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05.01.2015 Views

MODELLO LAGRANGIANO A PARTICELLE 7.3.2 Determinazione del coefficiente di drift La determinazione del coefficiente di drift a w è decisamente più laboriosa e richiede l’impegno dell’equazione di Fokker-Planck (7.18) che, a sua volta, necessita della conoscenza delle proprietà statistiche del fluido in cui si vengono a trovare le particelle condensate nella P a (z,w,t).A priori, questa conoscenza è possibile: per esempio un modello numerico di PBL con adeguata chiusura o alcune delle Relazione di Similarità possono essere sufficienti allo scopo. In pratica, però, possiamo limitarci a considerare solo due casi tipici che, di fatto, esauriscono le diverse possibilità che si riscontrano nella realtà del PBL: • una turbolenza caratterizzata da una statistica ben rappresentata da una pdf gaussiana, tipica di tutte le situazioni stabili, adiabatiche e poco convettive; • una turbolenza non gaussiana, tipica di tutte le situazioni fortemente convettive. Dato che nella realtà la transizione da situazioni fortemente convettive e situazioni debolmente convettive ed adiabatiche è quasi sempre graduale e continua, è importante che il coefficiente a w ottenuto in situazioni non gaussiane si riduca con continuità al valore di a w tipico delle situazioni gaussiane. 7.3.2.1 Turbolenza gaussiana Anche se tale situazione è più teorica che reale, tuttavia rappresenta con notevole realismo molte situazioni reali (stabilità, adiabaticità e bassa convettività). Il punto di partenza della deduzione, quindi, è l’ipotesi secondo cui: in cui sia w che σ w possono variare, a priori, con la quota z ed il tempo t. La deduzione di a w si riduce, quindi, nell’introdurre la (7.21) nell’equazione di Fokker- Planck (7.18), nel ricordare che il termine diffusivo b w è dato dalla (7.20b) e nel risolvere l’equazione differenziale che ne risulta. In pratica si ha che dove Congruentemente col fatto che la pdf P a è gaussiana, per la determinazione del coefficiente a w è necessaria solo la conoscenza della varianza σ 2 w. Questa soluzione generale, che si dimostra essere unica, può essere ulteriormente semplificata per adeguarsi a situazioni realmente riscontrabili nel PBL. Stazionarietà. Frequentemente nella realtà la variazione nel tempo di σ 2 w è estremamente lenta e viene quindi naturale invocare l’ipotesi di stazionarietà. In questo caso σ 2 w non dipende da t e quindi la (7.22) si riduce alla forma seguente: A questa relazione erano giunti, anche se con metodi diversi, Thomson(1987) e 337

MODELLO LAGRANGIANO A PARTICELLE Wilson e al.(1983). In pratica si vede come questa situazione corrisponda allo stato di un PBL in lenta evoluzione in cui σ 2 w varia apprezzabilmente con la quota ed in cui la pdf di w è gaussiana.A rigore, una tale situazione non si riscontra veramente nella realtà, anche se rappresenta con notevole realismo una vasta gamma di situazioni reali. Proprio per questa ragione, la (7.23a) è una delle relazioni più usate per rappresentare il movimento verticale di una particella nelle situazioni stabili o poco convettive. Stazionarietà ed omogeneità. In questo caso σ 2 w risulta indipendente sia dal tempo t che dalla posizione verticale z e ciò comporta una drastica semplificazione nella (7.23a) che si riduce a: Questa soluzione può essere applicata in tutte quelle situazioni a lenta evoluzione temporale e con gradienti verticali di σ 2 w molto modesti. La sua applicabilità pratica nella descrizione del movimento verticale di una particella è molto limitata. Se però ne considerassimo il movimento orizzontale, per esempio trasversale, effettivamente la pdf relativa sarebbe molto prossima ad una gaussiana con σ 2 v lentamente variabile nel tempo e con modesti gradienti rispetto alla variabile y. In questo caso lo spazio delle fasi da considerare sarebbe (y,v). 7.3.2.2 Turbolenza non gaussiana L’assunzione di un PBL caratterizzato da una turbolenza gaussiana è un’approssimazione non accettabile per le situazioni convettive in cui siano presenti vortici di dimensioni paragonabili all’estensione verticale dell’intero PBL che determinano correnti asimmetriche ascendenti (updraft) e discendenti (downdraft). Di tutto ciò si è trattato al Cap.2 e nel Cap.4 è stata presentata una classe di modelli stazionari per la simulazione della dispersione degli inquinanti in grado di rappresentare con sufficiente realismo queste situazioni. Qui di seguito ci accingiamo alla determinazione di una metodologia per la stima del coefficiente di drift a w presente sull’equazione di Langevin (7.33a) adeguata a rappresentare la dispersione verticale degli inquinanti in questa situazione. In Letteratura sono molti i lavori dedicati a questo tema.A tale proposito vale la pena ricordare Baerentsen e Berkowicz(1984), Luhar e al.(1996), Luhar e Bitter(1989), Weil(1990), Weil (1992). In tali riferimenti sono presentati i vari modelli proposti, spesso notevolmente complessi, quasi tutti relativi a situazioni prossime alla stazionarietà. Hurley e Physick(1993) hanno osservato che, realisticamente, nelle situazioni convettive il Mixed Layer occupa una porzione percentualmente molto grande dell’intero PBL (in generale la porzione prevalente) e quindi le zone del PBL in cui sono riscontrabili apprezzabili gradienti verticali sono limitate al SL (spesso molto ridotto) ed all’Entrainment Layer. Se si accetta di commettere un errore (piuttosto ridotto) in tali zone, è possibile invocare un’ipotesi semplificativa di omogeneità spaziale che comporta la forma seguente per il coefficiente di drift: 338

MODELLO LAGRANGIANO A PARTICELLE<br />

7.3.2 Determinazione del coefficiente di drift<br />

La determinazione del coefficiente di drift a w è decisamente più <strong>la</strong>boriosa e richiede<br />

l’impegno dell’equazione di Fokker-P<strong>la</strong>nck (7.18) che, a sua volta, necessita<br />

del<strong>la</strong> conoscenza delle proprietà statistiche del fluido in cui si vengono a trovare le<br />

particelle condensate nel<strong>la</strong> P a (z,w,t).A priori, questa conoscenza è possibile: per<br />

esempio un modello numerico di PBL con adeguata chiusura o alcune delle<br />

Re<strong>la</strong>zione di Simi<strong>la</strong>rità possono essere sufficienti allo scopo. In pratica, però, possiamo<br />

limitarci a considerare solo due casi tipici che, di fatto, esauriscono le diverse<br />

possibilità che si riscontrano nel<strong>la</strong> realtà del PBL:<br />

• una turbolenza caratterizzata da una statistica ben rappresentata da una pdf gaussiana,<br />

tipica di tutte le situazioni stabili, adiabatiche e poco convettive;<br />

• una turbolenza non gaussiana, tipica di tutte le situazioni fortemente convettive.<br />

Dato che nel<strong>la</strong> realtà <strong>la</strong> transizione da situazioni fortemente convettive e situazioni<br />

debolmente convettive ed adiabatiche è quasi sempre graduale e continua, è<br />

importante che il coefficiente a w ottenuto in situazioni non gaussiane si riduca con<br />

continuità al valore di a w tipico delle situazioni gaussiane.<br />

7.3.2.1 Turbolenza gaussiana<br />

Anche se tale situazione è più teorica che reale, tuttavia rappresenta con notevole<br />

realismo molte situazioni reali (stabilità, adiabaticità e bassa convettività). Il punto<br />

di partenza del<strong>la</strong> deduzione, quindi, è l’ipotesi secondo cui:<br />

in cui sia w che σ w possono variare, a priori, con <strong>la</strong> quota z ed il tempo t. La deduzione<br />

di a w si riduce, quindi, nell’introdurre <strong>la</strong> (7.21) nell’equazione di Fokker-<br />

P<strong>la</strong>nck (7.18), nel ricordare che il termine diffusivo b w è dato dal<strong>la</strong> (7.20b) e nel<br />

risolvere l’equazione differenziale che ne risulta. In pratica si ha che<br />

dove<br />

Congruentemente col fatto che <strong>la</strong> pdf P a è gaussiana, per <strong>la</strong> determinazione del<br />

coefficiente a w è necessaria solo <strong>la</strong> conoscenza del<strong>la</strong> varianza σ 2 w. Questa soluzione<br />

generale, che si dimostra essere unica, può essere ulteriormente semplificata per adeguarsi<br />

a situazioni realmente riscontrabili nel PBL.<br />

Stazionarietà.<br />

Frequentemente nel<strong>la</strong> realtà <strong>la</strong> variazione nel tempo di σ 2 w è estremamente lenta e<br />

viene quindi naturale invocare l’ipotesi di stazionarietà. In questo caso σ 2 w non dipende<br />

da t e quindi <strong>la</strong> (7.22) si riduce al<strong>la</strong> forma seguente:<br />

A questa re<strong>la</strong>zione erano giunti, anche se con metodi diversi, Thomson(1987) e<br />

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