New Tabloid n°5 - Ordine dei Giornalisti
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convegno / Il futuro del giornalismo<br />
Hearst, che ha anch’essa 120 anni<br />
di storia imprenditoriale con la carta<br />
stampata. Il nostro editore, che negli<br />
Stati Uniti è l’editore di Cosmopolitan,<br />
Haper Baazar, Good Housekeeping,<br />
testate leader nell’editoria per<br />
le donne, ha ricevuto la richiesta da<br />
parte di Youtube di realizzare video<br />
per un canale specializzato. Questo<br />
dimostra che anche un gigante del<br />
web riconosce il valore di un editore<br />
con testate specializzate nella costruzione<br />
<strong>dei</strong> contenuti. Quindi riconosce<br />
la capacità <strong>dei</strong> giornalisti di<br />
interpretare bene i bisogni e i desideri<br />
<strong>dei</strong> lettori, in questo caso specifico<br />
delle lettrici<br />
I quotidiani e i periodici sono due<br />
mondi molto differenti tra loro. E le<br />
differenze si riflettono anche nel rapporto<br />
tra l’edizione cartacea e il sito<br />
web. Da una parte i periodici come<br />
dimostra anche la ricerca di Finzi subiscono<br />
meno l’aggressione del web,<br />
perché non hanno news, informazioni<br />
veloci, d’altra parte però è più difficile<br />
costruire <strong>dei</strong> siti coerenti con il<br />
lavoro fatto sulla carta. Un giornale<br />
femminile che funziona bene è già<br />
una community, ossia ha un gruppo<br />
di lettrici che si riconoscono in<br />
quello che racconta, ma il giornale<br />
lo racconta con uno stile di scrittura<br />
caldo, empatico e soprattutto con le<br />
immagini. Come portare tutto questo<br />
su internet Questa è anche la nostra<br />
sfida. Il sito di Elle esiste dal 2005. La<br />
prima fase è stata molto difficile. La<br />
prima difficoltà è che nei periodici per<br />
molto tempo c’è stata una frattura tra<br />
la parte digitale e quella cartacea.<br />
Una frattura basata sul presupposto<br />
che i giornalisti della carta stampata<br />
fossero in qualche modo estranei al<br />
mondo del web. Quindi i siti inizialmente<br />
sono stati affidati a persone<br />
provenienti dal mondo del digitale,<br />
perdendo così la forza del marchio<br />
della testata, che è poi la forza costituita<br />
dalle persone che la fanno.<br />
Questo periodo è finito fortunatamente<br />
un paio di anni fa, anche per<br />
l’arrivo dell’iPad che ha rotto questi<br />
schemi. L’iPad è stato molto importante<br />
per la stampa periodica, per<br />
la valorizzazione delle immagini che<br />
consente di far vedere come anche<br />
nel mondo digitale, con un supporto<br />
diverso, quello che noi facciamo<br />
ha un senso e funziona. Dal 2010 in<br />
avanti ho visto davvero cambiare il<br />
modo di portare i periodici sui siti.<br />
Le redazioni si stanno integrando, il<br />
che non vuol dire che tutti facciano<br />
tutto, ma chi della carta stampata<br />
vuole, e sono tanti, è coinvolto nel<br />
web. Certo siamo tutti consapevoli<br />
che il lavoro cambia. Il giornalista non<br />
deve concentrarsi solo sulla scrittura,<br />
ma anche saper tagliare le immagini,<br />
costruire un video. Il giornalista diventa<br />
anche promoter di se stesso,<br />
chi mette contenuti sul web si trova<br />
poi a diffonderli il più possibile sulla<br />
rete e questo aiuta il giornale, perché<br />
rende più visibile la testata oltre<br />
che essere la forma più economica<br />
di pubblicità, visto che gli editori non<br />
possono più investire in questo senso.<br />
Sono convinta che il fatto che il<br />
nostro giornale stia acquistando nuovi<br />
lettori più giovani è in relazione al<br />
buon lavoro che stiamo facendo sui<br />
nuovi media. Quindi si può innescare<br />
un meccanismo virtuoso in cui il web<br />
non uccide, ma anzi aiuta l’edizione<br />
su carta.<br />
Eric Sylvers<br />
corrispondente da Milano<br />
di Financial Times<br />
Nel nostro giornale come in tutti i<br />
giornali americani e inglesi il lavoro<br />
su carta e quello sul web sono totalmente<br />
integrato. Se c’è una notizia<br />
da Milano il pezzo lo faccio sia per il<br />
web sia per l’edizione cartacea. Nella<br />
stampa anglosassone è così da<br />
Eric Sylvers<br />
tempo. Questo si riflette anche sul<br />
modo di lavorare di noi giornalisti.<br />
Succede per esempio che dovendo<br />
in mattinata preparare la notizia da<br />
mettere sul web si ha meno tempo<br />
di approfondirla per preparare il pezzo<br />
che dovrà uscire sul giornale. Ma<br />
chi si abbona al web deve avere la<br />
notizia senza dover aspettare l’uscita<br />
del giornale.<br />
Credo che sia importante per i giornali<br />
italiani considerare l’esperienza<br />
di alcuni grandi giornali americani. Il<br />
Wall Street Journal ha avuto il coraggio<br />
per primo di applicare il paywall<br />
(l’accesso a pagamento ai contenuti<br />
NdR) e all’epoca si diceva che ha funzionato<br />
perché il tema del giornale è<br />
molto specifico: economia e finanza.<br />
In seguito tutti aspettavano una mossa<br />
analoga del <strong>New</strong> York Times, che<br />
finalmente è arrivata. L’aspetto che<br />
mi preme sottolineare è che rispetto<br />
alla mentalità italiana nella cultura<br />
anglosassone c’è più la predisposizione<br />
a sperimentare, provare e se<br />
non funziona poi cambiare. Il <strong>New</strong><br />
York Times che adesso ha un paywall<br />
di grande sucesso con 500mila<br />
persone che pagano, all’inizio aveva<br />
provato con un sistema che prevedeva<br />
un pagamento solo per alcuni<br />
pezzi di firme autorevoli (Thomas Friedman,<br />
Paul Krugman e altre firme<br />
famose). Una decisione che provocò<br />
molte proteste tra i giornalisti, perché<br />
creava una distinzione tra giornalisti<br />
di prima e seconda categoria, ma<br />
anche per le grandi firme limitava il<br />
bacino di utenza. L’esperimento fallì<br />
e si scelse di usare un nuovo sistema<br />
di paywall, che sta funzionando.<br />
Da notare però che questo muro è<br />
facilmente aggirabile, ossia non è difficile<br />
reperire un articolo anche senza<br />
pagare, ricorrendo a social o motori<br />
di ricerca. Questo non chiude troppo<br />
il sito del <strong>New</strong> York Times non limita<br />
eccessivamente la diffusione <strong>dei</strong> suoi<br />
contenuti. Il Financial times invece ha<br />
fatto una scelta diversa e ha costruito<br />
un muro molto difficile da aggirare.<br />
Però bisogna considerare che i nostri<br />
sono contenuti specialistici.<br />
(Hanno collaborato Maria<br />
Comotti, Antonio Mirabile,<br />
Maddalena Tufarulo)<br />
26 <strong>Tabloid</strong> 5 / 2012