Martin Heidegger: dallo gnosticismo alla gnosis ... - Politicamente.Net
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Il cuore del pensiero heideggeriano è costituito da una tematizzazione esplicita del Nulla come<br />
quell’Abgrund, quel fondo senza fondo, che «negando» se stesso, «crea», permettendo all’Essere di venire<br />
<strong>alla</strong> luce. La «negazione» per <strong>Heidegger</strong> è una verità più profonda dell’«affermazione»: essa mette capo ad<br />
una logica dell’identità e ad un sistema ontologico e gnoseologico circolare che torna su se stesso e si chiude<br />
in se stesso, per cui i due opposti dell’Essere e del Nulla finiscono per coincidere 34 .<br />
Il termine impiegato da <strong>Heidegger</strong> per indicare la «creatività» del nulla è nichten, nientificare, che<br />
paradossalmente non significa distruggere ( vernichten, annichilare). La nientificazione apre la via <strong>alla</strong><br />
chiarificazione ( Lichtung) per il mondo. É il Nulla, infatti, è il non essere dell’ente nella sua totalità, che<br />
libera il mondo d<strong>alla</strong> pura e semplice identità con se stesso e lo apre ad una dimensione di temporalità e di<br />
«storicità».<br />
L’Essere è tempo, esso è la transitorietà per eccellenza, ma il transitorio non «è» mai veramente e tende <strong>alla</strong><br />
«negatività»; dunque, se l’Essere e il tempo sono identici, allora l’Essere «non è», l’Essere è il Niente.<br />
L’Essere continuamente si specchia nel suo opposto che è il Niente.<br />
Tuttavia la «dialettica» tra i due opposti dell’ Essere e del Niente si «realizza» attraverso un terzo elemento:<br />
l’Esserci. «Essere e Nulla si appartengono perché l’Essere stesso è finito nella sua essenza e rivela se<br />
stesso soltanto nella trascendenza dell’Esserci che è esposto al Nulla» 35 .<br />
L’Esserci, facendo esperienza del Nulla attraverso l’angoscia, fa esperienza della rivelazione dell’Essere, il<br />
cui fondamento scopre essere il Nulla. L’Esserci parte dal Nulla per riconsegnarsi al Nulla. Essere, Esserci e<br />
Nulla, dunque, si coappartengono in un sistema circolare e «dinamico», il cui movimento è innescato dal<br />
«dramma» dell’Esserci, che «gettato» nel mondo lo «trascende», continuamente pro-gettando in avanti le<br />
proprie possibilità per essere ri-gettato indietro nella «gettatezza» originaria che lo costituisce.<br />
Il principio del drammatico movimento, rivelato <strong>dallo</strong> stato d’animo dell’angoscia, è l’estraneità<br />
(Befremdlichkeit) dell’Esserci rispetto al mondo (Seiende) e di quest’ultimo rispetto al non-mondo (Sein). É,<br />
dunque, l’estraneità il punto di partenza del pensiero heideggeriano e non la presenza degli oggetti che ci<br />
circondano; ed è proprio qui che si misura tutta la distanza tra l’ontologia tradizionale volta <strong>alla</strong><br />
contemplazione e comprensione del cosmo e l’«ontologia fondamentale» di <strong>Heidegger</strong> orientata verso<br />
l’opposta direzione dell’analisi del sé. Lo scopo dell’ontologia heideggeriana è formulare non le «categorie»<br />
per la comprensione della struttura del cosmo a partire dal cosmo, ma gli «esistenziali» 36 , ossia i modi di<br />
essere dell’Esserci e, attraverso l’ Esserci, giungere ad una comprensione più piena, dell’Essere-Nulla.<br />
34 Si può solo accennare in questo contesto ai legami profondi che la «dialettica» heideggeriana dell’Essere ha con il pensiero di<br />
Schelling. Ne Le età del mondo Schelling riprende la sua dottrina delle tre potenze divine, presentata anche in altre opere, e tenta di<br />
analizzare le diverse fasi del divenire di Dio, vale a dire le diverse fasi di insorgenza della realtà. Movimento dell’Essere e<br />
movimento della Natura sono qui intimamente legati. Ma perché l’Essere possa porsi, possa apparire, bisogna dapprima che si<br />
rinchiuda in se stesso, di modo che vi sia un soggetto, ossia una base, un fondamento (Grund) della rivelazione. La rivelazione<br />
presuppone, insomma, un primo momento, in cui l’Essere nega se stesso, ritraendo e contraendo la sua essenza. Probabilmente<br />
Schelling raccoglie qui l’eredità di Böheme, per il quale il primo principio della deità è il fuoco, la collera, il furore, e il primo<br />
momento della natura è una contrazione «terribile, acre, ardente e fredda, gelosa e corrucciata». Lo svilupparsi presuppone un<br />
avvilupparsi, l’estroversione presuppone un’ introversione. Le età del mondo, opera rimasta incompiuta, avrebbe dovuto raccogliere<br />
le riflessioni sul presente, sul passato e sul futuro, in quanto età o eoni cosmici, la cui successione riguarda l’Essere, che ha origine e<br />
ritorno in ‘Dio’. Sia pure nel modo frammentario dell’appunto e dell’annotazione, anche Jaspers sottolinea il legame tra <strong>Heidegger</strong> e<br />
Schelling, mettendo in luce in entrambi la struttura gnostica che sostanzierebbe il loro pensiero: <strong>Heidegger</strong> «esprime con un<br />
linguaggio originale verità antiche, ma per lo più in modo inadeguato e distorto. […] Si ritiene uno Schelling, un Eckhart, la sua è<br />
una gnosi senza coscienza della provenienza e depauperarata del senso antico. Vi è poi nei punti decisivi un assumere letterale». E<br />
ancora: «Da studiare in Schelling in grande stile tutti i rovesciamenti che ritornano in <strong>Heidegger</strong>. Non serve poi tanto che<br />
<strong>Heidegger</strong> si difenda dicendo: “La chiacchiera sulla verità dell’Essere e sulla storia dell’Essere”. Se osa portare a compimento il<br />
progetto si arriva <strong>alla</strong> gnosi come in Schelling». Cfr. K. JASPERS, Splendore e miseria di <strong>Martin</strong> <strong>Heidegger</strong>. Note inedite su<br />
<strong>Heidegger</strong> , op. cit., p. 208.<br />
35 M. HEIDEGGER, Che cos’è la metafisica in Segnavia, ed. it. Milano 1987, p. 25.<br />
36 Sebbene la definizione esplicita degli «esistenziali» sia stata data da <strong>Heidegger</strong> soltanto in Essere e tempo, già nel corso del<br />
semestre estivo 1921 su Agostino e il neoplatonismo, egli parla di essi come delle «categorie ermeneutiche nel senso della storia<br />
dell’attuazione», mentre nel semestre invernale 1923/24 li definirà come «specifiche determinazioni ontologiche che non hanno<br />
nulla a che fare con le categorie. Le categorie riguardano sempre regioni d’essere e di contenuto reale». Per Jonas gli<br />
«esistenziali» rimandano ad una dimensione di temporalità interiore o coscienziale, «la vera dimensione dell’esistenza»: essi non<br />
corrispondono a strutture di realtà, ma «a strutture funzionali del movimento attivo di tempo interiore, da cui un mondo è<br />
mantenuto e l’io è originato come accadimento continuo». H. JONAS, Lo <strong>gnosticismo</strong>, op. cit., p. 349.<br />
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