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la micrometeorologia e la dispersione degli inquinanti ... - ARPA Lazio

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LA MICROMETEOROLOGIA E LA CAPACITA’ DISPERDENTE DELL’ATMOSFERA<br />

fili che vanno all’acquisitore o dei morsetti che vengono direttamente messi in<br />

comunicazione diretta con un box in cui è alloggiata l’elettronica di filtraggio,<br />

amplificazione e compensazione del segnale. Per misure di turbolenza con termocoppie<br />

sottili, il giunto di misura viene <strong>la</strong>sciato libero, mentre in termocoppie dedicate<br />

a misure più tradizionali, il giunto di misura viene circondato da una protezione<br />

realizzata in materiale ad alta conduzione termica che però protegge il giunto<br />

di misura dall’attacco chimico <strong>degli</strong> agenti atmosferici.<br />

Se si considera <strong>la</strong> giunzione di riferimento ad una temperatura costante e variabile<br />

solo <strong>la</strong> giunzione di misura, ipotizzando che non ci siano effetti di riscaldamento<br />

indotti dal<strong>la</strong> radiazione so<strong>la</strong>re e terrestre, si può dimostrare che <strong>la</strong> termocoppia<br />

può essere considerata con buona approssimazione un sensore del primo ordine<br />

con una costante di tempo τ direttamente proporzionale al diametro dei fili.<br />

Una termocoppia con il giunto di misura esposto direttamente all’aria non misura<br />

esattamente <strong>la</strong> temperatura di quest’ultima, dato che subisce un riscaldamento causato<br />

dall’apporto energetico derivante dal<strong>la</strong> radiazione so<strong>la</strong>re e terrestre. Per questo<br />

è necessario proteggere il giunto di misura con opportuni schermi protettivi<br />

(shield) che sono disponibili in molte forme differenti e che vanno a sostituire le<br />

antiquate capannine di legno di colore bianco previste dal WMO, attualmente da<br />

evitare. L’azione principale di un buon shield è quel<strong>la</strong> di schermare totalmente <strong>la</strong><br />

radiazione so<strong>la</strong>re diretta ed il più possibile <strong>la</strong> radiazione infrarossa. Ciò si può ottenere<br />

inserendo il sensore entro un contenitore cilindrico circondato da un insieme<br />

di piatti sovrapposti e spioventi, forati al centro, che consentono al<strong>la</strong> superficie<br />

esterna del cilindro di non essere colpita direttamente dal<strong>la</strong> radiazione so<strong>la</strong>re, ma<br />

comunque di essere in contatto con l’aria esterna in movimento. Il coperchio superiore<br />

non è forato e fa da tetto all’intero sistema. Tutte le superfici esterne dello<br />

shield devono essere di colore bianco in modo da aumentare il più possibile <strong>la</strong> riflessione<br />

del<strong>la</strong> radiazione. L’aria contenuta entro il cilindro, e quindi a diretto contatto<br />

col giunto di misura, scambierà calore con l’esterno soprattutto per convezione,<br />

ma ciò spesso non è sufficiente per eliminare l’errore di lettura dello strumento. Per<br />

migliorare lo scambio termico, e quindi per portare <strong>la</strong> temperatura del sensore <strong>la</strong><br />

più vicina possibile a quel<strong>la</strong> dell’aria da misurare, spesso si induce all’interno dello<br />

shield una venti<strong>la</strong>zione forzata realizzata in modo tale che l’aria venga aspirata e non<br />

soffiata per evitare un riscaldamento indotto dagli organi che realizzano <strong>la</strong> venti<strong>la</strong>zione.<br />

Una caratteristica interessante di una termocoppia è il fatto che non richiede (il<br />

sensore in quanto tale almeno) alcun tipo di alimentazione elettrica, dato che è un<br />

generatore quasi-ideale di tensione, con una picco<strong>la</strong> resistenza interna, tipicamente<br />

dell’ordine di 10Ω. Il segnale di tensione prodotto è molto basso e ciò determina<br />

alcuni problemi pratici, specialmente quando si è interessati al<strong>la</strong> misura delle<br />

fluttuazioni di temperatura. Inoltre <strong>la</strong> termocoppia non realizza una misura assoluta<br />

di temperatura, per <strong>la</strong> sua intrinseca natura, per questo è necessario avere a disposizione<br />

una temperatura di riferimento nota. Se in <strong>la</strong>boratorio questo problema<br />

può essere facilmente superato impiegando come temperatura di riferimento 0°C<br />

ottenuti in un vaso Dewar, in campo è necessario operare in modo differente. In<br />

linea di principio si potrebbe (e spesso si fa) inserire il giunto di riferimento in un<br />

blocco di materiale iso<strong>la</strong>to, caratterizzato da una costante di tempo estremamente<br />

elevata, assieme ad un altro termometro di minor pregio (un termistore per esempio)<br />

dedicato al<strong>la</strong> determinazione del<strong>la</strong> temperatura del giunto di riferimento che<br />

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