici, lo mostra attento a raggiungere un equilibrio compositivo<br />
fondato sulle differenze tonali: la sua indagine gioca sulle modulazioni di pochi<br />
colori e raggiunge esiti di inaspettata freschezza e immediatezza. All’Accademia<br />
di Roma <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> è influenzato dagli esempi di Camille Corot<br />
e Paul Cézanne, specie per quell’ideale rigore geometrico che chiude il<br />
colore nei sintetici cubi delle case. Ma la sua pittura per tecnica e sensibilità è<br />
sostanzialmente macchiaiola. In Paesaggio estivo domina la macchia: ampie<br />
72<br />
73<br />
58<br />
59
74<br />
quelle del grigio-azzurro che descrivono il cielo e quella<br />
dei toni del giallo che, carico, sfuma nell’arancio e nell’oro,<br />
i colori della terra infiammata dal sole; più geometricamente<br />
definite quelle che descrivono il gruppo di<br />
case. Su tutto, la sintesi. La semplificazione volumetrica<br />
di queste case la ritroviamo in un altro paesaggio, dell’anno<br />
successivo, Scorcio di Olzai (fig. 73), in cui si aggiunge<br />
la sagoma incombente dei monti che sembra<br />
evocare la monumentale essenzialità de La montagna di<br />
Saint-Victoire, dipinta per anni, come un’ossessione, da<br />
Paul Cézanne.<br />
Per i suoi paesaggi <strong>Floris</strong> sceglie quasi sempre un punto<br />
di vista fortemente ravvicinato che lascia poco o nessuno<br />
spazio alla descrizione del cielo. Le piante, la vegetazione<br />
si insinuano tra le pareti delle case cotte dal sole e<br />
le stradine del paese, sebbene siano deserte, evocano la<br />
routine della realtà quotidiana e sembrano percorribili,<br />
tanto sono vicine, anche dall’osservatore.<br />
A partire dagli anni Trenta <strong>Floris</strong> raggiunge vertici di assoluta<br />
grandezza: numerosi i dipinti ispirati all’arcaicità<br />
dei luoghi, alla solennità dei boschi e delle montagne,<br />
alla natura tutt’intorno ad Olzai, luogo pieno di magia.<br />
74. SCORCIO<br />
CON CHIESA, 1923<br />
olio su cartone,<br />
cm 17,4 x 26,7.<br />
75. PRIMI FIORI,<br />
prima metà anni Venti<br />
olio su tela,<br />
cm 22,2 x 28,9,<br />
Sassari,<br />
Soprintendenza<br />
ai BAAAS.<br />
76. IMPRESSIONE<br />
DI OLZAI, prima<br />
metà anni Venti<br />
olio su tavola,<br />
cm 14,3 x 19,7.<br />
75<br />
76<br />
60 61
Caleidoscopiche sinfonie di ocre dorate, di lilla e di grigi, delicate armonie<br />
di gialli, verdi e rossi, si avvertono grazie ai rapporti equilibrati di masse<br />
chiare e scure, di piani caldi e freddi. In Mattino d’aprile (fig. 100), del<br />
1938, si assiste al risveglio di quella natura che, per una vita, ha compiuto<br />
il suo ciclico rinnovamento di fronte agli occhi incantati del pittore: l’atmosfera<br />
è quieta e limpida, la pennellata sembra essersi<br />
finalmente liberata da quel rigore che, nei paesaggi precedenti,<br />
chiudeva i colori entro una rigorosa composizione<br />
geometrica. Vibrano il grigio, il lilla e il viola illuminati<br />
dalla debole luce del mattino, freschi come i<br />
tocchi di bianco rosato che caricano i rami dei mandorli<br />
sgranandone foglie e fiori.<br />
Per <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> la natura è da considerarsi come<br />
un’imprescindibile fonte di ispirazione: fa da sfondo alle<br />
narrazioni dell’esistenza del singolo e della comunità,<br />
diventa protagonista nei dipinti che descrivono le fasi<br />
stagionali, come le promesse della Primavera, la desolazione<br />
dell’Autunno o i rigori dell’Inverno. Una natura<br />
77. OLZAI DALLO<br />
STUDIO DEL<br />
PITTORE, fine anni<br />
Venti, olio su cartone,<br />
cm 36,5 x 46,2.<br />
L’opera fu donata al<br />
pittore Stanis Dessy in<br />
occasione delle sue<br />
nozze. Il pittore Mario<br />
Delitala, sempre quale<br />
dono nuziale, ricevette<br />
invece il ritratto di una<br />
ragazza di Ollolai.<br />
Entrambe le opere sono<br />
ancora conservate dagli<br />
eredi dei due artisti.<br />
78<br />
amica, a volte ostile, comunque vicina perché osservata<br />
da un’ottica interna al mondo vissuto dall’artista. La sua<br />
pittura nasce da un’ispirazione spontanea, alimentata<br />
da un rapporto diretto con l’ambiente: dipinge all’aria<br />
aperta, nel corso di frequenti camminate, durante le<br />
quali scopre scorci e angoli di Olzai sempre nuovi. In<br />
lui deve aver lasciato traccia la pascoliana poetica del<br />
“Fanciullino”: il suo sguardo ingenuo e immediato ha<br />
dato grande rilievo e valore agli aspetti minori della<br />
realtà, alle cose più umili per le quali dimostra un atteggiamento<br />
di simpatia viva e diretta.<br />
78. IMPRESSIONE<br />
DI PAESE, ante 1932<br />
olio su tavola,<br />
cm 37,4 x 40,3,<br />
coll. Provincia di Nuoro.<br />
79. SANT’ANASTASIO<br />
DI OLZAI, anni Trenta<br />
olio su cartone, cm 33 x<br />
48,3, coll. Provincia di<br />
Nuoro.<br />
77<br />
62<br />
63
80<br />
82<br />
80. RIONE DI<br />
OLZAI, anni<br />
Trenta, olio su<br />
tavola,<br />
cm 50 x 60,<br />
coll. Comune<br />
di Sassari.<br />
81. SCORCIO<br />
DI OLZAI, 1933<br />
olio su compensato,<br />
cm 18,5 x 27.<br />
82. SU NODU<br />
MANNU, anni<br />
Trenta, olio su<br />
compensato,<br />
cm 59,1 x 69,3.<br />
83. PAESAGGIO<br />
DI BARBAGIA,<br />
1934, olio su tela,<br />
cm 29,6 x 37.<br />
81 83<br />
66 67
84<br />
85<br />
IL DISEGNO<br />
<strong>Floris</strong> ha spesso annotato le proprie<br />
“impressioni” di paesaggi o tipi umani<br />
particolarmente interessanti. In occasione<br />
della preparazione della sua seconda<br />
mostra personale, tenutasi a Cagliari<br />
presso la galleria Palladino, ha rilasciato<br />
un’intervista (L’Unione Sarda, 13 marzo<br />
1937) nella quale afferma di essere particolarmente<br />
affascinato dal meraviglioso<br />
mare del capoluogo e dai “lupi di<br />
mare” che circolano nella zona del porto<br />
e rivela di aver preso a matita qualche<br />
appunto da sviluppare. Ma per lui il<br />
disegno non è solo veloce appunto o<br />
studio del colore. Il disegno in <strong>Floris</strong> acquista<br />
la dignità di opera d’arte autonoma,<br />
capace di trattare i soggetti preferiti,<br />
ritratti e paesaggi, al pari della pittura.<br />
Nascono così splendidi scorci di Olzai<br />
come Barbarico (fig. 86), un pastello datato<br />
1928, in cui l’azzurro del cielo screziato<br />
d’arancio e le ombre dei tetti delle<br />
case suggeriscono l’ora mattutina; o il<br />
noto Ritratto di Sebastiano Satta (fig. 85),<br />
in cui i tratti obliqui, filamentosi e “divisi”<br />
del pastello se da una parte liricamente<br />
accendono il volto coi riflessi dei<br />
raggi del sole, dall’altra sono vettori della<br />
dinamica dei sentimenti e la loro fluidità<br />
comunica lo “stato d’animo” dell’artista<br />
che attraverso l’opera ricorda il<br />
poeta. Un modo di disegnare che appare<br />
un omaggio ad illustri colleghi italiani,<br />
a certi pastelli divisionisti di Camillo Innocenti<br />
ma, soprattutto, alla pittura del<br />
nuorese Antonio Ballero.<br />
86<br />
84. AUTORITRATTO, 1940, sanguigna,<br />
carboncino e biacca su cartone, cm 24,3 x 17,8.<br />
Il penetrante autoritratto fu inviato alla madre<br />
dal confino.<br />
85. RITRATTO DI SEBASTIANO SATTA,<br />
anni Trenta, pastello su carta, cm 32,4 x 26,1.<br />
86. BARBARICO, 1928<br />
pastello su cartoncino, cm 29,7 x 32,7.<br />
87. CASE DI OLZAI, anni Trenta<br />
pastello su carta, cm 30 x 40.<br />
87
89<br />
90<br />
88. OLZAI SOTTO LA NEVE, 1945<br />
pastello su carta, cm 43,3 x 50,3.<br />
89. STRADA DI PAESE, anni Cinquanta<br />
gessetto su carta, cm 23 x 18,8.<br />
88<br />
90. CORBULAIO DI OLLOLAI, anni Cinquanta<br />
pastello su cartone, cm 28,5 x 18,8.
91. SCORCIO<br />
DI PAESE, 1933<br />
olio su tela,<br />
cm 50,3 x 60.<br />
92. PAESAGGIO<br />
CON QUERCIA,<br />
1937, olio su<br />
compensato,<br />
cm 35,8 x 51,1.<br />
Protagonista indiscusso<br />
l’albero secolare che,<br />
centrale e in primo<br />
piano, resiste al<br />
trascorrere degli anni e<br />
alle intemperie. Il<br />
poetico dipinto sembra<br />
rievocare i versi del<br />
Canto della quercia<br />
antica, scritti dal poeta<br />
di Desulo Montanaru<br />
(Antioco Casula):<br />
«Quanti anni, oh!<br />
Quanti anni che sto<br />
qui sopra questa cima,<br />
triste, a sfidare la neve<br />
di gennaio, il sole<br />
d’agosto, e i venti che<br />
vengono dal mare».<br />
72<br />
91
93<br />
95<br />
94<br />
93. SERA AD OLZAI, anni Trenta<br />
olio su tela, cm 41 x 51.<br />
94. AUTUNNO AD OLZAI, anni Trenta<br />
olio su tela, cm 51,2 x 61,2.<br />
95. CASE DI GAVOI (anni Trenta)<br />
olio su compensato, cm 45 x 32.<br />
96. BOSCO ESTIVO, 1937<br />
olio su cartone, cm 33 x 48,7.<br />
76 77
97<br />
98<br />
99<br />
97. ESTATE AD OLZAI, 1938<br />
olio su tela, cm 50 x 60.<br />
98. PAESE CON MANDORLI, seconda metà<br />
anni Trenta, olio su tela, cm 50,1 x 60,2.<br />
99. L’ALBERO FIORITO, 1938<br />
olio su tela, cm 50,2 x 60,2.<br />
80 81
100. MATTINO<br />
D’APRILE, 1938<br />
olio su cartone,<br />
cm 38,5 x 49,3.<br />
100
101. PRIMAVERA<br />
AD OLZAI, ante 1940<br />
olio su tela, cm 50,1 x 60,8.<br />
101
102<br />
103<br />
LA TECNICA<br />
<strong>Floris</strong> predilige la pittura ad olio, tecnica<br />
che lo accompagna in tutto il percorso<br />
artistico e che si adatta alle, seppur non<br />
sostanzionali, variazioni di stile. Rispetto<br />
agli altri mezzi pittorici, l’olio si distingue,<br />
infatti, per duttilità e corposità materica.<br />
Gli impasti generosi, densi e pastosi, si<br />
adeguano alle campiture piatte di colore<br />
in dipinti come Don Daga (fig. 15) o alla<br />
pennellata rapida e robusta che in Gristolu<br />
(fig. 22) dà risalto plastico alla figura ritratta,<br />
mentre diventano impalpabili come<br />
ciprie per descrivere i mandorli degli<br />
indimenticabili paesaggi.Allo stesso modo<br />
la struttura della sua pittura, in un primo<br />
momento disegnativa e chiaroscurale, pare<br />
rinnovarsi con l’aiuto degli elementi<br />
del tono e della luce, raggiungendo vibrazioni<br />
e sonorità prima impensabili. Sono<br />
paesaggi dipinti all’aria aperta nel corso<br />
di interminabili passeggiate. Quadri che<br />
presuppongono un contatto diretto con<br />
il modello come succede per i numerosi<br />
ritratti risolti quasi sempre in una seduta,<br />
tranne rari casi come Donna di Gavoi<br />
(fig. 46) in cui risulta evidente la differenza<br />
fra lo studio del volto e l’aggiunta<br />
paesaggistica dell’opera finita. Sono volti<br />
quasi “scolpiti” grazie alla sovrapposizione<br />
di piani successivi di colore che spesso<br />
emergono dallo sfondo neutro dei<br />
supporti, tela, cartone, compensato, tavola,<br />
raramente masonite, che si alternano<br />
senza una evidente giustificazione. Scelte<br />
e atteggiamenti che rivelano l’incredibile<br />
amore per il mestiere di quell’artista che<br />
non concludeva mai la giornata senza pulire<br />
accuratamente i suoi pennelli.<br />
104<br />
105<br />
106<br />
102. SCORCIO DI OLZAI, anni Quaranta<br />
olio su tavola, cm 17,5 x 26.<br />
103. SCORCIO DI OLZAI, anni Quaranta<br />
olio su tavola, cm 18 x 27.<br />
104. Dettaglio della fig. 22.<br />
105. Dettaglio della fig. 45.<br />
106. Dettaglio della fig. 46.<br />
La fig. 105 mostra la costruzione pittorica<br />
realizzata nella copia dal vero e perciò immediata<br />
e priva di incertezze, la fig. 106 l’elaborazione<br />
dello stesso soggetto all’interno dello studio.<br />
86
107<br />
109<br />
108<br />
107. RUDERI IN BARBAGIA, anni Quaranta<br />
olio su tavola, cm 35,5 x 46,5, coll. Regione <strong>Sardegna</strong>.<br />
108. CASE, anni Quaranta<br />
olio su masonite, cm 38,6 x 46,7.<br />
109. STRADA DI OLZAI, anni Quaranta<br />
olio su tela, cm 49,8 x 38,4.<br />
88 89
110<br />
111<br />
112 113<br />
110. PAESAGGIO CON QUERCE,<br />
anni Quaranta, olio su compensato, cm 32 x 42.<br />
111. STUDIO DI PAESAGGIO,<br />
anni Quaranta, olio su tela, cm 20 x 28.<br />
112. PAESAGGIO ESTIVO, 1948<br />
olio su tela, cm 30 x 39,8.<br />
113. VERSO LA CAMPAGNA, 1949<br />
olio su compensato, cm 46,5 x 54.<br />
90 91
114<br />
115<br />
114. OLZAI DA SANTA<br />
BARBARA, fine anni Quaranta<br />
olio su tavola, cm 41 x 42.<br />
115. SU GUTTURU ’E SU<br />
SASSARESU, anni Cinquanta<br />
olio su tavola, cm 42,6 x 54,5.<br />
116. PAESAGGIO CON<br />
DONNE, anni Cinquanta<br />
olio su masonite, cm 85 x 43,9.<br />
Il taglio fortemente verticalizzato<br />
se da una parte annulla i valori<br />
di profondità, affastellando uno<br />
sopra l’altro i tetti delle case,<br />
dall’altra contribuisce a conferire<br />
maestosità allo scenario<br />
paesaggistico retrostante.<br />
116<br />
92 93
117<br />
119<br />
118<br />
117. OLZAI, 1953<br />
olio su tela, cm 49,2 x 58,5.<br />
118. PAESAGGIO, anni Cinquanta<br />
olio su masonite, cm 50 x 60.<br />
119. OLZAI, anni Cinquanta<br />
olio su masonite, cm 52 x 36.<br />
94 95
IL MONOTIPO<br />
Tra le varie tecniche di stampa calcografica, la monotipia è quella più vicina alla<br />
pittura, soprattutto per l’unicità del risultato. L’immagine viene realizzata sulla lastra<br />
con colori ad olio o inchiostri speciali e trasferita su di un supporto, solitamente<br />
cartaceo, mediante la pressione manuale o quella esercitata da appositi<br />
macchinari quali il rullo o il torchio.Tale tecnica, importata in <strong>Sardegna</strong> dall’incisore<br />
Felice Melis Marini, risulta particolarmente congeniale a <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> che per<br />
la ricerca dei rapporti tonali e per la scelta di delicati accostamenti raggiunge valori<br />
cromatici di particolare leggerezza, molto vicini a quelli del pastello e dell’acquerello.<br />
Tra gli esempi più riusciti: Gli oranti (fig. 121), certo una delle sue prime<br />
prove, e tuttavia già compiuta per la grande efficacia narrativa capace di evocare il<br />
sentimento religioso di quei devoti le cui sagome sono appena suggerite dai morbidi<br />
passaggi di colore. L’artista si avvicina a questa tecnica a partire dagli anni Trenta<br />
grazie al tramite di Antonio Ballero e vi si dedica con grande passione per tutta<br />
la vita, realizzando opere di straordinaria intensità. E se i numerosi ritratti stupiscono<br />
per il realismo e la forza di penetrazione introspettiva, i paesaggi, dai morbidi<br />
profili e dai contorni sfumati, paiono filtrati attraverso il velo della memoria. All’inizio<br />
degli anni Cinquanta il tema religioso dei Misteri e la devozione degli umili<br />
diventano sempre più frequenti: nascono opere come il Cristo deriso, 1950, in cui<br />
prevale un punto di vista fortemente ravvicinato che contribuisce ad evidenziare la<br />
centralità che ha la figura del Salvatore nella religione cristiana.<br />
121<br />
120<br />
120. SETTIMANA SANTA<br />
– PROCESSIONE, 1951<br />
monotipo su carta, cm 16,5 x 22,7.<br />
121. GLI ORANTI, 1930<br />
monotipo su carta, cm 25,5 x 19,3,<br />
coll. Provincia di Nuoro, in esposizione al MAN.
123 124<br />
122<br />
122. DUE UOMINI (1951)<br />
monotipo su carta, cm 17,5 x 13.<br />
Questo monotipo, esempio di una serie realizzata in<br />
bianco-nero, vicino alle ricerche luministiche delle<br />
incisioni di Rembrandt, anticipa i modi di certe<br />
acqueforti che <strong>Floris</strong> realizzerà nel corso degli anni<br />
Cinquanta.<br />
123. DONNA DI ORGOSOLO, primi anni<br />
Cinquanta, monotipo su carta, cm 27,3 x 22,1.<br />
124. COLLOQUIO DI PASTORI, 1950<br />
monotipo su carta, cm 26,3 x 21,8.<br />
L’impostazione dell’opera richiama la classicità<br />
di Masaccio, il grande maestro del Quattrocento<br />
fiorentino.<br />
125. RITRATTO DI GIOVINETTA, primi anni<br />
Cinquanta, monotipo su carta, cm 29 x 20,6.<br />
125
LA GRAFICA E LA REINVENZIONE DELL’ACQUAFORTE<br />
<strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong>, come molti altri artisti, giunge all’incisione attraverso<br />
l’illustrazione: dai primi fregi realizzati nel 1914 per la rivista del caro<br />
amico Attilio Deffenu <strong>Sardegna</strong>, ancora venati di simbolismo di impronta<br />
secessionista, alle illustrazioni pubblicate nel 1920 su Rivista Sarda tra le<br />
quali spicca Ballerine di Baronia (fig. 16), così vicina per tematica e stile alle<br />
stilizzazioni biasesche. In particolare le tre ballerine nella sagoma e nella descrizione<br />
dei costumi paiono una trasposizione in bianco e nero di certe figure<br />
dipinte da Mario Mossa De Murtas in quegli stessi anni. Per <strong>Floris</strong> si<br />
tratta della possibilità di confrontarsi con la realtà editoriale che, vista la specificità<br />
del linguaggio, può non risultare congeniale a tutti gli artisti. A tale<br />
linguaggio si adatta perfettamente per essenzialità ed eleganza compositiva<br />
durante la sua collaborazione con Il giornalino della Domenica iniziata nel<br />
1921: stupisce la semplicità con la quale l’artista, rivitalizzando quegli influssi<br />
secessionisti che in pittura aveva abbandonato ormai da tempo, riesce a<br />
126. BANCHETTO<br />
NUZIALE, 1928<br />
xilografia,<br />
cm 18,2 x 22,5.<br />
127<br />
127. I VIANDANTI,<br />
1932, xilografia,<br />
cm 9,9 x 12,8.<br />
126<br />
128. I TAGLIALEGNA<br />
(I BOSCAIOLI),<br />
1932 circa, xilografia,<br />
cm 17,9 x 14,4.<br />
128<br />
100 101
129. SETTIMANA SANTA, 1933<br />
xilografia, cm 14,1 x 25.<br />
130. PROCESSIONE, fine anni Venti<br />
xilografia, cm 11,1 x 16,2.<br />
131. PROCESSIONE DELL’ADDOLORATA,<br />
anni Trenta, xilografia, cm 27,2 x 24,6.<br />
132. SAGRA IN SARDEGNA, 1953<br />
xilografia, cm 24,2 x 36,3. 131<br />
129<br />
130<br />
132<br />
bilanciare e fondere insieme il tratto descrittivo, cui è affidata la narrazione,<br />
e quello decorativo. Solo nel 1924, però, <strong>Floris</strong> arriva alla xilografia, elaborando<br />
il tema dei due cani affrontati, in una celebre cartolina realizzata per<br />
le onoranze a Sebastiano Satta, e realizzando una serie di illustrazioni per Il<br />
Nuraghe, rivista fondata e diretta da Raimondo Carta Raspi. Da questo momento<br />
e fino alla fine della sua vita, si dedica alla xilografia rinunciandovi<br />
102<br />
solo durante gli anni del confino. Eppure il vertice della sua produzione incisoria<br />
si manifesta nella calcografia tanto che, agli inizi degli anni Cinquanta,<br />
le sue acqueforti e le sue puntesecche sono definite da Luigi Bartolini<br />
«opere di un vero maestro». In effetti le tecniche di incisione su lastra metallica<br />
gli permettono di ottenere quei valori pittorici e tonali, quell’immediatezza<br />
e spontaneità difficilmente raggiungibili utilizzando una matrice lignea.<br />
103
133. UOMO<br />
INCAPPUCCIATO,<br />
anni Quaranta<br />
xilografia,<br />
cm 12,1 x 13,2.<br />
135. L’IDIOTA, anni Cinquanta<br />
xilografia, cm 10,5 x 6,9.<br />
133<br />
135<br />
134<br />
104<br />
134. FILATRICI<br />
SARDE, ante 1957<br />
xilografia,<br />
cm 15,4 x 13,6.<br />
È a Roma che Carlo Alberto Petrucci gli svela i segreti dell’acquaforte ma è<br />
verosimile che, tornato ad Olzai, le sue prime prove autonome siano compiute<br />
con la tecnica della puntasecca. Solo più tardi, negli anni Cinquanta,<br />
apprende da Stanis Dessy il procedimento della vernice molle.<br />
Il valore estetico e l’originalità della sua opera calcografica in parte dipendono<br />
dal fatto che segue le sue opere dalla progettazione al processo di<br />
stampa, attraverso l’incisione e l’inchiostrazione. A proposito di quest’ultimo<br />
aspetto, c’è da dire che utilizza sempre inchiostri bruni e seppia, capaci<br />
di conferire alla scena un’atmosfera sfumata e antichizzata, riuscendo a raggiungere,<br />
nella ripartizione delle masse chiaroscurali, esiti di raro equilibrio.<br />
Non c’è dubbio che l’esempio fondamentale per il <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> calcografo<br />
sia Felice Melis Marini, ma mentre per quest’ultimo il paesaggio riveste un<br />
ruolo primario, per lui perde la sua centralità e il più delle volte è appena<br />
suggerito. È la figura umana l’assoluta protagonista: cavalieri, viandanti, venditori<br />
ambulanti, pastori, cacciatori, mendici e chierici occupano il primo<br />
piano e avanzano circonfusi da morbidezze tonali e atmosferiche. Sono ritratti<br />
dal vero, quasi schizzi, “impressioni” che raccontano, senza retorica,<br />
105
136. IL SAGRESTANO<br />
anni Cinquanta, acquaforte,<br />
cm 12 x 8,3.<br />
137. I PRETI DELLA SAGRA<br />
anni Cinquanta, acquaforte,<br />
cm 9,5 x 13,6.<br />
138. CASE DI OLLOLAI, 1955<br />
acquaforte, cm 11,6 x 11,8.<br />
136<br />
138<br />
137<br />
106<br />
l’epopea del popolo barbaricino, con un profondo senso di verità, con la<br />
partecipazione, la simpatia e la passione sempre viva dell’artista: dall’umorismo<br />
bonario de I preti della sagra (fig. 137), un’acquaforte da collocare<br />
verosimilmente negli anni Cinquanta, all’afflato lirico di scene quali Il vento<br />
nel borgo, I viandanti delle solitudini o Il cieco Bernardo, fino al pathos<br />
coinvolgente de S’Iscravamentu o de Il Cristo miracoloso. In quest’ultima acquaforte,<br />
taglia al di sotto del bacino l’immagine del Crocifisso, oggetto<br />
della religiosa commozione di tre fedeli verso i quali, inevitabilmente, si rivolge<br />
la nostra attenzione. In questo modo, non solo comunica i suoi sentimenti<br />
ma rende tutti partecipi di quel momento di preghiera. <strong>Carmelo</strong><br />
<strong>Floris</strong> racconta il dramma quotidiano della sua gente nella sua umanissima<br />
individualità, nella sua tristezza, nella sua malinconia e, senza mai cadere<br />
nell’aneddotico, trascende il particolare per restituire i valori più profondi,<br />
perciò universali.<br />
107
139. IL BANDITORE DEL<br />
VILLAGGIO, 1950<br />
acquaforte, cm 10 x 12.<br />
140. RIUNIONE IN CANONICA,<br />
anni Cinquanta, acquaforte,<br />
cm 16,1 x 24,1.<br />
141. IL GIOCO DELLA<br />
TROTTOLA, anni Cinquanta<br />
vernice molle, cm 18,5 x 13,8.<br />
142. BETTOLA DI VILLAGGIO,<br />
anni Cinquanta, acquaforte,<br />
cm 8,9 x 12,2.<br />
139<br />
141<br />
140 142<br />
108 109
143<br />
145<br />
144<br />
143. VIANDANTI POVERI, 1955<br />
puntasecca, cm 9,8 x 14.<br />
144. FESTAIOLI POVERI, 1955<br />
acquaforte e puntasecca, cm 11,9 x 10,8.<br />
145. GLI ALLEGRI NOTTAMBULI, 1954<br />
acquaforte, cm 14,7 x 11,4.<br />
110 111
LA NATURA MORTA<br />
Agli inizi del Novecento, l’opera di Cézanne fece maturare negli artisti della successiva<br />
generazione l’interesse per il genere della natura morta. Nella vasta produzione<br />
pittorica di <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> sono numerose le nature morte floreali, mentre se ne<br />
conosce un unico esemplare con frutta. Questo (fig. 146) sembra derivare direttamente<br />
dall’esempio del pittore provenzale a cominciare dall’instabilità dei frutti in<br />
primo piano, che paiono ribaltarsi in avanti a causa del drappo inclinato. A partire<br />
dagli anni Cinquanta <strong>Floris</strong> intensifica la realizzazione di una serie di opere assai interessanti<br />
che hanno per soggetto mazzi di anemoni e fiori di campo, dalie, tulipani<br />
Rembrandt (caratteristici per la screziatura dei petali), semplicemente composti entro<br />
vasi ceramici o di cristallo, nella cui trasparenza indugiano i riflessi della luce.<br />
Nel dipinto Dalie (fig. 151) alla semplice impaginazione dell’immagine fa da contrappunto<br />
una studiata armonia tonale che ripropone nello sfondo la pennellata<br />
azzurra del centrotavola e quella bianca, rosa e rossa dei fiori, buttati nel vaso con<br />
noncuranza. Opere che raggiungono esiti di grande lirismo nonostante nascano<br />
dalla quotidiana registrazione degli oggetti domestici. E questo è il loro fascino, testimonianza<br />
comune di un mondo intimo e silenzioso che è al contempo tranche de<br />
vie, così come la maggior parte degli impressionisti intesero la natura morta, ma anche<br />
memento mori: le dalie, ora aperte e rigogliose, ora avvizzite<br />
e cadenti, sono un chiaro richiamo alla vanitas, all’inevitabile<br />
decadenza della freschezza e bellezza giovinili, e propongono<br />
con leggerezza una profonda riflessione sul trascorrere inesorabile<br />
del tempo.<br />
146. NATURA<br />
MORTA, anni<br />
Trenta, olio su tavola,<br />
cm 28,8 x 40,8.<br />
147 149<br />
148 150<br />
146<br />
147. FIORI DI CAMPO, anni Cinquanta<br />
olio su tela, cm 41 x 33,2.<br />
148. NATURA MORTA CON CALENDULE,<br />
anni Cinquanta, olio su cartone telato, cm 42 x 32.<br />
149. NATURA MORTA CON ROSE,<br />
anni Cinquanta, olio su tela, cm 41 x 33,2.<br />
150. FIORI DI CAMPO, anni Cinquanta<br />
olio su tela, cm 59 x 48.
151. DALIE, anni Cinquanta<br />
olio su tela, cm 40,1 x 36,1.<br />
152. NATURA MORTA<br />
CON IRIS, anni Cinquanta<br />
olio su tela, cm 41 x 33,2.<br />
151<br />
152<br />
153. NATURA MORTA CON<br />
TULIPANI, anni Cinquanta<br />
olio su cartone, cm 37 x 27.<br />
Sin dai primi esempi, i fiori<br />
occupano un ruolo di assoluto rilievo<br />
nel genere della natura morta,<br />
spesso caricati di riferimenti simbolici<br />
e di richiami morali.<br />
153
L’ULTIMA PRODUZIONE<br />
Gli anni Trenta trascorrono nella totale tranquillità. Alla fine del 1938 <strong>Floris</strong><br />
decide di partire per recarsi a Parigi. Nella capitale francese si trattiene<br />
circa tre mesi: un’esperienza fondamentale per lui dal punto di vista artistico<br />
ed umano. Qui continua a dipingere, particolarmente ispirato dall’atmosfera<br />
di quella che è, per antonomasia, la città degli artisti. Del suo soggiorno parigino<br />
si conserva un piccolo paesaggio intitolato L’isola del cimitero dei cani<br />
sulla Senna. A Parigi il pittore incontra e frequenta Emilio Lussu, in esilio dal<br />
1929. L’autorità fascista traduce il contatto come una dichiarazione di complicità<br />
alla dissidenza al regime: al suo rientro in Italia viene perquisito alla dogana<br />
e, il 1 marzo 1939, arrestato perché trovato in possesso di materiale di<br />
propaganda antifascista. Viene chiuso in carcere a Nuoro poi a Cagliari e gli<br />
viene tolta persino la medaglia al valore, meritata al fronte, prima di essere<br />
condannato al confino alle Tremiti. Qui continua a dipingere: i soggetti preferiti<br />
sono ora i ritratti di bambini, figli della gente del posto. Dalle Tremiti viene<br />
trasferito prima a Foggia poi a Monreale d’Abruzzo. Si trova proprio in questa<br />
località quando, il 29 ottobre del 1942, giunge la notizia dell’amnistia di Mussolini<br />
che celebra l’anniversario della marcia su Roma. Tornato a casa non se ne<br />
allontana più, tranne qualche breve<br />
soggiorno in occasione delle mostre<br />
personali che, il più delle volte, gli<br />
organizzano gli amici. Dal confino<br />
invia all’amata madre un profondo e<br />
intenso Autoritratto (fig. 84, novembre<br />
1940), realizzato a sanguigna,<br />
carboncino e biacca. L’opera conserva<br />
vivi i tratti del volto che vuole comunicare<br />
il dramma di un uomo ingiustamente<br />
allontanato dalla società<br />
e dalla propria terra.<br />
<strong>Floris</strong> nutre per sua madre un amore<br />
viscerale. Un ritratto a lei dedicato<br />
(fig. 163), dipinto a metà degli anni<br />
Cinquanta, la mostra seduta frontalmente,<br />
come una Madonna rinascimentale;<br />
Graziedda ricorda nel volto<br />
e nello sguardo, umanissimo ma forte,<br />
la Sant’Anna dipinta da Masaccio<br />
nella celebre tavola intitolata Sant’Anna<br />
metterza. Un ritratto che non solo<br />
permette di penetrare la sfera personale<br />
e privata degli affetti familiari,<br />
ma diventa una celebrazione della dignità<br />
di tutte le donne sarde, delle<br />
madri, delle mogli, capaci di mantenere<br />
un severo dignitoso contegno<br />
anche nella sofferenza più profonda.<br />
Lo sfondo qui indefinito, fatto di<br />
pennellate veloci e filamentose, in<br />
Ritratto di fanciulla (fig. 71), dipinto<br />
da <strong>Floris</strong> più o meno negli stessi<br />
155<br />
154<br />
154. MANDRIANI, anni Cinquanta<br />
tempera su carta incollata su cartone, cm 13,2 x 19,4.<br />
155. PILATO CHE SI LAVA LE MANI, anni<br />
Cinquanta, tempera su cartone, cm 42,6 x 29,6.<br />
156. FLAGELLAZIONE, anni Cinquanta<br />
tempera su cartone, cm 25,8 x 15,7.<br />
156<br />
116<br />
117
157<br />
anni, al contrario, lascia spaziare lo<br />
sguardo dell’osservatore che, andando<br />
oltre il primissimo piano, si perde<br />
nella descrizione della campagna<br />
assolata.<br />
A ripercorrere la parabola artistica<br />
compiuta da <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> ci si rende<br />
conto che il suo percorso stilistico<br />
non ha subito grossi mutamenti, fatta<br />
eccezione per la decisiva svolta realista<br />
compiuta negli anni Venti: un’assidua<br />
ricerca del “vero” che a partire dagli<br />
anni Cinquanta si scontra con l’inevitabile<br />
mutamento dei tempi.<br />
E se un’opera come Settimana santa<br />
(fig. 11), dipinta intorno al 1952, nell’evocare uno dei momenti più toccanti<br />
della Passione rivela la commossa partecipazione di un artista addentro<br />
agli orientamenti espressionisti del filone neorealista isolano, la semplificazione<br />
formale delle ultime opere, come pure della Via Crucis – destinata<br />
alla cattedrale di Santa Maria della Neve a Nuoro, incarico per metà diviso<br />
col pittore Giovanni Ciusa Romagna –, fatta in nome di una sterile necessità<br />
di adeguamento alla “modernità”, viene a ripercuotersi negativamente<br />
sulla qualità del suo lavoro.<br />
Artista completo, dipinge ritratti, paesaggi e delicate nature morte, alle quali<br />
si dedica soprattutto a partire dagli anni Cinquanta, conosce tutti i segreti<br />
dell’incisione su legno e su rame, è attivo nel campo delle arti applicate con<br />
la realizzazione di mobili ed eleganti cornici che paiono opere di raffinati<br />
ebanisti. Nell’ultimo decennio della sua vita diventa il protagonista di una<br />
nuova grande impresa: la ceramica (figg. 32, 166-167). Linee di contorno<br />
nere e spesse definiscono goffe figure, a volte troppo grandi per gli spazi che<br />
le contengono; protagoniste assolute della scena avanzano, danzano o suonano<br />
in un’atmosfera da fiaba che in modo insistito concede spazio al caratteristico<br />
e all’aneddotico. Paesaggi solari e luminosi, distesi<br />
e leggeri come i colori che suggeriscono i cieli degli<br />
sfondi, immagini felici che testimoniano l’amore dell’artista<br />
per la sua terra dalla quale non vuole allontanarsi<br />
neanche nel momento estremo della morte: ricoverato a<br />
Nuoro, in seguito all’aggravarsi delle condizioni di salute,<br />
lascia l’ospedale nella speranza di poter rivedere ancora<br />
una volta i luoghi del cuore.<br />
157. PROCESSIONE<br />
AD OLZAI, 1960<br />
olio su tela,<br />
cm 70,5 x 60,7.<br />
158. PROCESSIONE<br />
IN BARBAGIA (1960)<br />
olio su tela, cm 69 x 49,<br />
coll. Regione <strong>Sardegna</strong><br />
158<br />
118 119
CRONOLOGIA<br />
1891 <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> nasce a Bono (Sassari).<br />
1896-98 Viene trasferito a Ollolai per essere affidato alle cure di uno zio materno,<br />
il parroco Carlo Nonnis, mentre la madre, rimasta vedova, si reca a<br />
Nuoro per lavorare. In questi anni conosce Biasi, ospite nella casa dello zio.<br />
1899-03 Raggiunta la madre, termina la scuola elementare a Nuoro: qui ha<br />
come maestro il noto “Mastru Predischedda”, che stimola le doti artistiche<br />
del ragazzo.<br />
1904-07 La madre lavora come sarta per la famiglia Deffenu. <strong>Carmelo</strong> frequenta<br />
il ginnasio.<br />
1908 La famiglia si trasferisce a Olzai, accettando l’invito del vecchio parente<br />
don Agostino Satta, che offre loro ospitalità in cambio di assistenza.<br />
1909-10 Interrotti gli studi classici, si reca a Roma per frequentare l’Accademia<br />
di Belle Arti. A Roma abita in una soffitta con Melkiorre Melis; assieme<br />
seguono i corsi della Scuola Libera del Nudo e dell’Accademia di Francia.<br />
1914 Grazie all’amico Attilio Deffenu, pubblica alcune illustrazioni sulla rivista<br />
<strong>Sardegna</strong>.<br />
1915-18 Si arruola nella Brigata “Sassari”. Combatte per tre anni sull’altopiano<br />
di Asiago e sul Piave. Continua a dipingere e alcune sue caricature vengono<br />
esposte alla I Esposizione Artistica Sarda, tenutasi a Sassari nel settembre<br />
del 1916 per la mobilitazione civile. Il 29 gennaio 1918, a Col D’Echele, viene<br />
insignito della Medaglia d’Argento al valor militare, per il coraggio dimostrato<br />
in battaglia. Tornato a casa, aderisce all’Unione dei Combattenti prima<br />
e al Partito Sardo d’Azione poi.<br />
159<br />
1919-20 Con Mario Delitala inizia ad esplorare i paesi della Barbagia, spingendosi<br />
fino alle zone costiere. Probabilmente in questo<br />
periodo è ospite a Desulo del poeta Montanaru (Antioco<br />
Casula). Nel 1920 collabora con alcune illustrazioni<br />
159. <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong><br />
nel giardino della sua<br />
casa a Olzai nei primi<br />
alla Rivista Sarda, edita a Roma.<br />
anni Cinquanta.<br />
120<br />
121
1921-22 Partecipa alla I Biennale Nazionale<br />
d’Arte a Roma e alla Mostra<br />
d’Arte Sarda, tenutasi a Cagliari nella<br />
primavera del ’21. Collabora con il<br />
fiorentino Il giornalino della Domenica<br />
di Vamba.<br />
1923-24 Espone alla Quadriennale<br />
di Torino e alla XCI Esposizione di<br />
Belle Arti a Roma. Dal ’24 alcune sue<br />
illustrazioni vengono pubblicate su Il<br />
Nuraghe.<br />
1925-27 Su invito dello scultore Francesco<br />
Ciusa si trasferisce ad Oristano<br />
per insegnare disegno alla Scuola di<br />
Arti Applicate. È tra i partecipanti alla<br />
XCIII Esposizione degli Amatori e<br />
Cultori di Belle Arti, tenutasi a Roma<br />
nel 1926 al Palazzo delle Esposizioni.<br />
Esegue un manifesto pubblicitario per<br />
la rassegna dei prodotti alimentari sardi<br />
in America.<br />
1928-29 A Cagliari espone alcuni oli<br />
e due xilografie alla Mostra d’Arte in<br />
omaggio a Luigi Caldanzano. Firma<br />
la carta costitutiva della Famiglia Artistica<br />
Sarda, sorta per la promozione<br />
e la tutela degli artisti sardi in ambito<br />
nazionale.<br />
1930-31 È presente alla Prima Mostra<br />
organizzata in <strong>Sardegna</strong> dal Sindacato<br />
Fascista Belle Arti, di cui era stato segretario<br />
per la provincia di Nuoro;<br />
ogni anno rinnoverà la sua partecipazione<br />
fino al 1938. Nel 1931 espone<br />
alla I Quadriennale Nazionale d’Arte<br />
di Roma.<br />
122<br />
160. SALVIAMO IL FANCIULLO, 1923, cartolina.<br />
161. PROCESSIONE, copertina di<br />
Mediterranea, Cagliari, a. VII, n. 6, giugno 1933.<br />
160<br />
161<br />
1935-37 Partecipa come “fiduciario”<br />
alla Sesta Sindacale, tenutasi a Nuoro<br />
nel 1935. Nel giugno del ’36 organizza<br />
la sua prima personale a Sassari.<br />
A marzo dell’anno successivo inaugura<br />
la sua seconda personale a Cagliari<br />
presso la galleria Palladino.<br />
1938-42 Alla fine del ’38 si reca a<br />
Parigi dove incontra l’amico Emilio<br />
Lussu, in esilio dal 1929. Ripartito,<br />
dopo tre mesi, viene fermato al confine<br />
e arrestato perché trovato in<br />
possesso di materiale propagandistico<br />
del movimento “Giustizia e Libertà”.<br />
Detenuto prima a Nuoro poi<br />
a Cagliari, è privato della medaglia<br />
al valore, condannato a cinque anni<br />
di confino e condotto alle isole Tremiti.<br />
Qui realizza il bellissimo autoritratto<br />
a sanguigna che invia alla<br />
162. CORTEO NUZIALE, 1936<br />
partecipazione di nozze, xilografia, cm 17,6 x 12,2.<br />
madre. Dalle Tremiti è trasferito prima a Foggia poi a Monreale d’Abruzzo<br />
dove, il 29 ottobre del 1942, lo raggiunge l’amnistia promulgata da Mussolini<br />
per festeggiare il ventennale della marcia su Roma. Rientra ad Olzai.<br />
1944 A febbraio espone alla Triennale di Tempio Pausania.<br />
1948 Partecipa con alcune sue opere all’Ottobrata Iglesiente. È databile a<br />
quest’anno la realizzazione del grande trittico destinato alla sala consiliare del<br />
Municipio di Iglesias.<br />
1949 Sue opere sono presenti sia al Concorso Nazionale di Pittura a Siena,<br />
sia a Venezia dove, all’Opera Bevilacqua La Masa, viene ospitata la grande<br />
mostra sull’arte figurativa sarda in parallelo all’altra di natura archeologica.<br />
1952 Si unisce in matrimonio con Maria Porcu, originaria di Gavoi. Un<br />
suo olio, intitolato Paesaggio, viene segnalato dalla giuria della Mostra Regionale<br />
di Pittura, tenutasi a Nuoro alla fine dell’anno.<br />
1953-54 Lavora col pittore Giovanni Ciusa Romagna alla Via Crucis per la<br />
123<br />
162
163<br />
164 165<br />
cattedrale di Santa Maria della Neve<br />
a Nuoro. A gennaio del ’54 si inaugura,<br />
a Roma, una sua personale di<br />
grafica presso la Fondazione “Ernesta<br />
Besso”.<br />
1955 A marzo, presso la sede degli<br />
Amici del Libro di Cagliari, inaugura<br />
una mostra personale.<br />
1956 Il suo nome compare insieme<br />
a quello degli altri incisori sardi che<br />
partecipano alla mostra itinerante<br />
che da febbraio a luglio tocca i principali<br />
centri tedeschi e olandesi. A<br />
marzo, nella città di Rovereto, viene<br />
inaugurata una sua mostra presso la<br />
galleria d’Arte “Delfino”.<br />
1957 Espone prima a Viareggio,<br />
presso la Bottega dei Vageri poi, a<br />
maggio, a Sassari con un ampio repertorio<br />
grafico e pittorico. Ad agosto,<br />
con il dipinto Rione di Gavoi,<br />
vince il premio “Città di Nuoro”, in<br />
occasione del Premio <strong>Sardegna</strong>. Il 16<br />
dicembre dello stesso anno muore<br />
l’amata madre Grasiedda.<br />
166. IN VIAGGIO,<br />
anni Cinquanta<br />
vassoio in terraglia<br />
dipinta sotto vetrina,<br />
cm 17,9 x 17,5.<br />
167. PROCESSIONE,<br />
anni Cinquanta<br />
piatto in terraglia<br />
dipinta sotto vetrina,<br />
Ø cm 26,2.<br />
<strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong> si<br />
dedicò con costanza<br />
alla ceramica solo<br />
nell’ultimo decennio<br />
di attività. Mario<br />
Delitala lo ricorda<br />
nel suo studio di Olzai,<br />
intento a tessere i<br />
racconti della fiera<br />
gente di <strong>Sardegna</strong>.<br />
Temi e soggetti, ripresi<br />
dalla vasta produzione<br />
pittorica e incisoria,<br />
che filtrati dalla<br />
trasparenza<br />
dell’invetriatura<br />
accentuano il loro<br />
carattere epico e<br />
favoloso.<br />
166<br />
163. MIA MADRE, anni Cinquanta<br />
olio su tela, cm 60 x 50.<br />
164. COLOMBA, ante 1935<br />
ex libris, xilografia, cm 4,1 x 3,5.<br />
165. DON CHISCIOTTE, ante 1935<br />
ex libris, xilografia, cm 3,9 x 3,2.<br />
1960 Dopo il grande successo della<br />
personale fiorentina, tenutasi tra febbraio<br />
e marzo presso la Casa degli<br />
Alighieri, in estate si ammala. Ricoverato<br />
all’ospedale di Nuoro, chiede<br />
di essere dimesso con la speranza di<br />
vedere ancora una volta il suo paese,<br />
Olzai. Muore il 22 agosto.<br />
167<br />
124<br />
125
DOVE VEDERE FLORIS<br />
Nuoro:<br />
Olzai:<br />
1. Cattedrale di Santa Maria della Neve<br />
2-3. MAN, Museo d’Arte della Provincia di Nuoro (figg. 37, 42, 121)<br />
4. Casa Studio, collezione comunale<br />
5. Parrocchia di San Giovanni Battista<br />
12<br />
1<br />
2<br />
Cagliari: 6. Università di Cagliari, Collezione Piloni (fig. 66)<br />
7. Galleria Comunale d’Arte<br />
8. Galleria Comunale d’Arte, Raccolta Valle, nucleo di 46 incisioni<br />
Iglesias:<br />
9. Comune, Aula Consiliare<br />
3<br />
Arborea: 10. Villa del presidente della Società Bonifiche Sarde (fig. 53)<br />
Seneghe: 11. Parrocchiale, Cappella del S.S. Sacramento (in collaborazione con il<br />
pittore Giovanni Ciusa Romagna)<br />
Bosa:<br />
12. Raccolta Permanente A. Atza<br />
11<br />
4<br />
PER UN APPROFONDIMENTO<br />
SULL’OPERA DI CARMELO FLORIS:<br />
<strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong>, a cura di E. Piras, Chiarella,<br />
Sassari, 1980.<br />
<strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong>, a cura di E. Piras, Chiarella,<br />
Sassari, 1991.<br />
G. Altea, M. Magnani, Pittura e Scultura<br />
del Primo ’900, Ilisso, Nuoro, 1995.<br />
10<br />
5<br />
Salvatore Naitza<br />
Maria Grazia Scano<br />
CARMELO<br />
FLORIS<br />
ILISSO<br />
Il più completo volume monografico:<br />
M. G. Scano, S. Naitza, <strong>Carmelo</strong> <strong>Floris</strong>,<br />
Ilisso, Nuoro, 1992.<br />
9<br />
126<br />
6<br />
8<br />
7
Finito di stampare nel mese di agosto 2004<br />
presso lo stabilimento della Fotolito Longo, Bolzano