New Tabloid n°5 - Ordine dei Giornalisti

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04.01.2015 Views

convegno / Il futuro del giornalismo Giulio Anselmi Giulio Anselmi presidente Federazione Italiana Editori Giornali Chiariamo subito che per gli editori l’informazione deve essere a pagamento anche sul web. Ovviamente la logica degli abbonamenti cartacei non si può riproporre pari pari sul web, ma se vogliamo che il giornalismo continui ad essere una professione, un mestiere di cui si può vivere, è evidente che l’informazione non può essere gratuita. Questo assunto chiama in causa innanzitutto il rapporto degli editori con i grandi motori di ricerca, ad esempio Google, con cui tutti gli editori europei stanno intavolando trattative. Google non può pensare di vivere di rendita sul lavoro altrui. Un altro fronte su cui intervenire è quello delle rassegne stampa. Gli editori hanno creato da quest’estate il repertorio Promopress (http://repertoriopromopress. fieg.it), che raccoglie i contenuti di tutti i giornali italiani, per fare rassegne stampa con questo strumento bisogna pagare i diritti, anche se le cifre sono basse. Questa impostazione è stata accolta da aziende e istituzioni, ma non dai due rami del Parlamento, che mettono a disposizione di tutti ogni giorno ampie rassegne stampa senza pagare alcun diritto, un modo di procedere che, di fatto, costituisce un’infrazione alla legge. Affrontando, invece, il tema più generale del rapporto tra carta e rete, direi che troppo spesso si parla di informazione e giornalismo soltanto in termini di coefficienti numerici (tirature, vendite, ecc.) e troppo poco si pone attenzione alla qualità dei prodotti, soprattutto in una realtà come quella odierna in cui stiamo vivendo un passaggio epocale. è una situazione paragonabile al passaggio, che avvenne nella seconda metà dell’Ottocento, dalla navigazione a vela a quella a motore. Gli armatori di allora non sapendo come procedere montarono caldaie sulle imbarcazioni a vela, cercando di far convivere questi due sistemi di propulsione. E oggi Cosa fanno gli editori di fronte a questa trasformazione epocale Abbiamo contemporaneamente l’informazione su carta che resiste, versioni online delle antiche testate e prodotti nuovi e più interessanti per i tablet. Questi ultimi sono i più interessanti per gli editori perché ricollegano abbastanza bene la cultura della carta al futuro. Non è possibile definire il primato di un mezzo sull’altro, anche se oggi editori e giornalisti parlano soprattutto di qualità per sostenere la supremazia della carta sul web. A questi io dico: attenti, non c’è mai niente di conquistato una volta per tutte. Lo provano vicende di attualità come il caso Sallusti o il caso degli scandali alla Regione Lazio, che fanno capire come l’informazione tradizionale debba fare ancora molti passi in avanti sul fronte della qualità. Troppe volte l’informazione tradizionale arriva alle notizie solo quando le informazioni sono riversate da magistratura e polizia. Io credo che gli editori anche per la paura che hanno avuto in questi anni di vedere i giornali perdere posizioni oggi si stiano sforzando di puntare di nuovo sulla qualità. Cosa dire poi della visione distorta che molti hanno del rapporto dell’editoria con i finanziamenti pubblici C’è la falsa idea che tutti i giornali siano finanziati dallo Stato: ma non dimentichiamo che i 100 milioni di euro annui di finanziamenti vanno tutti all’informazione politica o alle cooperative e pochi altri soggetti. Per gli editori ci sono solo pochi aiuti indiretti. Quello che gli editori stanno cercando di ottenere è che il denaro venga versato non a soggetti ma a progetti, in particolar modo a sostegno della trasformazione tecnologica e dell’online, con criteri meritocratici. Vorrei far notare, infine, che il successo delle nuove forme di informazione, come quella dei tweet, non è arrivato per iniziativa degli editori o dei giornalisti, ma è stato un vero e proprio “tsunami” che il mondo dell’informazione ha subìto perché non ha capito in tempo l’importanza di questi nuovi media. Il problema di oggi è di resistere e di rilanciare l’iniziativa su più piani, senza però pretendere di tornare a un passato in cui editori e giornalisti erano i “preti” dell’informazione, ossia gli unici depositari di questa funzione. Ora è bene che tutti gli attori sappiano quale è la loro identità. E per i media salvare la propria identità vuol dire mediare, scegliere, fare attività di approfondimento e saper contestualizzare la notizia. Danda santini Danda Santini direttrice di Elle Per quanto riguarda i femminili, uno degli esempi più interessanti di contenuti messi in rete a pagamento riguarda Vogue America, una rivista con più di 100 anni di storia. Il sito di questa testata offre, a pagamento, un archivio fotografico che è forse il più importante al mondo per le immagini di moda e di storia della moda. Un’iniziativa che ha grande successo perché immagini di questa qualità interessano addetti ai lavori, appassionati, una platea vastissima. Ma vorrei citare anche un altro esempio interessante che viene dagli USA e riguarda direttamente la casa editrice della testata che io dirigo, la Tabloid 5 / 2012 25

convegno / Il futuro del giornalismo Hearst, che ha anch’essa 120 anni di storia imprenditoriale con la carta stampata. Il nostro editore, che negli Stati Uniti è l’editore di Cosmopolitan, Haper Baazar, Good Housekeeping, testate leader nell’editoria per le donne, ha ricevuto la richiesta da parte di Youtube di realizzare video per un canale specializzato. Questo dimostra che anche un gigante del web riconosce il valore di un editore con testate specializzate nella costruzione dei contenuti. Quindi riconosce la capacità dei giornalisti di interpretare bene i bisogni e i desideri dei lettori, in questo caso specifico delle lettrici I quotidiani e i periodici sono due mondi molto differenti tra loro. E le differenze si riflettono anche nel rapporto tra l’edizione cartacea e il sito web. Da una parte i periodici come dimostra anche la ricerca di Finzi subiscono meno l’aggressione del web, perché non hanno news, informazioni veloci, d’altra parte però è più difficile costruire dei siti coerenti con il lavoro fatto sulla carta. Un giornale femminile che funziona bene è già una community, ossia ha un gruppo di lettrici che si riconoscono in quello che racconta, ma il giornale lo racconta con uno stile di scrittura caldo, empatico e soprattutto con le immagini. Come portare tutto questo su internet Questa è anche la nostra sfida. Il sito di Elle esiste dal 2005. La prima fase è stata molto difficile. La prima difficoltà è che nei periodici per molto tempo c’è stata una frattura tra la parte digitale e quella cartacea. Una frattura basata sul presupposto che i giornalisti della carta stampata fossero in qualche modo estranei al mondo del web. Quindi i siti inizialmente sono stati affidati a persone provenienti dal mondo del digitale, perdendo così la forza del marchio della testata, che è poi la forza costituita dalle persone che la fanno. Questo periodo è finito fortunatamente un paio di anni fa, anche per l’arrivo dell’iPad che ha rotto questi schemi. L’iPad è stato molto importante per la stampa periodica, per la valorizzazione delle immagini che consente di far vedere come anche nel mondo digitale, con un supporto diverso, quello che noi facciamo ha un senso e funziona. Dal 2010 in avanti ho visto davvero cambiare il modo di portare i periodici sui siti. Le redazioni si stanno integrando, il che non vuol dire che tutti facciano tutto, ma chi della carta stampata vuole, e sono tanti, è coinvolto nel web. Certo siamo tutti consapevoli che il lavoro cambia. Il giornalista non deve concentrarsi solo sulla scrittura, ma anche saper tagliare le immagini, costruire un video. Il giornalista diventa anche promoter di se stesso, chi mette contenuti sul web si trova poi a diffonderli il più possibile sulla rete e questo aiuta il giornale, perché rende più visibile la testata oltre che essere la forma più economica di pubblicità, visto che gli editori non possono più investire in questo senso. Sono convinta che il fatto che il nostro giornale stia acquistando nuovi lettori più giovani è in relazione al buon lavoro che stiamo facendo sui nuovi media. Quindi si può innescare un meccanismo virtuoso in cui il web non uccide, ma anzi aiuta l’edizione su carta. Eric Sylvers corrispondente da Milano di Financial Times Nel nostro giornale come in tutti i giornali americani e inglesi il lavoro su carta e quello sul web sono totalmente integrato. Se c’è una notizia da Milano il pezzo lo faccio sia per il web sia per l’edizione cartacea. Nella stampa anglosassone è così da Eric Sylvers tempo. Questo si riflette anche sul modo di lavorare di noi giornalisti. Succede per esempio che dovendo in mattinata preparare la notizia da mettere sul web si ha meno tempo di approfondirla per preparare il pezzo che dovrà uscire sul giornale. Ma chi si abbona al web deve avere la notizia senza dover aspettare l’uscita del giornale. Credo che sia importante per i giornali italiani considerare l’esperienza di alcuni grandi giornali americani. Il Wall Street Journal ha avuto il coraggio per primo di applicare il paywall (l’accesso a pagamento ai contenuti NdR) e all’epoca si diceva che ha funzionato perché il tema del giornale è molto specifico: economia e finanza. In seguito tutti aspettavano una mossa analoga del New York Times, che finalmente è arrivata. L’aspetto che mi preme sottolineare è che rispetto alla mentalità italiana nella cultura anglosassone c’è più la predisposizione a sperimentare, provare e se non funziona poi cambiare. Il New York Times che adesso ha un paywall di grande sucesso con 500mila persone che pagano, all’inizio aveva provato con un sistema che prevedeva un pagamento solo per alcuni pezzi di firme autorevoli (Thomas Friedman, Paul Krugman e altre firme famose). Una decisione che provocò molte proteste tra i giornalisti, perché creava una distinzione tra giornalisti di prima e seconda categoria, ma anche per le grandi firme limitava il bacino di utenza. L’esperimento fallì e si scelse di usare un nuovo sistema di paywall, che sta funzionando. Da notare però che questo muro è facilmente aggirabile, ossia non è difficile reperire un articolo anche senza pagare, ricorrendo a social o motori di ricerca. Questo non chiude troppo il sito del New York Times non limita eccessivamente la diffusione dei suoi contenuti. Il Financial times invece ha fatto una scelta diversa e ha costruito un muro molto difficile da aggirare. Però bisogna considerare che i nostri sono contenuti specialistici. (Hanno collaborato Maria Comotti, Antonio Mirabile, Maddalena Tufarulo) 26 Tabloid 5 / 2012

convegno / Il futuro del giornalismo<br />

Giulio Anselmi<br />

Giulio Anselmi<br />

presidente Federazione Italiana<br />

Editori Giornali<br />

Chiariamo subito che per gli editori<br />

l’informazione deve essere a pagamento<br />

anche sul web. Ovviamente<br />

la logica degli abbonamenti cartacei<br />

non si può riproporre pari pari sul<br />

web, ma se vogliamo che il giornalismo<br />

continui ad essere una professione,<br />

un mestiere di cui si può<br />

vivere, è evidente che l’informazione<br />

non può essere gratuita.<br />

Questo assunto chiama in causa innanzitutto<br />

il rapporto degli editori con<br />

i grandi motori di ricerca, ad esempio<br />

Google, con cui tutti gli editori europei<br />

stanno intavolando trattative. Google<br />

non può pensare di vivere di rendita<br />

sul lavoro altrui. Un altro fronte su<br />

cui intervenire è quello delle rassegne<br />

stampa. Gli editori hanno creato<br />

da quest’estate il repertorio Promopress<br />

(http://repertoriopromopress.<br />

fieg.it), che raccoglie i contenuti di<br />

tutti i giornali italiani, per fare rassegne<br />

stampa con questo strumento<br />

bisogna pagare i diritti, anche se le<br />

cifre sono basse.<br />

Questa impostazione è stata accolta<br />

da aziende e istituzioni, ma non dai<br />

due rami del Parlamento, che mettono<br />

a disposizione di tutti ogni giorno<br />

ampie rassegne stampa senza pagare<br />

alcun diritto, un modo di procedere<br />

che, di fatto, costituisce un’infrazione<br />

alla legge.<br />

Affrontando, invece, il tema più generale<br />

del rapporto tra carta e rete, direi<br />

che troppo spesso si parla di informazione<br />

e giornalismo soltanto in termini<br />

di coefficienti numerici (tirature,<br />

vendite, ecc.) e troppo poco si pone<br />

attenzione alla qualità <strong>dei</strong> prodotti,<br />

soprattutto in una realtà come quella<br />

odierna in cui stiamo vivendo un passaggio<br />

epocale. è una situazione paragonabile<br />

al passaggio, che avvenne<br />

nella seconda metà dell’Ottocento,<br />

dalla navigazione a vela a quella a<br />

motore. Gli armatori di allora non<br />

sapendo come procedere montarono<br />

caldaie sulle imbarcazioni a vela,<br />

cercando di far convivere questi due<br />

sistemi di propulsione. E oggi Cosa<br />

fanno gli editori di fronte a questa trasformazione<br />

epocale Abbiamo contemporaneamente<br />

l’informazione su<br />

carta che resiste, versioni online delle<br />

antiche testate e prodotti nuovi e più<br />

interessanti per i tablet. Questi ultimi<br />

sono i più interessanti per gli editori<br />

perché ricollegano abbastanza bene<br />

la cultura della carta al futuro. Non è<br />

possibile definire il primato di un mezzo<br />

sull’altro, anche se oggi editori e<br />

giornalisti parlano soprattutto di qualità<br />

per sostenere la supremazia della<br />

carta sul web. A questi io dico: attenti,<br />

non c’è mai niente di conquistato una<br />

volta per tutte. Lo provano vicende di<br />

attualità come il caso Sallusti o il caso<br />

degli scandali alla Regione Lazio,<br />

che fanno capire come l’informazione<br />

tradizionale debba fare ancora molti<br />

passi in avanti sul fronte della qualità.<br />

Troppe volte l’informazione tradizionale<br />

arriva alle notizie solo quando le<br />

informazioni sono riversate da magistratura<br />

e polizia.<br />

Io credo che gli editori anche per la<br />

paura che hanno avuto in questi anni<br />

di vedere i giornali perdere posizioni<br />

oggi si stiano sforzando di puntare di<br />

nuovo sulla qualità.<br />

Cosa dire poi della visione distorta<br />

che molti hanno del rapporto dell’editoria<br />

con i finanziamenti pubblici C’è<br />

la falsa idea che tutti i giornali siano<br />

finanziati dallo Stato: ma non dimentichiamo<br />

che i 100 milioni di euro annui<br />

di finanziamenti vanno tutti all’informazione<br />

politica o alle cooperative e<br />

pochi altri soggetti. Per gli editori ci<br />

sono solo pochi aiuti indiretti. Quello<br />

che gli editori stanno cercando di<br />

ottenere è che il denaro venga versato<br />

non a soggetti ma a progetti,<br />

in particolar modo a sostegno della<br />

trasformazione tecnologica e dell’online,<br />

con criteri meritocratici.<br />

Vorrei far notare, infine, che il successo<br />

delle nuove forme di informazione,<br />

come quella <strong>dei</strong> tweet, non è arrivato<br />

per iniziativa degli editori o <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

ma è stato un vero e proprio<br />

“tsunami” che il mondo dell’informazione<br />

ha subìto perché non ha capito<br />

in tempo l’importanza di questi<br />

nuovi media. Il problema di oggi è<br />

di resistere e di rilanciare l’iniziativa<br />

su più piani, senza però pretendere<br />

di tornare a un passato in cui editori<br />

e giornalisti erano i “preti” dell’informazione,<br />

ossia gli unici depositari di<br />

questa funzione. Ora è bene che tutti<br />

gli attori sappiano quale è la loro identità.<br />

E per i media salvare la propria<br />

identità vuol dire mediare, scegliere,<br />

fare attività di approfondimento e saper<br />

contestualizzare la notizia.<br />

Danda santini<br />

Danda Santini<br />

direttrice di Elle<br />

Per quanto riguarda i femminili, uno<br />

degli esempi più interessanti di contenuti<br />

messi in rete a pagamento riguarda<br />

Vogue America, una rivista<br />

con più di 100 anni di storia. Il sito<br />

di questa testata offre, a pagamento,<br />

un archivio fotografico che è forse il<br />

più importante al mondo per le immagini<br />

di moda e di storia della moda.<br />

Un’iniziativa che ha grande successo<br />

perché immagini di questa qualità<br />

interessano addetti ai lavori, appassionati,<br />

una platea vastissima.<br />

Ma vorrei citare anche un altro esempio<br />

interessante che viene dagli USA<br />

e riguarda direttamente la casa editrice<br />

della testata che io dirigo, la<br />

<strong>Tabloid</strong> 5 / 2012<br />

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