"La Capitana del Yucatan" di Emilio Salgari
"La Capitana del Yucatan" di Emilio Salgari "La Capitana del Yucatan" di Emilio Salgari
IL CAPO INSORTO PARDO Quella corsa attraverso la foresta durò cinque ore, quasi senza interruzione e sempre rapida non ostante le grandi piante, i rovi, i cespugli e terminò a breve distanza dalle coste meridionali di Cuba, sul margine di quella vastissima palude chiamata di Guanahacabiles e che dall'ensenada della Guadiana si distende fino a quella di Cortes, attraversando interamente l'estrema punta dell'isola. Colà un vasto accampamento, formato da capanne improvvisate con rami e foglie gigantesche di palmizi reali e da alcune tende, si distendeva fra i margini della palude e la vicina spiaggia, occupando una superficie notevole. Parecchie centinaia d'insorti, parte creoli, parte negri, con non pochi avventurieri americani, lo occupavano. Erano tutti armati però in vario modo, difettando di buoni fucili in causa dell'attiva vigilanza degli spagnoli e delle cannoniere che rendevano estremamente difficili gli sbarchi dei filibustieri, quantunque al largo incrociassero le poderose navi americane. Per lo più non avevano che delle vecchie armi da caccia, dei tromboni del secolo scorso o dei semplici coltelli fissati su dei bastoni a guisa di lance; non pochi però avevano potuto procurarsi delle armi moderne e perfino dei winchester a ripetizione. Il drappello attraversò il campo al galoppo, destando ovunque una viva curiosità e si arrestò dinanzi ad una grande tenda conica, sulla quale ondeggiavano due bandiere incrociate, quella della futura repubblica cubana e quella degli Stati Uniti d'America. 190
L'aiutante di campo aiutò la marchesa a scendere di sella, poi la introdusse nella tenda, dove un uomo stava seduto dinanzi ad un rozzo tavolo fabbricato con rami intrecciati, intento ad osservare alcune carte. – La marchesa del Castillo... – disse l'aiutante. L'uomo s'alzò con una vivacità che dimostrava in lui una lieta sorpresa e si levò il feltro, dicendo: – Ben felice di vedervi, signora: io sono Pardo. Il capo insorto, uno dei più popolari e dei più ardimentosi dell'isola, era un uomo sulla cinquantina e di statura piuttosto alta. Il suo volto, assai abbronzato, non era certamente bello con tutte quelle rughe precoci che gli solcavano la fronte, quella barba brizzolata ed incolta e quegli occhi melanconici, pure anche a prima vista non riusciva sgradevole. Quantunque nato da genitori spagnoli emigrati nell'isola, aveva abbracciato da giovane la causa dei creoli, fenomeno che sembrerà strano in un uomo che aveva nelle vene sangue spagnolo, non sorprendente però per coloro che conoscono Cuba ed i cubani. Si può dire, senza tema di esagerare, che tutti gli spagnoli nati nell'isola, dimenticano completamente la loro origine. Essi non si considerano più spagnoli bensì cubani e come tali nutrono tutti, più o meno, un vero odio contro la loro nazione e contro tutti coloro che attraversano l'Atlantico per stabilirsi nella colonia. Sembra che il clima spenga in loro ogni sentimento della madre patria. Spagnolo per loro significa straniero, peggio ancora, oppressore, ed è incredibile l'astio che nutrono soprattutto verso gli ufficiali ed i soldati che la penisola invia nella colonia e soprattutto contro i funzionari governativi. È frequente il caso di vedere i padri combattere fra le file dei volontari spagnoli, contro i figli arruolati fra le bande 191
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L'aiutante <strong>di</strong> campo aiutò la marchesa a scendere <strong>di</strong> sella,<br />
poi la introdusse nella tenda, dove un uomo stava seduto <strong>di</strong>nanzi<br />
ad un rozzo tavolo fabbricato con rami intrecciati, intento ad<br />
osservare alcune carte.<br />
– <strong>La</strong> marchesa <strong>del</strong> Castillo... – <strong>di</strong>sse l'aiutante.<br />
L'uomo s'alzò con una vivacità che <strong>di</strong>mostrava in lui una<br />
lieta sorpresa e si levò il feltro, <strong>di</strong>cendo:<br />
– Ben felice <strong>di</strong> vedervi, signora: io sono Pardo.<br />
Il capo insorto, uno dei più popolari e dei più ar<strong>di</strong>mentosi<br />
<strong>del</strong>l'isola, era un uomo sulla cinquantina e <strong>di</strong> statura piuttosto<br />
alta. Il suo volto, assai abbronzato, non era certamente bello con<br />
tutte quelle rughe precoci che gli solcavano la fronte, quella<br />
barba brizzolata ed incolta e quegli occhi melanconici, pure<br />
anche a prima vista non riusciva sgradevole.<br />
Quantunque nato da genitori spagnoli emigrati nell'isola,<br />
aveva abbracciato da giovane la causa dei creoli, fenomeno che<br />
sembrerà strano in un uomo che aveva nelle vene sangue<br />
spagnolo, non sorprendente però per coloro che conoscono Cuba<br />
ed i cubani.<br />
Si può <strong>di</strong>re, senza tema <strong>di</strong> esagerare, che tutti gli spagnoli<br />
nati nell'isola, <strong>di</strong>menticano completamente la loro origine. Essi<br />
non si considerano più spagnoli bensì cubani e come tali nutrono<br />
tutti, più o meno, un vero o<strong>di</strong>o contro la loro nazione e contro<br />
tutti coloro che attraversano l'Atlantico per stabilirsi nella<br />
colonia.<br />
Sembra che il clima spenga in loro ogni sentimento <strong>del</strong>la<br />
madre patria. Spagnolo per loro significa straniero, peggio<br />
ancora, oppressore, ed è incre<strong>di</strong>bile l'astio che nutrono<br />
soprattutto verso gli ufficiali ed i soldati che la penisola invia<br />
nella colonia e soprattutto contro i funzionari governativi. È<br />
frequente il caso <strong>di</strong> vedere i padri combattere fra le file dei<br />
volontari spagnoli, contro i figli arruolati fra le bande<br />
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