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la micrometeorologia e la dispersione degli inquinanti ... - ARPA Lazio

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INQUINAMENTO, INQUINANTI E MODELLI<br />

Lo zolfo presente nell'atmosfera proviene per circa due terzi da fonti naturali<br />

(tipicamente i vulcani) e per <strong>la</strong> restante parte dall'attività dell'uomo. Il problema<br />

principale è legato al fatto che il secondo tipo di emissioni, essendo concentrato<br />

in aree urbane industriali abbastanza ristrette, non è distribuito equamente.<br />

Tab. 1.3 - Stima delle emissioni di ossido di zolfo negli USA (1974)<br />

28<br />

Come si può osservare dal<strong>la</strong> Tab. 1.3, le maggiori fonti di inquinamento da SO x<br />

prodotti in tali aree sono gli impianti di combustione fissi; una parte infatti proviene<br />

dal<strong>la</strong> combustione di carbone e <strong>la</strong> restante dall'uso di oli combustibili (lo<br />

zolfo è infatti presente come impurità nei combustibili fossili, carbone e petrolio,<br />

data <strong>la</strong> sua resistenza al processo di fossilizzazione dei materiali originali). Il<br />

traffico non è quindi <strong>la</strong> fonte principale in questo caso. Le fonti che emettono<br />

ossidi di zolfo sono le centrali elettriche in primo luogo, seguite dagli impianti<br />

industriali, tra i quali i più importanti sono le fonderie, le raffinerie di petrolio,<br />

gli impianti di produzione di acido solforico e gli impianti per <strong>la</strong> conversione del<br />

carbon fossile in coke. Il contributo delle fonderie è poi doppio essendo molti<br />

dei metalli utili (rame, zinco, piombo, mercurio, ecc.) presenti in natura sotto<br />

forma di solfuri nei minerali. L'SO 2 è infatti un sottoprodotto abituale nelle normali<br />

operazioni metallurgiche dato che, essendo lo zolfo un'impurità non desiderata<br />

nei metalli, è più facile ed economico eliminarlo dai minerali piuttosto<br />

che dal metallo finito. Per questo <strong>la</strong> maggior parte dei minerali di zolfo viene<br />

concentrata e quindi arrostita in presenza di aria con conseguente passaggio di<br />

SO 2 in atmosfera in una certa quantità.<br />

La gravità dei danni arrecati alle piante dipende dalle concentrazioni di SO 2 e<br />

dal<strong>la</strong> durata di esposizione. Per brevi esposizioni ad alte concentrazioni si sono<br />

rilevati danni acuti, caratterizzati da zone di necrosi delle foglie che scoloriscono<br />

e si seccano assumendo una tinta avio-marrone. Questa fenomenologia è in<br />

re<strong>la</strong>zione al<strong>la</strong> capacità delle piante di trasformare l'SO 2 assorbita in H 2 SO 4 e<br />

quindi in solfati, depositati sulle regioni apicali o ai margini delle foglie. I solfati<br />

depositati si uniscono a quelli assorbiti dalle radici per cui, a concentrazioni<br />

sufficientemente alte, si manifestano sintomi cronici con caduta di foglie.A causa<br />

di esposizioni prolungate ma a concentrazioni più basse, si hanno invece danni<br />

cronici, caratterizzati da graduale ingiallimento delle foglie, dovuto ad un blocco<br />

nel meccanismo di formazione del<strong>la</strong> clorofil<strong>la</strong>. Un'altra causa di formazione<br />

di macchie sulle foglie è <strong>la</strong> presenza di vapori di acido solforico, che si posano<br />

sulle foglie già bagnate da bruma o rugiada. L'SO 2 sembra inoltre interferire<br />

negativamente anche sullo sviluppo e produttività delle piante. Si può notare<br />

infine che, a seconda delle specie, <strong>la</strong> reattività delle piante varia grandemente e<br />

che in alcune aree urbane si raggiungono concentrazioni di SO 2 abbastanza alte<br />

da provocare danneggiamento alle piante più sensibili per durate di esposizione<br />

di circa 8-10 ore.

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