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<strong>Il</strong> <strong>vangelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Luca</strong><br />
46a) State attenti a non lasciarvi corrompere dai maestri della Legge.<br />
Prima <strong>di</strong> offrire il suo insegnamento, Gesù invita il gruppo dei suoi <strong>di</strong>scepoli a fare attenzione a<br />
quanto <strong>di</strong>rà; il motivo nasce dalla pericolosità, dal sottile fascino che certi comportamenti sociali<br />
esteriori hanno sugli uomini, anche sui <strong>di</strong>scepoli. Seguire Gesù sulle strade dell’uomo, comporta la<br />
vigilanza dello spirito perché la carne ha altri appetiti e desideri.<br />
46b–47b) L’avi<strong>di</strong>tà<br />
È parso opportuno esprimere con questo sostantivo il punto fondamentale della denuncia che Gesù<br />
fa nei riguar<strong>di</strong> dei maestri della Legge; l’avi<strong>di</strong>tà è alla base <strong>di</strong> molti comportamenti sociali nei<br />
quali l’egoismo o l’egocentrismo connotano scelte e posizioni umane. Di seguito si rimarcano alcune<br />
negatività soprattutto in riferimento alla vita comunitaria.<br />
L’esteriorità quale ambito della propria vanità, della propria immagine più imme<strong>di</strong>ata e appariscente,<br />
l’esteriorità come egocentrismo.<br />
<strong>Il</strong> successo pubblico, ovvero la ricerca <strong>di</strong> essere riveriti più per ciò che si ha che per quello che si è<br />
in coscienza; essere salutati quali primi della classe anziché riconosciuti là dove prevale la logica<br />
del servizio gratuito e della solidarietà <strong>di</strong>sinteressata.<br />
La mancanza <strong>di</strong> moderazione, quale deriva dell’avi<strong>di</strong>tà. È un tema caro all’evangelista, estremamente<br />
connesso col tema della ricchezza; l’avi<strong>di</strong>tà che deturpa le relazioni e i comportamenti,<br />
l’avi<strong>di</strong>tà che <strong>di</strong> fatto impe<strong>di</strong>sce un saper guardare oltre la realtà apparente dei fatti come delle<br />
persone, fossero anche all’interno <strong>di</strong> una religiosità, l’avi<strong>di</strong>tà che impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> riconoscere<br />
l’essenzialità per la salvezza. L’ipocrisia: Gesù ne denuncia apertamente il pericolo, quello in grado<br />
<strong>di</strong> ridurre la fede a mera esperienza <strong>di</strong> facciata, una fede più millantata che ricca <strong>di</strong> contenuti effettivi<br />
e affettivi verso Dio e il prossimo. La preghiera come paravento <strong>di</strong> una spiritualità arida per il<br />
suo formalismo esteriore. Per comprendere il riferimento ai beni delle vedove, va detto che frequentemente<br />
le autorità religiose del tempo si facevano nominare quali amministratori delle ere<strong>di</strong>tà<br />
familiari delle vedove, categoria sociale considerata tra le più deboli e in<strong>di</strong>fese; secondo Gesù<br />
dove però prevale l’avi<strong>di</strong>tà, anche un servizio benemerito può scadere in appropriazioni indebite e<br />
lontane dalla vera e caritatevole religiosità.<br />
47c) Queste persone saranno giu<strong>di</strong>cate con estrema severità.<br />
La conclusione <strong>di</strong> Gesù rimarca la severità del giu<strong>di</strong>zio finale su coloro che <strong>di</strong> fatto vivono agli antipo<strong>di</strong><br />
della legge dell’amore. L’unico pensiero che in sede <strong>di</strong> commento si vuole offrire è che davanti<br />
a Dio contano lo spirito e il senso per i quali si compiono scelte e opere, soprattutto quelle <strong>di</strong><br />
misericor<strong>di</strong>a, da intraprendere secondo il più genuino spirito evangelico; in sede <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio finale<br />
si può prevedere che l’autoreferenzialità conterà ben poco, perché Dio guarda più alla rettitu<strong>di</strong>ne<br />
del cuore che ai successi mondani, specie quando sono ricercati e interpretati per mero edonismo<br />
e senza un’etica <strong>di</strong> riferimento se non la propria vanagloria connotata da tanti presunti titoli e meriti.<br />
21,1a) Poi Gesù, guardandosi attorno.<br />
L’inizio del nuovo capitolo serve all’evangelista per in<strong>di</strong>care la continuità spaziale, il Tempio, e <strong>di</strong><br />
contenuto dell’insegnamento <strong>di</strong> Gesù, il quale si cala nel posto della vita dei suoi interlocutori al<br />
fine <strong>di</strong> esprimere sempre un servizio reale al Padre e alla verità che annuncia nella carità. Una sottolineatura<br />
per il <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> sempre: quante omelie, catechesi, scelte pastorali e familiari, quante<br />
testimonianze esprimono con efficacia un saper guardarsi attorno Gesù docet.<br />
21,1–4) Un’in<strong>di</strong>cazione preziosa<br />
La presentazione <strong>di</strong> questo piccolo ma significativo quadro <strong>di</strong> vita incontrata nel Tempio, che <strong>Luca</strong><br />
ha in comune col solo Marco, permette all’evangelista <strong>di</strong> proporre, come a lui gli è caro, un contrasto<br />
col precedente insegnamento, ad in<strong>di</strong>care che il Maestro più che fermarsi a una denuncia, pur<br />
se oggettiva, pre<strong>di</strong>lige offrire un esempio a cui il <strong>di</strong>scepolo può tendere.<br />
Kairòs 212