"La Capitana del Yucatan" di Emilio Salgari
"La Capitana del Yucatan" di Emilio Salgari "La Capitana del Yucatan" di Emilio Salgari
alla sommità degli alberi e dalla ruota di prora a quella di poppa. L'Yucatan pareva che balzasse sotto i colpi vertiginosi delle due eliche. Il suo sperone fendeva netto le acque sollevando due vere pareti liquide che s'allargavano rapidamente a babordo ed a tribordo, tracciando un solco smisurato e spumeggiante. In capo a mezz'ora aveva ormai guadagnato considerevolmente sull'incrociatore. Questi però, quantunque dovesse essersi accorto che non poteva gareggiare con quella piccola nave, non aveva sospeso l'inseguimento, anzi tutt'altro. Si era posto bravamente in caccia bruciando tonnellate di carbone e coprendosi di fumo e di scintille. La cannoniera o torpediniera che fosse lo aveva già raggiunto e lo seguiva a breve distanza. Il labirinto de las Doce Leguas non era più lontano. Al di là della barriera delle isole si vedevano già apparire i primi isolotti e le prime rocce le quali dovevano in breve diventare numerosissime. L'Yucatan avrebbe potuto tagliare la barriera approfittando di uno dei tanti passaggi, non volendo però correre il pericolo di esporsi ad un arenamento, voleva raggiungere prima il canale dell'Est, più comodo, più conosciuto e quindi meno da temersi. Non era che questione di una mezz'ora sola, con quella velocità straordinaria che aumentava sempre. Il loche aveva segnato già venticinque nodi e sei decimi. Alle otto, mentre la velocità raggiungeva il massimo di ventisei nodi, l'Yucatan si avventurava audacemente nel passaggio dell'Est, un canale ampio che si apre verso l'estremità orientale di quella lunga barriera d'isole e che serpeggia fra il labirinto de las Doce Leguas. Non essendo prudente mantenere quella velocità straordinaria, fu dato il comando in macchina di rallentare, poi la marchesa si mise in persona alla ruota del timone con a fianco 332
Cordoba. L'incrociatore e la torpediniera non si vedevano più, essendo rimasti nascosti dalle isole, però era convinzione di tutti che non si fossero arrestati, anzi che continuassero attivamente la caccia. Poco però importava ormai a Cordoba ed alla marchesa, avendo la certezza che almeno la grande nave non avrebbe osato impegnarsi nel labirinto. La torpediniera non avrebbe certamente mancato di avventurarsi essendo di poco tonnellaggio, ma per essa vi erano il pezzo della torretta e gli Hotchkiss. Il labirinto stava dinanzi all'Yucatan. Era un vero caos di isolette d'ogni dimensione e d'ogni forma, alcune splendide per vegetazione, altre alte, diroccate, aridissime, calcinate dal sole; di lunghe barriere di scogli che correvano in tutte le direzioni, che formavano centinaia di baie microscopiche capaci di dare ricetto ad una nave di piccolo tonnellaggio od a qualche dozzina di barche; di banchi e di bassi ed alti fondi sabbiosi, circondati di scoglietti a fior d'acqua, acuti come lame di coltelli e tremendi per le carene delle navi. Un fragore assordante veniva da quell'ammasso d'isole e scogliere, causato dalle ondulazioni prodotte dalla marea. L'acqua rumoreggiava dovunque, frangendosi e rifrangendosi contro le rupi e tuonando sordamente entro la baia o entro le caverne marine scavate dall'eterna azione dei flutti. La marcia del Yucatan era rallentata. La Capitana lo guidava con estrema prudenza poiché un colpo di timone male dato sarebbe stato sufficiente a mandare la piccola nave su qualche bassofondo o sulle punte rocciose che emergevano dovunque, come bestie malefiche in agguato. Mastro Colon con due marinai, scandagliava senza posa le acque, gridando incessantemente: 333
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alla sommità degli alberi e dalla ruota <strong>di</strong> prora a quella <strong>di</strong> poppa.<br />
L'Yucatan pareva che balzasse sotto i colpi vertiginosi <strong>del</strong>le<br />
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vere pareti liquide che s'allargavano rapidamente a babordo ed a<br />
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In capo a mezz'ora aveva ormai guadagnato<br />
considerevolmente sull'incrociatore. Questi però, quantunque<br />
dovesse essersi accorto che non poteva gareggiare con quella<br />
piccola nave, non aveva sospeso l'inseguimento, anzi tutt'altro.<br />
Si era posto bravamente in caccia bruciando tonnellate <strong>di</strong><br />
carbone e coprendosi <strong>di</strong> fumo e <strong>di</strong> scintille. <strong>La</strong> cannoniera o<br />
torpe<strong>di</strong>niera che fosse lo aveva già raggiunto e lo seguiva a<br />
breve <strong>di</strong>stanza.<br />
Il labirinto de las Doce Leguas non era più lontano. Al <strong>di</strong> là<br />
<strong>del</strong>la barriera <strong>del</strong>le isole si vedevano già apparire i primi isolotti<br />
e le prime rocce le quali dovevano in breve <strong>di</strong>ventare<br />
numerosissime.<br />
L'Yucatan avrebbe potuto tagliare la barriera approfittando<br />
<strong>di</strong> uno dei tanti passaggi, non volendo però correre il pericolo <strong>di</strong><br />
esporsi ad un arenamento, voleva raggiungere prima il canale<br />
<strong>del</strong>l'Est, più comodo, più conosciuto e quin<strong>di</strong> meno da temersi.<br />
Non era che questione <strong>di</strong> una mezz'ora sola, con quella<br />
velocità straor<strong>di</strong>naria che aumentava sempre. Il loche aveva<br />
segnato già venticinque no<strong>di</strong> e sei decimi.<br />
Alle otto, mentre la velocità raggiungeva il massimo <strong>di</strong><br />
ventisei no<strong>di</strong>, l'Yucatan si avventurava audacemente nel<br />
passaggio <strong>del</strong>l'Est, un canale ampio che si apre verso l'estremità<br />
orientale <strong>di</strong> quella lunga barriera d'isole e che serpeggia fra il<br />
labirinto de las Doce Leguas.<br />
Non essendo prudente mantenere quella velocità<br />
straor<strong>di</strong>naria, fu dato il comando in macchina <strong>di</strong> rallentare, poi<br />
la marchesa si mise in persona alla ruota <strong>del</strong> timone con a fianco<br />
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