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05.01.2015 Views

LA MICROMETEOROLOGIA E LA CAPACITA’ DISPERDENTE DELL’ATMOSFERA tutte le formule utili per realizzare le rotazioni indicate e per determinare i vari termini della matrice di varianza-covarianza. Il metodo ECM si fonda completamente sulla possibilità di determinare il valor medio di una variabile meteorologica. A tal proposito è importante ricordare che l’ipotesi base su cui si fonda il metodo ECM è che una variabile φ possa essere considerata come la sovrapposizione di: • un valor medio φ che, almeno in teoria, non dovrebbe variare nel tempo, • una fluttuazione turbolenta φ’variabile ad ogni istante. L’ipotesi principale che si fa attorno alle fluttuazioni φ’è che siano delle realizzazioni di un processo stocastico stazionario a media nulla. Ciò implica che ad ogni istante t la fluttuazione sarà differente, però i parametri principali che ne descrivono la statistica (per esempio i momenti di vario ordine) dovranno mantenersi costanti nel tempo. Questo non avviene nella realtà e ciò che si può vedere è che col tempo il valor medio delle variabili meteorologiche può variare, anche se lentamente. Un esempio tipico è la temperatura dell’aria che varia durante il giorno a seconda della disponibilità di radiazione solare. Un’altra cosa evidente è che la statistica del processo stocastico varia lentamente nel tempo: durante le 24 ore del giorno normalmente si passa da situazioni convettive, caratterizzate da varianze molto elevate, a situazioni stabili notturne in cui le varianze assumono valori molto inferiori. Ciò che si nota, quindi, è una lenta evoluzione temporale che però può diventare molto più rapida in particolari situazioni meteorologiche (passaggi di fronti, instabilità a mesoscala, ecc.). In pratica, l’applicazione del metodo ECM si fonda sull’ipotesi che l’evoluzione temporale media di una variabile meteorologica sia sempre molto lenta e che sia sempre possibile definire un tempo T in cui il fenomeno si possa definire praticamente stazionario. Apparentemente, in un periodo T piccolo, il fenomeno considerato dovrebbe essere meno irregolare e quindi più stazionario, tuttavia se T è esageratamente piccolo la stima della varianza di una generica variabile potrebbe essere molto differente da quella vera. Se si riprendono in considerazione le osservazioni fatte al punto 2.1.3.6, la scelta naturale per il periodo di mediazione risulta essere definita dallo spectral-gap individuabile nello spettro della velocità del vento al suolo. Come già si è dimostrato, da queste considerazioni si può affermare che T dovrà stare nell’intervallo 15÷60 minuti. Ciò porta, però, come conseguenza una variazione più o meno accentuata del valor medio delle variabili meteorologiche (trend). Quindi l’impiego diretto delle (2.13a) e (2.135) può produrre stime della varianza e delle covarianze abbastanza distanti dalla realtà (Panofsky e Dutton, 1984). Per questo è necessario individuare dei metodi per eliminare i trend dalle variabili. Oltre al metodo proposto da McMillen (1988) basato sull’impiego di un filtro numerico RC passa-basso, molto spesso è impiegato il metodo della regressione lineare alla base del quale c’è l’ipotesi che qualunque tipo di evoluzione lenta di un segnale meteorologico nel periodo di mediazione T possa essere approssimata da un andamento lineare. Pertanto, se si considera una variabile x i , misurata agli istanti t i = i ∆t,è facile definire la retta di regressione come: 181

LA MICROMETEOROLOGIA E LA CAPACITA’ DISPERDENTE DELL’ATMOSFERA e x si calcola con la (2.134a). Quando si usa questo metodo di detrending, la fluttuazione di x i al tempo t i è x’ i = x i -x i ed è semplice verificare che il suo valore medio in T è nullo. Per una trattazione dettagliata del metodo ECM si rimanda a Sozzi e al. (2002). In sintesi, i differenti parametri caratteristici della turbolenza del SL sono caratterizzati come segue. La velocità di frizione. Rimandando alla Letteratura scientifica per ulteriori dettagli (Weber, 1999), si ha che: Quindi per stimare u* è necessario conoscere le covarianze tra le componenti orizzontali e la componente verticale del vento. Il flusso turbolento di calore sensibile. La sua definizione è la seguente: La lunghezza di Monin-Obukhov La lunghezza di Monin-Obukhov L é definita come (Stull, 1988 e Garratt, 1992): in cui θ v è la temperatura potenziale virtuale media nel SL, k è la costante di von Karman e g è l’accelerazione di gravità. Equivalente alla (12.19a) è la definizione seguente di L: La temperatura di scala. Associato al flusso verticale di calore c’è anche un parametro di scala definito nella forma seguente: 182 Altri parametri importanti che definiscono il livello della turbolenza nel SL sono le varianze delle tre componenti del vento e delle variabili scalari come la temperatura potenziale virtuale e l’umidità. Infine, un parametro fondamentale nella descrizione della turbolenza del SL è la dissipazione di energia cinetica turbolenta ε. Con il metodo ECM non è possibile stimare direttamente questa grandezza e quindi si può avere solo una sua stima indiretta mediante l’impiego delle relative Relazioni della Teoria della Similarità. 2.9.2.2 Metodo del Bilancio Energetico Superficiale Il punto di partenza di questa classe di metodi, per lo meno per le stime relative

LA MICROMETEOROLOGIA E LA CAPACITA’ DISPERDENTE DELL’ATMOSFERA<br />

tutte le formule utili per realizzare le rotazioni indicate e per determinare i vari<br />

termini del<strong>la</strong> matrice di varianza-covarianza.<br />

Il metodo ECM si fonda completamente sul<strong>la</strong> possibilità di determinare il valor<br />

medio di una variabile meteorologica. A tal proposito è importante ricordare che<br />

l’ipotesi base su cui si fonda il metodo ECM è che una variabile φ possa essere considerata<br />

come <strong>la</strong> sovrapposizione di:<br />

• un valor medio φ che, almeno in teoria, non dovrebbe variare nel tempo,<br />

• una fluttuazione turbolenta φ’variabile ad ogni istante. L’ipotesi principale che si<br />

fa attorno alle fluttuazioni φ’è che siano delle realizzazioni di un processo stocastico<br />

stazionario a media nul<strong>la</strong>. Ciò implica che ad ogni istante t <strong>la</strong> fluttuazione sarà<br />

differente, però i parametri principali che ne descrivono <strong>la</strong> statistica (per esempio<br />

i momenti di vario ordine) dovranno mantenersi costanti nel tempo.<br />

Questo non avviene nel<strong>la</strong> realtà e ciò che si può vedere è che col tempo il valor<br />

medio delle variabili meteorologiche può variare, anche se lentamente. Un esempio<br />

tipico è <strong>la</strong> temperatura dell’aria che varia durante il giorno a seconda del<strong>la</strong> disponibilità<br />

di radiazione so<strong>la</strong>re. Un’altra cosa evidente è che <strong>la</strong> statistica del processo<br />

stocastico varia lentamente nel tempo: durante le 24 ore del giorno normalmente<br />

si passa da situazioni convettive, caratterizzate da varianze molto elevate,<br />

a situazioni stabili notturne in cui le varianze assumono valori molto inferiori.<br />

Ciò che si nota, quindi, è una lenta evoluzione temporale che però può diventare<br />

molto più rapida in partico<strong>la</strong>ri situazioni meteorologiche (passaggi di fronti,<br />

instabilità a mesosca<strong>la</strong>, ecc.). In pratica, l’applicazione del metodo ECM si fonda<br />

sull’ipotesi che l’evoluzione temporale media di una variabile meteorologica sia sempre<br />

molto lenta e che sia sempre possibile definire un tempo T in cui il fenomeno si possa definire<br />

praticamente stazionario.<br />

Apparentemente, in un periodo T piccolo, il fenomeno considerato dovrebbe essere<br />

meno irrego<strong>la</strong>re e quindi più stazionario, tuttavia se T è esageratamente piccolo<br />

<strong>la</strong> stima del<strong>la</strong> varianza di una generica variabile potrebbe essere molto differente<br />

da quel<strong>la</strong> vera. Se si riprendono in considerazione le osservazioni fatte al punto<br />

2.1.3.6, <strong>la</strong> scelta naturale per il periodo di mediazione risulta essere definita dallo<br />

spectral-gap individuabile nello spettro del<strong>la</strong> velocità del vento al suolo. Come già si<br />

è dimostrato, da queste considerazioni si può affermare che T dovrà stare nell’intervallo<br />

15÷60 minuti. Ciò porta, però, come conseguenza una variazione più o<br />

meno accentuata del valor medio delle variabili meteorologiche (trend). Quindi<br />

l’impiego diretto delle (2.13a) e (2.135) può produrre stime del<strong>la</strong> varianza e delle<br />

covarianze abbastanza distanti dal<strong>la</strong> realtà (Panofsky e Dutton, 1984). Per questo è<br />

necessario individuare dei metodi per eliminare i trend dalle variabili. Oltre al<br />

metodo proposto da McMillen (1988) basato sull’impiego di un filtro numerico RC<br />

passa-basso, molto spesso è impiegato il metodo del<strong>la</strong> regressione lineare al<strong>la</strong> base<br />

del quale c’è l’ipotesi che qualunque tipo di evoluzione lenta di un segnale meteorologico<br />

nel periodo di mediazione T possa essere approssimata da un andamento lineare.<br />

Pertanto, se si considera una variabile x i , misurata agli istanti t i = i ∆t,è facile definire<br />

<strong>la</strong> retta di regressione come:<br />

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