New Tabloid n°5 - Ordine dei Giornalisti
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L’angolo<br />
della legge<br />
tutte le istruzioni per non finire sotto processo<br />
Lacci e lacciuoli<br />
di un mestiere pericoloso<br />
I cronisti giudiziari sono i più esposti a rischi di fronte alla legge. Come<br />
conciliare cronaca e privacy C’è sempre qualcuno che ritiene di poter dire ai<br />
giornalisti cosa possono pubblicare e come devono farlo. Ma c’è già un organo<br />
disciplinare inflessibile che ha gli strumenti per giudicare e condannare: l’<strong>Ordine</strong><br />
di Caterina Malavenda*<br />
Riportiamo in queste due pagine alcuni<br />
stralci di due brevi capitoli del libro<br />
“Le regole <strong>dei</strong> giornalisti”.<br />
La cronaca giudiziaria<br />
Sono i cronisti giudiziari, fra tutti, i più<br />
esposti ai rischi di norme irragionevoli<br />
ed iniziative improvvide. C’è sempre<br />
qualcuno che ritiene di poter dire loro<br />
cosa possono pubblicare e come devono<br />
farlo. Ad esempio il Garante per<br />
il trattamento <strong>dei</strong> dati personali che ha<br />
elaborato puntuali raccomandazioni<br />
(una sorta di licenza d’informare) per<br />
spiegare loro quando possono divulgare<br />
le notizie di cui sono entrati in<br />
possesso. Ma è la divulgazione degli<br />
atti processuali a essere regolata dal<br />
più incomprensibile <strong>dei</strong> divieti: anche<br />
quando non sono più segreti, poiché<br />
note alle parti, è vietato pubblicarli in<br />
tutto o in parte, essendo lecito riferire<br />
solo il loro contenuto secondo l’esegesi<br />
prevalente la loro sintesi. Come si<br />
riassumono però centinaia di conversazioni<br />
intercettate o pagine e pagine<br />
di verbali senza rischiare di tradirne<br />
o di travisare il senso complessivo o<br />
di tralasciare passaggi fondamentali<br />
E per tutelare l’oramai mitica terzietà<br />
del giudice nel dibattimento è davvero<br />
indispensabile che il giornalista non<br />
riporti fedelmente gli atti del procedimento<br />
e si limiti a farne il riassunto E<br />
così il cronista giudiziario che detiene<br />
legittimamente copia di quegli atti e<br />
non si arrende a una regola difficile<br />
da comprendere commette reato ogni<br />
volta che ne pubblica anche solo una<br />
riga fra virgolette. Certo si tratta di contravvenzione<br />
oblabile, per il momento<br />
previo il pagamento di somme modeste<br />
- per tale ragione una buona parte<br />
<strong>dei</strong> politici vorrebbe aumentarle, così<br />
da scoraggiare direttori ed editori - ma<br />
è pur sempre un rischio costante anche<br />
perché l’ammissione al beneficio<br />
è a discrezione del giudice. Per concludere:<br />
un giornalista pubblicando un<br />
solo articolo o mandando in onda un<br />
solo servizio può essere incriminato<br />
per diffamazione, trattamento illecito<br />
di dati personali, violazione del segreto<br />
d’ufficio, pubblicazione arbitraria di atti<br />
d’indagine e, se gli va male, per ricettazione,<br />
trascinando con sé, per omesso<br />
controllo, il suo direttore, ed econo-<br />
micamente il<br />
suo editore. Si<br />
tratta di reati<br />
per i quali è<br />
prevista la sola<br />
pena detentiva,<br />
a eccezione<br />
della pubblicazione<br />
degli atti d’indagine oblabile<br />
e della diffamazione per la quale il<br />
giudice può applicare, se ricorrono<br />
determinate condizioni, anche solo<br />
la pena pecuniaria. Come segnalato<br />
però, se l’accusa comprende anche<br />
l’aggravante dell’attribuzione di un<br />
fatto determinato - circostanza questa<br />
assai frequente - la condanna alla<br />
sola multa è subordinata alla concessione<br />
delle attenuanti generiche, una<br />
facoltà e non un obbligo, dunque, alla<br />
decisione del giudice di optare per la<br />
pena pecuniaria: il ricorso all’opzione<br />
più penalizzante, la reclusione, è pur<br />
sempre possibile. Può contemporaneamente<br />
essere citato, insieme con<br />
il suo editore, nel giudizio civile per il<br />
risarcimento <strong>dei</strong> danni da diffamazione<br />
da trattamento <strong>dei</strong> dati, da lesione<br />
dell’immagine e persino dell’identità<br />
personale, non più solo davanti al<br />
Tribunale del luogo in cui il periodico<br />
stampa o da cui il servizio televisivo<br />
viene mandato in onda, ma anche in<br />
alternativa del luogo in cui abita chi,<br />
quella causa, ha promosso, considerato<br />
non sempre a ragione, la parte<br />
In un Paese come il nostro<br />
si è soliti pensare che<br />
non vi sia alcun controllo,<br />
che ognuno possa scrivere<br />
ciò che vuole, senza<br />
rischiare severe sanzioni,<br />
come nelle democrazie<br />
più serie, né la vita o<br />
il carcere, come nei Paesi<br />
a democrazia sospesa.<br />
Eppure anche qui da noi<br />
la vita può essere dura<br />
per coloro che non hanno<br />
un padrone e rispondono<br />
solo al lettore.<br />
34 <strong>Tabloid</strong> 5 / 2012