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Martin Heidegger: dallo gnosticismo alla gnosis ... - Politicamente.Net

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definisca «più greco dei greci», Jonas ne sottolinea il carattere nichilistico, definendolo un libro<br />

fondamentalmente «moderno».<br />

Nata a ridosso dei corsi marburghesi sulla filosofia antica e, in particolare, delle problematiche filosofiche<br />

sollevate da Aristotele, l’«ontologia fondamentale» che ne costituisce la novità essenziale, è incentrata sull’<br />

«esserci» e sui modi della sua esistenza: a prevalere non è più il cosmo degli antichi come principio di ordine<br />

e di bellezza nel quale l’uomo è armonicamente inserito, ma l’interiorità della coscienza umana.<br />

Pur accettando la ricostruzione di Jonas riguardo l’interpretazione gnostica di Essere e tempo, nel senso che<br />

l’analisi esistenziale dell’ «esserci» qui delineata è, in realtà, un’analisi della coscienza dell’uomo<br />

«moderno», cioè di quel «prodotto» storico-culturale emerso, secondo Jonas, con la rivoluzione scientifica e<br />

con il conseguente disincantamento del mondo, ci discostiamo da essa nella misura in cui Jonas ritiene che<br />

tutta la filosofia heideggeriana sia rimasta chiusa all’interno delle categorie gnostiche della Modernità e che<br />

non sia riuscita né teoreticamente né «politicamente» ad oltrepassare il nichilismo e il tramonto<br />

dell’Occidente, approdando negli ultimi anni della sua riflessione filosofica, in una sorta di itinerarium mentis<br />

in nihilum, a quel Nulla che tutte le tradizioni mistiche fanno coincidere con Dio stesso. Il Nulla cui approda<br />

<strong>Heidegger</strong> si divarica tra due estremi opposti che giungono a toccarsi: da una parte il Nulla come «l'assoluta<br />

negazione di ogni assolutezza», ovvero la totale assenza e «morte di Dio», dall’altra il Nulla come quel punto<br />

assoluto, quel Dio «condensato», che, in modo blasfemo, Meister Eckhart chiamava il punto in cui «l’angelo,<br />

la mosca e l’anima sono la stessa cosa».<br />

Dunque, nichilismo o misticismo E quale il ruolo del pensiero, secondo <strong>Heidegger</strong>, nello scenario apertosi<br />

della filosofia del dopo-Hegel, consapevole di non poter più pensare l’Assoluto e attingere l’Intero mediante<br />

la «ragione dialettica»<br />

Se Jonas ritiene di aver superato l’annichilatio mundi dello <strong>gnosticismo</strong> moderno attraverso la sua filosofia<br />

biologica dell’«organismo» 20 , riuscendo a conciliare le istanze della scienza moderna con il recupero del<br />

cosmo degli antichi, riteniamo che anche <strong>Heidegger</strong>, per vie diverse e attraverso un itinerario personale e<br />

intellettuale travagliato, sia riuscito ad emanciparsi da quella dimensione «coscienziale» ed hegeliana della<br />

filosofia moderna che ha il suo correlativo pratico-politico nel concetto di «volontà di potenza». Rimanendo<br />

fedele <strong>alla</strong> forma originaria, perché greca, dell’interrogazione filosofica e sforzandosi di praticare e di<br />

spingere fino alle estreme conseguenze l’«ascesi», cioè l’esercizio del pensiero, l’ultimo <strong>Heidegger</strong>, approda,<br />

attraverso un profondo ripensamento della filosofia presocratica e della poesia di Hölderlin, ad un recupero<br />

della physis dell’origine e del pensiero simbolico che si esplicita sia nella suggestiva immagine della Geviert,<br />

«l’insieme dei Quattro», con cui egli indica la coappartenenza di Terra e Cielo, Mortali e Divini, sia nella<br />

dimensione aletheiologica della politica che, lungi dall’essere espressione della libertà e volontà umana e<br />

dall’imporsi come «topìa» all’interno della storia, esprime il senso autentico dell’utopia greca: una tensione<br />

incessante e mai appagata verso una <strong>gnosis</strong>, posseduta a pieno titolo solo dagli «dei», una spinta verticale<br />

verso l’alto che spinge <strong>alla</strong> ricerca della virtù e al miglioramento di sé e che poi si riverbera orizzontalmente<br />

su tutta la comunità politica 21 .<br />

Condividendo la posizione di Voegelin, secondo la quale, a partire da Hegel, si è venuta a configurare nel<br />

XIX secolo una «tradizione di pensiero gnostica», riteniamo che la filosofia di <strong>Heidegger</strong>, nel cuore del<br />

Novecento, ne rappresenti la punta estrema, ma anche la sua crisi finale e il suo tentativo di oltrepassamento.<br />

Nell’interrogazione radicale che tutto mette in questione, nel farsi ««più greco dei greci», <strong>Heidegger</strong>, come<br />

sostiene Volpi, ha, da una parte, radicalizzato il nichilismo, dall’altra «il compiersi di tale processo ha avuto<br />

come esito l’aprirsi del pensiero ad un’aspettativa radicalmente altra rispetto a ciò che si è dissolto» 22 .<br />

In altre parole, <strong>Heidegger</strong> avrebbe additato la possibilità di una «terza via» per il pensiero occidentale: tra la<br />

Modernità caratterizzata dal nichilismo e l’antimodernità che auspica, come Del Noce, un ritorno <strong>alla</strong><br />

trascendenza e <strong>alla</strong> metafisica classica, si colloca, l’«ontologia del tragico» 23 heideggeriana, un pensiero<br />

20 H. JONAS, The phenomenon of life. Toward a philosophical biology, New York 1966.<br />

21 G. LAMI, Tra utopia e utopismi. Sommario di un percorso ideologico, Rimini 2008.<br />

22 F. VOLPI, <strong>Heidegger</strong> e l’ascesi del pensiero, in «Micromega» (2/2000), p. 257.<br />

23 G. SESSA, Riflessioni intorno <strong>alla</strong> locuzione di Anassimandro nelle interpretazioni di <strong>Heidegger</strong> e Colli, in Atti del convegno su<br />

Arché e Anarché, Roma-Alatri 29-30 maggio 2009, in www. politicamente. net.<br />

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