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Martin Heidegger: dallo gnosticismo alla gnosis ... - Politicamente.Net

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Ma qual è il ruolo del filosofo all’interno della nuova polis greco-tedesca annunciata e attesa da <strong>Heidegger</strong>,<br />

come la promessa di una nuova epoca per l’Occidente<br />

Attraverso quella che Leo Strauss chiama la «strategia della reticenza», il Discorso del Rettorato ingaggia, in<br />

modo criptico e cifrato, «una vera e propria lotta per l’egemonia sulla rivoluzione nazionalsocialista in<br />

atto» 96 , affinché essa divenga un’autentica rivoluzione culturale e spirituale che trascenda i limiti ristretti<br />

della «politica» e si ponga, invece, come una «rivoluzione filosofica integrale», in grado di guidare il popolo<br />

tedesco e, attraverso di esso, l’intero Occidente verso un nuovo «Inizio» della sua storia. Nella rivoluzione,<br />

che <strong>Heidegger</strong> prospetta nel Discorso, incentrata principalmente sulla riforma del sistema universitario, la<br />

filosofia e i filosofi avranno un ruolo fondamentale. D<strong>alla</strong> demolizione della metafisica occidentale, nella<br />

quale è coinvolto anche il platonismo, in quanto artefice della trasformazione dell’aletheia in orthotes e,<br />

quindi, della dimenticanza dell’Essere a favore dell’ente, <strong>Heidegger</strong> salva la funzione «basileica» della<br />

filosofia enunciata da Platone nella Repubblica, che rimarrà una costante del pensiero heideggeriano,<br />

perlomeno fino <strong>alla</strong> disfatta della Germania nel 1945.<br />

La visione teologico-cristiana medievale e il pensiero tecnico-matematico della Modernità hanno occultato il<br />

significato autentico della filosofia come «scienza»: la filosofia greca al suo inizio inaugurandosi come<br />

episteme, si offre come «quel dire che si impone da sé e si impone da sé perché è un dire l’imporsi di ciò che<br />

si mostra così come si mostra». «Scienza è l’interrogante star-saldi nel cuore della totalità dell’essente che<br />

costantemente si cela. E tale attivo perseverare è consapevole della sua impotenza di fronte al destino.<br />

Questa è l’essenza originaria della scienza» 97 . <strong>Heidegger</strong> ritiene, in questa fase, che la filosofia debba<br />

confrontarsi con la sfera rischiosa della politica e non rimanere in un ambito puramente teoreticocontemplativo.<br />

Egli contesta l’interpretazione che finora è stata data della filosofia greca come «puro sapere<br />

fondato unicamente su se stesso e oltre a ciò dimentico di sé, sapere che viene chiamato da noi atteggiamento<br />

teoretico […]. Il suo senso vero non consiste nel ridurre la prassi <strong>alla</strong> teoria, ma al contrario nel comprendere<br />

la teoria come suprema realizzazione di una prassi genuina» 98 .<br />

L’essenza autentica della filosofia è l’«energheia, l’essere al lavoro dell’uomo»: <strong>Heidegger</strong> ne rinviene la<br />

matrice patica e agonistica nel mondo greco («la teoria infatti […] accade solo e soltanto nel pathos che coglie<br />

chi si trova in prossimità dell’essente in quanto tale e preda del suo incalzare. In secondo luogo i Greci<br />

lottarono proprio allo scopo di concepire e portare a compimento questo interrogare […]» 99 ). La filosofia<br />

deve «diventare padrona del proprio tempo» e essere parte della «realtà rivoluzionaria» della quale parla. La<br />

filosofia, che <strong>Heidegger</strong> fa coincidere con la scienza, nel senso greco di episteme, è la «gnosi» salvifica<br />

capace di redimere il popolo tedesco e, attraverso di esso, l’intera cultura occidentale. Essa è «decisione»,<br />

«affermazione», «azione», «lotta», concetti che rimandano, in ultima analisi, a quella «volontà di potenza»,<br />

nella quale <strong>Heidegger</strong>, proprio in quegli anni, andava ravvisando il culmine della Modernità e il compimento<br />

nichilistico della metafisica occidentale. Già nel 1936, in Schelling e Nietzsche, <strong>Heidegger</strong> individuava il<br />

punto cruciale della filosofia moderna, che concepisce l’essere come volere e soggettività e, perciò, il punto<br />

culminante della dimenticanza dell’Essere; ma proprio la soggettività e la volontà di potenza giocano ancora<br />

un ruolo fondamentale nel Discorso del rettorato e negli anni immediatamente seguenti, rivelando l’ambiguità<br />

di fondo del pensiero heideggeriano in questo periodo. La contraddizione risiederebbe nel contrapporre ad un<br />

«destino» inevitabile, di cui la tecnica e il nichilismo sarebbero parte integrante, una volontà che<br />

riaffermerebbe quella soggettività, a proposito della quale e in relazione <strong>alla</strong> quale era stato messo in luce il<br />

carattere metafisico dell’essere-coscienza (o autocoscienza) e prospettata la necessità di un suo superamento.<br />

96 Secondo Fistetti, nel Discorso del Rettorato si possono cogliere continue allusioni e riferimenti esoterici e criptici nei confronti<br />

delle concezioni di Baeumler e Krieck, pur non essendo quest’ultimi citati mai nel testo. Il concetto di Geist ad esempio, che<br />

<strong>Heidegger</strong> ritiene centrale per realizzare l’autentica rivoluzione nazionalsocialista e che egli declina in chiave spirituale, si<br />

contrappone <strong>alla</strong> medesima definizione che in quegli anni dava del Geist Baeumler, che, invece, ne forniva un’interpretazione<br />

nettamente razzista. Cfr. F. FISTETTI, <strong>Heidegger</strong> e la rivoluzione nazionalsocialista, op. cit., p. 44. Anche dell’ideologia del Blut und<br />

Boden, secondo la quale il singolo individuo è subordinato al volere della Volksgemeinschaft, intesa come comunità fondata sul<br />

sangue e sul suolo, <strong>Heidegger</strong>, nel Discorso, ne elabora un’interpretazione polemica nei confronti di quella stessa ideologia, della<br />

quale in quegli anni ne venivano accentuati gli aspetti biologici e antisemiti.<br />

97 M. HEIDEGGER, L’autoaffermazione dell’università tedesca, op. cit., p. 38.<br />

98 Ibidem, p. 38.<br />

99 Ibidem, p. 38.<br />

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