I Siciliani - Libera Informazione
I Siciliani - Libera Informazione
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I <strong>Siciliani</strong><br />
www.isiciliani.it<br />
giovani<br />
A che serve essere vivi,<br />
se non c’è<br />
il coraggio di lottare<br />
ottobre 2012<br />
Sicilia: la gente non vota più.<br />
I poteri reali - spesso mafiosi -<br />
senza opposizione<br />
nel palazzo.<br />
Governo gattopardo<br />
eletto dal 15%<br />
Lontanissimi<br />
i tempi di<br />
Pio La Torre.<br />
Intanto<br />
in Calabria<br />
le donne<br />
fondano<br />
la loro<br />
prima tv.<br />
E’ il primo<br />
segnale vero del<br />
dopo-berlusconi.<br />
ROCCELLA JONICA/<br />
Mentre la politica<br />
“FIMMINA TV”<br />
si recita,<br />
di Michela Mancini<br />
nel mondo reale<br />
accadono<br />
tante piccole cose<br />
L’altra politica<br />
NAPOLI/ LA GUERRA DEI CATTIVI RAGAZZI CIANCIO: ADDIO IMPERO MAZZEO/ IL CASO BOTTARI<br />
INTERVISTE: BASILIO RIZZO CASTANO/'NDRANGHETA CELESTE GIACALONE/ TRAP<br />
MIRONE/ ICASO MANCA RICORDO DI GIOVANNI SPAMPINATO PERIFERIE<br />
UN ALBERO PER LEA CAVALLI/ LA QUALUNQUE AL NORD SPARTA’/ NO MUOS<br />
MAZZEO/ GENERAZIONI DI PACE SATIRA/“MAMMA!” JACK DANIEL<br />
CASELLI/ IL DNA DI TANGENTOPOLI<br />
DALLA CHIESA/ ‘NDRANGHETA COME LOBBY<br />
ROCCUZZO/ SCIDA’, SALVI: A CHI FANNO PAURA<br />
ebook<br />
omaggio
www.isiciliani.it<br />
facciamo<br />
rete<br />
http://www.marsala.it/<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 2
www.isiciliani.it<br />
“Noi<br />
siamo<br />
di più”<br />
Immaginate una sala di un cinema con 161 poltrone dove<br />
siedono ragazzi, giovani, anziani, adulti, bambini e neonati.<br />
Chiudete gli occhi e nel momento in cui li riaprite davanti a voi<br />
su quelle 161 poltrone occupate da ragazzi, giovani, anziani,<br />
adulti, bambini e neonati ci sono solo corpi dilaniati, volti<br />
tumefatti, brandelli fumanti, addomi spappolati, crani sfondati,<br />
materia celebrare diventata un tutt'uno con il piombo sciolto dei<br />
proiettili esplosi.<br />
E' una raffigurazione raccapricciante. E' vero. Dà una stretta<br />
allo stomaco e guasta i bei propositi che avevate prima di<br />
imbattervi in quest'articolo. Mi rendo conto. Scusatemi,<br />
davvero. Non vi sto raccontando la trama di un film dell'orrore<br />
certo che no. Sono i corpi straziati dai killer che ho visto in tanti<br />
anni di cronaca nera. Quei 161 morti accatastati nel cinema,<br />
sono morti veri. Sono le vittime innocenti della camorra in<br />
quarant'anni di mattanza per le strade di Napoli. Sono le vite<br />
umane strappate con immane violenza ai loro affetti dai clan<br />
straccioni. Sono le storie dei giusti colpiti dalla barbarie cieca<br />
dei gruppi di fuoco che nei decenni si sono affrontati per<br />
conquistare per conto dei loro capi, la leadership criminale.<br />
E' “normale” che tutto questo continui ad accadere nella<br />
capitale del Mezzogiorno d'Italia, in un paese occidentale tra i<br />
soci fondatori dell'Unione Europea E' accettabile che per altri<br />
quarant'anni non si fermi questa carneficina Le cifre sono cifre.<br />
Dentro quel numero “161” ci sono nomi e cognomi, sogni,<br />
intelligenze, desideri, amori, speranze, sentimenti, idealità.<br />
Dentro quel numero ci sono altri lutti: un padre, una madre,<br />
una moglie, un figlio, un fratello, una sorella, una fidanzata, un<br />
amico che non abbracceranno più.Dopo la resistenza al<br />
nazifascismo, le vittime innocenti della criminalità in “tempi di<br />
pace” rappresentano il più alto tributo di sangue versato dal<br />
dopo guerra ad oggi.<br />
Dopo Pasquale Romano, il 30enne trucidato sotto casa della<br />
fidanzata - in una desolata strada di Marianella alla periferia<br />
nord di Napoli – a chi toccherà Alla fine si resta spiazzati,<br />
folgorati, commossi di fronte alle parole dei familiari di<br />
Pasquale che in punta di dolore ti suggeriscono la risposta che<br />
cercavi: “Il mondo non può più girare al contrario. Non bisogna<br />
avere paura dei camorristi. Sono loro che devono avere paura di<br />
noi. Noi dobbiamo continuare a uscire per la strada a testa alta.<br />
Sono loro che si devono nascondere. Noi siamo di più”.<br />
(Arnaldo Capezzuto)<br />
I <strong>Siciliani</strong> giovani<br />
* Sottoscrivi per i <strong>Siciliani</strong> Giovani:<br />
IT 28B 05018 04600 000000148119<br />
Associazione Culturale <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 3
www.isiciliani.it<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
OTTOBRE 2012 numero nove<br />
Questo numero<br />
"Noi siamo di più" I <strong>Siciliani</strong> 3<br />
Il Dna di Tangentopoli di Gian Carlo Caselli 6<br />
La 'ndrangheta lobby fra le lobby di Nando dalla Chiesa 7<br />
Scidà, Salvi: a chi fanno paura di Antonio Roccuzzo 8<br />
Lettera al presidente Napolitano di Giambattista Scidà 9<br />
Comincia ora di Riccardo Orioles 10<br />
Italie<br />
E' nata la tv delle donne di Michela Mancini 12<br />
E intanto, Telejunior... di Nicola Capizzi e Michela Mancini 13<br />
Dal boia chi molla all'arraffa-arraffa di Dario Costantino 16<br />
Rewind-Forward di Francesco Feola 17<br />
Mafie<br />
Messina/ Quando cominciò tutto di Antonio Mazzeo 20<br />
Napoli/ La guerra dei cattivi ragazzi di Antonio DiCostanzo 22<br />
Dell’Utri/ Si stringe il cerchio di Arnaldo Capezzuto 24<br />
Trapani/ Mafia e antimafia di Rino Giacalone 26<br />
Nord e Sud<br />
Catania/ Ciancio addio di Claudia Campese, Salvo Catalano 28<br />
Interviste/ Basilio Rizzo di Paolo Fior 30<br />
Cetto La Qualunque al nord di Giulio Cavalli 32<br />
Sistema<br />
Contrada e la mafia grigia di Pino Finocchiaro 33<br />
Milano e la 'ndrangheta Celeste di Ester Castano 34<br />
Riina Jr fra libri e belle ragazze di Salvo Ognibene 37<br />
Dossier/ Il caso Manca di Luciano Mirone 38<br />
Mafia Spa di Aaron Pettinari 42<br />
I FILI DELLA RETE<br />
Abbiamo qualche difficoltà a coordinare le iniziative che arrivano<br />
dalle varie città, e che tendono a superare le nostre capacità<br />
di risposta. Poco male: non siamo una redazione centralizzata<br />
ma una rete, perciò la maggior parte delle decisioni<br />
possono essere tranquillamente prese dai vari gruppi locali,<br />
che non sono diramazioni di un centro ma testate e soggetti<br />
autonomi. Nodi di rete appunto, il cui coordinamento non è affidato<br />
a una improbabile disciplina ma al senso di responsabilità<br />
e di condivisione di ciascuno.<br />
Finora ha funzionato, e non c'è niente di strano, perché è il<br />
modello (vincente) di internet e non quello (obsoleto) delle<br />
vecchie aziende, imprese e (persino) partiti.<br />
Bisognerà vedere adesso se funzionerà nella fase seconda,<br />
quella più propriamente “industriale”, che si aprirà con l'andata<br />
in edicola del prodotto stampato. Quando Da dicembre, se<br />
vogliamo (le condizioni tecniche ci sono), o da subito dopo (se<br />
i test preliminari dureranno qualche giorno in più).<br />
L'edicola, di per sè, non è importante: la forza di questo<br />
giornale, come di ogni altro giornale vero, è oramai prevalentemente<br />
nella rete; la carta è in più. Ma per noi è importante<br />
sentimentalmente (e dunque “politicamente”): la parola “I <strong>Siciliani</strong>”<br />
è una bandiera, e s'ha da vedere dappertutto.<br />
La settimana scorsa a Napoli (scelta<br />
non casuale) abbiamo aperto la<br />
campagna per l'andata in edicola del<br />
giornale. La riprenderemo a Bologna,<br />
al “festival” (dal 27al 30) di<br />
Diecieventicinque, che festeggia un<br />
anno e che dall'inizio fa parte, molto<br />
brillantemente, della nostra rete. Sospettiamo<br />
che vogliano emulare i<br />
loro amici di Modica (il Clandestino),<br />
col loro Festival del Giornalismo<br />
estivo, ormai nazionale.<br />
Stringe il cuore pensare fra quale<br />
povertà e con che sacrifici tutti questi<br />
ragazzi, al nord e al sud, portino<br />
avanti quest'impresa di tutti, questa<br />
rete. E con quale allegria, e con che<br />
felicità di risultati. Davvero, è un<br />
mondo nuovo.<br />
Un giornale precario, organizzato da precari, scritto da precari,<br />
in una generazione spietatamente condannata al precariato.<br />
Ma che non hanno domato, che ancora ha speranze e ricordi,<br />
e che probabilmente alla fine vincerà. “Voi avete portato<br />
alla rovina l'Italia – disse quel tale – ma noi la ricostruiremo”.<br />
*<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 4
www.isiciliani.it<br />
SOMMARIO<br />
DA' UNA MANO: I <strong>Siciliani</strong> giovani, Banca Etica,<br />
IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
DISEGNI DI MAURO BIANI<br />
Sistema<br />
Contrada e la mafia grigia di Pino Finocchiaro 33<br />
Milano e la 'ndrangheta Celeste di Ester Castano 34<br />
Riina Jr fra libri e belle ragazze di Salvo Ognibene 37<br />
Dossier/ Il caso Manca di Luciano Mirone 38<br />
Mafia Spa di Aaron Pettinari 42<br />
Per Giovanni Spampinato<br />
“Compagno cronista" di Attilio Occhipinti 45<br />
Appunti di viaggio di Giulio Pitroso 46<br />
Satira<br />
"Mamma!" a cura di Gubitosa, Kanjano e Biani 49<br />
Libri<br />
Napoli a piena voce di Napoli Monitor 53<br />
Graphic journalism<br />
Lorenza Lanzino di Celeste Costantino, Marina Comandini 54<br />
Italia<br />
Non tutte le antimafie. portano in paradiso di Salvo Vitale 56<br />
La fine della politica di Pietro Orsatti 58<br />
Storie/ Satripan cadupàn... di Jack Daniel 60<br />
Fotoreportage<br />
Quartieri dall’alto di Mara Trovato 61<br />
Sindacato<br />
Cara Camusso... di Gabriele Centineo 65<br />
Tecnologie<br />
Crowdfunding e bitcoin di Fabio Vita 66<br />
Italia<br />
Quale Provincia di Francesco Appari, Giacomo Di Girolamo 68<br />
Come ti sfrutto il pubblicista di Carmelo Catania 70<br />
Petrolio di Enrica Frasca, Francesco Ruta e Giorgio Ruta 72<br />
Periferie di Domenico Pisciotta e Giovanni Caruso 74<br />
Tre città del Sud di Attilio Occhipinti 76<br />
Musica<br />
Triste, solitario y surreal di Antonello Oliva 78<br />
Storia<br />
Placido Rizzotto di Elio Camilleri 79<br />
Politica<br />
Un'aspirina contro la polmonite di Riccardo De Gennaro 80<br />
Al mercato delle belle idee di Giovanni Abbagnato 81<br />
Società civile<br />
Un albero per Lea 82<br />
Giornalismo di Valentina Sgambetterra e Martina Mazzeo 83<br />
Da Niscemi a Ravenna di Sara Spartà 84<br />
Generazioni di pace di Antonio Mazzeo 86<br />
Immagine<br />
La lettrice di Fabio D'Urso e Luciano Bruno 87<br />
Il filo<br />
Di chi è la colpa di Giuseppe Fava 88<br />
Un ebook<br />
in omaggio<br />
con questo<br />
numero<br />
Il drammatico<br />
“J'accuse”<br />
dell'antimafia<br />
catanese<br />
KINDLE IPAD PDF<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 5
www.isiciliani.it<br />
Corruzione e anticorruzione<br />
Il Dna<br />
di Tangentopoli<br />
di Gian Carlo Caselli<br />
C’è una forte tendenza a collocare la<br />
data di nascita della corruzione, in Italia,<br />
al 1992. Vent’anni fa, quando<br />
l’inchiesta di “Mani pulite” fece esplodere<br />
lo scandalo di una corruzione così<br />
radicata nella politica, nell’amministrazione<br />
e nell’imprenditoria da costringerci<br />
a coniare una nuova parola ( corruzione<br />
“sistemica”) per poterne<br />
delineare l’ampiezza e le implicazioni.<br />
Prima di “Mani Pulite”<br />
Ma anche prima di Tangentopoli ci<br />
sono stati, in Italia, gravissimi scandali<br />
ricollegabili a fenomeni di corruzione<br />
diffusa: Italcasse, fondi neri IRI, Lockheed,<br />
babane e petroli, Teardo, Zampini,<br />
Longo e Nicolazzi.<br />
Dunque, la corruzione è una triste<br />
realtà del nostro Paese, si potrebbe dire<br />
da sempre. Ma ancor più triste è<br />
un’altra realtà: la costante assenza di<br />
robusti e significativi interventi di<br />
contrasto della corruzione dilagante –<br />
sia prima sia dopo Tangentopoli – sul<br />
piano legislativo come su quello dei<br />
controlli (amministrativi e sociali, cioè<br />
dell’informazione). E così, nel terzo<br />
millennio, nell’anno di grazia 2012, siamo<br />
ancora a discutere se dotarci o<br />
meno di una legge contro la corruzione.<br />
Per superare i ricatti e i veti incrociati<br />
delle diverse componenti della<br />
“maggioranza”, il governo Monti è stato<br />
costretto a mettere la fiducia al Senato<br />
su di un progetto che ora andrà<br />
alla Camera per la seconda lettura. Intanto<br />
però risulta evidente che il testo<br />
votato al Senato per alcuni decisivi profili<br />
costituisce - incredibile ma vero ! –<br />
un sostanziale arretramento.<br />
Oggi esiste un solo reato di concussione.<br />
Nella nuova legge la conclusione<br />
si sdoppia, essendo previste la concussione<br />
per “costrizione” e quella per “induzione”.<br />
Per la prima le vecchie pene<br />
sono leggermente aumentate e la prescrizione<br />
rimane di 15 anni. Per la seconda<br />
invece sono previste pene dai 3<br />
agli 8 anni che comportano una prescrizione<br />
ridotta a 10 anni.<br />
Di fatto cancellati molti processi<br />
Ora, statisticamente la concussione<br />
per “induzione” è di gran lunga la più<br />
frequente, per cui c’è il rischio – quasi<br />
la certezza – che in futuro si lavori a<br />
vuoto, mentre per il passato (essendo la<br />
nuova norma retroattiva) potrebbero risultare<br />
di fatto cancellati moltissimi<br />
processi, fra cui alcuni “celebri”, come<br />
quello Penati o quello Ruby-Berlusconi).<br />
La nuova norma è incorrente<br />
Tanto premesso, è evidente che la<br />
nuova norma è incoerente: mentre si<br />
dice di voler combattere la corruzione,<br />
di fatto la si favorisce. Tanto più che<br />
mentre si abbassa la prescrizione, nella<br />
concussione per “induzione” è punita<br />
anche la “vittima”, che perciò sarà portata<br />
a starsene zitta per una inevitabile<br />
solidarietà con il concussore. E dire che<br />
l’Europa da sempre ci rimprovera duramente<br />
per le troppe prescrizioni.<br />
E il falso in bilancio<br />
Che almeno si abbia il pudore di non<br />
dire – in questo caso – che è l’Europa a<br />
chiedercelo. Cosi come avrebbe poco a<br />
che fare col pudore negare che si è persa<br />
una grande occasione per reintrodurre<br />
nel nostro sistema una norma di civiltà,<br />
quella che punisce il falso in bilancio:<br />
posto che esso serve a costituire<br />
quei fondi neri che sono appunto l’anticamera<br />
della corruzione.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag.6
www.isiciliani.it<br />
Società incivile<br />
La 'ndrangheta<br />
lobby fra le lobby<br />
di Nando dalla Chiesa<br />
Domenico Zambetti, assessore<br />
alla Casa della giunta Formigoni, è<br />
stato eletto alla Regione Lombardia<br />
con migliaia di voti della ‘ndrangheta.<br />
Un bel pacchetto: 4000, pare. E’<br />
uno dei rarissimi casi fin qui accertati<br />
di compravendita dei voti, a far data<br />
dal 1992, l’anno in cui venne introdotto<br />
l’articolo 416 ter (il voto di scambio<br />
mafioso). Insomma, un’autentica<br />
mosca bianca nel nostro infinito museo<br />
degli orrori.<br />
I voti comprati<br />
Però se ha comprato i voti, se ha<br />
dovuto scucire cinquanta euro per<br />
ogni crocetta sul suo nome, vuol dire<br />
che l’assessore non era organico alle<br />
cosche.<br />
Quando si è organici, infatti, i voti<br />
si ricevono senza mercanteggiarli. Il<br />
rapporto del candidato con l’organizzazione<br />
è tale che lo si sostiene in virtù<br />
di un’investitura naturale, di un vincolo<br />
associativo o di fiducia, perché si<br />
sa che dalle istituzioni il proprio rappresentante<br />
vittorioso non potrà che<br />
aiutare gli “amici” in tutte le forme<br />
necessarie e possibili.<br />
I candidati “normali”<br />
Dunque Zambetti non è un mafioso.<br />
E questo per un verso alleggerisce<br />
il cuore. Per altro verso però genera<br />
una preoccupazione ancora maggiore.<br />
Perché vuol dire che alla ‘ndrangheta<br />
possono rivolgersi anche i candidati<br />
normali, solo un tantino o tanto<br />
spregiudicati, in cerca di voti comunque.<br />
Che la ‘ndrangheta è diventata un<br />
interlocutore possibile (e interessato)<br />
di molti, che sta sul mercato e lì può<br />
trovare clienti a iosa. Dipende dalla<br />
moralità pubblica. E questo diventa il<br />
tema.<br />
In una regione dove la moralità<br />
pubblica è stata presa a picconate<br />
dall’uomo che guida da vent’anni il<br />
centrodestra dalle sue ville brianzole,<br />
dove il governatore ne ha fatto un orpello<br />
del tutto subalterno alla fame di<br />
potere del pianeta ciellino, dove la sinistra<br />
ha avuto il suo baricentro in Filippo<br />
Penati, il terreno è diventato fertile<br />
per questo tipo di scambi.<br />
La ‘ndrangheta è diventata lobby<br />
tra le lobby, come l’unione dei commercianti,<br />
come l’Azione Cattolica,<br />
come le cooperative.<br />
E anche la mafia ora è “normale”<br />
Dove tutto o quasi è stato ridotto a<br />
scambio tra privati, sanità inclusa, i<br />
clan sono diventati parte normale del<br />
gioco: quello politico o quello degli<br />
affari, che sotto Formigoni sono diventati<br />
praticamente la stessa cosa.<br />
E’ con questa sconvolgente novità,<br />
finalmente diventata fatto evidente,<br />
che la Lombardia è chiamata a fare i<br />
conti. Se almeno una volta vorrà tirare<br />
la testa fuori dalla sabbia.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag.7
www.isiciliani.it<br />
Giustizia/ Nella città dei Cavalieri<br />
Scidà, Salvi:<br />
a chi fanno paura<br />
Catania. “Questa Procura non s'ha da fare|”. Don<br />
Rodrigo, don Abbondio, l'Azzeccagarbugli, l'Innominato,<br />
e - sullo sfondo - i bravi<br />
di Antonio Roccuzzo<br />
La saggezza (e l’eleganza) spesso e<br />
da decenni non abita più nei Palazzi di<br />
giustizia. A Catania, men che meno. Il<br />
giudice Giambattista Scidà saggiamente<br />
sosteneva: “Poiché ho scelto di fare il<br />
magistrato, devo dare ogni giorno<br />
l’esempio di moralità e di coerenza alla<br />
mia comunità”. E citando Piero Calamandrei<br />
ricordava uno dei principi della<br />
legalità costituzionale: “La giustizia<br />
deve essere e apparire un potere separato<br />
dagli altri due, poiché ha il compito<br />
di controllarli entrambi”.<br />
Ecco, cito Titta Scidà, ma penso alla<br />
storia di Giovanni Salvi e della corsa (riaperta)<br />
al vertice della Procura della Repubblica<br />
di Catania. La questione, un po’<br />
grottescamente, è nuovamente nelle mani<br />
del Csm e in quelle del Consiglio di Stato:<br />
Giovanni Tinebra e Giuseppe Gennaro<br />
hanno fatto ricorso, rivendicato il maggiore<br />
diritto di essere procuratori e rimesso in<br />
discussione la scelta di 12 mesi fa.<br />
Vedremo l’esito finale, detto che quel<br />
Palazzo non ha certamente bisogno di corsi<br />
e ricorsi, di liti e pretese dopo decenni<br />
di rimozioni, scandali e teste sotto la sabbia.<br />
Ma secondo me, Scidà aveva ragione<br />
e quando usava quelle parole descriveva e<br />
fustigava, per contrasto, la tradizionale<br />
“non estraneità” del potere giudiziario alla<br />
politica e all’economia deviate a Catania.<br />
Dei tre concorrenti, Salvi è l’unico “estraneo”<br />
a Catania.<br />
E mi piace immaginare che, indiscusso<br />
curriculum a parte, la maggioranza del<br />
Csm un anno esatto fa, poco prima che<br />
Scidà morisse non senza aver invocato<br />
una scelta “estranea” a Catania per quella<br />
poltrona, abbia fatto la scelta di Salvi anche<br />
in ossequio di quello esprit de loi:<br />
mettere al vertice dell’ufficio della pubblica<br />
accusa (di cui Catania ha grande bisogno,<br />
dopo decenni di distrazioni e inazione)<br />
un uomo che è - e appare – del tutto<br />
“estraneo” al contesto.<br />
“Nec prope, nec procul”<br />
Un magistrato vicino alla giustizia e<br />
lontano dalle relazioni localistiche. “Nec<br />
prope, nec procul”, dicevano i latini e si<br />
riferivano alla necessità di stare alla giusta<br />
distanza dal fuoco. Giovanni Salvi, in fondo,<br />
è questo: né vicino a Catania, né lontano<br />
dalla fedeltà alla legge. Ce n’era, ce<br />
n’è e ce ne sarà ancora tanto bisogno.<br />
Per questo, chi pensa – come me - che<br />
un procuratore “forestiero” come Salvi sia<br />
una garanzia in più di indipendenza e autonomia<br />
per il diritto a Catania, spera che<br />
- nonostante i ricorsi - Salvi debba rimanere<br />
al suo posto. Nel suo curriculum, non<br />
troverete mai neanche una traccia di presunte<br />
relazioni pericolose con potenti, faccendieri,<br />
potenti. L’unico – nella rosa – a<br />
poterlo fare.<br />
Ma la scelta era ed è giusta per una ragione<br />
anche professionale. Nel loro ricorso,<br />
accolto, Tinebra e Gennaro esibiscono<br />
i loro curriculum ed eccepiscono a Salvi<br />
una “minore esperienza” in materia di mafia.<br />
Insomma: Salvi è inesperto di indagini<br />
sulla mafia. Ma è così<br />
No, non è così. Basta digitare Wikipedia,<br />
per rendersene conto.<br />
Siccome, da ex-cronista di giudiziaria<br />
anche a Roma, ne sono stato testimone diretto,<br />
ecco un breve riepilogo dei processi<br />
curati da Salvi (certo molto lontano da<br />
Catania). Nel 1987, pm del processo sulla<br />
morte di Roberto Calvi: fu Salvi a far riaprire<br />
il processo dopo un’archiviazione<br />
per suicidio decisa dalla Cassazione.<br />
Fu la mafia e non i suoi debiti a suicidare<br />
il banchiere dell’Ambrosiano sotto il<br />
ponte dei Black Frairs di Londra, fu Salvi<br />
a chiedere e ottenere l’arresto di Pippo<br />
Calò (il banchiere dei corleonesi) e di Flavio<br />
Carboni (faccendiere della P2) per<br />
quel delitto politico-economico-mafioso.<br />
Le indagini sul boss Pippo Calè<br />
Fu Salvi, insieme alla procura di Palermo,<br />
a raccogliere le testimonianze del<br />
boss Francesco Di Carlo che ricostruì la<br />
morte di Calvi e che mise a fuoco il ruolo<br />
di Michele Sindona in quel contesto di<br />
alta mafia. E quella ricostruzione è sopravvissuta<br />
al terzo grado di giudizio. E<br />
fu il pm romano Giovanni Salvi che, indagando<br />
sugli affari di Pippo Calò, scoprì<br />
gli scenari criminali dello scandalo Italcasse,<br />
uno dei primi nel suo genere scoperto<br />
in Italia: Salvi scoprì che c’erano<br />
fondi di Pippo Calò (dunque della mafia)<br />
e del suo socio romano Domenico Balducci<br />
negli affari dell’Italcasse: Calò e<br />
Balducci avrebbero garantito, attraverso<br />
una loro società, le spericolate operazioni<br />
bancarie di imprenditori come il costruttore<br />
Caltagirone e la Sir di Rovelli.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 8
www.isiciliani.it<br />
E fu infine il pm Salvi a scoprire che la<br />
romanissima banda della Magliana aveva<br />
interessi in appalti proprio a due passi da<br />
Catania, nel porto di Siracusa. Salvi è stato<br />
il pm in molti grandi processi sui misteri<br />
d’Italia: il memoriale Moro e il delitto<br />
Pecorelli ma anche tutti i processi sul terrorismo<br />
nero: i Nar, Avanguardia nazionale,<br />
Ordine nuovo. E spesso, in quelle trame<br />
di terrore neofascista, sono affiorate<br />
piccole figure di camorristi, mafiosi, faccendieri<br />
e banchieri.<br />
La banda della Magliana e la Sicilia<br />
Ecco, Salvi è un magistrato competente<br />
in materia di mafia, molto competente. E’<br />
stato anche pm nell’aula del processo sulla<br />
strage di Ustica ed è stato il primo pubblico<br />
accusatore del mondo a ottenere<br />
una condanna sull’operazione Condor. Ricordate<br />
Il regime di Pinochet sopprimeva<br />
i suoi oppositori precipitandoli da aerei,<br />
desaparecidos. Salvi ha ottenuto la condanna<br />
di Manuel Contreras Sepulveda,<br />
capo degli 007 di Pinochet, per quei delitti.<br />
Uno che di Catania non sa nulla potrebbe<br />
obiettare: perché questa difesa di<br />
Salvi Perché “nec prope, nec procul”.<br />
Dunque, al di là di carte bollate e sentenze<br />
amministrative, la domanda va fatta ai catanesi:<br />
ma voi affidereste la pubblica accusa<br />
della vostra città a un magistrato così<br />
gentiluomo e così “incompetente” in materia<br />
di mafia<br />
MEMORIA/ UN ANNO FA<br />
LETTERA APERTA<br />
AL PRESIDENTE<br />
NAPOLITANO<br />
di Giambattista Scidà<br />
Fra pochi giorni il CSM potrebbe nominare<br />
il Procuratore della Repubblica di<br />
Catania. Chiunque vinca la gara, la sconfitta<br />
della legalità sarà certa. Essa si è<br />
consumata presso il Ministero della Giustizia,<br />
allorché il Ministro ha dato consenso<br />
per ciascuno dei tre magistrati proposti<br />
dalla Commissione V, pur essendo a conoscenza<br />
di fatti che non solo imponevano<br />
rifiuto, per uno dei tre, ma davano ragione<br />
di ritenere l'incompatibilità di costui<br />
con l'ambiente catanese e con la stessa<br />
funzione che in atto egli vi esercita.<br />
Riporto in appendice il testo tempestivamente<br />
sottoposto al Ministro, eliminandone<br />
solo il cognome del magistrato.<br />
Com'è chiarissimo, si tratta di fatti ,<br />
ognuno dei quali è legato a tutti i precedenti,<br />
da strettissima relazione: essi sono<br />
un tutto omogeneo, compatto, che nel suo<br />
insieme, rivela tremenda rilevanza.<br />
Chi si limita ad accennare a qualcuno<br />
dei fatti, senza evocarli tutti, si procura<br />
l'apparenza del coraggioso, mentre evita<br />
di condursi davvero secondo coraggio,<br />
come la situazione richiede.<br />
C'è poi chi agisce in malafede. Tra quelli<br />
che hanno dato e danno mano alla rotta<br />
della legalità, sono proprio coloro che si<br />
sbracciano, ostentatamente, per un Procuratore<br />
estraneo a Catania, ma sorvolano<br />
sui comportamenti del magistrato locale.<br />
Lo aiutano con il loro silenzio, mentre si<br />
mascherano da fautori di una nomina diversa.<br />
Sono i suoi amici più preziosi.<br />
La distruzione della legalità avviene, da<br />
questo stesso lato e da altri, in CSM, nelle<br />
Commissioni, e nel plenum.<br />
Si asside a Capo dell'assemblea l'on.<br />
Vietti, che avrebbe ragione di decisamente<br />
astenersene. Componente del consesso<br />
in altra consiliatura egli volle essermi nemico,<br />
con aperta ingiustizia, nell'interesse<br />
di altri: dapprima (anno 2000) per reprimere<br />
le mie istanze di verità, a proposito<br />
dello scandalo giudiziario di viale Africa,<br />
e impedire che il magistrato, gestore di<br />
quel processo, e lui pure eletto al CSM,<br />
per quello stesso quadriennio, ne venisse<br />
pregiudicato; e poi (2001) per riparare l'odierno<br />
aspirante Procuratore dalla mia<br />
giusta accusa davanti alla Commissione<br />
Antimafia (seduta del 7-12-2000: ....ha<br />
acquistato casa da un mafioso....): I fatti<br />
di esso avv. Vietti, in tali circostanze,<br />
sono consacrati del processo verbale di<br />
seduta plenaria del CSM, del giorno 22<br />
marzo 2001. Come può egli assere arbitro,<br />
ora, non fosse altro che dirigendo la<br />
discussione, tra le ragioni fatte valere dai<br />
miei scritti e gli opposti interessi di quel<br />
magistrato<br />
Ella sa tutto, Signor Presidente della<br />
Repubblica, anche da una mia lettera recente.<br />
Non posso credere che voglia consentire,<br />
restando ancora indifferente, allo<br />
scempio in corso.<br />
(“Ucuntu”, 21 ottobre 2011)<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 9
www.isiciliani.it<br />
Politica<br />
Comincia ora<br />
La campagna elettorale per le prossime elezioni.<br />
Con un “partito” da costruire al posto delle vecchie<br />
tribù<br />
di Riccardo Orioles<br />
“Chi è”. “La politica!”. “Mi arrendo!”.<br />
I siciliani non votano. Non votavano sotto<br />
i romani, non sotto gli arabi, poi sono arrivati<br />
i normanni, gli aragonesi, gli spagnoli,<br />
gli austriaci, i borboni, e nessuno di tutti<br />
questi signori ha mai preteso di far votare<br />
i siciliani. Ci hanno provato i piemontesi,<br />
ma per modo di dire (uno ogni dieci),<br />
l'ha levato subito Mussolini, poi sono arrivati<br />
gli americani e finalmente ci hanno<br />
fatto votare tutti quanti (ma meglio per i<br />
mafiosi, e assolutamente non per i communisti),<br />
si può dire per forza.<br />
Per dire che qui in Sicilia (come in Veneto<br />
del resto, o negli Stati nel Papa) non<br />
è che di votare abbiamo tutta 'sta gran voglia.<br />
Ci viene più facile ribellarci, o meglio<br />
ancora (che porta meno rischi) protestare<br />
sotto un balcone e poi tornare a casa<br />
bofonchiando. Unica eccezione, non dappertutto<br />
e per poco tempo, i comunisti (La<br />
Torre, Rizzotto) e, per meno ancora, qualche<br />
cattolico onesto e qualche prete.<br />
Chi comanda davvero<br />
Non c'è da allarmarsi troppo, signori<br />
miei. Tanto, chi comanda davvero, è<br />
un'altra cosa. Si chiama potere mafioso, e<br />
non prevede elezioni. I principali politici,<br />
compresi i più rivoluzionari (ma tutti erano<br />
rivoluzionari, qui, a giudicare dai cartelli:<br />
Che Guevara sarebbe stato preso per<br />
L'altra metà d'Italia<br />
CARMELA E LE ALTRE<br />
“...Carmela Petrucci, 17 anni, uccisa...” (dalle cronache)<br />
Un altro femminicidio, un’altra vita di giovane donna frantumata a<br />
coltellate per l’incapacità di un uomo di accetta la fine di una storia.<br />
E’ cosi che è morta a 17 anni Carmela Petrucci, uccisa dall’ex fidanzato<br />
della sorella Lucia, a sua volta ferita da numerose coltellate.<br />
Dalle dichiarazioni di questi è emerge la volontà di uccidere: è uscito<br />
di casa armato e con l’idea precisa di “far pagare” una scelta cui non<br />
si rassegnava. Poi l’aggressione, Carmela che col proprio corpo fa<br />
schermo alla sorella e, morendo, la salva così.<br />
Carmela è la 101esima donna uccisa da un uomo dall’inizio del<br />
2012. Non è un fenomeno non isolato. Quasi un assassinio ogni due<br />
moderato), si guardano bene dal parlarne<br />
troppo, compresi quelli che erano tanto<br />
incazzati da arrivare a nuoto.<br />
Vince A di destra, o vince B di centrosinistra<br />
Che importa: si accorderanno alla<br />
svelta, tutt'e due sono stati - o sono - amici<br />
di Lombardo. Meglio il programma A o<br />
il programma B Che importa: sono tutt'e<br />
due bellissimi, lavoro ai disoccupati e<br />
prosperità a tutta l'isola; nessun<br />
governante siciliano, in tremila anni, ha<br />
mai promesso meno di questo.<br />
Sempre colpa di Federico secondo<br />
Ma cos'è: siamo noi siciliani che siamo<br />
fessi, sicilitudine storica, colpa di spagnoli<br />
o arabi o di Federico secondo No, no: i<br />
furbissimi milanesi ci hanno messo niente<br />
a farsi fregare da quelli di Lega e cadrega,<br />
peggio che i catanesi con Scapagnini; e<br />
nella capitale, dove pure dovrebbero averne<br />
viste tante, il Marcio su Roma è stato<br />
molto più facile dell'omonima marcia.<br />
Ma allora Siamo diventati fessi tutti<br />
gl'italiani in una volta, così d'un tratto<br />
Ecco, temo di sì. La politica non c'è più,<br />
o almeno non è più dove l'avevano messa<br />
i vecchi nostri, al tempo che si lavorava,<br />
si faceva politica e si votava davvero. La<br />
casta, i politici Mah.<br />
La casta s'è presa le fabbriche e se l'è<br />
portate in Cina, rubandoci molto più di<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 10<br />
tutti i politici ladri presenti passati e futuri.<br />
Ma ha avuto l'accortezza di comprarsi,<br />
contestualmente, giornali tv e ogni altro<br />
mezzo di comunicazione, così la gente se<br />
l'è presa coi ladri di serie B e C ignorando<br />
completamente quelli di serie A che le rubavano<br />
figli e futuro.<br />
Un Lombardo-bis con altro nome<br />
Non c'è molto altro da dire, di queste<br />
elezioni. Il trionfo del kitsch (“Sono il<br />
nuovo Giuseppe Fava!” è arrivare a dire<br />
un imbecille), del vecchio “cambiare tutto<br />
per non cambiare niente”.<br />
Tecnicamente, adesso ci sarà un Lombardo-bis<br />
con altro nome, sostenuto dallo<br />
schieramento delle primarie palermitane<br />
(Lumia, Crocetta, Sonia Alfano) e perciò<br />
nominalmente antimafioso: viva Falcone,<br />
onore ai caduti, e accordi con l'Udc del<br />
post-Cuffaro. “Ma hanno giurato di non<br />
rubare più!” obiettano i “rinnovatori”, sorridendo.<br />
D'altronde, a tanti loro elettori,<br />
non è che gliene freghi poi tanto.<br />
Va bene: e noi “di sinistra” (qualunque<br />
cosa voglia dire oggi questa parola, che<br />
originariamente indicava i gentiluomini<br />
seduti alla sinistra dell'onorevole speaker<br />
dei Comuni) La sinistra, nei singoli e nel<br />
complesso, avrebbe potuto fare anche altre<br />
cazzate oltre quelle che ha fatto, ma<br />
sinceramente non saprei dire quali.<br />
giorni. La donna - è il concetto che sta alle spalle di questi casi - è<br />
proprietà privata, e per tutelare la proprietà si può ammazzare. La<br />
società lo tollera, l’educazione collettiva è scarsa. Aspettiamo la<br />
vittima numero centotrentadue<br />
Anna Bucca<br />
* * *<br />
Io uomo condanno gli uomini. La loro stupidità, il loro “esser padroni”,<br />
la loro violenza da deboli che vogliono nascondere la debolezza.<br />
“Le donne non hanno anima - nei secoli i padroni maschi<br />
hanno detto - non devono alzare la testa, guardare avanti”. L’assassino<br />
di Carmela è solo uno dei tanti.<br />
Io, uomo, ora grido agli altri uomini: “Adesso basta! Non lasciamo<br />
questa ribellione solo alle donne, alle nostre compagne. Contro il<br />
femminicidio, facciamo anche noialtri la nostra parte”.<br />
Giovanni Caruso
“Antimafia “politica”<br />
e non emozionale<br />
www.isiciliani.it<br />
La prima, il tribalismo selvaggio: ogni<br />
tribù per sé, ciascuna per i fatti suoi. La<br />
seconda, l'assenza di lotta sociale e cioè –<br />
qui ed ora – di antimafia “politica” e non<br />
emozionale. La terza, la totale e categorica<br />
disattenzione a quella che nobilmente si<br />
chiama la “società civile” e che in realtà<br />
siamo noi poveracci che ogni giorno lottiamo,<br />
senza tante etichette, sulla strada.<br />
Nessuno s'è accorto, ad esempio, dei ragazzi<br />
di Modica o degli universitari di Bologna.<br />
Eppure erano là, una classe dirigente<br />
bell'e formata, il primo interlocutore<br />
di ogni rinnovamento. I movimenti per<br />
l'acqua, o per la pace, o contro il ponte,<br />
non sono “entrati in politica” che assai rudimentalmente,<br />
e nessuno li ha aiutati a<br />
farlo. Le donne si sono viste alla fine<br />
come invitato povero (la Marano), quello<br />
chiamato tanto per non essere tredici a tavola.<br />
Tenori tanti, ma niente orchestra.<br />
Dovremo fare da soli<br />
Grillini e Grillo (brav'uomo, ma turistico:<br />
“Problemi della Sicilia Il traffico...”)<br />
sono un segnale, non la soluzione. Ahimè,<br />
non ci sono salvatori supremi. Nessuno<br />
verrà a tirarci fuori da noi stessi. Dovremo<br />
fare da soli. Senza illusioni e palingenesi,<br />
giorno per giorno e faticosamente.<br />
Essere qui nel duemila quello che fu, nel<br />
dopoguerra, la generazione dell'occupazione<br />
delle terre. Partire dai “movimenti” (acqua,<br />
pace, precariato, antimafia) per formare<br />
a poco a poco un “partito”; o, meglio<br />
ancora, una rete.<br />
Sarà un lavoro lungo, e alla fine non<br />
verrà fuori un partito nel senso tradizionale<br />
(e anche grillino) del termine, ma<br />
un'altra cosa, profondamente diversa come<br />
cent'anni fa differivano, rispetto ai vecchi<br />
circoli radicali, le prime leghe bracciantili<br />
o i primi fasci dei lavoratori.<br />
Non osiamo nemmeno immaginare che<br />
nomi, che strutture, avrà fra cinque anni<br />
tutto questo. Ma qualcosa del genere ci<br />
sarà, oppure noi siciliani saremo sempre<br />
minorenni.<br />
Un volantino<br />
Sosteniamo<br />
i <strong>Siciliani</strong> giovani<br />
"A che serve essere vivi, se non c'è<br />
il coraggio di lottare”<br />
Vi ricordate l’anno scorso, quando Santoro vi chiese i soldi per il suo “servizio<br />
pubblico” Dieci euro per sostenere il progetto. In centomila risposero, una grande<br />
dimostrazione di affetto e di sostegno sicuramente. Lo sapevate che ora Servizio<br />
Pubblico va in onda su La7 E i soldi che avevate dato per creare quel progetto autonomo<br />
Vi sono stati restituiti<br />
Noi adesso vi chiediamo di sostenerci, promettendo di non passare a La7.<br />
E’ passato un anno da quando dal Festival del Clandestino abbiamo annunciato<br />
ai microfoni di Telejato la rinascita de I <strong>Siciliani</strong>. Non abbiamo più rifatto un giornale,<br />
abbiamo fatto I <strong>Siciliani</strong> giovani, che poi, forse, lo eravamo già.<br />
I <strong>Siciliani</strong> sono un gruppo sparso per l'Italia, Diecieventicinque a Bologna,<br />
Stampo antimafioso a Milano, Telejato, Il Clandestino, Napoli Monitor, La Domenica,<br />
e potrei continuare. I <strong>Siciliani</strong> sono un patrimonio comune, sono ragazzi e ragazze<br />
sparsi un po' in tutta Italia, sono anche professionisti e giornalisti come<br />
Mazzeo, Capezzuto, Giacalone, Finocchiaro, Salvo Vitale, Pino Maniaci.<br />
I <strong>Siciliani</strong> siamo noi giovani, che almeno qui non rappresentiamo il futuro, siamo<br />
il presente e lo viviamo da protagonisti con a fianco degli ottimi maestri. Abbiamo<br />
provato a mettere insieme il vecchio e il nuovo, passato e futuro, vivendo<br />
insieme in questo presente.<br />
I <strong>Siciliani</strong> giovani dallo scorso dicembre hanno faticato e lavorato, e quello che<br />
abbiamo fatto l'avete visto, ci siamo anche beccati le denunce e le intimidazioni.<br />
Siamo nati perché Giambattista Scidà ci ha ridato l'idea, perchè Giancarlo Caselli<br />
e Nando Dalla Chiesa si sono imbarcati con noi, su questa barca che vuole attraversare<br />
e raccontare la Sicilia e l'Italia, insieme, facendo rete, perseverando quella<br />
pubblica verità che ci ha insegnato il Direttore de “I <strong>Siciliani</strong>”, Pippo Fava.<br />
I <strong>Siciliani</strong> giovani però si fa anche con tutti voi.<br />
Usciremo, probabilmente, in edicola come mensile fra un mese, esattamente<br />
dopo trent'anni dai "vecchi” <strong>Siciliani</strong>. Noi ci stiamo provando a fare tutto ciò ma<br />
abbiamo bisogno di voi. Tanti piccoli aiuti fanno un grande aiuto. Adesso vi chiediamo<br />
un contributo per sostenerci promettendovi che come sempre andremo<br />
avanti, navigando su questo mare in tempesta, rimanendo liberi, senza padroni alle<br />
spalle e di certo non daremo via la baracca come qualcuno, passando a La7.<br />
Salvo Ognibene<br />
www.diecieventicinque.it<br />
Per dare una mano: IBAN: IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
(Banca Etica/ “Associazione Culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani”)<br />
Oppure Conto corrente postale n. C/C 001008725614<br />
(“Associazione Culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani, via Cordai 47, Catania”)<br />
Le leggi-bavaglio<br />
Noi siamo qui, e lavoriamo per questo.<br />
E' un lavoro difficile, perché le leggi-bavaglio<br />
ci renderanno sempre più difficile fare<br />
il nostro mestiere. Aiutateci a farlo.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 11
www.isiciliani.it<br />
<strong>Informazione</strong> e giornalismo/ Altri modelli<br />
Strane antenne crescono<br />
E' nata la tv delle donne<br />
“Fimmina Tv”<br />
Nel posto più abbandonato<br />
d'Italia, nella Locride<br />
in Calabria, un<br />
gruppo di donne ha deciso<br />
di prendere la parola.<br />
Come Facendosi<br />
la sua tv. “Non solo<br />
contro la mafia. Abbiamo<br />
molte altre cose da<br />
dire”<br />
di Michela Mancini<br />
«Sai che nella Locride erano frequenti<br />
i matronimici Insomma qui erano le<br />
donne a dare il nome ai figli». Nominare<br />
le cose non significa anche crearle<br />
Fimmina tv è un’emittente con un solo<br />
mese di vita, è nata in Calabria, nella Locride,<br />
a Roccella Jonica per la precisione.<br />
Ha debuttato il primo settembre su canale<br />
684 del digitale terrestre. Quello che la<br />
rende speciale si intuisce dal nome. No,<br />
non è una televisione destinata ad un pubblico<br />
femminile. Fimmina tv non esclude<br />
nessuno, ma a farla – questa televisione –<br />
sono giornaliste donne. Quasi tutte almeno.<br />
L’idea è stata di Raffaella Rinaldis,<br />
ora direttrice. Ha una voce chiara, sottile.<br />
Nata a Chivasso, vicino Torino, si è trasferita<br />
in Calabria a sei anni, e lì è diventata<br />
giornalista.<br />
«Ho lavorato per quindici anni scrivendo<br />
di nera e giudiziaria. Nella Locride, le<br />
notizie che contano sono queste: i morti<br />
ammazzati. Poi ad un certo punto mi sono<br />
chiesta se questo fosse davvero l’unico<br />
modo per raccontare questo territorio.<br />
Possiamo inventarcelo un modo nuovo ».<br />
E se lo sono inventato davvero questo<br />
modo nuovo di raccontare, partendo dalle<br />
donne. Le donne di questa Calabria ancora<br />
troppo sconosciuta per chi viene da<br />
fuori: luoghi pieni di storie, ma spesso<br />
così silenziosi. E sbaglia chi interpreta<br />
quel silenzio come omertà. E' solo segno<br />
di una strana fierezza. La Calabria è una<br />
terra cocciuta, e i boschi della Locride<br />
sono boschi fitti dove puoi perdere anche<br />
il nome. Per generazioni le donne hanno<br />
scelto quel silenzio. La Calabria è una terra<br />
strana, così quieta in superficie, così<br />
impetuosa dentro.<br />
Raffaella è una donna luminosa, innamorata<br />
di suo marito, una roccia che l’ha<br />
sempre sostenuta. È una giornalista con<br />
un'innata attitudine al viaggio. È andata in<br />
giro per tutta Europa, ma non è solo questo.<br />
L’amore per il viaggio è qualcosa di<br />
più profondo: la scoperta del nuovo,<br />
dell’inesplorato. I viaggi nelle storie degli<br />
altri.<br />
«Nella mia esperienza ho capito che le<br />
donne sono quelle che vogliono raccontare,<br />
che si vogliono identificare in altre<br />
storie. Non si tratta di vivere altre vite, ma<br />
di trovare coraggio in quello che raccontano<br />
gli altri. Se vivi solo il tuo dramma, le<br />
tue esperienze, ti senti sola al mondo.<br />
Condividendo, ascoltando, riesci a trovare<br />
la forza che prima ti mancava».<br />
La squadra è composta da quindici giornaliste<br />
dai ventidue ai quarant'anni, ma<br />
anche gli uomini danno una mano. Ci<br />
sono tecnici, registi, montatori e un cronista,<br />
Antonio Falcone, che si occupa di cinema<br />
e cultura. Ma Fimmina tv non è solo<br />
una televisione, né solo un modo onesto<br />
di fare informazione.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 12<br />
«Non volevo creare solo una televisione<br />
ma un nucleo di persone che stanno insieme.<br />
Donne che ho incontrato nell’arco<br />
della mia vita e che ho portato con me. Mi<br />
danno tanto sia da un punto di vista umano<br />
che professionale. Certo i problemi<br />
sono tanti, ma stiamo cercando di superarli.<br />
È meraviglioso: quando una di noi è<br />
depressa, l’altra la tira su e viceversa. È<br />
un continuo reciproco. Ma stare insieme è<br />
così bello, che se ne sono accorti anche i<br />
nostri mariti, e i padri delle più giovani».<br />
Donna racconta donna<br />
«Credo che alla fine - continua a vulcaneggiare<br />
Raffaella - quando fai qualcosa<br />
di buono la maggior parte delle persone<br />
finisce per emularti. Certo, non puoi sperare<br />
che lo facciano tutti. Ma se facendo<br />
questo lavoro avremo spinto anche una<br />
sola ragazza a sviluppare il suo senso critico,<br />
beh, allora potremo dire di aver fatto<br />
qualcosa».<br />
Nel mondo del giornalismo italiano i<br />
vertici della piramide sono garantiti al<br />
sesso maschile. Un esempio: le donne dirigenti<br />
in Rai sono solo il 4%. Molti periodici<br />
destinati ad un pubblico femminile<br />
sono gestiti da uomini. Raffaella non ci<br />
sta, non perché sia femminista, ma perché<br />
le sembra sciocco.<br />
«Una donna sa raccontare una donna. È<br />
una verità inattaccabile. E poi quel giornalismo<br />
lì è marketing. Non siamo un oggetto<br />
commerciale, non veniteci a dire<br />
quello che ci deve piacere. Noi non combattiamo<br />
una battaglia femminista. Loro<br />
hanno un percorso storico molto importante<br />
alle spalle, ma noi non combattiamo<br />
in nome di un ideale. La nostra unica denuncia<br />
è quella contro le discriminazioni,<br />
quella femminile è solo un simbolo, ma<br />
noi le combattiamo tutte».<br />
E se discriminare significa lasciare che<br />
il pregiudizio annulli l’incontro con la diversità,<br />
allora, il primo pregiudizio che
www.isiciliani.it<br />
“Donne<br />
emancipate<br />
nel cuore<br />
della<br />
Locride:<br />
e che c'è<br />
di strano<br />
queste donne vogliono combattere è quello<br />
sulla propria terra<br />
«Locride sinonimo di ndrangheta. Vero<br />
No. Non va bene. Vogliamo trasformarla,<br />
questa parola. Locride significa Magna<br />
Graecia, culturauna natura meravigliosa.<br />
Il nostro territorio storicamente è stato caratterizzato<br />
dal matriarcato. Qui non<br />
c’erano i patronimici, ma i matronimici:<br />
era la donna a dare il nome».<br />
“La verità è che ci piace ascoltare”<br />
Ernesto De Martino, in Mondo Magico,<br />
racconta che quando nasceva una donna<br />
l’acqua del parto veniva buttata nel camino.<br />
Quando veniva partorito un uomo,<br />
l’acqua veniva buttata fuori casa. È affidato<br />
all’uomo “il fuori”, alla donna viene<br />
consegnata la cura dell’interiorità. Questo<br />
a noi donne ha consegnato un bel fardello:<br />
proiettate all’interno, sensibili, emotive.<br />
La modernità ha preso l’acqua del nostro<br />
parto e l’ha buttata fuori casa insieme a<br />
quella degli uomini. Eppure ancora ci<br />
rimproverano di essere troppo inclini<br />
all’introspezione.<br />
La verità è che ci piace ascoltare, ci piace<br />
creare calore. Raffaella ha creato un<br />
luogo, ha chiamato le sue colleghe più<br />
giovani ad esercitare il mestiere. «C’è anche<br />
una signora di cinquant’anni nella<br />
squadra. Ha cominciato ora, a fare la giornalista».<br />
A Milano forse, ci sarebbe stata meno<br />
sorpresa davanti a una faccenda come<br />
questa. Chi viene dal nord si stupisce di<br />
trovare donne emancipate nel cuore della<br />
Locride, come se davvero questa terra<br />
fosse rimasta al medioevo. Raffaella vuol<br />
raccontare questo territorio, anche per sfatare<br />
certi miti. Non sarà un tv solo antimafia.<br />
«Parleremo di tutto, perché è tutto un<br />
territorio che dobbiamo raccontare. Il fatto<br />
che in Calabria ci siamo moltissimi comuni<br />
sciolti per mafia è un fatto gravissimo<br />
che non esitiamo a denunciare. Ma<br />
non è l’unico fatto grave. Nella Locride<br />
c’è un forte fenomeno di prostituzione,<br />
molte ragazze sono sparite. Nessuno ne sa<br />
più nulla. Ecco, queste sono notizie su cui<br />
non si può tacere».<br />
Raffaella parla spedita, non si ferma<br />
mai. Racconta sorridendo: «Ho registrato<br />
la testata della tv l’otto marzo. È stata<br />
una pura combinazione: i documenti del<br />
consiglio dell’Ordine non arrivavano mai,<br />
e poi sono arrivati proprio quella mattina.<br />
Ho chiamato la cancelleria per sapere se il<br />
tribunale quel pomeriggio fosse aperto:<br />
“Si, vieni” mi hanno risposto le impiegate.<br />
Hanno tenuto aperti gli uffici apposta<br />
per farmi registrare. Chiamala sorellanza:<br />
una strana energia che permette che ogni<br />
donna condivida la gioia dell’altra».<br />
E INTANTO<br />
IN SICILIA<br />
E' IL MOMENTO<br />
DI TELEJUNIOR<br />
di Michela Mancini <strong>Siciliani</strong>G.<br />
e Nicola Capizzi Telejunior<br />
«Pronto, Franci Siete atterrati Non<br />
passate da Trapani, venite direttamente<br />
qui a Partinico. È successo un macello,<br />
stanno bruciando le antenne. Non ce la<br />
facciamo da soli».<br />
«Va bene, passiamo da casa a Trapani a<br />
prendere la macchina e le lenzuola e arriviamo.<br />
Un’ora al massimo e siamo lì».<br />
Quando è suonato il citofono, un’ora<br />
dopo, nella redazione di Telejato non si<br />
capiva niente. Era il 29 settembre, quella<br />
mattina un incendio a Monte Bonifato<br />
aveva bruciato le apparecchiature che trasmettevano<br />
il segnale della televisione.<br />
Appena ci siamo accorti di non poter andare<br />
in onda, Gianni, il figlio di Pino, è<br />
salito in macchina per raggiungere la postazione<br />
in fiamme. Caricandosi una parte<br />
delle attrezzature sulle spalle è riuscito a<br />
sottrarle al rogo. Le ha portate in redazione<br />
in tarda serata, il danno era enorme;<br />
abbiamo scrostato plastica abbrustolita<br />
per ore.<br />
Scheda<br />
GIORNALISMO E SERVIZIO PUBBLICO<br />
Secondo un sondaggio realizzato per la prima volta nella storia della<br />
Rai sui propri giornalisti - i cui risultati sono stati presentati al convegno<br />
“Immagine femminile e ruolo del servizio pubblico” organizzato dalla<br />
Commissione Pari Opportunità dell’Usigrai l’8 marzo scorso – la situazione<br />
del nostro Paese è tutt’altro che rassicurante.<br />
Il dato che emerge di più è quello sull’età: la Rai infatti risulta essere<br />
un’azienda vecchia, la somma dei giornalisti tra i 40 e i 65 anni corrisponde<br />
all’82,99% dell’intero campione mentre quelli tra meno di 30 anni fino<br />
ai 40 rappresentano solo il 16,99%. Altro dato sensibile è l’alta percentuale<br />
di giornalisti che non hanno figli (il 43,77%), quasi esclusivamente i<br />
colleghi maschi hanno dichiarato di avere più di un figlio, a testimonianza<br />
che riuscire a conciliare lavoro e famiglia per una donna giornalista risulta<br />
ancora molto difficile. In totale il personale giornalistico della Rai è di<br />
1.656 unità di cui 1.097 uomini e solo 559 donne.<br />
Tra i dirigenti (direttori, capiredattori, capiservizio e rispettivi vice) solo il<br />
4% sono donne e nel ruolo di direttore sono solamente due, Bianca Berlinguer<br />
al Tg3 e Barbara Scaramucci a Rai Teche. Il massimo livello raggiungibile<br />
per le giornaliste sembra essere quello di caposervizio.<br />
I numeri delle donne:<br />
http://giulia.globalist.it/Detail_News_DisplayID=9062<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 13
www.isiciliani.it<br />
La redazione di Telejato e quella di Fimmina Tv .<br />
Scheda<br />
CHI FA NOTIZIE<br />
IN EUROPA<br />
La ricerca dell’Osservatorio europeo sulle rappresentazioni di genere<br />
(OERG), nato all’interno dell’Osservatorio di Pavia, dal titolo: “Chi fa<br />
notizia in Europa”, ha considerato i dati relativi ai telegiornali in prima<br />
serata delle due principali tv, una pubblica e una privata, di cinque paesi<br />
europei: Italia (Tg1 e Tg5), Francia (France 2 e Tf1), Germania (Ard e<br />
Rtl), Inghilterra (Bbc1 e Itv1) e Spagna (Tve e Telecinco).<br />
La ricerca ha indagato tre ambiti in particolare: chi fa notizia nei tg,<br />
cioè le persone di cui si parla e quelle intervistate, chi dà e fa le notizie,<br />
quindi conduttori, giornalisti e corrispondenti, infine ha studiato come<br />
sono confezionate le notizie in una prospettiva di genere. Fra i tg che<br />
danno maggiore visibilità all’universo femminile ci sono Francia e<br />
Spagna, il nostro Paese si attesta invece all’ultimo posto con la quota di<br />
presenza femminile più bassa di tutti i tg, inoltre le donne sono presenti<br />
come rappresentanti della gente comune e raramente ricoprono ruoli<br />
autorevoli, come per esempio quello dell’esperto. Mediamente le donne<br />
fanno notizia come vittime due volte più degli uomini (12% contro il 7%).<br />
Sul fronte del chi da o fa le notizie risulta che nel 54% dei casi i<br />
telegiornali sono condotti da donne e l’Italia presenta un dato curioso<br />
con il suo 58% si colloca infatti ben 4 punti sopra la media. Per quanto<br />
riguarda poi la centralità femminile nelle notizie le donne sono raramente<br />
messe al centro, solo l’8% delle notizie è focalizzato su di loro. A fare<br />
notizia sono soprattutto gli uomini, tranne nella cronaca nera, ma a dare<br />
le notizie come conduttrici e giornaliste sono le donne. Le donne sono<br />
poco presenti nell’informazione politica, soprattutto in Italia e Inghilterra<br />
(11% in entrambi i casi). Si distingue invece la Francia dove le notizie di<br />
politica nei tg includono maggiormente le donne. Si nota poi una forte dicotomia<br />
fra i ruoli “comuni” più rappresentati dalle donne e i ruoli<br />
“autorevoli” rappresentati dagli uomini, l’Italia sotto questo punto vista<br />
registra la maggiore segmentazione, tra gli esperti intervistati nei tg<br />
italiani solo il 10% è di sesso femminile (contro il 90% del sesso<br />
opposto), mentre ben il 66% delle opinioni popolari è dato da donne.<br />
La presenza femminile nell'informazione secondo l’ultimo rapporto<br />
Who Makes the News del Global Media Monitoring Report:<br />
http://www.whomakesthenews.org/images/stories/website/gmmp_reports/2010/gmmp_2010_preliminary.pdf<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 14
“Niente retorica e buoni sentimenti.Il<br />
nostro è<br />
Scheda<br />
TELEJUNIOR, TELEJATO<br />
Telejato è una televisione comunitaria a<br />
conduzione familiare, attiva sul territorio di<br />
Partinico da oltre dieci anni. Con il passaggio<br />
al digitale la piccola emittente di Pino Maniaci<br />
rischiava di chiudere i battenti. Una legge<br />
contenuta nella finanziaria 2011, firmata dal<br />
governo Berlusconi, impone regole molto restrittive<br />
per le televisioni comunitarie e a Telejato<br />
non potevano essere assegnate le frequenze.<br />
Grazie a un lavoro di squadra e alla creazione<br />
di un consorzio, la tv antimafia vince la<br />
sua battaglia: al momento dello switch off<br />
può continuare a trasmettere e i canali a sua<br />
disposizione sono diventati sei.<br />
Tra questi c'è Telejunior, il canale dei giovani,<br />
una scuola di giornalismo e un posto<br />
dove s'impara a fare informazione vera. Nonostante<br />
un incendio abbia distrutto il ripetitore<br />
di Monte Bonifato, Telejato non si ferma:<br />
la nuova sede viene inaugurata e, grazie alla<br />
bravura dei tecnici, il segnale ora raggiungerà<br />
anche Agrigento, Messina, Trapani e Palermo.<br />
Giulia Paltrinieri, Telejunior<br />
Quando sono arrivati Francesca e<br />
Nicola abbiamo tirato un sospiro di<br />
sollievo. Quelle facce – diciamo semifresche<br />
– comunicavano ottimismo;<br />
non rimaneva che dividersi il lavoro.<br />
In tarda serata, nonostante la febbre<br />
alta, è arrivato Salvo Intravaglia, il nostro<br />
tecnico. Salvo è innamorato di Telejato.<br />
Quella sera è riuscito a fare miracoli, recuperando<br />
pezzi che credevamo inutilizzabili.<br />
Le attrezzature salvate sono state<br />
montate sul terrazzo della redazione stessa.<br />
C’era un vento bollente, l’unico odore<br />
che sentivamo era quello della puzza di<br />
bruciato. Il segnale su Partinico è tornato<br />
all’una di notte. Ci siamo messi a fare il<br />
telegiornale. La mattina non era potuto<br />
andare in onda, dovevamo dare un segnale<br />
preciso: non ci riuscite a fermare.<br />
Quella notte, seduti per terra su uno dei<br />
balconi della redazione, non riuscivano a<br />
dire molto. Francesca era venuta una sola<br />
volta, eppure sembrava fosse lì da sempre.<br />
Sofia osservava silenziosa. Nicola, instancabile<br />
come sempre, ha cercato di estorcere<br />
sorrisi, e come sempre c’è riuscito.<br />
Puzza di bruciato, sapore di caffè, mozziconi<br />
di sigarette, occhi semichiusi: siamo<br />
andati a dormire come zombi. La nostra<br />
resistenza non sarà mai come quella iPino<br />
e famiglia, è inutile, questione di dna.<br />
www.isiciliani.it<br />
il giornalismo<br />
del lavorare”<br />
I giorni seguenti sono trascorsi tra paura<br />
di non farcela a sistemare tutto entro il 4<br />
(inaugurazione della nuova sede e di<br />
Telejunior), costanti incursioni di<br />
Carabinieri e Polizia, e corse in aeroporto<br />
di Gianni. Ogni giorno arrivavano in<br />
media tre, quattro persone da tutta Italia.<br />
Tutti lasciavamo le nostre città per andare<br />
a Partinico, per esserci all’inaugurazione.<br />
Dopo l'incendio tutto è cambiato<br />
Ma dopo l’incendio tutto è cambiato.<br />
Adesso eravamo davvero una squadra,<br />
perché sentivamo la responsabilità di<br />
quella redazione. Non era più partecipazione<br />
esterna, ma fatica e resistenza. Non<br />
nelle parole, ma negli occhi stanchi di Fabio,<br />
che non si erano mai visti. Nei sorrisi<br />
spezzati di Letizia, nella forza di Giulia,<br />
negli abbracci di Francesca, negli occhi<br />
lucidi di Eleonora. Eravamo lì non perché<br />
facessimo parte di qualcosa: noi eravamo<br />
qualcosa.<br />
Nel viaggio da Bologna, Eleonora –<br />
piccola, ossuta, con due occhi enormi spalancati<br />
sul mondo – aveva perso il cellulare.<br />
Arrivata a Partinico se n’era praticamente<br />
dimenticata. Il mondo esterno era<br />
lontano, c’era una battaglia da combattere<br />
e un’urgenza che ti faceva scordare la<br />
fame. Il sonno no, quello mai.<br />
“Il futuro è sempre così incerto...”<br />
A Borgetto, nella casa in cui la Protezione<br />
Civile ci ospitava, non riuscivamo a<br />
chiacchierare molto. La sigaretta notturna<br />
sulla panchina c’era sempre, per non<br />
smentire le tradizioni: «Ho fatto un paio<br />
d’esami all’università, sono andati bene»,<br />
«Col mio ragazzo.. Crisi nera. Il futuro è<br />
sempre così incerto che....». Sbadigli, tentativi<br />
di discorsi. «Forse è meglio andare a<br />
dormire, domani...». Eleonora ci provava,<br />
ma si addormentava parlando. Le ho sorriso,<br />
le ho fatto una carezza, ma già<br />
russava.<br />
I ragazzi arrivati da Quarrata, in provincia<br />
di Pistoia, non hanno esitato un momento<br />
a mettersi al lavoro: Valentina,<br />
Arianna e Assunta armate di santa<br />
pazienza hanno rimesso a nuovo la redazione,<br />
appendendo quadri, ordinando cassetti<br />
e archivi. Rossano, l’unico uomo toscano,<br />
a cui è toccato sopportare un esercito<br />
di donne a Borgetto, ha provato a tenerci<br />
svegli durante la notte, ma ha saputo<br />
farsi perdonare. «Ti prendo un bicchiere<br />
di spumante, lo vuoi E un pezzo di<br />
torta» ripeteva alle nostre facce stanche<br />
il giorno dell’inaugurazione.<br />
Lo spirito del mestiere<br />
Una giornata di festa che rimarrà nella<br />
storia, anche se la nostra storia – quella di<br />
Telejunior – l’hanno costruita i giorni di<br />
lavoro e di preparazione. Giorni densi,<br />
giorni pieni di entusiasmo, ma anche di<br />
rabbia, di impotenza. Dietro la nuova sede<br />
di Telejato ci sono anni di sacrifici della<br />
famiglia Maniaci. Dietro quel 4 ottobre,<br />
una festa ineccepibile per gli ospiti, c’erano<br />
le mani di Gianni e la dedizione di Nicola,<br />
la passione che nessuno di noi ha lesinato.<br />
Ce ne siamo resi conto tutti, anche se<br />
non ce lo siamo detti per pudore, che il<br />
giornalismo è un’altra cosa. Non è sufficiente<br />
scrivere i pezzi, fare i servizi, cercare<br />
le notizie. Il giornalismo per noi di<br />
Telejunior ha poco a che fare con la retorica<br />
dei buoni sentimenti che la stanchezza<br />
spazza via con facilità. Il giornalismo<br />
era scrostare le attrezzature e sperare in<br />
silenzio che l’ennesimo tentativo di zittirci<br />
non andasse a buon fine. Così è stato:<br />
adesso il segnale raggiungerà Trapani, Palermo,<br />
Messina ed Agrigento. Nel frattempo<br />
quello che è accaduto ci ha insegnato<br />
una cosa: lo spirito del mestiere.<br />
Speriamo di tenerlo a mente.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 15
www.isiciliani.it<br />
Reggio Calabria<br />
Dal boia chi molla<br />
all'arraffa-arraffa<br />
Storia della nuova destra<br />
reggina<br />
di Dario Costantini<br />
14 luglio 1970: i moti di Reggio Calabria.<br />
Da lì ricomincia la storia della destra<br />
eversiva reggina, che ha portato i<br />
fascisti nei palazzi di governo, ripuliti<br />
dall’immagine giovane del leader Giuseppe<br />
Scopelliti.Quella vicenda ha lasciato<br />
un segno tangibile, con cui la città<br />
non ha ancora fatto i conti.<br />
La scelta del capoluogo a Catanzaro, le<br />
promesse politico-industriali, l’università<br />
a Cosenza, mettevano in un angolo Reggio.<br />
I boia chi molla hanno guidato l’onda<br />
del dissenso, giocando un ruolo che è<br />
sconfinato oltre la protesta.<br />
“Questa è la nostra rivolta – dicevva<br />
Ciccio Franco - il primo passo per la rivoluzione<br />
nazionale”. Si capisce cosa balenava<br />
fra le capocce nere, che assaltavano<br />
la prefettura, inneggiavano alla violenza,<br />
tentavano invano di isolare la regione, a<br />
furia di bombe sui treni, dalle mobilitazioni<br />
degli operai del sindacato.<br />
La deleggitimazione dello Stato<br />
La rivolta antisistema missina coincideba,<br />
in tutto o in parte, con la delegittimazione<br />
dello Stato voluta dalla ‘ndrangheta.<br />
Da lì nasce il legame stretto fra la destra<br />
eversiva e le cosche reggine.<br />
E' questo il retroterra su in cui cresce la<br />
figura di Scopelliti: militante del Fronte<br />
della gioventù (di cui diventa segretario<br />
nazionale), idolatra di Almirante, presidente<br />
del consiglio regionale e assessore al<br />
lavoro.<br />
Un uomo di potere, convinto erede di<br />
quella storia, che esaurita la rivolta, si è<br />
invaghita del contropotere mafioso. E ha<br />
rinunciato alla “rivoluzione”, preferendo<br />
gli appalti.<br />
Scopelliti diventa sindaco di Reggio<br />
dopo l’esperienza che aveva regalato più<br />
speranze alla città: l’amministrazione di<br />
Italo Falcomatà, primo e ultimo sindaco<br />
dalla sinistra reggina. La città ricorda ancora<br />
quegli anni: il riscatto delle periferie,<br />
la lotta contro l’arroganza mafiosa, la cura<br />
del territorio.<br />
Morto Falcomatà, Reggio ha pianto. Ma<br />
la sinistra non ha retto il colpo, e il Comune<br />
è finito in mano ai Boia chi molla.<br />
E intanto la Reggio perbene...<br />
La Reggio perbene ha continuato a fare i<br />
soldi schierandosi al fianco del giovane<br />
rampante abituato al potere. È stata confinata<br />
al suo lungomare, ai concerti di Mtv,<br />
Rtl 102.5, ale modelle sul corso. Il palcoscenico<br />
migliore per nascondere una città<br />
che non ce la fa ad arrivare a fine mese. Le<br />
aziende partecipate che non pagano gli stipendi,<br />
le casse integrazioni, i buchi milionari,<br />
la sanità ridotta in frantumi.<br />
Quest’anno nelle vetrine delle librerie<br />
un volantino comunicava alle famiglie che<br />
i cedolini per i libri di testo non sarebbero<br />
stati ammessi perché mai rimborsati.<br />
Intanto il Comune comprava al doppio<br />
del prezzo di mercato Italcitrus, promuoveva<br />
Massimo Pascale segretario del sindaco<br />
e Luigi Tuccio assessore, entrambi<br />
parenti di Pasquale Condello, cugino<br />
dell’altro Pasquale: il Supremo. E apriva<br />
una join venture legata alla cosca Tegano,<br />
stilava una corsia preferenziale per gli appalti<br />
a favore delle aziende amiche.<br />
L’elenco continua con l’arresto di importanti<br />
sostenitors di Scopelliti Governatore,<br />
in primis Santi Zappalà, già condannato a<br />
quattro anni per corruzione elettorale<br />
aggravata dal metodo mafioso. Si sgretola<br />
così l’integrità pubblica del modello<br />
Reggio, morto nella solitudine del suicidio<br />
di Orsola Fallara, lasciata sola al suo<br />
destino, vittima sacrificale di un sistema<br />
che per reggere ha abbandonato la sua<br />
commercialista.<br />
Come attraverseremo il caos<br />
Del modello Reggio restano la disoccupazione<br />
giovanile sopra il 30 per cento, i<br />
servizi inesistenti, l’industrializzazione<br />
realizzata a singhiozzo nel consumo padronale<br />
della forza lavoro, sospesa fra indeterminatezza<br />
ed oppressione, oggetto<br />
della speculazione mafiosa.<br />
La marginalità politica ha portato ad un<br />
senso profondo di abbandono. Da qui nasce<br />
la sfida più alta che deve cogliere la sinistra:<br />
riprendere in mano la missione di<br />
cambiamento reale, perché quel sentimento<br />
non trascenda nell’ostilità della disperazione.Al<br />
capolinea dei poteri egemonici si<br />
ingenera incredulità, seguita dal caos e da<br />
un nuovo ordine che si ricrea. Lo spirito<br />
col quale si attraversa la fase caotica, il<br />
senso di rivolta che attraversa le fasce sociali<br />
più colpite, sarà la premessa sulla<br />
quale si costruirà il futuro.<br />
Una storia da far valere<br />
Reggio Calabria ha una storia che può<br />
far valere. La storia di Italo Falcomatà, dei<br />
sindaci che hanno riscattato le periferie, rivalutato<br />
il lavoro, la bellezza di una terra<br />
affranta. È la reazione dei metalmeccanici<br />
di Trentin alle rivolte fasciste, di quella<br />
strofa di Giovanna Marini, la più bella,<br />
che dà alla gente di Reggio la dignità di<br />
esserci, di contare: “E alla sera Reggio era<br />
trasformata, pareva una giornata di mercato,<br />
quanti abbracci e quanta commozione:<br />
gli operai hanno dato una dimostrazione”.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 16
www.isiciliani.it<br />
accadrà ieri REWIND FORWARD accadde domani<br />
a cura di Francesco Feola<br />
Dodicimila<br />
MINATORI LICENZIATI<br />
Il 5 ottobre il primo produttore mondiale<br />
di platino, Amplats, annuncia il<br />
licenziamento di 12.000 dei 28.000 minatori<br />
che da giorni hanno proclamato<br />
uno sciopero selvaggio a Rustenburg,<br />
nel nord del Sudafrica. Nei giorni seguenti<br />
gli scontri fuori alle miniere<br />
continueranno, facendo alcuni morti<br />
tra i minatori.<br />
I giudici<br />
SCIOPERANO PER LA GIUSTIZIA<br />
Il 6 ottobre 800 magistrati marocchini<br />
partecipano ad un sit-in davanti alla<br />
Corte di cassazione di Rabat chiedendo<br />
maggiore autonomia, la fine della corruzione<br />
nel sistema giudiziario, e migliori<br />
condizioni, sia salariali che lavorative<br />
Dopo Gheddafi<br />
(E BERLUSCONI) UNO NUOVO<br />
Il 15 ottobre in Libia Ali Zeidan viene<br />
eletto primo ministro. Oppositore di<br />
Gheddafi fin dal 1980, quando disertò<br />
abbandonando l’ambasciata libica in<br />
India, Ali Zeidan dovrà riuscire a formare<br />
un nuovo governo, impresa non<br />
riuscita al suo predecessore, Mustafa<br />
Abu Chagour.<br />
Bombe, soldati<br />
E RELIGIONI: MIX SBAGLIATO<br />
Il 16 ottobre l’esercito nigeriano annuncia<br />
di aver ucciso a Maiduguri 24<br />
membri del gruppo islamista Boko Haram<br />
colpevoli di aver fatto esplodere<br />
alcune bombe. L’obiettivo dell’organizzazione<br />
è quello di imporre la sharia,<br />
ovvero la legge islamica, nel paese.<br />
I pratesi faranno<br />
LA PACE CON LA CINA<br />
Mercoledì 9 novembre a Prato, nella<br />
Sala del Consiglio provinciale, in via<br />
Ricasoli 25, verrà presentato il VII<br />
Rapporto Immigrazione Oltre la “pratesità”.<br />
Identità e appartenenze nella<br />
città multiculturale.<br />
www.pratomigranti.it<br />
La Sapienza<br />
PROVA A MEDIARE<br />
Scade il 26 novembre il termine per<br />
partecipare al master di primo livello<br />
in “Mediazione interculturale per la salute”,<br />
organizzato dal dipartimento di<br />
Scienze medico chirurgiche dell’Università<br />
la Sapienza di Roma. Lo scopo<br />
è formare persone che operino<br />
nell’assistenza a persone e comunità<br />
migranti, rom e sinta.<br />
www.romamultietnica.it/it/news/master/item/9287-master-in-mediazioneinterculturale-per-la-salute.html<br />
In senso inverso<br />
ROMA E IL TEATRO STRANO<br />
Domenica 4 novembre comincia a<br />
Roma, in via Vaiano 7-15, il Laboratorio<br />
teatrale multietnico promosso<br />
dall’associazione Aniwe/Per tutti con<br />
Insensinverso. Il laboratorio si svolgerà<br />
da novembre fino ad aprile 2013.<br />
www.romamultietnica.it/it/news/teatro/<br />
item/9223-laboratorio-teatrale-multietnico.html<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 17
www.isiciliani.it<br />
Messina/ Il caso Bottari<br />
L'omicidio eccellente<br />
da cui cominciò tutto<br />
Fanno presto a passare,<br />
quindici anni. E<br />
chi se lo ricorda più<br />
com'era, Messina, prima<br />
del secondo terremoto<br />
- quello mafioso<br />
di Antonio Mazzeo<br />
Il prossimo 15 gennaio saranno trascorsi<br />
già quindici anni da quella maledetta<br />
sera in cui fu assassinato a<br />
Messina il professore Matteo Bottari,<br />
stimato gastroenterologo del policlinico<br />
universitario. Tre lustri, un tempo<br />
immenso. Un delitto efferato che stordì<br />
una città permeata di silenzi, omertà,<br />
luoghi comuni. A partire da quello di<br />
essere esente da qualsivoglia condizionamento<br />
della criminalità organizzata.<br />
I silenzi, le omertà e i luoghi comuni<br />
persistono come allora. E al povero professore<br />
Bottari continua ad essere negata<br />
memoria e giustizia. Perché Messina ha<br />
metabolizzato il sangue e ha scelto di<br />
continuare a vivere sotto il dominio della<br />
borghesia mafiosa. E perché gli inquirenti<br />
è come se avessero gettato la spugna,<br />
sconfitti, dopo aver brancolato quindici<br />
anni nel buio senza riuscire ad individuare<br />
i moventi, i mandanti, neanche<br />
l’ombra dei prezzolati angeli della morte<br />
del professionista.<br />
Poco dopo le 21 del 15 gennaio 1998,<br />
il professore Bottari si era messo alla<br />
guida della propria auto, un’Audi 100 di<br />
colore nero a trazione integrale.<br />
Giunto all’incrocio tra il viale Regina<br />
Elena e il torrente Annunziata, nella zona<br />
residenziale a nord della città, l’auto<br />
rallentò, forse per il rosso del semaforo,<br />
forse per lo squillo del cellulare. Bottari<br />
era tallonato da un pezzo ma non si<br />
accorse di nulla. Superato il semaforo, la<br />
sua Audi venne raggiunta e affiancata da<br />
una moto. Scattò l’agguato.<br />
Pallettoni calibro 45<br />
Uno dei killer imbracciava una lupara<br />
con pallettoni calibro 45, quelli usati per<br />
la caccia al cinghiale. Erano rivestiti di<br />
rame. Rinforzati, indeformabili, per non<br />
dare scampo alla vittima. Poggiata<br />
l’arma sul finestrino della fiancata destra,<br />
fu fatto esplodere il caricatore. I proiettili<br />
devastarono la testa del professionista,<br />
che si accasciò agonizzante sul volante.<br />
L’auto finì contro un marciapiede del<br />
lungo stradone della Panoramica.<br />
Titolare della cattedra di diagnostica e<br />
chirurgia endoscopica dell’Università e<br />
docente di numerose scuole di specializzazione<br />
della facoltà di Medicina, Matteo<br />
Bottari svolgeva l’attività chirurgica anche<br />
presso cliniche private della città di<br />
Messina e della Calabria. La sua non era<br />
però una vita confinata tra le aule universitarie<br />
e le sale operatorie.<br />
Genero dell’ex rettore dell’Ateneo Guglielmo<br />
Stagno d’Alcontres, antiche radici<br />
nobiliari nella penisola iberica, Bottari<br />
frequentava i circoli esclusivi della borghesia<br />
peloritana. Vantava pure un’affiliazione<br />
dal 1990 alla prestigiosa loggia<br />
“Giordano Bruno” del Grande Oriente<br />
d’Italia, quella frequentata dai docenti di<br />
punta dell’ateneo, compreso il futuro rettore<br />
Diego Cuzzocrea. Ed era membro<br />
del Rotary Club di Taormina insieme<br />
all’imprenditore Dino Cuzzocrea, il fratello<br />
di Diego, anch’egli massone e contitolare<br />
della clinica privata “Cappellani”<br />
presso cui il Bottari stesso operava da<br />
quattro mesi, due pomeriggi la settimana.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 18<br />
Da quella clinica il gastroenterologo si<br />
era allontanato per raggiungere la propria<br />
abitazione la sera che venne assassinato.<br />
Per trovare una spiegazione o un indizio,<br />
la polizia indagò a 360 gradi sulla<br />
vita e le relazioni umane e professionali<br />
della vittima. Scartata la pista dell’omicidio<br />
d’onore che avrebbe potuto fare le<br />
fortune dei rotocalchi rosa, si puntò il<br />
dito sugli inevitabili contrasti nel mondo<br />
accademico e sulle gelosie di qualche<br />
collega in competizione per una cattedra.<br />
Era scoppiata da poco l’inchiesta sulle<br />
megaforniture di farmaci e apparecchiature<br />
in campo sanitario, amici e colleghi<br />
del Bottari c’erano implicati fino al collo,<br />
ma anche questa pista si arenò per<br />
l’assenza di plausibili riscontri.<br />
Poi ci s’indirizzò inutilmente sugli<br />
appalti per la ristrutturazione e l’ampliamento<br />
del policlinico che avevano fomentato<br />
appetiti di avvoltoi e sciacalli.<br />
Le ipotesi di depistaggio<br />
S’ipotizzò persino che il gastroenterologo<br />
fosse stato vittima di una vendetta<br />
trasversale, magari per uno sgarbo commesso<br />
dal potente congiunto.<br />
O che si fosse trattato di un tragico e<br />
imperdonabile “errore di persona”: lo<br />
suggeriva qualche cronista locale e<br />
l’allora direttore amministrativo del<br />
policlinico Salvatore Leonardi, ex<br />
presidente della provincia ed ex sindaco<br />
di Messina. “Un delitto di mafia, ma<br />
anche di soldi, tanti soldi e di affari”,<br />
spiegò l’allora superprocuratore<br />
antimafia Pierluigi Vigna, consentendo<br />
così che si accendessero finalmente i riflettori<br />
dei media nazionali sulla città<br />
babba, quella che in tanti credevano essere<br />
l’isola felice risparmiata dall’occupazione<br />
mafiosa. Dopo una lunga indagine<br />
della Commissione parlamentare antimafia,<br />
il suo vicepresidente, l’on. Nichi<br />
Vendola l’etichettò invece come la “città<br />
verminaio”.<br />
Oggi a quel delitto la stramaggioranza<br />
dei messinesi non ci pensa più e l’impunità<br />
non turba i sogni di amministratori e<br />
pubblici funzionari.
www.isiciliani.it<br />
Tutti, tranne il comandante del Corpo<br />
di polizia municipale, Calogero Ferlisi,<br />
che alla sera del 15 gennaio di quindici<br />
anni fa ci pensa spesso e con<br />
inquietudine. “Forse ero io, quel giorno,<br />
la vittima designata dalla criminalità<br />
mafiosa”, afferma Ferlisi. Pure lui teme<br />
che Matteo Bottari sia scomparso per un<br />
errore di persona. La sua persona.<br />
La battaglia di Calogero Ferlisi<br />
Nell’ottobre 2010, Calogero Ferlisi ha<br />
deciso di presentare un esposto al procuratore<br />
della Repubblica e al prefetto di<br />
Messina per esporre i propri dubbi e timori,<br />
quelle oggettive “coincidenze” che<br />
lo legherebbero all’efferato delitto in cui<br />
Messina perse la sua equivoca innocenza.<br />
C’era innanzitutto la sua sorprendente<br />
somiglianza fisica con il professore Bottari<br />
e il possesso, al tempo, di un’autovettura<br />
Audi 100 di colore scuro, lo stesso<br />
modello cioè di quella in cui viaggiava<br />
il professionista quando fu raggiunto<br />
dai killer. E nel gennaio 1998 erano appena<br />
cinque le Audi 100 circolanti in tutta<br />
la città.<br />
Il comandante del corpo di polizia municipale<br />
ha raccontato agli inquirenti che<br />
in quei mesi era solito percorrere quotidianamente<br />
il tragitto compreso tra la<br />
propria abitazione e quella della madre<br />
ubicata sulla Panoramica. Qualche tempo<br />
prima del delitto, inoltre, la sua autovettura<br />
era stata danneggiata ad opera di<br />
ignoti dopo essere stata parcheggiata sotto<br />
casa. “Il possibile scambio di persona<br />
da parte degli assassini potrebbe essere<br />
stato facilitato dal fatto che il luogo del<br />
delitto era poco illuminato e la visibilità<br />
era ulteriormente ridotta a causa di un<br />
acquazzone”, ha ricordato Ferlisi. “La<br />
vittima stava inoltre utilizzando un cellulare<br />
che potrebbe avergli coperto parzialmente<br />
il volto”.<br />
Come pubblico ufficiale, la criminalità<br />
organizzata aveva più di un buon motivo<br />
per decidere di liberarsi di lui con la violenza.<br />
Nel gennaio 1998, Ferlisi aveva 39<br />
anni (10 in più di Bottari), era capitano<br />
di corvetta della Marina militare e<br />
prestava servizio presso l’Ufficio demanio<br />
della Capitaneria di porto di Messina<br />
con l’incarico di responsabile della sezione<br />
demanio-contenzioso.<br />
Il reparto di Ferlisi si caratterizzò allora<br />
per l’instancabile e rilevantissima attività<br />
repressiva, concretizzatasi in particolare<br />
con la demolizione e il sequestro<br />
di casupole, piscine, esercizi commerciali,<br />
ristoranti, alberghi, ecc., insistenti sul<br />
demanio marittimo.<br />
Nella sua relazione sull’attività di polizia<br />
giudiziaria svolta dall’1 luglio 1998<br />
al 30 giugno 2009, la Capitaneria di porto<br />
di Messina segnalava di aver comunicato<br />
192 notizie di reato per “violazione<br />
di norme in materia di demanio marittimo,<br />
polizia dei porti, sicurezza della navigazione,<br />
pesca e inquinamento<br />
marino”.<br />
704 verbali per violazioni<br />
Erano stati sottoscritti 704 verbali di<br />
accertamento per violazioni amministrative<br />
e ordinato il sequestro di 129 aree<br />
con relativi manufatti abusivi, 11 automezzi<br />
impiegati per discariche abusive,<br />
56 reti ed attrezzature di pesca e<br />
un’imbarcazione da diporto. Nonostante<br />
l’esito favorevole delle operazioni, la Capitaneria<br />
lamentava tuttavia “la non tempestiva<br />
collaborazione” degli organi tecnici<br />
preposti all’elaborazione della documentazione<br />
tecnica necessaria per<br />
l’appalto dei lavori di demolizione ordinati.<br />
Il reparto diretto da Calogero Ferlisi,<br />
nello specifico, si era messo in luce per<br />
l’azione di monitoraggio degli scarichi<br />
abusivi, per la mappatura di alcune chiusure<br />
abusive sull’accesso al mare e per le<br />
indagini sulle occupazioni abusive nelle<br />
spiagge della zona di Mortelle-Tono, tra<br />
le più belle dal punto di vista paesaggistico.<br />
Per occupazione abusiva di suolo demaniale<br />
era stata denunciata perfino<br />
l’Enel ed erano state aperte indagini<br />
sull’utilizzo dei padiglioni della Fiera di<br />
Messina per le feste private di facoltosi<br />
cittadini e sulle violazioni alle norme sulla<br />
sicurezza della navigazione nello<br />
Stretto, corridoio marittimo superaffollato<br />
e ad alto rischio di collisione. Erano<br />
stati avviati controlli a tappeto sulle attività<br />
degli stabilimenti balneari e sulla localizzazione<br />
dell’inceneritore di san Ranieri<br />
(oggi dismesso) all’interno delle<br />
strutture superstiti della cittadella-fortezza<br />
del seicento, nella centralissima zona<br />
falcata di Messina.<br />
A riprova della serietà dell’impegno<br />
nel contrasto alle illegalità, la Capitaneria<br />
di porto aveva pure istituito una sezione<br />
“ambiente” con compiti di tutela e<br />
valorizzazione della fascia costiera e aveva<br />
firmato un protocollo d’intesa con<br />
l’associazione Legambiente per una collaborazione<br />
nel controllo ambientale.<br />
I provvedimenti emessi della Capitaneria<br />
generarono un introito record, per gli<br />
indennizzi, di circa 5 miliardi di vecchie<br />
lire, prelevati in parte dalle tasche della<br />
Messina bene, professionisti, imprenditori<br />
e persino elementi di spicco della criminalità<br />
mafiosa.<br />
Tra i manufatti attenzionati ci fu pure,<br />
in contrada Marmora-Rodia, la megavilla<br />
di 2.085 metri quadri con tanto di parco,<br />
piscina olimpionica e campi da tennis di<br />
proprietà di Michelangelo Alfano, ritenuto<br />
sino al suo misterioso “suicidio”, nel<br />
2005, come l’“anello di congiunzione tra<br />
Cosa Nostra e la mafia messinese”.<br />
Ferlisi contro Riina<br />
Nell’immobile si sarebbe nascosto per<br />
qualche tempo il superboss Totò Riina e<br />
dopo la recente confisca è entrato a far<br />
parte del patrimonio comunale. Fu lo<br />
stesso Calogero Ferlisi a guidare, nel<br />
1998, i militari che effettuarono il sopralluogo<br />
alla villa che ricadeva in parte sul<br />
demanio marittimo.<br />
“Ci fece entrare il buttafuori dalla<br />
spiaggia e ci accolsero quasi gentilmente”,<br />
ricorda il comandante dei vigili. “Alfano<br />
era con alcuni suoi familiari e amici<br />
nella sauna. Ci ricevette lì, nella sauna<br />
stessa, ma noi eravamo in divisa. Andammo<br />
via madidi di sudore ma sequestrammo<br />
la parte della villa abusiva”.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 19
www.isiciliani.it<br />
Durante la campagna anti-abusivismo,<br />
Calogero Ferlisi ricorda pure di aver monitorato<br />
gli immobili di proprietà del presidente<br />
di sezione del Tribunale civile di<br />
Messina, Giuseppe Savoca, del costruttore<br />
Salvatore Siracusano e dell’ex sottosegretario<br />
al Tesoro, on. Santino Pagano. I<br />
tre vennero successivamente indagati (e<br />
prosciolti) nell’ambito dell’inchiesta<br />
Gioco d’azzardo su una presunta associazione<br />
mafiosa internazionale dedita al<br />
traffico di armi e riciclaggio di denaro<br />
sporco.<br />
Fra Savoca e Siracusano<br />
“Trovandomi a leggere sulla stampa alcuni<br />
passi dell’ordinanza di custodia cautelare<br />
emessa dai magistrati - racconta<br />
Ferlisi - mi sono imbattuto su un’intercettazione<br />
ambientale, avvenuta in un bar<br />
del centro di Messina nell’estate del<br />
2001, in cui il dottore Savoca e il costruttore<br />
Siracusano si soffermavano<br />
sull’omicidio Bottari. Per gli interlocutori<br />
si sarebbe potuto trattare di un errore<br />
nell’individuazione della vittima. Proprio<br />
ciò che penso e temo di più”.<br />
Ma, dopo che gli ha sparato gli ha detto:<br />
ma non credete che avete sbagliato<br />
vittima, direbbe il Siracusano nell’intercettazione.<br />
Loro erano andati ad ammazzarlo<br />
a domicilio - onestamente visto che<br />
non c’era nessuna possibilità di scelta,<br />
loro non sono andati, la replica di Savoca.<br />
Ci sono i figli di Bottari. Gli feriscono<br />
un figlio. Si sono accorti di una macchina<br />
della Polizia. Poi le voci si accavallano.<br />
No, se ne è accorto lui, spiega<br />
un “altro soggetto non individuabile”,<br />
come scrivono gli inquirenti. Poi è ancora<br />
Siracusano: Lui gli ha detto c’è ne andiamo<br />
sul sicuro. Allora hanno deciso<br />
che gli conveniva di farlo quando stava<br />
fuori, in mezzo alla strada. Ora è Lui che<br />
comanda.<br />
Per la cronaca, il magistrato e il costruttore<br />
hanno contestato la veridicità<br />
delle trascrizioni, accusando gli uomini<br />
della Direzione investigativa antimafia di<br />
averne manipolato il contenuto. Dopo<br />
una serie di perizie e controperizie, nel<br />
luglio 2011 il Giudice per le indagini<br />
preliminari di Lecco aveva messo un<br />
punto alla querelle emettendo la sentenza<br />
di proscioglimento nei confronti degli investigatori,<br />
ma la Cassazione l’ha annullata<br />
rinviando il fascicolo al Gip.<br />
A rendere ancora più complessa la vicenda<br />
è quanto avvenuto un anno e mezzo<br />
dopo il delitto Bottari. Il 30 settembre<br />
1999, Calogero Ferlisi fu improvvisamente<br />
trasferito da parte del comando<br />
generale delle Capitanerie di porto alla<br />
Capitaneria di Crotone. Dopo essersi inutilmente<br />
opposto all’anomalo provvedimento,<br />
il successivo 2 ottobre Ferlisi decise<br />
di rassegnare le proprie dimissioni<br />
dal corpo militare. Lo scalpore fu enorme<br />
e ci furono attestati di solidarietà da<br />
parte di associazioni e forze politiche peloritane.<br />
Il 7 ottobre 1999 fu presentata<br />
un’interrogazione da parte del sen. Giovanni<br />
Russo Spena (Prc).<br />
Il trasferimento di Ferlisi<br />
“Lo spostamento senza preavviso (di<br />
norma trascorrono quattro mesi) desta<br />
sconcerto per i tempi e i modi con i quali<br />
si è mosso il comando generale delle capitanerie<br />
di porto”, scrisse il parlamentare.<br />
“Si coglie il capo sezione nel pieno di<br />
un attacco senza precedenti contro l’illegalità<br />
che da decenni ha invaso e deturpato<br />
il patrimonio demaniale del Messinese.<br />
Chiediamo pertanto di sapere quali<br />
reali motivi abbiano spinto ad agire il<br />
Ministero della difesa, su cui gravano legittimi<br />
sospetti di aver voluto bloccare<br />
l’opera moralizzatrice, altamente meritoria,<br />
del Ferlisi”.<br />
L’11 ottobre del 2001 fu il deputato leghista<br />
Dario Galli a presentare<br />
un’interrogazione al ministro delle infrastrutture<br />
e dei trasporti. La risposta, scritta,<br />
arrivò il 4 marzo successivo con la<br />
firma del sottosegretario Nino Sospiri.<br />
“Le motivazioni che hanno indotto il<br />
comando generale delle capitanerie di<br />
porto ad adottare il provvedimento di<br />
trasferimento sono state dettate dalla<br />
necessità di tutelare l’ufficiale, atteso che<br />
la presenza dello stesso nella sede di<br />
Messina, per sua stessa ammissione,<br />
aveva fatto emergere ipotesi di<br />
incompatibilità ambientale”. Tutelare. Da<br />
cosa e da chi Questo il governo non lo<br />
ha spiegato, come non ha spiegato le<br />
ragioni di una supposta incompatibilità<br />
ambientale del Ferlisi. Che però a<br />
Messina c’è rimasto sino ad oggi in<br />
qualità di comandante del Corpo di<br />
polizia municipale.<br />
“Ci siamo incrociati con il Ferlisi in<br />
occasione della campagna di Legambiente<br />
Messina contro le chiusure abusive degli<br />
accessi in spiaggia nella zona di Torre<br />
Faro-Mortelle”, ricorda Daniele Ialacqua,<br />
animatore della Rete No Ponte ed ex presidente<br />
del circolo ambientalista. “La Capitaneria<br />
era già intervenuta in passato,<br />
nel quadro di una serie d’interventi contro<br />
l’abusivismo costiero, ma grazie a<br />
Ferlisi l’azione questa volta fu più incisiva,<br />
arrivando a mettere in discussione anche<br />
la legittimità di una serie di ville di<br />
vip.<br />
La notizia del suo inopportuno e sospetto<br />
trasferimento d’ufficio in Calabria,<br />
in piena ed efficace azione repressiva<br />
delle varie illegalità perpetrate a danno<br />
del demanio marittimo, ci spinse ad una<br />
dura presa di posizione nei confronti dei<br />
vertici marittimi e a dar vita ad una campagna<br />
di solidarietà con sit-in, comunicati<br />
stampa e l’invio di lettere di protesta al<br />
Ministero. A tal riguardo ricordo che inaspettatamente<br />
quest’ultimo ci rispose respingendo<br />
le nostre accuse e adducendo<br />
motivazioni al trasferimento che sorpresero<br />
lo stesso Ferlisi quando lo<br />
mettemmo al corrente della risposta”.<br />
Perché l'hanno allontanato<br />
Le vere ragioni di quell’allontanamento<br />
restano ancora ignote. E altrettanto<br />
ignote e inspiegabili, restano le ragioni<br />
che hanno spinto Cosa nostra ad uccidere,<br />
selvaggiamente, uno dei più quotati<br />
docenti dell’ateneo peloritano.<br />
Ha collaborato all’inchiesta<br />
Enrico Di Giacomo.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 20
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S C A F F A L E<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 21
Scampia/ La mattanza<br />
La guerra dei<br />
“cattivi ragazzi”<br />
Già 44 omicidi: periferia<br />
nord come il Far<br />
West. Per le strade a<br />
caccia di “nemici” da<br />
uccidere. Chi sono i<br />
“girati”. Chi ha organizzato<br />
le stragi<br />
di Antonio Di Costanzo<br />
ladomenicasettimanale.it<br />
Vecchi boss spodestati. Mire espansionistiche<br />
e “cattivi ragazzi” che vogliono<br />
più potere, più soldi. Ecco la<br />
nuova guerra di Scampia. Una guerra<br />
che parte all’inizio del 2011 quando<br />
comincia la nuova scissione. O meglio,<br />
quando avviene la scissione negli scissionisti.<br />
La scissione<br />
Nel cartello criminale che si era ribellato<br />
ai Di Lauro si apre una frattura. Il<br />
clan guidato dalle famiglie Amato-Pagano,<br />
capaci di aggregare i vari gruppi<br />
scontenti dei Di Lauro e scatenare la faida<br />
del 2004, inizia a scricchiolare.<br />
Nasce un nuovo consorzio del sangue,<br />
formato dagli Abete-Abbinante con gli<br />
alleati Notturno e Aprea. Famiglie legate<br />
anche da solidi legami di parentela che<br />
decidono di ribellarsi alla dittatura degli<br />
Amato-Pagano. Nascono così i cosiddetti<br />
“Girati”.<br />
La nuova strategia<br />
L’obiettivo è quello di ricacciare il clan<br />
che ha guidato la rivolta contro Paolo di<br />
Lauro, alias Ciruzzo ‘o milionario, nei<br />
comuni di Melito, Mugnano e Casavatore.<br />
In pratica i Girati vogliono strappare<br />
Scampia e Secondigliano a quelli che<br />
fino al 2011 sono stati i leader degli scissionisti,<br />
ovvero, vogliono prendersi il più<br />
grande market della droga d’Europa.<br />
Ad accelerare l’inizio della nuova<br />
guerra, sostengono gli inquirenti, sono le<br />
scarcerazioni di Arcangelo Abete e Giovanni<br />
Esposito detto ’O Muort che tornano<br />
su “piazza” proprio quando il gruppo<br />
Amato-Pagano è colpito dall’arresto del<br />
boss Carmine Amato, nipote di Raffaele<br />
detto a Vicchiariella, con le redini delle<br />
famiglie finite nelle mani del solo Mario<br />
Riccio.<br />
I rapporti di forza<br />
Arcangelo Abete, 43 anni, per una serie<br />
di “congiunture favorevoli”, come sostiene<br />
la Procura, gode impropriamente<br />
di una situazione di libertà proprio in una<br />
fase di riassestamento dei rapporti di forza<br />
all’interno della compagine scissionista,<br />
finalizzata a ridurre il potere criminale<br />
degli Amato-Pagano, durante la quale<br />
emergono i gruppi Abete-Abbinante,<br />
capaci di saldare in alleanza anche i Notturmo<br />
e gli Aprea di Barra e lanciare così<br />
la sfida a chi è rimasto fedele a Riccio.<br />
All’inizio di gennaio 2012 la faida in<br />
sedici giorni conta cinque morti: il 5 a<br />
Giugliano, via San Vito, viene ucciso<br />
Rosario Tripicchio; l’11 a Melito tocca a<br />
Patrizio Serrao e il 16 dello stesso mese,<br />
di nuovo a Melito, i killer ammazzano<br />
Fortunato Scognamiglio.<br />
Agguati eccellenti<br />
Il 9 in un’auto bruciata erano stati trovati<br />
i corpi carbonizzati di Raffaele Stanchi,<br />
“Lello bastone” e del suo autista<br />
Luigi Mondò.<br />
Si tratta di un duplice omicidio eccellente<br />
che determinerà altre tragiche conseguenze.<br />
Il conflitto si chiude con un altro<br />
caduto importante: Biagio Biancolella,<br />
figlio di Francesco, detto Ciccio ’o<br />
Manaco, esattore degli Amato-Pagano<br />
per le estorsioni nel settore degli appalti<br />
pubblici e privati nei comuni di Melito e<br />
Mugnano, di cui il figlio aveva preso il<br />
posto. Biancolella cade sotto i colpi dei<br />
sicari il 9 maggio in via Cesare Pavese a<br />
Mugnano.<br />
Dopo questo colpo gli Amato-Pagano<br />
sono costretti a lasciare Napoli e rifugiarsi<br />
nei soli comuni a Nord. Per gli Abete-<br />
Abbinante è la svolta. Ormai hanno in<br />
mano il mercato della cocaina (con un<br />
volume di affari che va dagli otto ai dodici<br />
milioni di euro ogni due mesi) e<br />
sono sicuri di poter conquistare tutte le<br />
vecchie piazze un tempo controllate dai<br />
Di Lauro, accaparrandosi anche i proventi<br />
che derivano dalla vendita di eroina,<br />
hashish e marijuana.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag.22
Nella loro avanzata gli Abete-Abbinante<br />
non hanno fatto i conti, però, con i<br />
“cattivi ragazzi” della cosiddetta “Vianella<br />
Grassi”, il complesso di case simile<br />
a un fortino che sorge in via Vanella<br />
Grassi, alle spalle di corso Secondigliano.<br />
Tra i vecchi boss di Scampia e i giovani<br />
armati di Secondigliano iniziano le<br />
prime frizioni. Un’escalation continua<br />
con episodi eclatanti come quando due<br />
giovani vengono salvati dalla polizia<br />
mentre sono stati sequestrati e legati<br />
all’interno di un’auto.<br />
L’offensiva di quelli della Vianella secondo<br />
gli inquirenti, inoltre, nasconderebbe<br />
la regia occulta del clan Di Lauro<br />
ridimensionato dalla prima faida eppure,<br />
a giudizio degli inquirenti, ancora pienamente<br />
operativo intorno alla leadership<br />
di Marco Di Lauro, 31 anni, latitante da<br />
quando ne aveva 24, figlio del padrino<br />
“Ciruzzo ' o milionario” che è detenuto<br />
dal 16 settembre del 2005.<br />
Il gruppo Vanella Grassi<br />
Il gruppo della Vanella Grassi, rileva la<br />
Procura negli atti dell’inchiesta che alla<br />
fine di luglio ha ricostruito le più recenti<br />
dinamiche criminali di Scampia, “appare<br />
il migliore alleato possibile del clan Di<br />
Lauro”, con l’obiettivo di richiamare alla<br />
base e ricompattare anche “transfughi dal<br />
cartello scissionista, ma già in passato affiliati<br />
al clan Di Lauro e comunque pronti<br />
a ridisegnare e rinegoziare gli assetti<br />
criminali del territorio”.<br />
Un’alleanza quasi naturale considerando<br />
anche i rapporti di alcuni personaggi<br />
di primo piano della Vanella Grassi con i<br />
Di Lauro, come Antonio Mennetta.<br />
Nel marzo del 2007, con il duplice<br />
omicidio Giuseppe Pica e Francesco Cardillo,<br />
all’epoca referenti sul territorio del<br />
clan Di Lauro, il gruppo della Vianella<br />
capeggiato da Salvatore Petriccione (coadiuvato<br />
dai nipoti Fabio Magnetti, Rosario<br />
Guarinio e Antonio Mennetta e da numerosi<br />
killer come Salvatore Frate), che<br />
durante la faida del 2004-2005 costituivano<br />
l’originario gruppo di fuoco di<br />
Marco Di Lauro, passa con gli scissionisti.<br />
La decisione non viene condivisa<br />
subito da Antonio Mennetta, che in<br />
quel periodo era detenuto.<br />
Durante il periodo di detenzione, comunque,<br />
Mennetta non interrompe i<br />
suoi rapporti con il gruppo di appartenenza,<br />
pur manifestando grandi perplessità<br />
per la scelta operata dallo zio e<br />
dagli altri affiliati di aderire al cartello<br />
scissionista.<br />
Il tessitore Marco Di Lauro<br />
Con la sua scarcerazione, nel dicembre<br />
del 2010, torna sul territorio un personaggio<br />
ritenuto dagli inquirenti di primo<br />
piano, in passato fortemente legato a<br />
Cosimo e Marco Di Lauro, che riprende<br />
il proprio ruolo all’interno del clan, soprattutto<br />
nel settore del mercato degli<br />
stupefacenti, con chiare aspirazioni<br />
espansionistiche, cercando di trarre vantaggio<br />
dalla situazione di indebolimento<br />
della cosca Amato-Pagano. Considerato<br />
questo scenario lo scontro con gli Abete-<br />
Abbinante e i loro alleati è conseguenziale<br />
anche perché quelli della Vianella<br />
possono contare su un commando di<br />
fuoco di giovanissimi pronti a tutto.<br />
Il punto di non ritorno<br />
L'episodio eclatante che dà vita alla<br />
terza faida, uno scontro che per la ferocia<br />
ricorda quello iniziato nel 2004, è proprio<br />
l’omicidio di Raffaele Stanchi, alias<br />
Lello ‘o bastone, contabile e gestore della<br />
Piazza di spaccio del Lotto P (le cosiddette<br />
case dei puffi), per conto degli<br />
Amato-Pagano. Questo agguato, eccellente,<br />
assesta un colpo al cuore del clan<br />
segnando il momento di maggiore contrapposizione<br />
nel cartello scissionista,<br />
ma allo stesso tempo determina l’allontanamento<br />
definitivo della compagine della<br />
Vianella Grassi, aprendo un terzo fronte.<br />
“Lello ’o bastone” viene ucciso in quanto<br />
non vuole pagare una partita di droga acquistata<br />
proprio da quelli della Vanella<br />
Grassi.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 23
stare alla dittatura dei nuovi padroni,<br />
quelli Abete-Abbinante, che con gli<br />
alleati Notturno-Aprea hanno strappato<br />
Scampia ai potenti Amato-Pagano.<br />
Esplode uno scontro durissimo che è ancora<br />
in corso con agguati, sparatorie,<br />
conflitti a fuoco con le forze dell’ordine.<br />
Gruppi armati girano a caccia di nemici<br />
da colpire. Due gli episodi più eclatanti:<br />
il 23 agosto sulla spiaggia di Terracina<br />
viene ammazzato Gaetano Marino, detto<br />
“moncherino”, fratello di Gennaro “Mc<br />
Key”.<br />
Per le strade a caccia di “nemici”<br />
Gli hanno tagliato la mano destra<br />
Il 9 gennaio del 2012 in un’auto carbonizzata<br />
vengono trovati due cadaveri.<br />
Uccisi a colpi di arma da fuoco. A una<br />
delle due vittime i killer hanno tagliato la<br />
mano destra.<br />
L’uomo torturato, mutilato e ucciso insieme<br />
con il suo autista non è un personaggio<br />
qualunque ma rispondeva al<br />
nome di Raffaele Stanchi, “contabile e<br />
gestore della piazza di spaccio del Lotto<br />
P per conto degli Amato-Pagano”, lo definiscono<br />
i pm del pool anticamorra Stefania<br />
Castaldi, Maurizio De Marco e<br />
Vincenza Marra. Amante della bella vita,<br />
Stanchi aveva gestito per anni il fiume di<br />
denaro garantito dalle “Case dei Puffi,<br />
una delle piazze di spaccio più redditizi<br />
di Scampia.<br />
Il “contabile” è un camorrista esperto,<br />
uno di quelli che ne ha viste tante e ha<br />
superato indenne le altre faide. Forse si<br />
sente intoccabile e commette un grave<br />
errore: sottovalutare i “cattivi ragazzi”<br />
della Vanella Grassi, ai quali decide di<br />
non pagare una partita di droga ritenendo,<br />
scrive la Procura, che un’azione del<br />
genere non avrebbe avuto alcuna conseguenza<br />
per il loro “scarso rilievo criminale”.<br />
Stanchi viene sequestrato insieme al<br />
suo autista, Luigi Mondò, e ucciso con<br />
lui dopo il macabro taglio della mano destra:<br />
quella con cui avrebbe dovuto versare<br />
il denaro per la partita di droga.<br />
L’omicidio di Stanchi ha due conseguenze:<br />
rappresenta “il momento di maggiore<br />
contrapposizione tra i gruppi del<br />
cartello scissionista” e segna, a giudizio<br />
della Procura, “l’allontanamento definitivo<br />
della compagine della cosiddetta Vanella<br />
Grassi”.<br />
I cattivi ragazzi non intendono sotto-<br />
Pochi giorni dopo in un bar di via<br />
Roma verso Scampia, di fronte al carcere<br />
di Secondigliano, con tre colpi alla nuca<br />
viene freddato Raffaele Abete, fratello<br />
del capoclan Arcangelo, detenuto, e zio<br />
del ventenne Mariano Abete, latitante.<br />
I cattivi ragazzi della Vianella a suon<br />
di piombo riescono a conquistare parte<br />
della piazza di spaccio del Lotto P e la<br />
Vela Celeste.<br />
A Scampia è guerra. Come nel 2004.<br />
Lo Stato reagisce la periferia Nord viene<br />
blindata da polizia e carabinieri, ma la<br />
guerra non si ferma. Commando armati<br />
girano per le strade a caccia di nemici.<br />
Basta solo essere identificato come individuo<br />
vicino al gruppo avversario per diventare<br />
un obiettivo. Per vedersi disegnare<br />
sulla schiena un mirino.<br />
http://www.centoautori.it/index.php/centonews/949-scampia-la-guerra-deigirati-e-dei-cattivi-ragazzi-della-vinella<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 24
www.isiciliani.it<br />
Saccheggio della Biblioteca dei Girolamini<br />
Libri a Dell'Utri<br />
si stringe il cerchio<br />
Da Firenze spuntano<br />
nuove intercettazioni<br />
di Arnaldo Capezzuto<br />
www.ladomenicasettimanale.it<br />
Si allarga lo scandalo dei libri antichi<br />
trafugati dalla biblioteca di Girolamini<br />
a Napoli. Dalla Procura di Firenze<br />
giungono una serie di intercettazioni<br />
telefoniche dove emergono contatti<br />
tra De Caro e Dell'Utri. I due si telefonano<br />
di continuo e parlano principalmente<br />
di affari e testi antichi. L'inchiesta<br />
continua...<br />
“Dottore le ho trovato il 'De rebus gestis'<br />
di Carafa che è uno dei più rari” dice<br />
Massimo De Caro, direttore della Biblioteca<br />
dei Girolamini di Napoli, parlando<br />
con il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri<br />
che gli risponde “Del Carafa, si, non ce<br />
lo abbiamo”. La telefonata è intercettata<br />
il 22 febbraio scorso dalla procura di Firenze<br />
in un altro filone d'indagine.<br />
Libri antichi trafugati<br />
De Caro agli arresti dal 23 maggio per<br />
lo scandalo dei libri antichi trafugati dalla<br />
Biblioteca dei Girolamini interrogato<br />
dai pm ha confermato di aver consegnato<br />
a Dell'Utri, appassionato bibliofilo, tre<br />
testi di Girolamini. Per non mettere nei<br />
guai il senatore del Pdl De Caro però ai<br />
magistrati sottolinea che “Escludo categoricamente<br />
che il parlamentare fosse a<br />
conoscenza della loro provenienza illecita.<br />
Il 'De rebus gestis' l'ho dato personalmente<br />
a Dell'Utri. E' stato un regalo, un<br />
gesto d'affetto”. Secondo De Caro in un<br />
solo caso il parlamentare avrebbe saputo<br />
della provenienza di un testo dalla Biblioteca<br />
dei Girolamini e riguarda la rilegatura<br />
Carnevari. Ma De Caro sostiene<br />
che il libro fu consegnato al fondatore di<br />
Forza Italia e del Pdl solo per “far<br />
verificare da un esperto di fiducia<br />
l'originalità della rilegatura”. I magistrati<br />
non sembrano credere ai racconti dell'ex<br />
Amicizia di interessi<br />
A NAPOLI OLTRE ALLE DOSI<br />
SI SPACCIANO LIBRI RARI<br />
De Caro, l'esecutore<br />
A Napoli oltre alla droga adesso si<br />
spacciano testi rari. All'appello mancano<br />
precisamente duemila e duecento<br />
volumi molti dati all'estero: Germania,<br />
Spagna, Usa, Australia presso case<br />
d'asta o collezioni private. Marino<br />
Massimo De Caro, direttore della<br />
biblioteca dei Girolamini- in carcere dal<br />
23 maggio - è considerato uomo di<br />
Dell'Utri. La sponda del senatore gli ha<br />
consentito – attraverso l'intercessione<br />
anche dell'ex capogabinetto del Mibac<br />
Salvo Nastasi – ad esempio di diventare<br />
consulente prima del ministro Galan e<br />
poi del tecnico Ornaghi e tanto altro.<br />
Tra le mani dell'amico dell'ex premier<br />
Silvio Berlusconi è spuntata<br />
“stranamente” una rara edizione di un<br />
libro di Gian Battista Vico made in<br />
Naples. Ma ci sono altri punti di contatto<br />
tra De Caro e Dell'Utri entrambi sono<br />
indagati dalla Procura di Firenze per<br />
corruzione. “Sfruttando il suo ruolo<br />
istituzionale - si legge negli atti - il senatore<br />
avrebbe favorito alcuni<br />
imprenditori del settore energetico<br />
ricevendo da tali soggetti - per il tramite<br />
di De Caro - somme consistenti di<br />
denaro apparentemente giustificate<br />
dall'acquisto di un documento antico”.<br />
direttore della Biblioteca e hanno calato i<br />
loro assi: un'altra conversazione. E' del<br />
29 marzo. “Massimo fai il prezzo” dice<br />
Dell'Utri. E De Caro: “La prossima<br />
settimana sono solo nel convento, tutto il<br />
convento per me. Se vuole dottore...da<br />
solo...sono solo, ho le chiavi perché i<br />
padri vanno via”.<br />
La domanda sorge spontanea ma perché<br />
invitare Dell'Utri senza la presenza<br />
di altre persone Il mistero resta. Dubbi e<br />
perplessità che sono rimaste tali anche<br />
dopo l'interrogatorio dello stesso senatore<br />
Marcello Dell'Utri che in gran segreto<br />
ascoltato dai magistrati della Procura di<br />
Napoli (Michele Fini, Antonella Serio<br />
coordinati dal procuratore aggiunto Giovanni<br />
Melillo) ha fatto scena muta ed è<br />
andato via. Le indagini proseguono.<br />
Nel mirino degli investigatori<br />
Dell'Utri, condannato per mafia e<br />
sott'inchiesta dalle procure di mezza Italia<br />
è nel mirino degli investigatori. La<br />
sua passione senza freno per i testi rari e<br />
preziosi è sospetta. Forse è un bibiofilo<br />
per necessità.<br />
Un mercato quello dei testi antichi che<br />
si può trasformare in una buona copertura<br />
per chi vuole imbastire operazioni e<br />
movimenti finanziari.<br />
Questa dei libri è una strana storia,<br />
l'ennesima quando c'è di mezzo<br />
Dell'Utri, il grande burattinaio. Silvio<br />
Berlusconi in cui compare come vittima<br />
di una ipotetica estorsione operata dallo<br />
stesso Dell'Utri alla domanda del procuratore<br />
aggiunto di Palermo Antonio Ingroia<br />
di perché ha versato in dodici anni<br />
la somma di 40 milioni di euro al senatore,<br />
l'ex premier ha affermato: “Marcello è<br />
un mio amico e un collaboratore prezioso<br />
ho dato quei soldi perché lui ha solo due<br />
filoni di spesa: famiglia e libri antichi”.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 25
www.isiciliani.it<br />
Trapani<br />
Mafia e antimafia<br />
I volti della mia città<br />
Conosciamo i mafiosi<br />
trapanesi, vecchi e<br />
nuovi. E chi li ha combattuti<br />
e li combatte...<br />
di Rino Giacalone<br />
Nel tempo a Trapani i visi dei boss<br />
sono stati quelli di Totò Minore, Francesco<br />
Messina Denaro, i campieri diventati<br />
latifondisti, Vincenzo Virga e<br />
Francesco Pace, i boss diventati imprenditori,<br />
Mariano Agate e Francesco<br />
Messina, l’imprenditore ed il muratore<br />
diventati mammasantissima da quando<br />
furono ammessi a sedere alla tavola del<br />
corleonese Totò Riina, Vito ed Andrea<br />
Mangiaracina, anche loro mazaresi, che<br />
potevano permettersi (Andrea) di incontrare<br />
a quattr’occhi il ministro degli<br />
Esteri Giulio Andreotti, il senatore a<br />
vita le cui accuse di mafiosità sono state<br />
prescritte (ciòè non più perseguibili<br />
perché il tempo a disposizione dato ai<br />
giudici per pronunciare la condanna è<br />
risultato scaduto quando Andreotti finì<br />
davanti ai giudici di Palermo).<br />
Oggi la mafia è quella di Matteo Messina<br />
Denaro erede di Francesco, il “patriarca”<br />
del Belice, capo di una Cosa nostra<br />
che dalla mafia delle armi e delle bombe è<br />
ora diventata “sommersa” ma per questo<br />
non meno percepibile. Ma è anche la mafia<br />
di imprenditori mai punciuti e che usano<br />
le imprese come un mafioso potrebbe<br />
bene usare un’arma. Ci sono gli imprenditori<br />
che pagano la “quota associativa a<br />
Cosa nostra”, che si informano come debbono<br />
comportarsi se prendono un appalto<br />
fuori da Trapani, come avrebbe fatto Vito<br />
Tarantolo al quale sono stati appena sequestrai<br />
beni oltre 30 milioni di euro, o è<br />
la mafia degli imprenditori che scontati la<br />
pena sono tornati liberi e ricevono ogni<br />
giorno l’omaggio della gente.<br />
Come succede a Ciccio Genna che giorno<br />
per giorno abita al Borgo, una volta<br />
cuore della mafia delle campagne, e dove<br />
riceve saluti e distribuisce consigli.<br />
Oggi la mafia di Matteo Messina Denaro<br />
è fatta anche da insospettabili, persone<br />
apparentemente al di sopra di ogni sospetto,<br />
che si muovono tra la politica e l’economia,<br />
e fanno tanta campagna elettorale<br />
in questi giorni.<br />
La mafia a Trapani non ha colore politico,<br />
te la ritrovi distribuita in modo trasversale,<br />
da sinistra a destra, anche perché<br />
qui non c’è poi una sinistra, tranne rare<br />
eccezioni, così “chiacchierona” contro i<br />
mafiosi e i corrotti, spesso guarda e non<br />
parla.<br />
Montalto, Cassarà, Rostagno...<br />
Conosciamo i volti dell’antimafia che<br />
ha avuto e ha il volto di Gian Giacomo<br />
Ciaccio Montalto, magistrato, ucciso nel<br />
1983, di Ninni Cassarà, capo della Mobile,<br />
ucciso nel 1985, di Mauro Rostagno,<br />
giornalista, ucciso nel 1988, di Giuseppe<br />
Montalto, agente penitenziario, ucciso nel<br />
1995, di Alberto Giacomelli, giudice, ucciso<br />
nel 1988, di Rino Germanà, poliziotto,<br />
commissario a Mazara, sfuggito ai sicari<br />
di mafia nel 1992, di Carlo Palermo,<br />
magistrato, scampato all’autobomba di<br />
Pizzolungo nel 1985, di Margherita Asta,<br />
attivista di <strong>Libera</strong>, figlia e sorella delle<br />
vittime della strage di Pizzolungo, di Giuseppe<br />
Linares, ex capo della squadra Mobile<br />
e oggi dirigente della divisione Anticrimine<br />
della Questura di Trapani da dove<br />
dà la “caccia” ai tesori e alle casseforti<br />
della nuova mafia, di Andrea Tarondo,<br />
magistrato della Procura di Trapani, che<br />
ha alzato tanto il livello di contrasto contro<br />
i mafiosi e i colletti bianchi, andando<br />
anche a riaprire armadi che si pensavano<br />
fossero stati chiusi per sempre come quelli<br />
sulla Gladio trapanese, da meritare una<br />
cimice collocata dentro la sua auto da<br />
qualche manina di un qualche 007, non è<br />
stato lavoro di qualche mafiosetto ma da<br />
specialiasti.<br />
L’antimafia ha il volto sofferente di un<br />
ex prefetto, Fulvio Sodano, inchiodato su<br />
una poltrona e legato ai respiratori per potere<br />
continuare a vivere, cacciato da Trapani<br />
nel 2003, ha ancora il volto di tanti<br />
ragazzi, studentesse e studenti, che hanno<br />
capito quanto grave sia la situazione che<br />
hanno deciso di dedicare ore di studio alla<br />
legalità, smentendo il neo sindaco di Trapani,<br />
un generale dei carabinieri, Vito Damiano,<br />
che aveva detto di non gradire motlo<br />
che di mafia si parlasse a scuola, e invece<br />
questi studenti hanno detto di volere<br />
capire il male che la mafia ha seminato in<br />
questa terra, e conoscere così quali strade<br />
non dovranno mai percorrere.<br />
Vorremmo conoscere adesso i volti di<br />
chi, a sentire qualcuno, ha fatto antimafia<br />
per fare carriera, che così ha ottenuto lavoro,<br />
guadagni, spesso ce li hanno indicati<br />
come “professionisti dell’antimafia” che<br />
era la stessa cosa che tanti anni addietro<br />
veniva pronunciata nei confronti di due<br />
giudici dilaniati dal tritolo mafioso.<br />
Anche Falcone e Borsellino venivano<br />
chiamati professionisti dell’antimafia, additati,<br />
indicati, così alla fine sono finiti<br />
ben posti al centro del mirino che i mafiosi<br />
tenevano acceso attendendo il momento<br />
buono per premere i loto timer: lo hanno<br />
fatto, a Capaci, il 23 maggio del 1992, in<br />
via D’Amelio a Palermo il 19 luglio dello<br />
stesso anno.<br />
Anni prima lo avevano fatto a Pizzolungo,<br />
il 2 aprile 1985, quando cercarono di<br />
uccidere il pm Carlo Palermo e fecero a<br />
pezzetti una mamma ed i suoi due figlioletti.<br />
Nel 1983 stessa cosa, autobomba imbottita<br />
di tritolo, per Rocco Chinnici, il<br />
capo dell’ufficio istruzione di Palermo.<br />
Anche loro venivano guardati come professionisti<br />
dell’antimafia.<br />
Benvenuti a Trapani<br />
Una lunga premessa per dire “benvenuti<br />
a Trapani”. La città della vela e del sale, si<br />
legge all’ingresso della città sui cartelli<br />
turistici, dove nel 2005 si è sperimentato,<br />
prima di attuarlo altrove, il sistema “protezione<br />
civile” e “grandi eventi” per fare<br />
svolgere le gare internazionali della Coppa<br />
America, dove il denaro scorreva a fiumi<br />
e la mafia si ingrassava.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 26
www.isiciliani.it<br />
“...Non solo non si è dimesso, ma ha firmato<br />
un protocollo col ministro dell'Interno Cancellieri...”<br />
La città che in 20 giorni ha messo una<br />
targa su una strada dedicandola ai “grandi<br />
eventi” per celebrare i fasti della vela<br />
mondiale e che invece ha impiegato<br />
decenni, vent’anni, per dedicare una via,<br />
una piazza, alle vittime di Cosa nostra.<br />
D’altra parte Trapani è la città dove i<br />
sindaci andavano dicendo che la mafia<br />
non esisteva mentre Cosa nostra piazzava<br />
autobombe e ammazzava magistrati, e<br />
oggi ci sono sindaci che dicono che di<br />
mafia non bisogna parlarne o che l’antimafia<br />
è peggio della mafia, o ancora ci dicono<br />
che la mafia è sconfitta mentre loro<br />
stessi vengono condannati per favoreggiamento<br />
a imprenditori mafiosi, come è successo<br />
al primo cittadino di Valderice Camillo<br />
Iovino, che condannato non si è dimesso,<br />
ma nemmeno c’è stato chi ha molto<br />
insistito perché lo facesse, e con la faccia<br />
tosta giorni addietro è salito in prefettura<br />
per firmare assieme al ministro<br />
dell’Interno Cancellieri un protocollo di<br />
legalità contro la mafia e la corruzione.<br />
La città di Cosa Nostra e massoneria<br />
Benvenuti a Trapani quindi, la città<br />
dove Cosa nostra e massoneria hanno animato<br />
le stanze del potere segreto ma quello<br />
era, ed è, il vero potere, pubblicamente<br />
riconosciuto; la città cassaforte di Cosa<br />
nostra, dove si è annidato, è cresciuto, il<br />
potere economico dei boss che non portano<br />
più coppole e lupare ma indossano le<br />
grisaglie proprie dei manager; la città<br />
dove sono cresciute a dismisura banche e<br />
finanziarie dinanzi ad una povertà incredibile,<br />
alla disoccupazione crescente.<br />
Qui la mafia si è sommersa da tempo<br />
secondo una precisa strategia, perché così<br />
è diventata impresa, ha fatto diventare<br />
legale il proprio sistema illegale, qui la<br />
mafia “vive” mentre la gente è costretta a<br />
“sopravvivere” e spesso di questo i<br />
cittadini non si rendono conto. Per<br />
disattenzione, per complicità, per quieto<br />
vivere. Benvenuti a Trapani.<br />
Trapani è tante cose, rappresenta lo zoccolo<br />
duro della mafia e non solo perché<br />
qui si nasconde l’ultimo dei grandi latitanti<br />
di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro,<br />
50 anni e dal 1993 ricercato per delitti<br />
e stragi, cresciuto seguendo l’esempio del<br />
padre, il patriarca della mafia belicina,<br />
Francesco Messina Denaro, campiere di<br />
grandi latifondisti, come la famiglia D’Alì<br />
di Trapani, Tonino è senatore dal 1994, e<br />
oggi è sotto processo per concorso esterno<br />
in associazione mafiosa; ma Matteo ha<br />
anche impersonato i due volti della mafia,<br />
quella violenta, militare, di Totò Riina e<br />
quella di Bernardo Provenzano che ha<br />
saputo infiltrarsi dentro i gangli<br />
istituzionali, ritenendo migliore “scendere<br />
a patti con lo Stato”.<br />
La stessa mafia raccontata da Rostagno<br />
A Trapani la mafia resta quella che nel<br />
1988 veniva raccontata da Mauro<br />
Rostagno, forte e inviolabile, protetta da<br />
insospettabili alleati, e così quando invece<br />
del solito boss le indagini colpiscono il<br />
colletto bianco, il professionista, il<br />
politico, spesso arrivano gli attacchi, “il<br />
terzo livello qui non deve toccarsi. E così<br />
succede che a Trapani c’è chi dice che è<br />
l’antimafia che produce la mafia o ancora<br />
c’è chi volendo per forza smentire<br />
sostiene che ci sono notizie gonfiate<br />
messe apposta in giro.<br />
Poi le stesse persone le ritrovi a<br />
celebrare Paolo Borsellino dimenticando<br />
che Borsellino ci ha detto che una<br />
sentenza di assoluzione non significa per<br />
forza non colpevolezza e se il reato penale<br />
non è stato possibile provare tra le pagine<br />
di queste sentenze spesso ci sono elementi<br />
che dovrebbero provocare le condanne<br />
morali, l’espulsione dall’impegno politico<br />
per esempio.<br />
Nelle aule del Tribunale di Trapani si è<br />
spesso ascoltata la storia di una mafia che<br />
è stato tanto sfrontata, che ha avuto, ed<br />
ha, tanti di quegli appoggi e di quelle<br />
complicità, da potere autonegare la sua<br />
esistenza. Il capo mandamento Francesco<br />
Pace, condannato a 20 anni, in un processo<br />
dove nessuno ha pensato di costituirsi<br />
parte civile, intercettato è stato sentito<br />
dire che la mafia lo ha rovinato, poi però<br />
ha continuato quel discorso quel giorno e<br />
negli altri ancora, parlando di appalti da<br />
pilotare, di cemento da vendere, di prefetti<br />
e poliziotti da far mandare via da Trapani.<br />
E quello che il boss andava dicendo trovava<br />
negli stessi momenti riscontro nei salotti<br />
e nei bar, era la prova che la mafia<br />
era capace, e lo è ancora, di fare tam tam<br />
di ciò che pensa e pretende che a pensarlo<br />
siano tutti in questa città. Un giorno<br />
l’allora capo della Mobile, Giuseppe Linares,<br />
si sentì dire da un noto avvocato<br />
che questi aveva saputo il suo trasferimento<br />
da Trapani era questioni di giorni.<br />
Si era creato un tam tam e le parole della<br />
mafia erano così circolate. Il sistema<br />
funziona da tempo: nel 1988 quando ammazzarono<br />
Mauro Rostagno, il capo mafia<br />
di Mazara Mariano Agate interpellato<br />
da altri “picciotti” disse che Rostagno<br />
“era stato ucciso per questione di corna”,<br />
mentre invece l’ordine di morte era partito<br />
da un giardino di agrumi nelle campagne<br />
di Castelvetrano dove Francesco Messina<br />
Denaro aveva convocato chi doveva occuparsi<br />
di “fare stare per sempre zitto quella<br />
camurria di giornalista”. A oltre 20 anni<br />
da quel delitto oggi in Corte di Assise a<br />
Trapani si stanno processando i mafiosi<br />
che uccisero Rostagno, e quella voce che<br />
questi era stato ucciso “per questione di<br />
corna” sfacciatamente è entrata anche in<br />
questa aula di giustizia, e il boss Mariano<br />
Agate, che Rostagno in tv sbeffeggiava,<br />
sarà certamente contento.<br />
Non viviamo in una terra normale purtroppo<br />
e ce ne accorgiamo ogni giorno di<br />
più. In una terra dove ogni giorno dovremmo<br />
ricordare che la mafia è merda,<br />
come diceva fino a 30 anni addietro a Cinisi<br />
Peppino Impastato contando i 100<br />
passi che dividevano la sua casa da quella<br />
di don Tano Badalamenti, prima che una<br />
bomba lo facesse saltare in aria. Anche<br />
Peppino era un professionista dell’antimafia,<br />
e anche lui ha avuto il suo bel tritolo.<br />
Magari lo fanno a Trapani, lo facciamo,<br />
ma spesso tanti lo fanno per fare scena,<br />
spettacolo, spente le luci si torna al solito<br />
andazzo.<br />
Angileri che sta con Crocetta<br />
E così nessuno si stupisce se Doriana<br />
Licata, medico di Campobello di Mazara,<br />
la nipote di un grande imprenditore, Carmelo<br />
Patti, al quale lo Stato vuole confiscare<br />
5 miliardi di euro di beni, perché si<br />
ritiene che quel denaro serva al super latitante<br />
Matteo Messina Denaro, oggi candidata<br />
alle elezioni regionali, ogni giorno<br />
spenda fior di denaro per conquistare il<br />
sostegno della gente, o ancora ti ritrovi<br />
con Crocetta che sostiene il rinnovamento<br />
antimafia della Sicilia soggetti come un<br />
consigliere provinciale, Matteo Angileri,<br />
che fino a qualche giorno addietro andava<br />
sostenendo che quasi era tutto inventato<br />
quello che si diceva su Trapani e se la<br />
prendeva con Michele Santoro per via di<br />
quel reportage dove si raccontava la storia<br />
di quel prefetto che aveva sfidato il potere<br />
mafioso e politico della città. Benvenuti a<br />
Trapani.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 27
www.isiciliani.it<br />
Poteri<br />
Mario Ciancio<br />
fine di un impero<br />
Il giudice di Catania<br />
non ha accolto la richiesta<br />
di archiviazione<br />
avanzata dalla Procura<br />
etnea<br />
di Claudia Campese<br />
e Salvo Catalano<br />
www.Ctzen.it<br />
Adesso l’uomo più potente di Catania<br />
potrebbe affrontare per la prima volta<br />
un vero processo con l’accusa di concorso<br />
esterno in associazione mafiosa.<br />
Nel frattempo ha annunciato un piano<br />
di tagli nelle sue due emittenti televisive<br />
del 50 per cento dei lavoratori, che hanno<br />
bloccato per una settimana tutte le<br />
trasmissioni.<br />
Non è un periodo fortunato per l’uomo<br />
più potente di Catania. Mario Ciancio<br />
Sanfilippo, editore del quotidiano monopolista<br />
cittadino La Sicilia e imprenditore<br />
nel settore dell’edilizia, negli ultimi mesi<br />
ha annunciato, in nome della crisi, tagli<br />
del 50 per cento dei lavoratori nelle sue<br />
due televisioni.<br />
Ma ad impensierire maggiormente l’ex<br />
presidente della federazione degli editori<br />
italiani è l’indagine sul suo conto dei magistrati<br />
catanesi.<br />
Dopo quasi trent’anni di apparente immunità,<br />
infatti, Ciancio è stato iscritto nel<br />
registro degli indagati nel marzo del 2009<br />
con l’accusa di concorso esterno in associazione<br />
mafiosa.<br />
L’ultima novità sta nella decisione del<br />
gip Luigi Barone che qualche settimana fa<br />
non ha accolto la richiesta di archiviazione<br />
per l'accusa di concorso esterno in associazione<br />
mafiosa avanzata dalla Procura<br />
etnea nel maggio scorso.<br />
E ora, imputazione coatta<br />
Adesso si dovrà attendere la nuova<br />
udienza, già fissata da Barone, in cui le<br />
strade possibili sono tre: l’archiviazione,<br />
ulteriori indagini sull’editore e i suoi presunti<br />
rapporti oppure un’imputazione<br />
coatta e l’inizio di un processo. Resta il<br />
fatto che la Procura è stata smentita per la<br />
quarta volta in poco tempo.<br />
Dopo i fratelli Raffaele e Angelo Lombardo<br />
e il senatore Fli Nino Strano, stavolta<br />
è toccato all’ottantenne imprenditore-editore.<br />
Quattro accuse di concorso esterno in<br />
associazione mafiosa, quattro richieste di<br />
archiviazione, quattro rifiuti da parte dello<br />
stesso giudice per le indagini preliminari:<br />
Luigi Barone.<br />
Al centro dell’indagine c’è la costruzione<br />
del centro commerciale La Rinascente-<br />
Auchan vicino all’aeroporto Fontanarossa<br />
di Catania. «Al quale era tra gli altri interessato<br />
anche Mario Ciancio», spiegano i<br />
magistrati. E, tra gli altri, ipotizzavano,<br />
anche alcuni esponenti criminali e<br />
presunti tali. A occuparsi della costruzione<br />
sarà la ditta dei fratelli Basilotta,<br />
considerata dai magistrati vicina a Cosa<br />
Nostra e oggi tra le carte del processo<br />
Iblis e del suo stralcio sui Lombardo.<br />
Nell’indagine etnea non mancano episodi<br />
e racconti che hanno fatto un pezzo della<br />
storia dell’informazione a Catania. Dalla<br />
mancata pubblicazione, da parte de La<br />
Sicilia, dei necrologi del giornalista Giuseppe<br />
Fava e del commissario di Polizia<br />
Beppe Montana – uccisi dalla mafia rispettivamente<br />
nel 1984 e ’85 – agli scritti,<br />
privi di contestualizzazione sui personaggi,<br />
riguardanti Angelo Ercolano, incensurato<br />
nipote del boss Pippo Ercolano, e<br />
Vincenzo Santapaola, figlio del boss etneo<br />
Nitto.<br />
Ma gli elementi a disposizione della<br />
Procura etnea risalgono anche a più in là<br />
nel tempo. Come quando il boss Pippo Ercolano,<br />
che non aveva gradito un articolo<br />
de La Sicilia in cui lo si definiva mafioso,<br />
andò a fare una scenata in redazione.<br />
La scenata del boss in redazione<br />
Ciancio, non presente, avrebbe saputo,<br />
racconta il collaboratore di giustizia Angelo<br />
Siino che accompagnava il boss. E<br />
sarebbe stato lo stesso editore-direttore, al<br />
chiuso del suo ufficio e in presenza di Ercolano,<br />
a sgridare il cronista responsabile<br />
secondo quanto riportato in diverse ordinanze<br />
del processo Orsa Maggiore firmate<br />
dal gip Antonino Ferrara.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 28
www.isiciliani.it<br />
“E alla fine<br />
licenziare<br />
quelli che<br />
non servono<br />
più”<br />
Un atteggiamento che ha fatto definire<br />
l’editore etneo da Siino come un uomo<br />
«a disposizione» di Cosa Nostra.<br />
All’attenzione dei magistrati, infine,<br />
anche alcuni articoli de La Sicilia pubblicati<br />
durante le indagini per l’omicidio del<br />
giornalista Giuseppe Fava. Come ricostruiva<br />
un dossier de I <strong>Siciliani</strong> Nuovi,<br />
era il 1994 e il quotidiano etneo informava<br />
che il pentito Maurizio Avola si era<br />
autoaccusato non solo di aver ucciso il<br />
cronista catanese, ma anche il generale<br />
Carlo Alberto Dalla Chiesa.<br />
Troppo giovane e alle prime armi per il<br />
secondo omicidio, avvertiva il<br />
quotidiano etneo, avanzando velati dubbi<br />
sulla sua credibilità. Ma Avola non aveva<br />
mai parlato di Dalla Chiesa, sottolineava<br />
SCHEDA<br />
MARIO CIANCIO<br />
Classe 1932, Mario Ciancio Sanfilppo è direttore<br />
ed editore del quotidiano etneo La Sicilia.<br />
Insieme alla figlia Angela siede nel consiglio<br />
di amministrazione dell'agenzia di stampa<br />
Ansa, di cui è stato anche vicepresidente.<br />
Ex presidente della federazione degli editori<br />
italiani Fieg ha partecipazioni in diversi giornali<br />
dell'isola e del Sud Italia, in tv e radio sia<br />
locali che nazionali, possiede lo stabilimento<br />
tipografico dove vengono stampati i quotidiani<br />
nazionali per la Sicilia e Reggio Calabria e<br />
l'agenzia di pubblicità Publikompass. Tra i<br />
suoi interessi imprenditoriali, oltre all'editoria,<br />
anche il settore dell'edilizia. Con la sua ditta<br />
Cisa – dalle iniziali dei suoi due cognomi – si<br />
è occupato di diverse costruzioni cittadine,<br />
anche pubbliche. Come il recente progetto di<br />
due parcheggi catanesi in project financing finiti<br />
sotto sequestro da parte della magistratura.<br />
L'accusa è di presunte irregolarità commesse<br />
in fase di assegnazione dei lavori dalla<br />
giunta comunale allora guidata dal sindaco<br />
etneo Umberto Scapagnini.<br />
il sostituto procuratore Amedeo Bertone,<br />
temendo un tentativo di screditare il pentito<br />
e depistare le indagini: «Chi<br />
pubblicava sapeva perfettamente, per<br />
essere stato avvertito proprio da noi, che<br />
si trattava di cose false».<br />
Il tifo per Crocetta<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 29<br />
xxxx<br />
Nell’attesa Ciancio, che tifa per il candidato<br />
di Pd e Udc Rosario Crocetta in<br />
vista delle elezioni regionali del 28 ottobre<br />
e vende a ottantamila euro una pagina<br />
di pubblicità elettorale sul suo giornale,<br />
ha annunciato tagli dei lavoratori di<br />
più del 50 per cento: 28 dipendenti su 58<br />
all’emittente Antenna Sicilia. Mentre<br />
nell’altra tv, Telecolor sono 24 su 40 i lavoratori<br />
a rischio. Cameraman, registi,<br />
montatori. Ad essere fatta fuori sarebbe<br />
l’intera linea di produzione. «È come se<br />
Marchionne volesse fare le Fiat senza<br />
motore», sintetizza il regista Guido Pistone.<br />
«È successo tutto all’improvviso,<br />
non ci hanno avvertito né fatto vedere i<br />
documenti».<br />
Secondo la Cgil il mancato preavviso<br />
ha una ragione chiara: le presunte irregolarità<br />
nella richiesta di contributi al Corecom,<br />
il comitato regionale per le comunicazioni,<br />
per l’assegnazione delle<br />
frequenze del digitale terrestre. «Il primo<br />
agosto viene pubblicata la graduatoria<br />
del Corecom per ricevere i contributi –<br />
spiegano dal sindacato – al primo posto<br />
in Sicilia si piazza Antenna Sicilia, al secondo<br />
Telecolor. Il 2 agosto Ciancio avvia<br />
la procedura di mobilità».<br />
Uno dei criteri per l’assegnazione dei<br />
finanziamenti è il numero di dipendenti a<br />
tempo indeterminato all’interno<br />
dell’azienda. «Dopo aver ottenuto le migliori<br />
frequenze e i lauti contributi – denunciano<br />
– i lavoratori non servono più,<br />
quindi possono essere licenziati».<br />
Il 12 ottobre i lavoratori hanno occupato<br />
la sala di registrazione delle tv, bloccando<br />
le trasmissioni per una settimana.<br />
La rete è stata costretta a mandare in<br />
onda in tutta la regione solo telefilm.<br />
Tuttavia, a breve, Telecolor potrebbe<br />
avere sei lavoratori in più. O meglio, di<br />
ritorno. La Corte d’Appello di Catania<br />
nel secondo grado del processo ha deciso<br />
il reintegro dei sei giornalisti, Fabio<br />
Albanese, Giuseppe La Venia, Nicola Savoca,<br />
Katia Scapellato, Alfio Sciacca e<br />
Walter Rizzo, licenziati nel 2006 – senza<br />
giusta causa – da Ciancio.<br />
“C'è un giudice a Catania!”<br />
«C’è un giudice a Catania! Non solo<br />
perché ci restituisce il posto di lavoro ma<br />
anche perché ci ripaga di anni di isolamento»,<br />
hanno voluto comunicare tutti<br />
insieme. A loro spetteranno tutte le<br />
mensilità non ricevute. Un’altra tegola,<br />
che secondo i sindacati potrebbe<br />
aggirarsi sul milione e mezzo di euro, per<br />
l’anziano Mario Ciancio il cui impero<br />
rischia seriamente di crollare.
www.isiciliani.it<br />
Interviste/ Basilio Rizzo<br />
Parla la Milano onesta:<br />
resistere<br />
e continuare a lottare<br />
E dopo Formigoni E<br />
l'Expo E Monti E i<br />
grandi affari E il Sistema<br />
Non sono ottimistiche,<br />
le risposte della<br />
coscienza storica della<br />
Milano “non da bere”<br />
di Paolo Fior<br />
Dopo un quindicennio di potere incontrastato<br />
in Lombardia, Roberto<br />
Formigoni è arrivato al capolinea ma<br />
non cade: tratta da posizioni di forza la<br />
sua successione, i nuovi equilibri di potere<br />
della Regione, sceglie la data del<br />
voto e ha un peso determinante nella<br />
formazione delle alleanze nell'area politica<br />
del centrodestra.<br />
Nell'ultimo anno la sua giunta ha perso<br />
un pezzo dopo l'altro sotto i colpi delle inchieste<br />
giudiziarie e lui stesso è indagato<br />
per i suoi rapporti con l'imprenditore e<br />
amico Daccò, ma nessuno osa dare la<br />
spallata finale.<br />
Non l'opposizione che per quindici anni<br />
non ha fatto opposizione e che oggi -<br />
dopo lo scandalo dell'assessore alla Casa<br />
finito in manette per voto di scambio con<br />
la 'ndrangheta - finge di fare la voce grossa<br />
chiedendone le dimissioni, ché tanto<br />
non costa nulla.<br />
Non i suoi sodali del Pdl che nel sistema<br />
di potere formigoniano si sono trovati<br />
come i topi nel formaggio e ora - nonostante<br />
tutto - sono costretti ad andare sino<br />
in fondo anche a costo di andare a fondo;<br />
non la Lega che in tutti questi anni si è<br />
preoccupata solo di trattare sul prezzo e<br />
che ora che si vorrebbe smarcare, non<br />
può.<br />
La posta in gioco è alta: la Lombardia è<br />
una delle regioni più ricche d'Europa e gli<br />
interessi nella Sanità, nelle infrastrutture e<br />
nel cosidetto privato-sociale valgono molti<br />
miliardi di euro. Formigoni in questo<br />
quindicennio ha governato con abilità, facendo<br />
in modo che tutti avessero la loro<br />
fetta di torta: appalti, poltrone, posti di<br />
sottogoverno, favori. Un gioco a includere<br />
e forse non è un caso se la sinistra in tutti<br />
questi anni non ha mai provato a proporsi<br />
come reale alternativa e non ha mai<br />
espresso veri candidati, capaci di<br />
contendere davvero la guida della Regione<br />
alla destra.<br />
“Comunione & Fatturazione”...<br />
Ora il governatore è accerchiato e le inchieste<br />
hanno iniziato a toccare anche la<br />
Compagnia delle Opere, il braccio economico<br />
di quella che a Milano da decenni<br />
viene scherzosamente (ma non tanto)<br />
chiamata Comunione & Fatturazione, ma<br />
a sinistra come a destra si respira un'aria<br />
pesante, che sa di ricatto. Finita l'era Formigoni,<br />
la Lombardia potrà finalmente<br />
uscire dalla palude affaristico-criminale in<br />
cui è sprofondata<br />
Questa domanda l'abbiamo girata a Basilio<br />
Rizzo, decano e presidente del consiglio<br />
comunale di Milano, fiero oppositore<br />
di un certo modo di fare politica anche a<br />
sinistra, attento osservatore di ciò che si<br />
muove in profondità, sotto la superficie<br />
della politica lombarda.<br />
A patti col Sistema Formigoni<br />
"Anche se dovessimo vincere le<br />
elezioni, temo che in Regione succederà<br />
come a Milano: Formigoni non ci sarà più<br />
ma l'armatura del suo sistema di potere<br />
non sarà facile da smantellare.<br />
C'è paura di confrontarsi con questo sistema<br />
di potere e anziché provare a scardinarlo<br />
è stata fatta la sccelta, più facile,<br />
di venirci a patti.<br />
L'esperienza di oggi mi fa dire che lo<br />
spoil system non è una cretinata: in Comune,<br />
all'urbanistica, abbiamo un assessore<br />
di grande capacità, ma l'assessorato è<br />
ancora per quattro quinti ciellino. E i dirigenti<br />
che erano veri e propri terminali della<br />
Compagnia delle Opere in Comune e<br />
sono andati via perché la cosa era talmente<br />
palese che non potevano restare, ce li<br />
siamo ritrovati pari pari nella società<br />
Expo, in posizioni altrettanto importanti.<br />
L'Expo è stato a mio modo di vedere il<br />
momento nel quale si è dimostrato che ci<br />
si arrendeva al potere formigoniano ancora<br />
prima di provare a combatterlo: con la<br />
scusa che non potevamo fare a meno di<br />
loro altrimenti avremmo perso l'Expo, abbiamo<br />
finito con l'accettare tutto".<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 30
www.isiciliani.it<br />
“Usciremo mai<br />
dalla palude”<br />
Basilio Rizzo<br />
Un bagno di sangue economico<br />
- Perché, riusciremo a farlo l'Expo<br />
"Su questo ci sono pochi dubbi, anche<br />
se certamente non ha più quasi nulla del<br />
progetto originario. Dalle serre dei popoli,<br />
dei produttori, si è ritarato tutto sul settore<br />
corporate, sulle aziende. D'altra parte lo<br />
sapevamo tutti che sarebbe andata a finire<br />
così, perché tutti capivano che quell'impostazione<br />
non avrebbe retto all'impatto dei<br />
conti.<br />
Ma malgrado il progetto sia stato snaturato,<br />
la mia impressione è che nel 2016<br />
l'eredità dell'Expo sarà un bagno di sangue<br />
dal punto di vista economico.<br />
Noi, unico caso al mondo, per l'Expo<br />
abbiamo comperato le aree dai privati e lo<br />
abbiamo fatto a un prezzo talmente elevato<br />
che per rientrare saremo costretti a fare<br />
quello che avevamo detto di non voler<br />
fare: un'operazione speculativa immobiliare.<br />
E andrà a finire così.<br />
Titoletto<br />
- Insomma, in Regione è difficile immaginare<br />
una svolta.<br />
Se chiudo gli occhi e penso a un candidato<br />
non è che ne vedo uno che sul campo<br />
è stato capace di fare chissà che cosa, ma<br />
adesso ci sarà la corsa a candidarsi perché<br />
per la prima volta in molti pensano che si<br />
possa vincere.<br />
C'è già Tabacci pronto: ha la grinta per<br />
poterlo fare, ma non è che dia garanzie... è<br />
lui che ha guidato le operazioni sulle<br />
aziende comunali.<br />
- Nel caso della vendita di Sea, la<br />
società degli aeroporti, è stato anche<br />
scavalcato il consiglio comunale. Un<br />
modo di agire che non ci si sarebbe<br />
aspettati dall'amministrazione Pisapia<br />
Non solo è stato scavalcato il consiglio,<br />
è stato fatto di peggio. Non si può dire a<br />
dicembre (e farci votare) che il Comune<br />
mantiene la maggioranza e poi a distanza<br />
di cinque-sei mesi cambiare idea senza<br />
neanche consultarci, senza nemmeno dire<br />
"siamo disperati, abbiamo bisogno di soldi,<br />
non possiamo che fare così". In realtà<br />
con la quotazione è stata scelta una strada<br />
che non farà entrare un euro nelle casse<br />
del Comune.<br />
I poteri delle Fondazioni<br />
- Ma anche la prima decisione, quella<br />
di vendere il 30% al fondo F2i di Gamberale,<br />
ha destato molti interrogativi...<br />
Secondo me c'è un disegno preciso, un<br />
tentativo dei poteri reali - non quelli legittimati,<br />
ma quelli che passano dalle<br />
Fondazioni, cioè da camere oscure e non<br />
palesi. Il governo si serve di questi gruppi<br />
di potere per sottrarre risorse e controllo<br />
agli enti locali.<br />
Da questo punto di vista l'operazione<br />
Sea è paradigmatica: tu per un verso decidi<br />
di privatizzare, ma in realtà cedi quote<br />
a un fondo come F2i che è "pubblico", nel<br />
senso che è controllato dalla Cassa<br />
depositi e prestiti. In pratica sostituisci un<br />
potere pubblico visibile, nel quale il<br />
rapporto tra amministrato e amministratori<br />
è legittimato e trasparente, con un<br />
qualcosa di opaco, non controllabile.<br />
Il disegno messo in atto dal governo<br />
precedente e adesso portato avanti da<br />
Monti è quello di sottrare risorse e poteri<br />
al controllo pubblico diretto, costituendo<br />
quelle che qualcuno già chiama "piccole<br />
Iri".<br />
Un pubblico che in realtà non è pubblico,<br />
perché è controllato da lobby di potere,<br />
dove le cose si decidono nel chiuso delle<br />
stanze, in assenza di controlli.<br />
Il Fondo F2i è dappertutto, sta comprando<br />
tutto: il sistema dei trasporti, le infrastrutture.<br />
Se dopo Sea dovessimo vendere<br />
la Serravalle chi comprerebbe F2i<br />
certamente. E Metroweb, azienda un tempo<br />
pubblica, a chi è andata con i suoi chilometri<br />
di fibra ottica A F2i.<br />
Fuori dal controllo dei cittadini<br />
Quindi il vero disegno che io vedo e<br />
l'attacco alle Regioni cui stiamo assistendo<br />
in questi ultimi mesi consiste in un rafforzamento<br />
del potere centrale dello stato<br />
attraverso strumenti che sono al di fuori<br />
del controllo dei cittadini.<br />
Così vogliono fare con la grande Multiutility<br />
del Nord, azienda nella quale vogliono<br />
fondere molte delle ex municipalizzate<br />
dell'energia.<br />
- Usciremo mai dalla palude<br />
Bisogna resistere e continuare a lottare.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 31
www.isiciliani.it<br />
Italia<br />
Cetto La Qualunque<br />
in salsa calabropadana<br />
La privatizzazione della responsabilità partorisce<br />
tanti piccoli Zambetti che agiscono indisturbati<br />
e si garantiscono l'autopreservazione<br />
di Giulio Cavalli<br />
Dunque alla fine anche nella celeste<br />
(e per niente celestiale) Lombardia<br />
un politico decide di comprare i voti<br />
dalla ‘ndrangheta come in quelle storie<br />
minuscole a cui ci ostiniamo ad<br />
abituarci appena sotto Roma.<br />
Mica un politico qualsiasi questa volta:<br />
l’assessore alla casa Domenico Zambetti<br />
decide di acquistare 4000 preferenze<br />
al modico prezzo di 200.000 euro (a<br />
proposito, un pessimo affare, caro Zambetti!)<br />
per garantirsi un posto in Giunta<br />
che ovviamente arriva. Domenico Zambetti,<br />
assessore alla casa della Giunta<br />
Formigoni quater con lo slogan “la forza<br />
della competenza”.<br />
Lo sgretolamento del formigonismo<br />
Sembra Cetto La Qualunque in salsa<br />
calabropadana e invece è l’ultima scena<br />
dello sgretolamento del formigonismo<br />
nella sua petulante multiformità di rivoli<br />
che abbeverano lobby da diciassette<br />
anni.<br />
Non importa che fossimo in molti a<br />
gridare da anni che la ‘ndrangheta fosse<br />
l’interlocutore privilegiato delle campagne<br />
elettorali in Lombardia, forse non<br />
conta che quattro scassaminchia ripetessero<br />
petulanti che non si voleva vedere<br />
ciò che era successo e sta succedendo e<br />
succederà ancora per un bel po’.<br />
Ora l’allarme rosso dell’antimafia fatta<br />
tutta e solo di sdegno ha suonato a<br />
tutto volume e anche le casalinghe più<br />
lontane si sono svegliate di soprassalto<br />
per gridare allo scandalo e alla vergogna.<br />
E come sempre è scivolato via il<br />
punto, il centro del discorso, il cuore<br />
per una chiave di lettura collettiva davvero.<br />
Il sistema culturale e politico Lombardo<br />
è la culla migliore per le mafie<br />
per una storia che arriva da lontano e ha<br />
un nome preciso: il federalismo della<br />
responsabilità.<br />
Una Lombardia in cui la retorica leghista<br />
e formigoniana ha inculcato il diritto<br />
ad occuparsi della propria sfera<br />
personale con egoismo iperprotettivo<br />
occupandosi solo dopo del benessere e<br />
dei diritti degli altri: in Lombardia si sta<br />
tranquilli se il proprio paesotto appare<br />
tranquillo, se il proprio quartiere scorre<br />
tranquillo e se il proprio condominio infonde<br />
tranquillità.<br />
Lo sgretolamento della solidarietà<br />
Come se questi ultimi vent’anni avessero<br />
eroso lentamente il dovere della<br />
solidarietà lasciandolo all’angolo, anzi,<br />
peggio, considerandolo un vezzo democratico<br />
che non ci possiamo permettere<br />
in nome della Santa Sicurezza: essere<br />
solidali in Lombardia - ci dicono- è un<br />
atto irresponsabile che mette a rischio la<br />
sicurezza della nostra famiglia e dei<br />
nostri figli.<br />
Non è un caso che il reato di associazione<br />
a delinquere e di mafia (il 416 e il<br />
416 bis c.p.) sia formalmente un reato<br />
di egoismo che pascola tra le fratture<br />
della infrastrutture solidali che vengono<br />
a mancare: un sentiero in penombra<br />
dove si incontrano i politici spericolati,<br />
gli imprenditori poco etici e ovviamente<br />
i soldati delle mafie per convergere insieme<br />
a loro.<br />
Un sentiero in penombra<br />
La privatizzazione della responsabilità<br />
partorisce tanti piccoli Zambetti che<br />
possono agire indisturbati nei coni<br />
d’ombra per garantirsi l’autopreservazione<br />
tra i quadri dirigenziali a disposizione<br />
per codardi, servi e faccendieri.<br />
Cosa succede quindi in Lombardia<br />
Succede che qualcuno ha esagerato ed è<br />
cascato tra le maglie di una legge che<br />
consente pochissimi margini di manovra<br />
nel voto di scambio. Ma intorno,<br />
tutto intorno, ci sono gli altri che sono<br />
stati bravi ad essere inopportuni senza<br />
cadere nel reato. E questi sono il male<br />
peggiore.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 32
www.isiciliani.it<br />
Contrada<br />
Scoprì la mafia<br />
grigia<br />
e si alleò con lei<br />
"Spero che qualcuno si<br />
ravveda e si penta del<br />
male fatto a me e alle<br />
istituzioni", dice Bruno<br />
Contrada pochi minuti<br />
dopo la scarcerazione<br />
notificatagli nella<br />
sua abitazione palermitana<br />
dalla polizia penitenziaria.<br />
Il fine pena<br />
di Bruno Contrada è<br />
stato anticipato di tre<br />
mesi<br />
di Pino Finocchiaro<br />
L'ex funzionario del Sisde tra domiciliari<br />
e carcere ha trascorso dieci anni<br />
in detenzione per concorso esterno in<br />
associazione mafiosa. Adesso Bruno<br />
Contrada è un uomo libero.<br />
Si conclude così la ventennale vicenda<br />
giudiziaria e detentiva dello 007 arrestato<br />
dai suoi stessi colleghi della Polizia di<br />
Stato il 24 dicembre del '92. In piena stagione<br />
delle stragi.<br />
Vent'anni di autentica pena, prima nel<br />
dubbio delle accuse, poi, dal maggio<br />
2007, nella certezza della condanna in<br />
via definitiva sancita dalla corte di Cassazione.<br />
Per gli ermellini, è un uomo dello<br />
stato al servizio della mafia militare e<br />
di quella stessa zona grigia di cui Contrada<br />
parla in un rapporto del 1982 dopo<br />
l'uccisione del segretario del Pci, Pio La<br />
Torre.<br />
Bruno Contrada rivendica i risultati di<br />
quelle indagini ma i magistrati di primo<br />
grado e la cassazione non la pensano allo<br />
stesso modo. Già nel 1979 Bruno Contrada<br />
avrebbe agevolato l'espatrio da Palermo<br />
del mafioso americano John Gambino<br />
sul quale indagava il capo della mobile,<br />
Boris Giuliano, ucciso pochi mesi<br />
prima. Un'indagine che porta al finto sequestro<br />
del banchiere Michele Sindona e<br />
all'omicidio a Milano dell'avvocato Michele<br />
Ambrosoli.<br />
Le accuse di concorso esterno contro<br />
Bruno Contrada non si basano solo sulle<br />
testimonianze dei pentiti. L'inchiesta rivela<br />
il suo interessamento per il rinnovo<br />
del porto di pistola per Alessandro Vanni<br />
Calvello principe di San Vincenzo esponente<br />
di quel gotha della borghesia mafiosa<br />
siciliana che Contrada rivendica di<br />
aver svelato e combattuto.<br />
Contrada, per i giudici di Palermo confermati<br />
dai revisori di Roma, favorì la<br />
fuga e l'espatrio nell'84 di Oliviero Tognoli<br />
indagato per riciclaggio di denaro<br />
di origine mafiosa.<br />
Insomma, Bruno Contrada conosce,<br />
frequenta e favorisce la mafia grigia. Invece,<br />
rende difficili gli ultimi giorni di<br />
vita dei suoi colleghi Boris Giuliano,<br />
Ninni Cassarà e Beppe Montana che inseguono<br />
sin in Svizzera l'odore dei soldi<br />
di Cosa Nostra portando all'arresto di<br />
Vito Roberto Palazzolo. Tutti e tre muoiono<br />
uccisi dalla mano nera della mafia<br />
militare, sopravvive il commissario Saverio<br />
Montalbano, destinato a compiti di<br />
routine dopo avere incrociato più volte e<br />
disdegnato i consigli autorevoli del collega<br />
Bruno Contrada.<br />
“Mica sono stato assolto”<br />
Quando Contrada parla di qualcuno<br />
che avrebbe danneggiato non solo lui ma<br />
le stesse istituzioni, il riferimento è chiaro.<br />
Dietro gli agenti della Criminalpol<br />
che bussano alla porta di Contrada alla<br />
vigilia di Natale del '92 ci sono Gianni<br />
De Gennaro, allora dirigente generale<br />
della Polizia, in procinto di assumere la<br />
direzione della DIA e Antonio<br />
Manganelli, a quel tempo già insediato al<br />
vertice dello Sco, il Servizio centrale<br />
operativo della PS. L'ex capo della polizia<br />
e l'attuale, furono i veri registi<br />
dell'inchiesta tesa a fare piazza pulita dei<br />
colletti bianchi fiancheggiatori che con la<br />
loro connivenza avevano consentito alla<br />
mafia militare di crescere indisturbata e<br />
uccidere decine di dirigenti, funzionari e<br />
agenti a Palermo. Tra loro gli uomini e la<br />
donna di scorta a Falcone e Borsellino.<br />
Contrada nel suo appartamento di via<br />
Maiorana ammette la sorpresa per il clamore<br />
mediatico. "Non capisco perché ci<br />
siano tutti 'sti giornalisti sotto casa, mica<br />
sono stato assolto. E' finita la mia pena”.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 33
www.isiciliani.it<br />
Lombardia<br />
La 'ndrangheta<br />
celeste<br />
Il messaggio è chiaro:<br />
la 'ndrangheta nel Sud<br />
Ovest milanese è di<br />
casa. E non si tratta di<br />
un tentativo d'infiltrazione,<br />
di un occasionale<br />
attacco delle cosche<br />
di Ester Castano<br />
www.stampoantimafioso.it<br />
Dal blitz della notte fra il dieci e<br />
l'undici ottobre, e dall'ultima indagine<br />
della magistratura, la presenza mafiosa<br />
qui è emersa in tutta la sua solidità.<br />
L'indagine che ha portato in carcere<br />
politici e affaristi dell'hinterland di<br />
Milano, fra cui l'assessore regionale<br />
Pdl Domenico Zambetti, ha alzato il sipario<br />
su di un palco da troppo tempo<br />
ignorato o almeno sottovalutato.<br />
Gli uomini delle cosche calabresi non<br />
hanno più la necessità di bussare alle<br />
porte delle amministrazioni locali, non<br />
devono più chiedere il permesso per partecipare<br />
ai consigli comunali presentandosi<br />
con il sorriso sul volto e le mazzette<br />
in tasca: rappresentano ormai una realtà<br />
ben radicata, istituzionalizzata.<br />
Perchè sono loro, gli esponenti dei clan<br />
di Vibo Valentia, Gioia Tauro e Reggio<br />
Calabria, ad aver edificato i palazzi comunali<br />
lombardi. Sono i padroni di casa.<br />
A Magenta, Cuggiono, Santo Stefano<br />
Ticino, Bareggio, Cornaredo, Marcallo<br />
Con Casone, Sedriano gli stessi edifici in<br />
cui in questi anni i partiti hanno gestito il<br />
bene comune e pianificato la cementificazione<br />
del territorio sono stati gli scenari<br />
dei succulenti banchetti fra insospettabili<br />
amministratori locali, imprenditori dai<br />
cognomi lombardissimi e i Mancuso, i<br />
Morabito, i Barbaro e Papalia.<br />
Calice di vino in mano, un brindisi ai<br />
cittadini che in campagna elettorale hanno<br />
scelto di essere rappresentati dal “più<br />
onesto di tutti”, il ”più pulito di tutti”, in<br />
cambio di ordine, sicurezza, pulizia delle<br />
strade, il nuovo palazzetto dello sport per<br />
i bambini, la festa in piazza l'ultima domenica<br />
del mese per i nonni. Il tutto<br />
all'interno di una fitta rete di complicità<br />
innocenti: do ut des, dare per avere.<br />
Niente di più semplice e ancestrale.<br />
Ed è in questo stato di cecità che le famiglie<br />
della 'ndrangheta hanno ridotto<br />
molti lombardi, a una “massa mafiosa”.<br />
La criminalità organizzata avanza mentre<br />
il Nord si culla nel rassicurante sogno del<br />
folklore padano.<br />
La famiglia Di Grillo-Mancuso<br />
Il caso di Sedriano è emblematico.<br />
Il sindaco Alfredo Celeste è stato arrestato<br />
per aver favorito l'affermarsi della<br />
famiglia 'ndranghetista “Di Grillo-Mancuso”<br />
sul territorio dell'Alto Milanese.<br />
Amicizie e favori sembrano legare il<br />
primo cittadino accusato di corruzione a<br />
faccendieri ed imprenditori dal basso<br />
profilo etico sin dalla sua candidatura nel<br />
2009: secondo la magistratura non è un<br />
caso che Eugenio Costantino e Silvio<br />
Marco Scalambra, entrambi arrestati nel<br />
corso della medesima operazione, siano<br />
rispettivamente padre e marito della consigliere<br />
comunali di maggioranza Teresa<br />
Costantino e Silvia Stella Fagnani.<br />
Il primo è titolare di un negozio di<br />
compravendita dell'oro, settore prediletto<br />
del riciclaggio della criminalità organizzata<br />
di stampo mafioso, e secondo l'accusa<br />
avrebbe stretti legami con le cosche<br />
della 'ndrangheta; il secondo è un chirurgo<br />
con studio nei pressi di Pavia e con il<br />
pallino dell'edilizia, meglio conosciuto in<br />
paese come il “faccendiere del sindaco”.<br />
“Io certi nomi non li conosco”<br />
Se c'è di mezzo la 'ndrangheta perchè<br />
nessuno ha denunciato “Io certi nomi<br />
non li conosco e non li voglio nemmeno<br />
sentire nominare", dice il vicesindaco<br />
Adelio Pivetta durante le perquisizioni<br />
dei Carabinieri negli uffici comunali.<br />
Fino a pochi giorni prima dell'arresto<br />
del suo superiore, l'undici ottobre, dichiarava<br />
che i problemi del paese si sarebbero<br />
risolti con installazioni di autovelox<br />
e messa al bando della prostituzione,<br />
gettando discredito su chi faceva invece<br />
notare che quattro auto incendiate<br />
nel parcheggio del Comune e sei colpi<br />
d'arma da fuoco contro un'auto parcheggiata<br />
di fronte al bar gestito da imprenditori<br />
di slot-machine non sono fatti tanto<br />
normali.<br />
Era stato un cittadino a trovare i bossoli,<br />
li ha raccolti e se li è messi in tasca, ed<br />
è toccato ai giornalisti avvertire la Polizia<br />
Locale. In quel caso l'Amministrazione<br />
Comunale cercò di non rendere pubblica<br />
questa storia, tappando la bocca alla<br />
stampa locale con minacce di denuncia<br />
per molestie. Sedriano come Palermo,<br />
anche qui a detta del sindaco e del suo<br />
vice il problema fino a ieri sembrava essere<br />
il traffico.Al centro della bufera giudiziaria<br />
il Bennet, nuovo shopping mall<br />
inaugurato lo scorso inverno dalla giunta<br />
Celeste.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 34
www.isiciliani.it<br />
“Permessi<br />
speciali<br />
e gestione<br />
dell'appalto”<br />
Secondo la Procura il sindaco sarebbe<br />
intervenuto in favore di Costantino con<br />
una serie di raccomandazioni fra cui permessi<br />
speciali per l'apertura di un localegelateria<br />
all'interno del centro commerciale<br />
e la gestione dell'appalto per la manutenzione<br />
del verde pubblico di Sedriano,<br />
oltre che per la piattaforma ecologica<br />
e smaltimento rifiuti.<br />
Il sindaco inoltre in occasione del Piano<br />
d'intervento integrato Villa Colombo-<br />
Ex Serre avrebbe ceduto alle pressioni<br />
urbanistiche di Silvio Marco Scalambra,<br />
marito della prorompente consigliera<br />
Fagnani già al centro dei pettegolezzi<br />
sedrianesi per una presunta liaison con il<br />
primo cittadino. Influente sui voleri della<br />
Giunta, il medico chirurgo sarebbe<br />
l'anello che lega Celeste a Costantino,<br />
avendo introdotto l'amico imprenditore<br />
dell'oro nella politica sedrianese per<br />
trarre vantaggio nella gestione delle<br />
proprie cooperative a sfondo sociale.<br />
Altro che amministrazione comunale<br />
inquinata: all'indomani dell'ordinanza di<br />
custodia cautelare, le relazioni fra le cosche<br />
e il duo Costantino-Scalambra, le<br />
consigliere di maggioranza e il sindaco<br />
sono talmente chiare che la cittadinanza<br />
chiede che il Consiglio Comunale sia<br />
sciolto per mafia.<br />
Ma non è la prima volta che Alfredo<br />
Celeste salta agli onori della cronaca.<br />
Curioso l'avvenimento che nel maggio<br />
2011 lo vede coinvolto in prima persona<br />
nell'organizzazione di un convegno sulla<br />
creatività femminile. Come madrina della<br />
serata invita Nicole Minetti, indagata<br />
nel processo Rubygate per induzione e<br />
favoreggiamento della prostituzione.<br />
“Vieni anche tu e porta un po’ di<br />
gente”, avrebbe chiesto telefonicamente<br />
Celeste a Costantino, “ci saranno dei<br />
contestatori e dobbiamo essere più di<br />
loro”.<br />
L’estro artistico della Consigliera Regionale,<br />
infatti, non andò a genio a tutti,<br />
tanto che un centinaio di cittadini di ogni<br />
partito politico e fascia d'età manifestarono<br />
in corteo davanti all'auditorium in cui<br />
si svolgeva l'evento. In tale circostanza,<br />
una suora e una maestra di scuola elementare,<br />
entrambe recatesi a Sedriano<br />
per protestare contro la Minetti, furono<br />
oggetto di percosse verbali e fisiche da<br />
parte proprio dello stesso Silvio Marco<br />
Scalambra che oggi è in cella. In<br />
quell'occasione su richiesta di Celeste<br />
costui obbligò la religiosa a salire sul<br />
palco per dare una parvenza religiosa<br />
all'evento, intimando all'insegnante di<br />
andarsene.<br />
La lettera ai carabinieri<br />
Pochi giorni dopo questo atto di prepotenza<br />
le due donne scrissero una lettera<br />
al Maresciallo dei Carabinieri. La lettera<br />
finisce. nelle mani del pacifista Antonio<br />
Oldani, esponente della sezione locale<br />
dell'Anpi ed ex assessore alla cultura,<br />
che informa immediatamente dell’accaduto<br />
gli organi di stampa.<br />
Venuto a conoscenza della lettera, testimonianza<br />
scritta della prepotenza del<br />
sindaco e dei suoi fedelissimi, Celeste<br />
chiede al suo amico avvocato, tale Giorgio<br />
Bonamassa, di valutare se in quella<br />
lettera ci fossero i presupposti di querela.<br />
Questo favore - la lettura di un foglio<br />
formato A4, ndr - costa alla cittadinanza<br />
ben 7.020 euro. "Il lavoro ha una sua dignità<br />
e in quanto tale dev'essere retribuito",<br />
dichiarò nell'ottobre 2011 il sindaco.<br />
La storia e la frase furono immediatamente<br />
riportate su Altomilanese, settimanale<br />
indipendente con sede a Magenta diretto<br />
da Ersilio Mattioni. Per aver pubblicato<br />
tale articolo cronista e direttore risponderanno<br />
in sede legale: minacciati di<br />
querela per diffamazione, le lettere in redazione<br />
sono arrivate una dopo l'altra anche<br />
agli edicolanti del territorio che hanno<br />
venduto il giornale con l'articolo in<br />
questione ed affisso la locandina.<br />
Del resto Celeste nei tribunali non si<br />
trova poi così male. Consigliere ininterrottamente<br />
dal 1985 e sindaco per la prima<br />
volta nell'88, all'inizio della sua carriera<br />
amministrativa sedrianese viene<br />
coinvolto in prima persona nel cosiddetto<br />
“scandalo della delibera falsa”. In base<br />
all'indagine della magistratura, negli anni<br />
'80 il pubblico ministero chiese nei suoi<br />
confronti una condanna di dieci mesi. Al<br />
tempo Celeste fu assolto, non perchè non<br />
persistesse la colpa, ma per il ritiro della<br />
denuncia da parte dell'accusa.<br />
Il tutto venne archiviato, e adesso in<br />
paese della vicenda giudiziaria rimane<br />
solo qualche rancore fra il primo cittadino<br />
e alcuni suoi ex collaboratori di giunta.<br />
Ma al professor Alfredo Celeste, tra i<br />
fondatori del Popolo della Libertà, le<br />
voci di paese poco importano. Neanche<br />
quella, rilasciata da un avversario politico<br />
suo coetaneo, che lo dipinge come un<br />
mangiadonne: "I pregi di Celeste Di carattere<br />
sessuale: volgarmente parlando si<br />
è scopato un sacco di donne". “Omnia<br />
munda mundis”, scrisse San Paolo.<br />
Il primo cittadino<br />
Ex socialista, attuale vicecoordinatore<br />
del Pdl provinciale e professore di religione,<br />
un appuntamento in Comune con<br />
Alfredo Celeste non lascia indifferenti.<br />
Sia per l'arredo, fra cui una Madonna alta<br />
un metro posizionata di fianco alla scrivania,<br />
fra le delibere e la foto di Giorgio<br />
Napolitano; sia per il modo di fare accogliente<br />
che contraddistingue il primo cittadino<br />
di Sedriano.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 35
<strong>Informazione</strong> in Italia<br />
IL SINDACO<br />
E LA GIORNALISTA<br />
Una coraggiosa giornalista di 21 anni, Ester<br />
Castano, è stata bersagliata per un anno dalle<br />
querele per diffamazione e dalle diffide di Antonio<br />
Celeste (Pdl), sindaco di Sedriano (Milano), arrestato<br />
martedì 10 ottobre e messo agli arresti domiciliari<br />
per i suoi rapporti ravvicinati con il presunto<br />
boss della ‘ndrangheta Eugenio Costantino,<br />
anch’egli arrestato nell’ambito dell’inchiesta<br />
per voto di scambio che ha portato in carcere<br />
l’assessore alla Casa della Regione Lombardia,<br />
Domenico Zampetti del Pdl.<br />
La cronista scrive sul settimanale Altomilanese<br />
di Magenta. Di fronte a certi avvenimenti ha<br />
fatto le domande giuste. Il primo cittadino si e’<br />
mostrato offeso e l’ha accusata di molestarlo con<br />
le sue domande; l’ha querelata e l’ha diffidata ripetutamente;<br />
le ha intimato attraverso i carabinieri<br />
di non avvicinarsi fisicamente a lui e - sempre<br />
per loro tramite - le ha “consigliato” di trasferirsi<br />
altrove. Negli ultimi mesi, ogni volta che pubblicava<br />
un articolo, Ester è stata convocata in caserma<br />
dai carabinieri che le hanno notificato una<br />
nuova diffida.<br />
Questa vicenda paradossale di una palese,<br />
continuata azione intimidatoria nei confronti di chi<br />
ha il compito specifico di informare i cittadini, fa<br />
vedere quanto sia faticoso e per nulla pacifico, in<br />
Italia, fare la cronaca locale rispettando i canoni<br />
del giornalismo. I guai di Ester sono cominciati<br />
proprio perché ha cercato di chiarire alcuni strani<br />
aspetti dell’episodio per cui il primo cittadino è finito<br />
agli arresti: la contestatissima pubblica manifestazione<br />
all’auditorium di Sedriano, a maggio<br />
del 2011, con ospite d’onore la consigliera regionale<br />
Nicole Minetti, madrina di un concorso di<br />
creatività femminile promosso dal sindaco.<br />
In quel periodo la Minetti era nell’occhio del ciclone<br />
per lo scandalo delle “Olgettine”. Il sindaco<br />
sapeva bene che la manifestazione sarebbe stata<br />
contestata e ciò lo preoccupava. Perciò la sera<br />
prima, come rivela l’ordinanza di custodia cautelare<br />
della Procura di Milano, chiamò al telefono il<br />
presunto boss della ‘ndrangheta Eugenio Costantino<br />
pregandolo vivamente di partecipare e di<br />
portare con sé un certo numero di persone per<br />
far fronte ad eventuali contestatori. L’indomani fra<br />
il centinaio di contestatori di ogni orientamento<br />
politico radunato davanti all’auditorium con striscioni<br />
e cartelli, c’erano una suora e una maestra<br />
elementare che, malamente strattonate dall’energico<br />
servizio d’ordine, furono costrette a entrare<br />
all’auditorium e a salire sul palco. La suora e la<br />
maestra denunciarono la violenza ai carabinieri<br />
con una lettera che qualche mese dopo fu pubblicata<br />
dal presidente del Comitato Pace del Magentino,<br />
Antonio Oldani.<br />
Quella lettera fece clamore. Il sindaco reagì<br />
annunciando una querela. Ester Castano entra<br />
in scena perché, dopo la pubblicazione della lettera<br />
della suora, va a intervistare il sindaco e riferisce<br />
che il Comune ha stanziato 7020 (settemilaventi)<br />
euro per incaricare un legale di presentare<br />
www.isiciliani.it<br />
la querela. Nel suo articolo Ester dice anche che<br />
il legale incaricato è “un amico del sindaco”. Per<br />
questa affermazione Ester Castano è stata querelata<br />
per diffamazione e gli edicolanti sono stati<br />
diffidati per iscritto a non esporre la locandina del<br />
settimanale Altomilanese. Un altro motivo di frizione<br />
risale ad aprile 2012, quando nella tranquilla<br />
Sedriano fanno sensazione sei colpi di pistola<br />
esplosi contro un’auto parcheggiata vicino a un<br />
locale collegato al giro delle slot machines. “E’<br />
una intimidazione”. Ester Castano osò rivolgere<br />
questa domanda al sindaco Antonio Celeste, a<br />
margine della manifestazione del 25 aprile. Per<br />
questo fatto il 14 giugno scorso i carabinieri<br />
l’hanno convocata in caserma e le hanno letto e<br />
notificato un esposto del sindaco che la accusa<br />
di molestie e la diffida a non entrare mai più in<br />
contatto con lui. Ma questa è solo una delle tante<br />
diffide che il primo cittadino ha fatto notificare<br />
alla giovane cronista.<br />
Ester ne parla con ironia. “Il comandante dei<br />
carabinieri – dice – ormai mi conosce bene, perché<br />
molte volte, dopo aver letto i miei articoli, il<br />
sindaco mi ha fatto chiamare in caserma. La scenetta<br />
si è ripetuta sempre uguale: arrivo, entro<br />
nell’ufficio, il comandante mi riferisce che il sindaco<br />
gli ha chiesto di dirmi che devo smetterla di<br />
scrivere articoli su Sedriano e mi consiglia di<br />
svolgere altrove il mio lavoro. Mi fa leggere la lettera<br />
di diffida e poi ci salutiamo. Purtroppo non<br />
posso avere copia quelle pagine piene di falsità<br />
nei miei confronti”. In una di queste occasioni<br />
Ester Castano è stata accusata di aver istigato<br />
con un articolo un incendiario che ha dato fuoco<br />
ad alcune auto parcheggiate dietro il Palazzo Comunale<br />
semplicemente perché, dopo aver chiesto<br />
informazioni alla Polizia Municipale, aveva<br />
espresso dubbi sull’efficacia del servizio antincendio<br />
della scuola. “Da allora – dice Ester – il vicesindaco<br />
mi ha proibito di parlare con i vigili”.<br />
Come fa a lavorare un cronista in queste condizioni<br />
Ester abbozza un sorriso: “E’ dura perché<br />
ci sono anche altri problemi. Il primo è il precariato.<br />
La cronaca la scrivo gratis per Stampoantimafioso.it<br />
di cui sono redattrice. Prima di<br />
lavorare per Altomilanese e per la Prealpina ho<br />
fatto giornalismo per una web tv locale: dopo dodici<br />
mesi di lavoro e 36 servizi video per i quali<br />
avevo fatto anche le riprese sono stata ‘espulsa’<br />
dalla redazione e liquidata con un assegno di 20<br />
euro e gli insulti del direttore. E’ dura, ma io continuo<br />
perché ho una passione insana per il giornalismo.<br />
Sono anche una studentessa di lettere povera<br />
ma molto molto contenta di ciò che fa”.<br />
- Cosa hai provato quando hai saputo che il<br />
sindaco che ti diffidava continuamente è stato arrestato<br />
“E’ difficile dirlo. Sono contenta di aver fiutato<br />
giusto e di non aver mollato la presa. E’ una piccola<br />
grande soddisfazione. E meno male che a<br />
darmi coraggio c’è stato Nando Dalla Chiesa e ci<br />
siete stati voi di Ossigeno. Questo non mi ha fatto<br />
sentire sola. Mi ha permesso di continuare a<br />
fare il mio lavoro con la serenità e la determinazione<br />
di sempre”.<br />
Alberto Spampinato<br />
www.ossigenoinformazione.it<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 36<br />
“Quaresima<br />
obbligatoria<br />
e intanto<br />
lui mangiava<br />
con la 'ndrangheta”<br />
Uomo galante e dotato di grande autostima,<br />
Celeste non nega una visita nel<br />
suo ufficio proprio a nessuno. Purchè<br />
quel “qualcuno” non abbia idee politiche<br />
a lui contrapposte o gli dia filo da torcere.<br />
In tal caso, con una velocità disarmante,<br />
il sindaco Celeste si sveste dai<br />
panni di cavaliere complimentoso e indossa<br />
il volto dell'indifferenza. Di fronte<br />
agli avversari attua la tecnica del mutismo<br />
e, nei casi più critici, sfodera l'arma<br />
segreta: la denuncia per diffamazione.<br />
Classe '53, pugliese, Alfredo Celeste<br />
nasce a Fasano, paese di francescani, letterati<br />
e giacobini. Paladino della cristianità,<br />
nel 2009 inizia il suo mandato dichiarando<br />
che non celebrerà alcun matrimonio<br />
civile: l'unione fra la coppia, per il<br />
primo cittadino, è valida solo davanti a<br />
Dio.<br />
Niente carne al venerdì<br />
Per Celeste, laureato in teologia nel<br />
2006 a Lugano, la moralità è cosa seria.<br />
Tanto da condurre in prima persona una<br />
crociata contro le “bocche di rosa” che<br />
sviano tanti mariti della piccola cittadina<br />
ad ovest di Milano dai propri obblighi<br />
coniugali.<br />
E poi quella fissazione per la cristianità<br />
obbligata: la scorsa primavera impose il<br />
“menù quaresimale” ai bambini della<br />
scuola materna ed elementare. Niente<br />
carne al venerdì fino alla domenica di<br />
Pasqua. E intanto lui se la faceva da anni<br />
con la 'ndrangheta.
www.isiciliani.it<br />
Veneto<br />
Riina jr<br />
a Padova<br />
fra libri e belle ragazze<br />
Il figlio del “boss dei<br />
boss”: un giovane che<br />
vuol rifarsi una vita o<br />
il rampollo viziato di<br />
un clan Scriverà –<br />
dice - un libro. E nel<br />
frattempo<br />
di Salvo Ognibene<br />
www.diecieventicinque.it<br />
Giuseppe Salvatore Riina, terzogenito<br />
del boss di Corleone, giunge a Padova<br />
lo scorso 14 aprile 2012, portando<br />
con se il fardello di una fedina penale<br />
tutt'altro che nitida.<br />
Condannato per associazione mafiosa,<br />
viene scarcerato il 29 febbraio 2008 per<br />
decorrenza dei termini. Il 2 ottobre 2011,<br />
dopo aver scontato completamente la<br />
pena, pari a 8 anni e 10 mesi, viene rilasciato<br />
sotto prevenzione con obbligo di<br />
dimora a Corleone e successivamente<br />
trasferito nella città del Santo.<br />
Il probabile motivo dell'abbandono<br />
della città di Corleone è da ricercare nella<br />
comparsa della famiglia Inzerillo "gli<br />
scappati" che dall'America ritornavano<br />
nella terra natia, così il trasferimento della<br />
sorella maggiore Maria Concetta a San<br />
Pancrazio Salentino, vicino Mesagne, e<br />
di "Salvuccio" in terra veneta, andato via<br />
da Corleone perché non essere all'altezza<br />
del padre.<br />
Il suo arrivo a Padova non passa certo<br />
inosservato provocando non poche polemiche.<br />
“Una vita normale”<br />
Nel giorno del suo arrivo, accompagnato<br />
dalla madre Ninetta Bagarella e<br />
dall'Avv. Francesca Casarotto, aveva dichiarato<br />
«Sono felice di essere a Padova,<br />
spero di essere messo nelle condizioni di<br />
fare una vita normale da giovane uomo».<br />
Di fronte alle accuse di chi temeva che<br />
la sua sola presenza fosse bastata ad attirare<br />
a Padova la criminalità organizzata,<br />
come se il territorio padano fosse un piccolo<br />
paradiso senza infiltrazioni mafiose,<br />
aveva poi assicurato: «Sono venuto qui<br />
per lavorare e continuare gli studi, visto<br />
che sono iscritto all'Università di Padova.».<br />
Il figlio del capo dei capi, in terra straniera,<br />
viene accolto dalla signora Tina<br />
Ciccarelli, responsabile della Onlus che<br />
avrebbe dovuto seguire il rampollo di<br />
casa Riina e accompagnarlo nel percorso<br />
rieducativo.<br />
Il profilo basso che quest'ultimo aveva<br />
mantenuto per un breve periodo, forse il<br />
tempo necessario per conficcare in profondità<br />
le radici nel terreno padovano, si<br />
è dissipato in breve tempo perché lusso e<br />
bella vita sono vizi difficile da sradicare.<br />
C’è chi dice di averlo visto alla guida<br />
di una BMW di grossa cilindrata, pur<br />
non avendo la patente, alle feste in locali<br />
che contano, indossando abiti firmati e in<br />
compagnia di belle donne che sembra<br />
facciano la fila per lui. E' così che oggi<br />
va in giro il "nullatenente" Riina.<br />
Sembra infatti che nonostante i divieti<br />
imposti, le frequentazioni le amicizie del<br />
carcere di Via due Palazzi continuano indisturbate<br />
nonostante l’apparente buon<br />
comportamento del rampollo di casa Riina,<br />
le firme in caserma sono puntuali nel<br />
rispetto del codice giuridico che regolamenta<br />
la sua condizione di sorvegliato<br />
speciale.<br />
“Papà mi ha insegnato”<br />
"Papà mi ha insegnato a rispettare gli<br />
altri - aggiunge - perché non è l'uomo descritto<br />
dalle cronache giornalistiche o<br />
dalle sentenze, ma un padre affettuoso,<br />
pieno di attenzioni e di principi.<br />
Non sono il boss prepotente e sbruffone<br />
che hanno dipinto. Sono un uomo che<br />
vuole riappropriarsi della sua vita. Anche<br />
se mi chiamo Riina". E annuncia che prima<br />
o poi scriverà un libro.<br />
Certo che, tra Università, lavoro e belle<br />
ragazze, il tempo faticherà a trovarlo.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 37
“SUICIDATO” DA PROVENZANO<br />
www.isiciliani.it<br />
DOSSIER<br />
“SIGNOR GIUDICE, NON ARCHIVI<br />
LA MORTE DI ATTILIO MANCA!”<br />
Appello al Gip di Viterbo<br />
sul caso Attilio Manca, il<br />
giovane urologo ucciso<br />
misteriosamente in un<br />
contesto mafioso a Viterbo<br />
di Luciano Mirone<br />
Signor Giudice,<br />
Lei tra poco dovrà decidere se archiviare<br />
buona parte dell’indagine sulla misteriosa<br />
morte di Attilio Manca, l’urologo di Barcellona<br />
Pozzo di Gotto (Messina) trovato cadavere<br />
a Viterbo il 12 febbraio 2004. E siamo<br />
certi che deciderà secondo coscienza, anche<br />
perché Lei, in questi otto anni, più che respingere<br />
per ben tre volte la richiesta di archiviazione<br />
che la Procura di Viterbo Le ha<br />
inoltrato, onestamente non avrebbe potuto<br />
fare. Adesso siamo alla quarta richiesta: non<br />
di archiviazione del caso, ma di archiviazione<br />
della parola “mafia”, di legittimazione<br />
della parola “droga”, di legittimazione di un<br />
assunto molto discutibile portato avanti dalla<br />
Procura di Viterbo con una ostinazione degna<br />
di miglior causa: ovvero che Attilio<br />
Manca sia morto per eroina, malgrado la<br />
montagna di dubbi che sommerge questa<br />
tesi.<br />
In pratica la Procura Le chiede di archiviare<br />
la posizione dei quattro barcellonesi indagati<br />
(un paio dei quali invischiati a vario titolo<br />
con Cosa nostra) e di rinviare a giudizio<br />
una pusher romana che avrebbe fornito ad<br />
Attilio la dose mortale di eroina.<br />
Non sappiamo cosa succederà: se un’ulteriore<br />
ombra si addenserà su questa vicenda o<br />
se le indagini prenderanno direzioni diverse.<br />
Non vogliamo prevedere nulla.<br />
Il problema semmai è a monte, nell’indagine<br />
condotta dalla Procura laziale in modo<br />
così anomalo da considerare eufemismo perfino<br />
la parola “superficialità”.<br />
Mi permetto di invitarLa, Egregio Gip,<br />
qualora non lo avesse ancora fatto, a guardare<br />
(e soprattutto ad ascoltare) la conferenza<br />
stampa che il procuratore capo di Viterbo,<br />
Alberto Pazienti, e il sostituto procuratore<br />
Renzo Petroselli (titolare dell’inchiesta),<br />
hanno tenuto in occasione dell’ultima richiesta<br />
di archiviazione.<br />
Una conferenza-stampa molto istruttiva,<br />
perché dagli stessi magistrati viene confermato,<br />
seppure indirettamente, quanto questo<br />
caso sia viziato da carenze investigative gravi,<br />
specie se si tiene conto che da qualche<br />
tempo all’interno del Palazzo di giustizia di<br />
Palermo comincia a fare capolino l’idea che<br />
davvero la morte di Attilio Manca potrebbe<br />
essere collegata con l’intervento alla prostata<br />
che nel 2003 l’urologo siciliano avrebbe eseguito<br />
segretamente a Marsiglia al boss Bernardo<br />
Provenzano (celatosi per l’occasione<br />
col falso nome di Gaspare Troia), e alla successiva<br />
assistenza che il chirurgo avrebbe<br />
fornito nel Lazio (e forse non solo nel Lazio)<br />
allo stesso boss.<br />
Infatti ultimamente sta emergendo una circostanza<br />
clamorosa: che Bernardo Provenzano,<br />
dopo l’intervento a Marsiglia, abbia trascorso<br />
una parte del periodo post operatorio<br />
proprio nel viterbese, tra Bagnoregio e Civitella<br />
D’Agliano.<br />
Un’ipotesi che i magistrati della Procura<br />
laziale, in conferenza stampa, liquidano con<br />
una risata: “Tramontata l’ipotesi Marsiglia,<br />
esce fuori l’ipotesi del Lazio”.<br />
A parte il fatto che l’ipotesi Marsiglia non<br />
è mai tramontata, quella del Lazio è affiorata<br />
solo alcuni mesi fa. Le due ipotesi non si<br />
escludono, semmai si integrano.<br />
Certo, Egregio Gip, non ci sono prove che<br />
dimostrino che Attilio Manca abbia davvero<br />
operato Provenzano, ma Lei ci insegna che<br />
le prove non cadono dal cielo, vanno cercate<br />
con pazienza, partendo dagli elementi di cui<br />
si è in possesso.<br />
L’arresto di Cattafi<br />
Ora, Signor Gip, si dà il caso che nelle ultime<br />
settimane sia stato confermato (con un<br />
arresto clamoroso) ciò che la famiglia Manca<br />
e pochi altri antimafiosi siciliani ripetono<br />
da anni: che l’avvocato Rosario Cattafi, potentissimo<br />
boss di Barcellona Pozzo di Gotto,<br />
potrebbe avere avuto un ruolo di primo<br />
piano nelle stragi del ’92 (soprattutto in<br />
quella di Capaci, in cui persero la vita il giudice<br />
Giovanni Falcone, la moglie Francesca<br />
Morvillo e gli agenti della scorta), nella Trattativa<br />
fra Stato e mafia, nonché in alcune<br />
operazioni finanziarie che hanno visto come<br />
protagonista Cosa nostra.<br />
Sì, perché da tempo si ripete che Cattafi è<br />
il trait d’union fra i boss, i servizi segreti deviati,<br />
la politica affaristico-mafiosa e certi<br />
magistrati non proprio rispettosi dello Stato<br />
di diritto. Insomma un potente più potente<br />
degli stessi Riina e Provenzano.<br />
Potrebbe uscire assolto o condannato,<br />
l’avvocato Cattafi, ma una sentenza non<br />
cambierebbe di una virgola una verità ormai<br />
incontrovertibile: i suoi legami con quelle<br />
entità. Per caso è mai venuto in mente a<br />
qualcuno di codesta Procura di sapere per<br />
quale ragione due mafiosi del calibro di Nitto<br />
Santapaola e dello stesso Provenzano abbiano<br />
trascorso un pezzo della loro latitanza<br />
a Barcellona Pozzo di Gotto, o magari di sapere<br />
per quale ragione un altro super boss –<br />
Gerlando Alberti junior, sì, Signor Gip, quello<br />
che ha ammazzato la povera Graziella<br />
Campagna, una ragazzina di diciassette anni<br />
che ha avuto il torto di scoprire la vera identità<br />
di Alberti – sia stato tenuto nascosto per<br />
diverso tempo in quella zona, godendo delle<br />
incredibili protezioni di alti magistrati della<br />
Procura di Messina, che per decenni hanno<br />
insabbiato le indagini<br />
Ora, Egregio Gip, un fatto resta un fatto,<br />
ma tanti fatti diventano un contesto. E un delitto,<br />
perfino secondo un mediocre scrittore<br />
di libri gialli, va sempre inserito nel suo contesto.<br />
O no<br />
“Inoculazione volontaria”…<br />
nel braccio sbagliato<br />
Ma procediamo con ordine.<br />
Secondo il procuratore Pazienti e il sostituto<br />
Petroselli, Attilio Manca sarebbe morto<br />
per overdose di eroina mediante “inoculazione<br />
volontaria”, mischiata ad un quantitativo<br />
di alcol e di tranquillanti.<br />
“Inoculazione volontaria”, proprio così.<br />
Dov’è la prova della “volontarietà”<br />
dell’azione Non c’è. O meglio, non l’abbiamo<br />
vista.<br />
Anche perché c’è un problema grosso<br />
quanto una casa: il fatto che Attilio Manca la<br />
droga se la sarebbe “inoculata” nel braccio<br />
sbagliato, quello sinistro, dato che era un<br />
mancino puro. Orbene: dopo quasi un decennio,<br />
anche il “mancinismo puro” della vittima<br />
è stato messo in discussione dalla Procura<br />
di Viterbo, malgrado le tante conferme (di<br />
colleghi, di dipendenti dell’Asl, di amici, di<br />
familiari) dell’”uso esclusivo della mano sinistra<br />
da parte della vittima”.<br />
Ascolti in conferenza stampa cosa dicono<br />
il Procuratore e il Sostituto: siccome Attilio<br />
Manca era un chirurgo, doveva per forza sapere<br />
utilizzare entrambe le mani. Secondo<br />
quale principio scientifico<br />
E allora, Egregio Gip, consenta di ricostruire<br />
la scena della morte, sia perché è giusto<br />
partire dai fatti, sia perché coloro che<br />
leggono questa storia per la prima volta possano<br />
comprenderla bene.<br />
La scena della morte<br />
Attilio Manca – in quel periodo in servizio<br />
all’ospedale “Belcolle” di Viterbo – viene<br />
trovato cadavere sul letto del suo appartamento<br />
la mattina del 12 febbraio 2004 con<br />
due buchi al braccio sinistro e – secondo la<br />
famiglia – con il setto nasale deviato, il volto<br />
tumefatto, una serie di ecchimosi in tutto il<br />
corpo, e un testicolo gonfio. Sotto il letto<br />
una pozza di sangue.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 38
www.isiciliani.it<br />
“SUICIDATO” DA PROVENZANO DOSSIER IL CASO ATTILIO MANCA<br />
Nell’appartamento un caldo asfissiante<br />
dato che i regolatori dei termosifoni sono posizionati<br />
al massimo da molte ore (non si sa<br />
da chi, tenuto conto che Attilio li regolava a<br />
temperature normali).<br />
A qualche metro di distanza (nel bagno e<br />
in cucina) vengono rinvenute due siringhe<br />
con tappo salva ago ancora inserito, un pezzo<br />
del parquet del pavimento divelto, un peso<br />
da ginnastica rotto, la camicia e la cravatta<br />
della vittima poggiate su una sedia. Non vengono<br />
trovati i pantaloni, i boxer, i calzini, le<br />
scarpe e la giacca di Attilio, né vengono rinvenuti<br />
lacci emostatici e cucchiai sciogli<br />
eroina. Sul tavolo del soggiorno vengono<br />
trovati anche degli attrezzi chirurgici che,<br />
secondo gli stessi familiari e gli amici più<br />
stretti della vittima, non erano mai stati visti<br />
nell’appartamento.<br />
L’autopsia, condotta dalla dottoressa Danila<br />
Ranaletta, moglie del primario di Attilio,<br />
ha escluso sia le ecchimosi sul corpo, sia il<br />
setto nasale deviato, il volto tumefatto e le<br />
labbra gonfie. Una tesi che trova completamente<br />
d’accordo la Procura di Viterbo.<br />
Secondo la famiglia Manca, invece, il medico<br />
del 118, intervenuto dopo la scoperta<br />
del cadavere, avrebbe riscontrato questi particolari<br />
e li avrebbe inseriti nel referto.<br />
Come si vede, si tratta di due tesi del tutto<br />
contrapposte, che dovrebbero essere chiarite<br />
dalle foto del volto (mai pubblicate dai giornali<br />
e su internet).<br />
Il giallo delle foto<br />
Attualmente poche persone possiedono le<br />
foto del volto di Attilio da morto: probabilmente<br />
soltanto i magistrati di Viterbo, i legali<br />
dei Manca e i legali dei cinque attuali imputati.<br />
Dei familiari del medico, l’unico ad<br />
averle viste è il fratello Gianluca (chiamato<br />
pure a riconoscere il cadavere). Gianluca asserisce<br />
che si tratta di immagini raccapriccianti,<br />
talmente raccapriccianti da averne<br />
chiesto la non diffusione per evitare un ulteriore<br />
trauma ai genitori.<br />
Per evitare un trauma a Gino e ad Angela<br />
Manca, precipitatisi a Viterbo dopo il decesso<br />
del figlio, fu consigliato bonariamente di<br />
non vedere la salma di Attilio. A dare il “consiglio<br />
bonario” fu il primario del reparto di<br />
Urologia dell’ospedale “Belcolle”, il prof.<br />
Rizzotto, colui che, secondo i Manca, in<br />
quelle prime ore spiegò loro che il figlio si<br />
era fracassato la faccia andando a sbattere<br />
contro il telecomando poggiato su una superficie<br />
morbida come il piumone. Peccato che<br />
dalle foto riprese da dietro (queste sì, diffuse<br />
e visibili) si veda il corpo di Attilio riverso<br />
sul letto, col telecomando sotto il braccio.<br />
In ogni caso, dal consiglio di Rizzotto si<br />
deduce – a prescindere dalle foto – che il<br />
volto di Attilio non doveva essere proprio<br />
normale. La stessa Polizia di Viterbo, in<br />
quelle prime ore, a dire dei familiari<br />
dell’urologo, aveva sollevato seri dubbi sul<br />
movente della droga. Tutto cambiò nel giro<br />
di qualche ora.<br />
Ma c’è da chiedersi: perché il prof. Rizzotto<br />
diede quel “consiglio bonario” ai Manca<br />
Solo per un alto senso di umanità Può<br />
darsi. Ma perché portò avanti una tesi inverosimile<br />
come quella del telecomando Perché<br />
durante l’autopsia stazionava assieme ad<br />
Ugo Manca (cugino della vittima e perno di<br />
questa storia; ora vedremo perché) dietro la<br />
porta della moglie, mentre questa eseguiva<br />
l’esame autoptico sul corpo di Attilio Perché<br />
la sollecitava a concludere in fretta<br />
l’autopsia Perché diceva alla moglie che<br />
c’era l’esigenza immediata di consegnare il<br />
corpo alla famiglia Manca se la famiglia<br />
Manca, come sostiene, non aveva fatto alcuna<br />
premura Perché nelle ore immediatamente<br />
successive teneva i contatti con la madre<br />
di Ugo Manca, che da Barcellona forniva<br />
e riceveva notizie A che titolo<br />
Gli stessi segreti di Alfano<br />
Dai rilievi effettuati dalla Polizia scientifica,<br />
nell’alloggio di Attilio sono state rilevate<br />
cinque impronte, una del cugino Ugo Manca,<br />
e altre quattro non appartenenti a persone che<br />
la vittima era solita frequentare. Dunque, in<br />
quell’appartamento, delle persone estranee<br />
all’ambiente del medico, a parte il cugino,<br />
avrebbero lasciato le loro tracce nelle ultime<br />
ore di vita dell’urologo. A chi appartengono<br />
Non si sa neanche questo.<br />
Da tempo vengono condotte delle inchieste<br />
giornalistiche su questo caso. Da queste sono<br />
emersi dei fatti incontestabili.<br />
1) Attilio Manca, malgrado i suoi 34 anni,<br />
era un luminare della chirurgia alla prostata,<br />
essendosi specializzato a Parigi, patria del sistema<br />
laparoscopico, tecnica rivoluzionaria e<br />
meno invasiva del tradizionale intervento. 2)<br />
Francesco Pastoia, braccio destro di Bernardo<br />
Provenzano, poco prima di impiccarsi nel<br />
carcere di Modena (altra coincidenza...), disse<br />
che il boss era stato operato e assistito da<br />
un medico siciliano.<br />
3) La città di Attilio, Barcellona Pozzo di<br />
Gotto, non è una cittadina come tante, ma il<br />
centro di una strategia dell’eversione che nel<br />
’92 portò il boss Giuseppe Gullotti (mandante<br />
del delitto del giornalista Beppe Alfano) a<br />
recapitare direttamente a Giovanni Brusca<br />
(Corleonese come Bernardo Provenzano) il<br />
telecomando della strage di Capaci.<br />
4) Nello stesso periodo, sia Provenzano<br />
che il potente boss catanese Nitto Santapaola<br />
trascorrevano la loro latitanza proprio lì, a<br />
Barcellona Pozzo di Gotto. Protetti da chi<br />
5) Il giornalista Beppe Alfano era stato<br />
ucciso perché aveva scoperto l’appartamento<br />
dove veniva nascosto Santapaola.<br />
E allora, tenuto conto di questo contesto,<br />
chi può escludere che Attilio Manca - se<br />
davvero ha operato Provenzano - potrebbe<br />
avere scoperto gli stessi segreti di cui era venuto<br />
a conoscenza Beppe Alfano Chi può<br />
escludere che il medico fosse<br />
venuto a capo di quella<br />
inconfessabile rete di complicità<br />
Anche perché, a quanto pare, alcune settimane<br />
prima di morire, il medico potrebbe<br />
avere confidato certe notizie alla persona<br />
sbagliata. Che non è di Viterbo, ma di Barcellona.<br />
Cosa risponde in proposito la Procura<br />
di Viterbo Che il giovane medico era un<br />
drogato e che i quattro barcellonesi indagati<br />
vanno prosciolti perché, a loro dire, “non<br />
c’entrano niente con questa storia”. Eppure<br />
c’è quell’impronta palmare di Ugo Manca,<br />
dalla quale si sarebbe potuti partire. Invece<br />
Ugo Manca dà la sua versione e viene tranquillamente<br />
creduto. Ugo Manca è il perno –<br />
non l’unico ovviamente – attorno al quale<br />
ruota l’intera indagine. Perché<br />
Il perno Ugo Manca<br />
Condannato in primo grado nel processo<br />
“Mare nostrum” per traffico di stupefacenti,<br />
ma assolto in appello, Ugo Manca nelle ore<br />
immediatamente successive alla morte del<br />
cugino, dalla Sicilia si precipita a Viterbo per<br />
chiedere al magistrato titolare dell’indagine –<br />
a nome dei genitori e del fratello di Attilio,<br />
che però hanno categoricamente smentito – il<br />
dissequestro dell’appartamento. Perché<br />
Nientemeno che per rivestire la salma. È<br />
un’ipotesi credibile<br />
Nel frattempo la madre di Ugo – secondo<br />
la testimonianza dei familiari di Attilio – oltre<br />
a tenere i contatti con il prof. Rizzotto, si<br />
affretta a chiamare un alto magistrato romano<br />
(ripetiamo: a che titolo Per un’amicizia<br />
pregressa o per l’interessamento di qualche<br />
collega siciliano) affinché questi possa intercedere<br />
presso la Procura di Viterbo per il<br />
dissequestro in tempi rapidi della casa. Alla<br />
fine l’appartamento non viene dissequestrato<br />
per la ferma opposizione del fratello e dei<br />
genitori di Attilio.<br />
Ma è su quell’impronta lasciata sulla mattonella<br />
del bagno – in un luogo dove, secondo<br />
gli esperti più autorevoli, le tracce digitali<br />
tendono a distruggersi nel giro di qualche ora<br />
per la presenza di vapore acqueo – che Ugo<br />
Manca avrebbe dovuto dare spiegazioni più<br />
plausibili.<br />
Lui, Ugo, dice che è stato davvero in quella<br />
casa, ma circa due mesi prima, quando si è<br />
recato a Viterbo per sottoporsi a un banalissimo<br />
intervento di varicocele. Chi è il chirurgo<br />
che lo opera Attilio Manca. Incredibile.<br />
Lo stesso Attilio Manca che oggi (quando<br />
non può più difendersi perché è morto) nelle<br />
aule di giustizia e nelle interviste viene accusato<br />
dal cugino Ugo di essere stato un eroinomane,<br />
capace di usare tutt’e due le mani<br />
per drogarsi. E allora in questa storia ci sono<br />
delle cose che non tornano.<br />
Ugo rischia gli organi genitali a causa di<br />
un cugino drogato Un intervento di<br />
varicocele si fa su quella parte del corpo. È<br />
un alibi convincente<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 39
www.isiciliani.it<br />
“SUICIDATO” DA PROVENZANO DOSSIER IL CASO ATTILIO MANCA<br />
Perché rischiare tanto, se un intervento del<br />
genere Ugo può farlo agevolmente all’ospedale<br />
di Sant’Agata di Militello, dove presta<br />
servizio come dipendente amministrativo, o<br />
di Barcellona, o di Patti o di tanti altri nosocomi<br />
vicini Ugo si fa duemila chilometri<br />
per recarsi a Viterbo per un’operazione così<br />
semplice Anche questa versione non sembra<br />
per niente convincente.<br />
Eppure, Signor Gip, sa cosa hanno detto in<br />
conferenza stampa i procuratori di Viterbo a<br />
proposito di Ugo Manca Testuale: “Manca<br />
Ugo era in ottimi rapporti con il cugino Manca<br />
Attilio. Manca Ugo era di casa a Viterbo,<br />
in quanto punto di riferimento dei barcellonesi<br />
che dovevano farsi operare all’ospedale<br />
‘Belcolle”. È un aspetto che apre scenari inquietanti<br />
e che, in sostanza, conferma che ci<br />
troviamo di fronte a un caso che presenta<br />
troppe stranezze.<br />
La prostata dell’estortore<br />
Se da un lato la Procura laziale è portata a<br />
giustificare l’impronta palmare lasciata da<br />
Ugo Manca attraverso la storia dell’”assidua<br />
frequentazione tra cugini”, dall’altro emerge<br />
una circostanza inedita e oscura sul ruolo<br />
avuto da questo personaggio equivoco.<br />
Sì, perché un conto è dire che Ugo contattava<br />
telefonicamente il cugino per mandare<br />
qualche barcellonese ad operarsi a Viterbo.<br />
Un altro è dire che lui a Viterbo “era di casa”<br />
per intercedere presso l’ospedale (solo con<br />
Attilio o con qualche altro medico) per le<br />
cure alle quali dovevano sottoporsi i barcellonesi.<br />
E qui entra in gioco un altro personaggio<br />
appartenente al mondo della mafia barcellonese.<br />
Anche lui – poco tempo prima – si reca<br />
nella città laziale per farsi operare da Attilio:<br />
si chiama Angelo Porcino, è stato condannato<br />
per estorsione, ed è uno dei quattro barcellonesi<br />
indagati per i quali la Procura laziale<br />
ha chiesto l’archiviazione.<br />
A quanto pare ai magistrati di Viterbo non<br />
risulta neanche che Porcino – ufficialmente<br />
titolare di una sala giochi – abbia un cellulare.<br />
Dunque non si sa se questo tizio parli al<br />
telefono e con chi, se faccia uso<br />
dell'apparecchio di altri (eventualmente di<br />
chi), quali sono i contenuti dei suoi presunti<br />
colloqui telefonici soprattutto nel periodo in<br />
cui si è recato a Viterbo, e cosa abbia fatto<br />
realmente nella città laziale nei giorni della<br />
sua degenza. Non si sa praticamente nulla. Si<br />
sa solo che ha contattato Attilio – autonomamente<br />
o per mezzo di Ugo – per un intervento<br />
alla prostata (lo stesso, guarda caso, al<br />
quale si è sottoposto Provenzano).<br />
Non sappiamo se Porcino c’entri qualcosa<br />
in questa vicenda, però sia in lui che in Ugo<br />
Manca si riassumono due incredibili<br />
paradigmi: l’appartenenza a un mondo che si<br />
spinge fino a Viterbo per farsi curare da un<br />
medico bravissimo (ma “drogato”), e il modo<br />
di condurre le indagini da parte degli investigatori<br />
laziali.<br />
Ma quel che appare paradossale è che non<br />
si sa neppure chi siano gli altri barcellonesi<br />
(ripetiamo: solo barcellonesi) che Ugo<br />
Manca avrebbe portato a Viterbo per farsi<br />
operare. Magari i magistrati della Procura lo<br />
sanno, ma per riservatezza non lo dicono.<br />
Eppure in conferenza stampa hanno dato la<br />
sensazione di annaspare.<br />
Perché se dovesse risultare che Ugo era il<br />
punto di riferimento delle operazioni e delle<br />
cure cui si sottoponeva un determinato mondo,<br />
il quadro potrebbe cambiare notevolmente.<br />
C’entra Provenzano con quel mondo barcellonese<br />
con il quale era in stretto contatto<br />
Ma ipotizziamo pure che Provenzano non<br />
c’entri assolutamente nulla con questa storia.<br />
Ipotizziamo che si tratti di semplici<br />
congetture. Resta quel mondo poco scrutato<br />
dai magistrati laziali, collegato con Viterbo<br />
attraverso la figura di Ugo Manca, che potrebbe<br />
avere avuto l’esigenza di rivolgersi a<br />
un grande medico originario della stessa città<br />
per risolvere “privatamente” certi problemi<br />
di salute, stando lontano dai riflettori<br />
dell’isola. Ipotesi Può darsi. Ma la storia<br />
della mafia è piena di casi del genere. Che<br />
proprio per questo non vanno mai sottovalutati.<br />
L’improvvisa comparsa degli attrezzi per<br />
le operazioni chirurgiche trovati a casa di Attilio<br />
è casuale Non lo sappiamo. Se è casuale<br />
deve essere spiegato concretamente perché.<br />
Se è legata a qualcosa di inconfessabile,<br />
in quell’appartamento, la sera dell’11 febbraio<br />
2004 – nelle ore che hanno preceduto la<br />
morte di Attilio – potrebbe essere accaduto di<br />
tutto. Anche perché, a parte la circostanza del<br />
volto sfigurato e del testicolo gonfio – che la<br />
Procura laziale smentisce – c’è da chiarire la<br />
circostanza del parquet divelto, del peso da<br />
ginnastica rotto, di alcuni indumenti della<br />
vittima stranamente introvabili, e tanto altro<br />
che adesso vedremo.<br />
Un eroinomane… controllato<br />
Il giovane medico, secondo Pazienti e Petroselli,<br />
si faceva di eroina ma non era un<br />
tossicodipendente. Si drogava, a loro dire,<br />
solo in certi momenti, magari quando era depresso,<br />
ma l’eroina riusciva a tenerla sotto<br />
controllo, senza subirne dipendenza. L’eroina<br />
Sotto controllo Senza subirne<br />
dipendenza<br />
I familiari smentiscono categoricamente<br />
che Attilio si drogasse, qualche spinello al<br />
tempo del liceo, poi basta. La madre sostiene<br />
che beveva un bicchiere di vino ogni tanto, a<br />
tavola nei fine settimana, ma mai alla vigilia<br />
di un intervento chirurgico, in sala operatoria<br />
voleva essere lucido. I genitori, si sa, sono<br />
obnubilati da dolore, quindi sono portati a<br />
raccontare balle, non lo fanno per male…<br />
certo. E i colleghi, e il personale<br />
dell’ospedale “Belcolle”, e gli amici di Viterbo<br />
Anche loro raccontano un sacco di balle.<br />
Vuoi mettere queste testimonianze<br />
con quelle dei barcellonesi Non<br />
scherziamo. Ora ci arriviamo ai barcellonesi.<br />
Quindi Attilio Manca era un eroinomane<br />
ma non tanto, o meglio, era eroinomane solo<br />
in certi momenti. In che senso Beh… Qui<br />
onestamente le contraddizioni sono tali e tante<br />
che si fa fatica a venirne fuori.<br />
Riavvolgiamo il nastro… Nei primi anni le<br />
carte processuali ci dicono che l’urologo è<br />
morto per suicidio da overdose. Adesso ci dicono<br />
che è morto per overdose senza suicidio.<br />
Nell’ultima trance dell’indagine la parola<br />
“suicidio” misteriosamente scompare, resta<br />
solo la parola drogato. Dunque Attilio Manca,<br />
secondo i magistrati, è sì un drogato, ma<br />
“controllato”, nel senso che non può fare a<br />
meno del buco, ma vi ricorre ogni tanto, magari<br />
il giorno prima di fare un delicato intervento<br />
chirurgico, tanto per tenersi in forma.<br />
Infatti, come previsto dal programma del reparto<br />
di Urologia dell’ospedale “Belcolle”,<br />
Attilio doveva operare la mattina del 12 febbraio,<br />
quando è stato trovato morto.<br />
Però siccome è medico sa benissimo che<br />
quell’intruglio micidiale di eroina, di alcol e<br />
di tranquillanti può portarlo alla morte, ma<br />
siccome lo sballo è sballo, più cose ci mette<br />
dentro più si assicura l’effetto psichedelico.<br />
E così mentre l’intruglio mortale circola nelle<br />
sue vene, gli salta in mente una cosa che<br />
può cambiare la sua vita: rimettere i tappi negli<br />
aghi delle siringhe. Strafatto si precipita<br />
in cucina e poi nel bagno, barcolla ma deve<br />
portare a termine la missione, senza ovviamente<br />
lasciare impronte sulle siringhe, poi torna<br />
in camera da letto, crolla sul piumone e si<br />
fracassa il viso sbattendolo sul telecomando.<br />
Il sangue per terra è causato da edema polmonare<br />
scatenatosi per l’overdose, mica perché<br />
è stato pestato. Questa la tesi ufficiale.<br />
Quando viene ritrovato morto, nel suo<br />
braccio vengono rinvenuti due buchi (gli unici<br />
in tutto il corpo). Su questo la Procura sostiene<br />
una tesi per noi del tutto nuova: che<br />
sarebbero stati praticati in tempi diversi. Ce<br />
ne sarebbe uno recente e uno più vecchio.<br />
Questo secondo Pazienti e Petroselli dimostrerebbe<br />
tre cose: che Attilio si drogava, che<br />
quella sera non era la prima volta che si drogava,<br />
e che era un drogato “controllato”. Elementare,<br />
Watson.<br />
Lo scandalo delle impronte digitali<br />
I magistrati non hanno spiegato per quale<br />
ragione – malgrado le ripetute richieste della<br />
famiglia Manca e dell’avvocato Repici – per<br />
ben otto anni si sono rifiutati di rilevare le<br />
impronte digitali sulle due siringhe.<br />
In conferenza stampa hanno dichiarato che<br />
siccome le siringhe erano troppo piccole (immaginiamo<br />
delle normali siringhe da insulina:<br />
sono proprio così piccole), la Procura non<br />
ha ritenuto di ordinare il rilevamento delle<br />
impronte perché non si sarebbe trovato nulla.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 40
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“SUICIDATO” DA PROVENZANO DOSSIER IL CASO ATTILIO MANCA<br />
È possibile una cosa del genere con i<br />
sofisticati mezzi scientifici di cui dispongono<br />
le Forze di polizia<br />
Soltanto poco tempo fa, dopo una precisa<br />
richiesta del Gip, le analisi sulle siringhe<br />
sono state fatte. Su una non è stato trovato<br />
nulla, sull’altra una labile traccia non<br />
assolutamente comparabile a un’impronta,<br />
quindi da non considerare valida come prova.<br />
Dalle analisi effettuate non è stato accertato<br />
né che Attilio si sia drogato, né che altri<br />
lo abbiano drogato forzatamente per simulare<br />
una morte per overdose. Non esiste alcuna<br />
prova sia nell’un senso che nell’altro. Però i<br />
magistrati affermano che in una delle sue siringhe<br />
è stata rinvenuta una minuscola traccia<br />
di eroina.<br />
L'esame salta fuori otto anni dopo<br />
E così per la prima volta abbiamo sentito<br />
parlare di esame tricologico. I giudici hanno<br />
garbatamente spiegato che trattasi di analisi<br />
sul capello della vittima per accertare se questa<br />
abbia assunto degli stupefacenti. Ebbene:<br />
ci è stato detto che sì, anche nei capelli di Attilio<br />
sono state trovate delle tracce di<br />
stupefacenti. Ecco la prova “inconfutabile”.<br />
A parte il fatto che non è stato specificato<br />
di quali stupefacenti si tratta, non si comprende<br />
perché questo esame tricologico sia<br />
saltato fuori dopo otto anni, senza che alla<br />
famiglia Manca sia stato notificato nulla, e<br />
senza che le sia stata data la possibilità di nominare<br />
un perito di parte.<br />
Però siccome nella siringa è stata trovata<br />
eroina, siccome “è provato” che “Manca Attilio<br />
si sia inoculato volontariamente l’eroina<br />
nel braccio sinistro”, siccome i vicini di casa<br />
non hanno sentito rumori, Manca Attilio è<br />
morto drogato. Stop.<br />
Le indagini sul procuratore Cassata<br />
La droga, secondo i magistrati laziali, sarebbe<br />
stata una pusher romana a fornirgliela,<br />
l’unica persona, tra i cinque indagati, su cui<br />
la Procura chiede il rinvio a giudizio.<br />
Evidentemente ci saranno prove inoppugnabili<br />
per affermare con sicurezza un<br />
assunto del genere, In conferenza stampa è<br />
stato detto che la pusher capitolina riforniva<br />
di stupefacenti il “gruppo” barcellonese presente<br />
nel Lazio. Il “gruppo barcellonese”. Di<br />
cui Attilio avrebbe fatto parte. Formato da<br />
chi<br />
Ecco allora che Barcellona torna alla ribalta,<br />
non come epicentro di una criminalità organizzata<br />
che ha contatti non solo con il “gotha”<br />
di Cosa nostra siciliana, della ‘ndrangheta<br />
calabrese e della camorra campana, ma<br />
con altissimi magistrati come il procuratore<br />
generale di Messina Franco Antonio Cassata<br />
– residente da sempre a Barcellona, ricadente<br />
nello stesso Distretto giudiziario messinese –<br />
oggi sotto inchiesta per concorso esterno in<br />
associazione mafiosa; con un ex ministro<br />
come Domenico Nania (oggi vice presidente<br />
del Senato), con l’ex sindaco di Barcellona<br />
Candeloro Nania (cugino dell’ex ministro),<br />
con l’ex presidente della Provincia di Messina<br />
Giuseppe Buzzanca, e con tanti altri autorevoli<br />
personaggi.<br />
Per la Procura di Viterbo, Barcellona non<br />
torna alla ribalta per questo. Torna alla ribalta<br />
per le presunte pratiche a base di droga da<br />
parte di Attilio e del “gruppo” barcellonese<br />
presente nel Lazio. Tutto qui.<br />
Ai magistrati di Viterbo sfuggono evidentemente<br />
dei tasselli importanti per completare<br />
il mosaico. Eppure tante volte è stato scritto<br />
– e i procuratori sicuramente lo hanno letto<br />
– che in quella cittadina della lontana Sicilia<br />
esiste un circolo paramassonico denominato<br />
“Corda fratres”, che occupa un intero primo<br />
piano di un palazzo del centro.<br />
Chi non è di Barcellona pensa al classico<br />
circolo di paese, dove si gioca a carambola o<br />
a carte, si legge il giornale, si conversa amabilmente<br />
di corna e di politica, si organizzano<br />
dotte conferenze di letteratura e di arte.<br />
La “Corda fratres” è anche questo, ma è<br />
molto altro. Pur essendo frequentata anche<br />
da gente perbene, è un centro di potere dove<br />
i boss Gullotti e Cattafi convivono alla luce<br />
del sole col magistrato Cassata e con l’ex ministro<br />
Nania, con il cugino sindaco e col presidente<br />
della Provincia. Un livello superiore,<br />
che bypassa il livello medio delle persone<br />
perbene e decide il destino della città.<br />
Altro che un circolo di paese...<br />
Non c’è giovane di Barcellona che, conseguita<br />
la laurea, non si iscriva alla “Corda fratres”.<br />
Sicuramente per prestigio, ma anche<br />
per “sistemarsi” professionalmente attraverso<br />
le potenti aderenze di cui dispongono i personaggi<br />
più in vista.<br />
Come si spiega che il magistrato Franco<br />
Cassata, vero animatore del Circolo – pur<br />
essendo da anni oggetto di durissime interrogazioni<br />
parlamentari, di inchieste giudiziarie<br />
e giornalistiche, pur essendo chiacchierato<br />
per le sue amicizie discutibili – diventa Procuratore<br />
generale di Messina Solo oggi,<br />
messo sotto inchiesta dalla Procura di Reggio<br />
Calabria con accuse gravissime, al Csm<br />
si parla di un suo trasferimento per incompatibilità<br />
ambientale. Solo oggi, cioè quando<br />
Cassata è alla soglia della pensione.<br />
Come si spiega il fatto che diverse testimonianze<br />
rese all’Autorità giudiziaria contro<br />
Attilio Manca provengano dall’ambiente della<br />
“Corda fratres” fortemente intossicato da<br />
certi condizionamenti Testimonianze che<br />
cozzano con quelle di Viterbo, che paiono di<br />
segno completamente opposto.<br />
Quei rapporti “altolocati”<br />
E qui per dovere di cronaca bisogna dire<br />
che i rapporti “altolocati” intessuti all’interno<br />
di quel sodalizio non si fermano qui. C’è<br />
l’amicizia stretta fra Ugo Manca (e la sua famiglia)<br />
con il giudice Cassata, l’amicizia<br />
stretta fra Ugo Manca (e la sua famiglia) con<br />
Rosario Cattafi, l’amicizia stretta fra queste<br />
variegate entità e parecchia gente<br />
recatasi dai magistrati a<br />
testimoniare contro quel “drogato di Attilio<br />
Manca”. Significa qualcosa o pensiamo che i<br />
contesti non contino nulla<br />
Le telefonate scomparse<br />
Ma ipotizziamo pure, Signor Gip, che<br />
Attilio fosse davvero un drogato. Questo<br />
spiega a tutti i costi una morte per overdose<br />
Questo significa che i magistrati non abbiano<br />
il dovere di indagare a trecentosessanta gradi<br />
Questo significa non considerare anche<br />
l’ipotesi dell’omicidio, magari tenendo conto<br />
che la scena del presunto delitto potrebbe essere<br />
stata camuffata<br />
Anche ammesso che Attilio fosse stato un<br />
drogato, non sarebbe stata utile una maggiore<br />
prudenza sulla dinamica della morte, dato<br />
che diversi elementi ci portano a ritenere che<br />
quella sera, nella casa di Attilio Manca, potrebbe<br />
esserci stato uno scontro violento<br />
Non è detto che sia così, ma non può essere<br />
escluso a priori. Eppure la Procura di Viterbo<br />
lo ha escluso dicendo “Non ci sono elementi”.<br />
Li ha cercati<br />
Fin dall’inizio si è sposata la tesi della<br />
morte per overdose “volontaria”, e non ci si è<br />
spostati di un millimetro.<br />
Restano poi da chiarire i gialli di almeno<br />
due telefonate intercorse fra Attilio e la sua<br />
famiglia, che secondo il legale dei Manca<br />
non risultano nei tabulati telefonici.<br />
Il giallo delle due telefonate<br />
La prima telefonata proviene dalla Francia<br />
nello stesso periodo in cui viene operato Provenzano.<br />
In quel caso Attilio dice alla madre<br />
che deve assistere a un intervento. A quale<br />
Non si sa.<br />
Il procuratore Pazienti ha affermato che<br />
dai controlli effettuati, il dottor Manca in<br />
quel periodo risultava in servizio al “Belcolle”.<br />
Come se con un aereo non fosse facile<br />
raggiungere la Francia in poche ore anche<br />
nei fine settimana o nei giorni liberi.<br />
La seconda telefonata riguarda l’ultimo<br />
colloquio fra Attilio e la madre, intercorso il<br />
giorno prima del ritrovamento del cadavere.<br />
Il medico – chissà da quale luogo e in quale<br />
situazione, ma sicuramente provato – avrebbe<br />
lanciato dei messaggi in codice in cui<br />
avrebbe cercato di dire di cercare la verità<br />
proprio a Barcellona Pozzo di Gotto.<br />
Congetture anche queste, certo, ma ci chiediamo<br />
se è vero che nei tabulati quelle due<br />
telefonate non risultano. I procuratori hanno<br />
detto che quelle telefonate non ci sono mai<br />
state. Ne prendiamo atto.<br />
Quel che appare certo è che ci troviamo di<br />
fronte a tanti, troppi, “buchi neri” che Lei,<br />
Egregio signo Giudice per le indagini<br />
preliminari, è chiamato a chiarire attraverso<br />
un compito che si prospetta assai delicato.<br />
Buon lavoro.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 41
www.isiciliani.it<br />
Mafia Spa<br />
Puzza di droga<br />
la nuova economia<br />
Quanto incide la crisi finanziaria<br />
globale nelle<br />
casse del crimine organizzato<br />
Secondo recenti<br />
indagini, il mondo della<br />
finanza sarebbe sempre<br />
più collegato con le mafie<br />
e i cartelli dei narcos<br />
di Aaron Pettinari<br />
www.antimafiaduemila.com<br />
Uno schema logico che profeticamente<br />
era già stato individuato da<br />
Giovanni Falcone. Nel novembre 1990,<br />
in una conferenza tenutasi presso il<br />
Bundeskriminalamt di Wiesbaden<br />
(RFT) segnalava come l'apertura delle<br />
frontiere all'interno della Comunità<br />
Europea avrebbe necessariamente favorito<br />
l'espansione della mafia e della<br />
criminalità organizzata con i sistemi<br />
mafiosi.<br />
Da quel momento in poi, infatti, il sistema<br />
economico è stato profondamente<br />
deregolarizzato, seguendo le regole della<br />
globalizzazione economica, basata su<br />
consumismo, operazioni finanziarie spregiudicate<br />
e privatizzazione. Ed è su questo<br />
sistema che le mafie transnazionali<br />
hanno tratto una crescita esponenziale<br />
del proprio guadagno. E con la crisi economica<br />
le possibilità si sono allargate ulteriormente.<br />
Le mafie, di fatto, sono le uniche “imprese”<br />
ad avere enormi disponibilità di<br />
denaro (proventi dei traffici illeciti ndr)<br />
da poter investire in ogni settore.<br />
Il nuovo salto di qualità<br />
Nella seconda metà del 2008, quando<br />
le banche si trovavano ad affrontare pesanti<br />
problematiche di liquidità, le organizzazioni<br />
criminali mondiali, da sempre<br />
dedite al riciclaggio di denaro, sono entrate<br />
in maniera più preponderante nel<br />
mondo della finanza passando dalla porta<br />
principale grazie alla fornitura di un<br />
enorme flusso di capitali. E se questo<br />
“quadro” era già concreto e reale ancor<br />
prima del crack Lehman, che ha dato il<br />
via alla crisi economica globale, a maggior<br />
ragione oggi, che ci troviamo in una<br />
situazione peggiore, è evidente come le<br />
banche del mondo vengono attratte dal<br />
denaro facile del crimine.<br />
La casistica è davvero vasta. Si può<br />
pensare alla Wachovia Bank, che ha letteralmente<br />
“chiuso più di un occhio” sulle<br />
transazioni di denaro legate alla guerra<br />
della droga in Messico. O ancora di<br />
HSBC, che ha fatto fronte a 700 milioni<br />
di dollari in sanzioni per aver favorito il<br />
riciclaggio di denaro di signori della droga<br />
messicani, terroristi internazionali e<br />
banche iraniane (sottoposte a embargo).<br />
Banche e mafia<br />
Secondo le stime delle Nazioni Unite,<br />
il riciclaggio di denaro sporco nel 2009<br />
ammonterebbe ad un volume di 1600 miliardi<br />
di dollari, di cui oltre un terzo risalirebbe<br />
a forme di crimine organizzato.<br />
Nel febbraio 2012, in una recente seduta<br />
del congresso USA sul crimine organizzato,<br />
il capo della Sezione Riciclaggio<br />
del Dipartimento di Giustizia degli<br />
Stati Uniti, Jennifer Shasky Calvery ha<br />
ricordato come: “Le banche negli Stati<br />
Uniti sono usate per accogliere grandi<br />
quantità di capitali illeciti occultati nei<br />
miliardi di dollari che vengono trasferiti<br />
tra banca e banca ogni giorno”.<br />
Un esempio di certe operazioni finanziare<br />
viene fornito da una recente inchiesta<br />
di due economisti colombiani, Alejandro<br />
Gaviria e Daniel Mejiia dell'Università<br />
di Bogotà: il 97,4% degli introiti<br />
provenienti dal narcotraffico in Colombia<br />
viene puntualmente riciclato da circuiti<br />
bancari di Usa ed Europa. E non è<br />
una cifra da poco: si parla di 352 miliardi<br />
di dollari.<br />
Ma se per le banche il vantaggio è<br />
prettamente commerciale, per la criminalità<br />
è doppio. Da una parte la connivenza<br />
del sistema bancario permette alle mafie<br />
di ripulire i propri guadagni illeciti,<br />
dall'altra la crisi offre grandissime occasioni<br />
per aumentare il bacino dei propri<br />
affari, specie nel campo dell'usura o del<br />
mercato nero.<br />
Secondo lo scrittore e giornalista venezuelano<br />
Moisés Naím: “Fino a pochi<br />
anni fa le mafie avevano molta influenza<br />
su alcuni personaggi all’interno dei governi,<br />
ora sono i governi stessi a prendere<br />
il controllo delle reti illegali internazionali”.<br />
Secondo Naìm esempi concreti a riguardo<br />
“vengono dati dall'ex giudice supremo<br />
Eladio Aponte, che in Venezuela<br />
sta fornendo prove che dirigenti<br />
governativi di primo piano sono anche i<br />
capi di importanti bande criminali internazionali.<br />
Per non parlare dell’Afghanistan,<br />
dove il fratello del presidente, il governatore<br />
di Kandahar Ahmed Wali Karzai,<br />
assassinato nel 2011, era stato ripetutamente<br />
accusato di essere coinvolto nel<br />
traffico d’oppio, la principale attività<br />
economica del Paese”.<br />
In Italia...<br />
Ovviamente neanche l'Italia è immune<br />
dall'incidenza delle criminalità organizzate.<br />
Secondo l'ultimo rapporto di Sos<br />
Impresa “Mafia spa” fattura oltre 100<br />
miliardi di euro all’anno, il 7% del Pil.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 42
www.isiciliani.it<br />
“Duecentotrenta<br />
gruppi operativi<br />
della 'ndrangheta<br />
in Germania”<br />
Secondo l'associazione “Le imprese<br />
italiane subiscono 1.300 reati al giorno,<br />
50 all’ora, un reato al minuto ed è sempre<br />
più difficile distinguere tra economia<br />
legale e non”. Il motivo “Le imprese (e<br />
non solo) sono attratte da capitali mafiosi<br />
e quindi possono diventare complici.<br />
Proprio grazie alla connivenza con il<br />
mondo politico e amministrativo e di<br />
professionisti compiacenti le mafie si<br />
sono insediate nel Centro e Nord Italia.<br />
Controllano la quasi totalità del mercato<br />
del gioco d’azzardo, anche lecito, dello<br />
smaltimento dei rifiuti, specialmente<br />
quelli tossici e nocivi, del ciclo delle costruzioni<br />
fino ad arrivare a nuovi settori”.<br />
Grazie alla liquidità di cui dispongono,<br />
senza il bisogno di accedere al regolare<br />
credito bancario (anche se non sono da<br />
escludere aiuti da banche “amiche” ndr),<br />
le mafie non risentono della crisi ed anzi<br />
la sfruttano aprendo nuove strade.<br />
Imprenditori tentati<br />
Non è improbabile che imprenditori<br />
onesti ma in difficoltà, a cui le banche<br />
hanno chiuso i rubinetti del credito, possano<br />
rivolgersi alla criminalità organizzata<br />
per sopravvivere, tanto che il racket<br />
dell’usura legato alle cosche, già oggi<br />
sufficientemente diffuso, potrebbe divenire<br />
la nuova fonte di liquidità per gli imprenditori.<br />
E ciò ovviamente distruggerebbe<br />
ancora di più la nostra economia.<br />
A rendere ancor più grave la situazione<br />
nel nostro Paese è poi il meccanismo di<br />
integrazione che si è avviato non solo tra<br />
le varie mafie (Cosa nostra, 'Ndrangheta<br />
e Camorra) ma anche con il sistema criminale<br />
della corruzione politica.<br />
“Con il sistema di corruzione così diffuso<br />
in tutto il Pese è stato introdotto un<br />
nuovo modo per convivere con la mafia<br />
– ha ricordato ancora una volta il procuratore<br />
aggiunto di Palermo Antonio Ingroia<br />
al Festival della Legalità - La battaglia<br />
in questo modo diventa più difficile<br />
perché si tratta di sconfiggere la corruzione<br />
che con la mafia è una faccia della<br />
stessa medaglia. Speriamo che il Parlamento<br />
nazionale riesca ad approvare subito<br />
la legge anticorruzione”.<br />
Un appello lanciato anche dal fondatore<br />
di <strong>Libera</strong> don Ciotti: “Nessuno sconto,<br />
nessuna mediazione è possibile nella lotta<br />
alla corruzione, così come nella lotta<br />
al riciclaggio e alle mafie. La convenzione<br />
di Strasburgo parla chiaro: la corruzione<br />
deve essere sradicata. Quindi il<br />
Ddl sulla corruzione in discussione al<br />
Parlamento non deve essere svuotato da<br />
mediazioni che ne mortificano i contenuti.<br />
Deve diventare il trampolino di lancio<br />
di una vera lotta alla corruzione che ogni<br />
anno si mangia ben più di quel 3% del<br />
Pil italiano, cioè di quei 60 miliardi di<br />
Euro denunciati dalla Corte dei Conti”.<br />
Anche il resto d'Europa non è immune<br />
alla presenza delle mafie. Spagna e Grecia<br />
sono divenuti i nuovi “Stati porta”<br />
per le rotte della cocaina in Europa tanto<br />
che la “capitale” della Catalogna, Barcellona,<br />
viene definita come “la nuova Marsiglia”.<br />
E' li che 'ndranghetisti, narcos<br />
colombiani e messicani si incontrano per<br />
quella che ormai è una joint-venture<br />
della cocaina con ricavi da capogiro<br />
(mille euro per ogni euro investito nel<br />
sistema produttivo ndr).<br />
Proprio la 'Ndrangheta, sostituendosi a<br />
Cosa nostra come broker internazionale<br />
dei traffici di droga, rappresenta uno dei<br />
massimi esempi di nuova “holding criminale”.<br />
Un'organizzazione talmente potente<br />
da gestire direttamente l’importazione<br />
della cocaina verso l’Europa , utilizzando<br />
rotte sempre più sicure che coinvolgono<br />
America, Africa ed Europa, grazie ai rapporti<br />
con le mafie di numerosi paesi. Non<br />
è un caso che la 'Ndrangheta sia inserita<br />
nella black list delle organizzazioni terroristiche<br />
dal governo degli Stati Uniti.<br />
Traffici internazionali di droga dimostrati,<br />
passando dal Sudamerica alla Grecia,<br />
anche da un'indagine dall'antimafia<br />
milanese nel 2011, che portò all'arresto<br />
di 11 persone, al sequestro di 117 chili di<br />
cocaina, 48 di hashish. Non solo. Secondo<br />
altri dati nel Paese ellenico, venendo a<br />
mancare i canali di prestito ufficiali a<br />
causa della crisi, sempre più persone ricorrono<br />
ai prestiti illegali, rivolgendosi<br />
agli strozzini. Un mercato nero di prestiti<br />
illegali che produrrebbe un giro d'affari<br />
di circa 5 miliardi di euro all'anno.<br />
Un'attività che pare sia quadruplicata<br />
dall'inizio della crisi nel 2009.<br />
Mafie italiane in Germania<br />
Non si può poi dimenticare la Germania.<br />
Sono passati poco più di cinque anni,<br />
da quando il 15 agosto 2007 a Duisburg ,<br />
sei persone vennero trovate assassinate<br />
davanti al ristorante “da Bruno”. Era<br />
l’ultimo atto della “faida di San Luca”,<br />
tra i clan di 'Ndrangheta Nirta-Strangio e<br />
Pelle Vottari, iniziata nel 1991.<br />
Le indagini di questi anni hanno dimostrato<br />
il radicamento delle organizzazioni<br />
criminali italiane nella Bundesrepublik.<br />
Nel 2009 il Bundeskriminalamt, la polizia<br />
criminale tedesca, ha dichiarato che<br />
esistevano in Germania 230 n’drine con<br />
1800 affiliati.<br />
Un dato importante, e indicativo di<br />
come lo Stato tedesco oggi sia divenuto<br />
punto nevralgico di contatto e di "intelligence"<br />
tra le varie mafie internazionali in<br />
Europa. Ad attirare i criminali più che la<br />
posizione centrale all'interno del continente<br />
Europeo sono le stesse leggi tedesche,<br />
troppo deboli e inefficaci e i metodi<br />
d'indagine limitati in materia di organizzazione<br />
criminale.<br />
Nella Repubblica Federale, come in<br />
tutti paesi Ue eccetto l’Italia, non è riconosciuto<br />
infatti il reato di associazione<br />
mafiosa né sono previste norme sul carcere<br />
duro per i mafiosi.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 43
www.isiciliani.it<br />
“Alcune banche<br />
hanno superato<br />
la crisi con i<br />
finanziamenti<br />
delle mafie”<br />
Come se non bastasse, le leggi sul riciclaggio<br />
sono più blande rispetto al nostro<br />
Paese (secondo un’indagine Ocse sul<br />
tema, in Germania nel 2011 sono stati<br />
“recuperati” 170 milioni di euro contro<br />
1,3 miliardi dell’Italia), dato che per questo<br />
reato è prevista l’”inversione<br />
dell’onere della prova”, ovvero chi fa un<br />
investimento non è obbligato a provare<br />
che i soldi provengano da una fonte pulita.<br />
A ciò si aggiungono i limiti d'indagine<br />
per gli inquirenti con l'impossibilità di<br />
effettuare intercettazioni in luoghi pubblici<br />
o appartamenti privati.<br />
Il contrasto internazionale<br />
Mettendo insieme tutti questi dati si<br />
evince come i capitali mafiosi stanno<br />
traendo profitto dalla crisi economica europea<br />
e, più in generale, dalla crisi economica<br />
dell’Occidente, per infiltrare in<br />
maniera capillare l’economia legale. Eppure<br />
tali capitali non sono solo l’effetto<br />
della crisi globale, ma anche e soprattutto<br />
la causa, perché presenti nei flussi<br />
economici sin dalle origini di questa crisi.<br />
Nel dicembre 2009, il responsabile<br />
dell’Ufficio Droga e Crimine dell’Onu,<br />
Antonio Maria Costa, rivelò di avere le<br />
prove che i guadagni delle organizzazioni<br />
criminali fossero l’unico capitale<br />
d’investimento liquido che alcune banche<br />
avevano avuto a disposizione durante<br />
la crisi del 2008 proprio per evitare il<br />
collasso.<br />
Una soluzione ad una problematica<br />
così globale è chiaro che non può essere<br />
trovata solo dall'inasprimento delle leggi<br />
di un singolo Paese ma deve essere affrontato<br />
in una maniera globale così<br />
come ha sempre chiesto Giovanni Falcone.<br />
“Persiste dunque la necessità di un corrispondente<br />
adeguamento della legislazione<br />
internazionale e della realizzazione<br />
di una costante ed efficace collaborazione<br />
internazionale - diceva nel 1990 - Ciò<br />
significa soprattutto l’abolizione dei cosiddetti<br />
paradisi fiscali, che fino ad oggi<br />
hanno reso vani i tentativi, anche i più<br />
decisi, di alcuni Paesi per identificare i<br />
flussi di denaro provenienti da attività illecite.<br />
Questa è una lotta in cui si devono<br />
sentire impegnati tutti i componenti della<br />
comunità internazionale, perché dall’esito<br />
di questa lotta dipende se la criminalità<br />
organizzata potrà essere distrutta o almeno<br />
ridimensionata entro limiti in cui<br />
non rappresenti più una seria minaccia<br />
per la società”. Ed è in questa direzione<br />
che cerca di muoversi la nuova commissione<br />
antimafia europea che ha come<br />
presidente l'europarlamentare italiana<br />
Sonia Alfano.<br />
“Di recente, la ’Ndrangheta ha riciclato<br />
28 milioni di euro in poche ore, acquistando<br />
un intero quartiere in Belgio” - ha<br />
raccontato la presidente del Crim.<br />
“Il parlamento europeo - ha continuato<br />
- vuole conoscere il modello Italia di lotta<br />
alla mafia, che tanti risultati ha dato<br />
sul fronte del contrasto all’ala militare<br />
delle organizzazioni criminali e per questo<br />
dopo aver visitato la Serbia sarà presto<br />
in Italia a Palermo, Roma e Milano<br />
per ascoltare non solo magistrati e investigatori,<br />
ma anche rappresentanti del sistema<br />
bancario e del mondo imprenditoriale.<br />
Ma le audizioni sono mirate anche<br />
a capire perché l’Italia sia in ritardo sulla<br />
legislazione riguardante il riciclaggio e la<br />
corruzione. Ad esempio, continua a non<br />
essere previsto il reato di<br />
autoriciclaggio”.<br />
Tra gli obiettivi fissati dalla Alfano anche<br />
quello “di predisporre un piano di<br />
contrasto a livello europeo, con la previsione<br />
di un testo unico antimafia, che<br />
permetta in tutti i paesi dell’Unione Europea<br />
di punire la partecipazione ad organizzazioni<br />
mafiose, di aggredire i patrimoni<br />
criminali e di contrastare efficacemente<br />
i fenomeni corruttivi e il riciclaggio<br />
di denaro, compreso quello<br />
attraverso il sistema finanziario”. Riforme<br />
importanti quanto necessarie.<br />
Non a caso Antonio Ingroia ha detto sì<br />
al lavoro in Guatemala dove le Nazioni<br />
Unite gli hanno chiesto di dirigere una<br />
Commissione internazionale contro<br />
l’impunità.<br />
Il procuratore aggiunto, spiegando le<br />
proprie motivazioni, ha ribadito: “è fondamentale<br />
potenziare l’azione di contrasto<br />
su scala transnazionale. L’Italia, che<br />
suo malgrado ha esportato la mafia, ora<br />
deve portare all’estero anche l’antimafia<br />
sotto il profilo organizzativo e strategico.<br />
In Guatemala la Commissione contro<br />
l'impunità in Guatemala ha diverse funzioni:<br />
la prima è legislativa, con supporto<br />
di conoscenza per nuove leggi, l'altra è<br />
giudiziaria poiché a causa della grande<br />
corruzione in quel paese vi sono poche<br />
condanne e molte assoluzioni”.<br />
Una sfida internazionale<br />
“In questo quadro – ha aggiunto Ingroia<br />
- avendo io partecipato (per attività di<br />
investigazione e convegnistica) a numerosi<br />
incontri in Guatemala mi è stato offerto,<br />
dal capo di questo organismo che<br />
poi è l'ex governatore generale del Costa<br />
Rica, l'incarico di guidare l'unità di investigazione.<br />
con me collaborano una quarantina<br />
tra magistrati e poliziotti provenienti<br />
da tutto il mondo. Per me è una<br />
sfida affascinante. Vent'anni fa Giovanni<br />
Falcone per primo capì che bisognava rilanciare<br />
la sfida sul piano nazionale. Io<br />
credo che sia arrivato il momento di puntare<br />
al livello internazionale con un'azione<br />
che va pensata, coordinata e attuata.<br />
Bisogna contare su organismi stabili in<br />
cui ci si incontra e ci si confronta. Tanto<br />
in America quanto nell’Est, europeo e<br />
asiatico”.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 44
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Memoria/ Giovanni Spampinato<br />
Il compagno cronista<br />
Un mestiere così<br />
Nella Sicilia degli anni Settanta, fra mafia e<br />
strategie della tensione<br />
di Attilio Occhipinti<br />
Sei pallottole e Giovanni Spampinato<br />
muore. Ragusa, la notte del 27 ottobre<br />
1972, perde un giovane giornalista, fatto<br />
fuori perché faceva bene il suo lavoro,<br />
che, secondo alcuni, coincide col ficcare il<br />
naso in faccende poco chiare. Troppo scomodo<br />
in questo caso, soprattutto dopo che<br />
aveva documentato l’alleanza fra gruppi<br />
neofascisti e criminalità organizzata. Era<br />
corrispondente de L’Ora e dell'Unità ai<br />
tempi della “strategia della tensione”.<br />
Sono trascorsi quarant’anni da quella<br />
notte e i Ragusani non sembrano ricordare<br />
molto la figura di Giovanni Spampinato.<br />
Che il giornalismo d’inchiesta, quello<br />
che narra il marcio, quello che denuncia la<br />
corruzione e inchioda i criminali, sia pericoloso<br />
è risaputo. Non si rischia solo di<br />
essere ammazzati. Ma anche di essere dimenticati,<br />
che poi è come morire. Li chiamano<br />
i rischi del mestiere.<br />
«Questo atteggiamento di fiducia nel<br />
proprio mestiere, di giornalista che tiene<br />
gli occhi bene aperti, credo sia il primo<br />
insegnamento che possono trarre dalla sua<br />
breve esperienza di vita i giovani di<br />
oggi»: questa è l’eredità di Spampinato<br />
secondo Carlo Ruta, giornalista d’inchiesta,<br />
autore di “Morte a Ragusa” (2004),<br />
che fa luce sulla storia del cronista.<br />
Lo stesso Ruta è stato al centro di una<br />
vicenda che l’ha visto coinvolto, suo malgrado,<br />
con l’accusa di stampa clandestina.<br />
Per questo è stato condannato nel 2008,<br />
ma assolto dalla Corte suprema di Cassazione<br />
nel 2012, in quanto la presunta<br />
“clandestinità” di cui era stato accusato<br />
non può essere estesa ad un blog su internet.<br />
Da ricordare anche l’episodio in<br />
cui, una notte, gli viene rubata la macchina<br />
con dentro le copie di “Morte a<br />
Ragusa”, che il giorno dopo sarebbero<br />
state distribuite.<br />
«Negli ultimi anni Novanta, quando ho<br />
cominciato a occuparmi del caso, si trattava<br />
di una storia dimenticata, rimossa, tenuta<br />
in vita solo dal ricordo che custodivano<br />
dei fatti alcuni amici e compagni del<br />
giovane ucciso. Lungo quei sentieri mi<br />
sono trovato quindi a “incontrarlo” e a<br />
confrontarmi con la sua esperienza, con il<br />
suo punto di vista».<br />
L’esempio di Carlo Ruta è utile per analizzare<br />
altre sotie simili, dove un tipo di<br />
narrazione scomoda (tipicamente,<br />
l'inchiesta, trova ostacoli che rendono tortuoso<br />
il cammino verso la cosiddetta realtà<br />
dei fatti.<br />
Il “Clandestino” e gli altri<br />
«L'anno scorso abbiamo documentato il<br />
degrado in cui versava una parte<br />
dell'ospedale di Modica: quadri elettrici<br />
con l'acqua sotto, tubi rotti, rifiuti di ogni<br />
sorta. Abbiamo pubblicato un video e un<br />
articolo. La risposta non è stata "Provvediamo<br />
subito" ma "Vi quereliamo<br />
per procurato allarme e violazione di<br />
domicilio". Ovviamente non c'era nessun<br />
cartello che vietava l'accesso. Comunque<br />
alla fine, anche dopo le proteste di molti,<br />
la querela non è stata presentata. Non aveva<br />
senso. La cosa bella di questa storia è<br />
che quei settori che abbiamo visitato sono<br />
stati puliti subito dopo. Quindi avevamo<br />
ragione», dice Giorgio Ruta de Il Clandestino,<br />
mensile cartaceo di Modica nato nel<br />
2006.<br />
«E’ vero che oggi per minacciare un<br />
giornalista si usa di più l'arma della querela<br />
che quella dell'aggressione fisica. A<br />
volte esistono querele che hanno soltanto<br />
lo scopo di intimidire, niente di più», continua<br />
Giorgio Ruta.<br />
Una querela è stata invece recentemente<br />
archiviata, quella della Busso Sebastiano<br />
S.r.l. nei confronti di Claudio Conti (Legambiente),<br />
Giulio Pitroso e il direttore<br />
della testata La Verità. A questo proposito<br />
Giulio Pitroso: «La reazione dei miei conoscenti<br />
alla querela è stata più vicina a<br />
un coro di 'telavevodetto', rispetto a un<br />
minimo accenno di vicinanza, termometro<br />
del fatto che la mentalità comune - senza<br />
voler troppo generalizzare - di Ragusa<br />
vive ancora in un senso di forzato perbenismo,<br />
per cui non ci si deve mai esporre<br />
apertamente».<br />
Forse siamo difronte ad un cambio di<br />
tendenza, poiché in passato si era solito<br />
ferire fisicamente gli “impiccioni”, mentre<br />
in questo presente sembra ferir di più<br />
la notifica del tribunale. Senza dimenticare<br />
gli espliciti atti intimidatori come quello<br />
subito dal giornalista modicano Saro<br />
Cannizzaro, collaboratore del Giornale di<br />
Sicilia, al quale fu bruciato il portone di<br />
casa nel settembre del 2011 oppure l’episodio<br />
che ha visto coinvolta Pinella Drago,<br />
giornalista sciclitana anche lei collaboratrice<br />
del Giornale di Sicilia, cui ignoti<br />
hanno incollato con della colla attack il<br />
lucchetto della cappella in cui riposa il defunto<br />
marito.<br />
In provincia c'è pure ScicliPress, cartaceo<br />
mensile, nato nel 2008. Ne parlano<br />
Bartolo Lorefice e Paolo Cirica: «Giovanni<br />
Spampinato vive e cammina con<br />
le gambe dei giovani iblei impegnati nel<br />
mondo del giornalismo (tesserati e non)<br />
e che, da free lance, danno dignità e lustro<br />
ad una categoria che, dalle nostre parti, ha<br />
proprio bisogno di nuova linfa. Penso al<br />
nostro ScicliPress, ma anche agli amici de<br />
Il Clandestino, di Generazione Zero e ai<br />
singoli disseminati in giro per la provincia:<br />
Roberto Sammito a Scicli, Andrea<br />
Sessa e Andrea Gentile a Vittoria.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 45
“Un bel premio.<br />
Alla memoria”<br />
Crediamo che Spampinato sarebbe<br />
orgoglioso del nostro impegno per una<br />
informazione con la schiena dritta».<br />
Il mosaico del giornalismo ibleo nel<br />
2011 si è arricchito di un altro tassello,<br />
Generazione Zero, quotidiano online impegnato<br />
nella realizzazione d’inchieste legate<br />
all’ambiente e alle precarie condizioni<br />
dei siti archeologici, con un occhio di<br />
riguardo verso i giovani, gli immigrati, i<br />
precari.<br />
I giovani cronisti di ora<br />
Scheda<br />
GIOVANNI SPAMPINATO<br />
www.isiciliani.it<br />
Al giornalismo ragusano di nuova generazione<br />
dobbiamo accostare la tradizione<br />
incarnata da Sicilia Libertaria, il mensile<br />
anarchico, giunto al suo trentaquattresimo<br />
anno di vita, diretto da Pippo Gurrieri. Un<br />
esempio di giornalismo militante che ha<br />
fatto e continua a far parlare di sé anche<br />
oltre lo stretto di Messina.<br />
L’eredità e il ricordo di Giovanni Spampinato<br />
vivono nel lavoro dei giovani giornalisti<br />
ragusani che scrivono fino a consumarsi<br />
le dita, denunciando la corruzione e<br />
l’indecenza di certi ambienti dall’aria<br />
malsana. Eppure, tra la gente, lo si conosce<br />
poco Giovanni Spampinato. Qui ne<br />
ne parlano poco e, magari, male. Perché<br />
“l”hanno ammazzato per un fatto di<br />
antipatia”, perché “era un giornalista<br />
azzardato”, perché “le chiacchiere non<br />
costano un centesimo”. Intanto nel 2007 il<br />
Presidente della Repubblica, Giorgio<br />
Napolitano, ha insignito Spampinato del<br />
premio Saint Vincent per il giornalismo<br />
alla memoria. Alla memoria, appunto.<br />
Città: Ragusa<br />
Mestiere: Studente di Filosofia/Giornalista per l’Unità, L’Ora, Dialogo<br />
Specialità: strategia della tensione, rapporti tra criminalità e neofascismo, archeomafie<br />
Assassinio: operato da Roberto Campria, sulla base di una presunta persecuzione nei<br />
suoi confronti da parte del cronista. Figlio dell’allora presidente del tribunale di Ragusa,<br />
Campria sarà condannato a 21 in primo grado, a 14 in appello, ma ne sconterà solo 8.<br />
Campria era stato sospettato dal giornalista dell’omicidio dell’ingegnere Tumino, come<br />
lui vicino all’estrema destra e coinvolto nell’antiquariato.<br />
Riconoscimenti: il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha consegnato alla<br />
memoria il Premio Saint-Vincent nel 2007.<br />
La quinta edizione del “Master in giornalismo investigativo e analisi delle fonti documentarie”<br />
di Milano, promosso dall’Associazione Giornalismo Investigativo, è stato<br />
intitolato alla memoria del giornalista siciliano Giovanni Spampinato nel 2011.<br />
La sala stampa della Provincia di Ragusa è stata intitolata a Giovanni Spampinato. Sul<br />
suo utilizzo si è aperta una ragionevole polemica, che ha visto addirittura documentare<br />
la scomparsa della targa commemorativa della sala stessa.<br />
Sospetti: non sono mai state aperte indagini sulla responsabilità di eventuali mandanti,<br />
ma è chiaro che diverse ipotesi, ben documentate nell’opera dello storico Carlo Ruta<br />
spingerebbero verso una rianalisi del caso. Nel n.9 de “La Verità”, giornale d’inchiesta<br />
diretto da Gianni Bonina, (che sul caso ha scritto un libro, recentemente rielaborato in “Il<br />
fiele e le furie”), lo stesso parla delle possibilità di riapertura del caso che sarebbero<br />
state costruite negli anni Zero; nel numero 10, l’allora Procuratore Fera replica ad alcuni<br />
passaggi dell’articolo. L’opera di Luciano Mirone ne “Gli Insabbiati” e “C’erano dei cani,<br />
ma molto seri” di Alberto Spampinato fanno molto riflettere sul caso. A distanza di quarant’anni<br />
si potrebbe cominciare a parlare di mandanti e di reti occulte, che avrebbero<br />
avuto l’interesse di eliminare questo giovane cronista.<br />
(g.p.)<br />
APPUNTI DI VIAGGIO<br />
DI UN 21 MARZO<br />
di Giulio Pitroso<br />
La pelle del bus era blu. I bagagli riposavano<br />
nel suo ventre e noi sulle sue scomode<br />
poltrone. Saremmo potuti andare<br />
con il viaggio organizzato, ma il nostro<br />
programma non poteva prevederlo.<br />
L’Unione degli Studenti (UdS), cui facevamo<br />
parte, imbastiva un coordinamento<br />
nazionale di un giorno dopo la manifestazione,<br />
approfittando anche dei rimborsi<br />
per le spese di viaggio di <strong>Libera</strong>. Così, a<br />
ridosso di quel 21 marzo 2010, XV giornata<br />
memoria e impegno in ricordo delle<br />
vittime delle mafie, partivamo verso<br />
Milano: manco a dirlo, tutto il carico del<br />
nostro bistrattato idealismo ci faceva sembrare<br />
questa storia di quasi picari una romantica<br />
avventura.<br />
Piero, allora coordinatore della sezione<br />
dell’UdS Ragusa, andava allo scientifico,<br />
all’ultimo anno. Era l’incarnazione dello<br />
stereotipo di Sinistra: i dreadlocks raccolti<br />
in una fascia, vari e lunghi discorsi in tasca,<br />
pretese di ragionevole cambiamento.<br />
Eravamo solo in due a partire, anche per<br />
via della fifa matta di essere bocciati che<br />
hanno gli studenti al secondo quadrimestre.<br />
Raccolto nella paura ben più concreta<br />
del freddo nordico, m’ero equipaggiato<br />
di eskimo in poliestere, diffidenza alle<br />
sale da barba, gigantesco zaino militare<br />
modello “Grande Guerra”, con sacco a<br />
pelo annesso; Piero optava per una sobria<br />
giacca a vento e uno zainetto reduce delle<br />
medie. Eravamo due profughi.<br />
Alle tre del pomeriggio, la corriera partì.<br />
Ci lasciammo alle spalle le livide pietre<br />
di Ragusa, l’insistente attitudine alla pioggia<br />
del suo cielo, la massa indifferente dei<br />
concittadini. Quest’ultima, nostra conoscente<br />
stretta, s’era palesata quando i megafoni<br />
della protesta gracchiavano contro<br />
Gelmini, Fioroni e Moratti, in piazze semivuote<br />
o mal riempite. Era successo,<br />
all’ombra dell’imperiale aquila, sull’asfalto<br />
a forma di M di uno spazio che i più<br />
vecchi chiamano ancora “piazza Impero”<br />
o di fronte alla lastra dei caduti per mano<br />
del fascismo, di faccia alla cattedrale, in<br />
piazza San Giovanni.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 46
www.isiciliani.it<br />
“Un giornalista<br />
curioso”<br />
D’altro canto, Ragusa era stata una capitale<br />
del manganello nero, ai tempi<br />
dell’ascesa del duce, vuoi la mancanza di<br />
latifondo, vuoi lo scarso radicamento mafioso.<br />
Era come il nord. Di questo si è<br />
sempre vantata la gente di qui, di essere<br />
diversa dagli altri isolani. Isola nell’isola.<br />
Quando Ragusa esportava fasci<br />
Poiché non è auspicabile cominciare il<br />
percorso su rotaia dagli Iblei e volendo<br />
noi viaggiare a bassi costi, la nostra prima<br />
tappa fu la stazione ferroviaria di Catania.<br />
Negli anni della strategia della tensione,<br />
Ragusa arrivò ad esportare ed importare<br />
neofascisti, in un triangolo speciale con<br />
Siracusa e Catania. Quest’ultima oggi si<br />
raggiunge dal capoluogo ibleo in circa<br />
due ore, a fronte di un centinaio di chilometri:<br />
le migliorie al percorso sono state<br />
segnate da una lotta politica tra Vito Bonsignore,<br />
cugino di Firrarello (Pdl), e Raffaele<br />
Lombardo.<br />
La stazione di Catania ci si palesò come<br />
una cartolina dall’Inferno: dei signori arroganti<br />
dicevano agli autisti dove mettere<br />
la macchina, una vecchia orinava disinvolta<br />
quasi in mezzo alla gente e ovunque<br />
regnava una disperata calma apparente,<br />
interrotta dagli annunci di una voce-robot.<br />
L’attesa fu immensa. Terminò, quando cominciò<br />
il buon senso. «Ma sei sicuro che<br />
partiva alle sette» chiesi io.<br />
Non abbiamo mai avuto talento per i<br />
dettagli, anche per quelli essenziali. Il<br />
nostro treno era già passato qualche ora<br />
prima, come diceva la scritta tatuata sui<br />
biglietti, che Piero teneva in borsa.<br />
La cosa ci costò qualche decina di euro<br />
e qualche ora. Partimmo di sera. Le discussioni<br />
inquiete, cui non si poteva trovare<br />
una fine, mentre il treno ci cullava<br />
con il suo verso cadenzato, il senso<br />
d’angoscia di una gioventù che si sa già<br />
senza futuro ci prepararono a un sonno<br />
profondo, che consumammo sulle brutte<br />
poltrone di uno scompartimento vuoto.<br />
Al mattino, ci svegliarono due poliziotti<br />
con un cane. Il nostro aspetto non ci aiutava.<br />
«Dove siete diretti». Manifestazione<br />
nazionale antimafia. «No Mafia Day».<br />
Non sapevamo che fosse e loro sapevano<br />
della nostra. Imbarazzante silenzio.<br />
Avevano un accento che profumava di<br />
soppressata. Eravamo da qualche parte in<br />
Calabria; l’aria del mattino era splendida.<br />
«Arrivederci».<br />
Da qualche parte in Calabria<br />
Molti <strong>Siciliani</strong> pensano che la Calabria<br />
sia una terra di disperazione e miseria.<br />
Sembra il colmo. La peggiore maledizione<br />
dei <strong>Siciliani</strong> è, infatti, quella di credersi<br />
i migliori al mondo. Per questo ci interroghiamo<br />
spesso del perché qualcuno non<br />
valorizzi veramente la nostra terra. Quando<br />
qualcuno arriva dal mare, sia egli di<br />
Washington o di Roma, e impone il suo<br />
sfruttamento, noi pensiamo che sia il nostro<br />
salvatore, mentre lui s’impone anche<br />
su chi vive una storia altrui, come la chiamava<br />
Carlo Levi.<br />
Scheda<br />
L'ARTE RICORDA<br />
GIOVANNI SPAMPINATO<br />
Canzone<br />
“Questa è la triste storia di Giovanni<br />
Spampinato,/cronista del ragusano che<br />
cercava la verità./Da solo andò /fino in<br />
fondo, ma poi venne ammazzato/dal figlio<br />
di un magistrato e dai silenzi di una città”<br />
fa il pezzo del pozzallese Filippo Susino,<br />
“Lone Wolf”. A tutt’oggi, è l’unica canzone<br />
che perviene sul tema, a quarant’anni dalla<br />
morte del giornalista.<br />
«La storia di Spampinato io l'ho conosciuta<br />
tanti anni fa tramite un libro di Carlo<br />
Ruta. Mi sono subito appassionato del<br />
suo personaggio e mi sono documentato<br />
più approfonditamente... E dopo circa 2/3<br />
anni mi sono deciso a dedicargli una canzone!»<br />
dice il ventinovenne, ex bassista<br />
degli Skaramanzia. «Lui era nominato da<br />
tutti "lupu solitariu" perché conduceva le<br />
indagini sempre da solo... Era una persona<br />
diffidente.... Per questo Lone Wolf<br />
(dall'inglese "lupo solitario")». I più, però,<br />
di Giovanni Spampinato non sanno nulla.<br />
Qualcuno del settore, pessimista, ci dice<br />
che gli artisti sono autoreferenziali, non<br />
interessa loro fare certi discorsi, neppure<br />
fuori dai cd.<br />
Teatro<br />
“L’Ora di Spampinato” è un lavoro portato<br />
avanti da Danilo Schininà e Vincenzo Cascone,<br />
finanziato anche attraverso libere<br />
sottoscrizioni. Il prodotto verrà presentato<br />
in via definitiva nel quarantennale della<br />
morte del giornalista, il 27 ottobre 2012.<br />
Danilo Schininà, insieme a Roberto Rossi,<br />
è anche autore de “Il caso Spampinato.<br />
Inchiesta drammaturgica”.<br />
«Per me dar voce a Spampinato ha una<br />
doppia importanza. Da un lato, mi riempie<br />
di orgoglio e di responsabilità interpretare-<br />
anche se solo vocalmente- un personaggio<br />
realmente esistito, che ha vissuto le<br />
strade e le piazze che vivo anche io ogni<br />
giorno, un giovane curioso e brillante<br />
come anche io spero e sogno di essere<br />
che ha inevitabilmente scritto una pagina<br />
importante di storia della nostra città, portando<br />
la gente del tempo ad interrogarsi<br />
su cose che stavano un po' più in basso<br />
della superficie. Dall'altro lato, è compito<br />
del progetto "L'ora di Spampinato", quindi<br />
anche mio, togliere la sabbia che in questi<br />
pochi decenni si è venuta a creare intorno<br />
a questa faccenda, sabbia che ha<br />
impedito a moltissime persone- specie<br />
della mia generazione- di venire a<br />
conoscenza della storia e della vita di<br />
Giovanni Spampinato, e di tutto il suo<br />
impegno politico e professionale» dice<br />
Giovanni Arezzo, giovane attore ibleo già<br />
diplomato alla “Silvio D’Amico”.<br />
Cinema<br />
C'è una sceneggiatura mai tradotta in pellicola,<br />
“Il caso Spampinato – morte di un<br />
giornalista curioso”, che ha ricevuto una<br />
menzione speciale al Premio Mattator.<br />
«La sceneggiatura su Spampinato, nonostante<br />
abbia avuto un riconoscimento importante<br />
a livello nazionale, a Ragusa è<br />
stata ignorata anche da chi avrebbe potuto<br />
avervi interesse. La sceneggiatura è<br />
stata anche sottoposta alla Rai tramite<br />
uno sceneggiatore televisivo che faceva<br />
parte della giuria del concorso per sceneggiature<br />
Mattador 2011» dice Francesco<br />
Greco, uno degli autori.<br />
(g.p.)<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 47
“Un vecchio titolo<br />
di giornale”<br />
www.isiciliani.it<br />
E chi solleva dei dubbi Si pensi al<br />
giornalista che sospettò dei legami tra un<br />
imprenditore greco, un certo Mephalopoulos,<br />
venuto a spendere grana a Siracusa,<br />
e il regime dei Colonnelli: finì ammazzato<br />
e la sua città si distrasse dalla<br />
sua scomoda memoria.<br />
Nella città imperiale di Roma, cambiammo<br />
treno. Da lì fu tutto svelto. Le<br />
mie speranze di arrivare in tempo, si fecero,<br />
però, tenui. La piana, un po’ imbronciata,<br />
ci scorreva accanto, attraverso i finestroni.<br />
Cielo grigio.<br />
Nonostante la fama dei treni nordici,<br />
non recuperammo. Fummo a Milano che<br />
tutto era già finito. Non ci restò, allora,<br />
che dirigerci verso il coordinamento UdS.<br />
A Rogheredo, in stazione, aspettavamo un<br />
treno, quando ci accorgemmo che, intorno<br />
a noi, altri ragazzi aspettavano il mezzo<br />
con la stessa aria da naufraghi.<br />
Col naso rotto dai nazisti<br />
C’erano un diciassettenne genovese<br />
biondo, una ragazzina vestita da scout, accompagnata<br />
da un fidanzato alto e barbuto.<br />
Non fu difficile riconoscersi e parlarsi.<br />
Difficile fu, invece, mandar giù il boccone<br />
amaro delle cose che dicevano i compagni:<br />
come se un impero crollasse in mano<br />
ai barbari. A Padova un adolescente con il<br />
naso rotto dai nazisti, a Genova la scomparsa<br />
progressiva del sindacato, a Ragusa<br />
la cronica difficoltà di ricambio con nuove<br />
leve e, su tutto, l’aria di divisione e<br />
conflitto tra gruppi di tutta la penisola.<br />
Arrivati a destinazione, in un paesino<br />
della Pianura Padana, trovammo ragazzi<br />
da tutta Italia che stavano già discutendo,<br />
divisi in gruppi di lavoro. Molti erano i<br />
generali, i capi e vicecapi di questo esercito,<br />
che si rivelava, in realtà, friabile. C’era<br />
chi contestava la Cgil, chi temeva gli autonomi;<br />
tutti volevano “incidere su determinate<br />
tematiche che stanno a monte”.<br />
Fumanti sigarette a margine delle riunioni,<br />
mentre qualcuno rischiava di innamorarsi.<br />
Esclusi i capi, nessuno superava i<br />
vent’anni. In serata fu allestita una mensa<br />
dagli scout locali, che, con cortesia e disciplina,<br />
ci servirono della buona pasta rimestata<br />
in un pentolone.<br />
«Vegetariano» chiese la ragazzetta con<br />
il mestolo in mano. No, grazie. Qua e là, i<br />
meridionali imbastivano cori e altre goliardate.<br />
Mentre affondavo la forchetta,<br />
entrò uno scout con un’icona dall’aspetto<br />
familiare, in bianco e nero.<br />
“Era di Ragusa”, dissi<br />
Era la foto di Giovanni Spampinato, un<br />
giornalista di Ragusa, ucciso tanti anni fa<br />
per aver fatto bene il suo lavoro. «Era di<br />
Ragusa» dissi al ragazzo, che, dopo avermi<br />
spiegato di come il suo gruppo lo aveva<br />
“adottato” per la manifestazione, accolse<br />
con nordico e partecipe distacco il<br />
mio goffo orgoglio.<br />
Nel tempo lontano - ma non troppo -, in<br />
cui Ragusa viveva una quotidiana violenza<br />
politica, connessa al crimine, Giovanni<br />
Spampinato era un ragazzo di 26 anni,<br />
uno studente, un giornalista, di Sinistra.<br />
Le avrebbe capito bene, le nostre angosce.<br />
All'amica Angela Fais scriveva così:<br />
“Come vedi va tutto bene. Con Giacomo<br />
si lavora alla perfezione, certo resta<br />
sempre il problema economico, il lavoro<br />
mi assorbe molto e rende poco. Ieri Nino<br />
G. mi ha accennato alla possibilità di una<br />
mia utilizzazione a Catania, sempre come<br />
collaboratore. Dovremmo parlarne con<br />
più precisione. Certo che, in un modo o<br />
nell'altro, debbo trovare una sistemazione<br />
che mi consenta un minimo di indipendenza<br />
economica. E questo, stando a Ragusa,<br />
non credo sia possibile. Tra l'altro,<br />
ho la ragazza che studia a Roma, e il fatto<br />
di vederci solo nelle feste crea problemi.<br />
Comunque, non so proprio cosa farò”.<br />
* * *<br />
E noi che oggi non ci troviamo in condizioni<br />
diverse, ci permettiamo di pensare<br />
che è come se avessero fatto violenza<br />
pure a noi.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 48
i libri di<br />
Kanjano e Carlo Gubitosa<br />
la mia terra<br />
la difendo<br />
un ragazzo, una protesta,<br />
una scelta di vita<br />
Introduzione di Don Luigi Ciotti<br />
Prefazione di Riccardo Orioles<br />
Con un ricordo di Andrea Camilleri<br />
Formato 15x21, 80 pagine, b/n<br />
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La rabbia e la speranza di un ragazzo<br />
innamorato della sua terra. Un<br />
viaggio nel cuore della Sicilia per<br />
riscoprire la storia di Giuseppe, il<br />
ventenne di Campobello di Licata<br />
che ha affrontato “il pregiudicato<br />
Sgarbi” con una telecamera, due<br />
amici e un pacco di volantini.<br />
Ventidue anni, pastore per vocazione, produttore di<br />
formaggi per mestiere, cittadino indignato per passione.<br />
Il volto di Giuseppe Gatì è salito agli onori<br />
delle cronache nel dicembre 2008 per la contestazione<br />
che ha scosso la città di Agrigento al grido di<br />
“Viva il Pool Antimafia!”<br />
Con l’aiuto degli amici e dei familiari di Giuseppe,<br />
Carlo Gubitosa e Kanjano hanno scoperto gli scritti,<br />
le esperienze e il grande amore per la terra di<br />
Sicilia di questo ragazzo, che ha lasciato una eredità<br />
culturale preziosa prima di morire a 22 anni per<br />
un incidente sul lavoro. Un racconto a fumetti che<br />
non cede alle tentazioni del sentimentalismo e della<br />
commemorazione sterile, per restituire al lettore<br />
tutta la bellezza di una intensa storia di vita che ha<br />
molto da insegnarci.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giov igiovani<br />
– pag. p g 49
Quante lotte, e quante volte coi denti stretti e i pugni in tasca ti<br />
sei “arraggiato” contro lo schifo che ti circondava.Non so se da<br />
qualche parte hai visto quello che hai lasciato (...)<br />
impaginato.indd 30 17/10/12 13:49<br />
– pag. 50
vivo in campagna, ed ogni giorno<br />
che passa, mi innamoro sempre più<br />
delle mie caprette.<br />
ho deciso di rimanere qui,<br />
in questa terra bellissima e<br />
maledetta, vivendo onestamente,<br />
rifiutando il compromesso e<br />
l’illegalità.<br />
non ho voluto lasciare tutto,<br />
come hanno fatto e continuano<br />
a fare in tanti. io voglio vedere<br />
crescere i miei figli tra il candore<br />
dei mandorli in fiore e sotto<br />
l’ombra degli ulivi.<br />
impaginato.indd 21 17/10/12 13:49<br />
– pag. 51
gli autori<br />
Kanjano<br />
Al secolo Giuliano Cangiano, è un cantastorie per<br />
bambini e per adulti. Da una quindicina d’anni naviga<br />
tra la satira, il fumetto e il racconto per l’infanzia: ciò<br />
che conta è raccontare, il mezzo adatto cerca sempre<br />
di trovarlo. Laureato in Filosofia con una tesi su<br />
Andrea Pazienza, ha lavorato come autore satirico<br />
per L’Erroneo, Pizzino, Emme (L’Unità), Paparazzin<br />
(<strong>Libera</strong>zione), Il Male e L’Antitempo. Ha pubblicato,<br />
con Gianluca Ferro, “L’estate di Michele” per Sergio<br />
Staino e “Jano&Drilla” per DedíA Edizioni. Collabora<br />
con parecchie riviste online e su carta ed è direttore<br />
editoriale di “Mamma!”, rivista di giornalismo a<br />
fumetti e satira. Si guadagna da vivere col design di<br />
cose che non indossa e facendo l’illustratore.<br />
il pazzo mondo a<br />
stelle e strisce<br />
manuale a fumetti per capire<br />
gli stati uniti<br />
Formato 20x20, 96 pagine a colori<br />
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le altre novità<br />
Carlo Gubitosa<br />
Giornalista per mestiere, ingegnere per necessità,<br />
fumettista per passione. Scopre il potere della scrittura<br />
satirica e del fumetto sulle pagine del quotidiano<br />
<strong>Libera</strong>zione, dove ha tenuto a battesimo l’inserto<br />
di satira “Paparazzin” assieme a Mauro Biani,<br />
celebrandone anche il funerale. Per ripicca, assieme<br />
ad un gruppo di satiri, giornalisti e fumettari ribelli<br />
ha fondato nel 2009 la rivista di giornalismo a fumetti<br />
Mamma! (www.mamma.am). Ha collaborato<br />
con molte testate italiane di satira come Il Male,<br />
Emme, Il Misfatto.<br />
NEL MONDO DI TOM TOMORROW il pinguino<br />
Sparky ci guida attraverso le nevrosi della società statunitense<br />
con editoriali che parlano di guerre, inganni<br />
governativi, manipolazioni mediatiche, turbocapitalismo,<br />
estremismo politico e fanatismo religioso. Un genere<br />
di racconto nato sugli “alt-weeklies”, i settimanali<br />
di informazione alternativa statunitensi.<br />
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e inquinamento, nato da un romanzo di successo e arricchito<br />
dai dati di cronaca che hanno portato il “caso<br />
Taranto” alla ribalta nazionale.<br />
A metà tra il calcio moderno e quello di provincia, la<br />
bellezza e il degrado, il sorriso e il lutto, le vicende<br />
di Taranto diventano un simbolo delle lotte di tutti i<br />
sud del mondo impegnati a difendere la propria dignità<br />
contro poteri più grandi di loro.<br />
mauro biani<br />
chi semina racconta<br />
sussidiario di resistenza sociale<br />
Formato 17x24, 240 pagine a colori<br />
ISBN 9788897194057<br />
15 euro<br />
www.mamma.am/maurobiani<br />
Il meglio delle vignette, sculture e illustrazioni di Mauro<br />
Biani, autore di satira sociale a tutto tondo che unisce<br />
la vocazione artistica all’impegno professionale come<br />
educatore in un centro specializzato per la disabilità e<br />
la non disabilità mentale. Uno sguardo disincantato e<br />
libero che sa dare le spalle ai potenti quando serve, per<br />
toccare temi universali come la nonviolenza, i diritti<br />
umani, l’immigrazione, il cristianesimo anticlericale, la<br />
resistenza alla repressione e la lotta alle mafie.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
i<br />
– pag. p 53
www.isiciliani.it<br />
Testimonianze<br />
Napoli<br />
a piena<br />
voce<br />
Un libro collettivo<br />
di Napoli Monitor<br />
Napoli a piena voce è un libro collettivo.<br />
In primo luogo perché scritto<br />
a più mani: quelle di chi lavora nella<br />
redazione di Napoli Monitor, per far<br />
si che il giornale possa arrivare ogni<br />
mese in edicola, e ogni giorno proporre<br />
dei nuovi contenuti sul sito internet.<br />
In secondo luogo perché raccoglie<br />
le voci di decine di persone, che<br />
raccontano la città attraverso le vite e<br />
le esperienze di chi la abita.<br />
Raccontare la città<br />
“Ogni due anni la redazione lavora a<br />
un libro che approfondisce i temi del<br />
mensile, prendendo più tempo per<br />
l’indagine e più spazio per la scrittura.<br />
Quello che avete tra le mani è il terzo<br />
della serie, un po’ diverso dai primi due,<br />
pensati come raccolte di reportage con<br />
un filo conduttore comune.<br />
Stavolta volevamo un libro più omogeneo,<br />
in cui l’impronta di ogni autore<br />
risultasse più leggera e la composizione<br />
dei singoli tasselli rendesse subito chiaro,<br />
e se possibile rafforzasse il disegno<br />
complessivo.<br />
Grazie a un articolo di Sandro Portelli<br />
sul Manifesto, avevamo scoperto i libri<br />
di Louis ‘Studs’ Terkel, maestro della<br />
storia orale statunitense e conduttore per<br />
quarant’anni di un programma di<br />
interviste alla radio. L’articolo di Portelli<br />
gli rendeva omaggio.<br />
Terkel era appena scomparso, all’età<br />
di novantasei anni, ma per fortuna esisteva<br />
un’antologia in italiano, piena di<br />
bellissime interviste tratte dai suoi libri<br />
sui grandi temi della storia degli Stati<br />
Uniti. Ci trovammo delle somiglianze<br />
con il nostro modo di raccogliere storie<br />
e decidemmo di lavorare a questo libro<br />
tenendo in mente il suo modello”.<br />
Napoli a piena voce<br />
Autoritratti metropolitani di Luca Rossomando<br />
con Marco Borrone, Andrea Bottalico, Alessandra<br />
Cutolo, Salvatore De Rosa, Carola<br />
Pagani, Salvatore Porcaro, Riccardo Rosa,<br />
Viola Sarnelli, Davide Schiavon<br />
Bruno Mondadori Editore<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 53
www.isiciliani.it<br />
Roberta Lanzino<br />
Una storia di violenza,<br />
morte e 'ndrangheta<br />
Tratto dalla grafic novel<br />
Roberta Lanzino<br />
(Ragazza)<br />
di Celeste Costantino<br />
e Marina Comandini<br />
In libreria e online<br />
dal 26 ottobre<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 54
www.isiciliani.it<br />
Roberta Lanzino ha 19 anni, vive con la sua famiglia a Rende (provincia di Cosenza), è una studentessa<br />
universitaria al primo anno, studia Scienze economiche, è bella e ha un Sì della Piaggio di colore blu. È il<br />
26 luglio del 1988 e Roberta, proprio con il suo motorino, va verso la casa al mare. I suoi genitori Franco<br />
e Matilde sarebbero partiti pochi minuti dopo a bordo della "Giulietta" di famiglia. Roberta quella<br />
mattina indossa dei jeans blu, una maglietta rosa salmone e gli occhiali da sole. Per questioni di sicurezza<br />
Roberta imbocca una strada secondaria. Purtroppo perde l'orientamento, si smarrisce. Due uomini con<br />
una Fiat 131 le stanno alle calcagna e al momento giusto le tagliano la strada, la violentano, la colpiscono<br />
senza pietà al collo e alla testa con un coltello, conficcandole poi in gola una spallina per strozzare le urla.<br />
Muore soffocata, Roberta. Il suo corpo viene ritrovato alle 6.30 del mattino dopo. Le indagini partono<br />
subito ma la verità arriverà soltanto nel 2007.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 55
www.isiciliani.it<br />
Società civile<br />
Non tutte le antimafie<br />
portano in paradiso<br />
Cosa vuol dire fare antimafia<br />
senza esserne<br />
dei “professionisti”<br />
di Salvo Vitale<br />
Anni fa, a Barcellona Pozzo di Gotto,<br />
Marco Travaglio ebbe a dire: “Magari<br />
ce ne fossero tanti professionisti<br />
dell’antimafia!” Ma si rivolgeva a chi<br />
dell’antimafia ha fatto una professione<br />
di vita, una scelta ideologica e non un<br />
mestiere. Le categorie dell’antimafia<br />
nate in questi ultimi anni sono tantissime:<br />
proviamo a individuarne qualcuna:<br />
- L’antimafia di mestiere. C’è chi con la<br />
sigla dell’antimafia ci lavora, dà lavoro e<br />
vuole anche esprimere il principio che<br />
un’imprenditoria libera dalle catene della<br />
mafia è possibile. E’ il caso di prendersela<br />
con questi Il riferimentoriguarda le due<br />
maggiori associazioni antimafia, Addio<br />
Pizzo e <strong>Libera</strong>. Nel sito di Addio Pizzo<br />
troviamo vera e propria agenzia di viaggi<br />
per realizzare una forma di turismo civile<br />
o impegnato, con visite guidate nei “luoghi”<br />
dell’antimafia, pullman, soste per i<br />
pasti e per gli acquisti, alberghi. Una parte<br />
minima della quota è offerta, come contributo,<br />
ai titolari delle strutture visitate (per<br />
esempio il museo della Legalità di Corleone<br />
o la Casa Memoria di Cinisi).<br />
Turisti a parte, esiste anche un progetto<br />
di Addio Pizzo sulle visite guidate delle<br />
scolaresche a Palermo: i prezzi variano da<br />
sette a dieci euro a testa, a seconda del<br />
numero e dell’itinerario. Per esempio,<br />
cento alunni che pagano sette euro a testa<br />
(pullman esclusi), frutteranno 700 euro<br />
che, solo per pagare le prestazioni di una<br />
guida, sembrano troppi. Su <strong>Libera</strong> si<br />
possono fare infinite altre illazioni,<br />
giustificabili nel momento che ormai si<br />
tratta di una struttura che coinvolge circa<br />
duemila associazioni che non è facile<br />
tenere sotto controllo.<br />
Il bilancio 2010 (sul sito) a pareggio è di<br />
3.047.710: la maggior parte delle entrate è<br />
alla voce “Istituzioni”, riferendosi certamente<br />
a progetti finanziati di educazione<br />
alla legalità nelle scuole. Il costo dei prodotti<br />
biologici (che sembrerebbe a prima<br />
vista incompatibile col mercato) mediamente<br />
risulta molto alto perché comprende<br />
il sostegno alle coop che agiscono in<br />
territorio difficile per portare avanti il progetto<br />
rivoluzionario di un’economia che<br />
può fare a meno della protezione mafiosa.<br />
“Turismo civile e responsabile”<br />
Una sottovoce a questo tipo di antimafia<br />
è quella che Telejato ha chiamato<br />
“l’antimafia in pizzeria”, suscitando le ire<br />
di Giovanni Impastato che ogni anno organizza,<br />
in uno spazio continuo alla sua<br />
pizzeria, alcune iniziative fatte di relazioni<br />
su temi specifici. Come poi ha precisato<br />
lo stesso Pino Maniaci, “Il problema<br />
economico, ci rendiamo conto, vuole anche<br />
il suo spazio: anche se con i compagni<br />
di Peppino non è mai successo, nessuno si<br />
scandalizza se qualcuno dà un contributo<br />
per la gestione o per le iniziative. Ma se<br />
tutto questo diventa un “tour di turismo<br />
civile e responsabile”, con apposito pacchetto<br />
di viaggio, pullman, luoghi da visitare<br />
e contributo da versare, si va un po'<br />
oltre il fare antimafia e basta”.<br />
- L’antimafia religiosa. E' praticata in<br />
gran parte da scout che trovano una struttura,<br />
spesso religiosa, dove poter dormire,<br />
mangiare, pregare, e girano varie situazioni<br />
per apprendere qualcosa su realtà che<br />
spesso non conoscono se non per sentito<br />
dire. I riferimenti obbligati sono le figure<br />
di don Puglisi o di don Diana, martiri: va<br />
bene se si ha l’accortezza di distinguere<br />
tra una Chiesa che non ha mai preso le distanze<br />
dalla mafia, o si è lasciata inquinare,e<br />
una chiesa militante dove singoli preti<br />
(don Ciotti, don Gallo ecc.) hanno preso<br />
forti posizioni di condanna e di distanza.<br />
Qualche difficoltà nasce dall’attribuzione,<br />
fatta dall’Espresso di “Papa antimafia” a<br />
Ratzinger, per il solo fatto di avere<br />
espresso parere favorevole alla richiesta<br />
di beatificazione di padre Puglisi. E’<br />
davvero troppo poco e non pare che finora<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 56<br />
papa Benedetto si sia distinto per avere<br />
espresso un chiaro anatema come quello<br />
gridato dal suo predecessore Wojtila nella<br />
Valle dei templi, nel 1993.<br />
- L’antimafia di parata. E' la più praticata:<br />
ormai è d’obbligo come minimo partecipare,<br />
per l’anniversario della morte<br />
della vittima, a una messa in memoria, cui<br />
sono invitati gli uomini in divisa, i parenti,<br />
qualche giornalista con telecamera, le<br />
autorità, compreso il sindaco, e altri rappresentanti<br />
istituzionali. Per i rappresentanti<br />
delle forze dell’ordine la parata può<br />
anche essere esteriorizzata con il trombettiere<br />
che suona il "silenzio", mentre tutti<br />
tacciono, assumono una faccia triste, e i<br />
militari presenti si schierano con la mano<br />
destra aperta a taglio sulla fronte per il saluto<br />
militare. Ultimamente, prima con<br />
Rita Atria e poi con Rostagno, sta venendo<br />
in uso una piccola cerimonia laica al<br />
cimitero, davanti alla tomba del caduto. In<br />
altri casi si dà luogo a un capannello per<br />
scoprire una lapide o una targa di intestazione<br />
di una strada, oppure a un corteo:<br />
quello che ha avuto continuità e partecipazione<br />
numerosa, e contenuti, è quello che<br />
ogni 9 maggio si snoda da Terrasini a Cinisi<br />
per ricordare Peppino Impastato.<br />
L'antimafia dei convegni<br />
Strettamente collegata è "l’antimafia<br />
dei convegni", con relatori più o meno importanti<br />
latori di testimonianze personali,<br />
oppure esperti che si dilungano in dotte<br />
relazioni bla-bla, con linguaggio incomprensibile<br />
e certamente non rapportato ai<br />
livelli di preparazione di chi ascolta; il<br />
tutto con biglietto, albergo e pranzo prepagati,<br />
preceduto da un manifesto, da una<br />
locandina e dall’indispensabile presenza<br />
dell’operatore televisivo, con relativa intervista.<br />
Difficile constatare che, chi esca<br />
dopo avere ascoltato, possa anche avere<br />
interiorizzato qualcosa che lo porti ad<br />
operare con più coscienza su questo difficile<br />
terreno. Per non parlare delle megaparate<br />
organizzate in occasione del 23<br />
maggio, per ricordare Falcone, con nolo<br />
di navi, distribuzione di magliette, borsette,<br />
berrettini ed altri gadget e allegri schiamazzi,<br />
il tutto con spese alte.
www.isiciliani.it<br />
“Il metodo è quello di Danilo Dolci:<br />
abituare la gente ad acquistare<br />
un modo di pensare autonomo”<br />
- L’antimafia scolastica. Da alcuni anni<br />
i piani dell’offerta formativa prevedono<br />
progetti di “educazione alla legalità”, approvati<br />
dal Collegio dei docenti e finanziati,<br />
in parte con le magre risorse delle<br />
scuole, in parte con i fondi regionali<br />
(POR), nazionali (PON) o europei (FER-<br />
ST). Si tratta di presentare articolati progetti<br />
con formulari precisi, dettagliato utilizzo<br />
delle somme, da giustificare al centesimo,<br />
e che in parte vengono distribuite<br />
tra ore da pagare ai docenti e non docenti,,<br />
spese per l’intervento di eventuali relatori<br />
e formatori, spese per pubblicizzare<br />
l’evento, spese per la costruzione di un<br />
“prodotto”, da allegare alle note giustificative.<br />
“A scuola non si parla di mafia”<br />
Negli interventi finali la scuola assicura<br />
un pubblico, quello degli studenti, felici di<br />
uscire per qualche ora dalla loro aula e<br />
curiosi di ascoltare qualcosa di diverso:<br />
sui docenti ci sarebbe da fare un discorso<br />
a parte, considerato che alcuni approfittano<br />
di questi momenti per "evadere",<br />
magari andare a fare la spesa o sistemare<br />
il registro, altri, ma solo per far credere<br />
che lavorano, sporgono forti lamentele<br />
al preside, perché vengono sottratte<br />
loro “ore di lezione”, altri ancora sparano<br />
giudizi feroci, come: ”I ragazzi sono stanchi<br />
di sentir parlare di mafia”, oppure: “E’<br />
stato tutto un momento di indottrinazione<br />
politica di sinistra”. Oppure, ma questo<br />
l'ha detto anche il sindaco di Trapani, che<br />
"a scuola non bisogna parlare di mafia,<br />
per non mettere paura agli studenti, ma<br />
meglio parlare di altro, di gastronomia per<br />
esempio".<br />
Molti preferiscono non occuparsene<br />
Non ci occuperemo di costoro, ma del<br />
fatto che non basta e non può bastare una<br />
conferenza a formare sensibilità e coscienze<br />
antimafia. Anche l’articolazione<br />
dei singoli progetti, rivolti per lo più a<br />
un’utenza di una ventina di ragazzi, non<br />
serve, se produce qualche cartellone,<br />
qualche coretto con l’immancabile “I cento<br />
passi” dei Modena o “Pensa” di Fabrizio<br />
Moro, o ancora qualche filmato con<br />
immagini prese da Internet. Tali progetti<br />
hanno qualche possibilità di risultato se<br />
diventano patrimonio e obiettivo di tutti i<br />
docenti, momento centrale dei loro piani<br />
di lavoro, da coordinare con i contenuti<br />
della disciplina che si insegna, in linea<br />
con quanto portato avanti dagli altri docenti.<br />
E, a parte la buona volontà di pochissimi,<br />
moltissimi preferiscono non occuparsi<br />
della questione. In ogni caso, anche<br />
queste forme spesso improvvisate del<br />
“fare antimafia” vanno incoraggiate e<br />
messe in atto, perché, diceva Sciascia,<br />
“Per sconfiggere la mafia ci vorrebbe un<br />
esercito di maestri”.<br />
L'antimafia sociale<br />
- L’antimafia sociale. La definizione è<br />
nata a Cinisi, con il Forum Sociale Antimafia,<br />
nel 2001, e si riferisce alla scelta<br />
militante di essere costantemente presenti<br />
in tutti i momenti di lotta che nascono sul<br />
territorio, di appoggiarli, di considerarli<br />
come momenti di costruzione di una “resistenza”<br />
al sistema mafioso, sull’esempio<br />
di quella che era la lotta di resistenza al<br />
nazifascismo. E’ una scelta d’impegno e<br />
di sacrifici, perchè implica dedizione,<br />
convinzione e lavoro sociale, oltre che politico.<br />
Si tratta di dare una precisa direzione,<br />
alla propria vita e a quella delle<br />
persone con cui lavori, attraverso la denuncia,<br />
la manifestazione, se è necessario<br />
l’occupazione: come con la partecipazione<br />
alle lotte degli operai della Fiat di Termini,<br />
ai No-Tav in Val d’Aosta, al neonato<br />
movimento No Muos contro le antenne<br />
Usa a Niscemi, ecc. Anche la costante<br />
presenza nelle scuole o nelle associazioni<br />
che organizzano momenti d’impegno civile<br />
è un passaggio di questa antimafia militante.<br />
L'informazione ufficiale<br />
- L’antimafia informativa. Come al<br />
solito c’è un’informazione di massa,<br />
“ufficiale”, di ciò che è consentito dire, e<br />
un’informazione periferica, ristretta,<br />
difficile da diffondere, priva di mezzi, ma<br />
ricca d’impegno, che stenta a farsi spazio.<br />
La prima ha a disposizione i grandi mezzi<br />
e le grandi testate: è quella che costruisce<br />
eroi, che nasconde criminali politici o ne<br />
addita solo alcuni al pubblico ludibrio, in<br />
rapporto alle indagini dei magistrati e<br />
delle forze dell’ordine o in relazione alle<br />
scelte dello schieramento politico per cui<br />
lavora il giornalista. In questo contesto<br />
tutto sembra in ordine, pare che i<br />
principali mafiosi siano stati arrestati e<br />
che la mafia stia finendo; non si parla, se<br />
non di straforo dei fili che legano<br />
onorevoli e camorristi, impresari e forze<br />
istituzionali corrotte. Insomma, il solito<br />
mondo dorato dove basta individuare<br />
qualche responsabile alla Cuffaro, cui far<br />
pagare tutto, affinchè tutto resti per com’è<br />
sempre stato.<br />
L'informazione dei volantini<br />
L’altra antimafia mediatica è quella che<br />
si serve dei volantini, del retro bianco dei<br />
manifesti per scrivere un messaggio, di<br />
qualche scalcagnata radio, come lo era<br />
Radio Aut, e di qualche altra scalcagnata<br />
emittente televisiva com’è Telejato. Il metodo<br />
è quello di Danilo Dolci: abituare la<br />
gente ad acquistare un modo di pensare<br />
autonomo, a rendersi conto che si trova in<br />
un insieme di situazioni che li usa come<br />
vittime, come consumatori, come elettori,<br />
come destinatari finali di progetti costruiti<br />
non per essere al servizio della comunità<br />
ma per autoaffermazione e arricchimento.<br />
Vent’anni di berlusconismo hanno fatto il<br />
deserto e creato generazioni di giornalisti<br />
leccaculo, mentre si studiano nuovi<br />
meccanismi di controllo, soprattutto sulla<br />
pubblicazione delle intercettazioni.<br />
Carcere e diffamazione<br />
C’è voluto il caso del ventilato carcere<br />
per Sallusti per porre all’attenzione un<br />
problema vecchio, la diffamazione a<br />
mezzo stampa e le sue conseguenze<br />
penali. Il tutto con l’avvertenza che<br />
spesso si tratta di persone insospettabili e<br />
che sbattere i loro visi in prima pagina<br />
può provocare imprevedibili reazioni.<br />
* * *<br />
Nota: questo articolo rimane aperto ad<br />
eventuali contributi di quanti credono<br />
all’esistenza di un’antimafia “militante” e<br />
di quanti sono rimasti delusi da altre antimafie.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 57
www.isiciliani.it<br />
Italia<br />
La fine<br />
della politica<br />
La modernità e il laboratorio<br />
per ciechi di<br />
Saramago<br />
di Pietro Orsatti<br />
Apro, inevitabilmente, con lo sberleffo<br />
anche demagogico. Non è possibile<br />
astenersi. Il ministro Cancellieri ha<br />
recentemente paragonato l’attuale crisi<br />
di legalità e credibilità del sistema<br />
politico (dal livello nazionale a quello<br />
regionale) “una nuova Tangentopoli”.<br />
Ritorno con la memoria a quel biennio<br />
92/93 e devo ammettere che, se ci si limita<br />
non solo al piano del malaffare e<br />
della corruzione, in realtà il paragone è<br />
fin troppo minimalista. La crisi economica<br />
e finanziaria di oggi è di gran lunga<br />
peggiore di quella già molto pesante del<br />
’92, come il livello di distruzione sistematica<br />
del sistema industriale e produttivo<br />
del paese realizzato in questi<br />
vent’anni.<br />
Senza contare lo sbracamento sconcio<br />
del livello culturale e “ideologico” della<br />
classe dirigente italica, che quando cerca<br />
di assumere un carattere austero, come<br />
quello che ci spaccia l’attuale “tecnicità”<br />
presunta panacea morale (basti vedere<br />
quali siano i criteri etici di selezione<br />
all’interno delle tante Bocconi e Luis e<br />
dei cda di aziende e fondazioni per averne<br />
un’idea), diventa ancor più nauseante.<br />
Nostalgia (quasi) dell’arrogante ma<br />
alto e spietato intervento in correo di<br />
Craxi alla Camera dei deputati nel ’92.<br />
Nostalgia, obbligatoria, se andiamo a<br />
guardare gli atteggiamenti arroganti e la<br />
finta indignazione di quella sorta di attempata<br />
comparsa di uno spettacolo di<br />
Lady Gaga che si è incatenata alla poltrona<br />
di governatore della Lombardia al<br />
secolo Roberto Formigoni o dello svacco<br />
coatto di quell’ultrà da curva Nord che ci<br />
ha propinato in un mix devastante di vittimismo<br />
e decisionismo da talk show di<br />
gossip Renata Polverini nel Lazio.<br />
Da prassi illecita a cultura<br />
E proprio partendo da queste due regioni<br />
diventa evidente la continuità e il<br />
legame storico e strategico fra l’attuale<br />
crisi e quella emersa nel ’92 con l’arresto<br />
di Mario Chiesa. Un’evoluzione/ degenerazione<br />
progressivamente trasformatasi<br />
da prassi illecita a cultura.<br />
E deflagra, nello scoperchiamento della<br />
cloaca politico/affaristica, una delle<br />
più oscene truffe mediatiche che ci siano<br />
state propinate in questi vent’anni: la<br />
bontà del decentramento e del federalismo<br />
come panacea contro gli effetti degenerativi<br />
della prima Repubblica.<br />
Un decentramento e un federalismo<br />
che hanno al contrario prodotto la crescita<br />
esponenziale dei doppi incarichi, dei<br />
soldi spesi, delle tasse, delle metastasi<br />
dei comitati d’affari, degli sprechi e del<br />
clientelismo di massa. Le parentopoli<br />
oscene messe in atto dal centro destra<br />
nella Capitale non sono esclusiva del giù<br />
orrido sistema del potere di Alemanno<br />
ma anche dello speculare potere<br />
porchettaro della Polverini.<br />
“Annamo a magnà, ce n'è per tutti”<br />
Ritorna alla memoria quell’incredibile<br />
siparietto tamarro della pajata e polenta<br />
in piazza Monte Citorio con l’apoteosi di<br />
menti bisunti, schizzi di sugo, rutti e ghigni<br />
compiacenti che videro protagonisti i<br />
Bossi e i Maroni, i Polverini e gli Alemanno.<br />
Dita unte e grasse esposte davanti al<br />
tempio del potere legislativo: “annamo a<br />
magnà, ce n’è per tutti”, il messaggio per<br />
nulla nascosto. “Se magna”. E hanno magnato.<br />
Nel nome del federalismo e del<br />
decentramento, della modernità mediatica<br />
che si è auto-lobotomizzata per non<br />
vedere come in meno di 4 anni i bilanci<br />
della politica nelle Regioni si moltiplicassero<br />
a dismisura.<br />
Modernità oleosa come una piastra per<br />
arrostire salsicce in una sagra di paese,<br />
come quelle che piacevano tanto al bulimico<br />
Fiorito. Che andava a tirare monetine<br />
a Craxi e poi si bonificava sui propri<br />
conti privati i soldi che sottraeva come<br />
fosse una moderna e distorta versione di<br />
Robin Hood ai bilanci già enormemente<br />
gonfiati e grondanti vergogna del suo<br />
gruppo consiliare.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 58
www.isiciliani.it<br />
“Sì, signor ministro.<br />
Il manicomio”<br />
Modernità che ha risucchiato tutti, non<br />
solo gli ingozzanti tifosi di Berlusconi.<br />
Tutti. Una modernità che vuole sangue e<br />
lacrime da coccodrillo da sparare in televisione<br />
e sui social network per assolvere<br />
la maggioranza del popolo della politica<br />
politicata da destra a sinistra e offrire i<br />
mostri più grotteschi dell’ubriacatura<br />
collettiva.<br />
Modernità che si riduce in banalità di<br />
160 caratteri e, per fare esempi comprensibili,<br />
slogan da accidi sindaci toscani<br />
che si autodefiniscono il nuovo, i censori,<br />
i rottamatori, per offrire una pappa di<br />
slogan e banalità ben impacchettati al<br />
pubblico per nascondere la fame non sazia<br />
di chi è stato marginalizzato dal tavolo<br />
del grande banchetto.<br />
Modernità che è inventarsi un movimento<br />
di plastica condito da banalità e<br />
controllo orwelliano affarucoli editoriali<br />
e piacionerie narcisistiche come quello<br />
delle Cinque stelle che appena si avvicina<br />
alla realtà si schianta sulla propria inconsistenza<br />
paranoide. Modernità che è il<br />
sistema informativo di questo paese che<br />
è passato dal vendere le penne a mettere<br />
in comodato gratuito le anime e i corpi<br />
del giornalismo italiano.<br />
A vedere come stiamo andando alle<br />
prossime e sempre più sconcertanti elezioni<br />
politiche e alle tante elezioni amministrative<br />
regionali e locali che ci rovineranno<br />
addosso nei prossimi mesi non si<br />
può certo essere ottimisti. E ancor meno<br />
pensare che si stia prospettando chissà<br />
quale rivoluzione. Non confondiamo un<br />
presunto scatto d’orgoglio con un peto.<br />
La continuità del potere<br />
Dopo aver ascoltato la dichiarazione<br />
disarmante e disarmata (e profondamente<br />
minimalista) del ministro Cancellieri mi<br />
è tornato in mente un brano di Saramago,<br />
che sarebbe stata una perfetta surreale risposta<br />
a quella ministeriali parole: “Sì,<br />
signor ministro, il manicomio, E allora<br />
vada per il manicomio, Del resto, sotto<br />
tutti i punti di vista, è quello che presenta<br />
migliori condizioni, perché non solo è<br />
circondato da un muro per tutto il suo perimetro,<br />
ma ha anche il vantaggio di essere<br />
costituito da due ali, una da destinare<br />
ai ciechi propriamente detti, e un'altra<br />
ai sospetti, oltre a un corpo centrale che<br />
fungerà, per così dire, da terra-di-nessuno,<br />
attraverso cui coloro che siano diventati<br />
ciechi passeranno per andare a raggiungere<br />
coloro che lo erano già”.<br />
E’ l’assenza di idee ancor prima di dignità<br />
che lascia disarmati. Come se la caduta<br />
del potere per l’abuso delle proprie<br />
prerogative alla fine non alimentasse il<br />
rinnovamento delle persone e del senso<br />
di comunità ma la continuità del potere<br />
stesso. Ormai il manicomio è perfettamente<br />
costruito. E perfettamente organizzato.<br />
L’unica speranza che rimane, per sabotare<br />
la perfezione del meccanismo, è che<br />
in questo momento di traballamento si<br />
inseriscano come spine nel monolite del<br />
potere persone che impediscano l’omogeneità<br />
del flusso di scambio e malaffare.<br />
Creando dei piccoli cortocircuiti che risveglino<br />
quel poco di sinistra che ha ancora<br />
senso chiamare tale in questo Paese.<br />
Microscopiche speranze. A volte, temo,<br />
solo illusioni senili.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 59
www.isiciliani.it<br />
Storie<br />
Satripan cadupàn<br />
saleim<br />
Si svegliò nel cuore della notte, l’anziano<br />
pensionato...<br />
di Jack Daniel<br />
dajackdaniel.blogspot.it/<br />
Si svegliò nel cuore della notte,<br />
l’anziano pensionato, inquieto come<br />
s’era addormentato. Era sdraiato<br />
sul divano, davanti al televisore ancora<br />
acceso ma ormai muto. Per<br />
qualche momento si sentì smarrito:<br />
perché non era nel suo letto<br />
Ma poi, a poco a poco, i ricordi affiorarono:<br />
la sera prima, il suo desiderio<br />
di cambiamento, di ribellione, che<br />
l’aveva spinto a raggiungere quella<br />
vecchia sezione di partito vicino casa.<br />
Salvo scoprire che, nel frattempo, era<br />
diventata ben altro. Segni dei tempi,<br />
era finita l’epoca dei partiti di massa,<br />
era iniziata quella dei contatti personali,<br />
ancorché non sempre intimi.<br />
“Ricominciare dai bar”<br />
E quindi doveva cambiare tattica e<br />
strategia e la mattina dopo, di<br />
buon’ora, avrebbe iniziato la sua personale<br />
opera di mobilitazione.<br />
Rinfrancato, quando ormai albeggiava,<br />
guadagnò il letto, accompagnato<br />
da un “finalmente” della curiosa vicina<br />
che quasi stava cedendo al sonno.<br />
“Bisogna ricominciare dai bar”, si<br />
ripromise: aveva individuato in quei<br />
centri spontanei di aggregazione il<br />
luogo privilegiato per ripartire, per<br />
coagulare un movimento. E l’illuminismo,<br />
poi, non era forse nato nei Caffè<br />
Uscì in strada e, faticosamente si<br />
recò in un quartiere piuttosto distante.<br />
Lì arrivato vide un bar alquanto affollato<br />
e, quindi, promettente.<br />
Il suo programma consisteva nell’<br />
ordinare un normale caffè al banco,<br />
aprire casualmente il giornale testé acquistato<br />
e lasciar cadere un qualunque<br />
commento su una qualche misura governativa.<br />
“Forse parla in santrito”<br />
Da quello, immaginava, si sarebbe<br />
innescata un’accesa discussione. Una<br />
fiammella sulla benzina. Ordinò il caffè<br />
con gesto sicuro, aprì quindi il giornale<br />
e, battendo le nocche sulla foto di<br />
un qualsivoglia ricco professionista,<br />
temporaneamente ministro “Pape satan,<br />
pape satan aleppe” si trovò a<br />
commentare.<br />
«Come, scusi» chiese il barista.<br />
«Satripan cadupan saleim» proseguì<br />
l’anziano pensionato.<br />
«Non capisco.».<br />
E quindi chiarì meglio il concetto, e<br />
aggiunse una pertinente citazione letteraria,<br />
«Rin manavé bilian sutù».<br />
Seduti al tavolino, quattro studenti,<br />
in adorazione dell’ultimo Iphone, addirittura<br />
distolsero per un attimo gli<br />
occhi dal loro idolo.<br />
«Ma che lingua parla, quello».<br />
«Mai sentita». «Secondo me è una lingua<br />
antica.». «Come il latino». «Peggio,<br />
una cosa tipo santrito».<br />
«E perché quello parla così». «Sarà<br />
un vecchio professore fuori di testa»,<br />
e scrollando le spalle, ritornarono ai<br />
pii esercizi di devozione.<br />
Il silenzio regnò sovrano...<br />
Il pensionato, convinto non solo di<br />
parlar chiaro, ma anche di esprimere<br />
opinioni non certo banali, vedendo<br />
scorrere su uno schermo appollaiato in<br />
alto, a fianco del bancone, le immagini<br />
di ministri, politici e aspiranti<br />
salvatori della Patria, talvolta un po’<br />
buffi e comici, si profuse in una lunga<br />
e acuta analisi che avrebbe messo in<br />
guardia chiunque dal soffermarsi su<br />
particolari di poco conto (oserei dire<br />
sovrastrutturali) come piccole ruberie<br />
o scandali, per concentrarsi, invece,<br />
sulle ben più pregnanti dinamiche sociali<br />
ed economiche del sistema occidentale<br />
e che concluse con «Rotales<br />
minca, toride gelu». Si guardò quindi<br />
attorno soddisfatto, certo di aver suscitato<br />
unanime e interessato consenso.<br />
Il silenzio regnò sovrano, seppur<br />
perplesso.<br />
Solo dopo un po’ fu rotto dal barista<br />
che, aprendogli i palmi delle mani davanti<br />
agli occhi (uno col pollice ripiegato)<br />
«Sono novanta centesimi. Novanta.<br />
Anderstend Nainti.».<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 60
www.isiciliani.it<br />
Periferie<br />
Quartieri<br />
DALL'ALTO<br />
Agglomerati grigi, case su case, mancanza di spazi verdi, scheletri<br />
di cemento incompiuti, assenza di luoghi di aggregazione sociale<br />
che non siano biliardi e circoli per anziani gestiti da una<br />
fatiscente presenza politica. All'essere umano che vi abita tutto<br />
sembra, o diventa col tempo, tragicamente normale. Perché<br />
vengono progettati così certi quartieri periferici A quale scopo<br />
di Mara Trovato<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 61
www.isiciliani.it<br />
Dovrebbe cominciare tutto da qui.<br />
Il cambiamento, la rinascita, la speranza<br />
di un futuro migliore. Parole sentite e<br />
risentite, slogan elettorali a scadenza<br />
periodica. Parole che non fanno più presa,<br />
non destano interesse perché qui, nella<br />
periferia catanese, il tempo si è fermato.<br />
Politicamente e socialmente tutto deve<br />
restare così com'è, e quel preciso ordine<br />
di cose tramandato meccanicamente<br />
da generazione in generazione.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 62
www.isiciliani.it<br />
Forse chi vive in questi quartieri il<br />
mondo dall'alto lo deve guardare con<br />
occhi grigi. Grigi di agglomerati di<br />
cemento, sporchi, trascurati, spenti<br />
come vecchi ed inutili bastioni dove<br />
tanta gente viene ammassata.<br />
Un pullulare di energie che è meglio<br />
sedare e convincere che non esiste<br />
alternativa migliore.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 63
www.isiciliani.it<br />
"Visto così dall'alto, uno sale qua sopra e potrebbe anche<br />
pensare che la natura vince sempre, che è ancora più forte<br />
dell'uomo e invece non è così! In fondo tutte le cose, anche le<br />
peggiori, una volta fatte poi si trovano una logica, una<br />
giustificazione per il solo fatto di esistere. I balconcini, la gente<br />
ci va a abitare e ci mette le tendine, i gerani, la televisione e<br />
dopo un po' tutto fa parte del paesaggio, c'è, esiste, nessuno si<br />
ricorda più di com'era prima, non ci vuole niente a distruggere<br />
la bellezza…E allora invece della lotta politica, la coscienza di<br />
classe, tutte le manifestazioni e 'ste fissarie, bisognerebbe<br />
ricordare alla gente cos'è la bellezza, aiutarla a riconoscerla, a<br />
difenderla"<br />
Peppino Impastato<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 64
www.isiciliani.it<br />
Primo maggio 1890<br />
Sindacato<br />
“Cara compagna<br />
Camusso...”<br />
Lettera aperta dalla Sicilia<br />
alla segretaria della<br />
più antica organizzazione<br />
sindacale<br />
di Gabriele Centineo<br />
Cara compagna, ho appreso, nel corso<br />
di una riunione alla CGIL, che saresti<br />
venuta domenica 14 ottobre all'hotel<br />
Excelsior di Catania.<br />
Per un momento ho collegato l'evento<br />
alla drammatica crisi del lavoro che domina<br />
le nostre comunità ed alla necessità di<br />
preparare la manifestazione del 20, premessa,<br />
forse, di uno sciopero generale.<br />
Un'azione di lotta molte volte promessa,<br />
deliberata, minacciata e sempre rinviata in<br />
ossequio alla politica di unità nazionale<br />
che, Monti duce, il PD persegue ed impone.<br />
Una grave ingenuità la mia.<br />
Si tratta soltanto di una manifestazione<br />
elettorale di sostegno alla Segretaria Generale<br />
della CGIL Sicilia ed al suo candidato<br />
presidente Rosario Crocetta; ammetterai<br />
che si tratta di una scelta pesante, alcuni<br />
dicono sconcertante. Certo, nel tempo<br />
non sono mancate iniziative simili. Basterà<br />
ricordare, alle ultime amministrative,<br />
il tonfo della segretaria di Agrigento e,<br />
prima ancora, di Italo Tripi. Non sappiamo<br />
se analoga sorte colpirà Mariella Maggio.<br />
Il problema vero è che è in atto da anni,<br />
in forma pubblica o sotterranea, la tendenza<br />
a trasformare la CGIL in un comitato<br />
elettorale del PD e che questa tendenza è<br />
tanto più grande quanto minore è l'insediamento<br />
sociale delle due organizzazioni.<br />
Ricordiamo l'esito infelice di Faraone a<br />
Palermo nonostante il visibile appoggio<br />
della SLC. Un caso di familismo sindacale<br />
che articola la più vasta categoria del<br />
familismo amorale.<br />
Ora il problema è questo: posto che la<br />
CGIL ha dichiarato l'incompatibilità tra<br />
cariche sindacali e mandato elettorale, e<br />
conseguentemente l'indisponibilità delle<br />
strutture nella competizione, cosa deve intendersi<br />
per struttura La/il Segretaria/o è<br />
una struttura.<br />
È naturalmente del tutto legittimo che la<br />
compagna Camusso si batta per le sue<br />
idee, ma è del tutto inopportuno che entri<br />
così pesantemente in campo. Il problema<br />
è ulteriormente complicato dalla natura<br />
della coalizione che viene a sostenere e<br />
che è in assoluta continuità con la devastante<br />
esperienza Lombardo e dalla manifesta<br />
volontà, al di là della concorrenza<br />
elettorale, di ricongiungersi, nel governo,<br />
delle due frazioni in cui si sono divisi i<br />
lombardiani: Crocetta e Micciché.<br />
E che di unità, sotto l'egida della Confindustria<br />
Sicilia, si tratti è mostrato dal<br />
reciproco riferimento alla manifestazione<br />
interclassista, di unità sicilianista, del 1°<br />
marzo, unica originale iniziativa del sindacato<br />
siciliano.<br />
Il disastro Lombardo<br />
Che l'esperienza Lombardo sia stata disastrosa<br />
ci è stato detto chiaramente dalla<br />
Corte dei Conti, dalla UE, da tutti. È facile,<br />
è ragionevole, chiunque lo capisce, ma<br />
è una semplicità che è difficile da fare.<br />
Così è stato per il PD siciliano che, dopo<br />
lacerazioni interne, ha minacciato, a dimissioni<br />
di Lombardo già annunziate, una<br />
mozione di sfiducia, ma non ha avuto il<br />
coraggio di presentarla. Come diceva don<br />
Abbondio, non c'è nulla da fare: se uno il<br />
coraggio non ce l'ha non se lo può dare.<br />
È stato difficile trovare nella CGIL siciliana<br />
qualcuno che abbia dato un giudizio<br />
positivo su Lombardo. Mariella Maggio<br />
ha sempre dosato i suoi commenti, spesso<br />
analiticamente acuti, ma non ha mai<br />
mosso un muscolo per interrompere<br />
quell'esperienza. Solo tu, in un'intervista<br />
alla Sicilia, quando già incombeva sul<br />
Presidente l'inchiesta Iblis, hai dato una<br />
valutazione moderatamente ottimista:<br />
avevamo sorvolato pensando "viene dal<br />
continente, non sa di che cosa parla, cu<br />
sapi chi ci 'ncucchiaru".<br />
Ora comunque, se Crocetta ti sta bene,<br />
bene!<br />
Ognuno porta su di sé la croce delle<br />
proprie responsabilità.<br />
L'idea di solidarietà<br />
Ma se non possiamo convenire su questo<br />
giudizio, almeno possiamo condividere<br />
valutazioni, diciamo, di natura estetica:<br />
Crocetta è impresentabile.<br />
Nelle sue lunghe dichiarazioni alla<br />
stampa, nelle decine e decine di pagine a<br />
pagamento sui quotidiani e settimanali, il<br />
suo è un linguaggio violento verso gli avversari,<br />
o, più semplicemente, verso quelli<br />
che non condividono il suo percorso. A<br />
questi spettano o gli appellativi di checche<br />
isteriche o di terroristi (Renato Curcio sarebbe<br />
l'unico più a sinistra di lui).<br />
Naturalmente, verso le donne, il tono è<br />
più leggero. Così Giovanna Marano è soltanto<br />
"scema" e comunque si può sanare<br />
la gaffe inviandole un cesto di rose. Il<br />
peggiore maschilismo siculo. Ci saremmo<br />
aspettati da te, da Mariella Maggio, un sia<br />
pur timido distinguo. Ad una prestigiosa<br />
dirigente sindacale, così come ad ogni<br />
compagna/o è dovuta quella solidarietà<br />
che costituisce il filo che dovrebbe unirci<br />
nella CGIL. Al di là del vincolo associativo<br />
avrebbe dovuto muoverti quella forte<br />
solidarietà di genere che pure, con forza, e<br />
più volte, hai evocato anche in occasione<br />
dello SNOQ.<br />
Per questo non verrò ad ascoltarti. Raccoglierò<br />
firme per i referendum 8x18 che<br />
tu così irragionevolmente osteggi.<br />
Con immenso rammarico<br />
Un vecchio compagno della CGIL<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 65
www.isiciliani.it<br />
Pianeta<br />
Crowdfunding<br />
e bitcoin: oggi sposi<br />
La moneta elettronica<br />
Trend, tecnologia, applicazioni, mercati<br />
Tutto sul bitcoin (in tempo reale)<br />
Il mondo del crowdfounding,<br />
la raccolta di<br />
fondi “collettiva” in<br />
rete, comincia a incrociarsi<br />
con quello della<br />
moneta elettronica.<br />
Che ne verrà fuori<br />
di Fabio Vita<br />
bitcoin-italia.blogspot.com<br />
Btcjam è un servizio di microcredito<br />
attivo da meno di un mese. Con esso è<br />
possibile chiedere bitcoin in prestito e<br />
stabilire i tempi di restituzione. Non è<br />
esattamente Kickstarter - il più famoso<br />
servizio di “crowdfunding”, da crowd,<br />
folla e funding, finanziamento -<br />
ma qualcosa di complementare, su<br />
una piattaforma monetaria del tutto<br />
indipendente.<br />
Il crowdfunding è stato portato alla<br />
notorietà dalla prima campagna eletorale<br />
di Barak Obama, quando una parte delle<br />
donazioni (non dalle corporation venne<br />
raccolto fra gli elettori con questo mezzo.<br />
Un altro esempio illustre è quello francese<br />
del Louvre, quando il museo parigino<br />
sviluppò la campagna “Tous Mécénès”<br />
(Tutti Mecenati) per raccogliere fra<br />
migliaia di amanti dell'arte i fondi (non<br />
pochi) necessari a rilevare da un<br />
collezionista privato Le tre Grazie, il<br />
capolavoro rinascimentale “Le tre<br />
grazie” di Cranach.<br />
Una serie eterogenea di servizi<br />
LINK DEL MESE<br />
http://it.wikipedia.org/wiki/Crowd_funding<br />
http://www.scientificamerican.com/article.cfm<br />
id=3-years-in-bitcoin-digital-money-gainsmomentum<br />
http://arstechnica.com/tech-policy/2012/10/78-<br />
percent-of-bitcoin-currency-stashed-underdigital-mattress-study-finds/<br />
&utm_medium=twitter&utm_source=twitterfeed<br />
Btcjam è tutto questo, e anche ti più.<br />
Qui incontri - ad esempio – il tizio che si<br />
è rotto gli occhiali e ha bisogno di acquistarne<br />
un altro paio subito, prima del<br />
ventisette, ma non vuole indebitarsi con<br />
una finanziaria; o quello che deve pagare<br />
con urgenza bollette, tassse universitarie,<br />
cure mediche. Altri casi di crowdfunding<br />
riguardano invece non tanto l'utente comune<br />
quanto quello “specializzato” e ha<br />
bisogno di raccogliere fondi per creare<br />
nuovi servizi (per esempio siti basati sul<br />
bitcoin) o macchinari (ad esempio computer<br />
per “minare” bitcoin).<br />
Del bitcoin, la moneta su cui si appoggia<br />
il Btcjam, sappiamo da tempo (almeno<br />
i nostri lettori) che si tratta di un oggetto<br />
elettronico basata su un sistema di<br />
computer che calcola le transazioni e<br />
l’immissione di nuova moneta.<br />
Attorno a questo ci sono entità piccole<br />
e grandi che forniscono una serie eterogenea<br />
di servizi (fra loro, il famigerato<br />
Silk Road, una specie di Ebay accessibile<br />
via Tor e che accetta solo pagamenti<br />
in bitcoin): Mt.Gox, il più grande cambiavalute<br />
in bitcoin del pianeta, e poi il<br />
trader cinese Btcchina il russo Btc-e,<br />
ecc. Molto attivo Spendbitcoin.com, col<br />
quale si può usare la moneta elettronica<br />
per acquistare beni o servizi anche su<br />
Amazon.<br />
Il mondo del bitcoin, da un certo punto<br />
di vista, comincia così ad avvicinarsi<br />
a quello del microcredito, il complesso<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 66
www.isiciliani.it<br />
“Un'economia<br />
senza banche<br />
piglia-tutto”<br />
DA “SCIENTIFIC AMERICAN”<br />
NEL TERZO ANNO,<br />
LA MONETA DIGITALE<br />
BITCOIN ACQUISTA SLANCIO<br />
La rete di scambio della valuta digitale<br />
ora include più di 1.000 commercianti e<br />
almeno decine di migliaia di utenti indipendenti,<br />
come si cerca di risolvere gli<br />
ostacoli che si frappongono alla partecipazione<br />
Conchiglie, strisce di pelle, giganteschi<br />
dischi di pietra, rettangoli decorati di<br />
carta. Tutti loro hanno qualcosa in comune:<br />
una volta, le persone li hanno usati<br />
come moneta [currency]. Nel 2009<br />
quando Bitcoin prende vita, uno e zero<br />
sono aggiunti alla lista. E come ogni<br />
nuovo formato [format] che li ha preceduti,<br />
questa moneta [currency] digitale<br />
ha cambiato alcune delle caratteristiche<br />
base del concetto di moneta, compreso<br />
chi la controlla e come e dove viene<br />
spesa<br />
Oggi i pionieri di Bitcoin forniscono alcuni<br />
indizi circa i vantaggi di una valuta<br />
digitale decentralizzata e anonima. Per<br />
esempio, venditori indipendenti per ricevere<br />
pagamenti online direttamente dai<br />
clienti, WikiLeaks lo utilizza per schivare<br />
i blocchi finanziari [da parte di Paypal,<br />
banche e gestori di carte di credito] e il<br />
mercato nero Silk Road dove, accedendo<br />
attraverso Tor, vengono vendute droghe<br />
e farmaci in Bitcoin. Ma non tutto<br />
funziona bene. Al sistema manca un<br />
modo rapido per permettere alle persone<br />
di scambiare i soldi contanti in Bitcoin.<br />
Nonostante il numero dei negozi e<br />
servizi che usano Bitcoin sia in crescita,<br />
non è ancora possibile trovare molti posti<br />
dove spenderli. Nella conferenza di<br />
questo mese a Londra, il team di sviluppo<br />
bitcoin e molti creatori di applicazioni<br />
si stanno spendendo per rendere tutto<br />
più user friendly: passare da una moneta<br />
di nicchia per tecnofili a una valuta<br />
che compete col denaro a tutti i livelli<br />
Immaginate di spedire denaro con la<br />
stessa facilità di una email: questo non<br />
sarebbe stati possibile prima di bitcoin.<br />
Molti piccoli cambiavalute online sono<br />
stati attaccati con successo dagli hacker<br />
rubando bitcoin per centinaia di migliaia<br />
di dollari; il più grande cambiavalute ha<br />
aggiornato i suoi sistemi di sicurezza<br />
permettendo l’uso di una chiavetta tipo<br />
quella delle banche; e richiede un documento<br />
di riconoscimento per poter operare<br />
Il team di sviluppo sta cercando di implementare<br />
un sistema di scambio già<br />
nel protocollo bitcoin, nel meccanismo<br />
alla base del programma.<br />
Nessuno sa realmente come i governi<br />
reagiranno se bitcoin guadagna diffusione,<br />
ma molti considerano i cambiavalute<br />
come l’obiettivo più facile per chi vuole<br />
regolamentare Bitcoin. Decentralizzando<br />
i cambiavalute può render questo lavoro<br />
praticamente impossibile<br />
Sono pochi i negozianti che usano<br />
solo Bitcoin. Molti – per esempio, un<br />
centro massaggi a Vancouver, un negozio<br />
di chitarre nel New Hampshire e 18<br />
utenti su Etsy, una specie di Ebay, vendono<br />
prodotti fatti in casa come miele,<br />
cioccolata, vestiario – hanno Bitcoin<br />
come opzione oltre ai pagamenti tradizionali.<br />
Quando finalizzano la vendita in Bitcoin<br />
sanno che la transazione non può<br />
essere invertita; chi vende non ha la preoccupazione<br />
di aver accettato una carta<br />
di credito rubata. Usando Bitcoin chi<br />
vende può ricevere pagamenti da ogni<br />
parte del mondo, immediatamente, senza<br />
rischio di frode.<br />
Al termine del suo intervento, Garzik<br />
mobilitato per la moneta ha chiesto molta<br />
pazienza per un lungo periodo.<br />
"Quanto tempo ci è voluto per creare<br />
l'euro, implementare l'euro, distribuire<br />
ampiamente la moneta, i registratori di<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 67<br />
sistema ideato (e in parte realizzato)<br />
dal Nobel Muhammad Yunus: un<br />
meccanismo di piccoli e piccolissimi<br />
prestiti destinati ad imprenditori troppo<br />
poveri per ottenere credito dai circuiti<br />
bancari tradizionali, e in grado<br />
quindi di rivitalizzare economia altrimenti<br />
troppo deboli per un qualsiasi<br />
decollo.<br />
Questo implica un'indipendenza di<br />
fatto dal circuito bancario ufficiale, i<br />
cui interessi non sempre coincidono<br />
con quelli dei piccoli utilizzatori.<br />
Un'indipendenza che il bitcoin cerca<br />
di raggiungere per altra via, puntando<br />
sus una rottura delle dipendenze ancor<br />
più a monte, nel momento stesso dell<br />
aformazione della moneta.<br />
Come pagheremo Newsweek<br />
Newsweek lascia la carta: il fatto<br />
che il secondo periodico tradizionalmente<br />
più venduto – dopo Time – negli<br />
Stati Uniti abbandoni il cartaceo e<br />
si affidi interamente a smartphone, tablet<br />
e computer forse non c'entra col<br />
bitcoin, e forse sì. Mossa disperata<br />
perché il cartaceo non vendeva più<br />
Successo (in termini di utenti paganti)<br />
della versione online Chissà. Di certo<br />
c'è che, fra un anno o due, una parte di<br />
questi accessi verrà pagata in bitcoin,<br />
o in altra moneta analoga, e non in<br />
dollari, yen o euro. Questo apre una<br />
prospettiva.
www.isiciliani.it<br />
Istituzioni<br />
Questa Provincia<br />
s'è abolita da sè<br />
Enti inutili e spreconi,<br />
le province Ma no!<br />
Basta guardare quella<br />
di Trapani...<br />
di Francesco Appari<br />
e Giacomo Di Girolamo<br />
www.marsala.it<br />
Ci sono dentro pure le province, nel<br />
pentolone degli enti spendaccioni che<br />
di questi tempi fanno tanto parlare di<br />
sé. Inoltre molte di quelle adocchiate<br />
sono in via d’estinzione, secondo i programmi<br />
del governo Monti. Enti inutili<br />
e spreconi. Fuori controllo.<br />
Proprio come la Provincia regionale di<br />
Trapani, che nei piani del governo dovrebbe<br />
essere tra quelle da depennare.<br />
Mimmo Turano, ex presidente della Provincia<br />
dimessosi per puntare al comodissimo<br />
scranno dell’Assemblea regionale<br />
siciliana, aveva anche provato ad “annettere”<br />
la città di Menfi, in provincia di<br />
Agrigento, per rientrare nei parametri e<br />
salvare tutto. Ha anche promesso un assessorato<br />
ad un menfitano. Niente da<br />
fare.<br />
Un’ora prima di dimettersi, Turano<br />
mette mano al portafoglio (della Provincia)<br />
ed elargisce contributi a go-go per<br />
circa 880 mila euro. Associazioni culturali,<br />
sportive, di tutti i tipi. “Ci sono enti<br />
che non hanno un soldo, noi li avevamo<br />
e li abbiamo spesi”, si difende. Poco<br />
male se così si è prosciugato il fondo di<br />
riserva per finanziare progetti ed eventi<br />
con pochi partecipanti, altri mai esistiti.<br />
Come la famosissima “sagra della cassatella”.<br />
Contributi a go-go<br />
Ma queste non sono state le ultime e<br />
uniche prebende della Provincia di Trapani.<br />
E’ un ente che da sempre ha finanziato<br />
sagre ed eventi a volte andati totalmente<br />
deserti. Il tutto in nome dello sviluppo<br />
del territorio e del turismo. Eppure<br />
se ne sono accorti tutti adesso, soprattutto<br />
i consiglieri di opposizione. Funziona<br />
così. Le opposizioni sono ritardatarie per<br />
natura. Chiedono al commissario straordinario<br />
Luciana Giammanco di controllare<br />
le delibere. “Tutto regolare”, dice. Ma<br />
una volta scoppiato il bubbone degli 880<br />
mila euro last-minute, lo stesso Ufficio<br />
legale della Provincia prende in mano le<br />
carte ed esamina centesimo per centesimo<br />
i contributi. L’Ufficio smentisce il<br />
commissario straordinario: “Le delibere<br />
sono irregolari”. Fa niente.<br />
Anche perché la Giammanco, poco<br />
dopo, si è apprestata a nominare un consulente<br />
esterno: l'ex sindaco di Bagheria,<br />
il lombardiano Francesco Giuseppe Fricano.<br />
Si occuperà di supporto, coordinamento<br />
e società partecipate, per un compenso<br />
annuo di 52 mila euro. Fricano è<br />
stato indagato per concorso esterno in<br />
associazione mafiosa per la vicenda<br />
relativa alla costruzione del centro<br />
commerciale di Villabate. Ma la sua<br />
posizione è stata archiviata. E' stato<br />
invece condannato in appello a due anni<br />
per bancarotta fraudolenta.<br />
Che strana Provincia quella di Trapani.<br />
Si parla tanto di legalità e trasparenza, e<br />
poi rischia il forfait dai processi di mafia<br />
che si celebrano nel territorio. Ci sono<br />
quelli contro Matteo Messina Denaro e i<br />
suoi fiancheggiatori. C’è quello, sentitissimo,<br />
sull’omicidio di Mauro Rostagno.<br />
E altri sui piromani che periodicamente<br />
devastano le riserve naturali. La Provincia<br />
Regionale di Trapani rischia di non<br />
essere più parte civile in questi processi.<br />
Oppure, se lo sarà anche in quelli futuri,<br />
lo farà con un’apposita delibera, individuando<br />
- a caro prezzo - un professionista<br />
esterno. Ma come<br />
Ma non ne hanno, avvocati<br />
Non ci sono i legali alla Provincia di<br />
Trapani Si, ci sono. C’è anche un dirigente<br />
degli affari legali, ma con uno degli<br />
ultimi provvedimenti dell’ex Presidente<br />
Mimmo Turano, lo scorso Luglio,<br />
sono stati privati di qualsiasi potere di<br />
rappresentanza dell’ente. Insomma,<br />
l’avvocatura, in Provincia, è come se non<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 68
www.isiciliani.it<br />
“Osservatori,<br />
assessorati,<br />
e tutto per la<br />
legalità...”<br />
esistesse più. Viene depennata la copertura<br />
in ambito penale dalla lista degli affari<br />
di cui si possono occupare gli avvocati<br />
della Provincia. Casus belli è stata la<br />
richiesta degli avvocati di avere pagati i<br />
rimborsi per le spese effettuate per seguire<br />
le cause per conto dell’Ente. A dare<br />
manforte a Turano ci pensa la Corte dei<br />
Conti (“agli avvocati non spetta alcun<br />
rimborso”) subito smentita dal Giudice<br />
del Lavoro.<br />
All’ufficio legale della Provincia sono<br />
stati tolti, in quattro anni, 8 impiegati su<br />
16, tagliati tutti i compensi e perfino il<br />
rimborso delle spese vive sostenute per<br />
raggiungere le sedi giudiziarie e fare le<br />
udienze.<br />
La trasparenza non traspare...<br />
Non è un caso che la Giunta provinciale,<br />
quando decide di fare la guerra agli<br />
avvocati della Provincia, e di non pagare<br />
i compensi che il Giudice del Lavoro<br />
dice che invece gli spettano, dà l’incarico<br />
all’avvocato Girolamo Signorello, avvocato<br />
di Castelvetrano, per fornire tutti i<br />
pareri necessari contro la “temeraria pretesa”<br />
degli avvocati della Provincia ricorrenti.<br />
Lo stesso Signorello (che è stato, tra le<br />
altre cose, anche assessore ai lavori pubblici<br />
a Castelvetrano) verrà poi nominato<br />
a fine Agosto da Turano presidente della<br />
Megaservice, il carrozzone della Provincia.<br />
Signorello, da sempre vicino al Sindaco<br />
di Castelvetrano, Gianni Pompeo,<br />
in questa campagna elettorale - dicono i<br />
ben informati - sta però sponsorizzando a<br />
Castelvetrano proprio Turano.<br />
L’ex Presidente si difende dicendo che<br />
contro di lui “è in atto una squallida mascalzonata<br />
politica che ferisce per la strumentalità<br />
con cui è orchestrata ma che<br />
per fortuna non può cambiare le carte in<br />
tavola. Pensavo di essere difeso e non di<br />
essere isolato”.<br />
Un gran bel pasticcio. Con il concetto<br />
di legalità la Provincia di Trapani ha<br />
sempre singhiozzato. Tempo fa esisteva<br />
l’assessorato alla legalità e trasparenza.<br />
L’assessore incaricato era Baldassare<br />
Lauria, avvocato penalista.<br />
Tra i suoi clienti di spicco Lauria aveva<br />
Vito Roberto Palazzolo, il tesoriere di<br />
Cosa nostra. In un altro processo di mafia<br />
ha difeso anche il consigliere provinciale<br />
Piero Pellerito, poi condannato a 6<br />
anni in primo grado per falso e soppressione<br />
di atto pubblico, adesso sorvegliato<br />
speciale.<br />
Non è mafioso Pellerito, ma da infermiere<br />
avrebbe fatto falsificare un referto<br />
medico per un dipendente di un’azienda<br />
in odor di mafia. "Se non era per Pitrinu<br />
eravamo arruvinati" dicono due mafiosi<br />
intercettati al telefono. Nessun problema.<br />
La Provincia di Trapani ha anche un<br />
Osservatorio sulla legalità. Chissà scappi<br />
qualcosa. È stato istituito nel 2010 proprio<br />
su iniziativa di Turano, per zittire<br />
chi puntava il dito sulle vicende poco<br />
chiare che coinvolgevano l’Ente.<br />
Un osservatorio che, però, non ha mai<br />
osservato. Tant’è che non è stato mai collegato<br />
all’Ufficio legale Honoré della Daumier, Provincia. 1850<br />
E neanche all’Assessorato alla legalità e<br />
trasparenza. Ha anche un soprintendente<br />
l’Osservatorio, e pagato anche profumatamente:<br />
35 mila euro l’anno. È l’avvocato<br />
Salvatore Ciavarino.<br />
Al Soprintendente dell'Osservatorio<br />
sono demandate la verifica delle condizioni<br />
di legalità e trasparenza delle procedure<br />
d'appalto nonché quella di “fatti<br />
ed evenienze negative” che riguardano<br />
gli amministratori e i burocrati e l’Ente<br />
“eventualmente rappresentati anche attraverso<br />
esposti anonimi”. Una parola. Ma<br />
dell’attività dell’osservatorio non si sa<br />
nulla. Eppure di “evenienze negative” ce<br />
ne sarebbero parecchie.<br />
L'Osservatorio non osserva<br />
L’osservatorio, dati alla mano, non ha<br />
mai prodotto un richiamo all’amministrazione,<br />
un controllo, un’istanza. Non è intervenuto<br />
né sugli amministratori né sui<br />
loro atti. Tra questi, neanche i gli 880<br />
mila euro di contributi hanno minimamente<br />
solleticato l’Osservatorio.<br />
Oppure il rinnovo del contratto di affitto<br />
che la Provincia ha fatto del terreno di<br />
sua proprietà, il Feudo Rinazzo: sono<br />
225 ettari, dati in concessione per 20<br />
anni ad un prezzo non proprio di mercato:<br />
solo 10.000 euro l’anno. E sul Feudo<br />
insiste la richiesta di concessione per la<br />
costruzione di un parco eolico. Niente.<br />
Di spese pazze, di vuoti etici e di legalità<br />
la Provincia ci campa. Fin quando non<br />
scompare.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 69
www.isiciliani.it<br />
Precari<br />
Come ti sfrutto<br />
il pubblicista<br />
L’iscrizione all’albo<br />
pubblicisti spesso costringe<br />
l’aspirante giornalista<br />
ai soprusi di<br />
editori senza scrupoli.<br />
Tante testate dichiarano<br />
il falso, fingendo di<br />
pagare gli articoli, altre<br />
fanno addirittura sborsare<br />
agli aspiranti pubblicisti<br />
le ritenute<br />
d’acconto<br />
di Carmelo Catania<br />
È il sogno nel cassetto di tanti giovani:<br />
curiosare, chiedere, capire il più<br />
possibile per poi raccontare agli altri<br />
ciò che si è compreso. Quella del giornalista<br />
è una professione cui molti aspirano.<br />
Ma come lo si diventa<br />
La legge n. 69/1963, istitutiva<br />
dell'Ordine dei giornalisti, prevede l’iscrizione<br />
in appositi Albi. I giornalisti vengono<br />
suddivisi in due elenchi: professionisti<br />
e pubblicisti e quest'ultima rappresenterebbe<br />
in teoria la strada più semplice.<br />
Ma chi è il “pubblicista” e in cosa si<br />
differenzia dal “professionista”<br />
«Sono pubblicisti – dice la legge 69 –<br />
coloro che svolgono attività giornalistica<br />
non occasionale e retribuita anche se esercitano<br />
altre professioni o impieghi».<br />
Molto spesso però, questo desiderio si<br />
tramuta in sfruttamento da parte delle testate,<br />
illudendo chi scrive con la storiella<br />
dell’iscrizione all’Albo dei pubblicisti,<br />
essendo oggi abbastanza difficile trovare<br />
in Italia una testata che retribuisca un<br />
ragazzo senza esperienza per una<br />
collaborazione.<br />
Disposti a tutto...<br />
Succede così che l’aspirante pubblicista<br />
risponda ad offerte di collaborazioni a titolo<br />
gratuito, con testate telematiche e/o<br />
cartacee, per l’attribuzione del tesserino”,<br />
un controsenso, considerato che documentare<br />
l’avvenuta retribuzione per il lavoro<br />
giornalistico svolto, costituisce requisito<br />
indispensabile per conseguirlo.<br />
Sono così frequenti i casi in cui l'aspirante<br />
lavora gratuitamente e si paga di tasca<br />
propria i contributi, falsificando la documentazione<br />
fiscale pur di dimostrare<br />
una collaborazione retribuita con una testata.<br />
Ma ci sono in giro anche millantatori e<br />
strani personaggi che cercano di attrarre<br />
giovani aspiranti giornalisti, promettendo<br />
loro l’iscrizione all’albo in cambio di denaro,<br />
dietro la partecipazione a fantomatici<br />
corsi non riconosciuti dall’Ordine dei<br />
giornalisti e dalla Federazione della Stampa.<br />
Centinaia di testimonianze<br />
Basta googlare un po’ per leggere centinaia<br />
di testimonianze. Nel 2010 è stata anche<br />
pubblicata un’inchiesta sul fenomeno<br />
dello sfruttamento degli aspiranti pubblicisti<br />
sulla testata online Repubblica degli<br />
stagisti, che ha raccolto le testimonianze<br />
di due giovani costretti a falsificare le ricevute<br />
fiscali pur di ottenere il tesserino<br />
“rosso”.<br />
«La mia storia non è molto diversa da<br />
quella di tanti altri», racconta “Carlo” (un<br />
nome di fantasia attribuito dalla redazione).<br />
«Pezzi scritti e non pagati, in barba alla<br />
legge. Retribuzione certificata da parte<br />
dell’editore, dichiarando il falso».<br />
«Ho accettato di pagarmi da sola i contributi<br />
scrivendo per un blog online – aggiunge<br />
Franca (altro nome di fantasia, altro<br />
racconto di vita reale) – . Il direttore<br />
mi rilascia le ritenute d’acconto e io gli<br />
restituisco i soldi in contanti. Ovviamente<br />
non ho nessuna retribuzione: di fatto,<br />
pago in tasse circa 160 euro ogni sei mesi<br />
e in più lavoro gratuitamente».<br />
...pur di diventare pubblicisti<br />
Maria Ausilia Boemi, segretaria provinciale<br />
di Assostampa Catania, nella relazione<br />
annuale 2012 parla di «aspiranti pubblicisti<br />
– quindi non ancora in possesso<br />
del tesserino – che leggono i telegiornali,<br />
colleghi o aspiranti tali che non vengono<br />
pagati e che firmano buste paga false. E ci<br />
sono anche aspiranti colleghi che si pagano<br />
da soli le ritenute d’acconto per potere<br />
poi conquistare il tesserino (questo peraltro,<br />
non avviene solo nelle televisioni)».<br />
Il miraggio<br />
Franco Zanghì, giornalista di Patti nel<br />
messinese, raccontando il mese scorso sul<br />
suo TG6 una confusa – per le contraddittorie<br />
dichiarazione dei protagonisti – storia<br />
di «vertenze di natura economica» tra<br />
il rappresentante del comitato di redazione<br />
di una piccola testata locale online e il<br />
suo editore/direttore responsabile ha commentato:<br />
«Del fatto abbiamo ritenuto doveroso<br />
chiedere un parere all'Ordine dei<br />
Giornalisti della Sicilia [...]. Ma purtroppo<br />
molti editori – anche di grandi giornali –<br />
sfruttano giovani e meno giovani aspiranti<br />
giornalisti con miraggio del "Tesserino da<br />
Giornalista"».<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 70
www.isiciliani.it<br />
“Il vero problema<br />
dei giovani<br />
giornalisti<br />
Lo sfruttamento”<br />
Una pratica diffusa ma illegale<br />
“Comprare” il tesserino pur essendo<br />
diventata una cosa “normale”, è illegale<br />
e prevede serie conseguenze per chi falsifica<br />
i documenti fiscali necessari<br />
all’iscrizione all'albo dei pubblicisti.<br />
Scheda<br />
PER DIVENTARE<br />
PUBBLICISTI:<br />
I REQUISITI<br />
In Sicilia tra spese di segreteria, costi<br />
per marche da bollo, tasse per concessione<br />
governativa e altri pagamenti si<br />
arriva a sborsare 582,62 euro per presentare<br />
le domande di iscrizione<br />
all’albo dei pubblicisti.<br />
Il calcolo si basa su quanto riportato<br />
nella modulistica ufficiale e nelle istruzioni<br />
reperibili nel sito dell'Ordine.<br />
Per dimostrare la non occasionalità<br />
della collaborazione vengono richiesti<br />
almeno 90 articoli scritti e pubblicati<br />
nell’arco dell’ultimo biennio, se questi<br />
vengono pubblicati su quotidiani (60 su<br />
periodici), emittenti televisive, radiofoniche<br />
o siti internet regolarmente registrati<br />
presso la cancelleria del Tribunale<br />
competente come testate giornalistiche,<br />
dovranno presentare almeno 90 servizi<br />
o articoli effettivamente andati in onda<br />
o pubblicati on line. Una retribuzione<br />
minima nel biennio di non meno<br />
di1000 euro da attestare con modelli<br />
F24 rilasciati al massimo per ogni anno<br />
di attività e non cumulativi.<br />
Secondo l’avvocato Gianfranco Garancini,<br />
esperto di diritto giornalistico, infatti:<br />
«Un atto del genere costituisce truffa e<br />
falso ideologico a un ente pubblico, ai<br />
sensi degli articoli 640 e seguenti e 479 e<br />
seguenti del codice penale».<br />
Dalla truffa all'evasione fiscale<br />
Le testate, usufruendo di un vantaggio<br />
economico diretto dallo sfruttamento dei<br />
collaboratori, commettono un complesso<br />
di reati che può spaziare dalla truffa<br />
all’evasione fiscale.<br />
Ma anche gli aspiranti giornalisti sono<br />
«correi» e, in quanto tali, teoricamente<br />
andrebbero incontro a pene di tipo economico<br />
e detentivo, anche se in pratica è<br />
difficile si finisca in galera per reati del<br />
genere, ma si può comunque arrivare a<br />
sanzioni pecuniarie molto elevate.<br />
Ovviamente la domanda di iscrizione<br />
all’albo dei pubblicisti è destinata ad essere<br />
respinta mandando in fumo due anni<br />
di lavoro non retribuito.<br />
Gli Ordini che dovrebbero vigilare...<br />
Il reato di truffa è perseguibile dietro<br />
querela di parte. Gli Ordini, in quanto<br />
pubblici ufficiali, avrebbero l’obbligo di<br />
fare esposto in tal senso.<br />
È difficile, però, trovare le prove concrete<br />
di questo fenomeno, salvo nei rarissimi<br />
casi in cui vi sia una denuncia specifica.<br />
Impossibile, di fatto, un'azione preventiva<br />
perché gli stessi Ordini non conoscono<br />
la situazione degli aspiranti fino al<br />
momento della presentazione della domanda.<br />
Gli unici controlli vengono effettuati<br />
solo sulla documentazione fiscale e sul<br />
piano teorico è possibile costruire una<br />
documentazione fittizia per una iscrizione<br />
all’albo dei pubblicisti.<br />
Vittorio Roidi, sostenendo nel suo libro<br />
Cattive notizie che «Come tutte le cose<br />
che invecchiano (l’Odg) non va buttato,<br />
ma sostituito con un organismo moderno»<br />
ne auspicava una profonda riforma.<br />
Con il dpr di riforma delle professioni il<br />
governo Monti ci aveva pure provato ma<br />
in pratica non è cambiato nulla.<br />
Il tesserino non fa il giornalista<br />
Nella maggior parte dei Paesi europei<br />
non esiste un Ordine dei Giornalisti. Ad<br />
esempio, in Gran Bretagna non è mai stato<br />
istituito alcun organismo di natura<br />
pubblica in rappresentanza dei giornalisti,<br />
e la formazione universitaria specifica<br />
non è richiesta per l’esercizio della<br />
professione. Così come in Irlanda, Germania,<br />
Austria, Norvegia, Olanda, Grecia,<br />
Svezia, Francia e Finlandia. Per essere<br />
considerati giornalisti è necessario,<br />
semplicemente, essere assunti e scrivere<br />
per una testata.<br />
Storie, queste e tante altre ancora sconosciute,<br />
che evidenziano come il vero<br />
problema per un giovane che vorrebbe<br />
avvicinarsi al giornalismo, l’attività teoricamente<br />
“retribuita” in pratica si traduce<br />
in sfruttamento intellettuale, alimentato<br />
dal miraggio del raggiungimento<br />
dell’agognato tesserino che comunque<br />
non rappresenta una certificazione di<br />
qualità, né un riconoscimento di tipo meritocratico.<br />
C’è spesso ignoranza e presunzione fra<br />
coloro che per grazia ricevuta e immeritatamente<br />
hanno ottenuto l’iscrizione<br />
all’Albo dei pubblicisti e non conoscono,<br />
né rispettano l’etica professionale.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 71
www.isiciliani.it<br />
Petrolio/<br />
Minardo e Prestigiacomo:<br />
le mani sull'oro nero<br />
Petrolio al largo di Pozzallo.<br />
E subito, i “soliti<br />
noti”...<br />
di Enrica Frasca Caccia,<br />
Francesco Ruta<br />
e Giorgio Ruta<br />
www.ilclandestino.info<br />
Si discute di un possibile allargamento<br />
della piattaforma petrolifera Vega a<br />
largo di Pozzallo. E tra i soliti noti<br />
dell’imprenditoria siciliana c’è chi si<br />
frega le mani odorando il petrolio. Si<br />
fiutano affari da centinaia di milioni di<br />
euro.<br />
Nel caso delle piattaforme Vega l’affare<br />
per l'imprenditoria locale si chiama “Leonis”.<br />
Si tratta della nave appoggio messa<br />
in funzione nel 2009 in seguito alla dismissione<br />
della Vega Oil, protagonista di<br />
una vicenda approdata in questi mesi in<br />
tribunale.<br />
La Leonis, colosso galleggiante da 110<br />
mila tonnellate ricavato dalla trasformazione<br />
dell’ex petroliera Leonis in FSO<br />
(Floating Storage Offloading), è ormeggiata<br />
a circa 2 miglia dalla piattaforma<br />
Vega ed è ad essa collegata tramite condotte<br />
sottomarine.<br />
Il consorzio CEM<br />
La nave è adibita alla ricezione del<br />
greggio estratto, al suo pretrattamento, e<br />
infine al trasferimento sulle petroliere che<br />
trasportano il greggio verso gli impianti di<br />
raffinazione.<br />
Ad aggiudicarsi la gara d’appalto indetta<br />
da Edison, il Consorzio CEM (Construction,<br />
Erection and Maintenance), che<br />
dopo aver acquistato Leonis dalla Fratelli<br />
D’Amico Armatori Spa, ha eseguito i lavori<br />
per la trasformazione della petroliera<br />
in FSO e ne è divenuto noleggiatore.<br />
Oltre 100 milioni di euro<br />
Un’operazione da oltre 110 milioni di<br />
euro, di cui 80 anticipati da Eni ed Edison<br />
in cambio di un contratto di noleggio a<br />
lungo termine e 34, destinati all’acquisizione<br />
dell’unità navale e alla copertura dei<br />
lavori di trasformazione in FSO, versati<br />
dal gruppo UniCredit.<br />
Terminati i lavori di conversione, nel<br />
2009 la Leonis è stata rimorchiata dai<br />
cantieri di Augusta sino al sito della connessione<br />
con la piattaforma Vega.<br />
Già nel periodo dell’inaugurazione, avvenuta<br />
nel 2008, l’allora Ministro<br />
dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo era<br />
“oggetto” di interrogazioni parlamentari<br />
che sollevavano un conflitto d’interessi. Il<br />
compito del Ministro era infatti quello di<br />
vigilare sull’operato di colossi petroliferi<br />
clienti delle aziende di famiglia.<br />
Del CEM, consorzio formato da alcune<br />
tra le maggiori imprese siciliane di progettazione,<br />
costruzione e montaggio industriale,<br />
fa infatti parte la Coemi Spa, impresa<br />
di famiglia dei Prestigiacomo nata<br />
nel 1974 a Priolo, che oggi vanta, tra gli<br />
altri, clienti come Eni, Erg, Esso, Enel,<br />
Siemens. L’amministratore delegato è<br />
Maria Prestigiacomo, sorella dell’ex Ministro.<br />
I padroni della Fincoe<br />
Ma non finisce qui: la Coemi è controllata<br />
dalla Holding Fincoe Srl che ne possiede<br />
il 99%. A detenere gran parte delle<br />
quote Fincoe proprio la famiglia della<br />
Prestigiacomo, con un 9,7% intestato al<br />
padre Giuseppe, un 21,5% alla sorella<br />
Maria Pia e un altro 21,5% a Stefania fino<br />
al 2009, quando la quota è passata alla<br />
madre.<br />
Ma la Leonis riserva altre sorprese. Tra<br />
i “noti” che hanno fiutato l’affare figurano<br />
famosi personaggi dell’imprenditoria nella<br />
nostra provincia.<br />
Il “Progetto Leonis” è la punta di diamante<br />
della Tea Shipping Srl, una società<br />
di gestione marittima e navale con sede<br />
legale a Milano e sedi operative a Milano<br />
e Pozzallo, che si occupa dell’unità navale<br />
in questione. Amministratore unico di<br />
questa società è Raimondo Minardo, figlio<br />
del più famoso Saro.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 72
www.isiciliani.it<br />
“Fino all'ultima<br />
goccia...”<br />
SCHEDA/ LA TRIVELLA<br />
“MARI SPIRTUSIATU<br />
E SODDI NENTI”<br />
È di nuovo febbre dell’oro. Ma stavolta<br />
è nero e lo scenario è il Canale di<br />
Sicilia. A riaprire la corsa è il Piano<br />
Energetico redatto dal Ministro per Sviluppo<br />
Economico, Corrado Passera, che<br />
intende portare la produzione di petrolio,<br />
che attualmente copre solo il 10%<br />
del fabbisogno nazionale, alla copertura<br />
del 20% della domanda.<br />
Una strategia che chiude le porte alle<br />
energie alternative e le spalanca ai signori<br />
del petrolio con un susseguirsi di<br />
richieste, concessioni e permessi per<br />
esplorare e bucare altro fondale marino;<br />
un decreto che fa ripartire tutti i procedimenti<br />
per la ricerca e l’estrazione di<br />
petrolio che erano stati bloccati nel<br />
2010 dopo l’incidente a una piattaforma<br />
che ha devastato il Golfo del Messico.<br />
Il programma piace molto alle grandi<br />
società d’estrazione perché contiene la<br />
proposta di abolizione del limite di 12<br />
miglia dalla costa entro il quale non si<br />
possono impiantare trivelle.<br />
Ma a cantare vittoria sono per lo più<br />
le società petrolifere estere, le quali definiscono<br />
l’Italia “il miglior Paese in<br />
cui avviare l’attività di estrazione”. Il<br />
motivo di tanto entusiasmo è il regime<br />
fiscale a totale svantaggio dello Stato,<br />
che prevede royalties per l’estrazione di<br />
idrocarburi in territorio italiano del 4%<br />
per il petrolio e del 7% per il gas a fronte<br />
di una media mondiale dei quasi<br />
l’80%.<br />
Inoltre una franchigia fa sì che i detentori<br />
delle concessioni versino la percentuale<br />
solo in caso di estrazione di almeno<br />
300 mila barili l’anno. Nessun limite<br />
infine, per il rimpatrio degli utili.<br />
Non c’è da stupirsi quindi se delle<br />
quarantuno istanze per permessi di ricerca<br />
nel territorio italiano attualmente<br />
in valutazione, solo tre facciano capo a<br />
compagnie italiane (Eni ed Enel).<br />
Ad oggi i permessi di ricerca petrolifera<br />
già rilasciati nel mare italiano sono<br />
19, di cui ben 11 nel canale di Sicilia<br />
per un totale di 6815 kmq di superficie<br />
marina. Oltre ai permessi già rilasciati,<br />
pendono sul Canale di Sicilia 18 richieste<br />
di permessi di ricerca per oltre 5mila<br />
kmq, di cui la metà in corso di<br />
valutazione ambientale: è il caso della<br />
piattaforma Vega B.<br />
Sul tavolo del Ministro, da fine luglio,<br />
anche la richiesta presentata da<br />
Edison per realizzare l’impianto di perforazione<br />
Vega B all’interno della concessione<br />
petrolifera C.C6.EO. Un altro<br />
impianto di estrazione dovrebbe quindi<br />
sorgere a circa 6 Km a ovest della Vega<br />
A, la piattaforma appartenente a Edison<br />
per il 60% e ad Eni per il 40%, attualmente<br />
attiva a una distanza di12 miglia<br />
dalla costa pozzallese. La più grande<br />
piattaforma off shore italiana, realizzata<br />
nel 1984 e attivata tre anni dopo, produce<br />
olio greggio e gas naturale da venti<br />
pozzi.<br />
Il suo raddoppio metterebbe in produzione<br />
la seconda sacca petrolifera che<br />
fa parte della medesima concessione.<br />
E mentre la procedura per la realizzazione<br />
della Vega B approda al Ministero<br />
dell’Ambiente in attesa di VIA, alcuni<br />
dati non sono certamente incoraggianti.<br />
Nonostante il bilancio di 25 anni di<br />
attività della Vega A sia di quasi 60 milioni<br />
di barili di petrolio prodotti, i profitti<br />
dello Stato Italiano rasentano la<br />
nullità.<br />
Secondo un calcolo approssimativo la<br />
Vega A ha prodotto, dalla sola estrazione<br />
di greggio, circa 500 milioni di euro,<br />
versando allo Stato neanche 5 milioni.<br />
Nessuna percentuale invece sui gas<br />
naturali, che Edison ed Eni hanno “accuratamente”<br />
estratto entro franchigia.<br />
Mari spirtusiatu e soddi nenti.<br />
Enrica Frasca Caccia<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 73<br />
All'interno della società figura anche<br />
Marco La Pira, socio in un'altra azienda<br />
impegnata nel settore marittimo insieme a<br />
Riccardo Radenza, imprenditore nel<br />
settore alimentare e Giorgio Zaccaria,<br />
figlio dell’imprenditore edile Giuseppe.<br />
Ex assessore Udc<br />
Altro socio della Tea Shipping è<br />
Massimo La Pira, ex assessore dell’Udc e<br />
del Pdl a Pozzallo, coinvolto ed assolto<br />
nell'inchiesta Modica Bene.<br />
Sebbene il settore petrolifero sia destinato<br />
ad esaurirsi nel giro di pochi anni,<br />
pare proprio che esso consenta ancora ai<br />
signori del petrolio di fare affari. Se il raddoppio<br />
del campo Vega dovesse essere<br />
approvato, la Leonis continuerebbe la sua<br />
attività anche per la nuova piattaforma,<br />
che sarà collegata alla prima.<br />
Non più di sette anni<br />
Così, mentre dal Ministero dello Sviluppo<br />
economico fanno sapere che lo scenario<br />
di sviluppo in Italia non supera i sette<br />
anni per l’estrazione di gas e i quattordici<br />
per l’olio greggio, i nomi che contano<br />
continuano a investire sull’oro nero. Fino<br />
all’ultima goccia.
www.isiciliani.it<br />
Periferie<br />
“Puliamo i quartieri<br />
dal degrado<br />
e dalla cattiva politica”<br />
Catania. Negli antichi<br />
e storici quartieri degli<br />
Angeli Custodi e San<br />
Cristoforo, discariche<br />
e aree abbandonate<br />
proliferano con il silenzio<br />
complice di un<br />
Comune indifferente,<br />
che non dà risposte<br />
di Domenico Pisciotta<br />
e Giovanni Caruso<br />
DISCARICA<br />
DI VIA ZURRIA<br />
(QUARTIERE ANGELI CUSTODI)<br />
È compreso tra Via Zurria, Via Cristoforo<br />
Colombo e Via Marano. Si tratta<br />
dell'ennesima costruzione iniziata e mai<br />
finita. Doveva diventare un parcheggio<br />
multipiano. I lavori sono fermi da anni, a<br />
causa di un contenzioso tra le ditte, incaricate<br />
della realizzazione, e una controllata<br />
di Acqua Marcia S.P.A., il cui ex<br />
presidente, Francesco Bellavista Caltagirone,<br />
è sottoposto alla misura della custodia<br />
cautela in carcere perché imputato<br />
per truffa aggravata ai danni dello Stato,<br />
nell'ambito dell'inchiesta sul porto turistico<br />
di Imperia. Lo spettacolo offerto<br />
agli abitanti è imbarazzante. Nel cantiere<br />
si scarica, illegalmente, materiale di risulta<br />
dell'edilizia e alcuni abitanti vi gettano<br />
ogni sorta di rifiuto.<br />
In tale contesto di degrado, i fruttivendoli<br />
di via Marano si sono impadroniti<br />
dell'unica costruzione coperta, all'interno<br />
del cantiere, destinandola a deposito della<br />
frutta e garage. Il proprietario di un<br />
immobile confinante ha, invece, allestito<br />
un balconcino sul tetto del "deposito dei<br />
fruttivendoli".<br />
Il Comune ha dichiarato che la messa<br />
in sicurezza del cantiere spetta alla proprietà<br />
dello stesso. L'Acqua Marcia, alla<br />
nostra redazione, ha affermato che, nel<br />
più breve tempo, vi provvederà.<br />
Mentre eseguivamo il sopralluogo, un<br />
abitante del quartiere ci ha detto:<br />
«Questa situazione dura da più di due<br />
anni. Ora ci sono topi, muschitti e gatti».<br />
- In effetti la recinzione non è sicura…<br />
«Siccome io sono un po' malandrina<br />
sai che farei: io sti cosi i pigghiassi e li<br />
butterei tutte là sotto».<br />
- Ma non è pericoloso per i bambini<br />
che giocano E per le macchine che passano<br />
Avete fatto la domanda al Comune<br />
per mettere in sicurezza<br />
«Abbiamo fatto tutto, e non fanno<br />
niente».<br />
- E' vero il Sindaco ha detto che non è<br />
di competenza del comune.<br />
«Allura è inutile che andiamo al Comune».<br />
- Sotto il manufatto di cemento che ci<br />
fanno quella macchina e quelle cassette<br />
della frutta Cos'è un deposito<br />
«Si lo sappiamo, abbiamo fatto le denunce<br />
ed è venuta la polizia. Hanno cominciato<br />
con questo schifo quelli della<br />
frutta. Lo utilizzano come magazzino e la<br />
frutta marcia, la munnizza e tutte cose le<br />
buttano qua. Lo abbiamo detto ai fruttivendoli.<br />
È venuta la polizia e hanno chiuso<br />
i cancelli, e pensavano che la<br />
situazione si fosse risolta. Ma appena la<br />
polizia ha furiatu l'angolo, chiddi rapenu<br />
regolarmente e questo posto la stanno<br />
utilizzando anche come garage.<br />
Mettono macchine. Hanno fatto quello<br />
che hanno voluto questi della frutta».<br />
- Ma oltre all'immondizia e alla frutta<br />
gettano anche materiale di risulta<br />
dell'edilizia<br />
«Si, si si si si, vengono con i camion e<br />
scaricano regolarmente... L'altro giorno è<br />
venuto il presidente della Municipalità e<br />
ha minacciato di chiudere il cancello con<br />
un catenaccio a costo di non far usare più<br />
la piscina se non si mette tutto in sicurezza.<br />
Io abito qua sopra e mi vedo ogni<br />
giorno questi "spettacoli". Stu fetu e sta<br />
munnizza chiamunu i muschi di settembre<br />
che mi parunu kiu spacciati di<br />
l'autri... ».<br />
* * *<br />
Lo stato del cantiere è balzato, dopo<br />
anni, agli onori della cronaca dopo alla<br />
denuncia dell'On. Licandro. É scoraggiante<br />
che la politica si accorga dell'esistenza<br />
dei quartieri popolari solo<br />
all'approssimarsi delle elezioni,e nella<br />
fattispecie uomini di sinistra che se ne<br />
servono come strumento di propaganda<br />
contro<br />
l'Amministrazione Comunale. Lungi<br />
dal difendere l'operato di un'Amministrazione<br />
che tanto non ha fatto per la città,<br />
pretendiamo una politica che realmente<br />
urli, si batta, s'incateni e chiuda cancelli,<br />
per 365 giorni l'anno, per garantire l'interesse<br />
comune.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 74
www.isiciliani.it<br />
“Per appaltare,<br />
per agevolare<br />
imprese<br />
ed aziende<br />
e ordini<br />
professionali”<br />
AREA VERDE ATTREZZATA<br />
DI VIA DE LORENZO<br />
(QUARTIERE SAN CRISTOFORO)<br />
Dalla mano di Melissa la piccola lumaca<br />
viene posata su quello che doveva essere<br />
un prato.<br />
Sarebbe stato un bel prato, tanto da invitarti<br />
a sdraiarti odorando i profumi della<br />
campagna. Il ritratto appena descritto<br />
potrebbe farci pensare che ci troviamo in<br />
aperta campagna o sulla nostra<br />
bellissima Etna, e invece no, ci troviamo<br />
nell’”area verde attrezzata” di via De Lorenzo<br />
nel quartiere di San Cristoforo, Catania.<br />
In questo luogo qualche anno fa il comune<br />
di Catania progettò nell’ambito del<br />
Piano integrato per San Cristoforo Sud<br />
un’”area verde attrezzata” con parco giochi<br />
e addirittura degli avveneristici pannelli<br />
solari che servivano all’automantenimento<br />
energetico. Ma come ormai è di<br />
abitudine tutto ciò che viene progettato,<br />
appaltato e costruito con i soldi pubblici<br />
sistematicamente viene abbandonato, un<br />
po da per tutto nella città ma soprattutto<br />
nei quartieri popolari e così anche a San<br />
Cristoforo.<br />
Piazza don Puglisi, Piazza don Bonomo<br />
e l’”area verde attrezzata” di via De<br />
Lorenzo, dove il 29 settembre Legambiente<br />
ha scelto per la giornata “Puliamo<br />
il mondo” e per la prima volta il nostro<br />
quartiere.<br />
I volontari di Legambiente, il GAPA, e<br />
una classe della scuola elementare Cesare<br />
Battisti accompagnata da un insegnante,<br />
un netturbino del comune di Catania,<br />
gli abitanti della zona e perfino il parroco<br />
di San Cristoforo don Ezio, si sono attrezzati<br />
di guanti, sacchetti, scope, zappe<br />
e zappette per pulire un luogo del tutto<br />
abbandonato e vandalizzato. Così con le<br />
carriole si sono tolte panchine e tavoli divelti,<br />
una grande quantità di plastica,<br />
enormi siringhe utilizzate per dopare i<br />
cavalli sfruttati per le corse clandestine,<br />
tagliata l’erbaccia e cancellata un’oscena<br />
svastica e croce celtica dalle pareti del<br />
parco e infine piantato qualche pianta<br />
qua e là. Tutto questo fra i nitriti dei cavalli<br />
che sono rinchiusi nelle stalle abusive<br />
a pochi metri dal parco.<br />
Ma leggiamo cosa hanno risposto alle<br />
nostre domande alcuni abitanti della<br />
zona.<br />
Sig. G: «Iu staiu cà da 3000 anni!... e<br />
chi ci mannu ca’ i me figghi a’ jucari…<br />
sta schizzannu lei»<br />
- Ma se fosse curato li manderebbe<br />
Sig. G.: «cettu fussi n’autra cosa!».<br />
- E in questo caso gliel’avrebbe detto<br />
a quelli delle stalle abusive di andare via<br />
da qua<br />
Sig. G.: «A’ cu i’ ssicuta chisti cà Pi<br />
non parrari di chiddi ca trasunu chi moti<br />
pi fari motocross».<br />
- Lei non sapeva di questo posto Lo<br />
conosceva<br />
Netturbino sig. A: «Cettu… ju nascii<br />
cca!»<br />
- I suoi colleghi non sanno che dovrebbero<br />
venirea pulire anche qui<br />
Netturbino sig. A: «Ora c’è il coordinatore,<br />
parli con lui!»<br />
- E il coordinatore non sa di questa<br />
situazione<br />
Netturbino sig. A: «Cettu… non lo so,<br />
penso di si…»<br />
* * *<br />
Perché non riusciamo a tenere pulito<br />
un bene comune Perché chi dovrebbe<br />
controllare e pulire abbandona all’illegalità,<br />
allo spaccio e al vandalismo Perché<br />
gli abitanti devono avere paura di portare<br />
a giocare i loro figli in questo luogo Oppure<br />
a godere il piacere di una bella giornata<br />
all’aria aperta Perché è questo<br />
quello che succede nelle piazze e in questo<br />
parco a San Cristoforo. Eppure se andate<br />
sul sito del comune di Catania sembrano<br />
dei luoghi magnifici.<br />
Chiaramente chi ci governa dà la colpa<br />
di tutto questo agli abitanti: “Sono ignoranti,<br />
sporchi, non si meritano niente!”.<br />
Secondo noi questi luoghi sono stati progettati<br />
da una richiesta clientelare che<br />
viene dalla cattiva politica per appaltare,<br />
per agevolare imprese ed aziende e ordini<br />
professionali.<br />
Le gettate di cemento che i nostri architetti<br />
chiamano “giardini minerali” e<br />
tutto questo giro di affari poco trasparenti<br />
solo per un consenso elettorale e in più<br />
nella fattispecie per il “Piano integrato<br />
San Cristoforo Sud” si è disatteso il Piano<br />
originale imposto dalla Comunità Europea.<br />
Persino Piazza don Bonomo di fronte<br />
all’oratorio è stata vandalizzata e abbandonata<br />
a se stessa, così come via delle<br />
Salette che doveva essere area pedonale<br />
e lo è stata solo per due mesi.<br />
Anche se per piazza Don Bonomo il<br />
presidente della I municipalità, Carmelo<br />
Coppolino, c’informa che il consiglio di<br />
quartiere ha dato disposizione affinché si<br />
pulissero i muri della piazza. Nello stesso<br />
giorno a pochi passi da dove i cittadini<br />
pulivano e risistemavano l’”area verde<br />
attrezzata”, il personale e i volontari<br />
montavano gazebi e fronzoli vari per rendere<br />
“più bello che mai quel luogo” e<br />
magari qualcuno avrà detto agli spacciatori<br />
della zona: “pa sta sira e dumani non<br />
dovete venire, ni vieni a’ truvari u’ sindacu!”.<br />
Infatti il pomeriggio del 29 arriva il<br />
sindaco di Catania, i rappresentanti della<br />
Provincia le ACLI, i rappresentanti<br />
dell’Ateneo catanese e i parroci delle<br />
chiese della I municipalità per inaugurare<br />
la fiera dell’artigianato promossa dai salesiani<br />
e dalla “Fondazione per il Sud”,<br />
ma tutto con un sapore, visto il periodo,<br />
di campagna elettorale. Dobbiamo pensare<br />
che anche fra le piazze “ci sono figli e<br />
figliastri”.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 75
www.isiciliani.it<br />
Giovani<br />
Tre città<br />
del Sud<br />
Un ragazzo di Napoli,<br />
uno di Palermo e uno<br />
della provincia di Messina.<br />
Come si vive in<br />
questi tre posti Che<br />
spazio hanno i giovani<br />
Che responsabilità ha<br />
la politica Ed ecco le<br />
loro risposte<br />
di Attilio Occhipinti<br />
www.generazionezero.org<br />
Di dove sei<br />
Giovanni: sono di Nizza di Sicilia,<br />
Provincia di Messina, versante jonico.<br />
Vincenzo: Sono di Afragola, una città<br />
che si trova nella periferia nord di Napoli.<br />
Giuseppe: sono nato a Roma ma cresciuto<br />
a Palermo.<br />
Se dovessi pensare ai problemi più<br />
gravi che caratterizzano il posto in cui<br />
vivi, quali sarebbero i primi che ti vengono<br />
in mente<br />
Giovanni: I problemi che maggiormente<br />
affliggono il posto in cui vivo sono riconducibili<br />
alla mala gestione dello<br />
smaltimento rifiuti e all'abusivismo edilizio<br />
che devasta intere zone collinari che<br />
rischiano di crollare al primo nubifragio<br />
(l'alluvione di Scaletta insegna). Le giunte<br />
dei paesi circostanti sono comandate<br />
ormai da anni dagli stessi figuri (il mio<br />
paese non cambia sindaco da 15 anni)<br />
che fanno il gioco delle tre carte (sale X,<br />
poi sale il vice di X, e poi di nuovo X);<br />
se sale l'opposizione il gioco è lo stesso.<br />
Vincenzo: Disoccupazione, criminalità<br />
organizzata, clientelismo e corruzione<br />
politica, mancanza di integrazione etnica<br />
e sociale, tessuto sociale sconnesso, insufficienza<br />
dei servizi pubblici.<br />
Apatici perché abbandonati<br />
Esistono intere fasce sociali che vivono<br />
in zone di marginalità, abbandonate<br />
dallo Stato; privi talvolta di quei diritti<br />
civili che dovrebbero essere garantiti e<br />
questo non fa altro che influenzare negativamente<br />
la mentalità, l’aspetto “culturale”<br />
e sociale delle persone. Il degrado<br />
lo si percepisce a livello culturale, cioè di<br />
mentalità.<br />
Questi ritardi non sono imputabili ad<br />
una mentalità “criminale” del mezzogiorno;<br />
semmai è vero il contrario: sono i ritardi<br />
sociali del mezzogiorno che influenzano<br />
negativamente la cultura di<br />
queste zone. Il problema numero uno allora<br />
è l’apatia, il disinteresse, il credere<br />
che quest’emorragia non possa essere<br />
sanata con la propria volontà.<br />
Giuseppe: In assoluto penso che i problemi<br />
più gravi di Palermo non siano<br />
quelli legati alla normale amministrazione<br />
di una città perché a quelli c'è rimedio.<br />
Il vero problema è far capire ai Palermitani<br />
che loro meritano una grande<br />
città in cui vivere e di conseguenza affidargli<br />
delle responsabilità.<br />
Però crescono le associazioni<br />
I giovani rappresentano una parte<br />
attiva all'interno della tua comunità<br />
Giovanni: Proviamo ad avere peso<br />
all'interno delle comunità, ma in verità<br />
non ne abbiamo.<br />
Vincenzo: I giovani rappresentano il<br />
futuro, la speranza. Sappiamo che il nostro<br />
Paese, governato da un’oligarchia<br />
gerontocratica (“la casta”), non investe<br />
affatto sul capitale giovanile, come magari<br />
fanno altre nazioni (si pensi alla<br />
Germania o agli Stati Uniti). Anche nella<br />
realtà napoletana, i giovani non trovano<br />
spazio.<br />
Giuseppe: I giovani a poco a poco si<br />
stanno svegliando, stanno cominciando<br />
ad indignarsi e a svolgere il loro ruolo attivo<br />
di cittadini. Parliamo ancora di una<br />
bassa percentuale ma sempre più ragazzi<br />
cominciano a non accettare l'idea che le<br />
cose non si possano cambiare solo perché<br />
non siamo abituati a vederle diversamente.<br />
Sono nate tante associazioni giovanili<br />
in questi ultimi anni, segno che il<br />
desiderio di cambiamento e di partecipazione<br />
a poco a poco va aumentando.<br />
Come trascorrono le giornate i ragazzi<br />
Ci sono degli spazi sociali o<br />
strutture adeguate dove incontrarsi<br />
Giovanni: A spasso sul lungomare o<br />
nei bar, alcuni punti di raccolta esistono,<br />
come il PuntoGiovani a Nizza, ma l'inadeguatezza<br />
della sede e la incostanza di<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 76
www.isiciliani.it<br />
“Diritti Ormai,<br />
dalla politica<br />
sono scomparsi”<br />
parecchi componenti avvelena i progetti<br />
e la volontà di agire.<br />
Vincenzo: Parecchi progetti finanziati<br />
dall’Unione Europea sono finalizzati a<br />
“togliere i ragazza dalla strada” occupandoli<br />
in attività pomeridiane con docenti.<br />
Indipendentemente dai risultati, o da<br />
come poi vengono effettivamente amministrati<br />
questi fondi; credo che ciò sia indicativo:<br />
il fatto che gran parte della gioventù<br />
trascorra le proprie ore, per la strada,<br />
aumenta il rischio di essere assoldati<br />
negli eserciti della criminalità organizzata;<br />
o comunque il rischio di seguire un<br />
percorso delinquenziale.<br />
Nella mia città con gli anni quegli spazi<br />
di incontro e dialogo (che possono anche<br />
essere il cinema, il teatro, il partito)<br />
vanno sempre diminuendo, lasciando la<br />
gioventù abbandonata a se stessa, offrendo<br />
spesso alternative che alla lunga non<br />
sempre hanno effetti positivi: per esempio<br />
i vari centri-scommessa, che negli ultimi<br />
anni sono spuntati come funghi.<br />
Centri-scommessa come funghi<br />
Giuseppe: Palermo è una città molto<br />
grande e sicuramente gli spazi dove incontrarsi<br />
non mancano, tranne in qualche<br />
quartiere periferico dove si fa fatica anche<br />
a trovare un’aiuola.<br />
Senza voler generalizzare, nella maggioranza<br />
dei casi a far la differenza però è la<br />
modalità di aggregazione.<br />
Noto sempre di più che il modo di stare<br />
insieme, senza distinzione di quartiere,<br />
dal più popolare a quello più residenziale,<br />
delle volte sia mosso più dalla paura<br />
di essere rifiutato dal gruppo che dalla<br />
voglia di farne parte. Bisogna ritornare<br />
negli oratori, negli spazi comuni, nelle<br />
strade e far vedere uno spirito di aggregazione<br />
differente. Partire da questo per<br />
sensibilizzare i ragazzi al rispetto delle<br />
regole, dell'altro, alla bellezza dello stare<br />
insieme consapevoli che non si tratta<br />
solo di ragazzi, ma anche di cittadini.<br />
Che idea ti sei fatto della situazione<br />
politica del tuo paese Sono necessari<br />
dei cambiamenti<br />
Giovanni: Ripeto: sono anni che abbiamo<br />
lo stesso sindaco, che uno stinco di<br />
santo non è, ma che possiede un alto<br />
consenso popolare grazie alla propria<br />
professione (medico generale). Siamo<br />
nell'Immobilità più nera. Ovvio che servono<br />
dei cambiamenti, ma dovrebbero<br />
essere mentali e supportati da un'esperienza<br />
traumatica.<br />
Vincenzo: Sciascia una volta disse che<br />
la Sicilia poteva essere considerata come<br />
una sorta di microcosmo del paese Italia.<br />
Potrei dire lo stesso: le contraddizioni, i<br />
ritardi di Napoli e provincia sono una<br />
metafora (accentuata) dei problemi italiani.<br />
C’è scarsa partecipazione sociale alla<br />
vita pubblica. Questo ovviamente vale<br />
anche a livello nazionale, dove privilegi<br />
e interessi personali dettano l’agenda dei<br />
vari governi che si alternano. Credo che<br />
l’errore fondamentale di un certo modo<br />
di far politica, sia stato quello di pensare<br />
che alcuni problemi, anche nelle nostre<br />
realtà meridionali, potessero essere risolte<br />
con la violenza; imponendo dall’alto<br />
con forza quei (presunti) diritti.<br />
Non si risolvono problemi con l’esercito,<br />
quando quello stesso governo è legato<br />
talvolta a doppio filo con chi ha generato<br />
questi problemi. Bisognerebbe creare<br />
quella dimensione sociale di partecipazione<br />
dal basso, riuscire a garantire quei<br />
diritti che sono ormai scomparsi<br />
dall’agenda politica (si parla ancora di<br />
una questione meridionale).<br />
Ecco, sì i cambiamenti sono necessari:<br />
ma qui e adesso. Non cambiamenti individuali:<br />
io sogno che si riesca finalmente<br />
a trovare un senso collettivo di trasformazione<br />
proprio nelle zone degradate, e<br />
abbandonate dallo Stato.<br />
Uscire da dietro il monitor<br />
Giuseppe: Palermo ha innumerevoli<br />
problemi, veniamo da una amministrazione<br />
oggettivamente fallimentare che ha<br />
fatto scendere la qualità della vita ai gradini<br />
più bassi di sopportazione. E' difficile<br />
vivere in una città che offre praticamente<br />
nulla, pochi servizi e poche opportunità;<br />
una città che per molto tempo ha<br />
visto tristemente l'interesse del singolo<br />
prevalere su quello della collettività.<br />
Credo però che per poter cambiare le<br />
cose sia necessario sporcarsi le mani, non<br />
si può sognare il cambiamento da dietro<br />
un monitor o stando fermi. Tocca sbracciarsi<br />
e darsi da fare a tutti i livelli, dal<br />
politico al cittadino, ognuno deve fare il<br />
proprio dovere fino in fondo assumendosi<br />
le proprie responsabilità. Non è necessario<br />
fare cose straordinarie, basta<br />
l'impegno profondo nel proprio campo di<br />
competenza.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 77
www.isiciliani.it<br />
Musica<br />
Triste, solitario<br />
y surreal<br />
Che sfiga, per una palazzina<br />
di tre piani diventata<br />
rifugio di barboni,<br />
collassare proprio<br />
l'11 settembre.<br />
Manco due parole in<br />
cronaca. Niente<br />
di Antonello Oliva<br />
E del gene della tristezza, presentato<br />
alla comunità scientifica lo stesso giorno<br />
del bosone di Higgs, ne vogliamo<br />
parlare<br />
Bene, a quanto sostengono John O’Hara<br />
e Paul Gillespie, i due biologi genetisti<br />
neozelandesi autori della scoperta, si tratterebbe<br />
di un gene tra i più remoti e isolati<br />
del nostro codice, talmente elusivo e misterioso<br />
da essere sempre sfuggito a ogni<br />
rilevamento e tale da consentire comunque<br />
al momento solo ipotesi, pur se non<br />
prive di fondatezza.<br />
Secondo i due scienziati, questo gene<br />
potrebbe avere tra le altre funzioni quella<br />
di conservatore di una forma arcaica di<br />
memoria risalente a epoche in cui le forme<br />
di vita esistenti erano forse ancora di<br />
solo livello molecolare. E in tanta semplicità,<br />
dicono gli studiosi, è presumibile che<br />
regnasse ancora un equilibrio<br />
difficilmente riscontrabile dopo.<br />
Molto affascinante, e per quanto<br />
oscurata dal bosone (nessun giornale ne<br />
ha parlato), la notizia ha comunque destato<br />
molto interesse in ambito scientifico, e<br />
non meno, per quello che riguarda questa<br />
rubrica, in quello musicale, costringendo<br />
critici, discografici e melomani a rivedere<br />
certe consolidate posizioni che della<br />
concreta e impegnata leggerezza facevano<br />
ragion d’essere.<br />
Il contributo più tangibile l’hanno dato<br />
però come al solito gli artisti, Gianna<br />
Nannini ospite da Fazio ha detto la sua,<br />
Ligabue ha subito lanciato il singolo “Allora<br />
chi siamo da dove veniamo e perché<br />
ogni tanto siamo tristi”, Mina ha rinverdito<br />
il vecchio hit “Ma cos’è questa tristezza<br />
qua” e Mogol ha dichiarato<br />
all’Ansa che se non fosse stato per lui Lucio<br />
avrebbe fatto solo canzonette allegre.<br />
Purtroppo anche di queste cose se n’è<br />
parlato poco perché, quando si dice sfiga,<br />
nel frattempo c’è stato il patatrac di quel<br />
tizio della Regione Lazio, della Polverini<br />
e di tutti quei contributi variamente impiegati,<br />
ragion per cui giornali e tg adesso<br />
si mettevano a perdere tempo con le menate<br />
sulla tristezza di Pupo e la Nannini.<br />
Dove invece la cosa ha avuto esiti più<br />
diffusi è stato sul web, dove dai siti congiunti<br />
di Warner e Universal è stato annunciato<br />
per Natale l’uscita del cofanetto<br />
“Non solo triste – Greatest Hits”, mentre<br />
soprattutto nei social forum si è sviluppava<br />
un dibattito, spesso conciso e sintetico,<br />
a volte inutile, in ogni caso interessante.<br />
Insomma, vuoi per una cosa vuoi per<br />
un’altra, alla fine quella che sembrava una<br />
notizia destinata per la sfiga di prima a<br />
passare inosservata, ha finito per essere<br />
ospitata perfino sulle pagine di questo<br />
giornale (che notoriamente si occupa di<br />
altro), e se ciò non bastasse, per figurare<br />
nell’agenda della Commissione Sviluppo<br />
Economico del Parlamento Europeo, che<br />
nel frattempo aveva intanto provveduto a<br />
raccomandare ai Paesi membri di prestare<br />
all’argomento la massima attenzione e di<br />
considerarlo prioritario in un’ottica di<br />
immediata strategia di cassa.<br />
I più solerti a rispondere all’invito<br />
furono allora le compagnie telefoniche,<br />
che non sapendo più che cazzo inventarsi<br />
sostituirono prima tutte le suonerie con<br />
nuove suonerie tristi, e inondarono poi gli<br />
utenti di sms a pagamento con notizie che<br />
ne favorivano lo stato d’animo. Nel breve<br />
termine in realtà un po’ tutta l’economia<br />
ne trasse giovamento, furono ristampate le<br />
opere complete di Leopardi, Corazzini,<br />
Tenco, Ciampi, Cohen, De Oliveira, non<br />
quelle di Lolli, ma andarono pure quelle a<br />
ruba.<br />
Una tristezza dolce e conciliante<br />
La tristezza sembrava riportare l’uomo<br />
alle sue origini, forse lo riavvicinava<br />
addirittura a Dio si diceva, quel Dio che<br />
lo aveva sfrattato un giorno da quel giardino<br />
condannandolo a riguadagnarselo, e<br />
paradossalmente, più la si guardava in<br />
faccia la tristezza, più essa appariva dolce<br />
e conciliante, e si comprese allora, come<br />
se prima non ce ne fosse mai stata l’occasione,<br />
perché l’uomo aveva inventato la<br />
poesia, e aveva composto opere come il<br />
Requiem in re min. K 626, Crescent, Adele<br />
H, Nostalghia, Trilogia della città di K.<br />
Ma durò poco, perché passata quella domenica<br />
il lunedì mattina si venne a sapere<br />
che la notizia era inventata, e la storia del<br />
gene della tristezza solo una bufala.<br />
Di O’Hara e Gillespie nessuna traccia,<br />
inventati anche loro, come ogni altra cosa<br />
in questa pagina. Pura fantasia. Le borse a<br />
ogni modo reagirono male lo stesso, e si<br />
rischiò molto, ma alla fine, come in tutte<br />
le belle storie, trionfò il buon senso, e così<br />
la tristezza venne nuovamente bandita, i<br />
sostenitori attoniti dispersi, le fabbriche di<br />
maionese riaperte, e in men che non si<br />
dica, con un gran sospiro di sollievo di<br />
tutti, che a qualcuno sembrò però un singhiozzo,<br />
la musica tornò a essere quella di<br />
prima, ma ancora più leggera.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 78
www.isiciliani.it<br />
Storia<br />
Placido Rizzotto<br />
Teoria e prassi<br />
di una rivoluzione<br />
di Elio Camilleri<br />
Morto ammazzato n. 35 nell’elenco<br />
dei sindacalisti, degli animatori e degli<br />
organizzatori del movimento contadino;<br />
dopo Placido Rizzotto ne sarebbero<br />
caduti altri in quella feroce persecuzione<br />
contro le sinistre pianificata dal<br />
blocco agrario-mafioso protetto dagli<br />
apparati di polizia, deliberata “politicamente”<br />
dalla DC e dai suoi alleati anche<br />
americani.<br />
Lo scoppio della guerra lo portò sui<br />
monti della Carnia e avvertì sempre più<br />
profondamente l’assurdità della guerra, la<br />
sua stessa condizione di burattino caporale<br />
e poi di burattino caporal maggiore e,<br />
infine, di burattino sergente nelle mani di<br />
un dittatore che aveva già perso la guerra<br />
ancora prima di cominciarla.<br />
Dopo l’8 settembre ritenne di liberare<br />
l’Italia dai fascisti e dai tedeschi. Passò<br />
dalla guerra di Mussolini alla guerra di<br />
Resistenza, lasciò l’esercito del Duce ed<br />
entrò nelle Brigate Garibaldi.<br />
Placido ad un maturo e convinto sentimento<br />
antifascista accompagnò una progressiva<br />
adesione ai contenuti del marxismo.<br />
Se era vero che la storia è storia della<br />
lotta tra una classe dominante e una dominata,<br />
se è vero che da sempre le classi<br />
dominanti erano state battute da quelle<br />
dominate allora anche i contadini, i braccianti<br />
e i mezzadri di Corleone avrebbero<br />
potuto vincere. Corleone divenne la prossima<br />
trincea dove Placido avrebbe combattuto,<br />
una volta tornato a casa.<br />
Il 25 aprile 1945 lasciò i suoi compagni<br />
delle Brigate Garibaldi ed intraprese il<br />
lungo viaggio del ritorno verso la campagna<br />
per lavorare come prima con suo<br />
padre. Intraprese la fondamentale<br />
operazione di trasferire ciò che aveva<br />
imparato durante la guerra partigiana dal<br />
piano della teoria al piano della realtà<br />
effettiva.<br />
Spiegò che se con il lavoro si produce<br />
ricchezza, in buona sostanza essa è acquisita<br />
dal proprietario dei mezzi di produzione<br />
cioè, nel caso di Corleone dal proprietario<br />
del latifondo. Fece capire, inoltre,<br />
che se, oltre al proprietario, c’era anche<br />
il gabelloto cui conferire una certa<br />
quantità di ricchezza, bisognava lavorare<br />
ancora di più, concludendo che era opportuno<br />
togliere di mezzo il gabelloto e<br />
l’intermediazione parassitaria, assumere<br />
direttamente la gestione della terra istituendo<br />
cooperative, utilizzando gli strumenti<br />
legislativi necessari.<br />
La gestione della terre<br />
Così aveva cominciato, giusto a Corleone<br />
Bernardino Verro e, dopo di lui, Alongi<br />
e gli altri per l’applicazione dei decreti<br />
Falcioni e Visocchi dopo la prima guerra<br />
mondiale, e tutti quelli che già si stavano<br />
impegnando a costo anche della vita, per<br />
l’applicazione dei decreti Gullo sulla concessione<br />
alle cooperative delle terre incolte<br />
o mal coltivate e per la divisione 60 a<br />
40 tra proprietario e contadino del prodotto<br />
della terra.<br />
A Corleone Placido sentiva soprattutto<br />
l’amicizia ed il calore della maggioranza<br />
delle persone, di tutta quella gente che lo<br />
aveva pure eletto Presidente dell’associazione<br />
della Madonna della Rocca. Certo<br />
c’erano pure i gabelloti tra questi Luciano<br />
Liggio ed il dottor Michele Navarra, il<br />
capo della mafia, il barone Cammarata, il<br />
cavaliere Paternostro, il commendatore<br />
Bentivegna e gli altri latifondisti e, ovviamente,<br />
la schiera dei fiancheggiatori, servi<br />
ubbidienti senza parola, capaci solo di<br />
eseguire ordini, anche i più abietti, come<br />
vedremo.<br />
Lo straordinario risultato elettorale per<br />
la Costituente fu bissato nelle elezioni del<br />
6 ottobre nell’elezione del Consiglio Comunale<br />
e completato il 20 aprile del 1947<br />
nelle elezioni della prima Assemblea regionale.<br />
ciò dette impulso ad un’impetuosa<br />
ripresa delle occupazioni dei latifondi<br />
che il blocco agrario-mafioso non intendeva<br />
assolutamente concedere alle cooperative.<br />
La determinazione di Placido Rizzotto<br />
nella lotta per la terra scardinava alla radice<br />
quella che si riteneva quasi una legge<br />
di natura: i ricchi sopra e i poveri sotto, i<br />
potenti a comandare e i deboli ad ubbidire,<br />
i mafiosi a sfruttare e i contadini ad essere<br />
sfruttati.<br />
Allora cominciarono gli avvertimenti<br />
più ultimativi, i consigli più perentori:<br />
non ci voleva molto a capire che la situazione<br />
stava progressivamente precipitando<br />
e che il vuoto intorno a Placido stava<br />
inesorabilmente crescendo.<br />
La sera del 10 marzo Placido Rizzotto<br />
fu portato fuori dal paese per un “ragionamento”,<br />
durante il tragitto vide materializzarsi<br />
quel vuoto, quell’isolamento che<br />
nelle ultime settimane si era creato intorno<br />
alla sua lotta per la terra e la giustizia.<br />
La strada era deserta, le finestre chiuse e<br />
Placido all’improvviso si sentì solo, si<br />
svincolò dalla presa e per un attimo non<br />
sentì la pistola pressata sul fianco. Tentò<br />
la fuga, ma fu subito bloccato da altri<br />
complici, urlò, fu coperto, immobilizzato<br />
e buttato dentro un’automobile.<br />
Criscione, Collura, Liggio ed altri lo<br />
avrebbero portato con una macchina in<br />
contrada Malvello e lì lo uccisero, dopo<br />
atroci torture. Solo successivamente il<br />
corpo sarebbe stato buttato nella foiba a<br />
Rocca Busambra, in contrada Casale.<br />
I familiari di Placido riconobbero i reperti<br />
mostrati loro e ciò determinò la denuncia<br />
per Criscione, Collura e Liggio<br />
latitante di sequestro ed assassinio di Placido<br />
Rizzotto.<br />
Il 3 dicembre 1952 in Corte d’Assise a<br />
Palermo i tre furono assolti per insufficienza<br />
di prove, la sentenza fu confermata<br />
in Appello l’11 luglio 1959 ed in Cassazione<br />
il 28 maggio 1961.<br />
Soltanto qualche mese fa è stato possibile<br />
celebrare i funerali di Placido Rizzotto<br />
e vale la pena ricordare che il nipote ha<br />
chiesto di riscrivere la storia di questa terra,<br />
di farla conoscere. Questo articolo è un<br />
piccolo contributo.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 79
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Politica<br />
Un'aspirina<br />
contro la polmonite<br />
Decreto anticorruzione<br />
Buone intenzioni,<br />
ma risultati aleatori.<br />
Ecco perché<br />
di Riccardo De Gennaro<br />
Una legge si giudica dalla sua efficacia<br />
una volta che è entrata in vigore,<br />
ma non è difficile prevedere fin d’ora<br />
che il ddl anticorruzione del governo<br />
Monti, approvato dal Senato con il<br />
voto di fiducia e che attende la Camera,<br />
avrà la forza di un’aspirina contro<br />
la polmonite.<br />
C’è un Paese che sta affogando nella<br />
corruzione, uno dei più corrotti del mondo<br />
(nel 2001 eravamo al 29° posto su 91<br />
Paesi esaminati nella classifica internazionale<br />
per grado di corruzione, nel 2010<br />
siamo scesi addirittura al 67°), un Paese<br />
dove – come ha ricordato anche il Financial<br />
Times – la corruzione drena 60<br />
milioni all’anno dalle casse della pubblica<br />
amministrazione (pari al Pil della<br />
Croazia, la 67esima economia mondiale),<br />
eppure il nostro governo “tecnico” vara<br />
una legge che ancora una volta va<br />
incontro ai problemi dell’ex presidente<br />
del consiglio Berlusconi, accorciandogli<br />
i tempi di prescrizione nel processo<br />
Ruby, e interviene soltanto sui punti più<br />
marginali del fenomeno.<br />
È vero, la guardasigilli Paola Severino<br />
ha annunciato che per gli aspetti più importanti<br />
(ripristino del falso in bilancio,<br />
incandidabilità dei condannati in primo<br />
grado per reati gravi, autoriciclaggio,<br />
voto di scambio…) si provvederà più<br />
avanti.<br />
Un primo passo o un paradosso<br />
Ma questa non è altro che una promessa:<br />
i tempi di durata della legislatura<br />
sono tali che la responsabilità di condurre<br />
in porto le norme anticorruzione più<br />
incisive starà al prossimo esecutivo, che<br />
sarà di natura politica, quindi poco interessato<br />
alla questione, come tutti i governi<br />
precedenti.<br />
Qualcuno l’ha definito un primo passo,<br />
mai operato prima. Altri, viceversa, hanno<br />
sottolineato il paradosso di una legge<br />
contro la corruzione votata da un Parlamento<br />
nel quale siedono numerosi corrotti<br />
o aspiranti tali: il Senato ha approvato<br />
la proposta non grazie a una volontà<br />
di lotta alla corruzione, ma semplicemente<br />
per rifare un po’ il trucco alla politica<br />
di fronte all’elettorato dopo i casi Fiorito<br />
e Regione Lombardia.<br />
Non è un segreto che per costringere il<br />
Pdl a rimuovere le barricate il provvedimento<br />
ha dovuto tenere conto dei diktat<br />
di questo partito: il governo Monti, il<br />
“governo degli onesti”, avrebbe potuto e<br />
dovuto osare di più: il momento, a ridosso<br />
della campagna elettorale, non poteva<br />
essere più favorevole.<br />
La cena del “rottamatore”<br />
Il problema è che, nel tourbillon suscitato<br />
dagli annunci di chi si candiderà e<br />
chi non si candiderà, non si vede una<br />
possibilità reale di cambiamento del ceto<br />
dirigente, come dimostra peraltro la cena<br />
del “rottamatore” Renzi con la crema<br />
dell’alta finanza, organizzata peraltro da<br />
un business man la cui holding ha sede<br />
alle isole Cayman. Come ha scritto il sociologo<br />
Tonino Perna su il Manifesto, “la<br />
crisi verticale dei partiti, delle ideologie,<br />
porta a selezionare nel modo peggiore la<br />
classe politica” e “i partiti sono ormai diventati<br />
delle strutture autoreferenziali di<br />
potere, di lobby e di affari”. Se si vogliono<br />
cambiare le cose è necessario un controllo<br />
popolare e diretto sulla pubblica<br />
amministrazione. Il disegno di legge del<br />
governo Monti istituisce la figura del<br />
“commissario anticorruzione”, che potrà<br />
avvalersi nel suo operato delle forze della<br />
Guardia di Finanza. Ma, se l’intero sistema<br />
è corrotto, chi garantirà della sua<br />
incorruttibilità<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 80
www.isiciliani.it<br />
Società civile<br />
Al mercato<br />
delle belle idee<br />
In Sicilia si fa “la cosa<br />
giusta” nei “Cantieri<br />
che vogliamo”...<br />
di Giovanni Abbagnato<br />
La bella notizia, una volta tanto, è<br />
che i Cantieri Culturali della Zisa di<br />
Palermo, dopo l’abbandono nel grigio<br />
decennio delle amministrazioni Cammarata,<br />
tornano a vivere grazie<br />
all’azione determinata di un movimento<br />
di persone, associazioni, centri sociali<br />
e altre realtà cittadine.<br />
Il motivo che ha determinato tanti a<br />
scrollarsi una rassegnazione da troppo<br />
tempo portata avanti nasceva dalla indignazione<br />
e la conseguente volontà di reagire<br />
alla sostanziale privatizzazione dello<br />
spazio – uno dei più vasti ed interessanti<br />
esempi di archeologia industriale in Europa<br />
già votato alla cultura e alla socialità<br />
- che la vecchia Giunta, ormai disfatta,<br />
stava realizzando con un colpo di coda,<br />
tanto indegno quanto illegittimo.<br />
Questo tentativo di sottrarre alla città<br />
un’area simbolo, di particolare importanza<br />
simbolica e socio-culturale, è stato<br />
neutralizzato grazie ad una mobilitazione<br />
collettiva sintetizzata negli slogan simbolo:<br />
“apriamo i Cantieri” e“i Cantieri che<br />
vogliamo”.<br />
Un movimento che ha prodotto una<br />
vertenzialità fatta di resistenza civile, ma<br />
anche di progettazione partecipata, di organizzazione<br />
di eventi e di tanto altro durante<br />
i quali un movimento invitava la<br />
città a riappropriarsi dei Cantieri per le<br />
numerose opportunità che essi possono<br />
dare, dalle produzioni culturali in campo<br />
cinematografico, teatrale e di varia<br />
espressione artistica, alla fruizione<br />
organizzata a disposizione del quartiere<br />
circostante e, più diffusamente dell’intera<br />
collettività.<br />
Già da qualche mese i Cantieri ospitano<br />
manifestazioni interessanti, ma rimane<br />
in corso il dialogo, in piena autonomia<br />
delle parti, tra la nuova amministrazione<br />
e il Comitato “ i Cantieri che<br />
vogliamo”per provare a caratterizzare<br />
l’utilizzo, sempre più efficace dell’Area.<br />
Ciò in una rigorosa logica di “bene comune”che<br />
escluda una gestione esclusivamente<br />
centralizzata nelle istituzioni,<br />
come anche affidamenti a lungo termine<br />
che creino privilegi e impongano una<br />
fruizione passiva alternativa alla libera<br />
espressione della città in tutta la sua capacità<br />
di esprimere cultura e socialità.<br />
La logica del bene comune<br />
Ma i progetti significativi sono, oltre<br />
che realizzati, anche nobilitati dalle pratiche.<br />
In questo senso, il fine settimana dal<br />
19 al 21 ottobre 2012 ha rappresentato<br />
uno spartiacque importante nella nuova<br />
fruizione dei Cantieri.<br />
Questo perché in questi giorni, in cui<br />
l’estate non si rassegnava a lasciare il<br />
passo all’autunno, ha aperto i suoi battenti<br />
a Palermo e alla Sicilia, una manifestazione<br />
importante come “Fa la cosa<br />
giusta Sicilia”.<br />
Una mostra–mercato sui consumi critici<br />
e gli stili di vita sostenibili e responsabili<br />
che, oltre a fare rivivere il maestoso<br />
capannone delle “tre navate”e altri spazi<br />
interni ed esterni dell’Area dei Cantieri ,<br />
metteva in sinergia, positivamente innovativa,<br />
valori, relazioni e capacità di progettare<br />
futuro. Questo in una logica di responsabilità<br />
etica all’interno di un sistema<br />
di economia alternativa a quelli dominanti,<br />
la cui crisi, ormai evidentemente<br />
strutturale, mostra tutti i suoi aspetti di<br />
profonda e irresponsabile disumanità.<br />
E’ stato questo “Fa la cosa giusta siciliana”,<br />
la prima del centro-sud. Un modo<br />
per interpretare un’esperienza fieristica<br />
del Nord del Paese, attraverso la specificità<br />
di una Regione come la Sicilia di<br />
grandi complessità, ma anche di straordinarie<br />
potenzialità. Una Sicilia che vuole<br />
mostrare un volto diverso dagli stereotipi<br />
correnti, ma a partire dalla sua capacità<br />
d’innovazione in tutti i campi.<br />
Questo è stato dimostrato dalla presenza<br />
tra le strutture e i viali dei Cantieri - e<br />
prima ancora tra le pagine di una Guida<br />
ai consumi responsabili e alle buone pratiche,<br />
edita dal Comitato organizzatore<br />
nel 2011 - di un mondo, vasto e motivato<br />
delle produzioni e dei servizi compatibili<br />
e responsabili, dell’associazionismo e,<br />
più in generale, dell’impegno sociale ed<br />
antimafioso.<br />
Una grande festa, ma anche un modo<br />
per veicolare progetti e innovazione perché<br />
chi l’ha detto che edificare una nuova<br />
società basata sul rispetto dei diritti e<br />
delle libertà delle persone e dell’ambiente,<br />
sia un fatto da affidare a consessi elitari<br />
e seriosi In questi giorni dai Cantieri<br />
culturali di Palermo parte verso tutti i territori<br />
della Sicilia il messaggio che ognuno,<br />
ogni giorno e nel proprio piccolo -<br />
provando a vivere meglio sul piano ambientale,<br />
sociale ed alimentare - ha la<br />
possibilità, per se e per gli altri, di “fare<br />
la cosa giusta”.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 81
www.isiciliani.it<br />
• ore 14.30 ritrovo sotto l’Arco della Pace<br />
• ci spostiamo insieme nel parco Sempione <br />
per il momento commemorativo<br />
• a seguire iniziative proposte dai ragazzi<br />
di <strong>Libera</strong> in occasione dell’evento<br />
• premiazione dei vincitori del concorso <br />
fotografico “Indifferenza”<br />
Tre anni fa<br />
-il 24 novembre 2009-<br />
scompariva<br />
all’Arco della Pace<br />
la testimone di<br />
giustizia <br />
Lea Garofalo.<br />
Quest’anno, nello<br />
stesso giorno e nello<br />
stesso luogo, <br />
il presidio giovani<br />
<strong>Libera</strong> Milano vuole<br />
coinvolgere la<br />
cittadinanza nel<br />
ricordo di una realtà<br />
da non dimenticare.<br />
Per questo abbiamo<br />
deciso di piantare un<br />
albero <br />
come simbolo vivo<br />
nella città di Milano <br />
e presenza concreta<br />
della sua memoria.<br />
CONCORSO FOTOGRAFICO<br />
“ L’INDIFFERENZA”<br />
Concorso fotografico aperto a tutti dal tema “L’INDIFFERENZA”. Si partecipa<br />
con un’unica immagine jpg. È’ consentita la manipolazione digitale<br />
dell’immagine.<br />
Le fotografie potranno essere inviate al seguente indirizzo mail,<br />
concorso.indifferenza@gmail.com, dal 9 ottobre al 4 novembre 2012 e<br />
potranno essere votate alla pagina FACEBOOK, “Concorso fotografico<br />
l’indifferenza” dal 5 al 18 novembre2012.<br />
La foto inviata dovrà essere accompagnata da nome, cognome, indirizzo mail<br />
e numero telefonico. Le foto prive di questi requisiti non saranno caricate su<br />
facebook per essere votate.<br />
La foto più votata, alla mezzanotte del 19 novembre 2012, vincerà il “premio<br />
del pubblico”, mentre le tre vincitrici saranno scelte da una Commissione<br />
composta da due ragazzi del Presidio Giovani e una Laureanda dell’<br />
Accademia delle Belle Arti di Brera. I vincitori verranno contattati via mail<br />
entro il 20 novembre. La premiazione si terrà nel pomeriggio del 24 novembre<br />
alla presenza del Presidente della Commissione antimafia di Milano David<br />
Gentili ( sulla pagina facebook verranno comunicati luogo e orario della<br />
premiazione)<br />
I premi consistono in: primo classificato (“ a cena con <strong>Libera</strong>” : prodotti e vini<br />
di <strong>Libera</strong>Terra) , secondo classificato (“ a colazione con <strong>Libera</strong>” : prodotti di<br />
<strong>Libera</strong>Terra), terzo classificato (felpa di <strong>Libera</strong>), “premio del pubblico”<br />
(maglietta di <strong>Libera</strong>). Le foto vincitrici verranno inoltre pubblicate on-line su<br />
“Stampoantimafioso” e “I <strong>Siciliani</strong>”.<br />
Regolamento completo alla pagina facebook<br />
“Concorso fotografico ’indifferenza.”<br />
Seguiteci su Facebook!<br />
“Le radici del domani -<br />
Un albero per Lea”<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
i<br />
– pag. p 82
www.isiciliani.it<br />
Mafia e media<br />
Lezione di giornalismo<br />
Il famoso giornale intervista<br />
il mafioso.<br />
Analisi e commento<br />
di Valentina Sgambetterra<br />
e Martina Mazzeo<br />
www.stampoantimafioso.it<br />
Arrestano due dei tre fratelli Giacobbe<br />
a Pessano con Bornago, nel milanese.<br />
Il Giorno (www.ilgiorno.it) ne<br />
fa la cronaca, sotto forma di intervista.<br />
A parlare è il padre, Salvatore Giacobbe,<br />
boss della ‘ndrangheta condannato<br />
a vent’anni per associazione mafiosa.<br />
Vale la pena di leggere. Magari con<br />
qualche osservazione di tipo scientifico,<br />
per chiarire alcune delle dichiarazioni<br />
dell’intervistato; e anche con qualche riflessione<br />
sulle suggestioni che ne muovono<br />
sulle sue (gravi anche se involontarie)<br />
implicazioni.<br />
Spicca il riferimento alla spontaneità<br />
con cui gli imprenditori si rivolgerebbero<br />
ad un boss della criminalità organizzata<br />
per ricevere protezione o offrire appalti.<br />
Certo, esistono anche imprenditorii che<br />
ammiccano alla mafia vedendo, o credendo<br />
di vedere (la mafia non fa mai nulla<br />
gratis), in tali rapporti, l’opportunità di<br />
affari e profitti in una convergenza di interessi.<br />
Tuttavia, come insegna il sociologo<br />
Rocco Sciarrone, bisogna distinguere<br />
differenti tipologie di imprenditori declinate<br />
sulla base di una valutazione<br />
quanti/qualitativa del grado di coinvolgimento<br />
dell’imprenditore con l’ambiente<br />
mafioso. E’ un fatto che com’è vero che<br />
esistono imprenditori collusi o addirittura<br />
mafiosi, altrettanto vero è che ad una certa<br />
fetta dell’imprenditoria, specialmente<br />
piccola e media, la protezione viene offerta<br />
o, per meglio dire, imposta dal boss<br />
che controlla la zona.<br />
Il meccanismo collaudato è il seguente:<br />
il clan individua la vittima e comincia<br />
a minacciarla in un crescendo di azioni<br />
finalizzate a spaventare sia l’imprenditore<br />
che i suoi cari; progressivamente, le<br />
minacce aumentano d’intensità: scattano<br />
i primi avvertimenti, le prime ritorsioni.<br />
Forse salterà una gru o un capannone<br />
prenderà fuoco.<br />
A questo punto, ossia dopo aver creato<br />
il problema, il boss si rivolge all’imprenditore<br />
offrendogli protezione da quelle<br />
violenze da lui stesso perpetrate: in pratica<br />
propone la soluzione, in un pericoloso<br />
incrocio di domanda e offerta. Oppure<br />
sarà l’imprenditore stesso a rivolgersi al<br />
boss locale, di cui la fama è nota, in cambio<br />
di una “vita tranquilla” e della possibilità<br />
di portare avanti la propria attività<br />
rassegnandosi ad inserire il pizzo tra i<br />
costi strutturali della sua impresa.<br />
Rispetto agli appalti la questione è analoga<br />
ed anche più complessa. Offrire un<br />
appalto alla mafia può costituire il tragico<br />
epilogo per un imprenditore pesantemente<br />
vessato. L’alternativa potrebbe essere<br />
quella di cercare altri segmenti di<br />
mercato, in altri territori, con costi talvolta<br />
insostenibili.<br />
“La mafia Ma in fondo...”<br />
Un secondo spunto di riflessione nasce<br />
a seguito del tentativo, niente affatto velato,<br />
di sminuire la portata del fenomeno<br />
mafioso al Nord. «Limitiamoci alle infiltrazioni»<br />
dice Giacobbe. Ma l’obiettivo<br />
primo per la mafia, e in particolare per la<br />
‘ndrangheta, è proprio il controllo del<br />
territorio anche a scapito del profitto. La<br />
‘ndrangheta si è diffusa nel Nord attraverso<br />
la strategia della colonizzazione<br />
che ha portato ad una presenza ramificata<br />
e capillare di cellule, poi divenute vere e<br />
proprie colonie di ‘ndrangheta, in molte<br />
aree del Paese e fuori dal Paese.<br />
«Non rubano ai poveri i grandi boss»,<br />
ci vuol far credere Giacobbe. Ma non<br />
spiega che l’estorsione, il pizzo, la protezione<br />
sono metodi che hanno come finalità<br />
prima il controllo del territorio e solo<br />
a seguire il profitto.<br />
Vogliamo aggiungere una riflessione<br />
sull’opportunità e sulle suggestioni di<br />
questo articolo. A partire dal titolo, con il<br />
riferimento al Padrino, l’impressione è<br />
che tutta l’intervista, volente o nolente,<br />
strizzi l’occhio allo stereotipo, al luogo<br />
comune.<br />
La presentazione confezionata per il<br />
boss – «in casa sua fu trovato un vero arsenale»<br />
– alimenta il mito dell’eroe onnipotente,<br />
nonostante la sentenza di condanna<br />
che, anzi, sembra indossata come<br />
una medaglia al valore, un riconoscimento<br />
di prestigio.<br />
E' pericolosa la fascinazione<br />
esercitabile da una simile figura, specialmente<br />
in tempi in cui un’aggressiva precarietà,<br />
materiale ed esistenziale, rischia<br />
di rinvigorire la presa di un principio tipicamente<br />
mafioso: la ricerca della via<br />
più breve al massimo risultato con il minimo<br />
sforzo.<br />
Tanto mafiose sono le risposte del<br />
boss, quanto pressappochiste le domande<br />
della giornalista. Al primo fa comodo<br />
una pagina di giornale in cui gloriarsi dei<br />
suoi pregi di "uomo d’onore", e alla seconda<br />
interessi lo scoop, la notizia ad<br />
ogni costo.<br />
Sembra di leggere un’intervista a una<br />
star chiamata a giustificare pubblicamente<br />
le bravate del figlio scapestrato a<br />
cui, insomma, “è giovane e gli si perdona<br />
tutto"... Non è difficile immaginarsi il<br />
ghigno fiero di Salvatore Giacobbe, giacca<br />
cravatta e niente coppola in testa,<br />
mentre risponde alle domande.<br />
E poi, davanti ad un’asserzione della<br />
portata di «non si sputa nel piatto dove si<br />
mangia», tradotto: “sono orgogliosamente<br />
un mafioso”, perché la giornalista sceglie<br />
di dare a Giacobbe un’altra occasione<br />
di celebrità ricordando che è stato citato<br />
in un libro<br />
Sarebbe sufficiente agire con un po’<br />
più di scrupolo, porre a se stessi qualche<br />
interrogativo in più e già la mafia farebbe<br />
i conti con un altro giornalismo.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 83
www.isiciliani.it<br />
Pacifisti<br />
Da Niscemi<br />
a Ravenna<br />
FOTO DI ALESSANDRO ROMEO<br />
Ma sta cambiando<br />
qualcosa, in questo<br />
Paese Al Nord, al<br />
Sud Forse sì<br />
di Sara Spartà<br />
www.diecieventicinque.it<br />
“Niscemi batte Obama” titola il<br />
“Manifesto” del 7 ottobre. Il giorno la<br />
manifestazione nazionale No MUOS<br />
davanti alla base della Us Navy di Niscemi<br />
aveva fatto parlare tutta Italia.<br />
Più di cinquemila persone sono arrivate<br />
da tutte le città e paesi della Sicilia<br />
per protestare non solo contro la base,<br />
ma anche contro tutte le altre ferite<br />
imposte alla dignità del territorio e<br />
alla salute dei cittadini.<br />
Dai No Tav ai No Ponte, dalle donne di<br />
No dal Molin ai No Radar sardi, hanno<br />
sfilato tutti insieme per dire basta alla<br />
militarizzazione del territorio e per promuovere<br />
i valori della pace e della vita.<br />
In testa al corteo c’era il Sindaco di Niscemi<br />
Francesco La Rosa e al suo fianco<br />
Rita Borsellino. E poi, solidali e decisi, i<br />
sindaci di vari comuni della zona.<br />
Un corteo lungo quattro anni: è da tanto<br />
che dura – fra il silenzio dei grandi<br />
media ma la solidarietà crescente dei cittadini<br />
– l’impegno del piccolo gruppo di<br />
ragazzi che ha dato il via a tutto questo.<br />
Erano appena cinque, all’inizio. Ora sfilano<br />
in folla, e sono cinquemila. Siamo a<br />
poca distanza da Comiso, la terra che<br />
negli anni di Pio La Torre lottava contro<br />
gli stessi obiettivi e contro gli stessi<br />
soggetti. Una sfida lunga trent’anni, che<br />
dalla base di Comiso si sposta a Niscemi<br />
ma che ha gli stessi simboli, gli stessi<br />
colori, la stessa Sicilia che ha voglia di<br />
riscatto.<br />
Una sfida lunga trnt'anni<br />
Si rivendica la libertà di questi territori<br />
dalle pretese dei militari americani e si<br />
festeggia la notizia del sequestro preventivo<br />
dell’intera area disposto dalla Procura<br />
di Caltagirone. Il provvedimento,<br />
emesso dal Gip a seguito di indagini iniziate<br />
nel luglio 2011, è basato sul divieto<br />
assoluto di edificabilità di quell’area e<br />
sulla violazione di varie prescrizioni fissate<br />
dal decreto istitutivo della stessa e<br />
dell’ambiente circostante. Il Muos infatti<br />
sorge all’interno di una Riserva Naturale<br />
Orientata, sito d’interesse comunitario.<br />
Rita Borsellino ha definito ambigua la<br />
risposta ricevuta dal Parlamento Europeo<br />
a seguito della sua interrogazione sul<br />
caso Muos. “Ambigua – ha precisato -<br />
perché i documenti forniti per lo stesso<br />
risultano essere in regola.” E si dispiace<br />
del fatto, che denuncia come riprovevole,<br />
che la magistratura ancora una volta debba<br />
sostituirsi alla politica. Dichiara inaccettabili<br />
le responsabilità della Regione<br />
Sicilia auspicando un maggiore interesse<br />
e rivisitazione di tutti gli atti e le procedure<br />
relative al Muos.<br />
Ai cancelli della CMC<br />
C’è voglia di chiarezza e di trasparenza.<br />
E se da un lato impera la gioia dei<br />
Comitati, dall’altro lato tutti lamentano<br />
come l’interessamento dei politici coincida<br />
con l’avvicinarsi delle elezioni regionali.<br />
Semplice coincidenza o reale interesse,<br />
questo sarà il tempo a dirlo. Nel<br />
frattempo i ragazzi non si fermano e con<br />
gioia, colori, sorrisi e determinazione<br />
continuano la marcia per la sensibilizzazione<br />
e la protesta che salpa verso il<br />
“continente”.<br />
A Ravenna il 13 ottobre hanno manifestato<br />
di fronte ai cancelli della CMC<br />
(l’antica Cooperativa Muratori e Cementieri,<br />
ora lontana dagli ideali di solidarietà<br />
originari) per la salvaguardia della terra<br />
e per la rivendicazione dell’etica nel<br />
lavoro nelle imprese e nelle cooperative<br />
come questa, che è general contractor di<br />
tutte le più grandi opere d’Italia, dal ponte<br />
sullo stretto di Messina al Tav in Val di<br />
Susa.<br />
Abbiamo manifestato anche per denunciare<br />
le collusioni con la mafia che molte<br />
imprese di questo circuito di appalti e subappalti<br />
intrecciano e che restano ancora<br />
in ombra. Afine mese è prevista una manifestazione<br />
anche a Roma.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 84
www.isiciliani.it<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 85
www.isiciliani.it<br />
Ieri contro i missili, oggi contro il Muos<br />
Da Comiso a Niscemi<br />
Generazioni di pace<br />
Chi l'ha detto che i giovani non s'impegnano più<br />
La folla colorata e pacifica di Niscemi, i comitati<br />
che sorgono dappertutto, sono un segnale preciso.<br />
Che i politici ignorano<br />
di Antonio Mazzeo<br />
Come ritrovarsi a vent’anni. Con le<br />
stesse energie, l’ingenuità di ritenere il<br />
mondo diviso in buoni e cattivi, noi i<br />
buoni, loro i cattivi. Con il sorriso dipinto<br />
nel volto, gli occhi luminosi. E belli. I<br />
colori, poi, sono ancora gli stessi.<br />
L’azzurro del cielo siciliano in ottobre e<br />
le campagne che dopo l’arida estate tornano<br />
a macchiarsi di verde. E quelli<br />
dell’iride, il ponte della rinnovata alleanza<br />
tra l’Uomo e l’Eterno. La natura. La<br />
speranza di pace.<br />
Noi che abbiamo ormai i capelli grigi<br />
abbiamo sentito di rivivere l’ansia, le<br />
gioie, l’allegria festosa di quando circondavamo<br />
con i nostri corpi il filo spinato<br />
di quella che sarebbe diventata la base<br />
della morte atomica, a Comiso,<br />
trent’anni fa.<br />
Nel cuore della Sicilia<br />
Stavolta però siamo a Niscemi, nel<br />
cuore dell’ultima sughereta di Sicilia. A<br />
destra le querce plurisecolari, a sinistra la<br />
selva di antenne di una delle stazioni di<br />
telecomunicazioni militari più grandi del<br />
mondo.<br />
Sabato 6 ottobre, alla prima manifestazione<br />
nazionale contro l’Eco MUOStro<br />
che - nelle intenzioni di Washington - dovrà<br />
condurre sciami di droni ad invadere<br />
e disseminare il lutto nel pianeta, abbiamo<br />
ritrovato l’Altra Sicilia, quella che<br />
non vedevamo dalle lunghe marce contro<br />
i missili Cruise e i tragici cortei dopo<br />
l’attacco allo Stato da parte dello Stato<br />
con le bombe e gli artificieri di Cosa nostra<br />
e dell’eversione neofascista. Quella<br />
Sicilia che non ha diritto di cittadinanza<br />
nei consigli comunali e alla Regione ma<br />
che non si china al passaggio del potente.<br />
Quella Sicilia che ripudia le armi e la<br />
guerra, s’indigna per le carcerazioni e gli<br />
abusi sui migranti e i richiedenti asilo,<br />
che difende i territori dai saccheggi, le<br />
colate di cemento, le perforazioni.<br />
Precari, cassintegrati...<br />
Giovani e studenti, i disoccupati e i<br />
precari per tutte le stagioni, i cassintegrati<br />
di Termini Imerese, quelli che nelle<br />
campagne e nelle serre la cassa integrazione<br />
non la vedranno mai. Le madri, le<br />
bambine, tantissime donne ed essere<br />
donna in Sicilia è due volte più duro che<br />
esserlo altrove. Il popolo dei No Muos<br />
incarna l’utopia dell’esserci e contare,<br />
del non delegare diritti e speranze.<br />
Un popolo che ringrazia quei magistrati<br />
in prima linea per la verità sulle Stragi<br />
e la Trattativa e quelli che han sfidato lo<br />
Zio Sam, mettendogli in catene a Niscemi<br />
la mostruosa creatura generatrice<br />
dell’apocalisse. Ma che sa bene che contro<br />
la Mafia e il MUOS non si vince nelle<br />
aule giudiziarie, perché è lotta politica,<br />
di piazza, nei quartieri, un confrontoscontro<br />
sociale. Un conflitto per il cambiamento<br />
e la trasformazione delle relazioni<br />
umane e sociali, per la giustizia<br />
economica in difesa dei Beni Comuni,<br />
per l’affermazione dell’uguaglianza e la<br />
promozione dei diritti.<br />
Oggi siamo più maturi di trent’anni fa,<br />
quando ritenevamo impossibili nuove<br />
guerre e ci nutrivamo dei miti del Progresso<br />
e della mobilità sociale. Sappiamo<br />
che la riconversione a uso collettivo delle<br />
basi di guerra non è un assunto etico ma<br />
è la scelta obbligata per assicurare la sopravvivenza<br />
a figli e nipoti. Bandire le<br />
armi è l’ultima opzione per garantirci<br />
pane e lavoro. Opporci al MUOS è riprenderci<br />
la Vita.<br />
Di fronte al muro di gomma e falsità<br />
innalzato dagli strateghi del Pentagono e<br />
dai servi sciocchi dei Monti boys, forse<br />
saremo costretti a distenderci supini sulle<br />
viuzze di contrada Ulmo e rendere inagibile<br />
e inoperativa l’enorme ordigno elettromagnetico<br />
made in U.S.A. che avvelena<br />
da oltre vent’anni i figli della terra di<br />
Niscemi.<br />
Dobbiamo provarci. Insieme<br />
Dovremo assumerci le nostre responsabilità<br />
sino all’ultimo. Rischiando di offrire<br />
le nostre persone alla cieca e ottusa repressione<br />
dei corpi dello Stato. Ma è in<br />
gioco il senso stesso della storia umana,<br />
con le sue mille contraddizioni ma con il<br />
suo valore unico, supremo. Dovremo<br />
provarci. Insieme. In quest’ultimo autunno<br />
senza il MUOS e i suoi satelliti nello<br />
spazio.<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 86
www.isiciliani.it<br />
L'immagine<br />
La lettrice<br />
Foto di Domenico Pisciotta<br />
“ ...A Catania non comanda la mafia,<br />
perciò dimenticatevi del tutto dei morti<br />
in nome della giustizia sulla città,<br />
ammazzati con l'indifferenza di ogni giorno<br />
dimenticati in nome dell'ordine che ci controlla<br />
nella coscienza individuale ed in quella collettiva.<br />
E voi dimenticatevi i nomi dei martiri<br />
di questa ingiustizia chiamata caso Catania.<br />
Statevene quieti nelle vostre case,<br />
e lasciateli in silenzio nella terra di questa città,<br />
perchè come i vivi possano vivere nell'oblio della memoria... “<br />
Fabio D'Urso e Luciano Bruno<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 87
www.isiciliani.it<br />
IL FILO<br />
Di chi è<br />
la colpa<br />
di Giuseppe Fava<br />
“I siciliani hanno espresso una classe politica di<br />
gran lunga inferiore alle loro capacità umane e<br />
alle necessità storiche”<br />
I siciliani hanno espresso una classe<br />
politica di gran lunga inferiore alle<br />
loro capacità umane e alle necessità<br />
storiche.<br />
____________________________________<br />
La Fondazione Fava<br />
La fondazione nasce nel 2002 per mantenere<br />
vivi la memoria e l’esempio di Giuseppe Fava,<br />
con la raccolta e l’archiviazione di tutti i suoi<br />
scritti, la ripubblicazione dei suoi principali libri,<br />
l'educazione antimafia nelle scuole, la promozione<br />
di attività culturali che coinvolgano i giovani<br />
sollecitandoli a raccontare. Il sito permette<br />
la consultazione gratuita di tutti gli articoli di<br />
Giuseppe Fava sui <strong>Siciliani</strong>.<br />
Per consultare gli archivi fotografico e teatrale,<br />
o altri testi, o acquistare i libri<br />
della Fondazione, scrivere a<br />
elenafava@fondazionefava.it<br />
mariateresa.ciancio@virgilio.it<br />
____________________________________<br />
Il sito “I <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava”<br />
Pubblica tesi su Giuseppe Fava e i <strong>Siciliani</strong>, da<br />
quelle di Luca Salici e Rocco Rossitto, che ne<br />
sono i curatori. E' un archivio, anzi un deposito<br />
operativo, della prima generazione dei <strong>Siciliani</strong>.<br />
Senza retorica, senza celebrazioni,<br />
semplicemente uno strumento<br />
di lavoro. Serio, concreto<br />
e utile: nel nostro stile.<br />
Da trent’anni abbiamo l’autonomia<br />
regionale, una macchina costituzionale<br />
per risolvere la nostra tragedia di<br />
popolo, risolvere i nostri problemi sociali,<br />
costruire le strade, le scuole, gli<br />
ospedali, le case, le dighe, portare acqua<br />
nel cuore della terra arida, costruire<br />
fattorie, allevamenti, sovvenzionare<br />
le industrie utili, proteggere i<br />
monumenti, il mare, le coste, realizzare<br />
alberghi, impianti sportivi,<br />
musei, teatri. Siamo invece immobili,<br />
quasi putrefatti dentro i nostri problemi;<br />
l’Europa, cioè il livello di civiltà<br />
europea si allontana sempre di più.<br />
L'Europa s'allontana sempre più<br />
Nella realtà non poteva essere altrimenti:<br />
molti politici ai quali i siciliani<br />
hanno delegato l’amministrazione<br />
della autonomia, erano privi di cultura<br />
tecnica, altri accecati dall’interesse<br />
personale e quindi disponibili alla<br />
corruzione, altri ancora infine senza<br />
ingegno, né fantasia, né inventiva,<br />
cioè praticamente stupidi.<br />
Il tuo voto ad un uomo così<br />
Amico mio, chissà quante volte tu<br />
hai dato il tuo voto, ad un uomo politico<br />
così, cioè corrotto, ignorante e<br />
stupido, sol perché una volta insediato<br />
al posto di potere egli ti poteva garantire<br />
una raccomandazione, la promozione<br />
ad un concorso, l’assunzione<br />
di un tuo parente, una licenza edilizia<br />
di sgarro.<br />
La truffa civile<br />
Così facendo tu e milioni di altri<br />
cittadini italiani avete riempito i parlamenti<br />
e le assemblee regionali e comunali<br />
degli uomini peggiori, spiritualmente<br />
più laidi, più disponibili<br />
alla truffa civile, più dannosi alla società.<br />
Di tutto quello che accade oggi in<br />
questa nazione, la prima e maggiore<br />
colpa è tua.<br />
(I <strong>Siciliani</strong>, febbraio 1983)<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 88
www.isiciliani.it<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
Rivista di politica, attualità e cultura<br />
Fatta da:<br />
Giovanni Abbagnato, Francesco Appari, Lorenzo Baldo, Nando<br />
Benigno, Mauro Biani, Lello Bonaccorso, Luciano Bruno, Anna<br />
Bucca, Elio Camilleri, Claudia Campese, Arnaldo Capezzuto,<br />
Giovanni Caruso, Gian Carlo Caselli, Ester Castano, Carmelo<br />
Catania, Giulio Cavalli, Gabriele Centineo, Antonio Cimino,<br />
Giancarla Codrignani, Marina Comandini, Celeste Costantino,<br />
Fabio D’Urso, Nando dalla Chiesa, Jack Daniel, Riccardo De<br />
Gennaro, Giacomo Di Girolamo, Rosa Maria Di Natale,<br />
Francesco Feola, Norma Ferrara, Paolo Fior, Luigi Fonderico,<br />
Rino Giacalone, Carlo Gubitosa, Diego Gutkowski, Filomena<br />
Indaco, Margherita Ingoglia, Kanjano, Sabina Longhitano,<br />
Michela Mancini, Michela Mancini, Antonio Mazzeo, Martina<br />
Mazzeo, Emanuele Midoli, Luciano Mirone, Attilio Occhipinti,<br />
Salvo Ognibene, Antonello Oliva, Pietro Orsatti, Salvo Perrotta,<br />
Giulio Petrelli, Aaron Pettinari, Giuseppe Pipitone, Antonio<br />
Roccuzzo, Giorgio Ruta, Luca Salici, Valentina Sgambettara,<br />
Mario Spada, Sara Spartà, Mara Trovato, Fabio Vita, Salvo<br />
Vitale, Chiara Zappalà<br />
Webmaster: Max Guglielmino max.guglielmino@isiciliani.org<br />
Net engineering: Carlo Gubitosa<br />
gubi@isiciliani.it<br />
Art director: Luca Salici<br />
lsalici@isiciliani.it<br />
Coordinamenti: Giovanni Caruso gcaruso@isiciliani.it<br />
e Massimiliano Nicosia mnicosia@isiciliani.it<br />
Segreteria di redazione: Riccardo Orioles riccardo@isiciliani.it<br />
Progetto grafico di Luca Salici<br />
(da un'idea di C.Fava e R.Orioles)<br />
I <strong>Siciliani</strong> giovani/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / d.responsabile riccardo orioles<br />
redazione@isiciliani.it<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
– pag. 89
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
www.isiciliani.it<br />
Una piccola<br />
Giambattista<br />
Scidà e Gian<br />
Carlo Caselli<br />
sono stati fra<br />
i primissimi<br />
promotori della<br />
rinascita dei <strong>Siciliani</strong>.<br />
Lo spirito di un<br />
giornale<br />
"Un giornalismo fatto di<br />
verità impedisce molte<br />
corruzioni, frena la<br />
violenza e la criminalità,<br />
accelera le opere<br />
pubbliche indispensabili.<br />
pretende il funzionamento<br />
dei servizi sociali. tiene<br />
continuamente allerta le<br />
forze dell'ordine, sollecita<br />
la costante attenzione<br />
della giustizia, impone ai<br />
politici il buon governo".<br />
Giuseppe Fava
libertà<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
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SOTTOSCRIVI PER I SICILIANI GIOVANI<br />
IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
Cronache<br />
I <strong>Siciliani</strong> giovani rivista di politica, attualità e cultura<br />
fatta da: Gian Carlo Caselli, Nando dalla Chiesa, Antonio Roccuzzo,<br />
Giovanni Caruso, Margherita Ingoglia, Norma Ferrara, Michela<br />
Mancini, Sara Spartà, Francesco Feola, Luca Rossomando, Lorenzo<br />
Baldo, Aaron Pettinari. Salvo Ognibene, Beniamino Piscopo, Giulio<br />
Cavalli, Paolo Fior, Arnaldo Capezzuto, Pino Finocchiaro, Luciano<br />
Mirone, Rino Giacalone, Ester Castano, Antonio Mazzeo, Carmelo<br />
Catania, Giacomo Di Girolamo, Francesco Appari, Leandro Perrotta,<br />
Giulio Pitroso, Giorgio Ruta, Carlo Gubitosa, Mauro Biani, Kanjano,<br />
Luca Ferrara, Luca Salici, Jack Daniel, Anna Bucca, Grazia Bucca,<br />
Luciano Bruno, Antonello Oliva, Elio Camilleri, Fabio Vita, Diego<br />
Gutkowski, Giovanni Abbagnato, Pietro Orsatti, Roberto Rossi, Bruna<br />
Iacopino, Nerina Platania, Nadia Furnari, Riccardo De Gennaro, Fabio<br />
D'Urso, Sabina Longhitano, Salvo Vitale.<br />
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SOTTOSCRIVI IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
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dalla vita com'è<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
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Webmaster: Max Guglielmino. Net engineering: Carlo<br />
Gubitosa. Art director: Luca Salici. Coordinamento:<br />
Giovanni Caruso e Massimiliano Nicosia. Segreteria di<br />
redazione: Riccardo Orioles.<br />
Progetto grafico di Luca Salici<br />
Gli ebook<br />
dei <strong>Siciliani</strong><br />
I <strong>Siciliani</strong> giovani sono stati fra i primissimi in Italia ad<br />
adottare le tecnologie Issuu, a usare tecniche di<br />
impaginazione alternative, a trasferire in rete e su Pdf i<br />
prodotti giornalistici tradizionali. Niente di strano,<br />
perché già trent'anni fa i <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava<br />
furono fra i primi in Italia ad adottare ad esempio la<br />
fotocomposizione fin dal desk redazionale.<br />
Gli ebook dei <strong>Siciliani</strong> giovani, che affiancano il<br />
giornale, si collocano su questa strada ed affrontano<br />
con competenza e fiducia il nuovo mercato editoriale<br />
(tablet, smartphone, ecc.), che fra i primi in Italia hanno<br />
saputo individuare.<br />
I <strong>Siciliani</strong> giovani/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / Dir.responsabile Riccardo<br />
Orioles/ Associazione culturale I <strong>Siciliani</strong> giovani, via Cordai 47, Catania / 30 agosto 2012<br />
www.isiciliani.it
www.isiciliani.it<br />
Ai lettori 1984<br />
Caro lettore, sono in tanti, oggi, ad accusare la Sicilia<br />
di essere mafiosa: noi, che combattiamo la mafia in<br />
prima fila, diciamo invece che essa è una terra ricca di<br />
tradizioni, storia, civiltà e cultura, tiranneggiata dalla<br />
mafia ma non rassegnata ad essa. Questo, però,<br />
bisogna dimostrarlo con i fatti: è un preciso dovere di<br />
tutti noi siciliani, prima che di chiunque altro; di fronte<br />
ad esso noi non ci siamo tirati indietro.<br />
Se sei siciliano, ti chiediamo francamente di aiutarci,<br />
non con le parole ma coi fatti. Abbiamo bisogno di<br />
lettori, di abbonamenti, di solidarietà. Perciò ti<br />
abbiamo mandato questa lettera: tu sai che dietro di<br />
essa non ci sono oscure manovre e misteriosi centri di<br />
potere, ma semplicemente dei siciliani che lottano per<br />
la loro terra. Se non sei siciliano, siamo del tuo stesso<br />
Paese: la mafia, che oggi attacca noi, domani<br />
travolgerà anche te.<br />
Abbiamo bisogno di sostegno, le nostre sole forze non<br />
bastano. Perciò chiediamo la solidarietà di tutti i<br />
siciliani onesti e di tutti coloro che vogliono lottare<br />
insieme a loro. Se non l'avremo, andremo avanti lo<br />
stesso: ma sarà tutto più difficile.<br />
I <strong>Siciliani</strong><br />
Ai lettori 2012<br />
Quando abbiamo deciso di continuare il percorso,<br />
mai interrotto, dei <strong>Siciliani</strong>, pensavamo che questa<br />
avventura doveva essere di tutti voi. Voi che ci avete<br />
letto, approvato o criticato e che avete condiviso con<br />
noi un giornalismo di verità, un giornalismo giovane<br />
sulle orme di Giuseppe Fava.<br />
In questi primi otto mesi, altrettanti numeri dei<br />
<strong>Siciliani</strong> giovani sono usciti in rete e i risultati ci<br />
lasciano soddisfatti, al punto di decidere di uscire entro<br />
l'anno anche su carta e nel formato che fu<br />
originariamente dei <strong>Siciliani</strong>.<br />
Ci siamo inoltre costituiti in una associazione<br />
culturale "I <strong>Siciliani</strong> giovani", che accoglierà tutti i<br />
componenti delle varie redazioni e testate sparse da<br />
nord a sud, e chi vorrà affiancarli.<br />
Pensiamo che questo percorso collettivo vada<br />
sostenuto economicamente partendo dal basso,<br />
partendo da voi. Basterà contribuire con quello che<br />
potrete, utilizzando i mezzi che vi proporremo nel<br />
nostro sito.<br />
Tutto sarà trasparente e rendicontato, e per essere<br />
coerenti col nostro percorso abbiamo deciso di<br />
appoggiarci alla "Banca Etica Popolare", che con i suoi<br />
principi di economia equa e sostenibile ci garantisce<br />
trasparenza e legalità.<br />
I <strong>Siciliani</strong> giovani<br />
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
Chi sostiene i <strong>Siciliani</strong><br />
Una pagina dei <strong>Siciliani</strong> del 1993<br />
Nel 1986, e di nuovo nel 1996, i <strong>Siciliani</strong><br />
dovettero chiudere per mancanza di<br />
pubblicità, nonostante il successo di<br />
pubblico e il buon andamento delle<br />
vendite. I redattori lavoravano gratis, ma<br />
gli imprenditori non sostennero in alcuna<br />
maniera il giornale che pure si batteva per liberare anche<br />
loro dalla stretta mafiosa.<br />
Non è una pagina onorevole, nella storia dell'imprenditoria<br />
siciliana.<br />
SOTTOSCRIVI IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica
I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />
In rete, e per le strade<br />
I <strong>Siciliani</strong> giovani che cos'è<br />
I <strong>Siciliani</strong> giovani è un giornale, è un pezzo di storia,<br />
ma è anche diciotto testate di base da Milano a<br />
Modica, da Catania a Roma, da Napoli a Bologna, a<br />
Trapani, a Palermo che hanno deciso di lavorare<br />
insieme per costituire una rete.<br />
Non solo inchieste e denunce, ma anche il racconto<br />
quotidiano di un Paese giovane, fatto da giovani, vissuto in<br />
prima persona dai protagonisti dell'Italia di domani. Fuori dai<br />
palazzi. In rete, e per le strade.<br />
facciamo rete!<br />
www.isiciliani.it
I <strong>Siciliani</strong><br />
giovani<br />
www.isiciliani.it<br />
1982-2012<br />
"A che serve essere vivi, se non c'è<br />
il coraggio di lottare"<br />
SOTTOSCRIVI!<br />
Associazione culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica/ IBAN:<br />
IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
Oppure:<br />
Conto corrente postale<br />
n. C/C 001008725614<br />
Associazione Culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani, via Cordai 47 Catania