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Martin Heidegger: dallo gnosticismo alla gnosis ... - Politicamente.Net

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Nel Discorso del rettorato <strong>Heidegger</strong> annuncia trionfalmente (e un po’ ingenuamente) l’uscita<br />

dell’Occidente dal nichilismo, il compiersi di un «destino», di «un nuovo inizio»: la storia dell’Essere o,<br />

meglio, dell’ Essere come «storia» ha trovato il suo «luogo» di fondazione e di destinazione nella polis<br />

tedesca, in Hitler il suo fondatore e in <strong>Heidegger</strong> il filosofo che ha portato a coscienza, erede di Nietzsche ma<br />

più di Nietzsche stesso, il tramonto dell’Occidente e l’inizio di una nuova «epoca» dell’Essere. Il popolo<br />

tedesco, incalzato dal «destino», ha una «missione spirituale» da compiere: tornare <strong>alla</strong> Grecia e ripristinare<br />

l’Anfang greco, quell’ «Inizio» della nostra cultura occidentale, prima che l’Occidente si configurasse come<br />

tale, cioè come terra del tramonto e, quindi, prima che il nichilismo ne costituisse l’essenza più propria.<br />

Quell’«Inizio» che, portato per la prima volta <strong>alla</strong> luce dai greci e occultato nel corso della storia occidentale,<br />

i tedeschi hanno il compito di riportare nuovamente <strong>alla</strong> luce.<br />

Lo schema gnostico di caduta/lotta/redenzione che costituiva la trama nascosta di Essere e tempo viene ora<br />

da <strong>Heidegger</strong> trasferito su un piano storico-cosmico: il popolo tedesco, popolo pneumatico per eccellenza,<br />

presa coscienza, attraverso Nietzsche, della negatività del mondo, ha «la missione spirituale» di ritornare<br />

<strong>alla</strong> sua Origine dimenticata, all’«inizio del nostro esserci storico-spirituale». L’Esserci, che in Essere e tempo<br />

si dibatteva in una perenne tensione tra «autenticità» e «inautenticità» <strong>alla</strong> ricerca della propria salvezza<br />

personale, diviene in questa fase il Volk che «lotta» per la salvezza intramondana e storica della Germania<br />

e, attraverso di essa, di tutto l’Occidente.<br />

La filosofia dell’«autenticità-inautenticità», elaborata in Essere e tempo, viene ora utilizzata da <strong>Heidegger</strong><br />

all’interno della Seingeschichte in senso storico-politico: il «ci» dell’Essere non è più l’uomo ma il popolo<br />

tedesco che, di fronte all’«inautenticità» della propria epoca, «lotta» per ottenere «il suo mondo veramente<br />

spirituale» e recuperare quella dimensione di «autenticità» perduta dall’Occidente all’inizio della sua storia.<br />

La Seingeschichte si configura gnosticamente come un circolo 68 : ad un movimento di andata, di<br />

‘alienazione’ dell’Essere da se stesso, che ha caratterizzato la storia dell’Occidente nei termini di una caduta<br />

(oc-casus) e di una decadenza, corrisponde un movimento di ritorno dell’Essere a se stesso e <strong>alla</strong> propria<br />

«dimora». E la dimora dell’Essere è il suo nascondimento (lethe), il luogo in cui l’Essere custodisce la sua<br />

identità-differenza dall’ente. L’oblio di questa differenza conduce all’identificazione dell’Essere con l’ente e<br />

quindi <strong>alla</strong> considerazione dell’Essere come niente. In questo oblio è raccolta la storia nichilista<br />

dell’Occidente che, dimentica della dimora originaria dell’Essere, si vede costretta ad «errare» tra gli enti.<br />

Fin qui <strong>Heidegger</strong> rimane «in veste di gnostico della storia». «Ciò che rende così insidioso il suo ingresso<br />

sulla scena politica durante questi mesi» è il fatto che egli scambiò la sua gnosi storica per pensiero politico.<br />

«Se egli avesse continuato a raccontare le sue ‘storie autentiche’, senza volerle immischiare nella politica, egli<br />

sarebbe rimasto quell’artista della filosofia che effettivamente era; invece, trascinato d<strong>alla</strong> rivoluzione, volle<br />

diventare il politico della filosofia» 69 .<br />

Il Discorso del Rettorato, dunque, lungi dall’essere un incidente di percorso, – una versione questa che lo<br />

stesso <strong>Heidegger</strong> sosterrà davanti <strong>alla</strong> Commissione per la denazificazione – un testo, insomma, di scarsa<br />

rilevanza teoretica, espressione soltanto di valutazioni contingenti legate ad un determinato momento<br />

storico, si configura, invece, come un momento cruciale della riflessione filosofica heideggeriana, nel<br />

quale, per la prima volta, vengono elaborati in modo consapevole ed esplicito alcuni punti-chiave del suo<br />

pensiero, che rimarranno costanti per lo meno fino al 1945, fino, cioè, <strong>alla</strong> disfatta politica della Germania in<br />

seguito al secondo conflitto mondiale.<br />

Quali sono, allora, i punti-chiave del Discorso del Rettorato<br />

1) Il «ci» dell’essere non è più l’uomo ma la comunità di popolo tedesca: <strong>Heidegger</strong> collega qui<br />

esplicitamente il concetto di «popolo» al concetto di «storicità», suturando la nozione di comunità di<br />

popolo tedesca (Gemeinschaft ), diffusa allora tra gli esponenti del movimento völkisch, con quella di<br />

polis greca. <strong>Heidegger</strong> ritiene, in questa fase, che la polis greco-tedesca possa realmente costituire<br />

una «terza via» tra il liberalismo-capitalismo da una parte, che ha portato l’uomo occidentale ad uno<br />

spaesamento e a una perdita di patria senza precedenti, e l’egualitarismo astratto e massificante del<br />

marxismo-bolscevismo dall’altra. Una comunità di popolo organizzata, come si intravede dal Discorso<br />

del Rettorato, sulla base delle tre funzioni platonico-indoeuropee: manuale, militare e sacerdotale.<br />

68 Lefebvre dice che «<strong>Heidegger</strong> segue il modello triadico nel modo più ingenuo: l’Essere, il suo occultamento, il suo svelamento e<br />

resurrezione». H. LEFEBVRE, Hegel, Marx, Nietzsche, ou le royame des ombres, Paris 1975, p.51.<br />

69 R. SAFRANSKI, <strong>Heidegger</strong> e il suo tempo, Milano 1994, p. 324.<br />

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