la micrometeorologia e la dispersione degli inquinanti ... - ARPA Lazio
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MODELLI PER SITUAZIONI PARTICOLARI un effettivo disaccoppiamento tra il microclima del canyon e l’ambiente esterno sovrastante, situazione che permane anche quando sono presenti due vortici, anche di intensità inferiore, anche se un certo grado di accoppiamento comincia ad essere evidente in presenza di un regime ad un solo vortice, soprattutto con W/H≥1. Fig.9.5: fattore di riduzione della velocità del vento nel canyon (Jeong e Andrews 2002) Data la notevole complessità connessa con uno studio sperimentale a scala reale della circolazione d’aria in un canyon urbano, ci si è dedicati con successo al suo studio per via numerica impiegando modelli fluidodinamici. Fig. 9.6: geometria di riferimento di un modello fluidodinamica. Il punto di riferimento nello studio fluidodinamico di un canyon urbano è la situazione in cui il vento sopra gli edifici risulta perpendicolare al suo asse. In tale situazione è possibile ignorare ciò che avviene longitudinalmente al canyon (se il rapporto lunghezza/larghezza è sufficientemente elevato) e quindi la geometria di riferimento risulta essere bidimensionale come quella riportata in Fig.9.6. Secondo Park e Lee (1994) e Baik e Kim (1999), ignorando gli effetti derivanti dal riscaldamento differenziale delle pareti che lo delimitano, il modello che consente la determinazione del moto medio delle masse d’aria all’interno del canyon è costituito dalle equazioni di bilancio della quantità di moto nella direzione x e z e dall’equazione di continuità: 391
MODELLI PER SITUAZIONI PARTICOLARI dove U è la componente del moto lungo l’asse x e W é la componente lungo l’asse z, p è la deviazione della pressione da un dato livello di riferimento. Dato che normalmente non si adotta una chiusura del primo ordine, ma al contrario si impiega una chiusura k-ε, il coefficiente di diffusività turbolenta K m è dato da: in cui E è l’energia cinetica turbolenta ed ε il tasso di dissipazione turbolenta relativo. Da questa definizione risulta evidente la necessità di aggiungere al modello altre due equazioni prognostiche descrittive di E ed ε: dove le varie costanti presenti sono pari a (C µ , σ k , σ ε , C ε1 , C ε2 )=(0.09,1.0,1.3,1.44,1.92) Queste equazioni, con le opportune condizioni iniziali e al contorno, possono essere risolte numericamente col metodo dei volumi finiti. Il modello fin qui considerato non prende in considerazione le forzanti termiche e quindi si riferisce a situazioni puramente adiabatiche. Kim e Baik (1999b e 2001) hanno esteso il loro modello in modo da poter trattare anche situazioni non adiabatiche. In sintesi, studiare ciò significa aggiungere al modello l’equazione prognostica per la temperatura potenziale: Il modello fluidodinamico illustrato presenta notevoli complicazioni nel suo impiego pratico. Si è quindi pensato ad una sua semplificazione radicale (Berkowicz e al., 1997). In particolare, in condizioni stazionarie e con gli assi coordinati posti come indicato in Fig.9.7,si ha che: 392
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MODELLI PER SITUAZIONI PARTICOLARI<br />
un effettivo disaccoppiamento tra il microclima del canyon e l’ambiente esterno<br />
sovrastante, situazione che permane anche quando sono presenti due vortici,<br />
anche di intensità inferiore, anche se un certo grado di accoppiamento<br />
comincia ad essere evidente in presenza di un regime ad un solo vortice, soprattutto<br />
con W/H≥1.<br />
Fig.9.5: fattore di riduzione del<strong>la</strong> velocità del vento nel canyon<br />
(Jeong e Andrews 2002)<br />
Data <strong>la</strong> notevole complessità connessa con uno studio sperimentale a sca<strong>la</strong> reale<br />
del<strong>la</strong> circo<strong>la</strong>zione d’aria in un canyon urbano, ci si è dedicati con successo al suo<br />
studio per via numerica impiegando modelli fluidodinamici.<br />
Fig. 9.6: geometria di riferimento di un modello fluidodinamica.<br />
Il punto di riferimento nello studio fluidodinamico di un canyon urbano è <strong>la</strong> situazione<br />
in cui il vento sopra gli edifici risulta perpendico<strong>la</strong>re al suo asse. In tale situazione<br />
è possibile ignorare ciò che avviene longitudinalmente al canyon (se il rapporto<br />
lunghezza/<strong>la</strong>rghezza è sufficientemente elevato) e quindi <strong>la</strong> geometria di<br />
riferimento risulta essere bidimensionale come quel<strong>la</strong> riportata in Fig.9.6. Secondo<br />
Park e Lee (1994) e Baik e Kim (1999), ignorando gli effetti derivanti dal riscaldamento<br />
differenziale delle pareti che lo delimitano, il modello che consente <strong>la</strong> determinazione<br />
del moto medio delle masse d’aria all’interno del canyon è costituito<br />
dalle equazioni di bi<strong>la</strong>ncio del<strong>la</strong> quantità di moto nel<strong>la</strong> direzione x e z e dall’equazione<br />
di continuità:<br />
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