Atti del congresso - Associazione Italiana Epidemiologia
Atti del congresso - Associazione Italiana Epidemiologia
Atti del congresso - Associazione Italiana Epidemiologia
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XXXII Congresso Annuale<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
<strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
PER LA<br />
PREVENZIONE<br />
Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Università degli Studi di Milano, Via Festa <strong>del</strong> perdono, 7
<strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
32° Congresso Annuale<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
PER LA PREVENZIONE<br />
Università degli studi di Milano<br />
Milano<br />
15-17 ottobre 2008
A Piero Morosini<br />
1941 - 2008
<strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
32° Congresso Annuale<br />
Con il patrocinio di<br />
Ministero <strong>del</strong> lavoro, <strong>del</strong>la salute e <strong>del</strong>le politiche sociali<br />
Regione Lombardia<br />
Provincia di Milano<br />
Comune di Milano<br />
Azienda sanitaria locale di Milano<br />
Università degli studi di Milano<br />
Facoltà di medicina e chirurgia <strong>del</strong>l’Università di Milano<br />
Comitato per il programma<br />
Fabio Barbone, Franco Berrino, Pier Alberto Bertazzi, Fabrizio Bianchi, Annibale Biggeri, Luigi Bisanti,<br />
Lucia Bisceglia, Ennio Cadum, Cesare Cislaghi, Pietro Comba, Giuseppe Costa, Marina Cuttini, Gabriella<br />
Dardanoni, Adriano Decarli, Maria Gabriella Filippazzo, Graziella Filippini, Francesco Forastiere, Roberto<br />
Gnavi, Donato Greco, Carlo La Vecchia, Alessandro Liberati, Corrado Magnani, Marco Marchi, Franco<br />
Merletti, Paola Michelozzi, Fabrizio Minichilli, Pierluigi Morosini, Massimo Musicco, Eugenio Paci,<br />
Salvatore Panico, Carlo Perucci, Roberto Raschetti, Gualtiero Ricciardi, Lorenzo Richiardi, Franca<br />
Rusconi, Antonio Russo, Stefania Salmaso, Rodolfo Saracci, Salvatore Scondotto, Nereo Segnan, A<strong>del</strong>e<br />
Seniori Costantini, Diego Serraino, Lorenzo Simonato, Antonia Stazi, Benedetto Terracini, Mariangela<br />
Vigotti Paolo Vineis, Roberto Zanetti, Marco Zappa.<br />
Comitato organizzatore locale<br />
Francesco Auxilia Università di Milano<br />
Pier Alberto Bertazzi Università di Milano<br />
Luigi Bisanti<br />
ASL di Milano<br />
Susanna Cantoni ASL di Milano<br />
M. Cristina Cantù ASL di Milano<br />
Adriano Decarli Università di Milano<br />
Giorgio Duca<br />
Università di Milano<br />
Carlo La Vecchia Università di Milano<br />
Luigi Macchi<br />
Regione Lombardia<br />
Edgardo Valerio ASL di Milano<br />
Segreteria AIE<br />
F. Barbone, L. Bisanti (presidente), E. Cadum, F. Minichilli, L. Richiardi, A. Russo, A. Seniori Costantini,<br />
(vice presidente), L. Simonato e S. Scondotto<br />
Segreteria Amministrativa<br />
Valentina Ferrari<br />
tel: 02 48702283<br />
email: segreteria.aie@inferenze.it<br />
Segreteria Scientifica<br />
Irene Accardi tel: 02 85782114<br />
Patrizia Di Benedetto tel: 02 85782111<br />
email: epidemiologia.aie@asl.milano.it<br />
Editing e Grafica<br />
Maria Cristina Imiotti<br />
Sonia Marrucci<br />
Rosanna Panini
Indice<br />
Mercoledì 15 ottobre<br />
Prima sessione plenaria: L’<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione……..….……... 33<br />
Giovedì 16 ottobre (mattina)<br />
Seconda sessione plenaria: I rischi ambientali..…………………………….… 35<br />
Sessioni parallele (1)<br />
A – Ambiente esterno 1…………………….………………………………..… 39<br />
B – Ambiente esterno 2……………………………………………...………… 44<br />
C – Ambiente di lavoro 1……….………………………………………..…… 51<br />
D - Ambiente di lavoro 2……………………………………………….……… 57<br />
Giovedì 16 ottobre (pomeriggio)<br />
Terza sessione plenaria: Gli interventi di prevenzione <strong>del</strong> Servizio<br />
sanitario…………………………………………………………………………. 64<br />
Sessioni parallele (2)<br />
E – Malattie infettive e vaccinazioni……………………………..…………… 66<br />
F - Screening………………………………………………………….………… 72<br />
G - Tumori……………………………………………………………………… 78<br />
H – Sistemi informativi …………………………….……………………….… 85<br />
Sessione poster 1………………………………………...……………………... 92<br />
Venerdì 17 ottobre (mattina)<br />
Quarta sessione plenaria: Gli stili di vita e le dipendenze……….……….……… 154<br />
Sessioni parallele (3)<br />
I – Governo clinico………………………………………………………..…… 158<br />
J – Stili di vita………………………………………………………………..… 164<br />
K - Nutrizione……………………………...…………………………………… 169<br />
L - Dipendenze…………………………………………………………….…… 175
Venerdì 17 ottobre (pomeriggio)<br />
Sessioni parallele (4)<br />
M – Tumori……………………………………………..……………………… 181<br />
N – Ambiente…………………………………………………………………… 185<br />
O - Tabagismo……………………………………………………..…………… 189<br />
P - Genetica………………………………………………………….…….…… 193<br />
Quinta sessione plenaria…………………………..…………………………… 197<br />
Sessione poster 2…………..……………….…........................................................ 200
Presentazione <strong>del</strong> <strong>congresso</strong><br />
In un numero recente <strong>del</strong> nostro bollettino di informazioni, NotizAIE, sono state<br />
sommariamente illustrate le ragioni che hanno portato a scegliere per il 32° <strong>congresso</strong><br />
annuale <strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong> il tema <strong>del</strong>l’<strong>Epidemiologia</strong> per la<br />
Prevenzione. Allora fu ricordata la vocazione originaria degli epidemiologi italiani alla<br />
prevenzione, intesa soprattutto come protezione dai determinati ambientali di malattia; ma ci<br />
si soffermò anche su quanto negli ultimi trent’anni si sia andata progressivamente<br />
complicando la definizione stessa di prevenzione e, conseguentemente, il modo di praticarla.<br />
Agli estremi <strong>del</strong>lo spettro di opinioni su cos’è la prevenzione credo si possano mettere due<br />
affermazioni contrapposte. La prima: è prevenzione ogni azione che nel continuum salutemorte<br />
è finalizzata a eliminare/rallentare la progressione verso uno stadio peggiorativo di<br />
salute. La seconda: è prevenzione solo ciò che evita l’esposizione ad un agente causale<br />
capace di far cessare lo stato di salute. È questo un modo molto schematico di rappresentare<br />
un dominio concettuale ben più articolato ma può servire per rappresentare in modo<br />
semplice un dilemma non semplice. Bisogna riconoscere che ciascuna <strong>del</strong>le due definizioni<br />
proposte ha un suo appeal. La seconda ha il merito di <strong>del</strong>ineare in termini netti lo scenario<br />
<strong>del</strong>la prevenzione, <strong>del</strong>egittimandone le aggettivazioni (primaria, secondaria, terziaria, …) e<br />
chiarendone gli ambiti operativi (sono di spettanza sanitaria – prevalentemente<br />
epidemiologica – l’identificazione, la promozione, il monitoraggio e la valutazione <strong>del</strong>le<br />
azioni di prevenzione ma la realizzazione di queste è prevalentemente, anche se non<br />
esclusivamente, dipendente dalle politiche non sanitarie). La prima definizione <strong>del</strong>la<br />
prevenzione, invece, ha il merito di ricordare che per la promozione, il recupero e il<br />
mantenimento <strong>del</strong>lo stato di salute migliore possibile è necessaria l’unitarietà d’azione non<br />
solo tra il dominio sanitario e quello extra-sanitario ma, all’interno <strong>del</strong> primo, tra medicina<br />
clinica e medicina pubblica. Con la prima definizione l’epidemiologia estende il proprio<br />
ruolo per la prevenzione anche partecipando al governo clinico, alla valutazione <strong>del</strong>le<br />
tecnologie sanitarie, alla gestione <strong>del</strong> rischio clinico, etc..<br />
La discussione su questi temi, se non è ferma alle prime, non va comunque oltre le seconde<br />
battute. Il prossimo <strong>congresso</strong> di Milano può essere una buona occasione per chiarire e<br />
consolidare il livello di elaborazione raggiunto e per <strong>del</strong>ineare gli sviluppi possibili <strong>del</strong>le<br />
analisi successive. Tutti coloro che hanno collaborato alla definizione <strong>del</strong> suo programma si<br />
sono adoperati per il raggiungimento di questo obiettivo e li ringrazio per questo.
Negli ultimi quattro o cinque anni le politiche nazionali per la prevenzione, anche se<br />
promosse e sostenute da governi diversi, sono state ispirate da un radicale e positivo<br />
ripensamento <strong>del</strong>la sanità pubblica. La prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori e <strong>del</strong>le<br />
malattie cardiovascolari e la promozione di stili di vita salutari sono stati al centro di Piani<br />
integrati d’azione che hanno visto lo sviluppo di accordi con l’industria alimentare, la<br />
conduzione di campagne mirate di informazione, il coinvolgimento nell’azione di<br />
prevenzione di altri dicasteri oltre a quello <strong>del</strong>la salute, l’inclusione nei LEA degli screening<br />
oncologici validi. L’epidemiologia in questo processo di modernizzazione è stata<br />
riconosciuta come elemento fondante <strong>del</strong>la nuova sanità pubblica. Molte <strong>del</strong>le relazioni e dei<br />
poster <strong>del</strong> prossimo <strong>congresso</strong> di Milano serviranno ad aggiornarci su quanto è stato fatto e<br />
su quanto è ancora in corso. Abbiamo voluto invitare al <strong>congresso</strong> sia chi dal Ministero <strong>del</strong>la<br />
Salute <strong>del</strong> precedente governo è stato protagonista <strong>del</strong>la progettazione e <strong>del</strong>la realizzazione<br />
di quanto sopra ricordato, sia chi gli è succeduto nel Ministero <strong>del</strong> Lavoro <strong>del</strong>la Salute e<br />
<strong>del</strong>le Politiche Sociali <strong>del</strong> nuovo governo. Sarà interessante e utile per gli epidemiologi<br />
italiani avere spunti per capire come evolverà il processo di rinnovamento <strong>del</strong>la sanità<br />
pubblica e <strong>del</strong>la prevenzione e quale ruolo essi saranno chiamati a svolgere. Trent’anni fa, a<br />
dicembre <strong>del</strong> 1978, il Parlamento approvò la legge 833 che istituiva il Servizio sanitario<br />
nazionale, sistema universalistico di assistenza e di prevenzione. Sono cambiate molte cose e<br />
la 833 ha subito molti interventi di manutenzione, non tutti migliorativi. Rifuggendo da<br />
tentazioni nostalgiche, ma fidando piuttosto su una razionalità critica, è tempo per gli<br />
epidemiologi di verificare quanto di quella vecchia legge è ancora utilizzabile per dare senso<br />
etico e validità scientifica alla nuova prevenzione.<br />
Luigi Bisanti<br />
Presidente AIE
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
S e m i n a r i o s a t e l l i t e<br />
La rilevazione <strong>del</strong>le cause di morte per la sanità pubblica e<br />
per la ricerca epidemiologica<br />
Programma<br />
9.00-9.30 Registrazione dei partecipanti<br />
Prima sessione: Il doppio flusso dei dati di mortalità<br />
chair: A<strong>del</strong>e Seniori Costantini e Paola Baldi<br />
9.30-9.50 La rilevazione ISTAT<br />
Luisa Frova (ISTAT)<br />
mercoledì 15 ottobre (mattina)<br />
9.50-10.10 I Registri locali<br />
Carlo Goldoni (Gruppo di coordinamento dei Registri di Mortalità)<br />
10.10-10.30 discussione<br />
10.30-11.00 break<br />
Seconda sessione: Caratteristiche dei dati di mortalità desiderate dai fruitori<br />
chair: Ministero <strong>del</strong> Lavoro, <strong>del</strong>la Salute e <strong>del</strong>le Politiche Sociali*<br />
11.00-11.15 I dati di mortalità per la definizione <strong>del</strong>le politiche sanitarie nazionali<br />
Cesare Cislaghi (Agenzia per i servizi sanitari regionali)<br />
11.15-11.30 I dati di mortalità per la programmazione regionale e locale<br />
Loris Zanier (Regione Friuli Venezia Giulia)<br />
11.30-11.45 I dati di mortalità per la sorveglianza<br />
Stefania Salmaso (CNESPS-ISS)<br />
11.45-12.00 I dati di mortalità per la ricerca epidemiologica<br />
Emanuele Crocetti (AIRTum)<br />
Tavola rotonda: Proposte per il miglioramento <strong>del</strong>la rilevazione e <strong>del</strong>l’uso dei dati di mortalità<br />
chair: Luigi Bisanti<br />
12.00-13.00 Fabrizio Oleari (Ministero <strong>del</strong> Lavoro); Roberta Crialesi (ISTAT); Carlo Zocchetti (Regione<br />
Lombardia)<br />
* da confermare
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
X X X I I C o n g r e s s o a n n u a l e<br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione<br />
Programma<br />
mercoledì 15 ottobre (pomeriggio)<br />
10.00-13.30 Registrazione<br />
13.30-14.30 Apertura <strong>del</strong> <strong>congresso</strong> e saluto <strong>del</strong>le autorità<br />
sono stati invitati: M. C. Cantù (Direttore generale, ASL di Milano); E. Decleva (Rettore,<br />
Università di Milano); F. Fazio (Sottosegretario, Ministero <strong>del</strong> Lavoro, <strong>del</strong>la Salute e <strong>del</strong>le<br />
Politiche Sociali); V. Ferrario (Preside <strong>del</strong>la Facoltà di Medicina, Università di Milano);<br />
D. Greco (Istituto Superiore di Sanità); G. Landi di Chiavenna (Assessore alla salute,<br />
Comune di Milano); C. Lucchina (D.G. Sanità Regione Lombardia).<br />
Aula Magna<br />
Prima sessione plenaria: L’<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione<br />
chair: Rodolfo Saracci e Luigi Bisanti<br />
14.30-15.15 L’<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione: le prove a favore e la valutazione degli interventi<br />
Franco Merletti (Università di Torino)<br />
15.15-16.00 L’<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione: la comunicazione e l’advocacy<br />
Marco Biocca (Agenzia sanitaria e sociale <strong>del</strong>l'Emilia Romagna, Bologna)<br />
16.00 -16.30 break<br />
16.30-19.00 Assemblea dei soci AIE ed elezione <strong>del</strong>la nuova segreteria
giovedì 16 ottobre<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
giovedì 16 ottobre (mattina)<br />
Sessione poster 1<br />
Aula Magna<br />
Seconda sessione plenaria: I rischi ambientali<br />
chair: Giorgio Assennato e Pierluigi Cocco<br />
9.00-9.45 Epidemiology in the etiology and prevention of environmental cancer<br />
Aaron Blair (National cancer institute, Bethesda, U.S.A)<br />
9.45-10.30 <strong>Epidemiologia</strong> degli infortuni sul lavoro: diffusione, cause, efficacia degli interventi di<br />
prevenzione<br />
Antonella Bena (ASL To3 Regione Piemonte, Torino); Alberto Baldasseroni (ASL di Firenze)<br />
10.30-11.00 break<br />
11.00-12.50 Sessioni parallele (1) relazione invitata<br />
A – Aula Magna<br />
Ambiente esterno 1<br />
chair: Andrea Micheli e Paola Michelozzi<br />
11.00-11.30 I rischi per la salute derivanti dal cambiamento climatico<br />
Paolo Vineis (Imperial college, London, UK)<br />
11.30-11.50 <strong>Associazione</strong> tra vivere nelle vicinanze di aziende <strong>del</strong> legno e sintomi respiratori e irritativi<br />
nei bambini: lo studio di Viadana. A. Marcon; M. Rava; P. Girardi et al.<br />
11.50-12.10 Revisione di letteratura degli effetti <strong>del</strong>le ondate di calore. MA. Martiello; A. Baldasseroni;<br />
E. Buiatti; M.Giacchi<br />
12.10-12.30 Indagine epidemiologica sull'area circostante la zona industriale udinese. L. Castriotta;<br />
F. Barbone; V. Rosolen et al.<br />
12.30-12.50 Esposizione perinatale e recente a mercurio e sviluppo neuropsicologico a 7 anni in una<br />
coorte di bambini <strong>del</strong> Friuli-Venezia Giulia. M. Parpinel; F. Valent; L. Channoufi et al.<br />
B – Aula Scienze<br />
Ambiente esterno 2<br />
chair: Lucia Bisceglia e Eva Negri<br />
11.00-11.20 Policlorobifenili e ormoni tiroidei in residenti a Brescia: studio di popolazione. C. Zani;<br />
F. Donato; L. Covolo et al.<br />
11.20-11.40 Patologie respiratorie tra i bambini in età prescolare: analisi geografica <strong>del</strong> primo ricovero,<br />
Pisa 1998-2004. E. Bustaffa; F. Minichilli; MA. Protti et al.<br />
11.40-12.10 <strong>Epidemiologia</strong> ambientale e strategie di prevenzione per la comunità e gli individui<br />
Fabrizio Bianchi (CNR, Pisa), Pietro Comba (Istituto Superiore di Sanità, Roma)
giovedì 16 ottobre<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
12.10-12.30 Inquinamento atmosferico e funzionalità respiratoria in un panel di adulti asmatici residenti<br />
nel comune di Padova. C. Canova; S. Torresan; R. Tessari et al.<br />
12.30-12.50 Incidenza di tumori attribuibili alle esposizioni ambientali in prossimità degli impianti di<br />
incenerimento: uno strumento di stima di impatto su un tema controverso. A. Ranzi; F.<br />
Forastiere; D. Porta et al.<br />
C – Crociera Alta di Lettere<br />
Ambiente di lavoro 1<br />
chair: Francesco Carnevale e Dario Consonni<br />
11.00-11.20 Mortalità per tumore <strong>del</strong> polmone asbesto correlato il Italia. A. Marinaccio; A. Scarselli;<br />
A. Binazzi et al.<br />
11.20-11.40 Policlorobifenili e linfoma non-Hodgkin: studio caso-controllo nel comune di Brescia.<br />
G. Maifredi ; F. Donato; M. Magoni et al.<br />
11.40-12.00 Efficacia di un intervento ergonomico sulla postura lavorativa e sul mal di schiena nei video<br />
terminalisti: un trial non-randomizzato con crossover. P. Pillastrini; R. Mugnai; L. Bertozzi;<br />
S. Costi; S. Curti et al.<br />
12.00-12.30 Fallimento <strong>del</strong> sistema di prevenzione ed intervento <strong>del</strong> diritto penale: il ruolo<br />
<strong>del</strong>l'epidemiologia nell'accertamento <strong>del</strong> nesso causale<br />
Luca Masera (Università di Brescia)<br />
12.30-12.50 Intossicazioni da sostanze chimiche in ambiente lavorativo e neoplasie maligne <strong>del</strong> sistema<br />
emolinfopoietico. L. Miligi; A. Seniori Costantini; A. Benvenuti et al.<br />
D – Crociera Alta di Giurisprudenza<br />
Ambiente di lavoro 2<br />
chair: Giuseppe Costa e Marco Masi<br />
11.00-11.20 Il mesotelioma negli addetti all'edilizia. Frequenza, rischio, carico polmonare di amianto<br />
osservati a distanza di 15 anni dal bando. E. Merler; V. Bressan; A. Somigliana et al.<br />
11.20-11.40 Il sistema di sorveglianza nazionale degli infortuni mortali sul lavoro. D. De Merich;<br />
G. Campo G.; C. Calabresi et al.<br />
11.40-12.00 Studio di mortalità in una coorte occupazionale: esposizione a fumi di bitume ed asbesto in<br />
un'azienda produttrice di rotoli di manto asfalto. F. Zanardi; R. Salvarani; R. Pirastu et al.<br />
12.00-12.20 Fattibilità <strong>del</strong>l'utilizzo di dati amministrativi per la ricostruzione di una grande coorte<br />
lavorativa a Taranto. L. Bisceglia; I. Galise; M. Musti et al.<br />
12.20-12.50 La prevenzione degli infortuni: sistemi di sorveglianza epidemiologica per la<br />
programmazione e verifica degli interventi<br />
Susanna Cantoni (ASL di Milano)<br />
12.50-14.00 lunch
giovedì 16 ottobre<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
giovedì 16 ottobre (pomeriggio)<br />
Aula Magna<br />
Terza sessione plenaria: Gli interventi di prevenzione <strong>del</strong> Servizio sanitario<br />
chair: Eva Buiatti e Anna Pavan<br />
14.00-14.45 Come il vaccino HPV può migliorare la prevenzione <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>la cervice in Europa e<br />
altrove<br />
Silvia Franceschi (International agency for research on cancer (IARC, WHO, Lyon, F)<br />
14.45-15.45 visita guidata ai poster (un cicerone di rango ogni 15 poster)<br />
Giuseppe Costa (Università di Torino), Adriano Decarli (Università di Milano),<br />
Nereo Segnan (CPO Piemonte, Torino), Rodolfo Saracci (Lyon, F)<br />
15.45-16.15 break<br />
16.15-18.25 Sessioni parallele (2) relazione invitata<br />
E – Aula Magna<br />
Malattie infettive e vaccinazioni<br />
chair: Francesco Auxilia e Diego Serraino<br />
16.15-16.45 Il contributo <strong>del</strong>l’<strong>Epidemiologia</strong> nel controllo <strong>del</strong>le malattie prevenibili con vaccinazione<br />
Stefania Salmaso (Istituto Superiore di Sanità, Roma)<br />
16.45-17.05 <strong>Epidemiologia</strong> e strategie vaccinali: quale rapporto nel piano vaccini <strong>del</strong>la regione<br />
Lombardia A. Pavan; L. Macchi; G. Malchiodi; M. Gramegna<br />
17.05-17.25 CD4-Guided antiretroviral treatment interruption. A meta-analysis. E. Seminari;<br />
A. De Silvestri; A. Boschi; C. Tinelli<br />
17.25-17.45 Valutazione <strong>del</strong>l'efficacia <strong>del</strong>la vaccinazione antivaricella nella regione Sicilia. M. Cuccia;<br />
S. Pollina Addario; A. Cernigliaro; V. Palmigiano<br />
17.45-18.05 Vaccinazioni pediatriche e istruzione materna nell'ASL5 Spezzino. C. Marinacci; R. Baldi;<br />
F. Maddalo et al.<br />
18.05-18.25 Vaccinazione antinfluenzale ed antirosolia negli adulti: i dati <strong>del</strong> sistema di sorveglianza<br />
PASSI. A. D’Argenzio; N. Bertozzi; S. Baldissera et al.<br />
F – Aula Scienze<br />
Screening<br />
chair: Piero Borgia e Nereo Segnan<br />
16.15-16.35 Valutazione <strong>del</strong>l'efficacia di un programma di screening mammografico: uno studio casocontrollo.<br />
D. Puliti; G. Miccinesi; N. Collina et al.<br />
16.35-16.55 Fattori predittivi di adesione alla diagnosi precoce <strong>del</strong>le neoplasie <strong>del</strong> collo <strong>del</strong>l’utero. I<br />
risultati <strong>del</strong> sistema di sorveglianza PASSI. N. Bertozzi; G. Carrozzi; S. Baldissera et al.<br />
16.55-17.25 Dagli screening oncologici ai percorsi di prevenzione Ipotesi per la sanità pubblica<br />
Eugenio Paci (Istituto scientifico per la prevenzione oncologica, Firenze)
giovedì 16 ottobre<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
17.25-17.45 I casi di carcinoma in situ <strong>del</strong>la mammella identificati allo screening hanno caratteristiche<br />
specifiche Uno studio di popolazione. S. Pitarella; P. Armaroli; D. Puliti et al.<br />
17.45-18.05 Incidenza <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong> collo <strong>del</strong>l'utero e adesione allo screening in donne italiane e<br />
straniere residenti in provincia di Trento. L. Battisti; S. Piffer; S. Franchini et al.<br />
18.05-18.25 Diagnosi precoce <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>la mammella: fattori predittivi di adesione alle linee guida<br />
nazionali. G. Carrozzi; N. Bertozzi; S. Salmaso et al.<br />
G – Crociera Alta di Lettere<br />
Tumori<br />
chair: Emanuela Anghinoni e Marco Zappa<br />
16.15-16.35 Conoscenze sui tumori cutanei e comportamenti preventivi nei pazienti con storia recente di<br />
carcinoma squamoso <strong>del</strong>la cute. C. Renzi; S. Mastroeni; TJ. Mannooranparampil et al.<br />
16.35-16.55 Effetto di obesità ed altri stili di vita sulla sopravvivenza nelle donne con tumore <strong>del</strong>la<br />
mammella. L. Dal Maso; A. Zucchetto; R. Talamini et al.<br />
16.55-17.15 Rischio di tumore nel testicolo normalmente disceso in persone con testicolo ritenuto<br />
unilaterale: meta-analisi di 12 studi. L. Richiardi; O. Akre<br />
17.15-17.45 Gli elementi di innovazione negli screening: l’esempio dei tumori <strong>del</strong>la cervice uterina<br />
Guglielmo Ronco (Centro di prevenzione oncologica, Torino)<br />
17.45-18.05 Variabilità <strong>del</strong>le procedure di follow-up in ginecologia oncologica in Piemonte: risultati di<br />
uno studio multicentrico di pazienti trattate per carcinoma <strong>del</strong>l'endometrio. A. Evangelista;<br />
L. Fuso; G. Ciccone et al.<br />
18.05-18.25 Età materna e leucemia infantile: un rischio che cambia nel tempo. M. Maule; L. Vizzini;<br />
K. Czene et al.<br />
H – Crociera Alta di Giurisprudenza<br />
Sistemi informativi<br />
chair: Cesare Cislaghi e Chiara Porro de’ Somenzi<br />
16.15-16.35 Probabilità di ricevere un trapianto renale e livello di istruzione <strong>del</strong>le persone in dialisi<br />
cronica nel Lazio. A. Di Napoli; D. Di Lallo; S. Valle et al.<br />
16.35-16.55 La banca dati "MA.CRO" degli assistiti per patologie croniche: costruzione, prevalenze e<br />
applicazioni. A. Pasqua; R. Gini; P. Francesconi et al.<br />
16.55-17.15 Il sistema di sorveglianza integrata degli incidenti stradali <strong>del</strong>la regione Lazio: risultati <strong>del</strong><br />
quinquennio 2001-2005. F. Chini; S. Farchi; P. Giorgi Rossi et al.<br />
17.15-17.35 Suicidi e tentati suicidi in Italia: quali informazioni per la prevenzione F. Davanzo; V.<br />
Pascal; M. Giustini; L. Settimi L.<br />
17.35-17.55 La stima <strong>del</strong>la non-autosufficienza nell'anziano: un esempio di utilizzo degli archivi <strong>del</strong>la<br />
medicina generale per la programmazione sanitaria. M. Franchini; L. Millanti<br />
17.55-18.25 Criteri per l'avvio <strong>del</strong>la revisione <strong>del</strong>le attività di prevenzione in Lombardia, l'esempio dei<br />
piani di controllo integrato<br />
Luigi Macchi, Anna Pavan (Regione Lombardia, Milano)
venerdì 17 ottobre<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
Venerdì 17 ottobre (mattina)<br />
Sessione poster 2<br />
Aula Magna<br />
Quarta sessione plenaria: Gli stili di vita e le dipendenze<br />
chair: Paolo D’Argenio e Carlo Zocchetti<br />
08.30-09.15 Nutrizione, dieta e attività fisica nell’epidemiologia e prevenzione <strong>del</strong> cancro<br />
Carlo La Vecchia (Università di Milano)<br />
09.15-10.00 Strategie e interventi per la prevenzione primaria <strong>del</strong>le dipendenze patologiche<br />
Fabrizio Faggiano (Università di Torino)<br />
10.00-11.00 break e visita guidata ai poster (un cicerone di rango ogni 15 poster)<br />
Eva Buiatti (Firenze), Claudia Galassi (CPO Piemonte, Torino),<br />
Giuseppe Gorini (ISPO, Firenze), Benedetto Terracini (Università di Torino)<br />
11.00-12.50 Sessioni parallele (3) relazione invitata<br />
I – Aula Magna<br />
Governo clinico<br />
chair: Giovanni Apolone e Silvano Milani<br />
11.00-11.30 Prevenzione clinica e fisiopatologia: una guida per l'implementazione degli stili di vita<br />
Massimo Pagani (Università di Milano)<br />
11.30-11.50 Uso dei farmaci nei pazienti affetti da demenza nella regione Lazio. Analisi dei dati di<br />
prescrizione farmaceutica nell'anno 2007. F. Chini; L. Orzella; S. Scalmana et al.<br />
11.50-12.10 Mo<strong>del</strong>li associativi <strong>del</strong>la pediatria di famiglia e accesso al pronto soccorso: uno studio di<br />
coorte nel Lazio. A. Polo; S. Farchi; F. Franco; D. Di Lallo<br />
12.10-12.30 Progetto per il governo clinico nell'asl di Brescia: la valutazione <strong>del</strong> rischio cardiocerebrovascolare<br />
da parte dei medici di medicina generale. F. Lonati; C. Scarcella;<br />
F. Vassallo et al.<br />
12.30-12.50 Analisi dei determinanti <strong>del</strong>l'ospedalizzazione evitabile nella regione Lazio. G. Viola;<br />
A. Rosano; R. Di Domenicantonio; G. Guasticchi<br />
J – Aula Scienze<br />
Stili di vita<br />
chair: Alessando Barchielli e Francesco Donato<br />
11.00-11.20 Impatto <strong>del</strong> fumo di tabacco e consumo di alcol sulla sopravvivenza di pazienti con linfoma<br />
non-Hodgking. R. Talamini; J. Polesel; M. Spina et al.<br />
11.20-11.40 Alcool, tabacco e suscettibilità genetica: uno studio caso-controllo sui tumori <strong>del</strong>le prime<br />
vie areodigestive. C. Canova; L. Richiardi; F. Merletti et al.
venerdì 17 ottobre<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
11.40-12.10 Stile di vita e prevenzione cardiovascolare<br />
Salvatore Panico (Università di Napoli<br />
12.10-12.30 L’asma nell’infanzia riduce la probabilità di iniziare a fumare durante la seconda decade di<br />
vita nei maschi. G. Verlato; O. Bortolami; S. Accordini et al.<br />
12.30-12.50 E' solo un gioco: mancanza di associazione tra partite di calcio e rischio cardiovascolare<br />
nella popolazione. F. Barone-Adesi; L. Vizzini; F. Merletti; L. Richiardi<br />
K – Crociera Alta di Lettere<br />
Nutrizione<br />
chair: Monica Ferraroni e Renato Talamini<br />
11.00-11.20 Consumo di aglio e cipolla e rischio di tumore. C. Galeone; C. La Vecchia; R. Talamini;<br />
A. Decarli<br />
11.20-11.40 Profili dietetici e rischio di tumore <strong>del</strong>l'alto apparato digerente e respiratorio in Italia.<br />
G. Randi; V. Edefonti; C. La Vecchia et al.<br />
11.40-12.00 Valutazione di un intervento di educazione e promozione <strong>del</strong>la salute per la riduzione dei<br />
consumi di bevande alcoliche. Il progetto nazionale multicentrico "Alcol, meno è meglio".<br />
V. Bagnardi: E. Sorini; Gruppo di Coordinamento <strong>del</strong> Progetto “Alcol, meno è meglio”.<br />
12.00-12.30 <strong>Epidemiologia</strong> nutrizionale per la prevenzione<br />
Franco Berrino (Fondazione Istituto nazionale dei tumori, Milano)<br />
12.30-12.50 Valutazione di efficacia di un servizio di counseling nutrizionale per persone non obese.<br />
R. Marianelli; C. Quercioli; G. Messina; N. Nante<br />
L – Crociera Alta di Giurisprudenza<br />
Dipendenze<br />
chair: Graziella Filippini e Riccardo Gatti<br />
11.00-11.20 L’utenza tossicodipendente nella regione Veneto: mappatura <strong>del</strong>la prevalenza a livello<br />
comunale per l’anno 2006. V. Lorenzoni; S. Salvadori; M. Molinaro et al.<br />
11.20-11.40 Rischio di morte nei tossicodipendenti italiani con AIDS nell'era <strong>del</strong>le terapie antiretrovirali<br />
altamente efficaci. A. Zucchetto; B. Suligoi; S. Bruzzone et al.<br />
11.40-12.00 Analisi di una coorte di tossicodipendenti in cura presso il servizio dipendenze <strong>del</strong>la ASL di<br />
Pavia. B. Corso; P. Borrelli; P. Perotti et al.<br />
12.00-12.20 Fattori di rischio e determinanti <strong>del</strong>lo sviluppo di dipendenza da sostanze tra gli utenti dei<br />
dipartimenti di salute mentale italiani. P. Borrelli; G. Carrà; P. Sciarini et al.<br />
12.20-12.50 Dipendenze patologiche e servizi sanitari: la riduzione dei rischi associati al consumo di<br />
sostanze stupefacenti<br />
Marina Davoli (ASL RM-E, Roma)<br />
12.50-14.00 lunch
venerdì 17 ottobre<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
venerdì 17 ottobre (pomeriggio)<br />
14.00-15.30 Sessioni parallele (4) relazione invitata<br />
M – Aula Magna<br />
Metodi: tumori<br />
chair: Michela Baccini e Antonio Ponti<br />
14.00-14.30 È possibile usare mo<strong>del</strong>li predittivi per prevenire i tumori<br />
Adriano Decarli (Università di Milano)<br />
14.30-14.50 Infezione da papillomavirus, cancro <strong>del</strong>la cervice uterina e vaccinazione: un mo<strong>del</strong>lo<br />
dinamico. I. Baussano; G. Ronco; P. Vineis; G P. Garnett<br />
14.50-15.10 Sopravvivenza relativa mo<strong>del</strong>-based: applicazione ai casi di tumore <strong>del</strong>la mammella <strong>del</strong><br />
registro tumori <strong>del</strong>la Toscana. E. Coviello; C. Buzzoni; E. Crocetti et al.<br />
15.10-15.30 Un mo<strong>del</strong>lo di simulazione per lo screening colonrettale: confronto tra due differenti<br />
strategie di screening. L. Ventura; A. Biggeri; G. Carreras et al.<br />
N– Aula Scienze<br />
Metodi: ambiente<br />
chair: Gianni Corrao e Maria Grazia Valsecchi<br />
14.00-14.20 Falso positivo e falso negativo: due preoccupazioni asimmetriche nella valutazione <strong>del</strong>le<br />
evidenze epidemiologiche. V. Gennaro; P. Ricci<br />
14.20-14.50 Metodi per le stime d’impatto<br />
Annibale Biggeri (Università di Firenze)<br />
14.50-15.10 Rappresentazione spaziale <strong>del</strong>la prevalenza dei sintomi con tecniche di lisciamento locale:<br />
lo studio di Viadana. P. Girardi; A. Marcon; M. Rava et al.<br />
15.10-15.30 Proposta metodologica per la definizione di un mo<strong>del</strong>lo di valutazione di impatto sulla<br />
salute in aree con inceneritore di rifiuti urbani in Emilia Romagna. N. Linzalone;<br />
F. Bianchi; L. Cori; M. Natali<br />
O – Crociera Alta di Lettere<br />
Metodi: tabagismo<br />
chair: Giuseppe Gorini e Roberto Mollica<br />
14.00-14.20 Studio caso-controllo sui fattori di rischio associati all'insorgenza <strong>del</strong>le forme spinali e<br />
bulbari nella sclerosi laterale amiotrofica. A. Binazzi.; S. Belli; R. Uccelli et al.<br />
14.20-14.40 Leggi antifumo e infarto miocardico: problemi metodologici e relazione causale.<br />
A. Gasparrini; G. Gorini<br />
14.40-15.10 Il ruolo <strong>del</strong>l'epidemiologia nella valutazione <strong>del</strong>l'efficacia <strong>del</strong>le politiche antifumo<br />
Francesco Barone Adesi (Università di Torino e Centro di prevenzione oncologica, Torino)<br />
15.10-15.30 La diffusione <strong>del</strong>le epidemie <strong>del</strong>l'abitudine al fumo e <strong>del</strong>l'obesità in Italia, 1983-2005:<br />
applicazioni di metodi demografici ed epidemiologici. B. Federico; G. Capelli; G. Costa
venerdì 17 ottobre<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
P – Crociera Alta di Giurisprudenza<br />
Metodi: genetica<br />
chair: Paolo Bruzzi e Massimo Musicco<br />
14.00-14.20 Polimorfismi e aplotipi dei geni di riparazione <strong>del</strong> DNA: uno studio caso-controllo sul<br />
tumore <strong>del</strong>la vescica. F. Ricceri; S. Guarrera; C. Sacerdote et al.<br />
14.20-14.40 Studio di associazione tra la variante XRCC1-399Q e l'insorgenza di mesotelioma maligno<br />
<strong>del</strong>la pleura. D. Ferrante; M. Betti; M. Bertolotti et al.<br />
14.40-15.00 A candidate gene association study for Metabolic syndrome and Blood Pressure using the<br />
PAMELA cohort. C. Menni; S. Padmanabhan; WK. Lee et al.<br />
15.00-15.30 Utilizzo di markers epigenetici negli studi epidemiologici<br />
Andrea Baccarelli, Valentina Bollati (Università di Milano, Fond. Policlinico, Milano)<br />
15.30- 16.00 break<br />
Aula Magna<br />
Quinta sessione plenaria:<br />
chair: A<strong>del</strong>e Seniori Costantini e Luigi Bisanti<br />
16.00-16.45 Renzo Tomatis memorial lecture<br />
Expansive use of epidemiology in evidence-based prevention<br />
Harri Vainio (Finnish institute of occupational health, Helsinki, Fi)<br />
16.45-17.00 Assegnazione <strong>del</strong> 2° Premio Giulio A. Maccacaro e chiusura <strong>del</strong> <strong>congresso</strong>
poster: giovedì 16 ottobre<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
I Poster<br />
1 a sessione Poster: giovedì 16 ottobre<br />
esposizione dalle h. 09.00 alle h. 17.00; visita guidata dalle h.14.45 alle h. 15.45<br />
Sistemi informativi<br />
(visita guidata da Giuseppe Costa - Università di Torino)<br />
1- Blengio GS.; Garzotti M.; Castellani E.; Falcone S.; Pasqualetto C. Analisi descrittiva dei dati di mortalità a livello<br />
comunale nell'ASL 22 <strong>del</strong>la regione Veneto.<br />
2- Cavalieri d’Oro L., Rognoni M.; Marchiol L.; Repossi M. Confronto tra la codifica <strong>del</strong>le cause di morte per tumore a<br />
cura <strong>del</strong>l'istat e di un registro nominativo <strong>del</strong>le cause di morte di ASL - asl <strong>del</strong>la provincia di Milano 3 - anno 2002.<br />
3- Cavalieri d’Oro L.; Rognoni M.; Marchiol L.; Repossi M. Confronto per macro aree nosologiche tra la codifica <strong>del</strong>le<br />
cause di morte a cura <strong>del</strong>l'istat e di un registro nominativo <strong>del</strong>le cause di morte - asl <strong>del</strong>la provincia di Milano 3 - anno<br />
2002.<br />
4- Francesconi P.; Razzanelli M.; Pasqua A.; Bartolacci S.; Salvioni A.; Corridori C. Screening <strong>del</strong>la fragilità con<br />
questionario postale per la prevenzione secondaria <strong>del</strong>la disabilità progressiva: risultati preliminari da un progetto<br />
pilota in Toscana.<br />
5- Gambino M.; Balconi L.; Verri AM.; Bonarrigo D.; Prandini MB.; Degli Stefani C.; Speziali S.; Soma R.; Pisani S.<br />
Condizioni di salute e variabili sociali nei certificati di assistenza al parto nell'ASL <strong>del</strong>la provincia di Varese.<br />
6- Kamgaing SR.; Mannocci A.; La Torre G. L'utilizzo di Epi info nella ricerca medico scientifica: risultati preliminari<br />
nell'ambito <strong>del</strong>l'educazione continua in medicina.<br />
7- Lillini R.; Garrone E.; Casella C.; Vercelli M. Stato di salute e deprivazione socio-economica per la provincia di<br />
Savona.<br />
8- Mamo C.; Gelormino E.; Bellini S.; Spadea T.; D’Elia R.; Salamina G.; Costa G. Il programma <strong>del</strong> CCM per la<br />
promozione di equità nella prevenzione in Italia.<br />
9- Marinacci C.; Petrelli A.; Baldi R.; Barizza A. Differenze sociali nello screening ecografico <strong>del</strong>la displasia <strong>del</strong>l'anca.<br />
Stima nell'ASL5 Spezzino.<br />
10- Pacchin M. Evoluzione temporale <strong>del</strong>la mortalità evitabile per genere nei trienni 1998-2000 / 2001-2003. Azienda<br />
ULSS 6 Vicenza Confronto con i dati regionali.<br />
11- Pacchin M. Mortalità per suicidio per classi di età e genere. Periodo 1994/2005. Azienda ULSS Vicenza. Confronto<br />
con i dati nazionali.<br />
12- Pacchin M. Mortalità per tumore per classi di età e genere trienno 2001/2003. azienda ULSS 6 Vicenza.<br />
13- Settimi L.; Davanzo F.; Marcello I.; Travaglia A.; Sesana F.; Locatelli C.; Cilento I.; Volpe C.; Russo A.; Miceli G.;<br />
Fracassi A.; Maiozzi P.; Urbani E.; Binetti R. Sorveglianza nazionale <strong>del</strong>le intossicazioni acute da antiparassitari.<br />
14- Silvestri C.; Capocchi R.; Bartolacci S.; Voller F. Il fenomeno suicidario in Toscana.<br />
15- Tavormina E.; Pollina Addario S.; Cernigliaro A.; Fantaci G. Distribuzione spaziale di sclerosi laterale amiotrofica<br />
(SLA) in Sicilia negli anni 2006-2007.
poster: giovedì 16 ottobre<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
1 a sessione Poster: giovedì 16 ottobre<br />
esposizione dalle h. 09.00 alle h. 17.00; visita guidata dalle h.14.45 alle h. 15.45<br />
<strong>Epidemiologia</strong> clinica e governo clinico<br />
(visita guidata da Rodolfo Saracci – Lyon, F)<br />
16- Baio G.; Di Tanna GL. Il trattamento <strong>del</strong>l'osteoporosi per la prevenzione secondaria <strong>del</strong>le fratture in 5 regioni<br />
italiane: analisi di costo efficacia.<br />
17- Barchielli A.; Balzi D.; Mazzaglia G.; Pasqua A.; Sessa E. Prevenzione <strong>del</strong>le recidive dopo infarto miocardico acuto in<br />
Toscana: trattamento farmacologico dei pazienti dopo la dimissione dall'ospedale.<br />
18- Battaglia MA.; Amato MP.; Annunziata P.; De Stefano N.; Massacesi L.; Meucci G.; Sartucci F.; Levi G. Registro<br />
toscano sclerosi multipla: dati preliminari.<br />
19- Bietta C.; Fusco-Moffa I.; Petrella M.; De Angelis V.; Lucentini M.; Ranocchia D. Cure palliative: prevenzione <strong>del</strong><br />
ricovero improprio <strong>del</strong> malato terminale.<br />
20- Cappa V.; Accordini S.; Braggion M.; Bugiani M.; Pirina P.; Villani S.; Verlato G.; de Marco R. L’”iceberg”<br />
<strong>del</strong>l’asma nella popolazione adulta italiana.<br />
21- Castronuovo E.; Mastromattei A.; Leone F.; Broccolo M.; Gemma A.; Leone M.; D’amico D.; Di Lallo D. Previsione<br />
<strong>del</strong>le lesioni da decubito: uno studio nelle lungodegenze mediche <strong>del</strong>la città di Roma.<br />
22- Di Tanna GL.; Baio G. Il gruppo di lavoro sipremas: sintesi <strong>del</strong>le prove di efficacia e mo<strong>del</strong>listica per l'analisi<br />
decisionale in sanità.<br />
23- Furnari G.; Capon A.; Mastromattei A.; Di Lallo D.; Ciaschi A. Percorso assistenziale per la gestione<br />
intraospedaliera <strong>del</strong>la frattura di femore in pazienti ultrasessantacinquenni.<br />
24- Lamberti A.; Fontana G.; Baglio G.; Binkin N.; Cattaneo C.; Perra A.; Spinelli A. per il gruppo okkio alla salute.<br />
Okkio alla salute: promozione <strong>del</strong>la salute e <strong>del</strong>la crescita sana nei bambini <strong>del</strong>la scuola primaria.<br />
25- Marchesan M.; Fe<strong>del</strong>i U.; Avossa F.; Alba N.; Visentin C.; Andretta M.; Nicetto D.; Spoalore P. Analisi degli<br />
interventi di tonsillectomia/adenoidectomia nel Veneto.<br />
26- Messina G.; Quercioli C.; Siliquini R.; Forni S.; Nante N. Nuove prospettive epidemiologiche <strong>del</strong> dato ospedaliero<br />
nella valutazione degli outcome.<br />
27- Migliore E.; Pizzimenti S.; Bugiani M.; Enrico F.; Pozzetto M.; Ferraro L.; Piccioni P. Insufficienza respiratoria a<br />
Torino: prevalenza <strong>del</strong>l'ossigenoterapia domiciliare a lungo termine e consumo di farmaci associati.<br />
28- Orsini F.; Mazzola G.; Sessarego F.; Ponzio M.; Ferretti V V.; Villani S. Quali fattori associati al burnout negli<br />
operatori sanitari<br />
29- Petrella M.; Bietta C.; Fusco-Moffa I.; Ranocchia D.; Seppoloni D. L'accordo aziendale con la medicina generale: una<br />
nuova fonte di dati epidemiologici per la prevenzione.<br />
30- Sarno G.; Cerrai S.; Baldacci S.; Borbotti M.; Maio S.; Angino A.; Martini F.; Piegaia B.; Carrozzi L.; Pistelli F.; Viegi<br />
G.; il gruppo collaborativo ARGA. Progetto ARGA (allergopatie respiratorie: studio di monitoraggio <strong>del</strong>le linee guida e<br />
aria): studio osservazionale tra i medici di medicina generale <strong>del</strong> territorio nazionale.<br />
31- Zanolin ME.; Girardi P.; Braggion M.; Rava M.; Degan P.; de Marco R. Studio pilota sulla variazione giornaliera di<br />
un marcatore di stress ossidativo per indagini epidemiologiche.
poster: giovedì 16 ottobre<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
1 a sessione Poster: giovedì 16 ottobre<br />
esposizione dalle h. 09.00 alle h. 17.00; visita guidata dalle h.14.45 alle h. 15.45<br />
Stili di vita<br />
(visita guidata da Adriano Decarli - Università di Milano)<br />
32- Baldi R.; Culotta C.; Cecconi R.; Carloni R.; Picasso M.; Guadagno L.; Ferrari Bravo M.; Marinacci C. Differenze per<br />
istruzione nella prevalenza di fattori di rischio comportamentali e sulla fruizione di interventi di prevenzione: risultati<br />
preliminari <strong>del</strong>la sorveglianza PASSI nella regione Liguria.<br />
33- Begamaschi A. Stili di vita di studenti di scuola secondaria di secondo grado.<br />
34- Cornaggia, Saretto, Panzeri. Efficacia interventi di prevenzione in materia di infortuni sul lavoro.<br />
35- Di Bartolomeo S.; Valent F.; Marchetti R.; Sbrojavacca R.; Barbone F. Studio di case-crossover su consumo di alcol,<br />
guida dopo i pasti e rischio di incidenti stradali.<br />
36- Gentilini F.; Monti C.; Savelli G.; Di Marco MS.; Piancastelli G. Giovani e fumo di tabacco: conoscenze, atteggiamenti<br />
e opinioni di studenti ravennati.<br />
37- Innocenti F.; Voller F.; Maciocco G.; Buiatti E. Disuguaglianze sociali negli stili di vita in un campione di popolazione<br />
<strong>del</strong> comune di Firenze.<br />
38- Ioppolo G.; Scolaro M.; Sidoti S.; Faranda G.; Puglisi G. Fumo e adolescenti: avviato un percorso di peer education in<br />
una scuola secondaria nel corso <strong>del</strong>l'anno scolastico 2007-2008.<br />
39- Pavan A.; Bonfanti M.; Macchi L.; Pirola ME.; Coppola L. La lettura e l'interpretazione dei dati nei processi di<br />
promozione di stili di vita sani.<br />
40- Perini E.; Zani C.; Covolo L.; Antonini M.G.; Baiguera C.; Gatti F.; Nasta P.; Puoti M.; Donato F. Studio di affidabilità<br />
sul consumo di alcool, caffè e abitudine al fumo in pazienti hcv positivi.<br />
41- Perotti P.; Ponzio M.; Sanbartolomeo P.; Panzarasa A.; Montomoli C.; Priora C.; Iannello G. Sperimentazione di un<br />
mo<strong>del</strong>lo di analisi dei dati correnti informatizzati per lo studio di patologie alcol-correlate.<br />
42- Polesel J.; Zucchetto A.; Dal Maso L.; De Paoli A.; Lise M.; Bidoli E.; Levi F.; La Vecchia C.; Franceschi S.; Serraino<br />
D.; Talamini R. Consumo di alcol e tabacco: effetto dose-risposta nel rischio di tumori <strong>del</strong>le vie aero-digestive superiori.<br />
43- Rizzo. V; Cernigliaro A.; Dardanoni G.; Alonzo E.; Di Benedetto G.; Colletto G.; Farinella A.; La Carruba R.; Mattina<br />
F.; Spatola C.; Stella G.; Toscano R.; Trapani V.; Turiano F.; Spinelli A.; Baglio G.; Binkin N.; Bucciarelli M.; Cattaneo C.;<br />
Fontana G.; Lamberti A.; Perra A. Okkio alla salute: la sorveglianza nutrizionale per la prevenzione <strong>del</strong> sovrappeso-obesità<br />
in età infantile in Sicilia.<br />
44- Savelli G.; Gentilini F.; Monti C.; Piancastelli G.; Di Marco MS.; Bergamaschi A. "Scuole libere dal fumo": Come è<br />
cambiata l'abitudine al fumo.<br />
45- Tominz R.; Peresson M.; Bovenzi M.; Poropat C.; Vegliach A.; Purich R. Programma di cura <strong>del</strong> tabagismo per i<br />
dipendenti di un'azienda sanitaria.<br />
46- Zorzi C.; Fateh-Moghadam P.; Chesi L.; Pancheri R. Consumo di alcol nella popolazione: dalla sorveglianza<br />
epidemiologica agli interventi. Un progetto pilota con i medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta in<br />
provincia di Trento - anno 2007.
poster: giovedì 16 ottobre<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
1 a sessione Poster: giovedì 16 ottobre<br />
esposizione dalle h. 09.00 alle h. 17.00; visita guidata dalle h.14.45 alle h. 15.45<br />
Tumori e altre malattie<br />
(visita guidata da Nereo Segnan - Centro per la prevenzione oncologica – Piemonte, Torino)<br />
47- Cavalieri d’Oro L.; Rognoni M.; Franchetti M.; Merlo E.; Repossi M. Meningiti nell'ASL <strong>del</strong>la provincia di Milano<br />
3 e in regione Lombardia: confronto usando i dati <strong>del</strong> sistema informatizzato di monitoraggio <strong>del</strong>le malattie infettive<br />
"MAINF".<br />
48- Cernigliaro A.; Vinci D.; Migliorino G.; Salamone G.; Mammina C.; Vitale F.; Dardanoni G. Stima <strong>del</strong>l'incidenza<br />
<strong>del</strong>la tubercolosi polmonare in Sicilia - anno 2007.<br />
49- De Matteis G.; Beccarini A.; Giglioni G.; Paolucci R.; Franceschi Fortuna G. Studio epidemiologico dei tumori nella<br />
provincia di Rieti.<br />
50- Del Giovane C.; Bolognesi L.; Carrozzi G.; Bertozzi N.; Finarelli AC.; Angelini P.; Mattivi A.; De Girolamo G.;<br />
Goldoni CA.; Ferrante G.; Minardi V.; Baldissera S.; Binkin N. La diagnosi precoce <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong> colonretto in Emilia-<br />
Romagna: una fotografia dal sistema di sorveglianza PASSI.<br />
51- Ferretti VV.; Ariano E.; Marazza G.; Orsini F.; Ponzio M.; Silvestri MG.; Villani S. La mortalità per tumore al<br />
polmone e per malattie <strong>del</strong>l'apparato respiratorio in provincia di Lodi.<br />
52- Malvezzi M.; Bosetti C.; Negri E.; La Vecchia C.; Decarli A. Mortalità per tumori in Italia, dal 1970 al 2002.<br />
53- Marini M.; Razzanelli M.; Francesconi P. Studio epidemiologico di popolazione sul bisogno socio-assistenziale degli<br />
anziani in Toscana: proposta di un protocollo.<br />
54- Pacchin M. Trend temporale e spaziale <strong>del</strong>la mortalità per tumori <strong>del</strong> colon-retto, <strong>del</strong>la mammelle e <strong>del</strong>l'utero.<br />
Periodo 1994/2005. Azienda ULSS 6 Vicenza variazioni % 1994/1997 - 2002/2005.<br />
55- Pisani S.; Gambino M.; Prandini MB.; Tagliabue G.; Contiero P.; Piotti D.; Soma R.; Bonarrigo D. I consumi di<br />
antigene prostatico specifico e il contesto epidemiologico <strong>del</strong> cancro <strong>del</strong>la prostata nella popolazione <strong>del</strong>l'ASL <strong>del</strong>la<br />
provincia di Varese.<br />
56- Regine V.; Latino MA.; Salfa MC.; De Maria D.; Rosso C.; Camoni L.; Raimondo M.; Suligoi B. Infezione da<br />
chlamydia trachomatisin donne gravide e opportunità <strong>del</strong>lo screening.<br />
57- Rosano A.; Donini LM. Le difficoltà nelle attività <strong>del</strong>la vita quotidiana nelle persone obese.<br />
58- Russo F.; Menegon T.; Blengio G.; Bertoncello L.; Piovesan C.; Tamang E. Avviata la sospensione <strong>del</strong>l'obbligo<br />
vaccinale nel Veneto.<br />
59- Salerno C.; Bagnasco G.; Panella M. Analisi di occorrenza <strong>del</strong>la patologia tumorale pre-screening nell'ASL "VC" di<br />
Vercelli negli anni 2002-2005: dati preliminari.<br />
60- Saugo M.; Polo F.; Banovich F.; Zenari M.; Salvadori P.; Nicoli D.; Busato G.; Baron R.; Pellizzari M.; Rigon S.;<br />
Toffanin R.; Benetollo PP.; Mantoan D. Avvio di un programma di ricerca attiva e counselling infermieristico per la<br />
prevenzione cardiovascolare in 2 Unità territoriale di Assistenza Primaria <strong>del</strong>l’ULSS Alto Vicentino.<br />
61- Tessandori R.; Ardemagni G.; Cecconami L.; Maspero S.; Tabacchi L.; Tognela M.; Ambrosi S.; Buscemi A.;<br />
Manca M.C. I tumori <strong>del</strong> collo <strong>del</strong>l'utero: le dimensioni <strong>del</strong> problema in provincia di Sondrio.<br />
62- Voller F.; Silvestri C.; Orsini C.; Maciocco G.; Miceli M. I bisogni <strong>del</strong>la popolazione con disturbi psichici. Analisi di<br />
un campione di adulti utenti dei servizi di salute mentale <strong>del</strong>la Toscana.
poster: venerdì 17 ottobre<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
2 a sessione poster: venerdì 17 ottobre<br />
esposizione dalle h. 09.00 alle h. 17.00; visita guidata dalle h.10.00 alle h. 11.00<br />
Dipendenze ad altro<br />
(visita guidata da Giuseppe Gorini - Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica, Firenze)<br />
1- Bellini S.; Migliardi A.; Giustetto G.; Nejrotti M.; Ghigo S.; Gnavi R. La prevenzione cardiovascolare e la carta <strong>del</strong><br />
rischio tra i medici di famiglia <strong>del</strong> Piemonte.<br />
2- Berti A.; Cocci V.; Orsini C.; Biagianti C.; Dimauro P.; Cipriani F.; Voller F. Il gioco d’azzardo patologico tra gli utenti<br />
dei Servizi per le Tossicodipendenze: polidipendenze e comorbilità.<br />
3- Bertozzi N.; Salmaso S.; Binkin N.; Baldissera S.; De Mei B.; Ferrante G.; Minardi V.; Minelli G.; Possenti V.;<br />
Campostrini S.; Carrozzi G.; D’Argenzio A.; Fateh Moghadam P.; Menna S.; Trinito MO.;Vasselli S. Attenzione e<br />
suggerimenti dei medici nei confronti degli stili di vita degli assistiti. I risultati <strong>del</strong> PASSI (Progressi <strong>del</strong>le Aziende Sanitarie<br />
per la Salute in Italia).<br />
4- Chiodini P.; Mattiello A.; Krogh V.; Sacerdote C.; Vineis P.; Masala G.; Palli D.; Tumino R.; Frasca G.; Berrino F.; Sieri<br />
S.; Panico S. Misure antropometriche e rischio coronarico in Italia: i risultati <strong>del</strong>lo studio EPICOR.<br />
5- Colasante E.; Gori M.; Schizzi I.; Salvini S.; Lorenzoni S.; Molinaro S. Analisi <strong>del</strong> tempo di latenza che intercorre tra il<br />
primo utilizzo di cocaina ed il primo ingresso in trattamento: studio pilota per la regione Liguria.<br />
6- Colletto G. Progetto di promozione attività motoria.<br />
7- Dardanoni G.; Buonasorte G.; Antona L.; Bonura A.; Vancheri F.; Giampaoli S.; Palmieri L. Il Piano di Prevenzione <strong>del</strong>le<br />
recidive cerebro e cardiovascolari in Sicilia.<br />
8- Dardanoni G.; Buonasorte G.; Dell’Ali C.; Fiumanò G.; Gabriele M.; Genco G.; Guastella S.; Iacono F.; Romeo R.;<br />
Sberna A.; Taibi C.; Giampaoli S.; Palmieri L. Il Piano di Prevenzione <strong>Atti</strong>va <strong>del</strong> rischio cardiovascolare in Sicilia.<br />
9- Davanzo F.; Settimi L.; Vignally P.; Giarratana T.; Maiozzi P.; Sesana F.; Della Puppa T.; Macchia T. Intossicazioni da<br />
droghe da strada e da altre sostanze di abuso: le osservazioni <strong>del</strong> centro antiveleni di Milano.<br />
10- Eifù G.; Garon MM.; Tarakdjian A; Russo S.; Monterosso P.; Dall’Asta G. Studio osservazionale sul territorio <strong>del</strong><br />
RCVGA in pazienti con rischio multifattoriale.<br />
11- Karakachoff M.; Gori M.; Lovaste R.; Scalese M.; Molteni L.; Callà R.; Molinaro S. Analisi degli esiti dei trattamenti<br />
per uso problematico di sostanze psicoattive nei soggetti in carico presso i servizi pubblici per le tossicodipendenze di Trento<br />
e sue determinanti.<br />
12- Lombardo L.V.; Cernigliaro A.; Salvadori S.; Di Giorgi M.; Molinaro S.; Pollina Addario S.; Lorenzoni V.; Fantaci G.<br />
Stime di prevalenza <strong>del</strong>l'uso problematico di oppiacei e alcool nella popolazione residente nella provincia di Palermo - anno<br />
2006.<br />
13- Molinaro S.; Siciliano V.; Mariani F. Validazione <strong>del</strong>la scala cast (cannabis abuse screening test) in Italia: analisi<br />
preliminari.<br />
14- Mollica R.; Gatti RC. Consumo di sostanze stupefacenti a Milano: survey 2007.<br />
15- Voller F.; Orsini C.; Allamani A.; Bardazzi G.; Santarlasci V.; Mari F.; Cipriani F. Consumo di alcol, sostanze ed<br />
incidenti stradali. Uno studio in 5 Pronto Soccorso <strong>del</strong>l’area metropolitana fiorentina.
poster: venerdì 17 ottobre<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
2 a sessione poster: venerdì 17 ottobre<br />
esposizione dalle h. 09.00 alle h. 17.00; visita guidata dalle h.10.00 alle h. 11.00<br />
<strong>Epidemiologia</strong> ambientale<br />
(visita guidata da Claudia Galassi - Centro per la prevenzione oncologica – Piemonte, Torino)<br />
16- Altavilla A.M.; Mazza A.; Mon<strong>del</strong>lo M. Inquinamento e disagio ambientale: effetti sulla mortalità differenziale nel<br />
comune di Messina.<br />
17- Bertazzi PA.; Can<strong>del</strong>a S.; Forastiere S.; Galassi C.; Orlandini S.; Iavarone I.; Comba P. Avvio <strong>del</strong> programma<br />
strategico nazionale "ambiente e salute".<br />
18- Bianchi F.; Cori L. Il progetto interdipatimentale ambiente-salute <strong>del</strong> CNR.<br />
19- Bianchi F.; Cori L.; gruppo di lavoro SEBIOREC. Disegno di uno studio di biomonitoraggio umano utilizzando i<br />
risultati degli studi epidemiologici su salute e rifiuti nella regione Campania e attività di comunicazione.<br />
20- Bisceglia L.; De Nichilo G.; Morabito A.; Nocioni A.; Spagnolo G.; Assennato G. L'attività di sorveglianza<br />
epidemiologica a supporto dei controlli ambientali: "il caso Torchiarolo".<br />
21- Cadum E.; Demaria M.; Chiusolo M.; Soldati S.; Garabello F.; Buratti. Percezione <strong>del</strong> rischio e sindrome ambientale<br />
idiopatica.<br />
22- Cori L.; Bianchi F.; Siciliano T.; gruppo di lavoro Sebiorec. <strong>Atti</strong>vità di comunicazione a supporto di indagini di<br />
biomonitoraggio umano.<br />
23- Ianni E.; Mignozzi K.; Mitis F. Studio ecologico <strong>del</strong> sito di interesse nazionale per le bonifiche "laguna di Grado a<br />
Merano".<br />
24- Iavarone I.; Pirastu R.; Conti S.; Musmeci L.; Bianchi F.; Martuzzi M.; Comba P. Sentieri - studio epidemiologico<br />
nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento.<br />
25- Mallone S.; Chellini E.; Fon<strong>del</strong>li MC.; Gasparrini A.; Cenni I.; Nava S.; Seniori Costantini A.; Hanninen O.; Jantunen<br />
M. Particolato fine ambientale infiltrato e generato nella abitazioni di residenti a Firenze, non fumatori e non esposti a<br />
fumo passivo.<br />
26- Mariuz M.; Little D.; Valent F.; Vecchi L.; Mazej D.; Horvat M.; Parpinel M.; Tamburlini G.; Barbone F. Studio<br />
epidemiologico sull’esposizione materno-infantile a mercurio di origine ambientale nel Mediterraneo.<br />
27- Mitis F.; Fazzo L.; Minichilli F.; e Gruppo di Lavoro SENTIERI. Sentieri - studio <strong>del</strong>la mortalità nei siti di interesse<br />
nazionale per le bonifiche: approfondimenti metodologici.<br />
28- Romanelli AM.; Bartolacci S.; Mariani S.; Protti MA.; Salvadori P.; Tacconi G.; Vigotti MA.; Bianchi F. Un archivio<br />
di dati sanitari per il piano integrato di salute (PIS) di un'area critica <strong>del</strong>la Toscana: l'alta Val di Cecina.<br />
29- Serinelli M.; Gianicolo E AL.; Cervino M.; Mangia C.; Vigotti MA. Effetto <strong>del</strong>l'inquinamento atmosferico sulla salute<br />
a Brindisi.<br />
30- Sindaco R.; Consonni D.; Sartori S.; Bertazzi PA. Valori ematici di diossine nella popolazione adulta generale di 23<br />
paesi.<br />
31- Tominz R.; Germano D.; Mustacchi G.; Bovenzi M. Distribuzione dei tumori nei distretti sanitari di Trieste con<br />
particolare riguardo all'inquinamento da diossine.
poster: giovedì 16 ottobre<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
2 a sessione poster: venerdì 17 ottobre<br />
esposizione dalle h. 09.00 alle h. 17.00; visita guidata dalle h.10.00 alle h. 11.00<br />
<strong>Epidemiologia</strong> materno-infantile<br />
(visita guidata da Eva Buiatti - Firenze)<br />
32- Bettinelli ME.; Bossi A.; Cortinovis I. Allattamento al seno: un determinante di salute fondamentale per madri e figli.<br />
33- Carletti C.; Parpinel M.; Widmann S.; Del Pio T.; Bruno I.; Cattaneo A. Implementazione e valutazione di interventi di<br />
prevenzione <strong>del</strong>l'obesità in età evolutiva.<br />
34- Casotto V.; Barchielli A.; Miceli M.; Sessa E.; Corsi A. Stima <strong>del</strong>la frequenza <strong>del</strong>la depressione nei periodi precedente<br />
e successivo al parto mediante l'analisi <strong>del</strong>le prescrizioni farmaceutico. Toscana 2005.<br />
35- Davanzo F.; Settimi L.; Sesana F.; Maiozzi P.; Urbani E.; Travaglia A.; Moroni R.; Rebutti I.; Panzavolta G.; Borghini<br />
R.; Dimasi V.; Bissoli M.; Assisi F.; Moro P.; Severgnini P.; Della Puppa T. Esposizioni pericolose ed intossicazioni nei<br />
primi anni di vita.<br />
36- De Silvestri A.; Capittini C.; Martinetti M.; Tinelli C. Misclassificazione nell'utilizzo di diversi standard<br />
antropometrici neonatali.<br />
37- Fantaci G.; Miceli P.; Pollina Addario S.; Scondotto S.; Dardanoni G.; Fusco D.; Tiberi G.; Perucci C.A. Proporzione<br />
di parti con taglio cesareo "primario": un confronto tra le diverse strutture <strong>del</strong>la Sicilia.<br />
38- Minichilli F.; Pierini A.; Bianchi F. Analisi spaziale sui dati 1992-2006 <strong>del</strong> Registro Toscano Difetti Congeniti.<br />
39- Monti MC.; Borrelli P.; Popa I.; Perotti M.; Corso B.; Stramba Badiale M.; Montomoli C. Studio epidemiologico di<br />
una coorte di neonati italiani sottoposti a screening elettrocardiografico.<br />
40- Pacchin M. Malformazioni congenite alla nascita nell'ULSS 6 Vicenza periodo 1998-2004 confronto con la media<br />
Eurocat.<br />
41- Pezzotti P.; Mantovani J.; Benincori N.; Mucchino E.; Di Lallo D. Incidenza di ospedalizzazione per bronchiolite ed<br />
uso di palivizumab in bambini nati pretermine nel Lazio.<br />
42- Polo A.; Farchi S.; Franco F.; Asole S.; Papini P.; Natali A.; Di Lallo D. Interruzioni volontarie di gravidanza:<br />
identificazione dei profili di rischio, Lazio 2007.<br />
43- Popa I.; Corso F.; Miglioli L.; Croce F.; Giustiniani D.; Spaiuc G.; Bogdan M.; Fracasso M.; Borrelli P.; Oancea C.;<br />
Montomoli C. Minorenni romeni in conflitto con la legge in Lombardia e nei tre distretti <strong>del</strong>la Romania.<br />
44- Porcu R.; Nonne T.; Scaduto R.; Sesler S.; Masia P.; Serra G.; Marracini G.; Manca C.; Cocco P. Il contributo <strong>del</strong>la<br />
epidemiologia alla prevenzione degli infortuni sul lavoro: l'archivio informatico degli infortuni nei luoghi di lavoro in<br />
Sardegna.<br />
45- Spada E.; Zolin A.; Occhi L.; Bertino E.; Milani S. Uso <strong>del</strong>le carte neonatali SIN-2008 per identificare i neonati smallfor-gestational<br />
age.<br />
46- Zolin A.; Spada E.; Mischinelli M.; Todros T.; Milani S. Diagnosi prenatale di intrauterine growth restriction.
poster: venerdì 17 ottobre<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
2 a sessione poster: venerdì 17 ottobre<br />
esposizione dalle h. 09.00 alle h. 17.00; visita guidata dalle h.10.00 alle h. 11.00<br />
<strong>Epidemiologia</strong> occupazionale<br />
(visita guidata da Benedetto Terracini – Università di Torino)<br />
47- Barbini N.; Squadroni R. Ipertensione arteriosa e lavoro.<br />
48- Camilloni L.; Farchi S.; Giorgi Rossi P.; Chini F.; Borgia P. Studio caso-controllo sui fattori di rischio degli incidenti<br />
domestici in una popolazione anziana.<br />
49- Catalano T.; Venza M.; Visalli M.; Torino C.; Gargano R.; Teti D. Alterazioni dei geni p53 e DSS1 e aumentato<br />
rischio di insorgenza <strong>del</strong> carcinoma squamoso <strong>del</strong>la cute.<br />
50- De Girolamo G.; Carrozzi G.; Schiavi A.; Federzoni G.; Goldoni CA. Il sistema di sorveglianza rapido sugli effetti<br />
<strong>del</strong>le ondate di calore nella AUSL Modena.<br />
51- De Matteis S.; Consonni D.; Pesatori AC.; Bertazzi PA.; Caporaso N.; Landi MT. Valutazione con matrice mansioneesposizione<br />
<strong>del</strong> rischio occupazionale di tumore polmonare in uno studio caso-controllo multicentrico di popolazione in<br />
Lombardia.<br />
52- Evangelista A.; Galassi C.; Ciccone G.; Rota E.; Ugolini A.; Ferrero L.; Ceccarelli M.; Mongini F. Efficacia di un<br />
programma di intervento fisico ed educativo sul posto di lavoro per la riduzione <strong>del</strong>la cefalea: un trial controllato.<br />
53- Martini A.; Giovannetti L.; Miglietta A.; Mantero S.; Chellini E.; Baldasseroni A. Il ruolo dei registri nominativi <strong>del</strong>le<br />
cause di morte nella rilevazione degli infortuni mortali lavorativi.<br />
54- Merler E. I tumori causati dal lavoro nel recente approfondimento di altri paesi: e in Italia<br />
55- Miglio R.; Alessandrini E.; Scotto F.; Zauli Sajani S.; Marchesi S.; Lauriola P. Ondate di calore ed interventi <strong>del</strong> 118<br />
nella provincia di Bologna: un'analisi statistica.<br />
56- Migliorino G.; Bocchieri A.; Mauceri S.; Bonomo P. Analisi <strong>del</strong>la sorveglianza degli incidenti domestici nell'AUSL 7 di<br />
Ragusa, anno 2007-2008, per la programmazione e la valutazione <strong>del</strong> piano di prevenzione aziendale.<br />
57- Piccinni S.; Romanelli AM.; Vigotti MA. Infortuni e malattie professionali a Taranto: un'analisi dei dati INAIL.<br />
58- Piffer S.; Moretti A.; Demonti S. Il monitoraggio degli incidenti domestici in provincia di Trento, quali indicazioni per<br />
la prevenzione.<br />
59- Pitidis A.; Giustini M. Il sistema informativo nazionale sugli incidenti domestici.<br />
60- Scarselli A.; Scano P.; Binazzi A.; Marinaccio A. Rischio professionale di tumore <strong>del</strong>la vescica in Italia: una stima dei<br />
potenziali esposti a partire da archivi amministrativi.<br />
61- Valent F.; Di Bartolomeo S.; Marchetti R.; Barbone F. Studio di case-crossover su ore di sonno e di lavoro e rischio di<br />
incidenti stradali.<br />
62- Voller F.; Innocenti F.; Pasquini J.; Nicolini A.; Meniconi G.; Lelli M. Infortunistica balneare in Toscana: i risultati<br />
relativi alla rilevazione 2007.
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA<br />
Relatori invitati e moderatori<br />
Emanuela Anghinoni (Azienda sanitaria locale di Mantova)<br />
Giovanni Apolone (Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, Milano)<br />
Giorgio Assennato (Agenzia regionale per la protezione <strong>del</strong>l’ambiente - Puglia, Bari)<br />
Francesco Auxilia (Università di Milano)<br />
Andrea Baccarelli (Università di Milano e Fondazione Policlinico, Milano)<br />
Michela Baccini (Università di Firenze)<br />
Alberto Baldasseroni (Azienda sanitaria locale di Firenze)<br />
Alessandro Barchielli (Azienda sanitaria locale di Firenze)<br />
Francesco Barone Adesi (Università di Torino e Centro per la prevenzione oncologica - Piemonte, Torino)<br />
Antonella Bena (Azienda sanitaria locale 5 <strong>del</strong> Piemonte, Grugliasco - To)<br />
Franco Berrino (Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano)<br />
Fabrizio Bianchi (Consiglio Nazionale <strong>del</strong>le Ricerche, Pisa)<br />
Annibale Biggeri (Università di Firenze)<br />
Marco Biocca (Agenzia Sanitaria e Sociale <strong>del</strong>l'Emilia Romagna, Bologna)<br />
Luigi Bisanti (Azienda sanitaria locale di Milano)<br />
Lucia Bisceglia (Agenzia regionale per la protezione <strong>del</strong>l’ambiente - Puglia, Bari)<br />
Aaron Blair (National Cancer Institute, Bethesda U.S.A)<br />
Valentina Bollati (Università di Milano e Fondazione Policlinico, Milano)<br />
Piero Borgia (Agenzia di sanità pubblica - Lazio, Roma)<br />
Paolo Bruzzi (Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro - Genova)<br />
Eva Buiatti (Firenze)<br />
Susanna Cantoni (Azienda sanitaria locale di Milano)<br />
Francesco Carnevale (Azienda sanitaria locale di Firenze)<br />
Cesare Cislaghi (Università di Milano e Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, Roma)<br />
Pierluigi Cocco (Università di Sassari)<br />
Pietro Comba (Istituto Superiore di Sanità, Roma)<br />
Dario Consonni (Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Milano)<br />
Gianni Corrao (Università di Milano Bicocca, Milano)<br />
Giuseppe Costa (Università di Torino)<br />
Paolo D’Argenio (Agenzia regionale di sanità - Campania)<br />
Marina Davoli (Azienda sanitaria locale RM-E, Roma)<br />
Adriano Decarli (Università di Milano)<br />
Francesco Donato (Università di Brescia)<br />
Fabrizio Faggiano (Università Avogadro <strong>del</strong> Piemonte Orientale)<br />
Monica Ferraroni (Università di Milano)<br />
Graziella Filippini (Fondazione Istituto Neurologico Carlo Besta, Milano)<br />
Silvia Franceschi (International agency for research on cancer - WHO, Lyon - F)<br />
Claudia Galassi (Centro per la prevenzione oncologica - Piemonte, Torino)<br />
Riccardo Gatti (Azienda sanitaria locale di Milano)<br />
Giuseppe Gorini (Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica, Firenze)<br />
Carlo La Vecchia (Università di Milano)<br />
Luigi Macchi (Regione Lombardia, Milano)<br />
Luca Masera (Università di Brescia)<br />
Marco Masi (Regione Toscana, Firenze)<br />
Franco Merletti (Università di Torino)<br />
Andrea Micheli (Fondazione Istituto nazionale dei tumori, Milano)<br />
Paola Michelozzi (Azienda sanitaria locale RM-E, Roma)<br />
Silvano Milani (Università di Milano)<br />
Roberto Mollica (Azienda sanitaria locale di Milano)<br />
Massimo Musicco (ITB-CNR, Segrate, Fondazione IRCCS “Santa Lucia”, Roma)<br />
Eva Negri (Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, Milano)
Eugenio Paci (Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica, Firenze)<br />
Massimo Pagani (Università di Milano)<br />
Salvatore Panico (Università di Napoli)<br />
Anna Pavan (Regione Lombardia, Milano)<br />
Antonio Ponti (Centro per la prevenzione oncologica - Piemonte, Torino)<br />
Chiara Porro dè Somenzi (A.O. San Carlo, Milano)<br />
Guglielmo Ronco (Centro per la prevenzione oncologica - Piemonte, Torino)<br />
Stefania Salmaso (Istituto Superiore di Sanità, Roma)<br />
Rodolfo Saracci (Lyon, F)<br />
Nereo Segnan (Centro per la prevenzione oncologica - Piemonte, Torino)<br />
A<strong>del</strong>e Seniori Costantini (Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica, Firenze)<br />
Diego Serraino (Centro di riferimento oncologico, Aviano)<br />
Renato Talamini (Centro di riferimento oncologico, Aviano)<br />
Benedetto Terracini (Università di Torino)<br />
Harri Vainio (Finnish institute of occupational health, Helsinki - Fi)<br />
Maria Grazia Valsecchi (Università di Milano Bicocca, Milano)<br />
Paolo Vineis (Imperial college, London – UK)<br />
Marco Zappa (Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica, Firenze)<br />
Carlo Zocchetti (Regione Lombardia, Milano)<br />
ITALIANA DI<br />
AIEASSOCIAZIONE<br />
EPIDEMIOLOGIA
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Prima sessione plenaria: L’<strong>Epidemiologia</strong> per la Prevenzione – Aula Magna - 15 ottobre pomeriggio<br />
L’EPIDEMIOLOGIA PER LA PREVENZIONE: LE PROVE A FAVORE E LA<br />
VALUTAZIONE DEGLI INTERVENTI<br />
Franco Merletti<br />
Università di Torino<br />
Il dibattito sulle diverse definizioni di prevenzione e <strong>del</strong>la loro implicazione in ambiti politici, sociali e di sanità<br />
pubblica e clinica si è sviluppato sia a livello internazionale sia a livello italiano, con posizioni spesso molto<br />
diversificate. Gli elementi principali di questa discussione si riferiscono all’ambito <strong>del</strong>la storia naturale <strong>del</strong>la<br />
malattia, alle modalità <strong>del</strong>l’intervento e al ruolo dei diversi attori implicati e a quello storico <strong>del</strong>la separazione<br />
tra sanità pubblica e clinica.<br />
La traduzione <strong>del</strong>le conoscenze epidemiologiche su fattori di rischio individuali di malattia in interventi efficaci<br />
di prevenzione è un processo difficile e problematico. Accanto ad esempi con evidenze di efficacia di interventi<br />
preventivi, come quello <strong>del</strong>le leggi antifumo in diverse nazioni inclusa l’Italia, vi sono altri esempi di<br />
interpretazione più complessa quali il trial di comunità che ha coinvolto la regione <strong>del</strong>la Nord Karelia in<br />
Finlandia o gli interventi su base individuale quale il Women’s Health Iniziative.<br />
Diverse sono anche le opinioni riguardanti quali debbano essere i criteri per attivare gli interventi di<br />
prevenzione e quale peso debba avere la valutazione <strong>del</strong> rapporto costo efficacia.<br />
Le criticità dei temi sopra riportati saranno discusse alla luce <strong>del</strong> dibattito in corso e <strong>del</strong>le evidenze disponibili.<br />
33
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Prima sessione plenaria: L’<strong>Epidemiologia</strong> per la Prevenzione – Aula Magna - 15 ottobre pomeriggio<br />
L’EPIDEMIOLOGIA PER LA PREVENZIONE: LA COMUNICAZIONE E L’ADVOCACY<br />
Marco Biocca<br />
Agenzia sanitaria e sociale <strong>del</strong>l’Emilia-Romagna, Bologna<br />
La comunicazione è una componente centrale dei processi di gestione <strong>del</strong>la salute, sia a livello individuale che<br />
di comunità ed è significativo che un Congresso <strong>del</strong>l’AIE si apra con una riflessione su questo elemento. E’<br />
anche importante che ciò avvenga in una fase in cui i paradigmi dei mo<strong>del</strong>li di prevenzione e di assistenza<br />
sanitaria che hanno prevalso nella società italiana degli ultimi decenni, siano sempre più apertamente messi in<br />
discussione. Non si stupisca il lettore di questo riassunto se non troverà ancora il tracciato evidente di una<br />
strada che permetta di cogliere gli aspetti rilevanti e innovativi <strong>del</strong> tema specifico e i necessari agganci con i<br />
diversi piani che interagiscono: dipende dalla complessità <strong>del</strong> lavoro, ma anche dalla inadeguatezza <strong>del</strong>le<br />
risorse impegnate.<br />
L’epidemiologia va intesa in questo contesto come disciplina che è capace di produrre informazioni utili per la<br />
conoscenza, ma anche come ruolo sociale dei soggetti che la praticano perché le conoscenze prodotte siano<br />
effettivamente utilizzate.<br />
La cultura <strong>del</strong>l’epidemiologia, con la sua dose determinante di razionalità è spesso lontana dal concetto comune<br />
di comunicazione che si fonda soprattutto sulla capacità di emozionare. La distribuzione di determinanti o di<br />
malattie in una comunità è sempre meno ricca di significati di una storia individuale. La forza espressiva <strong>del</strong><br />
linguaggio degli esperti non è a tutti evidente. I tempi necessari alla emersione <strong>del</strong>le conoscenze faticano a<br />
trovare la sintonia con il ritmo dei decisori. La formazione specialistica in questo campo non ha trovato una<br />
collocazione né la ricerca riceve adeguati impulsi.<br />
Esistono, tuttavia, ha anche altri contesti. Le tecniche <strong>del</strong> marketing possono applicarsi ai comportamenti che<br />
hanno effetti sulla salute. Gli strumenti <strong>del</strong>l’informazione evolvono e propongono aspetti innovativi<br />
sorprendenti. La partecipazione <strong>del</strong>le persone alle scelte collettive per la salute è a volte indispensabile. E in<br />
queste circostanze le organizzazioni sanitarie e in particolare l’epidemiologia assumono un ruolo per la<br />
comunicazione più diretto che va valorizzato.<br />
34
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Seconda sessione plenaria: I rischi ambientali – Aula Magna - 16 ottobre mattina<br />
EPIDEMIOLOGY AND THE ETIOLOGY AND PREVENTION OF ENVIRONMENTAL<br />
DISEASE<br />
Aaron Blair<br />
Ph.D., Scientist Emeritus, Division of Cancer Epidemiology and Genetics, National Cancer Institute, Bethesda,<br />
MD, USA<br />
Epidemiology has played a major role in the identification of environmental agents and chemicals involved in<br />
ill health. These environmental contaminants arise from wide use of these chemicals in modern society and<br />
have been associated with a number of diseases in adults and children. Even in this exciting time of the<br />
genomic revolution, it is still clear that for most chronic diseases the environment plays the major role in<br />
disease etiology. Information on changes in rates of disease over time and the tendency of rates among<br />
immigrants to move toward that of their host country underscore the impact of environmental factors on disease<br />
occurrence because the genetic constitution of a population cannot change over a few years. Heritability studies<br />
among families also provide important information on the role of environmental factors. For example, for most<br />
cancers about two thirds of the cases can be attributed to environmental factors and one third to genetic factors<br />
(Lichtenstein et al., 2000). The largest portion of the environmental causes may be related to diet, tobacco, and<br />
other person habits, but these data underscore the primary role of the environment in cancer occurrence and<br />
probably for other diseases also.<br />
A few of the environmental exposures well established in the disease causation pathway include arsenic in<br />
heart disease and cancer, radon and lung cancer, silica and pneumoconioses, air pollution and mortality, and<br />
ultraviolet radiation and skin cancer (Schottenfeld and Fraumeni, 2006). These are mentioned just to show the<br />
spectrum of exposures and diseases already identified. For many of these and other environmental exposures,<br />
societal efforts are undertaken to prevent disease through individual actions, commercial policies, education,<br />
and regulation. Examples of education and individual action include avoidance of ultraviolet radiation,<br />
reduction in dietary fat intake, and consumption of organic food. An example of a commercial policy is the<br />
monitoring of residential radon levels in the United States associated with the purchase of homes.<br />
Governmental regulation of workplace and general environmental levels to a growing number of toxicants is a<br />
wi<strong>del</strong>y used procedure to control exposures.<br />
Although epidemiology provided much of the information spurring these societal efforts and exposure control,<br />
it has not been as visible in the evaluation of the effectiveness of ameliorating actions. This lack of<br />
epidemiologic investigation may be due to the tendency to view societal action as the final step in the<br />
prevention process, the lack of funding for epidemiologic studies of the effectiveness of preventive action, and<br />
the relative long time period necessary to see evidence of a preventive action for many chronic diseases.<br />
Nonetheless, information is available from reduction in disease in a population when exposures are reduced,<br />
lower rates among individuals who depart and exposure area, changes in risk in a cohort as exposure levels<br />
diminish, and lower risks among those only exposures when exposures were lower (Tomatis et al., 1997).<br />
Some recent examples of epidemiology in the evaluation of protective actions include prevention of myocardial<br />
infarction and lung and bladder cancer mortality associated with reduction of arsenic levels in drinking water<br />
(Yuan et al., 2007), reduction in cancer risk after cessation of asbestos exposure (Magnani et al., 2008), and<br />
household stove improvement and prevention of lung cancer (Lan et al., 2002) and chronic obstructive<br />
pulmonary disease (Chapman et al., 2008), and home-based environmental remediation and improved asthma<br />
control (Bryant-Stephens and Li, 2008).<br />
Epidemiology can contribute to evaluation of the procedures employed and effectiveness of preventive actions<br />
regarding environmental exposures. Such efforts would help design and improve preventive strategies and<br />
should be encouraged.<br />
References<br />
Bryant-Stephens T, Li Y. Outcomes of a home-based environmental remediation for urban children with asthma. J Natl<br />
Med Assoc 2008;100:306-316.<br />
Chapman RS, He Z, Blair AE, Lan Q. Improvement in household stoves and risk of chronic obstructive pulmonary disease<br />
in Xaunwei, China: retrospective cohort study. Brit Med J 2005; doi:10.1136/bmj.38628.55.<br />
Hoover RN. Cancer – Nature, nurture, or both. New Engl J Med 2000;343:135-136.<br />
Lan Q, Chapman RS, Schreinemachers DM, Tian L, He X. Household stove improvement and risk of lung cancer in<br />
Xaunwei, China. J Natl Cancer Inst 2002;94:826-835.<br />
35
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Seconda sessione plenaria: I rischi ambientali – Aula Magna - 16 ottobre mattina<br />
EPIDEMIOLOGIA DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO: DIFFUSIONE, CAUSE,<br />
EFFICACIA DEGLI INTERVENTI DI PREVENZIONE<br />
Antonella Bena 1 , Alberto Baldasseroni 2<br />
1 ASL Torino 3 Regione Piemonte, Torino; 2 ASL di Firenze<br />
La prevenzione degli infortuni in Italia ha ottenuto risultati molto evidenti, misurabili attraverso un deciso<br />
declino nei tassi infortunistici dal 1950 in poi. Anche gli infortuni mortali sono diminuiti: negli anni sessanta le<br />
denunce erano oltre 4500; nel 2006 erano 1341. Nel 2006 sono stati denunciati 928.000 eventi: 643.000 sono<br />
stati riconosciuti dall’Inail per avere almeno 3 giorni di prognosi. Il declino nei tassi è evidenziabile in tutti i<br />
comparti e per molte <strong>del</strong>le cause principali. I tassi standardizzati di incidenza sono in media con l'Europa dei 15<br />
(Eurostat 2003). Ha certamente contribuito a questo risultato l’attenzione sociale, che è cresciuta al crescere <strong>del</strong><br />
benessere concentrando sforzi e risorse su specifici problemi. Sono state inoltre sviluppate strategie preventive,<br />
sostenute anche da opportune modifiche legislative. Molti dei progressi più recenti non sarebbero stati possibili<br />
senza l’applicazione <strong>del</strong> metodo scientifico ed in particolare <strong>del</strong>l’approccio <strong>del</strong>le scienze <strong>del</strong>la sicurezza quali<br />
l’ingegneria, l’igiene industriale, il safety management. Parte <strong>del</strong> declino dei tassi è legato al cambiamento <strong>del</strong><br />
mercato <strong>del</strong> lavoro ed al crescente concentrarsi <strong>del</strong>le attività nei servizi e nel terziario avanzato, con<br />
l’”esportazione” (più recentemente) verso paesi esteri di molte <strong>del</strong>le lavorazioni più a rischio. Nonostante tali<br />
risultati, il numero di infortuni e morti sul lavoro che accadono oggi in Italia è ancora troppo elevato ed il trend<br />
in diminuzione tende ad appiattirsi. Oltre alle sofferenze personali ed ai danni materiali essi comportano anche<br />
importanti costi sociali. Anche se la legislazione richiede con forza l’adozione <strong>del</strong>le più importanti misure<br />
tecniche, è chiaro che in un certo numero di casi essa viene disattesa o mal applicata. Vi sono quattro temi<br />
chiave intorno ai quali lavorare e creare consenso al fine di ridurre ulteriormente la frequenza infortunistica.<br />
1. I mo<strong>del</strong>li causali riguardanti gli infortuni da lavoro evidenziano un’eziologia multiassiale e multifattoriale: è<br />
necessaria l’implementazione di soluzioni multifaced che lavorino in sinergia tra di loro. Le azioni preventive<br />
condotte negli ultimi 50-60 anni hanno agito principalmente sui fattori di esposizione tecnici. Ma i mo<strong>del</strong>li<br />
causali riguardanti gli infortuni da lavoro riconoscono come importante nel determinismo infortunistico<br />
l’interrelazione tra almeno tre insiemi di fattori di rischio: quelli più propriamente tecnici, quelli riguardanti<br />
l’organizzazione <strong>del</strong> lavoro e lo stile d’impresa e quelli riguardanti l’individuo. Inoltre, al di sopra di questi,<br />
agiscono come determinanti anche fattori più propriamente sociali, legati alle politiche <strong>del</strong> lavoro. Il<br />
miglioramento <strong>del</strong>la sicurezza sul lavoro non è più quindi solo legato all’introduzione di ulteriori misure<br />
tecniche, ma al cambiamento di comportamenti a livello di impresa e di lavoratori. I bisogni e le priorità per la<br />
ricerca enfatizzano la necessità di approcci multidisciplinari, che coinvolgano l’epidemiologia, l’ingegneria, le<br />
scienze sociali e comportamentali, l’economia, ecc, spostandosi dai più ovvi e tradizionali fattori di rischio<br />
occupazionali a quelli riguardanti l’organizzazione <strong>del</strong> lavoro, l’economia sociale, l’influenza culturale, la<br />
percezione <strong>del</strong> rischio, i cambiamenti <strong>del</strong>l’organizzazione <strong>del</strong> lavoro in un’economia globalizzata.<br />
2. Gli studi di valutazione sono pochi e generalmente di bassa qualità: è necessario fare più valutazione e<br />
riflettere sui metodi. Sebbene siano disponibili molti programmi di controllo, tecnologie, strategie preventive,<br />
pochi sono gli studi di valutazione condotti. Nel numero monografico <strong>del</strong>la rivista Am J Prev Med <strong>del</strong> 2000,<br />
dedicato interamente alle revisioni sistematiche sulle strategie per la prevenzione degli infortuni nei luoghi di<br />
lavoro, gli autori riportavano che su 41871 articoli selezionati dalle varie banche dati bibliografiche solo 207<br />
(0,5%) erano di qualità tale da essere considerati nella valutazione di prove di efficacia. Analoghi dati<br />
emergono da altre fonti di letteratura dedicate al tema <strong>del</strong>la valutazione degli interventi di prevenzione nei<br />
luoghi di lavoro, che non superano mai il 4-5% <strong>del</strong> totale. Anche nel nostro paese tale proporzione è molto<br />
bassa. Ma mentre il primo aspetto, quello <strong>del</strong>la quantità, attiene al dominio <strong>del</strong>le scelte riguardanti gli indirizzi<br />
dei finanziamenti alla ricerca e dei conseguenti orientamenti <strong>del</strong>la comunità scientifica di riferimento, il<br />
secondo aspetto, quello <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>la ricerca, ha più a che fare con problemi di interpretazione <strong>del</strong>le prove<br />
di efficacia. In quest’ultimo campo è in pieno svolgimento un importante dibattito sullo statuto <strong>del</strong>la prova<br />
scientifica di efficacia in Sanità Pubblica. Ciò che definisce la “buona qualità” di uno studio clinico di efficacia<br />
non può essere semplicemente esteso agli studi di Sanità Pubblica, dei quali fanno parte anche quelli che si<br />
occupano di valutare l’efficacia degli interventi preventivi contro gli infortuni sul lavoro. Il Gold Standard <strong>del</strong><br />
RCT (Randomized Clinica Trial) è raramente utilizzabile quando si ha a che fare con interventi di prevenzione<br />
degli infortuni sul lavoro. Da una soluzione condivisa di questo cruciale nodo epistemologico discende anche la<br />
possibilità di intraprendere studi di pratica applicabilità di soluzioni “dimostratamente” efficaci, studi cioè che<br />
mettano a confronto, sul piano <strong>del</strong>l’analisi economica così come viene modernamente intesa in campo<br />
sanitario, diversi interventi, possibilmente valutati a priori come efficaci anche se con livelli di efficacia diversi.<br />
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3. Le relazioni tra ricerca, sanità pubblica, stakeholders e decisori influenzano l'efficacia preventiva: è<br />
necessario diffondere una cultura generalizzata <strong>del</strong>la sicurezza e dedicare più risorse nella fase di trasferimento<br />
<strong>del</strong>le conoscenze nella pratica. Il rapporto con i lavoratori ed i loro rappresentanti e con le imprese e le loro<br />
associazioni di categoria influenzano le capacità preventive a tutti i livelli. L’adozione di strategie preventive<br />
dipende infatti dalla decisione di una pluralità di soggetti, ed è influenzata da molti fattori; vi sono barriere di<br />
tipo psicologico ed organizzativo che devono essere comprese e rimosse. Un altro ostacolo è rappresentato<br />
dalla scarsa percezione di efficacia rispetto ai costi. Spesso il costo non è nemmeno considerato nella<br />
progettazione <strong>del</strong>le misure preventive. Quasi mai vengono condotte analisi costo-beneficio. Infine, le<br />
informazioni sulle nuove tecnologie, prodotti, strategie e programmi preventivi, si diffondono lentamente e con<br />
difficoltà ai diversi network sociali ed a coloro che sono responsabili nelle presa <strong>del</strong>le decisioni. Ci sono molti<br />
approcci preventivi che sono riconosciuti di provata efficacia che non sono stati correttamente implementati in<br />
tutti i luoghi di lavoro dove dovrebbero o potrebbero essere adottati. Vi è insomma un problema più generale di<br />
cultura <strong>del</strong>la sicurezza su cui bisogna lavorare in modo più allargato, non concentrandosi solo su problemi ed<br />
ambienti specifici. Promuovere una positiva cultura <strong>del</strong>la sicurezza può produrre miglioramenti a diversi livelli<br />
(organizzazione aziendale, management, responsabilità individuale, ecc). Al fine di influenzare l’adozione di<br />
strategie preventive efficaci sono necessari ricerca e sforzi per integrare le competenze riguardanti la<br />
comunicazione <strong>del</strong>la salute, il marketing sociale, il technology transfer.<br />
4. I sistemi di sorveglianza attualmente disponibili non descrivono in modo esaustivo il fenomeno: è necessario<br />
migliorare la qualità <strong>del</strong> denominatore e la capacità descrittiva di alcune sottopopolazioni. La diminuzione nei<br />
tassi infortunistici descritti non è uguale per tutti i comparti e le modalità di accadimento. Vi sono specifiche<br />
attività lavorative in cui negli ultimi anni si sta assistendo ad una stabilizzazione o addirittura ad un aumento<br />
dei tassi. I cambiamenti <strong>del</strong> mercato <strong>del</strong> lavoro (precarizzazione, mobilità, esternalizzazione, aumento <strong>del</strong>l’età<br />
media, ecc) rischiano di dar luogo ad un aumento degli infortuni, ma gli strumenti di monitoraggio disponibili<br />
non sono completamente adeguati. Le statistiche Inail infatti, anche se di buona qualità per copertura <strong>del</strong><br />
territorio nazionale e disponibili per lunghe serie storiche, non coprono tutti gli eventi accaduti: una parte di<br />
lavoratori (circa il 20% rispetto alle stime Istat) non è assicurata; si segnala una certa quota di sottonotifica; non<br />
sono compresi, ovviamente, gli infortuni che colpiscono i lavoratori irregolari. Vi è inoltre un certo ritardo<br />
nella descrizione degli eventi per le nuove tipologie di contratto. Ma il problema più rilevante riguarda la scarsa<br />
accuratezza nella descrizione <strong>del</strong>l'esposizione, dato che il numero di lavoratori assicurati è calcolato a partire da<br />
un algoritmo basato sulle masse salariali non stratificabile per importanti covariate quali l'età, il sesso, la<br />
professione, la nazionalità. Tali limiti non sono specifici <strong>del</strong> nostro paese: nella maggior parte dei casi le<br />
statistiche degli stati membri <strong>del</strong>l'UE sono basate sui sistemi assicurativi nazionali. Il Niosh sostiene che gli<br />
sforzi verso un approccio globale alla prevenzione degli infortuni sul lavoro debbano iniziare con un approccio<br />
globale alla sorveglianza. Il nuovo testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro pone molta attenzione<br />
alla sorveglianza definendo la costituzione di un sistema informativo unico nazionale. In attesa di poter<br />
disporre di informazioni più complete ed accurate a più lungo termine, è stata avviata l'implementazione di<br />
soluzioni intermedie su obiettivi prioritari. Un progetto finanziato dal CCM, per esempio, ha condotto alla<br />
costruzione di un data base derivato dal linkage tra archivi Inail ed Inps con ricostruzione <strong>del</strong>la storia lavorativa ed<br />
infortunistica per l'1% <strong>del</strong>la popolazione lavorativa italiana, che permette di effettuare analisi per genere ed età.<br />
Il classico approccio <strong>del</strong>la sanità pubblica è certamente adatto alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, ma è<br />
stato raramente applicato in ogni sua parte, dalla descrizione <strong>del</strong> problema di salute, all’effettuazione<br />
<strong>del</strong>l’intervento, alla valutazione dei risultati. Vi sono in effetti diverse barriere che ne ostacolano l’adozione: il<br />
bisogno di lavorare con discipline diverse; la necessaria collaborazione di datori di lavoro e lavoratori; la<br />
mancanza di programmi formativi che affrontino in modo specifico l’epidemiologia degli infortuni; una storica<br />
carenza di finanziamenti commisurati alle difficoltà tecniche ed alle dimensioni <strong>del</strong> fenomeno. Per l’Italia<br />
occorre aggiungere la carenza di epidemiologi dedicati al tema e la carenza di un coordinamento centrale che<br />
solo adesso, forse, prova a trovare una soluzione con il neonato CCM. Eppure è chiaro almeno da 40 anni che i<br />
metodi <strong>del</strong>l’epidemiologia sono fondamentali in questo campo in cui è necessario unire le conoscenze <strong>del</strong>le<br />
discipline più tradizionalmente legate alla sicurezza (l’ingegneria, il management, l’igiene industriale, ecc) con<br />
l’approccio di sanità pubblica per la ricerca e la prevenzione.<br />
Bibliografia<br />
Choudhry RM, Fang D, Mohamed S. The nature of safety culture: A survey of the state-of-the-art. Safety Science<br />
2007;45(10):993-1012.<br />
Drummond M, O'Brien B, Stoddart G, et al. Methods of Economic Evaluation of Health Care Programmes. 2nd ed. New<br />
York, NY: Oxford University Press Inc; 1997.<br />
Frank J, Cullen K. Preventing injury, illness and disability at work. Scand J Work Environ Health 2006;32(2):160-7.<br />
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Habicht JP, Victora CG, Vaughan JP. Evaluation designs for adequacy, plausibility and probability of public health<br />
programme performance and impact. Int J Epidemiol1999;28:10-18<br />
Rivara F P, Thompson DC. (Ed.) Systematic reviews of strategies to prevent occupational injuries. Am J Prev Med<br />
2000;18(4S)<br />
Rychetnik L, Frommer M, Hawe P, Shell A. Criteria for evaluating evidence on public health intervention. J Epidemiol<br />
Community Health 2002;56:119-127<br />
Shannon HS, Robson LS, Sale JEM. Creating safer and healthier workplaces: role of organizational factors and job<br />
characteristics. Am J Ind Med 2001; 40:319-34.<br />
Stout N, Linn H. From strategy to reality: 25 years of planning and progress in occupational injury research. Inj Prev<br />
2001;7;11-4.<br />
Stout N, Linn H. Occupational injury prevention research: progress and priorities. Inj Prev 2002;8;9-14.<br />
Stout N. The public health approach to occupational injury research: from surveillance to prevention. Safety Science<br />
2008;46:230-3.<br />
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Sessione parallela(1): Ambiente esterno1 -A-Aula Magna - 16 ottobre mattina<br />
EFFETTI SULLA SALUTE DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO<br />
Paolo Vineis<br />
Imperial College London<br />
L’imperial College ha creato un nuovo istituto (Grantham Institute for Climate Change), il cui obiettivo è lo<br />
sviluppo di ricerche multidisciplari sui diversi aspetti <strong>del</strong> cambiamento climatico, inclusa l’elaborazione di una<br />
politica di mitigazione e di adattamento <strong>del</strong>le popolazioni. L’istituto si avvale di tutti i Dipartimenti<br />
<strong>del</strong>l’Università e ha avviato una serie di ricerche sul campo (cfr. http://www3.imperial.ac.uk/climatechange). In<br />
quest’ambito è in corso di progettazione un’indagine sugli effetti sulla salute <strong>del</strong> cambiamento climatico in<br />
Bangladesh, uno dei paesi che saranno più affetti da questo problema. Il Bangladesh è stato scelto perché<br />
verosimilmente esso vedrà le manifestazioni più precoci <strong>del</strong> cambiamento climatico su scala planetaria. Questo<br />
paese – che già soffre di una vasta intossicazione collettiva da arsenico nei pozzi (che coinvolge circa 70<br />
milioni di persone) ha un’altezza media sul mare di soli 5 metri, si trova alla confluenza <strong>del</strong> più imponente<br />
sistema fluviale <strong>del</strong> mondo (Gange, Brahmaputra, Meghna), e soffrirà degli effetti sia <strong>del</strong>l’innalzamento <strong>del</strong><br />
livello <strong>del</strong> mare (4 mm per anno) sia <strong>del</strong>lo scioglimento dei ghiacciai <strong>del</strong>l’Himalaya (regressione di 20 metri<br />
per anno). Vi sono evidenze di un mutamento nella frequenza ed entità dei periodi di siccità e <strong>del</strong>le alluvioni in<br />
aree <strong>del</strong> Bangladesh. Tra i fenomeni sanitari attesi vi sono (a) cambiamenti nella diffusione di malattie infettive<br />
come malaria e colera; (b) salinizzazione <strong>del</strong>l’acqua potabile in un’ampia area costiera; (c) deplezione di<br />
micronutrienti nel terreno con conseguenti effetti sullo stato nutrizionale; (d) stress e problemi mentali legati<br />
alle alluvioni con conseguente migrazione di ampie popolazioni, promiscuità e seri problemi igienici. La<br />
ricerca che stiamo avviando riguarda la possibile relazione tra ipertensione ed eclampsia e salinità <strong>del</strong>l’acqua a<br />
Khulna, Dacope e dintorni, e la deplezione in micronutrienti nell’ambito <strong>del</strong>la vasta coorte assemblata a<br />
Araihazar per studiare gli effetti <strong>del</strong>l’arsenico.<br />
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Sessione parallela(1): Ambiente esterno1 -A-Aula Magna - 16 ottobre mattina<br />
ASSOCIAZIONE TRA VIVERE NELLE VICINANZE DI AZIENDE DEL LEGNO E<br />
SINTOMI RESPIRATORI E IRRITATIVI NEI BAMBINI: LO STUDIO DI VIADANA<br />
Marcon A 1 , Rava M 1 , Girardi P 1 , Cazzoletti L 1 , Pironi V 2 , Silocchi C 3 , Ricci P 2 e de Marco R 1<br />
1 Sezione di <strong>Epidemiologia</strong> e Statistica Medica, Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica, Università di<br />
Verona; 2 Osservatorio Epidemiologico ASL di Mantova; 3 Dipartimento di Prevenzione ASL di Mantova<br />
Introduzione. Il distretto di Viadana (MN) è il principale polo industriale italiano di produzione di pannello<br />
truciolare e compensato. Le aziende <strong>del</strong> settore emettono inquinanti aerodispersi, in particolare formaldeide e<br />
polveri di legno, che sono state classificate dalle agenzie internazionali come cancerogeni certi o presunti.<br />
Obiettivi. Valutare l’esistenza di un eccesso di rischio di patologie respiratorie o irritative e di un maggiore<br />
carico socio-assistenziale nei bambini che vivono in prossimità <strong>del</strong>le aziende <strong>del</strong> legno <strong>del</strong> distretto.<br />
Metodi. Nel dicembre 2006, a tutti i bambini di età 3-14 anni residenti nel distretto (n=3907) è stato<br />
consegnato un questionario destinato ai genitori, per rilevare l’indirizzo di residenza, informazioni sullo stato si<br />
salute, oltre che su potenziali confondenti (si vedano tabella e nota). Per ogni bambino sono stati calcolati dei<br />
punteggi (conteggio) per differenti tipologie di sintomi (si veda la tabella). Gli indirizzi <strong>del</strong>le abitazioni, <strong>del</strong>le<br />
scuole e <strong>del</strong>le aziende sono stati georeferenziati e sono state calcolate le distanze minime <strong>del</strong>la casa/<strong>del</strong>la scuola<br />
<strong>del</strong> bambino dalle fonti di emissione. Quattro <strong>del</strong>le 28 aziende <strong>del</strong> legno <strong>del</strong> distretto sono state considerate “ad<br />
alta emissione” di inquinanti (emissione in atmosfera >30 tonnellate/anno di formaldeide o aziende chimiche).<br />
Sono stati costruiti i seguenti indicatori quantitativi di esposizione: 1) la “distanza minima pesata” dalle fonti di<br />
emissione (media pesata <strong>del</strong>le distanze minime <strong>del</strong>la casa/<strong>del</strong>la scuola dalle fonti di emissione); 2) il “numero<br />
pesato” di fonti, (media pesata <strong>del</strong> numero di aziende entro 2 km dalla casa/dalla scuola); 3) il numero pesato di<br />
fonti ad alta emissione; utilizzando come pesi il tempo trascorso approssimativamente a casa (16 ore) e a scuola<br />
(8 ore) dai bambini. La relazione tra gli score di sintomi (o il carico socio-assistenziale) e gli indicatori di<br />
esposizione ad inquinanti è stata valutata mediante mo<strong>del</strong>li di regressione binomiale negativa (o mo<strong>del</strong>li<br />
logistici), correggendo per i potenziali confondenti.<br />
Risultati. Sono stati raccolti 3854 questionari (risposta = 99%). Ad eccezione dei sintomi cutanei (tabella), tutti<br />
gli score e gli indicatori di carico socio-assistenziale analizzati tendono a diminuire all’aumentare <strong>del</strong>la distanza<br />
dalle fonti di emissione e ad aumentare con il numero di aziende nel raggio di 2km (“effetto dose-risposta”).<br />
L’associazione con il numero di aziende entro 2 km è ancora più marcata se si considerano solamente le fonti<br />
ad alta emissione di inquinanti.<br />
Conclusioni. Lo studio ha evidenziato che i bambini che vivono nelle vicinanze <strong>del</strong>le aziende <strong>del</strong> legno hanno<br />
un significativo e sostanziale eccesso di rischio di sintomi respiratori e irritativi <strong>del</strong> naso, <strong>del</strong>la gola, <strong>del</strong>la bocca<br />
e degli occhi, verosimilmente dovuto agli inquinanti emessi dalle aziende, in particolare da quelle classificate<br />
ad alta emissione. I risultati <strong>del</strong>lo studio indicano la necessità di un monitoraggio <strong>del</strong>le condizioni di salute<br />
<strong>del</strong>la popolazione esposta e di interventi per una riduzione consistente <strong>del</strong>le emissioni di queste aziende.<br />
Distanza minima<br />
pesata (km)<br />
Numero pesato fonti<br />
di emissione<br />
Numero pesato fonti ad<br />
alta emissione<br />
OR (IC 95%)†<br />
per l’incremento di<br />
1km<br />
OR (IC 95%)†<br />
per l’incremento di 1<br />
fonte a
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Sessione parallela(1): Ambiente esterno1 -A-Aula Magna - 16 ottobre mattina<br />
REVISIONE DI LETTERATURA DEGLI EFFETTI DELLE ONDATE DI CALORE<br />
Martiello M.A. (1) , Baldasseroni A. (2) , Buiatti E. (3) , Giacchi M. (1).<br />
(1) Centro Ricerche Educazione e Promozione <strong>del</strong>la Salute, Università di Siena, (2) SA di <strong>Epidemiologia</strong>, AUSL<br />
di Firenze, (3) Osservatorio di <strong>Epidemiologia</strong>, Agenzia Regionale di Sanità <strong>del</strong>la Toscana<br />
Introduzione. Il cambiamento climatico, caratterizzato dall'incremento <strong>del</strong>le temperature medie e dalla<br />
maggior frequenza degli episodi estremi, potrebbe condizionare negativamente la salute attraverso numerose e<br />
complesse vie dovute a sostanziali alterazioni <strong>del</strong>l`ambiente fisico e sociale. Gli effetti sulla salute più semplici<br />
da quantificare nelle popolazioni e nei gruppi a rischio sono rappresentati dagli effetti diretti degli eccessi di<br />
calore.<br />
Obiettivi. L’obiettivo <strong>del</strong>la ricerca era rispondere alle domande “Esistono prove epidemiologiche <strong>del</strong>la<br />
relazione tra ondate di calore (esposizione) ed effetti sulla salute in termini di eccessi di mortalità e/o morbosità<br />
(esito) nella popolazione generale (popolazione) Quali sono i disegni di studio (tipo di studio) ed i confronti<br />
(confronto) usati Quali i possibili fattori di confondimento considerati Quali i fattori di rischio e di protezione<br />
individuali e ambientali”<br />
Metodi. La ricerca veniva effettuata in PubMed con l’impiego <strong>del</strong>le parole chiave ottenute dal vocabolario<br />
MeSH “Heat/adverse effects” [MAJR] OR “Heat Stress Disorders/epidemiology” [MAJR] OR “Heat Stress<br />
Disorders/mortality” [MAJR] OR “Heat Stress Disorders/prevention and control” [MAJR] ed inserendo i limiti<br />
“Human”, “Italian”, “English”. Inoltre veniva condotta la ricerca libera <strong>del</strong> termine “Heat wave”. Sono stati<br />
individuati 1487 articoli potenzialmante rilevanti da cui sono stati selezionati 92 articoli e documenti<br />
utilizzando anche la bibliografia citata degli articoli selzionati.<br />
Risultati. Un notevole numero di studi, specie descrittivi e serie temporali, sembrano indicare un impatto <strong>del</strong>le<br />
ondate di calore in termini di mortalità e morbosità. Gli studi effettuati in occasione <strong>del</strong>l’ondata di calore in<br />
Europa nell`agosto 2003 sembrano escludere che l’ipotesi “morti anticipate” possa spiegare gli eccessi<br />
riscontrati, se non in misura <strong>del</strong> tutto limitata o forse particolarmente in occasioni di episodi di calore di breve<br />
durata. La possibilitá di un confondimento, anche sostanziale, <strong>del</strong>l’ozono non risulta definitivamente esclusa e<br />
pertanto sembrano necessari ulteriori studi. Le persone a maggior rischio sono gli anziani, le persone con<br />
patologie preesistenti, le persone che vivono sole, nell'“isola di calore urbana”, con basso reddito.<br />
Conclusioni. Risulta difficile produrre previsioni attendibili sulle conseguenze future nelle popolazioni in<br />
ragione <strong>del</strong>le numerose variabili in gioco e <strong>del</strong>le possibili contromisure. Ad esempio gli effetti <strong>del</strong> calore<br />
potrebbero essere accentuati dall`aumento <strong>del</strong>la frazione di persone più fragili dovuto al progressivo<br />
invecchiamento <strong>del</strong>la popolazione (specie nei paesi industrializzati), o dall’aumento <strong>del</strong>la proporzione di<br />
persone che vivono nell’isola di calore urbana per la crescente urbanizzazione (specie nei paesi in via di<br />
sviluppo). D’altra parte alcuni dati sembrano mostrare che le popolazioni hanno presentano la capacità di<br />
adattarsi alle nuove temperature, infatti sebbene negli ultimi decenni la temperatura è aumentata gli effetti <strong>del</strong><br />
calore sembrano diminuiti. Strategie complessive per la prevenzione <strong>del</strong>le conseguenze <strong>del</strong> cambiamento<br />
climatico sulla salute <strong>del</strong>le popolazioni comprendono politiche quali riduzione <strong>del</strong>le emissioni, ottimizzazione<br />
<strong>del</strong>l’uso di energia, educazione ambientale, opportune misure di pianificazione urbana, isolamento termico<br />
degli edifici, sorveglianza epidemiologica, miglioraramento <strong>del</strong>le condizioni generali di salute <strong>del</strong>le persone a<br />
rischio (anche attraverso l’esercizio fisico regolare), nuovo ruolo <strong>del</strong>l’anziano nella società, maggiore equità<br />
sociale.<br />
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INDAGINE EPIDEMIOLOGICA SULL’AREA CIRCOSTANTE LA ZONA INDUSTRIALE<br />
UDINESE<br />
Castriotta L*, Barbone F*#, Rosolen V#, Deroma L#, Serraino D§, Acchiardi F†, Brianti G†, Lagazio C#,<br />
Zamaro G†.<br />
*Azienda Ospedaliero-Universitaria “Santa Maria <strong>del</strong>la Misericordia” di Udine; #Università degli Studi di<br />
Udine, †Azienda per i Servizi Sanitari n°4 “Medio Friuli”; §Registro Tumori <strong>del</strong> Friuli Venezia Giulia –<br />
Centro di Riferimento Oncologico di Aviano (PN).<br />
Introduzione. Diversi studi hanno descritto lo stato di salute di popolazioni residenti esposte a inquinamento di origine<br />
industriale. Per specifici siti industriali sono stati spesso osservati importanti eccessi per specifiche cause di morte o<br />
patologie ma le interpretazioni in senso causale degli eccessi di rischio rilevati sono difficili e discordi.<br />
Obiettivi. Per valutare le condizioni di salute dei residenti presso l’area industriale situata a sud di Udine è stata condotta in<br />
collaborazione con le istituzioni locali un’indagine epidemiologica che ha come scopo, nella sua parte descrittiva, lo studio<br />
dei tassi di mortalità, relativamente al decennio 1995-2004, per patologie cardiovascolari, respiratorie e tumorali ed in<br />
seconda battuta, lo studio dei tassi di incidenza di patologie tumorali tra il 1995 ed il 2003. In particolare, tramite il test di<br />
Stone, si è studiata l’eventuale presenza di un gradiente “rischio-distanza” a partire dalla sorgente puntiforme.<br />
Materiali. L’area di interesse è stata identificata costruendo un cerchio, avente raggio di 5 km e come centro, il baricentro<br />
<strong>del</strong> principale insediamento produttivo, un’acciaieria. All’acciaieria è stato assegnato il valore di georeferenziazione,<br />
secondo la proiezione di Gauss-Boaga e sono stati individuati comuni e frazioni che insistono all’interno <strong>del</strong>l’area stessa e<br />
la popolazione oggetto di studio. I dati geografici georeferenziati ed anagrafici, <strong>del</strong> decennio 1995-2004, sono stati forniti<br />
dai Comuni. Le schede di morte e i dati di incidenza <strong>del</strong>le neoplasie, sono stati forniti rispettivamente dall’ASS4 e dal<br />
Registro Tumori regionale. Sono stati calcolati i tassi di mortalità, <strong>del</strong> decennio 1995-2004, per tutte le cause, cause<br />
naturali, patologie cardiovascolari, respiratorie, tumorali, neoplasie di trachea-bronchi-polmoni, <strong>del</strong> sistema linfatico ed<br />
ematopoietico, <strong>del</strong>la laringe, <strong>del</strong>la pleura, e <strong>del</strong>la vescica. In seguito, per le stesse neoplasie, sono stati calcolati i tassi di<br />
incidenza. L’area oggetto di studio è stata suddivisa in 8 sottoaree concentriche e la popolazione distribuita a seconda <strong>del</strong>le<br />
coordinate di georeferenziazione. I tassi sono stati utilizzati per la standardizzazione interna e la stima dei casi attesi, al fine<br />
di applicare il test di Stone. Il test è stato applicato considerando tutta l’area nel complesso e focalizzandosi sul settore di<br />
sud-ovest, quello interessato dai venti prevalenti.<br />
Risultati. Per i decessi per neoplasie <strong>del</strong> polmone, nel settore di sud-ovest eseguito sul campione non stratificato per sesso,<br />
il test di Stone restituisce valori statisticamente significativi in entrambe le statistiche test: test sul massimo SMR (p=0,03) e<br />
rapporto di verosimiglianza (p=0,04). La tabella mostra gli SMR calcolati. Per quanto concerne l’incidenza <strong>del</strong>le neoplasie<br />
<strong>del</strong> polmone nel periodo 1995-2003, il test di Stone appare sovrapponibile al test sulla mortalità, benchè i casi osservati<br />
siano inferiori ed il solo test sul massimo SIR presenti un valore prossimo alla significatività (p=0,052).<br />
Conclusioni. L’utilizzo <strong>del</strong>la georeferenziazione per l’esatto calcolo <strong>del</strong>la distanza dalla sorgente puntiforme ha fornito<br />
risultati suggestivi sull’impatto sulla salute prodotto dall’emissioni inquinanti che derivano dalla Zona Industriale Udinese<br />
che saranno approfonditi nelle successive fasi analitiche <strong>del</strong>l’indagine.<br />
Tab. Test di Stone su decessi per neoplasie di trachea-bornchi-polmoni.<br />
Campione non stratificato per sesso. Settore di sud-ovest<br />
Isotonic regression Single bands Cumulated values<br />
Ord. Bands SMR OBS EXP SMR OBS EXP SMR<br />
1 0.0 - 1.5 1.77 4 2.26 1.77 4 2.26 1.77<br />
2 1.5 - 2.0 1.57 4 2.55 1.57 8 4.82 1.66<br />
3 2.0 - 2.5 1.11 2 1.81 1.11 10 6.62 1.51<br />
4 2.5 - 3.0 0.41 0 1.88 0.00 10 8.50 1.18<br />
5 3.0 - 3.5 0.41 2 4.91 0.41 12 13.41 0.90<br />
6 3.5 - 4.0 0.41 2 3.54 0.56 14 16.95 0.83<br />
7 4.0 - 4.5 0.41 0 0.28 0.00 14 17.23 0.81<br />
8 4.5 -***** 0.41 1 1.55 0.64 15 18.79 0.80<br />
[Il testo e/o le figure sono state ridotte perché debordanti dal formato previsto per gli abstract]<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(1): Ambiente esterno1 -A-Aula Magna - 16 ottobre mattina<br />
ESPOSIZIONE PERINATALE E RECENTE A MERCURIO E SVILUPPO<br />
NEUROPSICOLOGICO A 7 ANNI IN UNA COORTE DI BAMBINI DEL FRIULI VENEZIA<br />
GIULIA<br />
Parpinel M*, Valent F*, Channoufi L*, Castiglione F*, Tognin V*, Mazej D , Horvat M , Little D*, Barbone F*<br />
*Cattedra di Igiene ed <strong>Epidemiologia</strong>, DPMSC, Università di Udine, Jožef Stefan Institute, Ljubljana<br />
Introduzione. I pesci predatori risultano essere la fonte più importante di mercurio per l’organismo umano ma<br />
non esistono attualmente conclusioni inequivocabili nella descrizione <strong>del</strong>la curva dose-risposta soprattutto<br />
relativamente all’ingestione di dosi di mercurio inferiori a 10 mg/kg. L‘Organizzazione Mondiale <strong>del</strong>la Sanità<br />
ha indicato un rischio <strong>del</strong> 5% di effetti minimi nella prole associato a un livello di mercurio totale (THg) nei<br />
capelli materni di 10-20 parti per milione (ppm). Studi ambientali compiuti nelle lagune di Marano e Grado<br />
(1976-1996) hanno evidenziato un inquinamento da mercurio proveniente dagli insediamenti industriali e dalla<br />
miniera di Idrija (Slovenia)<br />
Obiettivi. L’obiettivo di questo lavoro è presentare lo stato attuale <strong>del</strong> follow-up relativo ad una coorte di<br />
coppie madre/bambino arruolate nel periodo 1999-2001 nell’ambito di un progetto finalizzato ad indagare<br />
l’esposizione pre-natale a mercurio in due popolazioni friulane rispettivamente a elevato e a basso consumo di<br />
pesce.<br />
Metodi. 242 coppie madre/bambino, studiate a livello perinatale, sono ricontattate dopo 7 anni e lo sviluppo<br />
neuro-psicologico <strong>del</strong> bambino viene rivalutato in relazione a diversi aspetti <strong>del</strong>le sue abitudini. Un campione<br />
dei capelli <strong>del</strong> bambino è raccolto nuovamente per la determinazione dei livelli di mercurio e un questionario<br />
compilato dalla madre viene utilizzato per le altre valutazioni (stile di vita, dieta, esposizioni ambientali). Lo<br />
sviluppo neurologico e psicologico dei bambini è accertata secondo una serie di valutazioni cognitive e<br />
comportamentali: NEPSY, Wechsler Intelligence Scale for Children–III, Movement Assessment Battery for<br />
Children, Prove di Lettura MT e Child Behaviour Check-List.<br />
Il contatto avviene a partire dai recapiti forniti al momento <strong>del</strong>la nascita, previo controllo presso i Comuni di<br />
residenza e una verifica dei recapiti telefonici. A tutte le famiglie è stata inviata una lettera in cui si<br />
comunicavano le finalità <strong>del</strong>lo studio e se ne chiedeva l’adesione. Una volta ottenuta, i test vengono<br />
somministrati da personale addestrato nei Comuni di residenza (scuole, biblioteche, centri ricreativi, a casa), e<br />
la madre compila il questionario. Come per le analisi alla nascita, il contenuto di THg nei capelli viene<br />
analizzato da un laboratorio internazionale accreditato (Institut Jožef Stefan, Ljubljana).<br />
Risultati. Al 1° luglio 2008, 140 famiglie hanno accettato di partecipare alla studio, e di queste 133 hanno già<br />
completato tutti i test, 21 famiglie attualmente non sono ancora state raggiunte per un primo contatto (indirizzo<br />
errato, numeri di telefoni sbagliati o non più validi) e 56 famiglie hanno rifiutato di partecipare allo studio.<br />
Delle rimanenti 35 famiglie, alcune risultano trasferite in altra regione o stato (n=5), altre hanno posticipato la<br />
decisione di partecipare allo studio con diverse motivazioni (vacanze, campi scuola, impossibilità dei genitori<br />
per motivi di lavoro) e verranno ricontattate durante l’estate. THg nei capelli materni misurati alla nascita e<br />
THg nei capelli <strong>del</strong> bambino a 7 anni sono correlati (r = 0.44; p
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(1): Ambiente esterno2 -B-Aula Scienze - 16 ottobre mattina<br />
POLICLOROBIFENILI E ORMONI TIROIDEI IN RESIDENTI A BRESCIA: STUDIO DI<br />
POPOLAZIONE<br />
1 Zani C., 1 Donato F., 1 Covolo L., 3 Magoni M., 1 Gelatti U., 2 Bergonzi R., 2 Apostoli P., 3 Speziani F.,<br />
3 Vassallo F., 3 Scarcella C.<br />
1 Sezione di Igiene, <strong>Epidemiologia</strong> e Sanità Pubblica; Dipartimento di Medicina Sperimentale ed Applicata,<br />
Università degli Studi di Brescia, 2 Sezione di Medicina <strong>del</strong> Lavoro e Igiene Industriale; Dipartimento di<br />
Medicina Sperimentale ed Applicata, Università degli Studi di Brescia, 3 Azienda Sanitaria Locale di Brescia<br />
Introduzione. Nella città di Brescia, alcune aree attorno ad una fabbrica che produceva policlorobifenili (PCB)<br />
dagli anni ’30 fino agli anni ‘80 risultano fortemente contaminate da questi composti. L’esposizione maggiore<br />
si è riscontrata in soggetti residenti nelle aree limitrofe alla fabbrica che avevano consumato prodotti agricoli<br />
coltivati in loco e carni, uova, latte e formaggi prodotti da animali allevati nelle stesse aree. Questi soggetti<br />
presentavano elevate concentrazioni di PCB nel siero, fino a 13 volte superiori al valore di riferimento per le<br />
zone industrializzate in Italia (SIVR, 2005). I PCB comprendono 209 congeneri, con caratteristiche chimicofisiche<br />
diverse in relazione a numero e posizione degli atomi di cloro nella molecola. Alcuni congeneri, per le<br />
loro caratteristiche chimiche, possono interagire con gli ormoni tiroidei, interferendo con la loro regolazione e<br />
azione. I PCB possono essere inoltre raggruppati in gruppi funzionali con diversa attività specifica: attività<br />
estrogenica (PCB28, PCB52 e PCB153); attività anti-estrogenica (PCB170, PCB180 e PCB194); attività<br />
immunotossica (PCB138; PCB 153 e PCB180) e simulazione <strong>del</strong>l’azione <strong>del</strong> Phenobarbital (PCB101, PCB153,<br />
PCB180 e PCB194) in accordo con Cocco et al. (2007).<br />
Obiettivi. Individuare un’associazione tra livelli sierici di PCB totali, <strong>del</strong> congenere 153 e di diversi gruppi<br />
funzionali, e la concentrazione ematica di ormoni tiroidei e presenza di malattie tiroidee in soggetti adulti<br />
residenti a Brescia.<br />
Metodi. Sono stati arruolati 527 soggetti, che sono stati intervistati per le caratteristiche demografiche, la storia<br />
lavorativa, residenziale e alimentare e le abitudini di vita. E’ stato chiesto inoltre se soffrissero o avevano<br />
sofferto in passato di patologie, in particolare quelle tiroidee. A tutti i soggetti è stato fatto un prelievo di<br />
sangue a digiuno e una misurazione di altezza e peso. Sul sangue sono stati dosati 24 congeneri di PCB,<br />
mediante gascromatografia HP6890N associata a MSD-HP e la loro concentrazione sierica è stata aggiustata<br />
per i livelli sierici dei lipidi totali, basandosi sulla formula di Phillips (1989). La determinazione dei livelli di<br />
triiodiotironina libera e totale (FT3 e TT3), tiroxina libera e totale (FT4 e TT4), di tireotropina (TSH), dei<br />
livelli degli anticorpi anti-tireoglobulina (anti-TGA) e anti-tireoperossidasi (anti-TPO) è stata ottenuta mediante<br />
kit immunometrici di determinazione basati sulla chemioluminescenza. E’ stata analizzata la proporzione di<br />
soggetti con malattia tiroidea per quartini <strong>del</strong>la distribuzione dei livelli sierici di PCB totali, PCB153 e di<br />
quattro gruppi funzionali di PCB. Si è inoltre valutato se le concentrazioni degli ormoni tiroidei fossero<br />
correlate alle concentrazioni di PCB totali e <strong>del</strong> PCB153 mediante l’analisi <strong>del</strong>la varianza. Sono stati utilizzati<br />
anche mo<strong>del</strong>li di regressione lineare multipla per studiare la relazione tra PCB e ormoni tiroidei aggiustando<br />
per sesso, età e BMI.<br />
Risultati. Una debole relazione inversa è stata trovata tra la concentrazione dei PCB totali e i valori di FT3 (r<br />
di Spearman = -0.09) e sia tra i PCB totali e il congenere 153 con i valori di TSH (r = -0.16 e = -0.12,<br />
rispettivamente).<br />
Tuttavia, l’analisi <strong>del</strong>la regressione multipla, considerando l’FT3 e il TSH come variabili dipendenti e la<br />
concentrazione di PCB totali e <strong>del</strong> congenere 153 come variabili indipendenti, mostra una debole associazione<br />
positiva sia dei PCB totali che <strong>del</strong> PCB153 con i livelli sierici <strong>del</strong>l’FT3 e nessuna associazione con il TSH.<br />
Conclusioni. I risultati <strong>del</strong>lo studio condotto su di una popolazione residente in un’area fortemente contaminata<br />
da PCB, non supportano l’ipotesi che esposizioni ambientali rilevanti a PCB inducano alterazioni sostanziali<br />
<strong>del</strong>la funzione tiroidea nei soggetti adulti.<br />
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Sessione parallela(1): Ambiente esterno2 -B-Aula Scienze - 16 ottobre mattina<br />
PATOLOGIE RESPIRATORIE TRA I BAMBINI IN ETA’ PRESCOLARE: ANALISI<br />
GEOGRAFICA DEL PRIMO RICOVERO, PISA, 1998-2004<br />
Bustaffa Elisa 1 , Minichilli Fabrizio 1 , Protti Maria Angela 1 , Bonfanti Marina 2 , Bellone Gioacchino 3 ,<br />
Vigotti Maria Angela 14<br />
1 Istituto di Fisiologia Clinica, CNR-Pisa, 2 Esercizio Informatico Territoriale, Comune-Pisa, 3 Sistema<br />
Informativo, ASL-Pisa, 4 Dipartimento di Biologia, Universita’ di Pisa<br />
Obiettivo. Evidenziare la eventuale presenza di cluster spaziale di casi per patologie respiratorie tra i bambini<br />
in età prescolare, residenti a Pisa negli anni 1998-2004. L’analisi presentata costituisce il primo stadio di uno<br />
studio più ampio che vuole esaminare l’eventuale associazione tra l’insorgenza di patologie respiratorie nei<br />
bambini e la residenza in strade o zone con elevati livelli di inquinamento <strong>del</strong>l’aria.<br />
Metodi. I dati provengono dal Sistema Epidemiologico Integrato (SEI), realizzato a Pisa, che include dati<br />
anagrafici, sanitari, ambientali georeferenziati. I casi sono costituiti dai bambini di età compresa tra i 7 giorni<br />
(per escludere i ricoveri per patologie perinatali) e i 1825 giorni (5 anni). Successivamente è stato selezionato il<br />
primo ricovero che presentava come diagnosi principale una patologia respiratoria. Per ogni caso sono stati<br />
selezionati 5 controlli appaiati per sesso, classe di età e stesso anno di ricovero. I controlli sono stati selezionati<br />
tra i bambini residenti mai ricoverati.<br />
Cause esaminate (ICD.9): “Malattie <strong>del</strong>l’apparato respiratorio” (460-519), “Sintomi relativi all’apparato<br />
respiratorio ed altri sintomi toracici”, (786) escludendo le “Altre malattie <strong>del</strong>l’apparato respiratorio” (470-478)<br />
e la “Influenza”. (487).<br />
Per la individuazione dei cluster è stato utilizzato il metodo SaTScan, di Kulldorff (1997) su tutto il territorio<br />
<strong>del</strong> Comune di Pisa, le analisi sono state condotte anche per sesso e per due classi di eta’(0-2 e 3-5 anni)<br />
Risultati. Il dataset <strong>del</strong>l’analisi è costituito da 535 casi e 2675 controlli. 396 casi sono sotto i due anni di età e<br />
139 sono maschi. Il tasso di incidenza <strong>del</strong> primo ricovero per patologia respiratoria decresce negli anni in tutte<br />
le Circoscrizioni, ma nella Circoscrizione 1 (litorale pisano) risulta sempre più alto rispetto alle altre,<br />
nonostante l’andamento <strong>del</strong>la popolazione sia leggermente decrescente. Sono stati identificati i seguenti cluster<br />
significativi: Ospedaletto, zona industriale a sud-ovest di Pisa (n. casi 6; RR=6,09; P=0,075; maschi 0-3 anni) e<br />
Gagno, nord di Pisa (n. casi 11; RR=4,538; P=0,037; maschi 0-3 anni); Coltano zona agricola a sud di Pisa (n.<br />
casi 8; RR=6,314; P=0,007; femmine 0-3 anni); Tirrenia, litorale pisano (n. casi 8; RR=6,076; P=0,009; maschi<br />
+ femmine di 3-5 anni).Sono stati esplorati gli aspetti socio-economici dei cluster identificati, utilizzando i dati<br />
ISTAT, con le sezioni di censimento al 2001. Rispetto ai valori medi di Pisa, le aree dei cluster presentano una<br />
popolazione con alta % di persone con bassa istruzione, di disoccupati, di famiglie unigenitoriali con figli<br />
dipendenti. Coltano e Tirrenia presentano un alto numero di persone per stanza e maggiori mq/ persona<br />
(abitazioni datate, con grandi stanze occupate da molte persone). Infine i mo<strong>del</strong>li di diffusione degli inquinanti<br />
provenienti dal polo industriale di Livorno, prodotti dall’ARPAT mostrano una diffusione alquanto suggestiva<br />
degli inquinanti proprio sulla zona a sud <strong>del</strong> comune che include anche il litorale.<br />
Conclusioni. E’ la prima volta che viene condotto uno studio di questo genere basato sui sistemi elettronici<br />
integrati di flussi sanitari e demografici di cui e’ stata completata anche la validazione di qualità. I cluster<br />
significativi sono stati individuati nelle zone periferiche mentre nel centro urbano la distribuzione dei ricoveri<br />
risulta omogenea, verosimilmente a causa <strong>del</strong>la elevata densita’ di popolazione e la omogenea esposizione ad<br />
inquinanti; occorrerà quindi effettuare una analisi piu’ mirata. Dovrà essere approfondito sia il ruolo di<br />
confondimento giocato dai fattori socio-economici sia il ruolo degli andamenti giornalieri degli inquinanti<br />
provenienti dal polo di Livorno. I risultati sono interessanti e promettenti, in quanto offrono validi spunti per<br />
ulteriori approfondimenti in particolar modo di tipo ambientale.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(1): Ambiente esterno2 -B-Aula Scienze - 16 ottobre mattina<br />
EPIDEMIOLOGIA AMBIENTALE E STRATEGIE DI PREVENZIONE PER LA<br />
COMUNITÀ E GLI INDIVIDUI<br />
Fabrizio Bianchi 1 e Pietro Comba 2<br />
1 Sezione di <strong>Epidemiologia</strong>, Istituto di Fisiologia Clinica <strong>del</strong> CNR, Pisa, 2 Reparto di <strong>Epidemiologia</strong> Ambientale,<br />
Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore di Sanità, Roma<br />
1. Introduzione. A titolo di premessa riteniamo utile ripartire dalle definizioni di Ambiente, <strong>Epidemiologia</strong><br />
ambientale e Prevenzione riportate dal Dizionario di <strong>Epidemiologia</strong> (Last 2001) e qualche considerazione in<br />
proposito.<br />
Ambiente: tutto quanto è esterno all’individuo umano ospite. Può essere diviso in fisico, biologico, sociale,<br />
culturale, etc. ciascuno dei quali o tutti possono influenzare lo stato di salute di popolazioni. La definizione di<br />
ambiente include il concetto che sta alla base <strong>del</strong>l’epidemiologia ambientale: l’uomo è ospite e al contempo<br />
l’accezione va allo stato di salute di popolazione. Tale sostrato permea la definizione stessa di <strong>Epidemiologia</strong><br />
ambientale, ed è centrale nella misura in cui la affranca da riduzionismo ed anche individualismo (‘tendenza a<br />
sostenere e a far prevalere le esigenze individuali rispetto a quelle collettive’, De Mauro, Il dizionario <strong>del</strong>la<br />
lingua italiana).<br />
<strong>Epidemiologia</strong> Ambientale lo studio di popolazione degli effetti sulla salute di esposizioni a agenti fisici,<br />
chimici e biologici esterni al corpo umano, e di fattori collegati di tipo sociale, economico e culturale, recenti e<br />
remoti (es. urbanizzazione, sviluppo agricolo, produzione/combustione energia). Attraverso lo studio di<br />
popolazioni in differenti circostanze di esposizione, l’epidemiologo ambientale punta a chiarire le relazioni tra<br />
agenti esogeni e/o fattori socioeconomici correlati e salute. Il riconoscimento di rischi per la salute dovuti a<br />
cambiamenti ambientali globali e sconvolgimenti ecologici, spesso attraverso vie indirette, ha aggiunto una<br />
ulteriore dimensione a questo campo di indagine. Lo studio di popolazioni in differenti circostanze di<br />
esposizione rappresenta al contempo l’obiettivo e il metodo per raggiungerlo; la capacità di individuare le<br />
popolazioni esposte a differenti livelli di agenti ambientali è il fulcro necessario per ‘risolvere’ il problema ma<br />
non è sufficiente, in quanto queste popolazioni sono immerse in un ambiente fisico, biologico, sociale e<br />
culturale, <strong>del</strong> quale bisogna tenere conto. L’<strong>Epidemiologia</strong> ambientale si trova quindi a dover operare in modo<br />
contestualizzato (Krieger 2001) su relazioni causali ad eziologia multifattoriale, con un approccio limitato dal<br />
suo stesso statuto di disciplina osservazionale e dal mo<strong>del</strong>lo probabilistico, non deterministico, che adotta.<br />
Prevenzione: azione mirata ad eradicare, eliminare o minimizzare l’impatto di malattia e disabilità o, ove<br />
nessuna di queste sia possibile, ritardare la loro progressione. Il concetto di Prevenzione è meglio definito nel<br />
contesto di livelli, tradizionalmente definiti come P. primaria, secondaria o terziaria. Un quarto livello<br />
aggiunto più di recente, chiamato P. primordiale, in termini epidemiologici aspira a stabilire e mantenere<br />
condizioni che minimizzino i pericoli per la salute, mentre l’obiettivo <strong>del</strong>la P. primaria è di ridurre l’incidenza<br />
di malattia, <strong>del</strong>la P. secondaria di ridurre la prevalenza di malattia mediante una sua abbreviazione di durata,<br />
<strong>del</strong>la P. terziaria di ridurre il numero e/o l’impatto <strong>del</strong>le complicanze. La P. primordiale consiste di azioni e<br />
misure che inibiscono l’emergere ed il costituirsi di condizioni ambientali, economiche, sociali, culturali e<br />
comportamentali per le quali sia riconosciuto un rischio per la salute. Questo è il compito <strong>del</strong>la Sanità<br />
pubblica e <strong>del</strong>la Promozione di salute. Si segnala l’importanza di includere la P. primordiale nell’orizzonte<br />
<strong>del</strong>l’<strong>Epidemiologia</strong> ambientale, in quanto produttrice di risultati utili a stabilire e mantenere condizioni che<br />
minimizzino i pericoli per la salute; di porre al centro <strong>del</strong>l’<strong>Epidemiologia</strong> ambientale la capacità di incidere in<br />
termini di P. primaria e di non sottostimare le possibili ricadute indirette in termini di P. secondaria e terziaria;<br />
dunque una disciplina che guarda tutto il complesso <strong>del</strong>la sanità pubblica. Sul tema <strong>del</strong>la definizione di<br />
ambiente e di agente/causa ambientale e sulle implicazioni per la sanità pubblica, recentemente è stato<br />
evidenziato che “non è solo e tanto un problema semantico ma porta implicazioni per la forma <strong>del</strong>le azioni<br />
preventive, se centrate sull’ambiente materiale e sociale o sul singolo individuo” (Saracci 2007).<br />
2. Principali rischi per la salute di origine ambientale<br />
Un contributo per valutare l’impatto sulla salute <strong>del</strong>le esposizioni ambientali, tenendo conto <strong>del</strong>le stime di<br />
rischio prodotte dagli studi epidemiologici e <strong>del</strong>le proporzioni di popolazione esposta agli agenti in esame, è<br />
stato proposto da alcuni ricercatori <strong>del</strong>l’OMS (Prüss-Üstün & Corvalan 2006, Prüss-Üstün 2008).<br />
Considerando 85 malattie o gruppi di malattie e otto classi di fattori ambientali essi hanno suggerito che circa il<br />
20% dei casi di tumore, a livello mondiale, siano ascrivibili a esposizioni ambientali, mentre la corrispondente<br />
stima per le esposizioni ad agenti inquinanti d’aria, acqua e suolo sarebbe <strong>del</strong> 5%. L’ampio dibattito che ha<br />
accompagnato la pubblicazione di queste stime ha consentito di chiarire numerosi aspetti di sicura rilevanza<br />
metodologica e applicativa (Boffetta 2007, Saracci 2007). Una <strong>del</strong>le conclusioni di Saracci e Vineis è che la<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
proporzione di malattie attribuibili all’ambiente è una misura potenzialmente soggetta a errata interpretazione e<br />
comunque <strong>del</strong>icata da interpretare in ragione <strong>del</strong> fatto che, anche in situazioni di associazione ben stabilita, essa<br />
dipende dal contesto più di altre misure di rischio assolute e relative.<br />
3. Ruolo <strong>del</strong>l’epidemiologia ambientale per la prevenzione<br />
A fronte di una definizione ampia di <strong>Epidemiologia</strong> (Last 2001) esistono visioni più limitate che, pur non<br />
attribuendole il solo scopo di provare la relazione causa-effetto, si ‘limitano’ ad acquisire conoscenze sui<br />
determinanti e sulla distribuzione <strong>del</strong>le malattie e ad applicare queste conoscenze per migliorare la salute<br />
pubblica (Weed 2002). In tale accezione la questione chiave è quanta e quali tipi di evidenza siano sufficienti<br />
per decidere azioni di sanità pubblica, in particolare di prevenzione. Descrivere i fenomeni e identificare le<br />
cause sono condizioni necessarie ma non sufficienti a incidere su quei fenomeni e su quelle cause: pensare a<br />
una prevenzione basata su un trasferimento automatico <strong>del</strong>le prove non solo è irrealistico ma è anche riduttivo,<br />
poiché è innegabile che sulle decisioni agiscono molteplici elementi. L’attività di ricerca scientifica tesa a<br />
rafforzare le conoscenze producendo risultati il più possibile a prova di falsificazione, passa attraverso la prova<br />
di robustezza <strong>del</strong>l’ipotesi nulla e <strong>del</strong>l’ipotesi alternativa, ponendo attenzione alla distinzione tra la ripetizione di<br />
molti test per saggiare la stessa ipotesi nulla e il saggiare molte ipotesi nulle differenti. La consapevolezza di<br />
ciò è cruciale per proteggersi da operazioni di falsificazione <strong>del</strong>l’ipotesi usando altre ipotesi (Catelan 2007,<br />
Benjamini 1995).<br />
4. Prevenzione e sanità pubblica<br />
Nell’epoca <strong>del</strong>la biomedicina tecnologica, predittiva e curativa, i rischi principali per la prevenzione sono da<br />
una parte di essere relegata nel dibattito ideologico con conseguente allontanamento dall’ambito scientifico e<br />
dal processo di azione, dall’altra di essere assimilata all’attuale impostazione prevalente rivolta all’individuo<br />
per modificarne abitudini e tratti genetici. L’epidemiologia dei fattori di rischio è stata prevalentemente<br />
declinata a supporto di ipotesi causali riduzioniste per lo studio <strong>del</strong> ruolo dei geni e degli stili di vita<br />
individuali, a sfavore <strong>del</strong>le complesse interazioni con le condizioni materiali in cui l’essere umano è immerso<br />
(Krieger 2001). Lo spostamento <strong>del</strong>l’interesse prevalente sull’individuo, nelle scienze biomediche ha prodotto<br />
una scomposizione <strong>del</strong>l’essere umano in meccanismi fisiologici, cellule, geni, molecole. L’approccio subindividuale<br />
interviene con farmaci o terapie geniche mirate, spesso sprovviste di adeguate prove di efficacia,<br />
promette di sviluppare soluzioni in tempi che quasi sempre si sono rivelati irrealistici, definisce azioni<br />
preventive inefficaci, se non dannose. Infatti, l’approccio riduzionista trasferito in prevenzione può portare ad<br />
azioni che, affrontando il problema posto al centro <strong>del</strong>l’interesse, determini squilibri ad altri livelli, non inclusi<br />
nel mo<strong>del</strong>lo causale ma nient’affatto secondari (esempio il controllo <strong>del</strong>l’obesità o <strong>del</strong>le malattie genetiche). Se<br />
caliamo questi elementi sul terreno <strong>del</strong>l’epidemiologia ambientale e <strong>del</strong>la prevenzione i problemi, se possibile,<br />
si complicano ulteriormente a causa <strong>del</strong>la combinazione tra lo statuto stesso <strong>del</strong>l’<strong>Epidemiologia</strong> ambientale e le<br />
conseguenze <strong>del</strong>lo spostamento di paradigma sul piano individuale. Non possiamo nasconderci e non<br />
considerare come l’individualizzazione <strong>del</strong>la società e l’erosione <strong>del</strong>la dimensione collettiva creino<br />
oggettivamente condizioni avverse all’epidemiologia ambientale e alla possibilità di sviluppare azioni<br />
preventive su popolazioni in aree definite. E’ d’altro canto rilevante richiamare che tutte le politiche<br />
comunitarie in tema di ambiente e salute mettono al centro <strong>del</strong>l’elaborazione e <strong>del</strong>l’azione la partecipazione e la<br />
comunicazione (Convenzioni di Aarhus e di Aalborg). Migliorare la qualità dei protocolli di ricerca (inclusivi di<br />
aspetti etici, comunicazione e trasparenza <strong>del</strong>le decisioni) per svolgere studi di epidemiologia ambientale e per<br />
fornire indicazioni per azioni di sanità pubblica, richiede quindi la consapevolezza dei tratti distintivi <strong>del</strong>le<br />
società nelle quali si opera. Gli studi epidemiologici sono intrinsecamente connessi alla prevenzione <strong>del</strong>le<br />
malattie, e il loro interesse risiede in una dimensione applicativa, anche se non necessariamente diretta e<br />
immediata. In questa prospettiva essi concorrono ai processi decisionali anche se le evidenze prodotte sono<br />
parziali e non definitive. Ai processi decisionali nella società concorrono peraltro molte valutazioni,<br />
scientifiche ed extrascientifiche, compresa la percezione <strong>del</strong> rischio. Il punto essenziale è che il contributo <strong>del</strong>le<br />
evidenze epidemiologiche ai processi decisionali, sia commisurato alla qualità <strong>del</strong>le evidenze stesse, compresa<br />
la caratterizzazione dei margini di incertezza (Savitz 2003).<br />
5. Elementi per la riflessione metodologica e l’azione di sanità pubblica<br />
A livello nazionale su molti dei problemi sopra <strong>del</strong>ineati negli ultimi anni sono stati prodotti lavori scientifici e<br />
documenti per lo studio (Bianchi 2006, ISTISAN 1/2005, 19/2006, 50/2007, Commissione sugli effetti sanitari<br />
riferiti all’inquinamento ambientale, aria, acqua, suolo. Ministero <strong>del</strong>la salute, 28 Febbraio 2008).<br />
Il problema centrale <strong>del</strong>la connessione tra ricerca scientifica in epidemiologia ambientale e conseguente azione<br />
di sanità pubblica è quello <strong>del</strong>la valutazione <strong>del</strong>l’esposizione, ponendo attenzione a tutto il continuum per la<br />
sanità pubblica, dalla formazione degli inquinanti agli esiti sulla salute, passando per le trasformazioni,<br />
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l’assorbimento corporeo, gli effetti precoci e tardivi (Albertini et al. 2006). La comprensione di questo<br />
continuum è fondamentale per la identificazione su base scientifica <strong>del</strong>la componente di esiti riconducibile a<br />
cause ambientali riconosciute. Per migliorare la valutazione <strong>del</strong>l’esposizione è in crescita l’uso <strong>del</strong><br />
biomonitoraggio umano (BMU), per il quale vengono oggi indicate tre aree di maggiore interesse: - esplorare le<br />
associazioni tra esposizione, dose e dati di BMU, - sviluppare l’uso degli strumenti di calcolo elettronico per<br />
interpretare i dati di BMU, - ottimizzare l’uso dei dati di BMU per disegnare studi tossicologici. Tra i temi<br />
cruciali emergenti si segnala la necessità di associare il BMU alle informazioni sull’esposizione e sulla dose, di<br />
svolgere una comunicazione adeguata e di migliorare l’accessibilità alle conoscenze acquisite (Bahadori 2007).<br />
Nel campo <strong>del</strong>la ricerca eziologica dei tumori, la prima generazione di biomarcatori (BM) ha contribuito alla<br />
crescita <strong>del</strong>le conoscenze sul rischio e la suscettibilità soprattutto sui cancerogeni genotossici. Tra i nuovi BM<br />
la maggior parte sono da validare e per molti è da chiarire il ruolo svolto nel paradigma causale, facendo<br />
ricorso a principi e criteri per la valutazione sistematica sviluppati in epidemiologia molecolare (Vineis 2007).<br />
Infine, nell’affrontare il tema <strong>del</strong> BMU non deve essere trascurato il rischio di favorire processi di<br />
biomedicalizzazione e individualizzazione (Bauer, 2008). La conduzione di studi di epidemiologia ambientale<br />
può determinare la produzione di risultati utili per l’adozione di misure preventive, purché lo studio sia stato<br />
caratterizzato da una elevata validità definita secondo i criteri condivisi dalla comunità scientifica (Savitz<br />
2003). Nei contesti specifici, sta all’epidemiologo contemperare le esigenze <strong>del</strong>la validità e quelle <strong>del</strong>la<br />
fattibilità di uno studio, pesando i rischi associati alla conduzione di uno studio imperfetto contro quelli<br />
associati alla rinuncia ad effettuare lo studio stesso. Questo richiede elevati livelli di consapevolezza di quale<br />
possa essere il contributo <strong>del</strong> singolo studio alla comprensione di determinati nessi eziologici e, quindi,<br />
all’assunzione di determinate decisioni (Comba & Fazzo 2006).<br />
Sei temi di respiro generale sono segnalati per l’approfondimento:<br />
1. il dubbio e l’incertezza<br />
2. l’accumulazione <strong>del</strong>le prove degli studi e il loro utilizzo per le decisioni<br />
3. i risultati degli studi di epidemiologia ambientale e le decisioni di sanità pubblica<br />
4. la relazione fra ‘le cause dei casi’ e ‘le cause <strong>del</strong>l’incidenza’<br />
5. come affrontare e comunicare il tema <strong>del</strong>le malattie ad eziologia multifattoriale<br />
6. il paradigma etico dominante nella sanità pubblica e paradigmi alternativi.<br />
Tra gli aspetti tecnici di maggiore criticità si segnalano:<br />
7. la protezione dall’effetto di diluizione<br />
8. l’aggiustamento per la deprivazione materiale, e la scelta <strong>del</strong>la popolazione standard<br />
9. i confronti multipli in regime di non indipendenza<br />
10. gli effetti <strong>del</strong>la misclassificazione di esito e di esposizione.<br />
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Sessione parallela(1): Ambiente esterno2 -B-Aula Scienze - 16 ottobre mattina<br />
INQUINAMENTO ATMOSFERICO E FUNZIONALITA’ RESPIRATORIA IN UN PANEL<br />
DI ADULTI ASMATCI RESIDENTI NEL COMUNE DI PADOVA<br />
Canova C 1 , Torresan S 1 , Tessari R 2 , Visentin A 1 , Simonato L 1 , Maestrelli P 1<br />
1 Dipartimento Medicina Ambientale e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Padova, 2 Unità di<br />
epidemiologia, Dipartimento di Prevenzione-Azienda ULSS 12 Veneziana<br />
Introduzione. Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato una associazione tra esposizione a breve<br />
termine agli inquinanti ambientali e diminuzione degli indici di funzionalità respiratoria, in particolare in<br />
bambini con pre-esistenti patologie polmonari. L’effetto nocivo dei vari inquinanti ambientali sulla funzione<br />
respiratoria di asmatici adulti è invece meno chiaro.<br />
Materiali e Metodi. Utilizzando l’archivio di prescrizioni farmaceutiche degli anni 1999-2001, sono stati<br />
selezionati 40 pazienti asmatici dai 15 ai 44 anni, con consumo di broncodilatatori (R03A) maggiore di 6<br />
prescrizioni/anno. I soggetti partecipanti hanno misurato due volte al giorno, per 30 giorni consecutivi in 5<br />
diversi periodi nell’arco di 2 anni (2004-2006), il “Picco di flusso espiratorio” (PEF) e il “Volume espiratorio<br />
massimo secondo” (FEV1), attraverso uno strumento portatile, per un totale di 156 giornate di monitoraggio.I<br />
due parametri fisiologici indicativi <strong>del</strong> grado di bronco ostruzione, sono stati messi in relazione con le<br />
rilevazioni <strong>del</strong>l’ARPAV, per lo stesso periodo in studio, di alcune sostanze inquinanti: CO (massimo media<br />
mobile 8h), NO2, SO2, PM10 (media 24h) in diversi lag temporali. L’associazione tra inquinanti e outcomes<br />
clinici, corretta per le variabili confondenti (temperatura, pressione e umidità atmosferica, uso di corticosteroidi<br />
e abitudine al fumo), è stata analizzata tramite mo<strong>del</strong>li lineari marginali basati sulle equazioni di stima<br />
generalizzate (GEE) proposte da Liang e Zeger (1989). I valori di PEF e FEV1 sono stati trasformati in Z-score<br />
sottraendo per ciascun soggetto la propria media e dividendo la differenza per la deviazione standard. E’ stato<br />
effettuato un test per il trend non parametrico per testare l’ipotesi che i valori normalizzati di PEF e FEV1<br />
diminuiscano sistematicamente con i quartili dei livelli di inquinamento. Sono riportati i risultati <strong>del</strong>le analisi<br />
dei 19 soggetti che avevano effettuato almeno un terzo <strong>del</strong>le misurazione nel periodo in studio.<br />
Risultati. Le concentrazioni mediane di PM10 e NO2 nel periodo in studio sono risultate sopra i limiti<br />
giornalieri europei, mentre nessuna misurazione media giornaliera di CO e SO2 superava tale soglia. Sono<br />
state considerate per l’analisi un totale di 1492 osservazioni per il PEF e FEV1 <strong>del</strong> mattino e 1434 osservazioni<br />
per il PEF e FEV1 <strong>del</strong>la sera. Abbiamo osservato una associazione statisticamente significativa tra PEF mattino<br />
e sera e l’esposizione a CO, una associazione non significativa tra PEF e SO2, in particolare la sera, mentre<br />
nessuna associazione è stata rilevata tra PEF e FEV1 e l’esposizione a PM10 e NO2. Un incremento di 1 μg/m³<br />
di CO contribuiva a una variazione <strong>del</strong>la funzionalità respiratoria compresa tra 1,2% (lag2 FEV1 mattina) e<br />
2,8% (lag 0-3 PEF sera); un incremento di 10 μg/m³ di SO2 contribuiva a una variazione tra 1,2% (lag 3 FEV1<br />
mattina) e 4,8% (lag 3 FEV1 sera). L’analisi dose-risposta ha mostrato trend statisticamente significativi per<br />
quasi tutti gli outcomes respiratori e l’esposizione a CO e a SO2, con bassi valori di PEF e FEV1<br />
corrispondenti ad alti livelli di inquinanti.<br />
Non sono state osservate importanti differenze nei risultati considerando i diversi lag temporali. Contrariamente<br />
a quanto atteso il PEF appare un parametro più sensibile rispetto al FEV1.<br />
Conclusioni. I nostri risultati evidenziano che la funzionalità respiratoria in asmatici adulti è influenzata<br />
dall’esposizione a inquinanti gassosi, mentre non correla con l’esposizione al particolato. L’effetto <strong>del</strong><br />
monossido di carbonio (CO) e <strong>del</strong> biossido di zolfo (SO2) si manifesta a livelli di esposizione che sono<br />
considerati accettabili dalle norme europee. Poichè il CO non è in grado di indurre direttamente<br />
broncoostruzione, è presumibile che esso sia da considerare un tracciante di altri prodotti di combustione<br />
contenuti nei gas di scarico dei veicoli a benzina.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(1): Ambiente esterno2 -B-Aula Scienze - 16 ottobre mattina<br />
INCIDENZA DI TUMORI ATTRIBUIBILI ALLE ESPOSIZIONI AMBIENTALI IN<br />
PROSSIMITÀ DEGLI IMPIANTI DI INCENERIMENTO: UNO STRUMENTO DI STIMA<br />
DI IMPATTO SU UN TEMA CONTROVERSO<br />
Ranzi A 1 , Forastiere F 2 , Porta D 2 , Erspamer L 1 , Lauriola P 1 , Perucci CA 2<br />
1 Struttura tematica di <strong>Epidemiologia</strong> Ambientale, ARPA Emilia Romagna, 2 Dipartimento di <strong>Epidemiologia</strong>,<br />
ASL RM E, Roma<br />
Introduzione. L’impatto sanitario degli impianti di incenerimento rimane un tema controverso a causa <strong>del</strong>la carenza di studi adeguati e le<br />
difficoltà oggettive nel condurre studi epidemiologici che considerino le variazioni temporali nei livelli di esposizione (Forastiere e Perucci,<br />
Epidemiol Prev 2008). D’altra parte la valutazione <strong>del</strong> possibile impatto sanitario presente e futuro di tali impianti deve disporre di<br />
strumenti adeguati di previsione, anche se affetti da grandi livelli di incertezza che potranno essere ridotti allorché saranno disponibili<br />
nuovi risultati e conoscenze (ad esempio il progetto Moniter che interessa gli inceneritori <strong>del</strong>la Emilia Romagna). La letteratura scientifica<br />
fornisce una stima <strong>del</strong> rischio relativo per tumori per popolazioni esposte nel raggio di 3 Km dagli impianti (es. Elliott et al. Brit J Cancer,<br />
1996). Si può ritenere, tuttavia, che l’eccesso di rischio dovuto alle emissioni da inceneritori non sia costante nel tempo, ma vari in<br />
funzione di diversi fattori legati alle caratteristiche <strong>del</strong>l’impianto e <strong>del</strong>la popolazione circostante nel periodo di tempo considerato. Nel<br />
quadro <strong>del</strong> progetto INTARESE, uno studio di health impact assessment finanziato dalla Unione Europea (www.intarese.org), abbiamo<br />
sviluppato (Excel e macro in Visual Basic) uno strumento flessibile per la valutazione.<br />
Obiettivi. Fornire uno strumento per la stima <strong>del</strong> numero di casi di tumore attribuibili all’esposizione ad inceneritore ad un determinato<br />
tempo, tenendo conto <strong>del</strong>l’età <strong>del</strong>la popolazione esposta, <strong>del</strong> periodo di funzionamento <strong>del</strong>l’impianto, <strong>del</strong>l’esposizione cumulata, <strong>del</strong>la<br />
latenza dalla prima esposizione e dalla eventuale dismissione. Fornire un mo<strong>del</strong>lo matematico per la stima <strong>del</strong> rischio attribuibile di tumore<br />
per una popolazione esposta ad una sorgente fissa di inquinamento.<br />
Metodi. Il metodo proposto fornisce una formula per il calcolo <strong>del</strong> rischio attribuibile, che corregge l’eccesso di rischio di riferimento a<br />
partire da una serie di assunzioni e considerazioni:<br />
Si assume come riferimento (Reference Excess Risk - RER) il valore di 3.5% (95%CI: 3-4%) (Elliott et al, 1996), che riflette il rischio<br />
addizionale di incidenza di tumore per una popolazione residente entro 3 km dall’inceneritore con una esposizione di 20 anni ai livelli di<br />
contaminazione presenti nel periodo 1960-1980. I livelli di esposizione variano con il periodo di calendario. A seguito di ammodernamenti<br />
degli impianti, si possono assumere dei coefficienti <strong>del</strong>l’esposizione nel tempo, a partire dal 1980 fino al 2001. Ad una determinata età, la<br />
funzione che meglio definisce l’esposizione di quella persona all’impianto è l’esposizione cumulativa (CE), come somma dei contributi<br />
espositivi durante i vari periodi. La latenza dalla prima esposizione e la latenza dalla fine <strong>del</strong>l’esposizione dovuta alla cessazione<br />
<strong>del</strong>l’impianto sono importanti fattori di cambiamento <strong>del</strong> rischio. Secondo un mo<strong>del</strong>lo di cancerogenesi studiato per il tumore <strong>del</strong> polmone<br />
in relazione al fumo di sigarette, esiste una funzione di latenza dalla prima esposizione e dalla cessazione <strong>del</strong>la esposizione. In analogia si<br />
assume ci sia una risposta cancerogena che inizi dopo 10 anni dalla prima esposizione e abbia un effetto completo dopo 20 anni (Ls). Se<br />
l’esposizione è rimossa, il rischio decresce con il tempo dalla cessazione (Lc). La popolazione non cambia nel tempo così come numerosità<br />
e distribuzione nelle classi di età.<br />
Risultati. Sono state definite le formule dei fattori CE, Ls e Lc per la determinazione <strong>del</strong>l’incidenza di tumore attribuibile.<br />
La figura illustra il rischio in eccesso di tumori incidenti (ER) per popolazioni teoriche a seconda <strong>del</strong>la entrata in funzionamento<br />
<strong>del</strong>l’impianto assumendo i seguenti coefficienti per i livelli di esposizione: 1 prima <strong>del</strong> 1980, 0.8 dal 1980 al 1990, 0.5 dal 1990 al 2001,<br />
0.02 dopo il 2001.<br />
4,50<br />
4,00<br />
3,50<br />
3,00<br />
ER<br />
2,50<br />
2,00<br />
Start: 1960<br />
Start: 1970<br />
Start: 1980<br />
Start: 1990<br />
Start: 2000<br />
1,50<br />
1,00<br />
0,50<br />
0,00<br />
1960 1970 1980 1990 2000 2010 2020 2030 2040 2050<br />
Conclusioni. Si propone un metodo di valutazione <strong>del</strong> rischio attribuibile, rimodulabile nelle funzioni di latenza e assegnazione dei<br />
coefficienti di Ey, che assume un rischio uniforme nei 3 km intorno all’impianto e una popolazione esposta costante nel tempo. Tale<br />
mo<strong>del</strong>lo è applicabile ad altre situazioni in cui si possa definire una funzione di latenza dall’inizio <strong>del</strong>la esposizione e una di importanza<br />
<strong>del</strong>la sorgente in funzione <strong>del</strong> periodo di attività. L’applicazione di tale mo<strong>del</strong>lo deve tener conto <strong>del</strong>le importanti incertezze relative al<br />
mo<strong>del</strong>lo di cancerogenesi adottato (tumori solidi, mo<strong>del</strong>lo simile al fumo di tabacco) e alla funzione di rischio prescelta.<br />
[Il testo e/o le figure sono state ridotte perché debordanti dal formato previsto per gli abstract]<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(1): Ambiente di lavoro 1 -C- Crociera Alta di Lettere - 16 ottobre mattina<br />
MORTALITÀ PER TUMORE DEL POLMONE ASBESTO CORRELATO IN ITALIA<br />
Marinaccio A 1 , Scarselli A 1 , Binazzi A 1 , Mastrantonio M 2 , Ferrante P 1 , Iavicoli S 1<br />
1 ISPESL - Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza <strong>del</strong> Lavoro - Dipartimento di Medicina <strong>del</strong><br />
Lavoro –Laboratorio di <strong>Epidemiologia</strong> e Statistica Sanitaria Occupazionale – Via Alessandria 220/E – Roma,<br />
2 ENEA - Ente per le Nuove Tecnologie l’Energia e l’Ambiente – Sezione di Tossicologia e Scienze<br />
Biomediche - Via Anguillarese 301 – 00060 S.Maria di Galeria – Roma<br />
Introduzione. I tumori <strong>del</strong> polmone asbesto correlati rappresentano una tema rilevante in relazione<br />
all’epidemiologia descrittiva, alla prevenzione, agli aspetti medico legali e di riconoscimento per la<br />
compensazione. I casi sono clinicamente indistinguibili da quelli causati da cause diverse dall’amianto e le<br />
stime <strong>del</strong>le dimensioni <strong>del</strong> fenomeno a livello di popolazione sono molto rari. Inoltre esiste una considerevole<br />
incertezza riguardo alle dimensioni <strong>del</strong> rischio per tumori <strong>del</strong> polmone a bassi livelli di esposizione e le stime di<br />
relazione dose-risposta sono quasi interamente basate su coorti occupazionali fortemente esposte. Il rapporto tra<br />
decessi per mesotelioma e decessi per tumore <strong>del</strong> polmone varia da 1:1 a 1:10 ed è stato stimato in diverse<br />
coorti di lavoratori esposti. La prevenzione dei tumori asbesto correlati riveste dunque un ruolo importante<br />
nella salvaguardia <strong>del</strong>la salute pubblica in Italia, considerando soprattutto l’elevato consumo di amianto prima<br />
<strong>del</strong> bando nel 1992.<br />
Obiettivi. E’ stato predisposto un dataset contenente i decessi per tumori <strong>del</strong> polmone e <strong>del</strong>la pleura in tutti i<br />
comuni italiani dal 1980 al 2001, è stata verificata preliminarmente la correlazione tra mortalità per tumore <strong>del</strong><br />
polmone e mortalità per tumore <strong>del</strong>la pleura e considerata quest’ultima come proxy di una pregressa<br />
esposizione ad amianto. Lo scopo definitivo <strong>del</strong>lo studio è stato di stimare la proporzione di decessi per tumore<br />
<strong>del</strong> polmone attribuibili ad una pregressa esposizione ad amianto.<br />
Metodi. La distribuzione territoriale dei tumori <strong>del</strong> polmone nella popolazione maschile è stata analizzata nei<br />
comuni italiani nel periodo 1980-2001 in relazione al grado di urbanizzazione, all’altitudine e all’indice di<br />
deprivazione. La correlazione tra decessi per tumore <strong>del</strong> polmone, decessi per tumore <strong>del</strong>la pleura e i suddetti<br />
indici socioeconomici è stata analizzata con approccio multivariato ed utilizzata per stimare i decessi per<br />
tumore <strong>del</strong> polmone asbesto correlati in ogni comune italiano con un mo<strong>del</strong>lo di regressione multipla.<br />
Risultati. I decessi per tumore <strong>del</strong> polmone risultano significativamente correlati con l’altitudine ed il grado di<br />
urbanizzazione, meno chiaramente con l’indice di deprivazione. La mortalità per tumore <strong>del</strong>la pleura<br />
rappresenta un buon indicatore di pregressa esposizione ad amianto. Il miglior mo<strong>del</strong>lo di previsione stima un<br />
rapporto di 1:1 tra tumore <strong>del</strong>la pleura e tumore <strong>del</strong> polmone ed una percentuale <strong>del</strong> 3% di tutti i decessi per<br />
tumore <strong>del</strong> polmone come asbesto correlati, corrispondente a circa 700 casi in media nella popolazione<br />
maschile italiana.<br />
Conclusioni. Il confronto tra le previsioni epidemiologiche di tumori <strong>del</strong> polmone asbesto correlati ed il<br />
numero di casi indennizzati evidenzia una rilevante sottovalutazione. Dal 2000 al 2004 l’INAIL ha<br />
indennizzato 913 tumori <strong>del</strong> polmone asbesto correlati, con una media rispettivamente di 183 casi per anno,<br />
evidenziando una sottostima di circa 4 volte rispetto ai risultati degli studi epidemiologici. La distanza tra dati<br />
epidemiologici ed assicurativi, il notevole consumo di amianto avvenuto in Italia e le interazioni tra esposizione<br />
ad amianto e abitudine al fumo, sottolineano la necessità di considerare la prevenzione dei tumori <strong>del</strong> polmone<br />
asbesto correlati un elemento di priorità per la sanità pubblica. L’adozione di misure di diagnosi precoce nelle<br />
coorte degli esposti ad amianto potrebbe, a differenza <strong>del</strong> mesotelioma, ridurre significativamente la mortalità<br />
per tumore <strong>del</strong> polmone asbesto correlato nei prossimi anni.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(1): Ambiente di lavoro 1 -C- Crociera Alta di Lettere - 16 ottobre mattina<br />
POLICLOROBIFENILI E LINFOMA NON-HODGKIN: STUDIO CASO-CONTROLLO<br />
NEL COMUNE DI BRESCIA<br />
1 Maifredi G., 1,2 Donato F., 2 Magoni M., 1 Orizio G., 2 Maiolino P., 2 Vassallo F., 2 Scarcella C.<br />
1 Sezione di Igiene <strong>Epidemiologia</strong> e sanità Pubblica, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Applicata –<br />
Università di Brescia. 2 Azienda Sanitaria Locale <strong>del</strong>la Provincia di Brescia<br />
Introduzione. I policlorobifenili (PCB) sono una classe di inquinanti classificati come probabili cancerogeni<br />
per l’uomo dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC). I PCB potrebbero aumentare il<br />
rischio di linfoma non-Hodgkin (LNH) a causa <strong>del</strong>le proprietà immunotossiche o degli effetti diossina-simili<br />
mostrati da alcuni congeneri. In anni recenti è stato evidenziato a Brescia un diffuso inquinamento da composti<br />
organoclorurati persistenti, in prevalenza PCB e in misura minore dibenzofurani (TCDF) e dibenzodiossine<br />
(TCDD).<br />
Obiettivi. Lo studio si propone di evidenziare una possibile associazione tra la residenza in una <strong>del</strong>le aree<br />
urbane a maggiore contaminazione da PCB e insorgenza di LNH, attraverso un disegno di tipo caso-controllo<br />
di popolazione.<br />
Metodi. I casi comprendono sia i soggetti con prima diagnosi di LNH nei trienni 1993-1995 e 1999-2001<br />
identificati dal Registro Tumori <strong>del</strong>l’Azienda Sanitaria Locale (ASL) di Brescia, sia i soggetti deceduti per<br />
LNH negli anni 1990-2004, classificati con i codici 200 e 202 <strong>del</strong>la Classificazione Internazionale <strong>del</strong>la<br />
Malattie (ICD-9). I controlli sono un campione casuale <strong>del</strong>la popolazione residente nel comune di Brescia al 31<br />
dicembre 2005. In assenza di misure di esposizione a livello individuale, si è attribuita l’esposizione a PCB<br />
sulla base <strong>del</strong>la residenza <strong>del</strong> soggetto nelle aree a maggior contaminazione dei suoli. L’attribuzione<br />
<strong>del</strong>l’esposizione si è basata su due elementi, l’uno spaziale e l’altro temporale. Il criterio spaziale ha previsto<br />
l’individuazione di 3 aree a maggior esposizione, A, B e C e di un’area di controllo, area D. Le aree inquinate<br />
sono state studiate singolarmente e come un’unica grande area. Il criterio temporale ha previsto 3 distinte<br />
analisi considerando come esposizione: 1) la residenza principale, dove ogni soggetto ha vissuto per il maggior<br />
numero di anni; 2) la residenza per almeno 10 anni; 3) la durata <strong>del</strong>la residenza categorizzata in tre classi,
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(1): Ambiente di lavoro 1 -C- Crociera Alta di Lettere - 16 ottobre mattina<br />
EFFICACIA DI UN INTERVENTO ERGONOMICO SULLA POSTURA LAVORATIVA E<br />
SUL MAL DI SCHIENA NEI VIDEOTERMINALISTI: UN TRIAL NON-RANDOMIZZATO<br />
CON CROSSOVER<br />
Paolo Pillastrini, 1 Raffaele Mugnai, 1 Lucia Bertozzi, 2 Stefania Costi, 3 Stefania Curti, 1 Francesco De<br />
Domenico, 4 Andrew Guccione, 5 Stefano Mattioli, 1 Francesco Saverio Violante 1<br />
1 Alma Mater Studiorum–Università di Bologna, Dipartimento di Medicina Interna, <strong>del</strong>l’Invecchiamento e<br />
Malattie Nefrologiche, Ospedale S.Orsola–Malpighi, Bologna<br />
2 Scuola di fisioterapia, Università di Bologna<br />
3 Dipartimento di Oncologia, Ematologia e Malattie Respiratorie, Università di Modena e Reggio Emilia<br />
4 Scuola di Specializzazione in Medicina <strong>del</strong> Lavoro, Alma Mater Studiorum–Università di Bologna<br />
5 Health Services Research and Development Service, Office of Research and Development, Department of<br />
Veterans Affairs, Washington DC, USA<br />
Introduzione. I disturbi muscolo-scheletrici sono molto diffusi tra gli operatori addetti al videoterminale<br />
(VDT). I principali fattori che ne favoriscono l’insorgenza sono le posture fisse ed incongrue ed i movimenti<br />
ripetitivi. Studi condotti dal National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH) hanno evidenziato<br />
che più <strong>del</strong> 75% dei lavoratori addetti al VDT soffrono di disturbi a carico <strong>del</strong>le spalle <strong>del</strong> collo e <strong>del</strong>la schiena.<br />
È diffusamente riconosciuto che una porzione significativa dei disturbi muscolo-scheletrici (WMSD) sia legata<br />
alla struttura <strong>del</strong> luogo di lavoro e <strong>del</strong>la postazione. In letteratura gli studi relativi agli interventi ergonomici<br />
condotti negli uffici sono eterogenei riguardo il tipo di intervento considerato, il disegno <strong>del</strong>lo studio, gli<br />
outcome e di conseguenza anche sui risultati ottenuti.<br />
Obiettivo: verificare l’efficacia di un intervento ergonomico riabilitativo per posture lavorative incongrue e mal<br />
di schiena sugli operatori addetti al videoterminale (VDT).<br />
Metodi. É stato condotto un trial non-randomizzato con crossover <strong>del</strong>la durata di 36 mesi per studiare 400<br />
impiegati comunali, che lavoravano in due edifici distinti, addetti per almeno 20 ore settimanali al VDT. Due<br />
gruppi di partecipanti, composti ciascuno da 100 individui, sono stati randomizzati da ogni edificio. Il gruppo<br />
che ha ricevuto l’intervento ergonomico nel primo periodo è stato successivamente utilizzato come controllo<br />
dopo 30 mesi di washout. Il follow-up è stato condotto da diversi professionisti in cieco, rispettivamente dopo<br />
6, 12 e 30 mesi dalla baseline e dopo 6 mesi dal crossover. Sono stati usati i seguenti strumenti per valutare le<br />
posture lavoro-correlate: il pain drawing ed il Rapid Entire Body Assessment (REBA).<br />
Risultati. Le modifiche ergonomiche adottate hanno mostrato un miglioramento significativo dalla baseline a 6<br />
(REBA p
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FALLIMENTO DEL SISTEMA DI PREVENZIONE ED INTERVENTO DEL DIRITTO<br />
PENALE: IL RUOLO DELL’EPIDEMIOLOGIA NELL’ACCERTAMENTO DEL NESSO<br />
CAUSALE<br />
Luca Masera<br />
Università di Brescia<br />
1) La scienza medica in generale, e l’epidemiologia in particolare, sempre più di frequente vengono<br />
coinvolte nella risoluzione di controversie giudiziarie di natura penale. Due sono i settori-chiave<br />
<strong>del</strong>l’interazione tra medicina e diritto penale: quello <strong>del</strong>la responsabilità medico-chirurgica per i danni subiti<br />
dal paziente di un trattamento sanitario non conforme alle leges artis, e quello <strong>del</strong>le lesioni derivanti<br />
dall’esposizione a sostanze tossiche, di solito di origine lavorativa (si pensi per tutti al notissimo processo<br />
celebratosi a Venezia per le morti degli operai <strong>del</strong> Petrolchimico di Porto Marghera), più raramente ambientale<br />
(cfr. le inchieste in corso presso diverse Procure riguardo agli eccessi di patologie tumorali riscontrati in<br />
popolazioni residenti in prossimità di discariche non autorizzate o altamente inquinanti).<br />
2) L’epidemiologia gioca un ruolo fondamentale soprattutto nella seconda tipologia di procedimenti (danni<br />
da esposizione a sostanze tossiche). Le ragioni che impongono l’uso <strong>del</strong>la conoscenza epidemiologica in questi<br />
processi sono ben note. Le patologie imputabili alla sostanza chimica sono di solito di natura oncologica, e la<br />
conoscenza eziologica di tali malattie si fonda principalmente su studi epidemiologici: quindi, il dato<br />
epidemiologico risulta decisiva quando il giudice deve accertare la sussistenza di un legame causale tra<br />
esposizione e malattia.<br />
3) L’ingresso <strong>del</strong>l’epidemiologia sulla scena <strong>del</strong> processo solleva questioni <strong>del</strong>icate, in primo luogo perchè<br />
la nozione epidemiologica di causalità è molto distante dalla tradizionale accezione giuridica di questo<br />
concetto. Per il diritto – sia penale che civile – può definirsi causale quell’antecedente senza il quale il singolo<br />
evento lesivo non si sarebbe verificato (causa come conditio sine qua non <strong>del</strong>la singola manifestazione<br />
patologica), mentre in senso epidemiologico si ritiene causale il fattore responsabile <strong>del</strong>l’aumento<br />
<strong>del</strong>l’incidenza di una patologia nella popolazione degli esposti, anche quando non sia possibile provare il suo<br />
legame eziologico con la malattia di questo o quel singolo esposto. Causa come determinante <strong>del</strong> singolo<br />
evento versus causa come determinante a livello di popolazione: quale deve essere dunque il ruolo da<br />
riconoscere alla conoscenza epidemiologica nell’accertamento di nessi eziologici giuridicamente rilevanti<br />
4) La seconda difficoltà nel rapporto tra epidemiologia e diritto penale deriva dal particolare standard<br />
probatorio che regola il processo penale, nel quale la condanna <strong>del</strong>l’imputato è legittima solo quando sia<br />
provata (con formula di derivazione americana) oltre ogni ragionevole dubbio la sua personale responsabilità.<br />
L’epidemiologia è in grado di fornire al giudice una risposta dotata di un così alto grado di credibilità, o la<br />
stessa struttura <strong>del</strong> metodo epidemiologico, fondato sulla statistica, preclude in radice la possibilità di ottenere<br />
risultati utilizzabili nel contesto <strong>del</strong>la giustizia penale<br />
5) La risposta fornita a tali quesiti dalla giurisprudenza è cambiata radicalmente negli ultimi anni. Negli<br />
anni Novanta, i giudici riconoscevano all’epidemiologia la capacità di fondare l’imputazione causale in sede<br />
penale, in quanto – perlomeno in ambito omissivo – reputavano accertata la relazione eziologica tra esposizione<br />
e malattia quando venisse fornita la prova che il singolo lavoratore avesse visto aumentare, in ragione<br />
<strong>del</strong>l’esposizione, il rischio di contrarre la patologia in questione: l’esistenza di un legame epidemiologico tra<br />
agente e malattia comportava, per il singolo, l’incremento <strong>del</strong>la probabilità di sviluppare la patologia, ed era<br />
dunque sufficiente per l’attribuzione in sede penale <strong>del</strong>le conseguenze lesive addebitabili alla sostanza. A<br />
partire dai primi anni Duemila, questo indirizzo è stato radicalmente contrastato con argomenti miranti a porne<br />
in luce l’incompatibilità con principi fondamentali <strong>del</strong> diritto penale quali il principio di legalità e la<br />
presunzione di innocenza: tali principi legittimerebbero una sentenza di condanna solo quando vi sia la prova<br />
che ogni singolo lavoratore si sia ammalato proprio a causa <strong>del</strong>l’esposizione, mentre l’orientamento<br />
<strong>del</strong>l’aumento <strong>del</strong> rischio conduceva a reputare sufficiente l’accertamento di un mero pericolo per la salute <strong>del</strong><br />
singolo. In molte sentenze, e soprattutto nel lavoro di un autorevole professore-avvocato coinvolto in tutti i più<br />
importanti processi in materia (prof. Federico Stella), veniva inoltre messa in discussione la stessa utilità <strong>del</strong><br />
ricorso in sede penale al metodo epidemiologico, che non sarebbe in grado di esprimere alcuna valutazione<br />
circa la sussistenza di quella relazione di causalità individuale, su cui soltanto si fonda l’imputazione giuridica<br />
<strong>del</strong>l’evento.<br />
6) Una celebre decisione <strong>del</strong>le Sezioni Unite <strong>del</strong>la Cassazione <strong>del</strong> 2002 ha adottato una soluzione<br />
intermedia tra i due contrastanti orientamenti, soluzione poi recepita da tutta la giurisprudenza successiva. La<br />
Cassazione ha <strong>del</strong>ineato un mo<strong>del</strong>lo bifasico di accertamento causale. Nella prima fase (cd. causalità generale)<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
bisogna accertare l’idoneità lesiva <strong>del</strong>la sostanza, cioè la sua capacità patogenetica a livello di popolazione: in<br />
questa operazione, la conoscenza epidemiologica svolge un ruolo insostituibile. Per condannare, però, non<br />
basta che l’accusa abbia dimostrato che la sostanza era idonea a far sorgere una certa malattia; decisiva è la<br />
seconda fase <strong>del</strong> giudizio causale (la cd. causalità individuale), in cui bisogna verificare oltre ogni ragionevole<br />
dubbio che ciascuna <strong>del</strong>le persone offese non si sarebbe ammalata in mancanza <strong>del</strong>l’esposizione: con il risultato<br />
che – per utilizzare un’espressione diffusa nella letteratura giuridica – l’epidemiologia serve, ma non basta,<br />
all’imputazione causale, che richiede un accertamento individualizzante per definizione estraneo all’orizzonte<br />
conoscitivo <strong>del</strong>la ricerca epidemiologica.<br />
7) Il mo<strong>del</strong>lo causale oggi dominante conduce a risultati a mio avviso troppo riduttivi <strong>del</strong>l’area di intervento<br />
<strong>del</strong> giudice penale. Quando si tratta di imputare la causazione di patologie multifattoriali (come la gran parte di<br />
quelle oncologiche), richiedere la prova oltre ogni ragionevole dubbio <strong>del</strong>la causalità individuale significa<br />
pretendere nient’altro che una probatio diabolica, posto che per definizione questo genere di patologie sfugge<br />
ad una spiegazione eziologica su base individuale. Pensiamo al legame tra amianto e tumore polmonare, o tra<br />
cvm e tumori al fegato diversi dall’angiosarcoma: adottando con rigore il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>la Cassazione tali<br />
patologie non potranno mai essere imputate all’azione <strong>del</strong>la sostanza, posto che l’imputato potrà sempre<br />
addurre a propria difesa che quel lavoratore si sarebbe potuto ammalare di cancro polmonare o epatico anche in<br />
mancanza <strong>del</strong>l’esposizione. E ciò – si badi bene – anche quando sia scientificamente certo che la sostanza ha<br />
provocato tra gli esposti un aumento <strong>del</strong>l’incidenza <strong>del</strong>la patologia in questione, e dunque che un certo numero<br />
di lavoratori non si sarebbe ammalato in mancanza <strong>del</strong>l’esposizione: se manca la prova <strong>del</strong>la causalità<br />
individuale, l’evidenza di un danno alla popolazione non basta per chiamare giuridicamente a rispondere il<br />
responsabile <strong>del</strong>l’esposizione.<br />
8) In un libro di recente pubblicazione, e che costituisce la ragione <strong>del</strong> mio intervento in questa sede, ho<br />
provato a <strong>del</strong>ineare un diverso assetto dei rapporti tra epidemiologia e diritto penale. Sono convinto che,<br />
qualora da un punto di vista epidemiologico risulti accertato che tra i lavoratori di una certa fabbrica vi è stato<br />
un aumento di patologie tumorali correlate all’esposizione, ciò deve reputarsi sufficiente per condannare il<br />
responsabile per i danni alla salute subiti da tali lavoratori, anche se risulta impossibile individuare, tra gli<br />
esposti che hanno contratto la patologia, quali si sarebbero ammalati ugualmente, e quali no. L’incertezza sulla<br />
causalità individuale non può, in altri termini, paralizzare la risposta punitiva quando sia emersa con<br />
ragionevole certezza la causazione di un danno alla popolazione degli esposti: e l’accertamento alternativo<br />
<strong>del</strong>la vittima rappresenta l’istituto giuridico che consente in casi di tale natura di condannare il responsabile<br />
senza ledere alcun principio garantistico. A differenza, infatti, che nell’approccio degli anni Novanta,<br />
ricorrendo all’accertamento alternativo non si punisce l’imputato soltanto per avere cagionato un pericolo per i<br />
singoli lavoratori, ma ciò che gli si rimprovera è di aver provocato un danno alla popolazione degli esposti, in<br />
quanto alcuni soggetti si sono ammalati proprio a ragione <strong>del</strong>l’esposizione; in sostanza, l’accertamento<br />
alternativo è lo strumento concettuale per evitare che la natura multifattoriale <strong>del</strong>la patologia, impedendo di<br />
accertare l’eziologia <strong>del</strong> singolo fenomeno morboso, ostacoli irragionevolmente anche la reazione<br />
<strong>del</strong>l’ordinamento giuridico pur quando sia certo che alcuni tra gli esposti hanno subito dei danni a seguito<br />
<strong>del</strong>l’esposizione.<br />
9) In questa sede non vi è tempo per soffermarsi oltre sugli aspetti giuridici <strong>del</strong>la questione, che presenta<br />
profili di notevole complessità. Scopo <strong>del</strong> mio intervento è soltanto quello di sottolineare l’importanza che<br />
giuristi ed epidemiologi dialoghino tra loro in modo da comprendere meglio il significato <strong>del</strong>le categorie di<br />
fondo <strong>del</strong>le rispettive discipline. Sinora il confronto tra epidemiologia e diritto si è svolto interamente nelle aule<br />
di giustizia, ed è stato di conseguenza pesantemente condizionato dagli interessi processuali che l’epidemiologo<br />
(in veste di consulente) o il giurista (in veste di pubblico accusatore o di avvocato) erano contingentemente<br />
chiamati a rappresentare: come ha mostrato un’ampia letteratura americana, la sede giudiziaria è quanto di<br />
meno adatto a risolvere in modo convincente questioni scientificamente controverse. Invece, credo che una<br />
discussione pacata e senza pregiudizi sul ruolo <strong>del</strong>l’epidemiologia nel diritto sia quanto mai necessaria, e non<br />
possa che prendere le mosse da una riflessione sulle categorie concettuali (in primis la causalità) che in<br />
concreto veicolano l’ingresso <strong>del</strong>la conoscenza epidemiologica nel processo. La mia opinione è che la nozione<br />
epidemiologica di causalità possa essere di grande utilità per consentire al giurista di affrontare le sfide poste<br />
dalla modernità, adeguando i tradizionali strumenti di imputazione ai nuovi sviluppi <strong>del</strong>la ricerca medicoscientifica:<br />
e la costruzione di adeguati mo<strong>del</strong>li di imputazione è la premessa indispensabile per elaborare<br />
sistemi di prevenzione efficaci, in quanto basati su una conoscenza affidabile dei meccanismi di produzione <strong>del</strong><br />
danno.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(1): Ambiente di lavoro 1 -C- Crociera Alta di Lettere - 16 ottobre mattina<br />
INTOSSICAZIONI DA SOSTANZE CHIMICHE IN AMBIENTE LAVORATIVO E<br />
NEOPLASIE MALIGNE DEL SISTEMA EMOLINFOPOIETICO<br />
Miligi L. 1 , Seniori Costantini A. 1 , Benvenuti A., Vineis P 2 and WILL 3 .<br />
1 U.O. di <strong>Epidemiologia</strong> Ambientale e Occupazionale, ISPO Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica,<br />
Firenze; 2 Servizio di <strong>Epidemiologia</strong> dei Tumori ed Università di Torino, Torino e Imperial College London<br />
UK; 3 Gruppo Italiano Leucemie e Linfomi.<br />
Introduzione. Le intossicazioni acute professionali, in particolare in agricoltura, sono state descritte come un<br />
preoccupante fenomeno che ha caratterizzato specie negli anni passati i luoghi di lavoro. Recentemente dati<br />
relativi alle intossicazioni da antiparassitari in Italia (Settimi et al., 2006) suggeriscono che il problema è<br />
ancora presente e suscita preoccupazione.<br />
Poco conosciuti sono i possibili effetti a lungo termine in chi ha avuto una intossicazione professionale. Il<br />
presente lavoro indaga il rischio di tumori emolinfopoietici in coloro che in passato hanno avuto intossicazioni<br />
imputabili all’uso di sostanze chimiche in ambiente lavorativo.<br />
Materiali e metodi. E’ stato condotto uno studio caso-controllo multicentrico su base di popolazione in 11 aree<br />
geografiche italiane (circa 7 milioni di abitanti). Lo studio ha reclutato tutti i casi di linfoma non Hodgkin,<br />
linfoma di Hodgkin, leucemie e mieloma multiplo incidenti negli anni 1991-1993 occorsi in uomini e donne di<br />
età compresa tra i 20 e i 74 anni. Complessivamente sono stati intervistati 1664 casi di linfoma non Hodgkin,<br />
652 di leucemia, 270 di mieloma multiplo e 365 di linfomi di Hodgkin.<br />
Il gruppo di controllo è costituito da 1779 soggetti scelti mediante campionamento casuale stratificato per area,<br />
età e sesso.<br />
Ad ogni soggetto è stata effettuata un’intervista diretta mediante un questionario volto a raccogliere numerose<br />
informazioni tra cui il titolo di studio, la storia residenziale e lavorativa, l’anamnesi patologica e familiare, le<br />
abitudini di vita, fumo, alcol, caffè, hobbies. Una sezione <strong>del</strong> questionario è stata dedicata a raccogliere<br />
informazioni su eventuali intossicazioni acute (con ricovero ospedaliero) o disturbi relativi ad intossicazione<br />
derivanti dall’uso di sostanze chimiche in ambito agricolo o nell‘industria.<br />
L’analisi è stata effettuata mediante regressione logistica non condizionale e i rischi (OR) sono stati calcolati<br />
tenendo conto <strong>del</strong> possibile confondimento di sesso, età, area. I limiti di confidenza al 95% sono stati calcolati<br />
secondo la formula di Wald.<br />
Risultati. E’ stata osservata un’associazione tra l’aver avuto intossicazione da sostanze chimiche usate in<br />
agricoltura e rischio di linfoma non Hodgkin (33 casi esposti, OR 1.9 IC 95% 1.0-3.6) e da sostanze usate<br />
nell’industria (OR 1.5 IC 95% 1.0 - 2.3). L’analisi per sottotipi di linfoma evidenzia incrementi di rischio per<br />
linfoma a piccole cellule ed intossicazioni da sostanze usate in agricoltura (15 casi esposti, OR 3.0, IC 95% 1.4-<br />
6.4) e nell’industria (15 casi esposti, OR 1.9 IC 95% 1.0-3.6). Per quanto riguarda le leucemie, l’OR risulta pari<br />
a 1.4 (10 casi esposti, 95% 0.6- 3.2), e 1.7 (9 casi esposti , IC 95% 0.9-3.1) rispettivamente per esposizione a<br />
pesticidi e ad agenti chimici industriali. Aumenti di rischio, ma non significativi, sono stati osservati per<br />
mieloma multiplo (7 casi esposti, OR 1.6 IC 95% 0.6-3.9) e per linfoma di Hodgkin (10 casi esposti , OR 1.4<br />
IC 95% 0.7-3.0) e pregresse intossicazioni da sostanze usate nell’industria<br />
Conclusioni. Lo studio evidenzia un rischio di neoplasie <strong>del</strong> sistema emolinfopoietico associato a pregresse<br />
intossicazioni acute da sostanze chimiche in ambiente lavorativo e suggerisce che esposizioni di elevata<br />
intensità tali da determinare intossicazioni acute possono anche avere implicazioni a lungo termine.<br />
Settimi L, Marcello I: intossicazioni acute da antiparassitari rilevate in Italia nel 2004, ISS Rapporti ISTISAN 06/52, 2006<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(1): Ambiente di lavoro 2 -C- Crociera Alta di Giurisprudenza - 16 ottobre mattina<br />
IL MESOTELIOMA NEGLI ADDETTI ALL’EDILIZIA. FREQUENZA, RISCHIO,<br />
CARICO POLMONARE DI AMIANTO OSSERVATI A DISTANZA DI 15 ANNI DAL<br />
BANDO<br />
Merler E °, Bressan V °, Somigliana A °° e il Gruppo regionale veneto sui mesoteliomi maligni (Bizzotto R,<br />
Ballarin MN, Bellini E, Gioffrè, Marcolina D, Mazzucato B, Pillon L, Romeo L, Tessadri G)<br />
° Registro regionale veneto dei casi di mesotelioma. SPISAL AULSS 16, Padova, °° ARPA, Centro di<br />
Microscopia Elettronica, Milano<br />
Introduzione. Obiettivo <strong>del</strong> Registro, per quanto riguarda l’associazione causale tra amianto e mesotelioma, è<br />
identificare i gruppi a rischio e le occasioni di esposizione. I dati <strong>del</strong> Registro Nazionale (RENAM) e quelli di<br />
altri paesi europei mostrano, tra i gruppi a rischio a causa <strong>del</strong> lavoro, un’elevata frequenza di mesoteliomi negli<br />
edili. Anche in Italia le occasioni di esposizione lavorativa ad amianto in edilizia sono state molteplici, legate<br />
all’impiego di amianto a spruzzo e all’uso di prodotti in cemento-amianto, che hanno comportato esposizione<br />
ad anfiboli.<br />
Obiettivi. Effettuare valutazioni negli addetti all’edilizia su: frequenza <strong>del</strong> mesotelioma, stima <strong>del</strong> rischio,<br />
carico polmonare di fibre di amianto. La classificazione ISTAT <strong>del</strong>le attività economiche (ATECO91 e<br />
precedenti) include, tra gli edili, idraulici e coibentatori.<br />
Metodi. Frequenza: Identificazione dei casi di MM, con diagnosi istologica o citologica, insorti tra 1987 e<br />
2006 in residenti <strong>del</strong> Veneto. Approfondimento sulle esposizioni a fattori di rischio, utilizzando i criteri e i<br />
metodi <strong>del</strong> RENAM.<br />
Stima <strong>del</strong> Rischio: Identificazione <strong>del</strong>la popolazione a rischio (edili) attraverso i censimenti e computo <strong>del</strong>le<br />
persone-anno, correggendo in funzione di un turn-over presunto e <strong>del</strong>la variazione tra censimenti. Carico<br />
polmonare di amianto: Valutazione <strong>del</strong> tipo e quantità di fibre nei polmoni (fibre per grammo di tessuto secco:<br />
ff/gr), dopo incenerimento <strong>del</strong> campione, ed esame al Microscopio Elettronico a Scansione.<br />
Risultati. Frequenza Il gruppo lavorativo a più elevata frequenza di mesoteliomi in Veneto è rappresentato<br />
dagli edili (1382 casi di MM identificati; 1208 approfonditi; 952 classificati per esposizione ad amianto; 251<br />
casi di MM in edili). Si tratta quasi esclusivamente di soggetti di genere maschile, che hanno svolto un numero<br />
elevato di anni in edilizia, spesso con numerosi passaggi di lavoro. Viene riferito che l’esposizione ad amianto<br />
è stata soprattutto determinata dalla messa in opera e rimozione di materiali in cemento-amianto. Un numero<br />
ristretto ha svolto l’attività di coibentatore (20 soggetti). E’ presente un piccolo insieme di pavimentisti (4<br />
soggetti) (colle per pavimenti potevano includere fibre di amianto; il “linoleum” contiene amianto). E’ modesto<br />
il numero di mesotelioma tra gli idraulici (10 soggetti). Una quarantina di soggetti ha lavorato come edile<br />
all’estero, specie in Svizzera, dove l’uso di amianto in edilizia è stato rilevante. Stima <strong>del</strong> rischio La stima <strong>del</strong><br />
rischio (4.1 x 100.000 per anno; IC 95% 3.5-4.8) colloca questo gruppo lavorativo in una situazione di minore<br />
gravità rispetto ad altri gruppi lavorativi, risultato che potrebbe derivare dalle caratteristiche <strong>del</strong>l’esposizione<br />
(spesso saltuaria), o per la difficoltà ad effettuare stime sui soli edili effettivamente esposti ad amianto. Carico<br />
polmonare di fibre di amianto Sono state effettuate misure in 11 soggetti, sottoposti ad interventi chirurgici o<br />
autopsia, la casistica di edili più ampia finora indagata in Italia e tra le più ampie finora pubblicate. Il carico<br />
polmonare medio risulta di 1.700.000 ff/gr (±1.000.000; range: 350.000-3.300.000). Ad eccezione di due<br />
soggetti, i valori sono superiori a 1.000.000 ff/gr. In tutti sono state rilevate fibre anfiboliche, quasi sempre in<br />
maniera esclusiva; in due soggetti insieme a fibre di tremolite (indicative di esposizione a crisotilo inquinato da<br />
tremolite).<br />
Conclusioni. Il lavoro in edilizia ha causato in molti edili un’occasione di esposizione ad amianto. Le<br />
possibilità di contatto rimangono ancora presenti, benché le “grandi” coibentazioni vengano svolte oggi in<br />
condizioni di lavoro particolarmente protette. Considerando che diversi edili affetti da mesotelioma non sanno<br />
riferire di essere stati esposti ad amianto, si pone la necessità di informazione. Tutti i soggetti che sono stati<br />
edili ed hanno un mesotelioma dovrebbero avere la malattia riconosciuta come professionale.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(1): Ambiente di lavoro 2 -C- Crociera Alta di Giurisprudenza - 16 ottobre mattina<br />
IL SISTEMA DI SORVEGLIANZA NAZIONALE DEGLI INFORTUNI MORTALI SUL<br />
LAVORO<br />
De Merich D. 1 , Campo G. 1 , Calabresi C. 2 , Pellicci M 1 , Pianosi G. 3 , Piz C. 4<br />
1 ISPESL , 2 INAIL, 3 ASL Città di Milano, 4 ASL Vicenza<br />
Introduzione. Il Sistema di sorveglianza nazionale degli infortuni mortali sul lavoro, sperimentalmente avviato<br />
nel 2002 grazie ad un progetto di ricerca ISPESL/Ministero <strong>del</strong>la Salute in collaborazione con le Regioni e<br />
l’INAIL, ha visto il suo consolidamento grazie all’avvio <strong>del</strong>la nuova fase progettuale, promossa dal Centro<br />
nazionale per la prevenzione e il controllo <strong>del</strong>le malattie, a partire dal 1.1.2007.<br />
Obiettivi. L’obiettivo <strong>del</strong> Sistema di sorveglianza permanente è l’approfondimento <strong>del</strong>le dinamiche<br />
infortunistiche, finalizzato alla prevenzione, attraverso un criterio omogeneo di raccolta <strong>del</strong>le informazioni da<br />
parte <strong>del</strong>le strutture d’indagine (Servizi di Prevenzione ASL, Sedi INAIL). In particolare, sono obiettivi<br />
specifici <strong>del</strong> progetto:<br />
1) lo sviluppo <strong>del</strong> repertorio nazionale degli infortuni mortali; 2) il miglioramento <strong>del</strong>le capacità di<br />
interpretazione degli eventi con una progressiva omogeneizzazione <strong>del</strong>le modalità d’indagine sul territorio<br />
nazionale; 3) la realizzazione di strumenti (banche dati interattive via web ecc.) per l’analisi quali-quantitativa.<br />
Metodi. Il metodo utilizzato per l’analisi degli infortuni rientra tra i mo<strong>del</strong>li sistemici multifattoriali e<br />
multiassiali; ha tra i requisiti l’applicabilità ad ogni situazione lavorativa.<br />
La caratteristica <strong>del</strong> metodo è di analizzare nel dettaglio la dinamica che ha comportato l’infortunio, ovvero<br />
quella sequenza di eventi e circostanze alle quali può essere attribuita la funzione esplicativa, La dinamica è,<br />
quindi, costituita dai fattori riconosciuti come rilevanti ai fini <strong>del</strong>l'interpretazione di quel singolo caso.<br />
Qualsiasi fattore appartenente alla dinamica infortunistica può rientrare in una <strong>del</strong>le seguenti categorie: attività<br />
<strong>del</strong>l’infortunato; attività di terzi; utensili macchine e impianti; materiali; ambiente; dpi e abbigliamento. Inoltre,<br />
un fattore può connotarsi come stato (se preesistente alla dinamica) o processo (laddove si presenti nel corso<br />
<strong>del</strong>la dinamica).<br />
Risultati. Attualmente, è disponibile un repertorio nazionale costituito da oltre 2000 eventi mortali e gravi. Le<br />
principali modalità di accadimento risultano essere:<br />
- caduta degli infortunati dall’alto (23.2 %) - perdita di controllo di mezzi di trasporto (10.6 %)<br />
- caduta di oggetti sugli infortunati (14.2 %) - perdita di controllo di mezzi di trasporto (10.6 %)<br />
- caduta, crollo di oggetti posti sotto gli infortunati (6.7 %) - perdita di controllo di macchinari (4.7 %).<br />
L’analisi dei fattori causali ha evidenziato in particolare l’importanza <strong>del</strong>l’“attività <strong>del</strong>l’infortunato” (40 %<br />
circa degli infortuni), ricollegabile a: carenza di formazione, procedure scorrette, inadeguata organizzazione.<br />
In un’ottica prevenzionale, è indicativa la frequenza con cui ciascun fattore assume la caratteristica di stato o di<br />
processo. Se le attività <strong>del</strong>l’infortunato e quelle di altri lavoratori coinvolti si caratterizzano come processi, per<br />
gli altri tipi di fattori si ha una maggior frequenza di stati. Questo risultato riflette la valutazione <strong>del</strong> rischio<br />
(vdr) infortunistico in azienda, in quanto gli stati dovrebbero essere sempre identificati dalla vdr, e rimossi,<br />
prima che l’infortunio avvenga. Per il Sistema di sorveglianza è stato realizzato un sito internet<br />
(http://www.ispesl.it/im/), contenente, tra l’altro, alcuni strumenti per il diretto trasferimento <strong>del</strong>le<br />
informazioni:<br />
- il data warehouse, strumento per la selezione e l’interrogazione dinamica degli archivi e la costruzione ad hoc<br />
di tabelle statistiche di sintesi;<br />
- lo strumento INFOR.MO., per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio contenuti nell'archivio; permette di<br />
leggere in dettaglio le descrizioni <strong>del</strong>le dinamiche infortunistiche ed avere un quadro riassuntivo dei fattori di<br />
rischio coinvolti.<br />
Conclusioni. L’adozione su tutto il territorio nazionale di un unico metodo di analisi ha consentito<br />
un’omogeneizzazione <strong>del</strong>le modalità di approfondimento degli infortuni nei luoghi di lavoro, garantendo la<br />
condivisione <strong>del</strong>le informazioni raccolte per obiettivi di prevenzione. L’attenzione è posta sulla dinamica<br />
<strong>del</strong>l’infortunio, con lo scopo di ricostruire a ritroso il percorso terminato con il danno <strong>del</strong> lavoratore. Ciò<br />
significa individuare i fattori intervenuti e le reciproche interazioni che hanno portato al verificarsi<br />
<strong>del</strong>l’infortunio. In questa fase si sta avviando l’Osservazione partecipata con le Parti sociali, che potrebbe<br />
consentire un utilizzo collettivo <strong>del</strong>le informazioni progressivamente raccolte a fini di iniziative prevenzionali<br />
mirate.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(1): Ambiente di lavoro 2 -C- Crociera Alta di Giurisprudenza - 16 ottobre mattina<br />
STUDIO DI MORTALITÀ IN UNA COORTE OCCUPAZIONALE: ESPOSIZIONE A FUMI<br />
DI BITUME ED ASBESTO IN UN’AZIENDA PRODUTTRICE DI ROTOLI DI MANTO<br />
ASFALTATO<br />
Zanardi F 1 , Salvarani R 2 , Pirastu R 3 , Baccini M 4 , Risi A 5 , Cooke RMT 5 , Barbieri G 2 , Violante FS 5 , Mattioli S 5<br />
1 Scuola di Specializzazione in Medicina <strong>del</strong> Lavoro, Alma Mater Studiorum–Università di Bologna<br />
2 Servizio di Medicina <strong>del</strong> Lavoro, Unità Sanitaria Locale “Bologna Nord”, San Giorgio di Piano, Bologna<br />
3 Dipartimento di Biologia animale e <strong>del</strong>l’uomo, Università la Sapienza, Roma<br />
4 Dipartimento di Statistica, Università di Firenze, Firenze<br />
5 Alma Mater Studiorum–Università di Bologna, Unità Operativa di Medicina <strong>del</strong> Lavoro, Ospedale S.Orsola–<br />
Malpighi, Bologna<br />
Introduzione. Il carcinoma <strong>del</strong> faringe presenta in termini di incidenza una notevole variabilità riguardo al<br />
genere, all’età, alle aree geografiche e alle classi socioeconomiche. Si riscontra una maggiore incidenza nei<br />
soggetti anziani (età media di insorgenza 50 anni) di sesso maschile (rapporto M/F 3:1), appartenenti alle classi<br />
sociali più basse.<br />
In Italia l’incidenza di questo tumore è 0,2 per 100.000 abitanti.<br />
Nei paesi occidentali l’abitudine tabagica, il consumo di alcol e di bevande o alimenti molto caldi sono<br />
riconosciuti come i principali fattori di rischio; poco si conosce degli altri fattori eziologici, anche lavorativi,<br />
così come degli aspetti relativi alla latenza. che ancora oggi sono oggetto di studio. La relazione tra esposizione<br />
professionale ad alcuni agenti nocivi, come l’asbesto o gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), e il<br />
carcinoma <strong>del</strong> faringe è stata suggerita da diversi studi.<br />
Obiettivi. Valutare l’andamento <strong>del</strong>la mortalità in una coorte di lavoratori esposti a fumi di bitume ed amianto<br />
in un’industria produttrice di rotoli di manto asfaltato attiva dal 1964 al 1997.<br />
Metodi: La coorte è costituita da 415 lavoratori, 343 maschi e 73 femmine, di cui 363 dipendenti e 52 facchini<br />
di una cooperativa esterna che hanno lavorato anche o solo nell’azienda in studio, nel periodo compreso tra il 7<br />
Gennaio 1964 ed il 7 Febbraio 1997. Sono stati considerati tutti i lavoratori, lo stato in vita è stato accertato al 7<br />
febbraio 2001. Il profilo di mortalità <strong>del</strong>la coorte è stato descritto attraverso il calcolo dei rapporti<br />
standardizzati di mortalità (Standardized Mortality Ratio): raffrontando la mortalità osservata nella coorte con i<br />
tassi di mortalità <strong>del</strong>la popolazione residente in Italia e nella regione Emilia-Romagna, specifici per causa,<br />
sesso, età e periodo di calendario (classi quinquennali)<br />
Risultati. I soggetti deceduti sono tutti di sesso maschile, la causa di morte è stata reperita per 39 dei 40<br />
decessi: 25 soggetti sono deceduti per tumore (57,5 %) tra questi, 5 per carcinoma <strong>del</strong> faringe, 5 per carcinoma<br />
gastrico e 5 per tumore al polmone.<br />
È stata osservata una mortalità per tutte le cause lievemente inferiore all’atteso (SMR 0.9; 40 osservati; IC 90%<br />
0.7 - 1.2) mentre per tutti i tumori la mortalità è risultata superiore all’atteso (SMR 1,4; 25 osservati; IC 90%<br />
1.0 -2.0).<br />
Le cause tumorali considerate di maggiore interesse a priori che mostrano incrementi <strong>del</strong>la mortalità sono le<br />
labbra, cavità orale e faringe (SMR 10.0; 5 osservati; IC 90% 4.8 – 20.9), e lo stomaco (SMR 2.8; 5 osservati;<br />
IC 90% 1.3- 5.8). Gli SMR mostrano, per tutte le cause considerate, un andamento comune con un aumento<br />
<strong>del</strong>l’osservato rispetto all’atteso nella classe di latenza 5-10 anni. In particolare l’SMR relativo al carcinoma<br />
<strong>del</strong>le labbra, cavità orale e faringe assume un valore significativamente elevato in corrispondenza <strong>del</strong>la classe<br />
di latenza 5-10 anni, con 2 casi osservati (dei 5 carcinomi <strong>del</strong> faringe) contro gli 0.06 casi attesi.<br />
È stato possibile evidenziare un diverso andamento <strong>del</strong> rischio relativo tra categorie di soggetti a diversa<br />
esposizione. Sono risultati significativamente a maggior rischio, per tutte le cause e tutte le neoplasie, gli operai<br />
addetti alla produzione rispetto ai non addetti alla produzione ed a impiegati e rappresentanti.<br />
Conclusioni. Dalle nostre osservazioni emerge che un’esposizione professionale relativamente breve ad elevate<br />
concentrazioni di fumi di bitume e fibre di asbesto nella coorte in esame, potrebbe essere associata ad un<br />
aumentato rischio di sviluppare carcinoma <strong>del</strong> faringe.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(1): Ambiente di lavoro 2 -C- Crociera Alta di Giurisprudenza - 16 ottobre mattina<br />
FATTIBILITA’ DELL’UTILIZZO DI DATI AMMINISTRATIVI PER LA<br />
RICOSTRUZIONE DI UNA GRANDE COORTE LAVORATIVA A TARANTO<br />
Bisceglia L 1 , Galise I 1 , Musti M 2 , Minerba A 3 , Scarnera D 4 , De Pasquale G 4 , Assennato G 1<br />
1 ARPA Puglia - <strong>Epidemiologia</strong> Ambientale; 2 RENAM COR Puglia – Università degli Studi di Bari; 3 Unità<br />
Statistica ed <strong>Epidemiologia</strong> – ASL Taranto; 4. SPESAL – ASL Taranto<br />
Introduzione. Numerosi studi di epidemiologia descrittiva condotti nell’area di Taranto hanno evidenziato eccessi di<br />
mortalità e di incidenza per alcune neoplasie che risultano dalla letteratura associate con l’esposizione a fattori di rischio<br />
ambientali e professionali. Dal momento che tali eccessi si manifestano in prevalenza nel sesso maschile, appare verosimile<br />
che tali esposizioni si siano verificate anche in ambiente lavorativo: il territorio tarantino è infatti caratterizzato dalla<br />
presenza di diverse grandi industrie (uno stabilimento siderurgico a ciclo integrato, una raffineria, centrali termoelettriche,<br />
un cementifici) all’interno <strong>del</strong>le quali è presumibile si possa essere determinata, in particolare in passato, esposizione a<br />
numerosi cancerogeni (idrocarburi policlici aromatici, metalli pesanti, diossine, amianto). La possibilità di condurre studi<br />
analitici per tentare di chiarire il possibile nesso causale tra tali esposizioni professionali e lo stato di salute <strong>del</strong>la<br />
popolazione tarantina è fortemente limitata dalla difficoltà di ricostruire le coorti lavorative.<br />
Obiettivi. Valutare la fattibilità di utilizzare dati correnti amministrativi di provenienza INPS per la ricostruzione <strong>del</strong>la<br />
coorte lavorativa <strong>del</strong>lo stabilimento siderurgico di Taranto, validando le informazioni attraverso il Registro Mesotelioma<br />
<strong>del</strong>la Regione Puglia.<br />
Metodi. E’ stato richiesto all’INPS il database di tutti i lavoratori dipendenti <strong>del</strong>lo stabilimento ILVA S.p.A di Taranto a<br />
partire dall’epoca più remota disponibile (1974) fino al 31.12.2006, contente informazioni circa dati anagrafici, codice<br />
fiscale, data di inizio e fine pagamenti contributi, tipologia di prestazione INPS ed eventuale prestazione INAIL erogata. Il<br />
dataset è stato sottoposto a controllo formale di congruità dei dati, che ha evidenziato limitate imprecisioni, corrette<br />
attraverso l’utilizzo <strong>del</strong>l’Anagrafe Sanitaria <strong>del</strong>la Regione Puglia.<br />
Attesa l’impossibilità di validare le informazioni attraverso i libri matricola, dal momento che quelli relativi al periodo<br />
precedente <strong>del</strong> cambio di gestione (1995) non sono più disponibili, è stato richiesto al Centro Operativo <strong>del</strong>la Regione<br />
Puglia (COR-Puglia) <strong>del</strong> Registro Nazionale Mesoteliomi il database relativo alla provincia di Taranto, comprensivo <strong>del</strong>la<br />
storia professionale dei soggetti. Lo specifico interesse nei confronti di tale archivio era infatti legato alla possibilità di<br />
recuperare informazioni dettagliate sull’anamnesi professionale, che vengono raccolte in modo standardizzato da personale<br />
addestrato. I due dataset sono stati linkati ed è stata verificata la coerenza <strong>del</strong>le informazioni relativa, oltre che ai dati<br />
anagrafici, alle date di assunzione e di cessazione <strong>del</strong> lavoro.<br />
Si è quindi proceduto – dopo aver ottenuto dall’ISS i tassi regionali e nazionali di mesotelioma per classi quinquennali di<br />
età e calendario - al calcolo <strong>del</strong> rapporto standardizzato di mortalità (SMR) con i relativi intervalli di confidenza al 95% (IC<br />
95%).<br />
Risultati. Il database finale INPS risulta costituito da 42.722 soggetti, di cui 298 donne. L’età media di inizio attività è di<br />
31 anni e la mediana <strong>del</strong>la durata <strong>del</strong> lavoro è di circa 10 anni (range
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(1): Ambiente di lavoro 2 -C- Crociera Alta di Giurisprudenza - 16 ottobre mattina<br />
LA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI: SISTEMI DI SORVEGLIANZA<br />
EPIDEMIOLOGICA PER LA PROGRAMMAZIONE E VERIFICA DEGI INTERVENTI<br />
Susanna Cantoni<br />
ASL di Milano<br />
Come per altre attività anche per fare prevenzione degli infortuni è utile, se non indispensabile, conoscere il<br />
contesto in cui ci si propone di agire.<br />
La scelta degli obiettivi, degli strumenti per perseguirli, e quindi la programmazione e la pianificazione devono<br />
avvalersi di un insieme di informazioni convenientemente organizzate e di un’analisi ragionata <strong>del</strong>le stesse.<br />
Così pure la verifica <strong>del</strong>l’efficienza e <strong>del</strong>l’efficacia degli interventi adottati.<br />
La prevenzione degli infortuni, e il miglioramento <strong>del</strong>le condizioni di lavoro più in generale, è un’azione di<br />
sistema che deve vedere coinvolti diversi soggetti: imprenditori, in primo luogo, loro collaboratori, lavoratori e<br />
loro rappresentanti, organi di controllo.<br />
Conseguentemente anche un sistema informativo funzionale alla prevenzione degli infortuni che risponda alle<br />
esigenze sopra espresse dovrebbe avvalersi di informazioni provenienti da più fonti, e tra queste i soggetti<br />
coinvolti, ed essere di utilità per gli stessi.<br />
Ad oggi in Italia un sistema informativo di tal fatta non esiste.<br />
Esistono informazioni settoriali, raccolte da diversi istituzioni/enti, organizzate secondo le esigenze degli stessi<br />
produttori, per lo più differenti dalle finalità di prevenzione. La voce degli utilizzatori è quasi sempre assente<br />
nel condizionare le modalità di raccolta e di elaborazione dei dati.<br />
Esiste, peraltro, una consapevolezza, sempre più marcata tra gli operatori <strong>del</strong>le strutture <strong>del</strong>la pubblica<br />
amministrazione che in particolare si occupano di prevenzione e controlli nei luoghi di lavoro, <strong>del</strong>la necessità<br />
di poter disporre di una conoscenza <strong>del</strong> proprio territorio d’azione per poter operare <strong>del</strong>le scelte di indirizzo<br />
<strong>del</strong>le proprie risorse, sempre finite e spesso scarse.<br />
Questa consapevolezza era presente già agli albori <strong>del</strong>l’attività dei Servizi territoriali di prevenzione. Voglio<br />
solo ricordare che i primi passi mossi dagli SMAL, precursori degli attuali Servizi <strong>del</strong>le A.S.L., furono proprio<br />
nella direzione di realizzare mappe grezze <strong>del</strong> territorio in cui, a grandi linee, venivano raffigurate la diffusione<br />
<strong>del</strong>le imprese e dei relativi rischi.<br />
Mappe spesso realizzate con l’importante contributo <strong>del</strong>le OO.SS. che allora avevano, in particolare<br />
nei territori in cui gli SMAL operavano, ben altra attenzione e capacità propositive e d’azione, verso i problemi<br />
<strong>del</strong>la sicurezza e igiene <strong>del</strong> lavoro.<br />
Questa spinta alla conoscenza <strong>del</strong> territorio si è un po’ allentata negli anni passati soprattutto quando i Servizi<br />
<strong>del</strong>le A.S.L. hanno assunto appieno tutte le funzioni di vigilanza, cosa che ha comportato problemi<br />
organizzativi e gestionali di non poco peso, mettendo un po’ in ombra la programmazione <strong>del</strong>le attività.<br />
E’ stata una battuta d’arresto ormai superata pressoché in tutte le realtà, quanto meno quelle in cui i Servizi<br />
stanno operando, e non sono presenti solo sulla carta.<br />
E’ proprio da questa consapevolezza che, grazie all’impegno di operatori di INAIL, Regioni e Servizi PSAL,<br />
ISPESL ha preso avvio l’esperienza dei “Flussi informativi”, sancita dal Protocollo d’intesa siglato il 25 luglio<br />
2002 tra questi soggetti istituzionali.<br />
L’iniziativa ha rappresentato in questi anni una <strong>del</strong>le più interessanti novità nel panorama <strong>del</strong>la prevenzione<br />
occupazionale sia sotto il profilo metodologico: ha messo per la prima volta a confronto alcuni produttori di<br />
dati e alcuni utilizzatori degli stessi, sia per i contenuti: ha dato avvio alla costruzione <strong>del</strong> Sistema Informativo<br />
Nazionale per la Prevenzione (SINP) realizzando un primo concreto prodotto.<br />
L’obiettivo principale <strong>del</strong>l’iniziativa dei Flussi informativi è stato di impostare gradualmente un sistema<br />
dinamico in grado di rispondere efficacemente alle esigenze di programmazione e pianificazione territoriali,<br />
contribuendo con dati utili, analitici e di sintesi, a partire dall’esistenza e dalla collocazione <strong>del</strong>le imprese in<br />
ogni territorio e dalla distribuzione in tali imprese degli infortuni e <strong>del</strong>le patologie professionali.<br />
La produzione finora garantita comprende dati “intrecciabili” secondo alcuni principali “capisaldi”:<br />
azienda, comparto, territorio<br />
andamento infortunistico per tipologia, mansioni, frequenza, gravità<br />
andamento m.p.<br />
A partire dal 2002 ad ogni Regione-Provincia Autonoma e ad ogni ASL, ad ogni Direzione regionale e sede<br />
INAIL e all’ISPESL, pervengono annualmente dati analitici, elaborazioni di sintesi, indicatori - su aziende,<br />
infortuni, patologie da lavoro - utili per la conoscenza <strong>del</strong> proprio territorio, fondamentali per definire priorità<br />
di rischio e d’intervento, per pianificare e programmare attività ed iniziative. I dati immessi nei CD consegnati<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
fino all’anno in corso comprendono l’Archivio aziende, attualmente aggiornato al 2006, gli Archivi degli<br />
eventi (infortuni e m.p. 2000-2001-2002-2003-2004-2005-2006), chiavi di lettura (e glossario) per<br />
l’interpretazione dei fenomeni e dei dati, indicatori statistici di sintesi, il software di gestione dei dati,<br />
aggiornato ogni anno sulla base <strong>del</strong>le esperienze.<br />
Due caratteristiche peculiari <strong>del</strong>l’operazione sono la periodicità annuale ed il processo di adeguamento in<br />
progress dei dati anche sulla base <strong>del</strong>le esperienze e dei “ritorni” dagli utilizzatori.<br />
Pregio, inoltre, dei dati distribuiti è quello <strong>del</strong>la facile lettura con possibilità di costruzione di atlanti regionali e<br />
di singola ASL, contenenti indicatori utili alla conoscenza <strong>del</strong>la realtà lavorativa.<br />
Come noto uno degli ostacoli che spesso si incontra nell’analisi <strong>del</strong> fenomeno infortunistico è la mancanza di<br />
denominatori comuni (quali ad esempio numero di addetti o numero di ore lavorate), che rende impossibile un<br />
reale confronto dei dati riferiti a tempi diversi o a zone differenti.<br />
Estendendo la conoscenza dei denominatori (numero addetti INAIL), perfezionabili nel tempo, fino a livello di<br />
singola ASL, si introduce la possibilità di seguire nel tempo l’andamento degli infortuni e di avviare un<br />
confronto dei dati tra aree diverse, facilitando anche la comunicazione dei dati alle componenti sociali<br />
interessate.<br />
A latere, ma in piena sinergia con le modalità <strong>del</strong>l’iniziativa dei flussi, è proceduta l’integrazione dei Progetti<br />
INAIL-Comitati Paritetici e ISPESL-Regioni sugli infortuni mortali, con la realizzazione <strong>del</strong> conseguente<br />
Progetto integrato d’indagine mirato all’approfondimento di cause e circostanze degli eventi mortali (e<br />
di un certo numero di eventi con esiti gravi), che dopo la positiva conclusione ha portato alla creazione ed<br />
all’attivazione dal 1.1.2007, di un Sistema di sorveglianza nazionale permanente sugli infortuni mortali.<br />
Un elemento che da subito è stato ritenuto strategico all’interno <strong>del</strong>l’iniziativa è l’aggiornamento<br />
metodologico e professionale, con l’obiettivo di facilitare e favorire l’uso dei nuovi flussi informativi<br />
nell’attività corrente <strong>del</strong>le strutture deputate alla prevenzione ed anche al fine di contribuire alla crescita in ogni<br />
Regione di gruppi di riferimento in grado di seguire l’iniziativa (utilizzi, problemi, ricadute, “ritorni”). In<br />
questa logica sono state organizzate nel corso degli anni numerose iniziative che hanno raggiunto un grande<br />
numero di operatori <strong>del</strong>le Regioni e Province Autonome, <strong>del</strong>le ASL e <strong>del</strong>l’INAIL, sia sui Flussi informativi sia<br />
sul Progetto Infortuni mortali.<br />
Le ricognizioni effettuate e le informazioni di monitoraggio raccolte evidenziano che si vanno<br />
progressivamente diffondendo in tutto il territorio nazionale, seppur in misura e con modalità non omogenee,<br />
esperienze d’uso dei dati, anche “incrociate” tra Regioni/ASL e INAIL, nell’ambito di una sempre maggiore<br />
collaborazione, integrazione e di sinergie locali e nazionali.<br />
L’auspicio e l’obiettivo ispiratore <strong>del</strong>l’iniziativa è stato ed è tuttora che in tutte le Regioni, in tutto il paese, si<br />
implementi e diffonda la pratica di “mirare” alla prevenzione partendo dai due cardini fondamentali: sistema<br />
informativo e programmazione/pianificazione per priorità, cercando di utilizzare al meglio e di rendere sempre<br />
più fruibili le conoscenze esistenti ma anche le risorse umane e strumentali disponibili, evitando le duplicazioni<br />
e ricercando le sinergie.<br />
Nella trattazione vengono illustrate alcune significative esperienze realizzate dai servizi di prevenzione e<br />
<strong>del</strong>le ASL.<br />
Tra i presupposti di partenza <strong>del</strong>l’iniziativa:<br />
l“adattamento” dei contenuti <strong>del</strong>le banche dati di derivazione essenzialmente assicurativa “convertendoli”<br />
per finalità prevalentemente preventive<br />
il miglioramento in progress <strong>del</strong>la qualità dei dati<br />
Si pone in effetti sempre più l’indicazione al perseguimento <strong>del</strong>l’obiettivo di migliorare la qualità dei dati,<br />
aspetto su cui tutto il sistema deve essere impegnato, e naturalmente proprio l’utilizzo dei dati e<br />
l’approfondimento sulle criticità degli stessi sono indispensabili anche per definire le più opportune iniziative<br />
migliorative.<br />
Insieme a ciò, un altro obiettivo in progress è quello di mettere in relazione i dati dei flussi con altri<br />
dati, con altri archivi, con altre banche dati, con altri contenuti informativi, nell’ambito di un’iniziativa<br />
di sistema, a livello nazionale ma anche regionale/locale: questo uno degli sviluppi fondamentali che si<br />
è posto il Nuovo Protocollo d’Intesa, siglato nel 2007 oltre che dai 3 soggetti promotori anche da<br />
IPSEMA e dai Ministeri Salute e Lavoro.<br />
Inoltre, l’allargamento degli utilizzatori e quindi l’utilizzo comune da parte di diversi soggetti può consentire da<br />
un lato un valore aggiunto per l’arricchimento <strong>del</strong>le letture e <strong>del</strong>le chiavi d’interpretazione partendo dal<br />
bagaglio conoscitivo di ognuno, dall’altro una possibilità di verifica sui diversi punti di vista e sulle diverse<br />
ottiche, con l’obiettivo di incrementare complessivamente le informazioni/conoscenze disponibili.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Il D.Lgs. 81/08 ha non solo sostenuto, ma anche rilanciato questa esperienza indicando all’art. 8 l’istituzione<br />
<strong>del</strong> Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP) i cui contenuti di base<br />
dovranno riguardare:<br />
- il quadro normativo ed occupazionale<br />
- il quadro dei rischi<br />
- il quadro di salute e sicurezza dei lavoratori<br />
- il quadro degli interventi di prevenzione <strong>del</strong>le istituzioni preposte<br />
- il quadro degli interventi di vigilanza <strong>del</strong>le istituzioni preposte.<br />
Si tratta quindi di procedere ad un progressivo sviluppo <strong>del</strong> sistema informativo nazionale per la prevenzione<br />
nei luoghi di lavoro, sulla base <strong>del</strong>le positive iniziative ed esperienze originate dal Protocollo d’Intesa <strong>del</strong> 2002<br />
e <strong>del</strong>le opportunità e nuove esigenze che oggi si presentano: un progresso possibile sia per il confermato<br />
impegno di INAIL, ISPESL, Regioni e Province autonome sia per il concorso di nuove adesioni, a partire<br />
dall’impegno dei Ministeri <strong>del</strong>la Salute e <strong>del</strong> Lavoro e dall’integrazione recentemente iniziata anche con<br />
l’IPSEMA, prevedendo via via il concorso e l’apporto di ulteriori soggetti portatori di conoscenze.<br />
Un importante momento di crescita <strong>del</strong> SINP sarà rappresentato dal confronto con le parti sociali, se queste<br />
vorranno fornire contributi sia nell’analisi dei dati disponibili che nella messa a fattor comune di informazioni<br />
da loro raccolte in forma sistematica.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Terza sessione plenaria: Gli interventi di prevenzione <strong>del</strong> Servizio sanitario -Aula Magna - 16 ottobre pomeriggio<br />
COME IL VACCINO HPV PUÒ MIGLIORARE LA PREVENZIONE DEL TUMORE<br />
DELLA CERVICE IN EUROPA E ALTROVE<br />
Silvia Franceschi<br />
International Agency for Research on Cancer, 69372 Lyon Cedex 08- France<br />
I nuovi casi di carcinoma <strong>del</strong>la cervice uterina sono, ogni anno, circa 3500 in Italia, 34.000 nell’Unione<br />
Europea (27 paesi) e mezzo milione nel mondo (di cui l’80% nei paesi in via di sviluppo). Da qualche anno,<br />
una strategia di prevenzione primaria (vaccinazione) <strong>del</strong>l’infezione da papillomavirus umano (HPV), la causa<br />
<strong>del</strong>la stragrande maggioranza dei carcinoma <strong>del</strong>la cervice uterine nel mondo, si è aggiunta alla prevenzione<br />
secondaria (screening) che da decenni ha ridotto drasticamente l’incidenza di questo tumore nei paesi ricchi,<br />
ma non nei paesi poveri. Vaccini quadrivalenti e bivalenti che prevengono l’infezione da HPV 16 e 18<br />
(responsabili da soli di circa i tre quarti dei carcinomi <strong>del</strong>la cervice) sono stati dimostrati praticamente 100%<br />
efficaci nel prevenire le infezioni e le lesioni cervicali preneoplastiche (CIN-2/3) legate a questi due tipi.<br />
L’efficacia degli attuali vaccini è, però, ristretta alle donne che non sono state ancora infettate. Per questa<br />
ragione, c’è un consenso internazionale sul concentrare le campagne di vaccinazione di massa contro l’HPV<br />
nelle adolescenti di età compresa tra 10 e 14 anni, cioè prima <strong>del</strong>l’inizio <strong>del</strong>l’attività sessuale. Uno sforzo per<br />
vaccinare ragazze solo poco più grandi (es., fino a 18 anni) di quelle cui la vaccinazione si rivolge<br />
principalmente è auspicabile ma è chiaro che dovunque l’efficacia ed il rapporto efficacia/costo <strong>del</strong>la<br />
vaccinazione diminuisce grandemente con l’aumento <strong>del</strong>l’età in cui si esegue la vaccinazione.<br />
Rispetto alle donne adulte, nonostante si sappia che il vaccino funzioni in termini di sieroconversione e<br />
prevenzione <strong>del</strong>l’infezione, non si è ancora dimostrata alcuna efficacia nella prevenzione <strong>del</strong>le lesioni preneoplastiche<br />
e, perciò, non è possibile incoraggiare in alcun modo l’uso <strong>del</strong>la vaccinazione anche perché non<br />
esiste attualmente nessun test per distinguere quali donne adulte potrebbero beneficiare <strong>del</strong> vaccino. Gli attuali<br />
test per la diagnosi di DNA dei diversi tipi di HPV nelle cellule cervicali o di anticorpi anti-HPV nel siero sono<br />
molto costosi e complessi. Non si prestano, perciò, ad un uso di routine e, comunque, non riflettono<br />
l’esposizione cumulativa all’HPV e potrebbero non riconoscere infezioni virali latenti. La durata <strong>del</strong>l’efficacia<br />
<strong>del</strong> vaccino contro l’HPV al di là dei 5/6 anni da cui lo si esperimenta è ovviamente ignota così come lo è<br />
l’eventuale necessità di richiami vaccinali. Confronti con vaccini simili (es., vaccino contro l’epatite B) e la<br />
dimostrazione di una buona risposta immunitaria anamnestica, dopo richiamo, fanno, però, sperare che<br />
l’efficacia <strong>del</strong> vaccino possa durare decenni.<br />
Nonostante l’infezione da HPV sia prevalentemente trasmessa sessualmente, l’estensione <strong>del</strong>la vaccinazione<br />
agli adolescenti maschi non è, per il momento, presa in considerazione perché non esistono ancora prove <strong>del</strong>la<br />
sua efficacia. Le differenze anatomiche tra i due sessi fanno, anzi, temere che il vaccino non sia altrettanto<br />
efficace a livello <strong>del</strong>la cute genitale maschile che <strong>del</strong>le mucose genitali femminili. Inoltre, l’infezione da HPV<br />
causa di rado carcinomi nei maschi e, perciò, ai costi attuali, la vaccinazione <strong>del</strong>le femmine è molto più<br />
importante. È probabile che la vaccinazione <strong>del</strong>le femmine, se la copertura fosse alta (
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Mentre è auspicabile che i due tipi di prevenzione possano convivere ed anzi rafforzarsi mutuamente attraverso<br />
una sempre migliore conoscenza <strong>del</strong> problema da parte degli operatori sanitari e <strong>del</strong> pubblico, è importante<br />
scongiurare il peggior scenario, cioè che le stesse donne non partecipino a nessuno dei due programmi. Se ciò<br />
avvenisse, a grandi investimenti pubblici e/o privati, corrisponderebbero minimi benefici in termini di<br />
diminuzione <strong>del</strong>l’occorrenza <strong>del</strong> carcinoma <strong>del</strong>la cervice rispetto ai livelli attuali, ancora troppo alti.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(2): Malattie infettive e vaccinazioni -E-Aula Magna - 16 ottobre pomeriggio<br />
IL CONTRIBUTO DELL’EPIDEMIOLOGIA NEL CONTROLLO DELLE MALATTIE<br />
PREVENIBILI CON VACCINAZIONE<br />
Stefania Salmaso<br />
Centro Nazionale di <strong>Epidemiologia</strong>, Sorveglianza e Promozione <strong>del</strong>la Salute Istituto Superiore di Sanità, Roma<br />
L’epidemiologia <strong>del</strong>le malattie infettive in una popolazione è legata alla proporzione di immuni e di suscettibili<br />
e le vie di trasmissione inter-umana di un agente eziologico sono tracciate dalla distribuzione degli immuni e<br />
dei suscettibili nella popolazione. La regolare periodicità ogni tre-quattro anni <strong>del</strong>le ondate epidemiche <strong>del</strong>le<br />
malattie infantili in epoca pre-vaccinale (morbillo, rosolia, pertosse, varicella) è dovuta alla dinamica tra<br />
suscettibili ed immuni nella popolazione, dove il continuo afflusso di suscettibili è dato dai bambini che<br />
nascono ogni anno. Epidemie estese si verificano quando il numero di suscettibili presenti supera un certo<br />
valore critico denominato “soglia epidemica” (diverso per ogni malattia e legato alla contagiosità e virulenza di<br />
ogni agente patogeno). L’utilizzo esteso di vaccinazioni, soprattutto nella prima infanzia, ha come obiettivo<br />
l’alterazione <strong>del</strong>la dinamica naturale, convertendo un gran numero di soggetti suscettibili in immuni. Lo studio<br />
<strong>del</strong>la diffusione <strong>del</strong>le malattie prevenibili con vaccinazione e lo studio <strong>del</strong>le vaccinazioni si avvalgono di<br />
strumenti di tipo epidemiologico. Le competenze epidemiologiche sono quindi attualmente richieste a chi<br />
sviluppa i nuovi vaccini, ma anche e soprattutto a chi deve poi valutarli e indicarne il potenziale effetto qualora<br />
vengano inseriti nei programmi estesi di sanità pubblica . Nella presentazione verranno passate in rassegna i più<br />
rilevanti recenti contributi in Italia e in Europa <strong>del</strong>l’epidemiologia nel controllo <strong>del</strong>le malattie infettive<br />
prevenibili con vaccinazione, di cui qui si riportano alcuni esempi. Sistemi di sorveglianza ad hoc permettono<br />
di documentare in tempi brevi variazioni di frequenza e forniscono evidenze su cui effettuare raccomandazioni<br />
di controllo. Indagini trasversali periodiche hanno permesso di stimare in modo comparabile le coperture<br />
vaccinali nelle regioni Italiane e di indagare i motivi <strong>del</strong>la mancata o ritardata vaccinazione. I mo<strong>del</strong>li<br />
matematici hanno permesso di stimare quali livelli di copertura vaccinale nelle condizioni italiane sono critici<br />
per il raggiungimento degli obiettivi dei Piani di Eliminazione e Controllo ed hanno quindi fornito gli indicatori<br />
di successo <strong>del</strong>le attività programmate. Gli studi di siero epidemiologia, condotti anche in collaborazioni di<br />
livello Europeo hanno permesso di descrivere differenze geografiche correlate a diverse politiche vaccinali nei<br />
Paesi <strong>del</strong>la UE e quindi di identificare le condizioni di rischio di nuove ondate epidemiche. L’associazione di<br />
questi studi alla mo<strong>del</strong>lizzazione matematica <strong>del</strong>la frequenza di contatti inter-umani offre la possibilità di<br />
stimare parametri biologici che regolano la effettiva diffusione <strong>del</strong>la circolazione di specifiche infezioni. Il<br />
contributo <strong>del</strong>l’epidemiologia è determinante nella valutazione di diversi scenari di impatto dei programmi di<br />
vaccinazione, in base ai quali viene previsto l’effetto ottenibile nella popolazione “target” e nella popolazione<br />
generale.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(2): Malattie infettive e vaccinazioni -E-Aula Magna - 16 ottobre pomeriggio<br />
EPIDEMIOLOGIA E STRATEGIE VACCINALI: QUALE RAPPORTO NEL PIANO<br />
VACCINI DELLA REGIONE LOMBARDIA<br />
Pavan A, Macchi L, Malchiodi G, Gramegna M<br />
Direzione Generale Sanità – Regione Lombardia<br />
Introduzione. Benchè nelle premesse di ogni piano vaccinale sia prevista l’analisi epidemiologica <strong>del</strong>la<br />
malattia che si vuole prevenire, come motivazione ad interventi vaccinali di massa, non sempre è ravvisabile<br />
una coerenza tra importanza quali-quantitativa <strong>del</strong>la malattia e risorse investite per la profilassi vaccinale.<br />
Obiettivi. Esaminare il Piano Regionale Vaccini 2005-2007 ed in particolare il calendario <strong>del</strong>le vaccinazioni<br />
raccomandate per l’infanzia, per verificare se l’epidemiologia <strong>del</strong>le meningiti meningococciche e<br />
pneumococciche giustifica la scelta, in contrasto con quanto previsto dal Piano nazionale, di non promuovere in<br />
forma attiva i vaccini antimeningococcico C e antipneumococcico eptavalente, ed invece di renderli disponibili<br />
gratuitamente a richiesta individuale.<br />
Metodi. Sono analizzati i dati di incidenza <strong>del</strong>le malattie invasive pneumococciche e meningococciche<br />
derivanti dal sistema informativo regionale <strong>del</strong>le malattie infettive per il periodo 2000-2007; i casi registrati<br />
vengono suddivisi per sesso, età e residenza dei soggetti colpiti oltre che per agente eziologico (gruppo e<br />
sierotipo), quadro clinico, tipologia accertamenti condotti, fattori di rischio individuali. Sulla base dei dati di<br />
letteratura relativi all’efficacia dei vaccini nel prevenire la malattia, sono condotte valutazioni sull’impatto di<br />
una introduzione nel calendario vaccinale.<br />
Risultati. L’incidenza <strong>del</strong>la malattia invasiva meningococcica e di malattia invasiva pneumococcica<br />
(limitatamente ai quadri clinici di meningite e sepsi) è indicata nei grafici.<br />
I principali parametri relativi alla rilevanza qualiquantitativa<br />
<strong>del</strong>le malattie (tassi di incidenza per<br />
età, rapporto tra meningiti meningococciche di<br />
gruppo B e C, letalità, presenza di fattori di rischio<br />
individuali) sono in linea con i dati di letteratura e<br />
confermano la ridotta incidenza di entrambi i<br />
quadri clinici.<br />
L’impatto derivante dall’introduzione <strong>del</strong>la<br />
vaccinazione antimeningococcica di gruppo C, a<br />
condizione di livelli di copertura <strong>del</strong> 90% e posto<br />
che il 50% dei casi fosse determinato da gruppo C,<br />
consentirebbe, nella classe di età 0-6 anni di<br />
evitare 11 casi/anno; per la vaccinazione<br />
antipneumococcica eptavalente, poste<br />
copertura vaccinale <strong>del</strong> 90% e copertura dei<br />
sierotipi vaccinali <strong>del</strong> 70%, i casi evitati, nella<br />
medesima fascia di età, sarebbero 8/anno<br />
(meningiti o sepsi).<br />
Conclusioni. L’introduzione nei calendari<br />
vaccinali di nuovi preparati, da proporre<br />
attivamente al fine di raggiungere coperture<br />
elevate e quindi investendo considerevoli<br />
risorse, deve consentire l’eliminazione o un<br />
significativo contenimento dei casi di malattia<br />
120<br />
100<br />
80<br />
60<br />
40<br />
20<br />
0<br />
150<br />
100<br />
Incidenza, assoluta e relativa, di meningiti/sepsi<br />
pneumococciche in Lombardia<br />
o complicanze. Presupposto di ogni vaccinazione di massa è dunque la rilevanza, in termini di morbosità e<br />
mortalità, <strong>del</strong>la malattia che si vuole prevenire. Alla luce dei dati epidemiologici <strong>del</strong>la regione Lombardia,<br />
peraltro simili a quelli nazionali, la promozione in forma attiva dei vaccini antipneumococcico eptavalente e<br />
meningococcico di tipo C non risulta dunque motivabile in termini di benefici per la collettività.<br />
200<br />
50<br />
0<br />
1,5<br />
1<br />
0,5<br />
0<br />
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007<br />
Nota: sino al 2006 solo meningiti; dal 2006 segnalate anche sepsi<br />
casi totali<br />
casi x 100.000 ab<br />
Incidenza, assoluta e relativa, di malattia invasiva meningococcica in<br />
Lombardia<br />
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007<br />
casi totali<br />
casi x 100.000 ab.<br />
2<br />
1,2<br />
1<br />
0,8<br />
0,6<br />
0,4<br />
0,2<br />
0<br />
67
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(2): Malattie infettive e vaccinazioni -E-Aula Magna - 16 ottobre pomeriggio<br />
CD4+ GUIDED ANTIRETROVIRAL TREATMENT INTERRUPTION. A META-<br />
ANALYSIS<br />
Seminari E 1 , De Silvestri A 1 , Boschi A 2 , Tinelli C 1 .<br />
1 Clinical Epidemiology and Biometric Unit Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo P.le Golgi 2, I-27100<br />
Pavia , Italy, 2 Division of Infectious Diseases, AUSL Rimini, Via Settembrini 2, 47900 Rimini, Italy<br />
Introduction. The use of treatment interruption has been thought as an alternative strategy to continuous<br />
suppression of the plasma viral load to treat HIV infected patients by maintaining an adequate CD4+ cell count<br />
during periods off therapy (CD4+ guided treatment interruption). However, the threshold chosen to restart the<br />
antiretroviral therapy is controversial. Some scientists chose as level to reintroduce the therapy a relative high<br />
CD4+ cell count threshold (400 cell/mm3), some chose a lower value (250 cell/mm3). Many of the studies that<br />
evaluated the effect of CD4+ guided treatment interruption involve a low number of patients and have a short<br />
follow up.<br />
Objective. The aim of this meta-analysis study was to evaluate the risk of dead or AIDS defining event<br />
associated to CD4+ guided treatment interruption in patients with chronic HIV infection.<br />
Methods. A search was conducted using PubMed, kewords anywhere in the text for PubMed were:<br />
“antiretroviral therapy and interrupt*” in the full paper from 1/1/2000 to 31/12/2007. Heterogeneity was<br />
assessed through the Cochran Q test and measured through the I2 index proposed by Higgins & Thompson that<br />
can be interpreted as the percentage of the variability due to true heterogeneity, that is, to between-studies<br />
variability. Pooled relative risk e pooled risk difference was calculated by use of random effects mo<strong>del</strong><br />
following DerSimonian & Laird methods, because this mo<strong>del</strong> incorporates the heterogeneity between studies in<br />
the analysis. Observational studies were considered separately and incidence of primary end-point was<br />
evaluated in each study and cumulative incidence was calculated. A p value less than 0.05 indicated a<br />
significant difference that was unlikely to have arisen by chance and was used as the cut-off for significance in<br />
our study. Data were analysed using Stata statistical software version 9.0.<br />
Results. 555 full papers were found, all abstract were screened and 58 full text articles for potential inclusion<br />
were retrieved and 18 were retained (7 randomized clinical trial –RCT- and 11 observational). The 18 studies<br />
included 4379 patients that interrupted the therapy, and 3173 patients that continued antiretroviral therapy.<br />
Meta-analysis of the RCTs with a follow up>100 p/y showed that the pooled relative risk of AIDS defining<br />
event or mortality was 2.59 (95% CI 1.87-3.34; p
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(2): Malattie infettive e vaccinazioni -E-Aula Magna - 16 ottobre pomeriggio<br />
VALUTAZIONE DELL'EFFICACIA DELLA VACCINAZIONE ANTIVARICELLA NELLA<br />
REGIONE SICILIA<br />
Cuccia M 1 , Pollina Addario S 2 , Cernigliaro A 2 , Palmigiano V 3<br />
1 Servizio di <strong>Epidemiologia</strong>, AUSL 3, Catania , 2 DOE Sicilia, 3 Scuola Specializzazione Igiene e Medicina<br />
Preventiva, Università degli Studi di Catania<br />
Il calendario vaccinale <strong>del</strong>la Regione Sicilia dal 2003 prevede l’offerta attiva <strong>del</strong>la vaccinazione antivaricella<br />
per i nuovi nati (dal 15°mese) e gli adolescenti suscettibili nel 12°anno.<br />
Obiettivi. Valutazione <strong>del</strong>l’efficacia <strong>del</strong>la vaccinazione avendo come endpoint l’andamento dei ricoveri per<br />
varicella.<br />
Materiali e metodi. E’stato effettuato uno studio osservazionale retrospettivo analizzando tutte le SS.DD.OO.<br />
dal 2002 al 2007 con diagnosi di varicella ( ICD-9:0.52) sia come diagnosi principale che secondaria. Si è<br />
proceduto a disaggregare i dati dei ricoveri per anno, gravità e fasce d’età: 0-15 mesi (non vaccinabili), 16-48<br />
mesi, 5-14 anni, 15-40, >40.<br />
Limitatamente alla provincia di Catania è stata effettuata una verifica <strong>del</strong>la copertura vaccinale dei soggetti<br />
ricoverati.<br />
Risultati. Sono stati recuperati complessivamente 1200 ricoveri. Considerando come baseline i 346 ricoveri <strong>del</strong><br />
2002 (anno antecedente all’introduzione <strong>del</strong>la vaccinazione) è stata verificata una progressiva riduzione dei<br />
ricoveri: 2003<br />
(-29%), 2004 (-35%), 2005 (-54%), 2006 (-56%), 2007 (-79%). Più significativa la riduzione in percentuale<br />
riscontrata per ricoveri con complicazione: dai 57 casi <strong>del</strong> 2002 si è osservata una progressiva riduzione: 2003<br />
(-7%), 2004 (-30%), 2005 (-61%), 2006 (-67%), 2007 (-75%).<br />
Per quanto riguarda l’andamento complessivo dei ricoveri per fasce d’età si è riscontrato che in quella dei non<br />
vaccinabili (0-15 mesi) si è passati dai 69 casi <strong>del</strong> 2002 ai 14 (-97%) <strong>del</strong> 2007 nessuno dei quali complicato; in<br />
quelle per le quali non è prevista un’offerta ( 15 anni) si è passati dai 94 casi <strong>del</strong> 2002 ai 39 (-58%) <strong>del</strong> 2007.<br />
Nella fascia >40, baseline 12 ricoveri nel 2002, il numero dei ricoveri appare sostanzialmente stabile dopo<br />
l’introduzione <strong>del</strong>la vaccinazione, oscillando fra un massimo di 18 casi (2004) ed un minimo di 8 (2006).<br />
La verifica <strong>del</strong>lo stato vaccinale, effettuata solo per i residenti in provincia di Catania, ha evidenziato che tutti i<br />
ricoverati risultavano non vaccinati.<br />
Conclusioni. Lo studio dimostra che in Sicilia la vaccinazione antivaricella (2007,copertura nuovi nati circa il<br />
70%) è efficace nella riduzione dei ricoveri per varicella sia semplici che complicati. Inoltre, la vaccinazione è<br />
associata attualmente ad una herd immunity che opera sia nei soggetti non vaccinabili per età (0-15 mesi) che<br />
in quelli di età compresa fra 15 e 40 anni cui la vaccinazione non è offerta. Per quanto riguarda i soggetti > 40<br />
anni il dato dei ricoveri appare sostanzialmente stabile.<br />
Ricoveri per Varicella, complicati e non, in residenti nella Regione Sicila (anni 2002 - 2007)<br />
350<br />
300<br />
289<br />
250<br />
n° ricoveri<br />
200<br />
150<br />
194<br />
184<br />
138<br />
133<br />
noncomplicati<br />
complicati<br />
100<br />
57 53<br />
57<br />
50<br />
40<br />
22 19<br />
14<br />
0<br />
2002 2003 2004 2005 2006 2007<br />
69
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(2): Malattie infettive e vaccinazioni -E-Aula Magna - 16 ottobre pomeriggio<br />
VACCINAZIONI PEDIATRICHE E ISTRUZIONE MATERNA NELL'ASL5 SPEZZINO<br />
Marinacci C 1,2 , Baldi R 1 , Maddalo F 3 , Patrone AM 1 , Costa G 4<br />
S.C. <strong>Epidemiologia</strong>, Asl 5 Spezzino,<br />
Servizio Regionale di <strong>Epidemiologia</strong>, ASL TO3<br />
S.C. igiene e Sanità Pubblica, Asl 5 Spezzino<br />
Dipartimento di Sanità Pubblica e microbiologia, Università di Torino<br />
Introduzione. Il grado di copertura <strong>del</strong>la popolazione in età evolutiva rispetto ad alcune vaccinazioni<br />
raccomandate è fortemente connotato da variabilità geografica, come rilevato dall’indagine ISTAT sulle<br />
condizioni di salute <strong>del</strong> 2000, e sembrerebbe altresì associato al livello d’istruzione materna. Nel 2003, la<br />
copertura vaccinale tra i residenti liguri di 24 mesi è risultata inferiore agli obiettivi regionali per<br />
l’Haemophilus influenzae di tipo b (Hib) ed inferiore alla media nazionale per Morbillo Parotite e Rosolia<br />
(MPR). La tempestività nella somministrazione <strong>del</strong>le vaccinazioni pediatriche obbligatorie può rappresentare<br />
un predittore <strong>del</strong>la copertura vaccinale generale, oltre a costituire un indicatore <strong>del</strong>l’effettivo controllo <strong>del</strong>le<br />
malattie prevenibili con vaccino.<br />
Obiettivi. Valutare l’associazione tra istruzione materna e rispetto <strong>del</strong> calendario <strong>del</strong>le vaccinazioni<br />
obbligatorie nei primi mesi di vita.<br />
Valutare l’associazione tra istruzione materna e copertura per Hib ed MPR a 24 mesi.<br />
Metodi. Dall’anagrafe degli assistiti <strong>del</strong>l’ASL5 Spezzino sono stati selezionati tutti i nati nel territorio<br />
aziendale nel periodo 2003-2005 e residenti a giugno 2008, con relativi dati anagrafici <strong>del</strong>le famiglie di<br />
appartenenza, permettendo l’identificazione <strong>del</strong>la madre di ciascun neonato. Attraverso il record linkage dei<br />
nati selezionati con gli archivi dei CErtificati Di Assistenza al Parto sono state recuperate le informazioni<br />
sull’istruzione materna, classificata come alta (almeno diploma di scuola media superiore) o bassa (al più<br />
licenza media inferiore o nessun titolo di studio) e sulla parità. Attraverso gli archivi <strong>del</strong>la S.C. di Igiene e<br />
Sanità Pubblica <strong>del</strong>l’ASL è stata recuperata l’intera storia vaccinale di ciascun nato aggiornata a giugno 2008.<br />
L’analisi ha così riguardato 3,041 nati nel periodo di riferimento con informazioni sull’istruzione materna e sul<br />
percorso vaccinale.<br />
Per la valutazione <strong>del</strong> rispetto <strong>del</strong> calendario vaccinale sono state calcolate le percentuali di non vaccinati<br />
contro poliomielite, difterite, tetano ed epatite B al 4° mese (prima dose) e al 6° mese di vita (seconda dose). Le<br />
probabilità di non essere vaccinati al 4° e al 6° mese di vita sono state analizzate in base all’istruzione materna,<br />
attraverso odds ratios ed intervalli di confidenza al 95%, rimuovendo il confondimento per età materna e parità<br />
con mo<strong>del</strong>li di regressione logistica. Per esplorare il ruolo <strong>del</strong>le modalità organizzative nella spiegazione dei<br />
risultati osservati sono stati infine prodotti stimatori robusti degli errori standard tenendo conto <strong>del</strong> presidio<br />
vaccinale, escludendo tuttavia i nati nel 2003 per mancanza di informazioni affidabili.<br />
Sono state infine calcolate le quote di vaccinati a 24 mesi per Hib (terza dose) ed MPR (prima dose) e le<br />
relative differenze in base all’istruzione materna.<br />
Risultati. All’inizio <strong>del</strong> 4° mese di vita, il 19.9% dei neonati analizzati è risultato non ancora vaccinato: tale<br />
frequenza è risultata significativamente maggiore per i nati da madri meno istruite rispetto agli altri (OR=1.33<br />
bassa vs. alta istruzione, IC95%:1.09-1.61), al netto <strong>del</strong>la differente composizione dei due gruppi per età<br />
materna e parità. Il ritardo alla seconda dose ha riguardato il 51.9% dei neonati, altresì associato con<br />
l’istruzione materna (OR=1.29 IC95%:1.09-1.51). Tra i soli nati nel biennio 2004-2005, l’inclusione <strong>del</strong><br />
presidio vaccinale nei mo<strong>del</strong>li non sembra in grado di modificare le differenti probabilità di ritardare le prime<br />
vaccinazioni in base all’istruzione materna.<br />
Nessuna differenza per titolo di studio <strong>del</strong>la madre è stata invece rilevata nella copertura a 24 mesi per Hib e<br />
MPR, che ha riguardato, rispettivamente, il 96% e l’86.1 % dei bambini analizzati.<br />
Conclusioni. I risultati preliminari evidenziano una copertura equa <strong>del</strong>la popolazione pediatrica locale rispetto<br />
ad Hib e MPR, mentre sembrerebbero evidenziare differenze sociali nel rispetto <strong>del</strong> calendario vaccinale, con<br />
un ruolo trascurabile <strong>del</strong>le modalità organizzative <strong>del</strong>l’offerta.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(2): Malattie infettive e vaccinazioni -E-Aula Magna - 16 ottobre pomeriggio<br />
VACCINAZIONE ANTINFLUENZALE ED ANTIROSOLIA NEGLI ADULTI: I DATI DEL<br />
SISTEMA DI SORVEGLIANZA PASSI<br />
D’Argenzio A 1 , Bertozzi N 2 , Baldissera S 3 , Carrozzi G 4 , De Mei B 3 , Ferrante G 3 , Minardi V 3 , Minelli G 3 ,<br />
Possenti V 3 , Campostrini S 5 , Fateh Moghadam P 6 , Menna S 7 , Trinito MO 8 , Vasselli S 9 , Binkin N 3 , Salmaso S 3<br />
1 Dipartimento di Prevenzione, ASL Caserta 2, 2 Dipartimento di Sanità Pubblica, AUSL Cesena 3 CNESPS,<br />
Istituto Superiore di Sanità, Roma, 4 Dipartimento di Sanità Pubblica, AUSL Modena, 5 Dipartimento di<br />
Statistica Università Cà Foscari, Venezia, 6 Servizio educazione alla salute, APSS Trento, 7 Agenzia Zadigroma,<br />
Roma 8 Dipartimento di Prevenzione, AUSL Roma C, 9 Direzione generale Prevenzione sanitaria Ministero<br />
<strong>del</strong>la Salute<br />
Introduzione. Le vaccinazioni antinfluenzale ed anti-rosolia costituiscono azioni preventive di provata<br />
efficacia, finalizzate, rispettivamente, a ridurre incidenza, gravità e letalità <strong>del</strong>le epidemie stagionali, la prima,<br />
ed al contenimento o eliminazione dei casi di infezione rubeolica <strong>del</strong> feto, la seconda. Obiettivo minimo<br />
perseguibile per ridurre morbosità e mortalità da influenza è la copertura vaccinale di almeno il 75% <strong>del</strong>la<br />
popolazione bersaglio mentre, per eliminare il rischio di insorgenza di casi di rosolia congenita è necessario<br />
immunizzare il 95% <strong>del</strong>le donne in età fertile. Tuttavia, mentre per la vaccinazione antinfluenzale degli anziani<br />
le rilevazioni possono considerarsi esaustive, non sono invece disponibili stime di copertura per gli adulti<br />
portatori di patologie a rischio. Analogamente, non vi sono dati disponibili riguardo lo stato immunitario <strong>del</strong>le<br />
donne in età fertile nei confronti <strong>del</strong>la rosolia<br />
Obiettivi. Stimare nella popolazione adulta “bersaglio” (età 18 - 64 anni, con almeno una patologia cronica) la<br />
prevalenza di persone che hanno ricevuto il vaccino antinfluenzale nell’anno precedente l’indagine. Stimare la<br />
quota di donne in età fertile (18-49 anni) immuni verso la rosolia<br />
Metodi. I dati sono stati prodotti dalle interviste condotte dal sistema di sorveglianza PASSI (interviste<br />
telefoniche mensili condotte ad un campione di residenti di 18-69 anni mediante un questionario standardizzato<br />
somministrato da personale <strong>del</strong>le ASL ); il campione è stato estratto dalle liste anagrafiche sanitarie con<br />
campionamento casuale stratificato per sesso ed età. Nel periodo aprile 2007-giugno 2008 hanno partecipato 20<br />
Regioni/Province Autonome, con la raccolta di circa 35.000 interviste. Nella fascia 50-69 anni sono state<br />
intervistate 6.316 donne. Le analisi sono state condotte sul pool nazionale non pesato, a cui hanno contribuito<br />
149 ASL (pari al 75% <strong>del</strong>le ASL in Italia).<br />
Risultati. I dati preliminari, elaborati su 33.500 interviste condotte dagli intervistatori <strong>del</strong>le circa 150 ASL<br />
partecipanti in 19 regioni italiane (aprile 2007 – maggio 2008), hanno permesso di produrre stime di copertura<br />
<strong>del</strong>l’ultima campagna antinfluenzale (07-08): l’11% <strong>del</strong>la popolazione adulta, con meno di 65 anni, ha<br />
dichiarato di aver praticato la vaccinazione. Tra le persone con almeno una patologia la prevalenza dei<br />
vaccinati è risultata <strong>del</strong> 27% mentre, nella popolazione “sana” il valore corrispondente è stato <strong>del</strong>l’8%<br />
(RR=3,3; IC 95% 2,9-3,7).<br />
La percentuale di vaccinati tra i portatori di malattie croniche con meno di 65 anni varia con il tipo di patologia<br />
diagnosticata: basse coperture tra gli ammalati di tumore (24%) e di patologie respiratorie croniche (26%),<br />
poco più elevati i valori tra le persone affette da insufficienza renale (32%), malattie cardiovascolari (33%) e<br />
diabete (38%).<br />
Riguardo allo stato immunitario versus la rosolia, la stima <strong>del</strong>la suscettibilità all’infezione rubeolica <strong>del</strong> feto<br />
evidenzia ancora criticità: solo il 57% <strong>del</strong>le donne in età fertile (18-49 anni) risulta presumibilmente immune,<br />
ben lontano dal valore minimo <strong>del</strong> 95% necessario per limitare la circolazione virale. Lo stato di suscettibilità<br />
risulta maggiormente associato alla giovane età, al basso livello d’istruzione ed alle difficili condizioni<br />
socioeconomiche.<br />
Conclusioni. PASSI ha permesso di valutare il gap esistente tra il valore “desiderabile” di copertura vaccinale<br />
antinfluenzale <strong>del</strong>la popolazione a rischio (18-64 anni) e quello “reale”: soltanto una persona su tre, tra coloro<br />
cui è fortemente raccomandato, si vaccina. Non ancora soddisfacente risulta, altresì, il livello di<br />
immunizzazione <strong>del</strong>le donne, in età fertile, nei confronti <strong>del</strong>la rosolia, uno degli obiettivi <strong>del</strong> Piano Nazionale<br />
di eliminazione <strong>del</strong> Morbillo e <strong>del</strong>la Rosolia congenita. È necessario migliorare le attuali strategie di offerta<br />
attiva dei vaccini in età adulta attraverso un maggior coinvolgimento <strong>del</strong>le diverse figure professionali “più<br />
vicine” alla popolazione a rischio (medici di famiglia, ginecologi e ostetriche). PASSI evidenzia capacità di<br />
monitorare, tempestivamente, indicatori di processo di alcuni programmi di Sanità Pubblica, contribuendo alla<br />
valutazione di efficacia degli stessi.<br />
71
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(2): Screening -F-Aula Scienze - 16 ottobre pomeriggio<br />
VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DI UN PROGRAMMA DI SCREENING<br />
MAMMOGRAFICO: UNO STUDIO CASO-CONTROLLO<br />
Puliti D 1 , Miccinesi G 1 , Collina N 2 , De Lisi V 3 , Federico M 4 , Ferretti S 5 , Finarelli AC 6 , Foca F 7 ,<br />
Mangone L 8 , Naldoni C 6 , Petrella M 9 , Ponti A 10 , Segnan N 10 , Sigona A 11 , Zarcone M 12 , Zorzi M 13 ,<br />
Zappa M 1 and Paci E 1 .<br />
1 Unità di <strong>Epidemiologia</strong> Clinica e Descrittiva, ISPO – Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica,<br />
Firenze; 2 AUSL Bologna, Bologna; 3 Registro Tumori di Parma, Parma; 4 Registro Tumori di Modena, Modena;<br />
5 Registro Tumori di Ferrara, Ferrara; 6 Dipartimento <strong>del</strong>la Salute <strong>del</strong>la Regione Emilia-Romagna, Bologna;<br />
7 Registro Tumori <strong>del</strong>la Romagna, Forlì; 8 Registro Tumori di Reggio Emilia, Reggio Emilia; 9 Unità di<br />
<strong>Epidemiologia</strong> ASL2, Perugia; 10 Unità di epidemiologia, CPO Piemonte, Torino; 11 Registro Tumori di Ragusa,<br />
A.O. ‘Civile M.P. Arezzo’, Ragusa; 12 Registro di Patologia di Palermo, Palermo; 13 Registro Tumori <strong>del</strong><br />
Veneto, Istituto Oncologico Veneto, Padova.<br />
Introduzione. A seguito <strong>del</strong>la dimostrazione di efficacia <strong>del</strong>la mammografia nel ridurre la mortalità per tumore<br />
<strong>del</strong>la mammella, in Italia sono stati avviati programmi di screening a livello regionale che hanno offerto una<br />
mammografia alla popolazione residente in età 50-69 con intervallo biennale. Le prime regioni in cui sono stati<br />
attivati dei programmi di screening mammografico sono state la Toscana e il Piemonte e nel corso degli anni<br />
Novanta sono stati estesi ad una larga parte <strong>del</strong> territorio <strong>del</strong> Nord e Centro Italia.<br />
Obiettivo. Obiettivo <strong>del</strong> presente studio è la valutazione <strong>del</strong>l’impatto (effectiveness) dei programmi di<br />
screening mammografico nella riduzione <strong>del</strong>la mortalità per tumore <strong>del</strong>la mammella in cinque regioni italiane,<br />
attraverso l’utilizzo di un approccio di tipo caso-controllo.<br />
Metodi. Progetto IMPATTO. Lo studio IMPATTO raccoglie i dati dei Registri Tumori o di Patologia attivi nel<br />
territorio italiano, che sono in grado di fornire informazioni sulle caratteristiche <strong>del</strong> tumore alla diagnosi e sulla<br />
modalità di identificazione, intendendo con questo termine se la diagnosi è avvenuta o meno nell’ambito di un<br />
programma di screening organizzato. Nell’ambito <strong>del</strong> progetto è stata costruita una banca dati che raccoglie<br />
complessivamente oltre 41.000 casi di tumore <strong>del</strong>la mammella diagnosticati tra il 1988 ad il 2001 in donne tra i<br />
40 e i 79 anni residenti in sei diverse regioni italiane (Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e<br />
Sicilia). Il disegno <strong>del</strong>lo studio caso-controllo. Sono state selezionate a partecipare allo studio caso-controllo<br />
tutte le aree <strong>del</strong> progetto IMPATTO coperte da un Registro Tumori ed in cui risultava attivo un programma di<br />
screening. Casi sono stati definiti i decessi per tumore <strong>del</strong>la mammella avvenuti entro il 31 Dicembre 2002<br />
relativi a donne con una diagnosi di carcinoma mammario tra i 50 ed i 74 anni all’interno <strong>del</strong>la popolazione<br />
base. Ad ogni caso sono stati appaiati quattro soggetti controllo residenti nello stesso comune <strong>del</strong> caso e con<br />
data di nascita entro tre mesi da quella esatta <strong>del</strong> soggetto deceduto. Definizione <strong>del</strong>l’esposizione. La<br />
definizione <strong>del</strong>l’esposizione è basata sulle informazioni ottenute dagli archivi informatizzati <strong>del</strong>la popolazione<br />
invitata allo screening. Per i casi ed i controlli appaiati è stata ricostruita l’intera storia di screening con la data<br />
di primo invito e tutte le date dei test di screening eseguiti dalla donna fino all’ultimo dato disponibile.<br />
L’esposizione è stata definita in due diversi modi: a) come l’aver ricevuto almeno un invito a partecipare al<br />
programma (Invitate/Non invitate); b) come l’aver effettuato almeno un test di screening (Screenate/Non<br />
screenate).<br />
Risultati. Sono stati raccolti complessivamente 1750 decessi per tumore <strong>del</strong>la mammella relativi a donne con<br />
una diagnosi di tumore <strong>del</strong>la mammella tra i 50 ed i 74 anni e 7000 controlli appaiati. Tramite un mo<strong>del</strong>lo di<br />
regressione logistica condizionale sono stati stimati gli odds ratio <strong>del</strong>le Invitate versus le Non invitate e <strong>del</strong>le<br />
Screenate versus le Non screenate. I risultati mostrano una riduzione <strong>del</strong> 25% <strong>del</strong>la probabilità di morire per<br />
tumore <strong>del</strong>la mammella nelle donne invitate allo screening (OR = 0.75; 95%CI: 0.62 - 0.92) ed una riduzione<br />
<strong>del</strong> 50% nelle donne che hanno effettuato almeno un test di screening (OR = 0.50; 95%CI: 0.42 - 0.60).<br />
Restringendo l’analisi alle sole donne invitate, l’odds ratio <strong>del</strong>le Screenate versus le Non rispondenti corretto<br />
per self-selection bias è risultato pari a 0.55 (95%CI: 0.36 - 0.85).<br />
Conclusioni. L’introduzione di un programma di screening mammografico in Italia è associata con una<br />
riduzione <strong>del</strong>la mortalità per tumore <strong>del</strong>la mammella, consistente con i risultati dei trial randomizzati e<br />
controllati e attribuibile all’impatto addizionale <strong>del</strong> servizio di screening rispetto alla preesistente situazione di<br />
accesso alla mammografia.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(2): Screening -F-Aula Scienze - 16 ottobre pomeriggio<br />
FATTORI PREDITTIVI DI ADESIONE ALLA DIAGNOSI PRECOCE DELLE<br />
NEOPLASIE DEL COLLO DELL’UTERO. I RISULTATI DEL SISTEMA DI<br />
SORVEGLIANZA PASSI<br />
Bertozzi N 1 , Carrozzi G 2 , Baldissera S 3 , De Mei B 3 , Ferrante G, Minardi V 3 , Minelli G 3 , Possenti V 3 ,<br />
Bolognesi L 2 , Campostrini S 4 , D’Argenzio A 5 , Del Giovane C 2 , Fateh Moghadam P 6 , Menna S 7 , Trinito MO 8 ,<br />
Vasselli S 9 , Salmaso S 3 , Binkin N 3<br />
1 Dipartimento di Sanità Pubblica, AUSL Cesena, 2 Dipartimento di Sanità Pubblica, AUSL Modena, 3 CNESPS,<br />
Istituto Superiore di Sanità, Roma, 4 Dipartimento di Statistica, Università Cà Foscari, Venezia, 5 Dipartimento<br />
di Prevenzione, ASL Caserta2, 6 Servizio educazione alla salute, APSS Trento, 7 Agenzia Zadigroma, Roma,<br />
8 Dipartimento di Prevenzione, AUSL Roma C, 9 Direzione generale Prevenzione sanitaria Ministero <strong>del</strong>la Salute<br />
Introduzione. Le linee guida europee raccomandano l’effettuazione <strong>del</strong> Pap-test ogni 3 anni nelle donne di 25-<br />
64 anni. Nel 2006 in Italia, sulla base dei dati <strong>del</strong>l’Osservatorio nazionale screening, l’estensione <strong>del</strong><br />
programma di screening copriva circa i due terzi <strong>del</strong>la popolazione target, con rilevante gradiente territoriale<br />
Nord-Sud; l’adesione ai programmi organizzati rimane bassa, con una quota rilevante di adesione spontanea e<br />
di eccesso di ripetizione <strong>del</strong> test. Per valutare i fattori predittivi di adesione alle raccomandazioni nelle donne di<br />
25-64 anni, si sono utilizzati i dati autoriferiti raccolti a livello aziendale e regionale dal Sistema di<br />
Sorveglianza PASSI, coordinato da Ministero, CNESPS e Regioni.<br />
Obiettivi. Stimare la prevalenza di donne 25-64 anni che riferiscono di aver effettuato l’ultimo Pap-test<br />
secondo le indicazioni <strong>del</strong>le linee guida, compresa l’adesione spontanea; valutare fattori predittivi <strong>del</strong>la<br />
adesione, principali motivazioni <strong>del</strong>la non adesione ed efficacia <strong>del</strong>le strategie adottabili (lettera di invito,<br />
consiglio sanitario, campagna informativa).<br />
Metodi. Il sistema di sorveglianza PASSI viene realizzato mediante interviste telefoniche mensili (condotte<br />
con un questionario standardizzato da personale <strong>del</strong>le ASL appositamente formato) ad un campione di residenti<br />
di 18-69 anni, estratto dalle liste anagrafiche <strong>del</strong>le ASL con campionamento casuale stratificato per sesso ed<br />
età. Nel periodo aprile 07-giugno 08 hanno partecipato 20 Regioni/Province Autonome, con la raccolta di circa<br />
35.000 interviste complete (tasso di risposta 85%, rifiuti 10%); si sono analizzati i dati non pesati relativi a<br />
13.738 donne nella fascia 25-64 anni. I dati sono registrati via internet in un archivio nazionale.<br />
Risultati. Delle 13.738 donne intervistate, il 77.1% (IC95% 76.3-77.8%) ha riferito di aver effettuato un Paptest<br />
negli ultimi 3 anni (il 44% nell’ultimo anno); tra le donne che hanno riferito di non averlo effettuato, la<br />
motivazione principale è stata “Penso di non averne bisogno” (51%). L’effettuazione <strong>del</strong> Pap-test negli ultimi 3<br />
anni è risultata simile al Nord e al Centro Italia (83% e 79% rispettivamente), più significativamente bassa al<br />
Sud (56%;p65%), anche se permangono differenze territoriali. Si osserva anche il ricorso ad un eccesso di ripetizione <strong>del</strong><br />
test, come evidenziato dal fatto che più di un terzo <strong>del</strong>le donne ha effettuato nell’ultimo anno il test triennale,<br />
sebbene sia possibile la presenza di un telescoping bias. Infine, i risultati confermano l’efficacia dei programmi<br />
di screening organizzati, in quanto l’adesione è maggiore nelle donne che hanno ricevuto lettera d’invito e/o<br />
consiglio sanitario, elementi caratteristici dei programmi organizzati.<br />
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Sessione parallela(2): Screening -F-Aula Scienze - 16 ottobre pomeriggio<br />
PROPOSTE PER LA SANITÀ PUBBLICA. DAI PROGRAMMI DI SCREENING<br />
ONCOLOGICO AI PERCORSI DI PREVENZIONE <br />
Paci E.<br />
UO di <strong>Epidemiologia</strong> Clinica e Descrittiva - ISPO- Firenze<br />
A partire dalla seconda metà degli anni novanta si sono sviluppati in Italia, come in molte altri paesi Europei,<br />
programmi di screening organizzati , iniziative di Sanità Pubblica che hanno promosso la diffusione <strong>del</strong>le<br />
pratiche <strong>del</strong>la prevenzione secondaria nelle popolazioni target adottando protocolli di intervento che sono stati<br />
coordinati a livello europeo (1).La caratteristica principale di questi programmi è che hanno un obiettivo<br />
universalistico, e operano con attenzione al monitoraggio e alla valutazione <strong>del</strong>l’intero processo di screening e<br />
<strong>del</strong> suo impatto nella popolazione target. Connotato importante è stato quello di realizzare gli obiettivi grazie al<br />
lavoro comune di operatori che operano nella medicina organizzativa, in quella clinica e nell’epidemiologia. Il<br />
successo di questo mo<strong>del</strong>lo (2) e lo sviluppo <strong>del</strong>la ricerca hanno le condizioni per nuovi sviluppi , in particolare<br />
per affrontare alcuni limiti che l’offerta dei programmi di sanità pubblica ha fatto affiorare. La sfida è oggi<br />
come ampliare l’offerta a diverse fasce di età finora non considerate perché il beneficio previsto risultava<br />
borderline e perché la metodologia di screening proposta si era rilevata meno capace di ottenere i risultati<br />
sperati e di rispondere a condizioni individuali importanti in quella fascia di età. E’ il caso <strong>del</strong>l’estensione alle<br />
fascia di età <strong>del</strong>le donne premenopausa (40-49 anni) lo screening mammografico. (www.gisma.it) In queste<br />
condizioni è stato sollecitata l’importanza di approcci di screening più intensivi e sottolineata da parte di alcuni<br />
la necessità di un approccio che tenga conto dei livelli di rischio. In questi ultimi anni la riflessione sulla<br />
prevenzione si è sviluppata in molte sedi, tra l’altro è stata al centro di diversi articoli sulla rivista<br />
<strong>Epidemiologia</strong> & Prevenzione. In Europa il documento <strong>del</strong>la Commissione Gaining Health ha portato un<br />
approccio nuovo, integrato, al tema <strong>del</strong>la promozione <strong>del</strong>la salute. In Italia l’esperienza <strong>del</strong> Centro Controlllo<br />
Malattie ha avuto una vita contrastata ma ha favorito una moderna sanità pubblica in una realtà per tanti versi<br />
immobile. L’epidemiologia si è rivelata, in questo scenario, come una disciplina utile strumento per una sanità<br />
pubblica con nuove caratteristiche. Indubbiamente queste nuove esigenze di intervento traggono la loro<br />
motivazione dalla crescita che vi è stata da parte <strong>del</strong>la ricerca epidemiologica nei diversi campi, tra cui in<br />
particolare quello sulla suscettibilità, sui marker genetici e sugli stili di vita. E’ in questi anni che per la prima<br />
volta, al di là <strong>del</strong> tema tabacco, alcune ipotesi di prevenzione primaria di malattie croniche oncologiche<br />
cominciano a essere considerate Evidence –based, e si inizia a meglio conoscere la distribuzione dei pattern di<br />
rischio individuale specialmente nel caso <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>la mammella. Nel caso di questa patologia cronica di<br />
alta incidenza e di sicuro impatto per la popolazione femminile è oggi possibile ipotizzare un percorso di<br />
prevenzione che, tra iniziativa di sanità pubblica evidence—based e progetto dimostrativo di ricerca, possa<br />
costituire un mo<strong>del</strong>lo, nel continuum tra prevenzione <strong>del</strong>le esposizioni, riduzione <strong>del</strong>le suscettibilità e interventi<br />
precoci di sorveglianza finalizzati alla diagnosi precoce. Si tratta di valutare la possibilità oggi di offrire a<br />
gruppi di donne <strong>del</strong>la popolazione, mantenendo l’ottica di sanità pubblica un percorso che parta da una<br />
valutazione <strong>del</strong> rischio e accompagni la donna nelle future scelte preventive, riconducendo le scelte<br />
all’intervento attivo <strong>del</strong>la sanità pubblica territoriale. Lo sviluppo degli screening oncologici ha dimostrato la<br />
fattibilità e il positivo impatto di un approccio di popolazione, ove l’individuo venga accompagnato da un<br />
servizio consapevole e non paternalistico nelle scelte che oggi è possibile fare nell’ambito <strong>del</strong>la prevenzione di<br />
una patologia cronica. La proposta di percorsi di prevenzione che dovrebbero essere mirati alla patologia<br />
cronica e in larga parte specifici su temi di larga rilevanza, come il tumore al seno, deve associarsi ad azioni di<br />
prevenzione a livello di comunità che , rivolgendosi nel loro insieme ad una popolazione, si propongano di<br />
modificare il rischio di tutta la popolazione o di gruppi. Tali interventi che possono avere carattere volontario o<br />
regolatorio (si pensi alla legge sul fumo ma anche a possibili interventi in questa direzione in campo<br />
nutrizionale) dovrebbero essere avviati in parallelo con i programmi centrati sull’individuo, definendo un<br />
compiuto e organico progetto di prevenzione territoriale. Naturalmente le offerte preventive nel territorio<br />
dovrebbero essere integrate, facilitando l’accesso <strong>del</strong>la popolazione e riconducendo ad unità le iniziative<br />
preventive, anche attraverso il concorso attivo <strong>del</strong>le strutture di medicina di comunità e dei Medici di Medicina<br />
Generale. In questa fase è comunque importante, che si mantenga una specificità <strong>del</strong>l’offerta preventiva al fine<br />
di sviluppare una azione mirata e partecipata.<br />
1)<br />
European Gui<strong>del</strong>ines for mammography screening,<br />
http://ec.europa.eu/health/ph_projects/2002/cancer/fp_cancer_2002_ext_guid_01.pdf<br />
2) documentato in un recente documento <strong>del</strong>la commissione europea,<br />
http://ec.europa.eu/health/ph_determinants/genetics/documents/cancer_screening.pdf )<br />
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Sessione parallela(2): Screening -F-Aula Scienze - 16 ottobre pomeriggio<br />
I CASI DI CARCINOMA IN SITU DELLA MAMMELLA IDENTIFICATI ALLO<br />
SCREENING HANNO CARATTERISTICHE SPECIFICHE UNO STUDIO DI<br />
POPOLAZIONE<br />
Pitarella S 1 , Armaroli P. 1 , Puliti D. 2 , Zanetti R. 1 , Segnan N. 1 , Ponti A 1 , Paci E. 2 e il gruppo di lavoro Impatto.<br />
1 CPO Piemonte, Torino, 2 Unità di <strong>Epidemiologia</strong> Clinica e Descrittiva, ISPO – Istituto per lo studio e la<br />
prevenzione oncologica, Firenze<br />
La storia naturale <strong>del</strong> carcinoma in situ (CIS) <strong>del</strong>la mammella è ancora poco conosciuta. Studi di follow up su<br />
lesioni inizialmente diagnosticate come benigne indicano che queste lesioni selezionate evolvono a lungo<br />
termine in carcinoma invasivo in circa un terzo dei casi. Poco è noto su quali caratteristiche dei CIS rendano<br />
più probabile la trasformazione invasiva. Le modalità di trattamento ed il fatto di poter identificare le lesioni<br />
per le quali la terapia potrebbe essere omessa rimangono ancora incerti. Ciò è importante in quanto i CIS sono<br />
diagnosticati assai più frequentemente con l’avvento <strong>del</strong>la mammografia e dei programmi di screening. Il<br />
nostro studio si propone di verificare se i casi di CIS screen-detected abbiano caratteristiche istopatologiche<br />
diverse dai casi diagnosticati al di fuori dei programmi di screening e se, nei due gruppi, sia diversa la terapia<br />
chirurgica adottata. Lo studio include i casi di CIS (1921, dei quali 1749 duttali e 172 lobulari) e carcinomi<br />
microinvasivi (MIC=339) di 10 Registri Tumori italiani partecipanti allo studio multicentrico Impatto,<br />
diagnosticati nel periodo 1988-2001 in donne di età 50-69 anni. In base alla modalità diagnostica, i casi sono<br />
stati categorizzati in “screen-detected” (SD) e “non screen-detected” (NSD). La relazione tra modalità<br />
diagnostica (casi SD vs NSD) e caratteristiche istopatologiche o modalità di trattamento sono state analizzate<br />
attraverso mo<strong>del</strong>li di regressione logistica multivariata, controllando per Registro, età alla diagnosi, anno di<br />
diagnosi e dimensione <strong>del</strong> tumore. I CIS hanno minore probabilità di avere morfologia lobulare se SD rispetto<br />
ai NSD (OR= 0.63 95% IC 0.44-0.91). La presenza di microinvasione non è differente tra casi SD e NSD<br />
(OR=1.00 95% IC 0.72-1.37). Le analisi successive riguardano i CDIS. Non ci sono differenze tra casi SD e<br />
quelli NSD per quanto riguarda la morfologia comedonica (OR=0.96 95% IC 0.67-1.40). L’analisi sul grado<br />
nucleare considera gli 870 CDIS dei centri per i quali l’informazione è disponibile per almeno il 65% dei casi.<br />
Le lesioni SD hanno maggiore probabilità di avere grado alto rispetto alle NSD (OR= 1.68 95% IC 1.11-2.56);<br />
la proporzione di casi per la quale l’informazione sul grado è mancante è minore nei casi SD rispetto a quelli<br />
NSD (OR= 0.57 95% IC 0.35-0.92). L’analisi dei CDIS per il trattamento chirurgico mostra che i casi SD<br />
hanno probabilità più alta di avere chirurgia conservativa rispetto ai casi NSD (OR=1.53 95% IC 1.15-2.05) e<br />
minore probabilità di avere dissezione dei linfonodi ascellari (DA) (OR=0.75 95% IC 0.55-1.02); quest’ultimo<br />
risultato è confermato anche stratificando per tipo di chirurgia (conservativa o meno). L’informazione sul tipo<br />
di chirurgia è più completa per le lesioni SD rispetto a quelle NSD (OR= 0.06 95% IC 0.01-0.25). Secondo<br />
l’opinione di alcuni ricercatori una parte dei CIS rappresenterebbe sovradiagnosi, poiché solo alcuni di essi<br />
progrediscono verso lesioni invasive. Questa opinione è basata sull’idea che i casi diagnosticati clinicamente<br />
hanno peggiori caratteristiche istopatologiche rispetto alle lesioni identificate allo screening, cosicché ci si<br />
aspetta che i casi SD abbiano prognosi migliore con crescita più lenta, grado nucleare più basso e trattamento<br />
chirurgico meno invasivo.<br />
Questa idea non è confermata dai risultati di questo studio, almeno per quanto riguarda il grado nucleare. Le<br />
differenze osservate tra casi di CIS SD e quelli NSD sul trattamento chirurgico sono probabilmente spiegabili<br />
da una maggiore appropriatezza <strong>del</strong> trattamento entro i programmi di screening organizzato. I dati italiani <strong>del</strong>lo<br />
studio Impatto contribuiscono a tranquillizzare rispetto alla presenza, entro i casi SD, di un’ampia quota di<br />
sovradiagnosi. Questi risultati sottolineano la necessità di approfondire le analisi sui CIS, in modo da<br />
comprendere meglio la loro storia naturale, identificando i casi con prognosi peggiore e offrendo loro il più<br />
appropriato trattamento terapeutico.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(2): Screening -F-Aula Scienze - 16 ottobre pomeriggio<br />
INCIDENZA DEL TUMORE DEL COLLO DELL’UTERO E ADESIONE ALLO<br />
SCREENING IN DONNE ITALIANE E STRANIERE RESIDENTI IN PROVINCIA DI<br />
TRENTO<br />
Battisti L°, Piffer S°, Franchini S., Cappelletti M., Polla E*<br />
° Osservatorio Epidemiologico, * U.O. Anatomia Patoogica-Ospedale S.Chiara, Azienda Provinciale per i<br />
Servizi Sanitari, Trento<br />
Introduzione. I dati di incidenza e di mortalità per cervicocarcinoma a livello internazionale sottolineano<br />
marcate differenze tra i Paesi economicamente più sviluppati e quelli a forte pressione migratoria. Dall’inizio<br />
degli anni ’90 la popolazione femminile straniera residente in provincia di Trento è in continuo aumento<br />
esprimendo crescenti bisogni sanitari. In Trentino è attivo a partire dal 1993 un programma di screening<br />
organizzato indirizzato a tutte le donne residenti in età 25-65 anni. Prevede l’esecuzione <strong>del</strong> Pap-test ogni tre<br />
anni in presenza di test negativo, i controlli sono più ravvicinati per le donne con patologia.<br />
Obiettivi. Valutare il ricorso allo screening cervicovaginale e le eventuali differenze di rispondenza legate alla<br />
cittadinanza.<br />
Metodi. Sono stati analizzati i dati di incidenza per tumore al collo <strong>del</strong>l’utero (codice ICD9 180) per il periodo<br />
1995-2004 (fonte: Registro Tumori di popolazione <strong>del</strong>la provincia di Trento) e i dati di adesione allo screening<br />
pap test <strong>del</strong> triennio 2004-2006 (donne invitate ed esami eseguiti; fonte: Anatomia Patologica di Trento) ed<br />
esaminate le differenze per cittadinanza distinguendo tra italiane e straniere e scorporando quest’ultime per<br />
ripartizione geografica (Unione Europea a 15 Stati più Svizzera, Norvegia, S.Marino [UE], Est Europa, extra<br />
Europa). Sono state considerate aderenti le donne che hanno effettuato un Pap-test entro 1 anno e 4 mesi<br />
dall’invito (Gruppo Italiano Screening Cevicocarcinoma [GISCi]).<br />
Risultati. Il tasso di incidenza standardizzato sulla popolazione mondiale è in Trentino pari a 4 per 100.000<br />
(quadriennio 1999-2002), 8,1 in Italia e 16,2 nel mondo (Globocan 2002). Valutando il peso <strong>del</strong>le donne<br />
straniere sui casi incidenti e sulla popolazione residente si vede che queste proporzioni sono: 2,9% dei casi<br />
incidenti e 1,4% <strong>del</strong>la popolazione (1995-1998); 7,7% dei casi e 2,7% <strong>del</strong>la popolazione (1999-2002); 19,4%<br />
dei casi e 4,4% <strong>del</strong>la popolazione (2003-2004). Quindi non è possibile imputare la crescita <strong>del</strong>l’incidenza <strong>del</strong>le<br />
donne immigrate (2 casi nel quadriennio 1995-1998, 5 nel 1999-2002 e 7 nel biennio 2003-2004)<br />
all’incremento <strong>del</strong>la popolazione straniera femminile avvenuto negli anni. Nel triennio 2004-2006 sono state<br />
invitare allo screening 98.924 cittadine italiane con una rispondenza <strong>del</strong> 47,4% e 6.668 straniere che hanno<br />
risposto per il 27,1%, più nel dettaglio l’adesione per ripartizione geografica è la seguente: 33,3% UE, 25,9%<br />
Est Europa, 29,1%, Africa e Centro-Sud America, 22,7% Nord America-Oceania, 24,8% Asia.<br />
Conclusioni. In Trentino l’adesione allo screening, pur non raggiungendo un livello ottimale (46,1%), risulta<br />
maggiore alla media nazionale (36,7%) ed è sovrapponibile con quelli <strong>del</strong> Nord Italia (46,6%; GISCi anno<br />
2005). Esiste una forte discrepanza per cittadinanza. Particolarmente preoccupante è la bassa adesione <strong>del</strong>le<br />
donne <strong>del</strong>l’Est Europa, che rappresentano oltre il 60% <strong>del</strong>le straniere residenti in Trentino. Questo studio non<br />
prende in considerazione le donne straniere non residenti o irregolari e nemmeno l’adesione <strong>del</strong>le donne che<br />
eseguono l’esame privatamente. Entrambi questi limiti tendono a ridurre la differenza registrata tra donne<br />
italiane e straniere, che quindi sarà verosimilmente superiore a quella rilevata. Per ridurre le differenze tra<br />
italiane e straniere occorre sviluppare una strategia efficace di contatto <strong>del</strong>le donne straniere, unitamente ad una<br />
maggiore formazione degli operatori e un potenziamento <strong>del</strong>l’attività dei mediatori culturali, già per altro<br />
sviluppata in Trentino. Inoltre la struttura sanitaria dovrebbe attivare indagini qualitative al fine di individuare<br />
le necessità <strong>del</strong>le immigrate, gli elementi utili per migliorare le campagne informative e per facilitare l’accesso<br />
ai servizi.<br />
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Sessione parallela(2): Screening -F-Aula Scienze - 16 ottobre pomeriggio<br />
DIAGNOSI PRECOCE DEL TUMORE DELLA MAMMELLA: FATTORI PREDITTIVI DI<br />
ADESIONE ALLE LINEE GUIDA NAZIONALI<br />
Carrozzi G 1 , Bertozzi N 2 , Salmaso S 3 , Baldissera S 3 , De Mei B 3 , Ferrante G 3 , Minardi V 3 , Minelli G 3 ,<br />
Possenti V 3 , Bolognesi L 1 , Campostrini S 4 , D’Argenzio A 5 , Del Giovane C 1 , Fateh Moghadam P 6 , Menna S 7 ,<br />
Trinito MO 8 , Vasselli S 9 , Binkin N 3<br />
1 Dipartimento di Sanità Pubblica, AUSL Modena, 2 Dipartimento di Sanità Pubblica, AUSL Cesena, 3 CNESPS,<br />
Istituto Superiore di Sanità, Roma, 4 Dipartimento di Statistica Università Cà Foscari, Venezia, 5 Dipartimento<br />
di Prevenzione, ASL Caserta 2, 6 Servizio educazione alla salute, APSS Trento, 7 Agenzia Zadigroma, Roma,<br />
8 Dipartimento di Prevenzione, AUSL Roma C, 9 Direzione generale Prevenzione sanitaria Ministero <strong>del</strong>la Salute<br />
Introduzione. La neoplasia <strong>del</strong>la mammella è responsabile in Italia di circa 11.000 decessi all’anno (prima<br />
causa di morte per tumore nelle donne). Le raccomandazioni italiane ed europee suggeriscono l’effettuazione di<br />
una mammografia ogni due anni nelle donne di 50-69 anni. Secondo i dati <strong>del</strong>l’Osservatorio nazionale<br />
screening, in Italia nel 2006 l’estensione effettiva <strong>del</strong> programma di screening mammografico è stata pari al<br />
57%, con un rilevante gradiente Nord-Sud. Il Piano nazionale screening 2007-2009 si pone come obiettivo<br />
l’estensione totale <strong>del</strong>la copertura dei programmi regionali di screening sull’intero territorio nazionale.<br />
Obiettivi. Stimare la prevalenza di donne 50-69 anni che riferiscono di aver effettuato l’ultima mammografia<br />
secondo le indicazioni <strong>del</strong>le linee guida, compresa l’adesione spontanea; valutare fattori predittivi <strong>del</strong>la<br />
adesione, principali motivazioni <strong>del</strong>la non adesione ed efficacia <strong>del</strong>le principali strategie (lettera di invito,<br />
consiglio <strong>del</strong> sanitario, campagna informativa).<br />
Metodi. Si sono utilizzati i dati <strong>del</strong>la sorveglianza PASSI, coordinata da Ministero, CNESPS e Regioni, che<br />
prevede interviste telefoniche mensili condotte ad un campione di residenti di 18-69 anni mediante un<br />
questionario standardizzato somministrato da personale <strong>del</strong>le ASL appositamente formato; il campione è stato<br />
estratto dalle liste anagrafiche sanitarie con campionamento casuale stratificato per sesso ed età. Nel periodo<br />
aprile 2007-giugno 2008 hanno partecipato 20 Regioni/Province Autonome, con la raccolta di circa 35.000<br />
interviste complete (tasso di risposta 85%, rifiuti 10%). Nella fascia 50-69 anni sono state intervistate 6.316<br />
donne. Le analisi sono state condotte sul pool nazionale non pesato, a cui hanno contribuito 149 ASL (pari al<br />
75% <strong>del</strong>le ASL totali).<br />
Risultati. <strong>del</strong>le 6.316 donne intervistate di 50-69 anni, il 71,6% (IC95% 70,4-72,7%) ha riferito di aver<br />
effettuato una mammografia negli ultimi 2 anni (il 42% nell’ultimo anno); tra le donne che hanno riferito di<br />
non averla effettuata, la motivazione principale è stata “Penso di non averne bisogno” (48%). L’effettuazione<br />
<strong>del</strong>la mammografia ha mostrato un gradiente Nord-Sud: in particolare si osservano valori significativamente<br />
più alti al Nord Italia (78% IC95% 76,8-79,5) e significativamente più bassi al Sud (50% IC95% 46,9-53).<br />
L’adesione è significativamente più bassa nelle donne non coniugate/non conviventi (67% vs 73%), con età<br />
maggiore (60-69 anni 69% vs 74%), nelle donne con basso livello d’istruzione (70% vs 76%) e con difficoltà<br />
economiche (66% vs 78%). Il 69% <strong>del</strong>le donne intervistate ha riferito di aver ricevuto la lettera d’invito per la<br />
mammografia, il 61% il consiglio da parte di un operatore sanitario di effettuare l’esame e il 75% di aver<br />
visto/sentito campagne informative. I tre interventi vengono giudicati in genere rilevanti per l’effettuazione<br />
<strong>del</strong>l’esame (lettera 77%, consiglio 83%, campagna informativa 75%). Tra le donne che hanno riferito di aver<br />
ricevuto tutti e tre gli interventi (lettera, consiglio e campagna informativa) l’adesione è stata <strong>del</strong>l’82%, scende<br />
al 75% per chi ne ha ricevuti due, 59% per uno solo e 27% per chi non ha ricevuto alcun intervento.<br />
Dall’analisi multivariata risulta che i fattori predittivi significativi di effettuazione <strong>del</strong>la mammografia nei<br />
tempi raccomandati sono: non avere difficoltà economiche (OR 1,8 IC95% 1,5-2), l’aver ricevuto la lettera (OR<br />
2,8 IC95% 2,5-13), il consiglio sanitario (OR 2,9 IC95% 2,7-3,2) e la campagna informativa (OR 1,1 IC95%<br />
1,0-1,2).<br />
Conclusioni. la copertura riferita, comprensiva anche di una quota di adesione spontanea, conferma che il<br />
ricorso alla mammografia nella popolazione target raggiunge il valore accettabile per l’efficacia dei programmi<br />
(>60%) avvicinandosi a quello consigliato (75%), anche se rimane la necessità di ridurre le ampie differenze<br />
territoriali. I nostri risultati confermano la maggiore efficacia dei programmi di screening organizzati, nei quali<br />
si utilizzano gli strumenti più efficaci per aumentare l’adesione <strong>del</strong>la donna (lettera d’invito, consiglio sanitario<br />
e campagna informativa).<br />
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Sessione parallela(2): Tumori -G- Crociera Alta di Lettere - 16 ottobre pomeriggio<br />
CONOSCENZE SUI TUMORI CUTANEI E COMPORTAMENTI PREVENTIVI NEI<br />
PAZIENTI CON STORIA RECENTE DI CARCINOMA SQUAMOSO DELLA CUTE<br />
Renzi C a , Mastroeni S a , Mannooranparampil TJ a , Passarelli F b , Caggiati A c , Pasquini P a<br />
Istituto Dermopatico <strong>del</strong>l’Immacolata (IDI-IRCCS), Roma: a Laboratorio di <strong>Epidemiologia</strong> Clinica,<br />
b Laboratorio di Istopatologia, c Reparto di Chirurgia Plastica<br />
Introduzione. I tumori cutanei hanno visto un importante aumento di incidenza negli ultimi decenni nei paesi<br />
occidentali. I tumori <strong>del</strong>la cute non melanoma, inclusi il carcinoma squamoso <strong>del</strong>la cute (SCC) ed il basalioma,<br />
generalmente associati ad una bassa mortalità, nelle forme avanzate o aggressive possono causare notevoli<br />
distruzioni tissutali, con gravi conseguenze psicologiche e funzionali. L’impatto sui sistemi sanitari <strong>del</strong>le aree<br />
geografiche con alta incidenza è notevole in termini di morbilità e costi.<br />
Obiettivi. Gli obiettivi <strong>del</strong>lo studio sono la valutazione <strong>del</strong>le conoscenze sui tumori cutanei e l’analisi dei<br />
comportamenti preventivi nei pazienti con storia recente di SCC. Ulteriore obiettivo è la valutazione dei fattori<br />
associati all’adozione di comportamenti preventivi e al ritardo diagnostico.<br />
Metodi. E’ stato effettuato uno studio trasversale su un campione consecutivo di 315 pazienti con SCC trattati<br />
nei 24 mesi precedenti all’arruolamento presso l’Istituto Dermopatico <strong>del</strong>l’Immacolata IDI-IRCCS di Roma.<br />
Tramite un’intervista telefonica sono state raccolte informazioni riguardo le caratteristiche sociodemografiche,<br />
la storia clinica, il percorso diagnostico, le conoscenze sui tumori <strong>del</strong>la pelle, le abitudini<br />
riguardo l’esposizione solare e gli esami di controllo <strong>del</strong>la pelle, le raccomandazioni ricevute dai medici<br />
prima e dopo la diagnosi di SCC.<br />
Risultati. Le conoscenze sui tumori cutanei sono risultate medio-basse per il 48.9% <strong>del</strong> campione. I medici<br />
sono stati indicati come la principale fonte di informazione sui tumori cutanei dal 24.4% dei pazienti. Un esame<br />
completo <strong>del</strong>la pelle successivo all’asportazione <strong>del</strong> tumore cutaneo è stato effettuato dal 32.7% dei pazienti<br />
operati da almeno 12 mesi. La regressione logistica multipla ha evidenziato che la probabilità di aver effettuato<br />
un esame completo <strong>del</strong>la pelle era significativamente maggiore per i pazienti a cui il medico aveva consigliato<br />
di effettuare dei controlli (OR=2.29; 95%CI:1.2-4.4), nei pazienti con conoscenze maggiori (OR=2.05;<br />
95%CI:1.1-3.8) e per i pazienti che già in passato avevano effettuato controlli (OR=3.62; 95%CI:1.9-7.0). Il<br />
41.6% <strong>del</strong> campione non usa mai o usa solo raramente una protezione solare. I consigli medici circa altri<br />
comportamenti preventivi sono stati trovati associati ad una maggiore probabilità che i pazienti adottino tali<br />
comportamenti. La regressione logistica multipla ha altresì evidenziato che la presenza di sintomi, avere una<br />
storia passata di tumori cutanei ed essersi rivolto ad un medico di famiglia, piuttosto che ad altri specialisti,<br />
come primo approccio per il problema dermatologico, sono fattori associati ad un minor ritardo diagnostico; al<br />
contrario un tumore cutaneo insorto su una precedente lesione cronica è associato ad un maggiore ritardo<br />
diagnostico (OR=3.44; 95%CI 1.3-9.2).<br />
Conclusioni. Il nostro studio ha evidenziato un insoddisfacente livello di conoscenze sui tumori cutanei e sui<br />
fattori di rischio ed una limitata adozione di comportamenti mirati alla prevenzione e alla diagnosi precoce dei<br />
tumori cutanei. Ciò sottolinea la necessità di interventi mirati a migliorare le conoscenze e la prevenzione,<br />
particolarmente tra le persone a maggior rischio. E’ necessario inoltre informare le persone sull’importanza di<br />
rivolgersi ad un medico non solo per l’insorgenza di nuove lesioni <strong>del</strong>la pelle, ma anche qualora si verifichino<br />
cambiamenti nelle lesioni pre-esistenti, dedicando particolare attenzione alle zone <strong>del</strong> corpo non facilmente<br />
visibili.<br />
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EFFETTO DI OBESITÀ ED ALTRI STILI DI VITA SULLA SOPRAVVIVENZA NELLE<br />
DONNE CON TUMORE DELLA MAMMELLA<br />
Dal Maso L¹, Zucchetto A¹, Talamini R¹, Serraino D¹,², Stocco CF³, Vercelli M4, Falcini F5, Franceschi S6<br />
¹CRO Aviano, ²RT Friuli Venezia Giulia, ³RT Veneto-IOV IRCCS, 4RT Ligure IST/Università di Genova, 5RT<br />
Romagna, 6IARC Lione.<br />
Introduzione. La sopravvivenza dopo la diagnosi di tumore <strong>del</strong>la mammella dipende in larga misura dalla<br />
caratteristiche biologiche <strong>del</strong> tumore e dall’appropriatezza dei trattamenti. Studi recenti hanno mostrato che<br />
alcuni comportamenti prima <strong>del</strong>la diagnosi possono avere un impatto sulla sopravvivenza di lungo periodo<br />
<strong>del</strong>le pazienti.<br />
Obiettivi. Lo studio, primo <strong>del</strong> genere in Sud Europa, si è proposto di valutare in che misura i fattori<br />
potenzialmente modificabili (comportamenti e stili di vita) abbiano anche un impatto sulla mortalità, sia<br />
complessiva che specifica per tumore <strong>del</strong>la mammella, dopo la neoplasia.<br />
Metodi. La popolazione studiata include 1453 donne con tumore invasivo <strong>del</strong>la mammella diagnosticato tra il<br />
1991 ed il 1994, intervistate nell’ambito di uno studio caso-controllo italiano multicentrico e residenti in<br />
un’area coperta da un Registro Tumori (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Liguria e Romagna). Il follow-up <strong>del</strong>lo<br />
stato in vita <strong>del</strong>le pazienti è stato effettuato, attraverso una procedura di record-linkage (SALI) che salvaguarda<br />
l’anonimità <strong>del</strong> paziente, incrociando l’archivio dei casi e le anagrafi sanitarie regionali. Meno <strong>del</strong> 3% dei casi<br />
arruolati non sono stati rintracciati nelle anagrafi sanitarie. Al fine di distinguere le morti legate al tumore <strong>del</strong>la<br />
mammella dalle altre, tutte le cause di morte sono state riviste manualmente dal personale dei Registri Tumori.<br />
Fino al 2006 (durata mediana <strong>del</strong> follow-up 12,6 anni), sono state registrate 503 morti totali, di cui 398 per<br />
tumore <strong>del</strong>la mammella. Gli hazard ratios (HR) ed i rispettivi intervalli di confidenza al 95% (IC95%) sono<br />
stati calcolati usando mo<strong>del</strong>li proporzionali di Cox aggiustati per età, centro e per le principali caratteristiche<br />
<strong>del</strong> tumore (TNM e recettori estrogenici e progestinici).<br />
Risultati. La proporzione di donne vive dopo 5 e 10 anni dalla diagnosi di tumore <strong>del</strong>la mammella è<br />
risultata rispettivamente <strong>del</strong>l’84% (IC95%: 82%-86%) e <strong>del</strong> 72% (IC95%: 70%-75%), senza differenze<br />
significative tra le aree.<br />
Le donne con Indice di Massa Corporea (IMC) 30 kg/m² (obese) hanno mostrato rischi di morte aumentati per<br />
tumore <strong>del</strong>la mammella (HR=1,4; IC95%: 1,0-1,9), rispetto alle donne con IMC
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RISCHIO DI TUMORE NEL TESTICOLO NORMALMENTE DISCESO IN PERSONE<br />
CON TESTICOLO RITENUTO UNILATERALE: META-ANALISI DI 12 STUDI<br />
Richiardi L 1 , Akre O 1,2<br />
1 <strong>Epidemiologia</strong> dei Tumori, Università di Torino e CPO Piemonte; 2 Clinical Epidemiology Unit, Karolinska<br />
Institutet, Stoccolma, Svezia<br />
Introduzione. Il criptorchidismo, o testicolo ritenuto, è uno dei pochi fattori di rischio noti per il tumore <strong>del</strong><br />
testicolo. Ci sono due possibili meccanismi, non mutuamente esclusivi, che potrebbero spiegare questa<br />
associazione: 1. Il criptorchidismo e il tumore <strong>del</strong> testicolo condividono fattori di rischio prenatali (essendo il<br />
criptorchidismo il più <strong>del</strong>le volte congenito) e/o una predisposizione genetica; 2. La posizione ectopica <strong>del</strong><br />
testicolo causa il tumore. La distinzione tra questi due meccanismi è importante sia dal punto di vista<br />
eziologico, sia da quello clinico. Infatti, la posizione ectopica come causa <strong>del</strong> tumore suggerirebbe non solo che<br />
esposizioni post-natali possano avere un ruolo nell’insorgenza <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong> testicolo, ma anche che sia<br />
possibile ridurre il rischio di questo tumore nelle persone con criptorchidismo tramite l’operazione chirurgica di<br />
fissazione <strong>del</strong> testicolo nello scroto (orchiopessi). Un’indicazione su quale dei due meccanismi sia implicato<br />
potrebbe venire dagli studi sul rischio di tumore <strong>del</strong> testicolo in pazienti con criptorchidismo unilaterale. Un<br />
rischio di tumore simile nel testicolo ritenuto e in quello normalmente disceso suggerirebbe l’esistenza di<br />
fattori di rischio condivisi, mentre un rischio più alto nel testicolo ritenuto suggerirebbe un ruolo <strong>del</strong>la<br />
posizione ectopica. Poiché però il tumore <strong>del</strong> testicolo ha una bassa incidenza (5 casi ogni 100.000 abitanti<br />
anno in Italia) e il criptorchidismo ha una prevalenza <strong>del</strong>l’1-2%, tutti gli studi fin’ora condotti comprendono un<br />
numero insufficiente di casi esposti per poter dare <strong>del</strong>le indicazioni su questo problema.<br />
Obiettivi. Abbiamo condotto una meta-analisi sugli studi che hanno valutato il rischio di tumore <strong>del</strong> testicolo<br />
separatamente per il testicolo ritenuto e quello controlaterale normalmente disceso.<br />
Metodi. Abbiamo condotto una ricerca per identificare tutti gli studi analitici sull’associazione tra<br />
criptorchidismo e tumore <strong>del</strong> testicolo che riportassero separatamente il rischio per il testicolo ipsilaterale<br />
(ritenuto) e quello controlaterale (normalmente disceso). Una ricerca per parole-chiave non è stata possibile in<br />
quanto l’analisi <strong>del</strong> rischio di tumore <strong>del</strong> testicolo in base alla lateralità non era mai lo scopo principale degli<br />
studi e i risultati erano raramente riportati negli abstract. Gli studi sono stati allora identificati tramite scrutinio<br />
manuale di articoli selezionati con una ricerca più vasta sugli studi sui fattori di rischio per tumore <strong>del</strong> testicolo.<br />
Per aumentare la sensibilità <strong>del</strong>la ricerca abbiamo controllato gli articoli citati negli studi progressivamente<br />
selezionati. In questo modo sono stati identificati 11 studi caso-controllo ed 1 studio di coorte. Per ciascuno<br />
studio, abbiamo calcolato l’odds ratio grezzo e l’intervallo di confidenza (IC) al 95% utilizzando, per i casi, le<br />
informazioni riportate sulla distribuzione <strong>del</strong>la lateralità <strong>del</strong> criptorchidismo rispetto al tumore e, per i controlli,<br />
le informazioni sul numero di soggetti con criptorchidismo unilaterale. Un unico studio riportava nel testo<br />
anche le stime aggiustate degli odds ratio separatamente per lateralità. Per questo studio, le nostre stime grezze<br />
erano sostanzialmente simili a quelle aggiustate. Abbiamo calcolato la stima pooled <strong>del</strong> rischio relativo (RR)<br />
utilizzando un approccio meta-analitico ad effetti fissi ed il software STATA.<br />
Risultati. In totale, i dodici studi <strong>del</strong>la meta-analisi includevano 199 casi di tumore <strong>del</strong> testicolo con<br />
criptorchidismo unilaterale. Rispetto ai pazienti senza criptorchidismo, il testicolo ritenuto era associato ad un<br />
RR di tumore di 6.33 (95% IC: 4.30-9.31), mentre il testicolo controlaterale aveva un RR di 1.74 (95% IC:<br />
1.01-2.98). Non c’era evidenza di eterogeneità tra gli studi (stime <strong>del</strong>l’ i 2 prossime allo 0%) .<br />
Conclusioni. In persone con criptorchidismo unilaterale, il rischio di tumore <strong>del</strong> testicolo è aumentato<br />
soprattutto nel testicolo ritenuto, ma anche in quello controlaterale. Questo suggerisce che l’associazione tra<br />
criptorchidismo e tumore <strong>del</strong> testicolo sia spiegata sia da fattori di rischio condivisi tra queste due malattie, sia<br />
da un effetto cancerogeno, diretto o indiretto, <strong>del</strong>la posizione ectopica <strong>del</strong> testicolo. Questo secondo<br />
meccanismo sembrerebbe rivestire un ruolo maggiore. Potrebbe quindi essere possibile ridurre il rischio di<br />
tumore <strong>del</strong> testicolo in pazienti con criptorchidismo, effettuando l’orchiopessi in età precoce.<br />
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GLI ELEMENTI DI INNOVAZIONE NEGLI SCREENING: L’ESEMPIO DEI TUMORI<br />
DELLA CERVICE UTERINA<br />
Guglielmo Ronco<br />
CPO Piemonte<br />
Lo striscio citologico cervicale (Pap-test) è stato utilizzato per molti anni come test primario per lo screening<br />
<strong>del</strong> cancro <strong>del</strong> collo <strong>del</strong>l’utero. La sensibilità <strong>del</strong> Pap-test è relativamente limitata ma, la lunga durata <strong>del</strong>la fase<br />
preclinica ha consentito di raggiungere comunque alti livelli di protezione. Certamente l’aspetto più<br />
determinante nella riduzione <strong>del</strong>l’incidenza di Ca cervicale nella popolazione è la copertura di screening. Negli<br />
ultimi anni si sono rese disponibili una serie di innovazioni. Da un lato sono stati proposte nuove tecnologie<br />
sempre legate alla citologia (lettura computer-assistita e prelievi in fase liquida con la preparazione di vetrini in<br />
strato sottile). Dall’altro si sono avuti notevoli progressi nella comprensione <strong>del</strong>l’eziologia e <strong>del</strong>la storia<br />
naturale, che hanno portato a stabilire che l’infezione persistente da parte di alcuni tipi di papilloma virus<br />
umano è necessaria, anche se non sufficiente, per la comparsa di tumori cervicali e di lesioni precancerose. Ciò<br />
ha condotto alla proposta di utilizzare la ricerca <strong>del</strong> DNA virale come test di screening. In Italia è in corso un<br />
trial randomizzato multicentrico su nuove tecnologie per lo screening <strong>del</strong> cervicocarcinoma (lo studio NTCC).<br />
Gli studi sulle nuove tecnologie morfologiche sono numerosi ma pochi sono di qualità elevata. In molti casi si<br />
tratta di studi che paragonano popolazioni diverse senza assegnazione casuale ed a volte basati sul doppio test<br />
<strong>del</strong>le stesse donne. Un unico studio randomizzato finlandese sulla lettura computer-assistita ha mostrato<br />
sensibilità e specificità analoghe a quelle <strong>del</strong>la citologia convenzionale. Un unico studio randomizzato (italiano,<br />
NTCC) sulla citologia in fase liquida non ha dimostrato un aumento di sensibilità rispetto alla citologia ma ha<br />
registrato una diminuzione di valore predittivo positivo (VPP). Peraltro uno studio australiano basato sul<br />
doppio test <strong>del</strong>le stesse donne ha mostrato un aumento di sensibilità <strong>del</strong>la citologia liquida con lettura computer<br />
assistita rispetto alla citologia convenzionale. In generale il vantaggio di queste tecnologie pare più relativo ad<br />
aspetti “di processo” quali la riduzione dei carichi di lavoro e la riduzione dei preparati inadeguati. La ricerca<br />
molecolare <strong>del</strong> DNA di tipi oncogeni di papilloma virus umano è stata inizialmente proposta come test di<br />
“triage” per le donne con alterazioni citologiche equivoche. Questa applicazione è da considerare validata.<br />
L’uso più interessante è peraltro come test primario di screening. Diversi studi, sia basati sul doppio test che<br />
trial randomizzati, hanno dimostrato che il test HPV è più sensibile <strong>del</strong>la citologia per lesioni precancerose “di<br />
alto grado” (un rapporto <strong>del</strong>l’ordine di 1.6) anche se meno specifico. L’uso combinato di citologia e test HPV<br />
entrambi come test primari (cioè inviando in colposcopia sia tutte le donne HPV positive sia tutte quelle con<br />
alterazioni citologiche) aumenta ulteriormente la sensibilità in modo trascurabile rispetto al solo test HPV ma<br />
diminuisce ulteriormente la specificità in modo marcato. Di conseguenza il test HPV, se usato come test di<br />
screening dovrebbe essere l’unico test primario. Anche in questo modo, tuttavia, la perdita di sensibilità –<br />
dovuta al fatto che molte infezioni regrediscono spontaneamente senza causare lesioni precancerose - è limitata<br />
in termini assoluti ma, data la bassa prevalenza di lesioni precancerose, la riduzione <strong>del</strong> VPP è rilevante (un<br />
rapporto di <strong>del</strong>l’ordine di 0.6). Di conseguenza sono state ipotizzate e in parte studiate diverse strategie per<br />
aumentare la specificità. La più studiata consiste nel sottoporre le donne HPV positive a triage citologico. Le<br />
donne che hanno anche anomalie citologiche vengono immediatamente inviate in colposcopia mentre quelle<br />
con citologia normale vengono ri-testate e inviate in colposcopia solo se permangono positive, sulla base <strong>del</strong><br />
fatto che solo le infezioni persistenti sono rilevanti per la cancerogenesi. Altre strategie basate sulla<br />
genotipizzazione, sulla determinazione <strong>del</strong>la carica virale, sulla presenza di RNA degli oncogeni virali E6 ed<br />
E7 o su markers biologici (es. la sovra espressione <strong>del</strong>la proteina p16) sono allo studio. All’interno <strong>del</strong> trial<br />
NTCC lo screening primario con test HPV seguito da triage mediante immunoistochimica per p16 ha<br />
dimostrato di permettere un guadagno cospicuo in termini di sensibilità rispetto alla citologia convenzionale<br />
(un rapporto di circa 1.5) senza aumentare l’invio in colposcopia. Un aspetto cruciale è se le lesioni<br />
precancerose trovate in più con il test HPV rispetto alla citologia siano clinicamente rilevanti. Due trial<br />
randomizzati, condotti in donne con almeno 30 anni e che utilizzavano il test HPV con triage citologico, hanno<br />
mostrato che ad un aumento sostanziale <strong>del</strong>le lesioni individuate con tale strategia al reclutamento corrisponde<br />
una pari diminuzione al round di screening successivo. Ciò suggerisce che il test HPV consente di individuare<br />
in anticipo rispetto alla citologia lesioni persistenti per la durata <strong>del</strong> round di screening, quindi clinicamente<br />
rilevanti. Inoltre la bassissima frequenza di lesioni al round di screening successivo nelle donne che al round<br />
precedente erano HPV-negative – osservata anche nei dati preliminari <strong>del</strong>lo studio NTCC - fa ritenere che si<br />
possano utilizzare intervalli di screening prolungati in queste donne. Intervalli di screening prolungati<br />
avrebbero evidenti vantaggi e potrebbero permettere di raggiungere coperture più elevate nel corso<br />
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<strong>del</strong>l’intervallo. Nelle donne più giovani la frequenza di infezione è molto alta e la specificità <strong>del</strong> test HPV è<br />
bassa. Nonostante questo, nel trial NTCC in donne di 25-34 anni il test HPV con triage citologico e re-test a 1<br />
anno <strong>del</strong>le donne HPV positive con citologia normale ha permesso un buon aumento di sensibilità (rapporto<br />
1.5) rispetto alla citologia convenzionale con solo una piccola perdita di VPP (rapporto 0.78). Alla stessa età il<br />
test HPV con invio diretto ha mostrato un aumento di sensibilità molto maggiore (rapporto 3.5) che tuttavia, se<br />
paragonato al precedente, suggerisce che la maggior parte <strong>del</strong>le lesioni in più trovate con questo approccio<br />
siano regressive. Quindi il test HPV con invio diretto è da evitare nelle donne più giovani. La vaccinazione<br />
profilattica per i tipi oncogeni HPV16 e 18 avrà certamente un notevole impatto sullo screening e richiederà di<br />
adottare protocolli meno aggressivi - per evitare il rischio di sovra trattamento - e meno costosi. Sarà necessario<br />
coordinare la prevenzione primaria e secondaria senza che l’una diminuisca i benefici <strong>del</strong>l’altra ed evitare che<br />
l’innovazione risulti in aumenti di costo con incrementi minimi di benefici di salute.<br />
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VARIABILITA’ DELLE PROCEDURE DI FOLLOW-UP IN GINECOLOGIA<br />
ONCOLOGICA IN PIEMONTE: RISULTATI DI UNO STUDIO MULTICENTRICO DI<br />
PAZIENTI TRATTATE PER CARCINOMA DELL’ENDOMETRIO<br />
Evangelista A 1 , Fuso L 2,3 , Ciccone G 1 , Lampis 2,3 , Perotto S 2,3 , Zola P 2,3 e “Gruppo Italiano per il Follow Up in<br />
Ginecologia Oncologica”<br />
1 <strong>Epidemiologia</strong> dei Tumori, ASO San Giovanni Battista, CPO Piemonte, Torino, 2 Dipartimento di Discipline<br />
Ginecologiche e Ostetriche, Università di Torino, 3 Istituto per la Ricerca e la Cura <strong>del</strong> Cancro, Candiolo, Torino<br />
Introduzione. Negli ultimi anni il costo per la cura e la diagnosi <strong>del</strong>le patologie oncologiche è cresciuto in ragione<br />
<strong>del</strong>l’introduzione di nuovi farmaci e procedure diagnostiche. Per i tumori ginecologici, una revisione <strong>del</strong>la letteratura ha<br />
suggerito come le procedure di follow-up sarebbero in larga parte adottate senza adeguate valutazioni di costo-efficacia. Per<br />
questi motivi, la Rete Oncologica Piemonte -Valle d’Aosta ha realizzato un sistema di monitoraggio multicentrico<br />
finalizzato a quantificare e qualificare le procedure adottate nel follow-up post-intervento di donne con diagnosi di tumore<br />
ginecologico. Sono qui riportati i risultati preliminari riguardanti il carcinoma <strong>del</strong>l’Endometrio (CE).<br />
Obiettivi. L’obiettivo di questo lavoro è quello di identificare le determinanti <strong>del</strong>la prescrizione, nel corso <strong>del</strong>le visite di<br />
follow-up di donne con diagnosi di CE, di due distinti esami diagnostici: la Tomografia Computerizzata <strong>del</strong>l’addome (TCa)<br />
e l’ecografia addomino-pelvica (ECOap) valutando:<br />
I predittori <strong>del</strong>la prescrizione sulla base di caratteristiche <strong>del</strong>la paziente e <strong>del</strong> centro di cura.<br />
La parte di variabilità non spiegata dai predittori nella prescrizione degli esami e riferibile alle pazienti ed ai centri di cura.<br />
Metodi. L’analisi è stata condotta su 741 visite di follow-up post-intervento effettuate da 215 donne con diagnosi di CE,<br />
afferenti 26 centri <strong>del</strong>la regione Piemonte e trattate radicalmente tra il 1/Agosto/2004 il 31/Luglio/2005.<br />
Per ciascuna visita sono state rilevate le procedure diagnostiche effettuate riportando i casi in cui è stata eseguita una TCa o<br />
una ECOap.<br />
Le probabilità di esecuzione di una TCa e di una ECOap sono state stimate attraverso due mo<strong>del</strong>li di regressione logistica<br />
multilivello con intercetta casuale. Le visite costituivano le unità di primo livello, le pazienti con CE le unità di secondo<br />
livello e i centri le unità di terzo livello. Come variabile esplicativa di primo livello è stato considerato il numero di giorni<br />
intercorsi dall’ultima visita effettuata. Le variabili di secondo livello, misurate sulla paziente, sono state: età alla prima<br />
visita, stadio <strong>del</strong>la malattia (I-IV), presenza di sintomi di recidiva. Le variabili di terzo livello, misurate sul centro, sono<br />
state la tipologia <strong>del</strong>l’unità (Ginecologia, Radioterapia, Oncologia, Altro) e il numero di pazienti afferenti la struttura.<br />
Risultati. Nel corso 741 visite di follow-up, sono state eseguite 101(14%) TCa e 225(30%) ECOap. Il tempo mediano<br />
intercorso tra due visite successive è stato di 154 giorni (IQR, 102-203).<br />
Le 215 pazienti presentavano alla prima visita un’età mediana di 69 anni (IQR, 60-75). La distribuzione per stadio di<br />
malattia è risultata la seguente: 150(70%) stadio I, 23(11%) stadio II, 37(17%) stadio III e 5(2%) stadio IV. Nel corso <strong>del</strong><br />
follow-up, 11(5%) donne avevano mostrato sintomi di recidiva.<br />
TCa. L’analisi multilivello ha evidenziato come il 21% <strong>del</strong>la variabilità complessiva nella esecuzione di una TCa è<br />
attribuibile al livello centro. Per il livello paziente tale proporzione è stata stimata all’1%. Lo stadio <strong>del</strong>la malattia, valutato<br />
a livello paziente, è stato individuato nel mo<strong>del</strong>lo come predittore indipendente (Stadio III-IV versus stadio I: OR 3.74,<br />
p
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ETA’ MATERNA E LEUCEMIA INFANTILE: UN RISCHIO CHE CAMBIA NEL TEMPO<br />
Maule M 1 , Vizzini L 1 , Czene K 2 , Akre O 1,3 , Richiardi L 1<br />
1 Unità di <strong>Epidemiologia</strong> dei Tumori, Università degli Studi di Torino, Italia, 2 Department of Medical<br />
Epidemiology and Biostatistics, Karolinska Institutet, Stockholm, Sweden, 3 Clinical Epidemiology Unit,<br />
Department of Medicine, Karolinska University Hospital, Karolinska Institutet, Stockholm, Sweden.<br />
Introduzione. L’eziologia <strong>del</strong>la leucemia infantile rimane sostanzialmente sconosciuta. Si ritiene che il<br />
processo di cancerogenesi inizi con l’acquisizione di una traslocazione genetica in fase fetale e progredisca in<br />
leucemia attraverso un evento postnatale indotto da un’esposizione ambientale. Numerosi studi hanno<br />
analizzato l’associazione fra leucemia infantile ed età materna, come surrogato di possibili esposizioni<br />
ambientali oppure <strong>del</strong>l’accumulo di danni genetici alle cellule germinali materne. I risultati prodotti sono<br />
discordanti. In particolare, il rischio di leucemia pare aumentare con l’età materna negli studi più datati, ma non<br />
in quelli più recenti. In Svezia sono stati condotti sei studi epidemiologici in diversi periodi compresi fra il<br />
1960 e il 2000: un’associazione fra età materna e leucemia infantile è stata trovata nei tre studi di coorte ma<br />
non nei tre studi caso-controllo.<br />
Obiettivi. L’obiettivo di questo studio è di stimare l’associazione fra età materna e rischio di leucemia infantile<br />
nei bambini da 1 a 5 anni (classe di età in cui la leucemia ha un picco di incidenza) nati in Svezia a partire dal<br />
1960, e verificare se tale associazione sia diversa in diverse coorti di nascita materne.<br />
Metodi. La popolazione in studio è stata identificata attraverso il linkage <strong>del</strong> Registro Tumori Nazionale<br />
Svedese, attivo dal 1958, e il Registro Multi-Generazionale Svedese, che contiene le informazioni anagrafiche<br />
dei genitori di tutti gli individui nati in Svezia dal 1932. E’ stata così ricavata l’incidenza di leucemia dal 1961<br />
al 2004 nei bambini da 1 a 5 anni nati dal 1960 al 1999 per ciascuna combinazione di anno di nascita <strong>del</strong><br />
bambino e <strong>del</strong>la madre. Sono stati calcolati la variazione percentuale annua (APC) e i rapporti fra tassi di<br />
incidenza (RR) di leucemia, totali e stratificati per classe di età <strong>del</strong>la madre al momento <strong>del</strong> parto. L’interazione<br />
fra età materna e anno di nascita <strong>del</strong> bambino è stata testata mediante il test <strong>del</strong> rapporto di verosimiglianza.<br />
Risultati. Abbiamo osservato 1562 casi di leucemia. L’APC per i bambini nati dal 1960 al 1999 è 1.0 (IC 95%<br />
0.51;1.49). Il trend in aumento è limitato ai bambini con madri sotto i 30 anni al parto: stratificando per età<br />
materna, l’APC diminuisce da 1.66 (0.68;2.65) per bambini con madri 24 anni a 0.23 (-0.93;1.40) per quelli<br />
con madri 35 anni (test per la modificazione di effetto: p=0.021). I tassi di incidenza aumentano nel tempo<br />
per i bambini nati dalle madri più giovani (< 30 anni) fino a raggiungere gli stessi tassi di incidenza dei bambini<br />
nati da madri più anziane ( 30 anni). I tassi di incidenza diventano simili e pressoché costanti (7-8 casi per<br />
100 000 anni-persona) per i bambini con madri nate a partire dal 1955. I RR per bambini nati dalle madri più<br />
anziane rispetto a quelli con madri più giovani sono 2.42 (1.31-4.67), 1.68 (1.00-2.72), 1.34 (0.87-2.01) e 0.87<br />
(0.46-1.54) per madri nate nei periodi 1930-1934, 1940-44, 1950-54 e 1960-1964, rispettivamente.<br />
Conclusioni. L’associazione fra rischio di leucemia infantile ed età materna è presente nelle coorti di nascita<br />
materne più vecchie ma sparisce in quelle più recenti. Questo studio mostra come i risultati dei lavori<br />
precedenti non siano in realtà contradditori: in Svezia, l’età materna ha avuto un effetto sul rischio di leucemia<br />
infantile in passato; tale rischio si è modificato nel tempo, cosicché studi condotti in periodi diversi sono stati o<br />
meno in grado di identificarlo. Questo studio suggerisce inoltre che il rischio di leucemia possa essere associato<br />
ad un’esposizione ambientale <strong>del</strong>le madri che è cambiata nel corso <strong>del</strong> tempo.<br />
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Sessione parallela(2): Sistemi informativi -H- Crociera Alta di Giurisprudenza - 16 ottobre pomeriggio<br />
PROBABILITÀ DI RICEVERE UN TRAPIANTO RENALE E LIVELLO DI ISTRUZIONE<br />
DELLE PERSONE IN DIALISI CRONICA NEL LAZIO<br />
Di Napoli A, Di Lallo D, Valle S, Chicca S, Giarrizzo ML,<br />
Registro Dialisi <strong>del</strong> Lazio. Laziosanità - Agenzia di Sanità Pubblica <strong>del</strong>la Regione Lazio, Roma, Italia<br />
Introduzione. Il tasso di trapianto renale nel Lazio è molto più basso di quello di regioni <strong>del</strong>l’Italia<br />
settentrionale o di altri paesi industrializzati, come Spagna e Stati Uniti. Alcuni studi hanno osservato<br />
differenze nella probabilità di essere inseriti in lista d’attesa e nel ricevere un trapianto renale, legate a fattori<br />
socio-demografici, quali il sesso, l’etnia, il reddito. Il livello di istruzione, come indicatore <strong>del</strong>lo status socioeconomico,<br />
può rivelare altri fattori, associati a risorse individuali e sociali <strong>del</strong> paziente, che concorrano ad<br />
individuarlo come candidato al trapianto.<br />
Obiettivi. Valutare l’effetto <strong>del</strong> livello di istruzione <strong>del</strong> paziente sull’accesso al trapianto renale tra i soggetti<br />
entrati in dialisi cronica nel Lazio.<br />
Metodi. Tutti i 3677 pazienti di età 19–64 anni, incidenti in dialisi cronica dal 1-1-1995 al 31-12-2006,<br />
notificati al Registro Dialisi <strong>del</strong> Lazio (RDL), sono stati arruolati e seguiti fino al momento <strong>del</strong> trapianto o <strong>del</strong><br />
decesso; 509 soggetti sono stati poi esclusi dall’analisi, perché giudicati non idonei al trapianto dai nefrologi. È<br />
stata confrontata l’incidenza cumulativa <strong>del</strong> trapianto tra differenti livelli di istruzione (elementare/media<br />
inferiore, media superiore, laurea). Si è valutato l’effetto <strong>del</strong> livello di istruzione sull’accesso a un trapianto<br />
renale con un mo<strong>del</strong>lo di regressione multivariato di Cox, aggiustato per età, sesso, nefropatia di base, presenza<br />
di diabete, stato HCV, tipo di dialisi, livello di ematocrito e di albumina, grado di autonomia personale.<br />
Risultati. Un totale di 750 pazienti (23,6%) ha ricevuto un trapianto renale nei 12 anni successivi all’inizio<br />
<strong>del</strong>la terapia renale sostitutiva. La figura mostra la più elevata probabilità di incidenza cumulativa di trapianto<br />
osservata per persone laureate (0,43; IC95%=0,35-0,52) o diplomate (0,51; IC95%=0,46-0,56) rispetto a<br />
persone con titolo di studio fino alla media inferiore (0,27; IC95%=0,24-0,30). L’analisi multivariata di Cox ha<br />
mostrato che il livello di istruzione era un determinante indipendente <strong>del</strong> ricevere un trapianto: HR=1,63<br />
(IC95%=1,38-1,93) per pazienti diplomati e HR=1,88 (IC95%=1,50-2,36) per quelli laureati, rispetto a pazienti<br />
con titolo di studio fino alla media inferiore.<br />
0.60<br />
Probabilità cumulativa di trapianto, per livello di istruzione<br />
0.50<br />
0.40<br />
diploma superiore<br />
laurea<br />
0.30<br />
fino a media inferiore<br />
0.20<br />
0.10<br />
0.00<br />
Log-rank test, p
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(2): Sistemi informativi -H- Crociera Alta di Giurisprudenza - 16 ottobre pomeriggio<br />
LA BANCA DATI “MA.CRO” DEGLI ASSISTITI PER PATOLOGIE CRONICHE:<br />
COSTRUZIONE, PREVALENZE E APPLICAZIONI<br />
Pasqua A. 1 , Gini R. 1 , Francesconi P. 1 , Calderoni R. 1 , Barchielli A 2<br />
1 Osservatorio di <strong>Epidemiologia</strong>, Agenzia Regionale di Sanità <strong>del</strong>la Toscana,<br />
2 Unita di epidemiologia, Azienda Sanitaria 10 di Firenze<br />
Introduzione. Una <strong>del</strong>le sfide proposte dal prossimo piano sanitario <strong>del</strong>la Toscana è quella relativa al nuovo approccio nei<br />
confronti <strong>del</strong>la cronicità: la sanità di iniziativa. Tale approccio, che inizia con la conoscenza analitica dei bisogni di salute<br />
su cui si decide di intervenire, necessita <strong>del</strong>l’utilizzo di banche dati ad hoc. L’Agenzia Regionale di Sanità <strong>del</strong>la Toscana ha<br />
creato sulla base dei flussi sanitari correnti la banca dati “Ma.Cro.”, relativa a gran parte <strong>del</strong>le malattie croniche cui si<br />
rivolge il Piano Sanitario Regionale, e che può supportare la prevenzione, l'assistenza sanitaria territoriale e l'integrazione<br />
socio-sanitaria.<br />
Obiettivi. Identificare gli assistiti in carico al sistema sanitario per almeno una <strong>del</strong>le seguenti patologie: infarto miocardico<br />
acuto, cardiopatia ischemica, stroke, diabete, malattie polmonari croniche (MPCO), BPCO, scompenso cardiaco, demenza.<br />
Verificare se a ciascuno degli assistiti identificati sono applicate le linee guida nella gestione <strong>del</strong>la patologia.<br />
Aggregare le misure di aderenza alle linee guida a livello di singolo MMG, di gruppo di MMG, di zona-distretto per fornire<br />
la base conoscitiva per i processi di miglioramento.<br />
Stimare l'assorbimento di risorse atteso (a livello di ASL e Regione) in caso di più estesa applicazione <strong>del</strong>le linee guida.<br />
Metodi. Popolazione di studio: residente in Toscanaa a partire dal 1999. Flussi sanitari correnti utilizzati: registro regionale<br />
di mortalità (RMR), schede di dimissione ospedaliera (SDO), prestazioni farmaceutiche (SPF), farmaci ad erogazione<br />
diretta (FED). Per alcune patologie i criteri di identificazione dei casi, derivano da procedure prodotte dal gruppo di lavoro<br />
AIE-SISMEC1, per le altre sono stati creati, dal nostro gruppo di lavoro, criteri di identificazione ad hoc. Il processo di<br />
creazione <strong>del</strong>la banca dati “Ma.Cro” si sviluppa attraverso le seguenti fasi:<br />
Identificazione dei casi medianti algoritmi decisionali di selezione.<br />
Estrazione dei dati dai flussi sanitari correnti.<br />
Creazione degli archivi patologia-specifici (chiave id., variabili socio-demografiche, presenza nei flussi nel tempo).<br />
Linkage con SDO per il recupero <strong>del</strong>la mortalità ospedaliera e <strong>del</strong>la comorbolità (charslon index)<br />
Linkage con RMR per il recupero <strong>del</strong>la moralità extra-ospedaliera.<br />
Linkage con l’anagrafe assistiti per il recupero <strong>del</strong>le informazioni relative al MMG.<br />
Analisi epidemiologica (numeri assoluti, prevalenze, incidenze, etc.)<br />
Linkage con i flussi sanitari per verificare l'applicazione <strong>del</strong>le linee guida ai prevalenti<br />
Risultati. Il confronto tra le prevalenze sesso ed età-specifiche dei soggetti catturati e quelle derivanti da varie sorgenti<br />
(studio ILSA, dati Health Search, dati Multiscopo) permettono di avere una misura di quale percentuale dei malati sono<br />
identificabili attraverso la banca dati “Ma.Cro.” I dati sono riportati sommariamente in figura, nel caso <strong>del</strong>lo scompenso<br />
cardiaco e <strong>del</strong>la<br />
BPCO.<br />
Scompenso<br />
BPCO<br />
Maschi<br />
Femmine<br />
Maschi<br />
Femmine<br />
15,0<br />
Conclusioni. La banca<br />
30,0<br />
dati “Ma.Cro.”<br />
identifica una<br />
10,0<br />
proporzione dei<br />
20,0<br />
prevalenti variabile a<br />
seconda <strong>del</strong>la<br />
5,0<br />
10,0<br />
patologia considerata,<br />
<strong>del</strong> sesso e <strong>del</strong>l'età, e<br />
in molti casi (stroke,<br />
0,0<br />
0,0<br />
65-69 70-74 75-79 80-84 85+ 65-69 70-74 75-79 80-84 85+ IMA, scompenso<br />
65-69 70-74 75-79 80-84 85+ 65-69 70-74 75-79 80-84 85+<br />
Classi d'età<br />
ILSA<br />
Ma.Cro.<br />
ILSA<br />
Health Search<br />
Classi d'età<br />
Multiscopo<br />
Ma.Cro.<br />
cardiaco, diabete,<br />
MPCO) rilevante in<br />
tutti gli strati. Essa può<br />
fornire, informazioni sull’epidemiologia dei residenti in Toscana assistiti per malattie croniche, sull’assorbimento di risorse<br />
attuale e “appropriato”, sui livelli di adesione alle raccomandazioni <strong>del</strong>le linee guida. I limiti insiti nell’utilizzo dei flussi<br />
sanitari correnti (copertura parziale, impossibilità di identificare alcune particolari malattie croniche - i.e. ipertensione – o<br />
particolari prestazioni sanitarie – i.e. counseling) potranno essere parzialmente superati con l'accesso sistematico a dati<br />
ricavati dai database ambulatoriali. Tuttavia, anche assumendo una disponibilità diffusa ditali database, l’utilizzo integrato<br />
dei flussi sanitari correnti può fornire informazioni , non altrimenti disponibili.<br />
Bibliografia (1)Supplemento 3 - <strong>Epidemiologia</strong> e Prevenzione Anno 32 Maggio Giugno 2008; in press<br />
[Il testo e/o le figure sono state ridotte perché debordanti dal formato previsto per gli abstract]<br />
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IL SISTEMA DI SORVEGLIANZA INTEGRATA DEGLI INCIDENTI STRADALI DELLA<br />
REGIONE LAZIO: RISULTATI DEL QUINQUIENNIO 2001-2005<br />
Chini F, Farchi S, Giorgi Rossi P, Camilloni L, Borgia P<br />
Laziosanita’-Agenzia di Sanità Pubblica Regione Lazio<br />
Introduzione. Gli incidenti stradali (IS) rappresentano un problema di sanità pubblica molto rilevante, in<br />
particolare sono la prima causa di morte per i giovani adulti nei paesi industrializzati. La sorveglianza<br />
<strong>del</strong>l’ISTAT/ACI relativa al 2003 riporta per l’Italia un numero di morti pari a 6000 circa e 320.000 feriti. Nella<br />
Regione Lazio nell’anno 2000 è stata attivata una sorveglianza integrata degli IS basata sull’integrazione dei<br />
dati <strong>del</strong>le strutture <strong>del</strong>l’emergenza con altre informazioni di carattere sanitario. Dopo il primo anno di<br />
sperimentazione la sorveglianza integrata è diventata un’attività di routine regionale.<br />
Obiettivo. Scopo di questo lavoro è riportare per il quinquennio 2001-2005 le informazioni sanitarie desumibili<br />
dal sistema di sorveglianza implementato.<br />
Setting. Regione Lazio<br />
Disegno. Studio di follow-up<br />
Fonti. a. Sistema Informativo <strong>del</strong>l’Emergenza Sanitaria (SIES) (anno 2000-2005) raccoglie tutti gli accessi al<br />
pronto soccorso (PS).<br />
b. Sistema Informativo ospedaliero (SIO) (2000-06) raccoglie le dimissioni ospedaliere<br />
c. Registro di Mortalità (RM) (2000-06) raccoglie informazioni sui certificati di morte<br />
Metodi. Per ogni anno in studio sono stati utilizzati gli accessi in PS con diagnosi di trauma (ICD9-CM 800-<br />
995) e luogo <strong>del</strong> trauma strada. Per tutti i pazienti selezionati è stata ricostruita la loro eventuale storia di<br />
ospedalizzazione nell’anno <strong>del</strong>l’IS e per il successivo attraverso una procedura di record linkage deterministico.<br />
Il database integrato così ottenuto è stato a sua volta linkato con il RM per identificare i decessi avvenuti entro<br />
30 giorni dall’incidente. I casi presenti nel RM che riportavano causa esterna di morte incidente stradale (E800-<br />
819; E826; E829) e non presenti nel sistemi informativi <strong>del</strong>l’emergenza e ospedaliero vengono considerati<br />
come decessi avvenuti sul luogo <strong>del</strong>l’incidente. Dal database integrato sono stati calcolati per ogni anno tassi di<br />
accesso in pronto soccorso, di ospedalizzazione e di mortalità, inoltre vengono riportati il tipo di lesione<br />
riportata e distretto corporeo colpito.<br />
Risultati. In figura vengono riportati gli andamenti nel corso <strong>del</strong> quinquennio in studio dei tassi di accesso in<br />
PS e di ospedalizzazione. I tassi di ospedalizzazione mostrano un trend decrescente ai limiti <strong>del</strong>la significatività<br />
statistica (p-value 0,057). I tassi di accesso in PS mostrano un andamento simile ad eccezione di un aumento<br />
nel 2002 e nel 2005 rispetto all’anno precedente. Il<br />
sistema di sorveglianza regionale riporta per il periodo<br />
in studio il 22% in più di decessi rispetto quelli riferiti<br />
dall’ISTAT, in particolare il tasso di mortalità riporta<br />
una diminuzione nel triennio 2003-2005 rispetto al<br />
biennio 2001-2002 (15,3 vs 13,9 per 100.000<br />
abitanti). Le sedi corporee maggiormente coinvolte<br />
sono state gli arti inferiori (media periodo 22,4% ) e la<br />
colonna vertebrale (media periodo 27,7% ), in<br />
quest’ultima si registra un trend crescente nel corso<br />
degli anni (p-value 0,057), mentre le lesioni più<br />
frequenti risultano le contusioni e gli strappi e<br />
distorsioni.<br />
Tassi per 100.000 abitanti<br />
4000<br />
3500<br />
3000<br />
2500<br />
2000<br />
1500<br />
1000<br />
500<br />
0<br />
Tassi di accesso in PS e ospedalizzazione per anno<br />
2001 2002 2003 2004 2005<br />
Anni<br />
tasso di accesso in PS<br />
tasso di ospedalizzazione<br />
Conclusioni e sviluppi futuri. Nella regione Lazio si è dimostrato possibile creare un sistema di sorveglianza<br />
integrato degli IS utilizzando i dati sanitari correnti disponibili. Nello studio viene confermata la riduzione <strong>del</strong>le<br />
conseguenze sanitarie più gravi ma non di quelle meno gravi. Dato compatibile con la diminuzione dei morti e<br />
l’aumento di incidenti registrato dall’ISTAT; inoltre si evidenzia che le statistiche ISTAT soffrono di una certa<br />
sottonotifica come già notato da noi e da altri lavori di integrazione. Come ulteriore sviluppo è in fase avanzata<br />
l’integrazione tra dati sanitari e dati di polizia con il fine di poter individuare fattori di rischio, realizzare mappe<br />
di rischio e indirizzare le attività preventive dei singoli attori impiegati nel controllo <strong>del</strong> fenomeno.<br />
350<br />
300<br />
250<br />
200<br />
150<br />
100<br />
50<br />
0<br />
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Sessione parallela(2): Sistemi informativi -H- Crociera Alta di Giurisprudenza - 16 ottobre pomeriggio<br />
SUICIDI E TENTATI SUICIDI IN ITALIA: QUALI INFORMAZIONI PER LA<br />
PREVENZIONE<br />
Davanzo F 1 , Pascal Vignally 2,3 , Giustini M 3 , Settimi L 3<br />
1 Centro Antiveleni di Milano, Ospedale Niguarda Cà Granda, Milano, 2 Laboratoire de Santé Publique,<br />
Faculté de Médecine, Marseille, 3 Istituto Superiore di Sanità, Roma<br />
L’Italia è uno dei Paesi europei con il più basso tasso di mortalità per suicidio (1). Tuttavia, i decessi annuali<br />
attribuiti a questa causa sono circa 4.000 ed è stata recentemente stimata una prevalenza di tentati suicidi (TS)<br />
nella popolazione generale pari allo 0.5% (2). Risulta, quindi, opportuna un’attenta sorveglianza <strong>del</strong> fenomeno<br />
nel suo complesso per contribuire ad orientare strategie di prevenzione e valutarne le ricadute (3). In<br />
considerazione di questa esigenza, il presente contributo si è posto l’obiettivo di analizzare e confrontare tra<br />
loro i dati resi disponibili dalle principali fonti informative attualmente disponibili per una sistematica<br />
rilevazione ed analisi dei suicidi e dei TS.<br />
Sono stati esaminati i decessi rilevati dall’ISTAT nel 2003 (ICDX X60-X84, n. 4.075), i casi di dimissione<br />
ospedaliera (SDO) classificati come gesto autolesivo e verificatisi nel 2003 (n. 26.664), i casi gestiti dal CAV<br />
di Milano nel 2005 e classificati come tentati suicidi (n. 7.038). Per ognuna <strong>del</strong>le casistiche considerate è stata<br />
analizzata la distribuzione per sesso, età e per modalità con cui è stato compiuto l’atto autolesivo.<br />
Il tasso di mortalità per suicidio è risultato più elevato per gli uomini (11,1 x 100.000 res./anno) rispetto alle<br />
donne (3,4 x 100.000 res./anno), con un picco per entrambi i generi nella classe di età > 80 anni (uomini: 39,6<br />
x 100.000 res./anno; donne: 6,9 x 100.000 res./anno). L’età media è risultata pari a 54,6 anni (ES=0,31).<br />
Geograficamente, è stato evidenziato un gradiente Nord-Sud, con una più elevata frequenza di suicidi nelle<br />
regioni <strong>del</strong> Nord. Negli uomini la modalità di suicidio più frequente è risultata l’impiccagione (49%), seguita<br />
dal salto da luogo elevato (16%) e da arma da fuoco (16%), mentre nelle donne la modalità principale è<br />
risultata il salto (38%), seguita dall’impiccagione (30%) e dall’avvelenamento (10%).<br />
I casi identificati tramite le SDO sono risultati per circa il 58% di genere femminile e per il 42% di genere<br />
maschile. L’età media è risultata pari a 55,7 anni (ES=0,15). Le diagnosi più frequenti sono state riferite a<br />
fratture (44%) e avvelenamenti (17%). Per quanto riguarda questi ultimi, circa il 67% dei pazienti è risultato di<br />
genere femminile.<br />
I casi di TS gestiti dal CAV di Milano sono risultati per il 70% di genere femminile e per il 30% di genere<br />
maschile ed hanno presentato un’età media di 37,6 anni (ES=0,2). La distribuzione per genere e classe di età ha<br />
evidenziato una più elevata presenza femminile nelle fasce di età più giovani (85% tra i soggetti con meno di<br />
20 anni, 69% tra i soggetti con età compresa tra 20 e 50 anni, 65% per i soggetti con più di 50 anni). Circa<br />
l’83% dei casi è stata esposta a farmaci, il 14% a non farmaci e l’8% a farmaci e non farmaci. Gli agenti più<br />
frequentemente riportati sono stati: psicolettici (43%), antidepressivi (23%), analgesici (13%),<br />
anticonvulsivanti (11%), cardiovascolari (7%) e alcolici (7%). Gli antiparassitari di uso agricolo, cui è stato<br />
attribuito l’1% dei TS, sono l’unica categoria di esposizione con una percentuale più elevata di uomini (65%).<br />
Circa il 45% dei casi ha assunto più di un agente, per un totale di 10.931 esposizioni rilevate. Le combinazioni<br />
più frequenti sono state psicolettici con altri farmaci (30%), principalmente antidepressivi (12%) ed<br />
anticonvulsivanti (5%). L’assunzione di alcol in combinazione con farmaci è stata riportata per il 6% dei casi,<br />
di cui il 3% esposto a psicolettici.<br />
Le osservazioni effettuate, oltre a fornire un’articolata caratterizzazione <strong>del</strong> fenomeno dei suicidi e dei TS in<br />
Italia evidenziano la necessità che piani di sorveglianza basati su fonti informative diverse siano integrati tra<br />
loro. Il dettaglio informativo rilevato dai CAV risulta di particolare interesse per la caratterizzazione e<br />
prevenzione degli avvelenamenti.<br />
Bibliografia<br />
1) Langlois S, Morrison P. Health Report 2002; 13: 20-25. 2) Scocco P, de Girolamo G, Vilagut G, Alonso J.<br />
Comprehensive Psychiatry 2008; 49:13-21. 3) Nordentoft M, Quin P, Helweg-Larsen K, Juel K. Suicide and Life-<br />
Treatening Behaviour 2007; 37: 688-697.<br />
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LA STIMA DELLA NON-AUTOSUFFICIENZA NELL’ANZIANO: UN ESEMPIO DI<br />
UTILIZZO DEGLI ARCHIVI DELLA MEDICINA GENERALE PER LA<br />
PROGRAMMAZIONE SANITARIA<br />
Franchini M. (1,2) , Millanti L. (2)<br />
(1) ASL 11 Empoli (2) Società <strong>del</strong>la Salute di Empoli<br />
La Regione Toscana ha implementato un progetto di assistenza alla persona anziana non-autosufficiente che prevede<br />
l’impegno di risorse economiche e assistenziali aggiuntive a favore di quegli utenti che versino in situazione di bisogno<br />
complesso, ovvero che manifestino esigenze assistenziali sanitarie e sociali. La gestione di tali contributi è stata <strong>del</strong>egata<br />
alle Società <strong>del</strong>la Salute (SdS), consorzi nati nell’anno 2005 dalla integrazione fra ASL e comuni appartenenti ad una stessa<br />
Zona – Distretto.<br />
L’avvio <strong>del</strong> progetto relativo alla non-autosufficienza ha richiesto una stima preliminare degli utenti interessati da bisogni<br />
complessi: le SdS di Empoli e Valdarno Inferiore hanno pianificato un progetto di rilevazione <strong>del</strong>la fragilità nell’anziano<br />
attraverso l’integrazione di fonti informative sanitarie istituzionali (flussiDOC), non istituzionali (archivi dei Medici di<br />
Medicina Generale, MMG) e informazioni afferenti all’ambito sociale. La consapevolezza che il dato sanitario e sociale<br />
relativo alle prestazioni erogate risente <strong>del</strong>l’offerta che caratterizza i servizi socio-sanitari di un determinato territorio ha<br />
reso evidente l’esigenza di integrare nel progetto le informazioni derivanti dai MMG, attraverso la strutturazione di una<br />
scheda di rilevazione ad hoc che è stata implementata all’interno <strong>del</strong> sistema informatico in uso alla medicina generale<br />
(Millenium); per i medici sprovvisti di tale sistema è stato predisposto, senza oneri aggiuntivi, uno strumento informatico<br />
specifico in Epidata. Attraverso questa scheda è stato richiesto a tutti i 183 MMG <strong>del</strong>la ASL di fornire una prima<br />
valutazione dei bisogni sanitari e sociali degli utenti ultra75enni in carico. Nei casi di utenti in stato di bisogno complesso<br />
sono stati valutati anche: punteggio IADL (perdita di abilità relativamente alle attività strumentali quotidiane), presenza di<br />
una rete familiare o di vicinato adeguata, condizioni abitative, tipologia e intensità <strong>del</strong> bisogno.<br />
Al momento si sta procedendo ad incrociare i codici fiscali degli utenti indicati come fragili dal proprio MMG con i flussi<br />
di dati relativi al settore sociale, alla assistenza domiciliare e alle RSA o centri diurni per capire quale sia la quota parte<br />
degli utenti in stato di bisogno già in carico ai servizi; si procederà quanto prima a ricercare gli stessi utenti anche sui flussi<br />
sanitari (farmaceutica, ricoveri, specialistica, ecc.) allo scopo di caratterizzare in modo più approfondito la tipologia di<br />
bisogno sanitario espresso.<br />
La rispondenza al progetto da parte dei MMG è stata buona (82%); la rilevazione ha evidenziato 7969 utenti ultra75enni in<br />
stato di bisogno complesso: questo dato equivale ad una prevalenza <strong>del</strong>la fragilità pari al 33,2% <strong>del</strong> totale degli utenti in<br />
carico ai MMG rispondenti con differenze nette fra uomini e donne (rispettivamente 25,4% e 38,4%). In generale il<br />
campione dei fragili è rappresentato per oltre il 74% da donne e l’età mediana si attesta intorno agli 85 anni. In entrambi i<br />
sessi la tipologia di bisogno maggiormente rappresentata è quella determinata da ridotte capacità di gestione <strong>del</strong>le normali<br />
attività quotidiane (oltre il 58% <strong>del</strong> campione); la mancanza di supporto familiare e la presenza di isolamento sociale<br />
interessano circa il 14% <strong>del</strong> campione con una percentuale maggiore a carico degli uomini. Il 28% <strong>del</strong> campione presenta<br />
entrambe le tipologie di bisogno.<br />
totale<br />
f emmine<br />
maschi<br />
Prevalenza dei vari tipi di bisogno per sesso<br />
degli utenti (>75anni)<br />
0% 20% 40% 60% 80% 100%<br />
sociale<br />
autonomia<br />
entrambi<br />
5<br />
Condizione abitativa in relazione al grado di<br />
autosufficienza valutato con la scala IADL<br />
4<br />
Non rilevate criticità<br />
3<br />
2<br />
1<br />
Vive con unico familiare>75 autosuff<br />
Vive solo Vive solo con fam. Bisognoso<br />
Vive in RSA<br />
0<br />
100%<br />
80%<br />
60%<br />
40%<br />
20%<br />
0%<br />
Quasi il 26% degli utenti fragili vive solo: questo dato risulta superiore a quanto dichiarato dagli uffici anagrafe comunali<br />
sulla base <strong>del</strong>l’informazione sulla residenza. Come da atteso, la percentuale di donne che vivono sole è oltre il doppio<br />
rispetto agli uomini. Oltre il 25% degli uomini e il 38% <strong>del</strong>le donne appartenenti al campione analizzato ha perso almeno 3<br />
<strong>del</strong>le 5 abilità previste nella scala IADL: l’unico dato di confronto regionale riguarda gli ultra65enni fra i quali la stessa<br />
percentuale è stata stimata pari al 10,2%. Fra gli utenti che hanno perso almeno 3 IADL la maggior parte vive in famiglia di<br />
due o più componenti, ma oltre il 21% vive solo.<br />
Il percorso di acquisizione <strong>del</strong>le informazioni in possesso dei MMG attivato in questa esperienza ha permesso di ottenere<br />
una prima stima <strong>del</strong>la non autosuffcienza e <strong>del</strong>le problematiche sociali ad esso connesse; di non secondaria importanza<br />
questa esperienza ha consentito di instaurare, con gli stessi MMG, una collaborazione positiva che rappresenta il valore<br />
aggiunto <strong>del</strong>la realtà locale in cui operano le due SdS in esame.<br />
[Il testo e/o le figure sono state ridotte perché debordanti dal formato previsto per gli abstract]<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(2): Sistemi informativi -H- Crociera Alta di Giurisprudenza - 16 ottobre pomeriggio<br />
CRITERI PER L'AVVIO DELLA REVISIONE DELLE ATTIVITÀ DI PREVENZIONE IN<br />
LOMBARDIA, L'ESEMPIO DEI PIANI DI CONTROLLO INTEGRATO<br />
Luigi Macchi, Anna Pavan<br />
Direzione Generale Sanità, Regione Lombardia, Milano<br />
Lo stimolante tema scelto per il <strong>congresso</strong> annuale <strong>del</strong>l’AIE, “<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione”, pensiamo<br />
voglia porsi come risposta ad una domanda urgente e pressante per chi si occupa di sanità pubblica, e cioè<br />
quanto lo studio <strong>del</strong>la diffusione <strong>del</strong>le malattie e dei loro determinanti, positivi e negativi, condizioni le<br />
strategie e le scelte degli interventi da porre in atto, in generale dal servizio sanitario nazionale, e più<br />
specificamente dai Servizi di prevenzione.<br />
E’ infatti sotto gli occhi di tutti che, in molta parte e sino a pochi anni fa, le attività dei servizi di prevenzione<br />
erano determinate dal dettato normativo: che, certo, almeno nelle intenzioni <strong>del</strong> legislatore, introduce norme<br />
finalizzate ad incidere positivamente sulla salute, ma che, spesso e per molti aspetti, non è stato modificato ed<br />
adeguato a tale obiettivo. Se dunque la necessità che l’azione preventiva si adegui sempre più alle conoscenze<br />
sui reali meccanismi causali è largamente condivisa, non altrettanto semplice è disporre degli strumenti<br />
metodologici e <strong>del</strong>le conoscenze per un’attività di prevenzione capace di originare dai bisogni di salute e di<br />
raggiungere obiettivi, monitorabili, di miglioramento di essa. I dati epidemiologici, derivanti da statistiche<br />
sanitarie correnti o studi specifici, sono in grado di fornirci sufficienti elementi per le descrizione <strong>del</strong> contesto<br />
in cui si opera; analogamente è buona la disponibilità di dati di correlazione tra fattori di rischio, specie<br />
determinati da comportamenti, ed effetti patologici. Ancora: negli ultimi anni, numerosi studi di efficacia su<br />
interventi di prevenzione di carattere individuale, soprattutto con farmaci (vaccinazioni, antipertensivi) o<br />
metodi diagnostici (test per gli screening oncologici) hanno consentito di disporre di elementi significativi alla<br />
definizione di scelte e strategie. Più complesso è invece lo studio attinente l’efficacia di azioni finalizzate ad<br />
incidere sui comportamenti individuali: se infatti ci è noto che il fumo di tabacco è il principale fattore di<br />
rischio per alcune neoplasie, non altrettanto chiaro è se e in che misura incidano, sulla decisione di iniziare o<br />
smettere di fumare, le iniziative di formazione o informazione condotte a livello nazionale, regionale e locale.<br />
Analogamente, ed anzi forse più difficile, è la disponibilità di studi che verifichino i risultati di attività di<br />
prevenzione afferenti alla sfera <strong>del</strong> controllo e <strong>del</strong>la vigilanza sull’ambiente, i luoghi di lavoro, le strutture di<br />
vita collettiva e gli ambienti confinati: possiamo infatti conoscere gli effetti sulla salute dei singoli fattori di<br />
inquinamento chimico-fisico, e, almeno in parte, quali siano le misure, strutturali e funzionali, che possono<br />
limitarne la diffusione, ma veramente poco sappiamo di quali siano gli interventi di sanità pubblica atti a<br />
garantire l’utilizzo reale di tali misure.<br />
Questa difficoltà a disporre di dati e strumenti epidemiologici utili alla programmazione e valutazione nei<br />
Servizi di prevenzione, che in parte traspare anche dal programma <strong>del</strong> Convegno, non può tuttavia consentire<br />
un arresto <strong>del</strong> processo evolutivo che da alcuni anni si è sviluppato tra gli operatori, caratterizzato dalle<br />
seguenti convinzioni:<br />
è necessario che le attività di prevenzione siano quanto più possibile valutabili in termini di risultati<br />
rispetto al “guadagno” di salute <strong>del</strong>la popolazione: bisogna certamente sfuggire da sommarie valutazioni,<br />
che non considerino la multifattorialità degli eventi e la limitata potenzialità di intervento <strong>del</strong>la sola<br />
componente sanitaria, ma, in maniera ugualmente decisa, non ci si può sottrarre alla necessità di “pensare”<br />
la propria azione e ruolo in modo strettamente correlato agli effetti positivi sulla comunità;<br />
i metodi di verifica devono soprattutto mirare alla dimostrazione, nella realtà, dei risultati conseguiti:<br />
sicuramente dare dimostrazione <strong>del</strong>l’efficacia di pratiche preventive è più complesso che per quelle<br />
diagnostico-curative-riabilitative, ma neppure è pensabile che si attinga alla sola efficacia teorica o alla<br />
plausibilità nell’investimento di risorse pubbliche, escludendo a priori o per principio lo strumento<br />
<strong>del</strong>l’EBM;<br />
le attività debbono essere programmate e non “subite”, in quanto frutto di norme (quando esse non sono<br />
supportate da adeguate motivazioni), richieste incongrue, prassi consolidate (non sottoposte a periodiche<br />
revisioni): ciò richiede l’intervento non <strong>del</strong> singolo operatore, ma <strong>del</strong> legislatore, nazionale o regionale<br />
che sia, per l’abolizione di attività cosiddette obsolete, che tuttavia non sarà mai sufficiente se non vi è<br />
corrispondente condivisione tra gli operatori stessi;<br />
la programmazione <strong>del</strong>le attività deve originare dall’analisi epidemiologica, quanto più possibile <strong>del</strong><br />
contesto in cui si opera;<br />
la scelta, che inevitabilmente deve essere fatta, tra gli interventi da privilegiare e, nell’ambito <strong>del</strong>la<br />
vigilanza, <strong>del</strong>le strutture da sottoporre a controllo, deve essere fondata sul grado di rischio che esse<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
comportano per la popolazione; in particolare una struttura produttiva non è a maggior rischio “in sé” –<br />
ossia per quel che fa, per la complessità <strong>del</strong> processo produttivo…- ma per il possibile impatto, per<br />
frequenza e gravità, che ha sulla popolazione esposta, sia essa costituita da lavoratori che da cittadini<br />
residenti/presenti; in questo senso si comprende come la graduazione <strong>del</strong> rischio sia un processo di tipo<br />
qualitativo e quindi utilizzabile in modo comparato tra gli operatori dei diversi Servizi: solo in questo<br />
modo il punto di vista con cui si guarda al fattore di rischio è quello <strong>del</strong>la persona su cui impatta e non<br />
<strong>del</strong>l’operatore e <strong>del</strong> suo settore di competenza;<br />
l’integrazione fra i diversi Servizi/Dipartimenti/Enti/Agenzie che si occupano di prevenzione è essenziale,<br />
non tanto nella fase <strong>del</strong>l’operatività, quanto <strong>del</strong>la programmazione e monitoraggio; non è solo questione<br />
di efficienza – le risorse sono poche e la loro parcellizzazione in settori che non dialogano non può che<br />
acuire la difficoltà operativa- ma di efficacia e di un approccio globale ai problemi di salute.<br />
Secondo questi principi la nostra regione si è mossa negli ultimi anni, operando in parte nell’abolizione di<br />
quelle pratiche ed attività inutili che sottraevano risorse ai servizi (in particolare con la L.R.12/2003, che<br />
aboliva certificazioni e libretti di idoneità sanitaria), ma soprattutto nel dare un nuovo approccio alle attività di<br />
controllo nell’area <strong>del</strong>la prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro. Con la L.R.8/2007 e successivi<br />
provvedimenti 1 , oltre ad abolire ulteriori autorizzazioni, si è affrontata l’intera area <strong>del</strong>le attività di vigilanza e<br />
controllo, con l’esclusione quindi dei cosiddetti servizi alla persona (vaccinazioni, screening, educazione<br />
sanitaria), includendovi l’insieme <strong>del</strong>le prestazioni ed attività svolte dai Servizi di prevenzione di area medica e<br />
veterinaria. E’ stato infatti previsto che ciascuna ASL predisponesse un Piano integrato di prevenzione e<br />
controllo, caratterizzato dai seguenti contenuti:<br />
analisi <strong>del</strong> contesto epidemiologico territoriale, intendendo con ciò sia indicatori di salute <strong>del</strong>la<br />
popolazione che presenza quali-quantitativa <strong>del</strong>le strutture potenzialmente fonte di rischio;<br />
<br />
<br />
<br />
graduazione <strong>del</strong> rischio <strong>del</strong>le diverse strutture da sottoporre a controllo;<br />
definizione <strong>del</strong>le priorità di intervento, con indicazione <strong>del</strong> livello di copertura (percentuale di strutture<br />
ispezionate) nel triennio per le differenti tipologie e gradi di rischio, con le rispettive assegnazioni di<br />
risorse, in termini di ore lavoro per principali qualifiche;<br />
individuazione <strong>del</strong>le modalità di coordinamento ed integrazione tra i diversi attori <strong>del</strong> sistema (ASL, AO,<br />
IRCCS, Direzioni Provinciali <strong>del</strong> Lavoro, INAIL, ISPELS, Vigili <strong>del</strong> Fuoco, Associazioni scientifiche,<br />
datoriali e sindacali…).<br />
Scopo dei Piani, che debbono avere un arco temporale triennale con adeguamenti annuali, è dunque quello di<br />
ripensare la propria attività, introducendo elementi di programmazione fondati sui principi sopraindicati e che<br />
potremmo sintetizzare in alcuni slogan: non si può controllare tutto; definiamo <strong>del</strong>le priorità sulla base di criteri<br />
oggettivi; parametriamo il rischio agli effetti che esso può produrre sulla salute <strong>del</strong>la popolazione esposta;<br />
programmiamo l’attività, incrementando la quota dei controlli più efficaci. Il processo avviato necessita<br />
naturalmente di un buon monitoraggio e di progressivi adeguamenti e miglioramenti: a tale scopo da una parte<br />
sono stati assegnati alle ASL finanziamenti aggiuntivi, volti a potenziare le aree di sofferenza, dall’altra messi<br />
in campo progetti per acquisire ulteriori strumenti di lavoro, in modo particolare un progetto formativo, basato<br />
sul metodo <strong>del</strong> laboratorio di approfondimento (gruppo di progetto proposta di lavoro formazione) e la<br />
progettazione <strong>del</strong> sistema informativo <strong>del</strong>la prevenzione. Quest’ultimo si pone come strumento indispensabile<br />
di conoscenza, finalizzato alla costruzione di banche dati che possiamo considerare di tipo epidemiologico,<br />
benchè riguardanti le strutture ( e non le persone). Infatti l’architettura <strong>del</strong> sistema prevede la costruzione <strong>del</strong>la<br />
cosiddetta Anagrafe Generale <strong>del</strong>la Prevenzione, dove troveranno posto tutte le strutture soggette a vigilanza<br />
(imprese, laboratori, esercizi commerciali, strutture di vita collettiva, ospedali e RSA, scuole, impianti<br />
sportivi…), cui “agganciare” dati relativi a caratteristiche strutturali/funzionali, derivanti da altre banche dati<br />
(es.: gli infortuni verificatisi, le autorizzazioni di carattere ambientale rilasciate, ecc..), e controlli effettuati su<br />
di esse (ispezioni, verifiche documentali, inchieste a seguito di incidenti/infortuni….).<br />
In conclusione non solo “<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione” ma “Più <strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione”.<br />
1 Deliberazione N.VIII/4799 <strong>del</strong> 30.5.2007 - www.sanita.regione.lombardia.it/<strong>del</strong>ibere/DGR2007_4799.pdf<br />
Circolare 32/SAN/2007 - Indicazioni operative per la predisposizione e presentazione dei Piani integrati <strong>del</strong>le attività di prevenzione e dei<br />
controlli ex DGR 4799/07. - www.sanita.regione.lombardia.it/circolari/07_32san.pdf<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: Sistemi informativi – 16 ottobre<br />
1-ANALISI DESCRITTIVA DEI DATI DI MORTALITÀ A LIVELLO COMUNALE<br />
NELL’ASL 22 DELLA REGIONE VENETO<br />
Blengio GS*, Garzotti M**, Castellani E***, Falcone S***, Pasqualetto C****<br />
*Direttore Servizio di Igiene e Sanità Pubblica - ASL 22, Regione Veneto; **Servizio di Igiene e Sanità<br />
Pubblica- ASL n.22; ***Servizio di <strong>Epidemiologia</strong> - ASL n.22; ****Università di Verona - Scuola di<br />
Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva.<br />
Introduzione. La presente indagine esplora i dati di mortalità <strong>del</strong> Comune di Fumane e degli altri Comuni <strong>del</strong>la ASL22 <strong>del</strong><br />
Veneto, al fine di testare l’ipotesi di eccessi di mortalità nella popolazione legati alla presenza, nel citato Comune, di una<br />
specifica fonte putativa di inquinamento ambientale (cementificio).<br />
Materiali e metodi. Data la mancanza, presso le ASL <strong>del</strong> Veneto, di dati di mortalità standardizzati a livello Comunale<br />
raccolti con flusso sistematico, si provvedeva a ricercarli presso le specifiche fonti Regionali. Si procedeva quindi ad<br />
analizzare tali dati, nei Comuni considerati, per il periodo 1996-2006, utilizzando più metodi statistici, a diverso grado di<br />
dettaglio (Software ‘Stata 10’).Sono state considerate le morti per: tutti i tumori, malattie <strong>del</strong> sistema circolatorio, <strong>del</strong><br />
sistema respiratorio, tumore <strong>del</strong> fegato, <strong>del</strong> polmone, linfomi, leucemie; patologie che, in letteratura, risultano associate alla<br />
presenza di fonti emissive in atmosfera e -particolarmente- di impianti alimentati con combustibili non convenzionali, tra<br />
cui quelli ricavati da rifiuti, che risultano spesso utilizzati nei forni per la produzione di cemento. Sono stati dapprima<br />
esaminati frequenze e tassi grezzi (non standardizzati) di mortalità <strong>del</strong> comune di Fumane, distinti per sesso e per causa di<br />
morte, al fine di identificarne il trend temporale, riportato poi su grafico come retta di regressione. Successivamente sono<br />
stati calcolati i rapporti standardizzati di mortalità (SMR) Comune-specifici, utilizzando i tassi regionali per età forniti dal<br />
SER (Sistema Epidemiologico Regionale). Al fine di tener conto <strong>del</strong>la situazione locale, sono stati infine calcolati i valori<br />
degli EBMR (Empirical Bayes Mortality Ratio) che presentano il vantaggio di tener conto anche <strong>del</strong>la numerosità di<br />
popolazione di ciascun Comune, restituendo quindi un valore ‘pesato’ su tale numerosità; essi risultano quindi tanto più<br />
‘schiacciati’ verso il valore medio <strong>del</strong>l’area geografica considerata, quanto più basso è il numero di decessi ‘attesi’.<br />
Allo scopo è stata utilizzata la regressione di Poisson ad effetti casuali, secondo il mo<strong>del</strong>lo:<br />
Log (0i) = log (Ei) + 1 + i<br />
I valori di i sono interpretabili come intercette casuali Comune-specifiche, rappresentanti l’eterogeneità <strong>del</strong> dato di<br />
mortalità fra Comuni. Essi sono rappresentati, esemplificativamente, nella fig. 1, come ‘scostamenti’ dal valore medio di<br />
ASL (valore zero), con intervalli ‘di credibilità’ al 95 %.<br />
ebm1<br />
-.2 -.1 0 .1 .2 .3<br />
0 10 20 30 40<br />
rank<br />
Fumane<br />
Fumane<br />
Fig. n. 1 – Comuni <strong>del</strong>l’ASL. N. 22 <strong>del</strong>la Regione Veneto – Periodo 1996-2006 - Tutti i tumori nelle femmine (ICD IX 140.0-239)<br />
Risultati. L’esame dei tassi grezzi nel periodo considerato permette di evidenziare le seguenti tendenze: la mortalità per<br />
tutti i tumori, per le malattie <strong>del</strong> sistema circolatorio e respiratorio appare in declino nei maschi, con trend statisticamente<br />
significativo nei primi due. Nelle femmine invece si evidenzia un andamento sostanzialmente stabile (trend non<br />
statisticamente significativi). Dall’esame degli SMR Comune-specifici si evidenzia che, anche nei casi in cui i valori<br />
puntuali di SMR riferiti al Comune di Fumane superano il valore uno, i relativi limiti di confidenza comprendono in tutti i<br />
casi tale valore, suggerendo la non significatività statistica degli scostamenti dalla media regionale. L’esame, infine, degli<br />
EBMR, evidenziando intervalli di credibilità riferiti al Comune interessato comprendenti in tutti i casi il valore 0,<br />
suggerisce l’omogeneità, con elevata credibilità, anche col valore medio di ASL.<br />
Conclusioni. L’analisi descrittiva dei dati di mortalità a livello Comunale, condotta con metodi statistici appropriati, con<br />
crescente livello di affinazione, non supporta, allo stato attuale, l’ipotesi di presenza, nel Comune di Fumane, di un<br />
incremento di mortalità né su base temporale, né su base geografica, nel periodo e nell’area presi in esame e per le cause<br />
considerate.<br />
[Il testo e/o le figure sono state ridotte perché debordanti dal formato previsto per gli abstract]<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: Sistemi informativi – 16 ottobre<br />
2-CONFRONTO TRA LA CODIFICA DELLE CAUSE DI MORTE PER TUMORE A CURA<br />
DELL’ISTAT E DI UN REGISTRO NOMINATIVO DELLE CAUSE DI MORTE DI ASL -<br />
ASL DELLA PROVINCIA DI MILANO 3 – ANNO 2002<br />
Cavalieri d’Oro L, Rognoni M, Marchiol L, Repossi M<br />
Servizio Negoziazione, Acquisti Sanitari ed <strong>Epidemiologia</strong> - ASL <strong>del</strong>la Provincia di Milano 3, Monza<br />
Introduzione. Nell’ASL <strong>del</strong>la Provincia di Milano 3 (ASLMI3), fino al 2004, il Registro nominativo <strong>del</strong>le<br />
Cause di Morte (ReNCaM) è stato gestito con un’organizzazione per 4 aree distinte di competenza territoriale e<br />
tutte le attività erano gestite in autonomia in ciascuna sede. Per l’anno 2002 sono disponibili su supporto<br />
informatico e confrontabili i file nominativi ISTAT comprensivi di causa di decesso ed i dati locali.<br />
Obiettivi. Valutazione <strong>del</strong>la concordanza <strong>del</strong>le codifiche, in particolare nell’ambito <strong>del</strong>la categoria dei Tumori,<br />
nell’ambito <strong>del</strong> progetto di creazione <strong>del</strong> Registro dei Tumori <strong>del</strong>la Provincia di Milano.<br />
Metodi. L’analisi è basata sui dati nominativi dei decessi dei residenti nell’ASLMI3: ISTAT (N=8.137) e<br />
ReNCaM (N=8.287). Sono stati esclusi 56 soggetti (per mancanza <strong>del</strong> nominativo o di età
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: Sistemi informativi – 16 ottobre<br />
3-CONFRONTO PER MACRO AREE NOSOLOGICHE TRA LA CODIFICA DELLE<br />
CAUSE DI MORTE A CURA DELL’ISTAT E DI UN REGISTRO NOMINATIVO DELLE<br />
CAUSE DI MORTE - ASL DELLA PROVINCIA DI MILANO 3 – ANNO 2002<br />
Cavalieri d’Oro L, Rognoni M, Marchiol L, Repossi M<br />
Servizio Negoziazione, Acquisti Sanitari ed <strong>Epidemiologia</strong> - ASL <strong>del</strong>la Provincia di Milano 3, Monza<br />
Introduzione. Nell’ASL <strong>del</strong>la Provincia di Milano 3 (ASLMI3), fino al 2004, il Registro nominativo <strong>del</strong>le<br />
Cause di Morte (ReNCaM) è stato gestito con un’organizzazione per 4 aree distinte di competenza territoriale e<br />
tutte le attività erano gestite in autonomia in ciascuna sede. Per l’anno 2002 sono disponibili su supporto<br />
informatico e confrontabili i file nominativi ISTAT comprensivi di causa di decesso ed i dati locali.<br />
Obiettivi. valutazione <strong>del</strong> livello di concordanza <strong>del</strong>le codifiche per macro aree nosologiche.<br />
Metodi. L’analisi è basata sui dati nominativi dei decessi dei residenti nell’ASLMI3: ISTAT (N=8.137) e<br />
ReNCaM (N=8.287). Sono stati esclusi 56 soggetti (per mancanza <strong>del</strong> nominativo o di età 40.<br />
Descrizione raggruppamento (codice ICD-IX)<br />
94<br />
N concordanti<br />
% concordanza<br />
ISTAT cfr. ReNCaM<br />
% concordanza<br />
ReNCaM cfr. ISTAT<br />
Tumori (140-239) 2.497 97,8 96,7<br />
Mal. sistema circolatorio (390-459) 2.426 91,2 93,0<br />
Mal. apparato respiratorio (460-519) 381 85,2 77,0<br />
Mal. apparato digerente (520-579) 278 86,1 84,5<br />
Traumatismi e avvelenamenti (800-999) 228 81,4 91,2<br />
Mal. ghiandole endocrine, nutrizione e metabolismo e disturbi<br />
immunitari (240-279)<br />
148 73,3 86,5<br />
Mal. sistema nervoso e degli organi dei sensi (320-389) 134 74,9 78,4<br />
Mal. apparato genitourinario (580-629) 80 81,6 66,1<br />
Disturbi psichici (290-319) 75 61,5 75,8<br />
Sintomi, segni e stati morbosi mal definiti (780-799) 43 82,7 40,6<br />
Conclusioni. L’analisi ha evidenziato che la concordanza <strong>del</strong>la codifica <strong>del</strong>la causa di decesso tra le due fonti è<br />
buona, soprattutto per le categorie numericamente più rilevanti. Emerge il limite <strong>del</strong>la ridotta numerosità dei<br />
record confrontabili. Tale limite, soprattutto per alcuni raggruppamenti nosologici, potrà essere parzialmente<br />
superato, per quanto riguarda l’ASLMI3, quando si avranno a disposizione annate più recenti di codifiche<br />
ISTAT nominative.
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: Sistemi informativi – 16 ottobre<br />
4-SCREENING DELLA FRAGILITÀ CON QUESTIONARIO POSTALE PER LA<br />
PREVENZIONE SECONDARIA DELLA DISABILITÀ PROGRESSIVA: RISULTATI<br />
PRELIMINARI DA UN PROGETTO PILOTA IN TOSCANA<br />
Francesconi P 1 , Razzanelli M 1 , Pasqua A 1 , Bartolacci S 1 , Salvioni A 2 , Corridori C 3<br />
1 Agenzia Regionale di Sanità <strong>del</strong>la Toscana, Firenze, 2 Azienda USL 10, Firenze, 3 Azienda USL 7, Siena<br />
Introduzione. Aumentare l’aspettativa di vita in condizione di autosufficienza rappresenta l’obiettivo primario<br />
dei servizi socio-sanitari. L’aumento progressivo <strong>del</strong>la popolazione anziana e il proporzionale aumento degli<br />
anziani non autosufficienti richiede che i servizi sviluppino non solo strategie di supporto all’assistenza, ma<br />
anche strategie di prevenzione <strong>del</strong>la disabilità finalizzate al controllo <strong>del</strong> crescente bisogno di risposte<br />
sociosanitarie. La letteratura suggerisce l’efficacia di interventi prevenzione, soprattutto se focalizzati su quegli<br />
anziani che, per l’età avanzata e presenza di comorbilità, possono essere considerati a maggior rischio di<br />
disabilità.<br />
Obiettivi. Scopo <strong>del</strong> progetto è valutare la fattibilità e i risultati di processo di un intervento di prevenzione<br />
secondaria <strong>del</strong>la disabilità progressiva tramite screening <strong>del</strong>la fragilità con questionario postale.<br />
Metodi. Un semplice questionario postale per lo screening <strong>del</strong>la fragilità ideato e valicato in Canada, è stato<br />
tradotto, modificato, e validato sulla popolazione toscana. Il questionario è costituito da 7 semplici domande<br />
riguardanti la condizione di solitudine, il numero di farmaci assunti, la vista, la funzionalità motoria, il<br />
verificarsi di cadute, i ricoveri, la memoria. Lo studio di validazione, effettuato sulla popolazione di anziani<br />
non disabili al baseline arruolati dallo studio InCHIANTI, ha dimostrato che un cut-off maggiore o uguale a 3<br />
item, che identifica il 23.2% dei soggetti, determina una sensibilità <strong>del</strong> 71% ed una specificità <strong>del</strong> 80%<br />
nell’identificare anziani non disabili destinati a diventarlo entro 3 anni.Tale questionario, nel contesto di un<br />
progetto di prevenzione <strong>del</strong> declino funzionale di anziani ultrasettantacinquenni, viene inviato per posta a tutti<br />
gli anziani ultrasettantenni e mai valutati dai servizi. I questionari rientrati permettono di identificare una<br />
sottopopolazione di soggetti a più alto rischio di perdita <strong>del</strong>l’autosufficienza che viene sottoposta ad una<br />
valutazione di secondo livello nella quale si verifica il grado di autonomia nelle BADL, nelle IADL, lo stato<br />
<strong>del</strong>l’umore, la possibile malnutrizione, il deficit uditivo, la condizione ambientale e, in relazione alle aree<br />
positive nello screening, la valutazione <strong>del</strong>la performance fisica e l’eleggibilità per l’attività fisica adattata, il<br />
deficit cognitivo, il deficit visivo, la condizione di possibile margine terapeutico rispetto ai farmaci prescritti. In<br />
base ai risultati <strong>del</strong>la valutazione si forniscono indicazioni rispetto a servizi o attività di prevenzione attivabili<br />
tramite il medico di medicina generale o l’assistente sociale.<br />
Risultati. Ad oggi, su una popolazione target di 4.806 ultrasettantenni residenti al domicilio nella Zona-<br />
Distretto Fiorentina Sud-Est, sono stati spediti 1.531 questionari e ne sono rientrati 547 con un tasso di risposta,<br />
limitatamente agli anziani ai quali è stato spedito il questionario da oltre 60 giorni, <strong>del</strong> 64%. Allo screening<br />
sono risultati positivi 260 anziani (47,5%). Delle persone positive allo screening, 49 sono state valutate al 2°<br />
livello e 6 (13 %) sono risultati non autosufficienti in 2 o più BADL. Dei rimanti 43 anziani autosufficienti, 6<br />
(14 %) hanno perso l’autosufficienza in 3 o più IADL; 13 (30 %) sono risultati a rischio di malnutrizione; 8<br />
soggetti (18,6 %) hanno necessità di ulteriori valutazioni <strong>del</strong>lo stato cognitivo; 4 (9%) non leggono oltre la 3°<br />
riga <strong>del</strong>la tavola di Weiss, dimostrando la necessità di una visita oculistica; 22 (60%) non percepiscono la voce<br />
bisbigliata; 23 (54 %) hanno ottenuto livelli medi di performance fisica e sono quindi eleggibili per programmi<br />
di AFA.<br />
Conclusione. La metodologia utilizzata, per il buon tasso di risposta e la validità <strong>del</strong>lo strumento di screening,<br />
si è dimostrata capace di identificare una parte significativa di anziani ad alto rischio di perdita<br />
<strong>del</strong>l’autosufficienza. La valutazione di secondo livello permette di indirizzare gli anziani fragili identificati<br />
verso specifici interventi di prevenzione secondaria <strong>del</strong>la disabilità.<br />
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Sessione poster 1: Sistemi informativi – 16 ottobre<br />
5-CONDIZIONI DI SALUTE E VARIABILI SOCIALI NEI CERTIFICATI DI ASSISTENZA<br />
AL PARTO NELL’ASL DELLA PROVINCIA DI VARESE<br />
Gambino M, Balconi L, Verri AM, Bonarrigo D, Prandini MB, Degli Stefani C, Speziali S, Soma R, Pisani S<br />
Servizio Osservatorio Epidemiologico - Dipartimento PAC - ASL <strong>del</strong>la Provincia di Varese<br />
Introduzione. Grazie al Decreto 16 luglio 2001 n. 349 <strong>del</strong> Ministero <strong>del</strong>la Salute, sono disponibili nell’ASL<br />
<strong>del</strong>la Provincia di Varese le informazioni relative al certificato di assistenza al parto (CeDAP), che forniscono<br />
gli elementi per implementare una sorveglianza epidemiologica sull’evento nascita.<br />
Obiettivi. Per la prima volta con i dati <strong>del</strong> 2005 è stato possibile <strong>del</strong>ineare il quadro epidemiologico provinciale<br />
<strong>del</strong>l’assistenza al parto. Oltre alla descrizione <strong>del</strong>le condizioni materne e neonatali, si è posta l’attenzione alle<br />
variabili sociali in grado di determinare diversità nell’accesso ai servizi <strong>del</strong> sistema sanitario.<br />
Metodi. I dati riguardano le informazioni contenute nei CeDAP (anno 2005) ed informatizzati dai Presidi<br />
Ospedalieri <strong>del</strong>l’ASL <strong>del</strong>la Provincia di Varese e <strong>del</strong>le altre province lombarde. I dati sono stati validati dalla<br />
Regione Lombardia. Le elaborazioni sono state effettuate utilizzando il software EPI INFO 2000 versione<br />
3.4.3. L’analisi è stata condotta solo sui residenti.<br />
Risultati. Dei neonati residenti nella Provincia di Varese (N=7777), 495 (6,4%) sono nati fuori Provincia;<br />
mentre solo 6 (0,1%) dei parti avviene presso il domicilio. Il 16,4% <strong>del</strong>le donne ha la cittadinanza straniera.<br />
L’età media <strong>del</strong>le madri al momento <strong>del</strong> parto è 31,5, l’età media <strong>del</strong>le multipare è di 32,8 e quella <strong>del</strong>le<br />
primipare è di 29,8. Lo 0,3% <strong>del</strong>le partorienti è minorenne, ed esiste una differenza tra le partorienti italiane vs<br />
le straniere: queste ultime anticipano “l’evento parto” nella fascia di 25-29 anni, dopo i 40 anni l’andamento<br />
per età si sovrappone. Nelle pluripare il numero medio di figli è 1,3 tra le italiane e 1,5 tra le straniere<br />
(p
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Sessione poster 1: Sistemi informativi – 16 ottobre<br />
6-L’UTILIZZO DI EPI INFO NELLA RICERCA MEDICO SCIENTIFICA: RISULTATI<br />
PRELIMINARI NELL’AMBITO DELL’EDUCAZIONE CONTINUA IN MEDICINA<br />
Kamgaing Simo Rachel, Mannocci Alice, La Torre Giuseppe<br />
Laboratorio di <strong>Epidemiologia</strong> e Biostatistica, Istituto di Igiene, Università Cattolica <strong>del</strong> Sacro Cuore, L.go<br />
F.Vito 1-00168, Roma, Italia.<br />
Introduzione. EpiInfo è un software sviluppato dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di<br />
Atlanta per conto <strong>del</strong>l’OMS, per facilitare le indagini epidemiologiche sul campo o in analisi statistiche<br />
sanitari. Il suo valore risiede nella semplicità e nell’approccio friendly dei comandi: permette di realizzare<br />
analisi complesse come i mo<strong>del</strong>li dei regressione multivariata. Inoltre l’essere un software gratuito ed anche<br />
presente in versione italiana permette la sua diffusione ed il suo utilizzo a tutti i livelli italiano<br />
(www.epinnfo.it).<br />
Obiettivo. Lo scopo di questa indagine è stato quello di valutare se EpiInfo può rappresentare nella realtà<br />
medica italiana uno strumento di analisi efficace nel campo <strong>del</strong>la ricerca, attraverso la didattica in ambito di<br />
educazione continua in medicina.<br />
Metodi. è stato redatto un questionario costituito da domande a risposte multipla ed aperte. Questo è stato<br />
autosomministrato in forma anonima al temine di una serie di corsi di Educazione Continua in Medicina<br />
(ECM). Tali corsi avevano l’obiettivo di presentare concetti e analisi di statistica descrittiva, univariata e<br />
multivariata. Le informazioni raccolte fanno riferimento agli aspetti socio-demografici dei partecipanti (età,<br />
genere, titolo di studio, professione lavorativa e stato civile), ed alcuni parametri fra cui le conoscenze sul<br />
software EpiInfo (se lo conoscevano, se lo usavano o se l’avrebbero utilizzato per i loro lavori futuri), sul<br />
giudizio, sulla qualità e le modalità <strong>del</strong>l’insegnamento. Inoltre, si è voluto osservare se l’impiego di EpiInfo<br />
agevolasse l’approccio alle analisi statistica e epidemiologica. Per l’analisi statistica si è utilizzato il software<br />
statistico EpiInfo e per stimare le eventuali associazioni, sono stati utilizzati il test <strong>del</strong> Chi quadrato ed il test<br />
Esatto di Fisher.<br />
Risultati. Hanno partecipato all’indagine 207 professionisti sanitari, di età media 32.47 anni (DS= 8.71), di cui<br />
il 55,4% donne ed il 75.7%nubili/celibi. Il 9.3% ha come titolo di studio la maturità, l’8.8% la laurea di I<br />
livello, 43.9% la laurea specialistica ed il restante 38% una specializzazione. Relativamente alla professione<br />
lavorativa, il 66% è medico, il 16.3% ricercatore, l’8.9% biologo e l’8.9% studente in medicina. Prima <strong>del</strong><br />
corso il 54.4% dei partecipanti aveva già usato un software statistico, il 38.2% conosceva EpiInfo e il 27% lo<br />
usava già. Si è osservata un’associazione statisticamente significativa precedente conoscenza di EpiInfo e:<br />
a)titolo di studio (50.6% degli specializzandi e 37.8% degli specializzati, p=0.001); b) tipo di professione<br />
(biologi, 50%, e ricercatori, 42.4%, sembrano avere una precedente conoscenza <strong>del</strong> software, p=0.04); c)<br />
utilizzo di altri software statistici p30 anni e risulta necessario un corso di supporto statistico per EpiInfo (verso l’87% di<br />
coloro che hanno 30 anni, p=0.01). è interessante notare che fra coloro che dichiarano di voler utilizzare<br />
EpiInfo nella propria attività di ricerca futura (84.4%), il 100% ritiene che agevoli sia l’analisi statistica e il<br />
96.3% quella epidemiologica, con p
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7-STATO DI SALUTE E DEPRIVAZIONE SOCIO-ECONOMICA IN PROVINCIA DI<br />
SAVONA<br />
Lillini R. 1,2,4 , Garrone E. 2 , Casella C. 2 , Vercelli M. 1,2,3<br />
1 AIRTUM <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> Registri Tumori; 2 Registro Tumori Regione Liguria, SS <strong>Epidemiologia</strong><br />
Descrittiva IST Genova; 3 Dipartimento Scienze <strong>del</strong>la Salute Università di Genova, 4 Università “Vita Salute”<br />
San Raffaele Milano<br />
Background e obiettivi. Per misurare le differenze sociali nella salute e nell'accesso ai servizi di diagnosi e<br />
cura si è costruito per la provincia di Savona un indice di deprivazione che, sintetizzando le peculiarità<br />
demografiche e socio-economiche <strong>del</strong> territorio, potesse risultare utile per indirizzare l'offerta dei servizi di<br />
prevenzione, diagnosi e cura al cittadino. Questo studio è parte di un lavoro più ampio sullo stato di salute di<br />
tale territorio coinvolgente gli Assessorati Ambiente e Sanità <strong>del</strong>la Regione Liguria, il Registro Mortalità<br />
regionale, l’ASL Savonese e ARPA Liguria.<br />
Materiali e metodi. Per la costruzione <strong>del</strong>l’indice sono state prese in esame le variabili di popolazione e<br />
abitative al Censimento 2001 fornite a livello comunale dall’Ufficio Statistico regionale. I dati di mortalità sono<br />
relativi al periodo 1999-2004. Per 25 cause di morte, sono stati calcolati gli SMR per sesso ed età (0-64 anni,<br />
65+ anni) a livello comunale e di sub-area per il comune di Savona. Le cause di morte considerate sono la<br />
mortalità totale, il totale tumori maligni, le 12 sedi di tumore più rilevanti e 11 raggruppamenti di cause non<br />
neoplastiche rilevanti. La selezione <strong>del</strong>le variabili che hanno contribuito alla costruzione <strong>del</strong>l’indice di<br />
deprivazione è avvenuta sulla base <strong>del</strong>la loro capacità di differenziare i singoli comuni, dopo avere eliminato<br />
dal processo quelle che non rientravano nei parametri di tolleranza <strong>del</strong>la collinearità (p
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Sessione poster 1: Sistemi informativi – 16 ottobre<br />
8-IL PROGRAMMA DEL CCM PER LA PROMOZIONE DI EQUITÀ NELLA<br />
PREVENZIONE IN ITALIA<br />
Carlo Mamo 1 , Elena Gelormino 1 , Silvia Bellini 1 , Teresa Spadea 1 , Roberto D’Elia 2 , Giuseppe Salamina 2 ,<br />
Giuseppe Costa 3<br />
1 Servizio regionale di <strong>Epidemiologia</strong>, Grugliasco, Torino, 2 Centro nazionale per la prevenzione e il controllo<br />
<strong>del</strong>le malattie (CCM), Ministero <strong>del</strong> Lavoro, <strong>del</strong>la Salute e <strong>del</strong>le Politiche Sociali, Roma, 3 Dipartimento di<br />
Sanità Pubblica, Università di Torino<br />
Introduzione. Gradienti sociali nelle esposizioni, nell’accesso a servizi di prevenzione, diagnosi e cura nonché<br />
difficoltà ad usufruire di assistenza continuativa ed appropriata, costituiscono importanti determinanti di<br />
insorgenza ed accentuazione di diseguaglianze di salute. Il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo<br />
<strong>del</strong>le malattie <strong>del</strong> Ministero <strong>del</strong> Lavoro, <strong>del</strong>la Salute e <strong>del</strong>le Politiche Sociali (CCM) ha un ruolo di<br />
coordinamento <strong>del</strong>le attività previste dal Piano Nazionale di Prevenzione, ponendo attenzione all’equità nello<br />
sviluppo dei progetti.<br />
Obiettivi. Assicurare, in tutte le regioni, per tutti i cittadini, in ogni strato sociale, uguali possibilità di accesso<br />
agli interventi di prevenzione.<br />
Metodi. Il CCM ha siglato un accordo di collaborazione con la Regione Piemonte per la conduzione di un<br />
programma che:<br />
sviluppi capacità di “equity audit”, identificando sistematicamente dove sono e come nascono, nei<br />
percorsi preventivi, diagnostici e assistenziali, eventuali svantaggi di salute in sottogruppi di<br />
popolazione;<br />
promuova l’adozione di interventi potenzialmente efficaci di contrasto <strong>del</strong>le diseguaglianze, attuabili a<br />
livello di servizi sanitari regionali.<br />
Tra i compiti correlati, vi è lo sviluppo di attività di monitoraggio, utili sia sul versante equità, sia più in<br />
generale per la misura di problemi e valutazione di politiche e programmi di prevenzione; in particolare va<br />
stilata una serie di indicatori utili a definire un benchmarking per ogni regione, facendo riferimento alle fonti<br />
più autorevoli, tra cui il CDC statunitense. Inoltre, si lavora alla stesura di una serie di raccomandazioni per la<br />
promozione di equità nelle attività sanitarie di prevenzione e assistenza. Parallelamente, si svolgono iniziative<br />
di formazione mirate a diffondere una cultura <strong>del</strong>l’equità nei servizi sanitari.<br />
Risultati. Definita una lista degli indicatori utili alla valutazione di programmi di prevenzione, si sta valutando<br />
la possibilità di stimarli a partire dalle fonti disponibili (fonti correnti, database dedicati e indagini<br />
campionarie). Si sviluppa nel frattempo la collaborazione con i registri tumori per l'implementazione di<br />
procedure di georeferenziazione dei pazienti e per il recupero di un indice di deprivazione da utilizzare per la<br />
valutazione di eventuali differenziali nell'assistenza e sopravvivenza. Riguardo le raccomandazioni, si è<br />
conclusa la revisione di letteratura, valutata la qualità degli studi di interesse e preparata una bozza <strong>del</strong><br />
documento, che maturerà attraverso un’analisi di trasferibilità ai contesti locali e una valutazione di forza <strong>del</strong>le<br />
raccomandazioni, avvalendosi, oltre che degli esperti dei comitati scientifici afferenti al CCM, anche <strong>del</strong> parere<br />
dei referenti regionali. Alcuni percorsi formativi a copertura nazionale, come quello connesso al progetto<br />
IGEA, relativo allo sviluppo in tutte le regioni di un sistema integrato per la gestione <strong>del</strong> paziente diabetico, e<br />
quello sulla diffusione <strong>del</strong>l'uso <strong>del</strong>la carta <strong>del</strong> rischio cardiovascolare, contengono materiale didattico e sessioni<br />
mirate al tema <strong>del</strong>l'equità.<br />
Conclusioni. Nel corso <strong>del</strong> primo triennio, il CCM ha lavorato per migliorare la qualità dei piani presentati<br />
dalle regioni e per uniformare i criteri per la definizione e il raggiungimento di obiettivi di salute. Il tema<br />
<strong>del</strong>l'equità è entrato raramente tra gli obiettivi definiti nei piani di prevenzione regionali, sia per ridotta<br />
sensibilità al tema, sia perché il programma per l'equità ha preso avvio quando i piani di prevenzione erano già<br />
stati stilati ed approvati. E' quindi obiettivo <strong>del</strong> programma CCM-equità fare in modo che, dopo aver<br />
sensibilizzato i referenti al problema, le regioni lavorino attivamente sul tema <strong>del</strong>le diseguaglianze,<br />
introducendo obiettivi pertinenti nei prossimi piani di prevenzione. A tal fine, si forniscono alle regioni<br />
strumenti metodologici che possano essere di ausilio nella programmazione e nella definizione operativa di<br />
attività di misura e di interventi per la promozione di equità, garantendo nel contempo consulenza attiva al loro<br />
svolgimento.<br />
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9-DIFFERENZE SOCIALI NELLO SCREENING ECOGRAFICO DELLA DISPLASIA<br />
DELL’ANCA. STIMA nell’ASL5 SPEZZINO<br />
Marinacci C 1,2 , Petrelli A 2,3 , Baldi R 1 , Barizza A 4<br />
1 S.C. <strong>Epidemiologia</strong>, Asl 5 Spezzino, 2 Servizio Regionale di <strong>Epidemiologia</strong>, ASL TO3, 3 S.C. Controllo di<br />
Gestione e Sistemi Informativi, Asl 5 Spezzino, 4 Direzione Sanitaria Ospedale S.Andrea, Asl 5 Spezzino<br />
Introduzione. E’ certa l’utilità <strong>del</strong>la diagnosi precoce <strong>del</strong>la Displasia Evolutiva <strong>del</strong>l’Anca (DEA) nelle prime<br />
settimane di vita <strong>del</strong> neonato, poiché il percorso terapeutico eseguito in epoca neonatale garantisce efficacia e<br />
minore complessità clinica. Non vi è consenso internazionale, tuttavia, sui vantaggi <strong>del</strong>lo screening ecografico<br />
universale; in Italia il percorso di screening è attualmente clinico e/o ecografico, con variabilità geografica di<br />
utilizzo inter e intra-regionale.<br />
Obiettivi. Valutare la quota di neonati sottoposti a screening ecografico nell’ASL5 “Spezzino”<br />
Valutare la variabilità tra medici curanti nel ricorso all’esame ecografico<br />
Analizzare l’effetto indipendente <strong>del</strong>l’istruzione materna sul ricorso allo screening ecografico.<br />
Metodi. Dall’anagrafe aziendale degli assistiti sono stati selezionati i nati nei comuni <strong>del</strong>l’ASL5 “Spezzino”<br />
nell’anno 2005 e nei primi 9 mesi <strong>del</strong> 2006, residenti nel territorio aziendale a giugno 2008, con i relativi dati<br />
anagrafici <strong>del</strong>le famiglie di appartenenza, al fine di identificare la madre di ciascun neonato, e il relativo<br />
pediatra di libera scelta. Successivamente, attraverso il record linkage con gli archivi dei CErtificati Di<br />
Assistenza al Parto, sono state attribuite le informazioni sull’istruzione materna, classificata come alta (almeno<br />
diploma di scuola media superiore) o bassa (al più licenza media inferiore o nessun titolo di studio), sulla<br />
presentazione al parto e sul peso alla nascita. L’analisi è stata svolta su 1,790 nati nel periodo di riferimento<br />
con informazioni complete sulle variabili in analisi. Attraverso il record linkage dei nati in studio con gli<br />
archivi aziendali <strong>del</strong>l’assistenza specialistica ambulatoriale relativa agli anni 2005-2006, sono stati individuati i<br />
neonati sottoposti ad ecografia <strong>del</strong>le anche presso le strutture liguri pubbliche e private di radiologia.<br />
La probabilità <strong>del</strong> neonato di non essere sottoposto ad esame ecografico è stata analizzata in base all’istruzione<br />
materna, attraverso odds ratios ed intervalli di confidenza al 95%, rimuovendo il confondimento per sesso,<br />
presentazione al parto e peso alla nascita. Per valutare e tener conto <strong>del</strong>la variabilità tra medici, sono stati<br />
elaborati mo<strong>del</strong>li multilivello di regressione logistica (livello 2=medico, livello 1=neonato).<br />
Risultati. L’11.7% dei neonati analizzati non è stato sottoposto ad esame ecografico <strong>del</strong>le anche, con una<br />
modesta e non significativa variabilità tra pediatri (varianza <strong>del</strong> random effect: p=0.23). Al netto di tale<br />
variabilità, la probabilità di non essere sottoposti ad ecografia è risultata significativamente maggiore tra i nati<br />
da madri meno istruite (OR= 1.63 IC95% 1.20-2.20), rispetto agli altri, controllando per sesso, presentazione<br />
al parto e peso alla nascita.<br />
Conclusioni. La quota di neonati non sottoposti ad ecografia <strong>del</strong>le anche non sembra legata alle modalità <strong>del</strong>la<br />
valutazione clinica effettuata dal pediatra. Tale quota, che riflette l’assenza di un percorso organizzato di<br />
screening <strong>del</strong>la DEA, appare a svantaggio <strong>del</strong>le famiglie socialmente sfavorite.<br />
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10-EVOLUZIONE TEMPORALE DELLA MORTALITÀ EVITABILE PER GENERE NEI<br />
TRIENNI 1998-2000 / 2001-2003. AZIENDA ULSS 6 VICENZA CONFRONTO CON I DATI<br />
REGIONALI<br />
Pacchin M.<br />
Ufficio Valutazione Epidemiologica. Ulss 6 Vicenza<br />
Obiettivi. Analizzare le variazioni <strong>del</strong>la mortalità per cause evitabili (classe di età 5-64 anni), per genere, nei<br />
trienni 1998/2000 e 2001/2003 nell’Ulss 6 Vicenza e confrontare il triennio 2001/2003 con i valori regionali.<br />
Metodi. Sono state selezionate 23 cause di morte definite evitabili.<br />
Evitabili con prevenzione primaria: tumori <strong>del</strong>le prime vie aereodigestive (ICD-IX 140-150;161), tumori <strong>del</strong><br />
fegato (155), tumori <strong>del</strong> polmone (162), tumori <strong>del</strong>la vescica (188), disturbi circolatori <strong>del</strong>l’encefalo (430-438),<br />
cirrosi epatica (571), traumatismi ed avvelenamenti (800-999).<br />
Evitabili con prevenzione secondaria: tumori maligni <strong>del</strong>la pelle (172-173), tumori <strong>del</strong>la mammella (174),<br />
tumori <strong>del</strong> collo <strong>del</strong>l’utero e parte non specificata (179-180), tumori <strong>del</strong> testicolo (186), linfomi di Hodgkin<br />
(201).<br />
Evitabili con prevenzione terziaria: malattie infettive (1-139), leucemie (204-208), cardiopatie reumatiche<br />
croniche (393-398), ipertensione (401-405), malattie ischemiche <strong>del</strong> cuore (410-414), malattie <strong>del</strong>l’apparato<br />
respiratorio (460-519), ulcera gastrica (531-533), appendicite (540-543), ernie addominali (550-553), morti<br />
materne (630-678), malformazioni cardiache congenite (745-747). Sono stati calcolati: i tassi standardizzati<br />
(std) medi di mortalità evitabile (età 5-64 anni) per genere, nei periodi sopraindicati; i rapporti standardizzati di<br />
mortalità (SMR); gli intervalli di confidenza (IC 95%) sulla base <strong>del</strong>la distribuzione di Poisson; la<br />
significatività <strong>del</strong>le differenze con il test chi–quadro (p value =0.05), adottando una statistica diversa in<br />
relazione alla numerosità dei decessi osservati (100 casi). Si sono inoltre confrontati i tassi medi<br />
di mortalità evitabile nell’Ulss, nel periodo 2001-2003, con quelli <strong>del</strong> Veneto (Istat 2002).<br />
Popolazione 5-64: maschi 116.184; femmine 112.560.<br />
Risultati. Maschi: i decessi selezionati considerati evitabili con interventi di prevenzione primaria sono<br />
aumentati nei maschi <strong>del</strong> 25% (441; 104/100mila vs 335; tasso std 83/100 mila), SMR 1.25, IC95% 1.19-1.31,<br />
con differenze significative (p
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: Sistemi informativi – 16 ottobre<br />
11-MORTALITA’ PER SUICIDIO PER CLASSI DI ETA’ E GENERE. PERIODO 1994/2005.<br />
AZIENDA ULSS 6 VICENZA. CONFRONTO CON I DATI NAZIONALI<br />
Pacchin M.<br />
Ufficio di Valutazione Epidemiologica. Ulss 6 Vicenza<br />
Premessa. Il suicidio è un indicatore socio-sanitario di disagio estremo. Una analisi specifica sugli aspetti<br />
socio-economici e psicologici potrà consentire una comprensione più approfondita e articolata <strong>del</strong> grave<br />
problema al fine di programmare interventi preventivi.<br />
Obiettivi. Analizzare i decessi per suicidio dei residenti per classi di età e genere nel periodo 1994-2005 e<br />
confrontare i valori con i dati nazionali.<br />
Metodi. La mortalità per suicidio è codificata secondo la classificazione ICD-9 (cod. E 950-959) e le classi di<br />
età ( 5-14; 15-29; 30-44; 45-59; >60) secondo le indicazioni OMS (Rapport mondial sur la violence et la santé,<br />
2007). Sono stati calcolati i valori assoluti, il rapporto M/F, i tassi standardizzati medi /100mila abitanti (t.std)<br />
nel periodo 1994-2005 nell’Ulss e in Italia (2002), per classi di età e genere.<br />
Popolazione Ulss >5 anni: maschi 128.030; femmine 135.765; 5-14 anni: 26.290 (M13.448; F12.842); 15-29:<br />
58.417 (M29.973; F 28.444); 30-44: 68.180 (M35.000; F 33.180); 45-59: 55.934 (M 27.744; F 28180); >60:<br />
61.134 (M25.019; F 36.115).<br />
Risultati. Nel periodo 1994/2005 i decessi per suicidio sono stati 236 (180 maschi e 56 femmine); media per<br />
anno: 19 (15 maschi e 4 femmine ); rapporto M/F 3.2.<br />
Il tasso standardizzato medio di mortalità è pari a 11.5/100mila per i maschi (Italia, 2002: 11.9/100mila) e<br />
3.5/100mila per le femmine (Italia, 2002: 3.2/100mila).<br />
Classi di età<br />
Nella fascia 5-14 anni si riscontra nel periodo il suicidio di un ragazzo di 14 anni (t.std 0.1/100mila); Italia,<br />
2002 (6 maschi; 0.02/100mila).<br />
Nella classe 15-29 anni i suicidi sono 34: 30 maschi, 17% (30/180) dei suicidi dei maschi, e 4 femmine 7%<br />
(4/56) dei suicidi <strong>del</strong>le femmine; rapporto M/F 7.5.<br />
I tassi standardizzati medi di mortalità dei maschi (1.6/100mila vs 1.5/100mila) e <strong>del</strong>le femmine (0.3/100mila<br />
vs 0.3/100mila), sono pressoché sovrapponibili nell’Ulss al dato nazionale.<br />
In età 30-44 si rilevano 53 suicidi (39 maschi, 22% e 14 femmine, il 25%); M/F 2.8.<br />
Inferiore il tasso std medio Ulss rispetto a quello nazionale per maschi (2.6/100mila vs 2.8/100mila) e superiore<br />
quello per le femmine (0.9/100mila vs 0.6/100mila).<br />
Nella classe 45-59 anni i suicidi sono 61 (49 maschi, 27% e 12 femmine, 21%); rapporto M/F 4.<br />
Superiore nell’Ulss il tasso di mortalità nei maschi (3.2/100mila vs 2.5/100mila) rispetto al dato nazionale,<br />
mentre nelle femmine (0.8/100mila vs 0.8/100mila) il valore è sovrapponibile.<br />
Si nota che il 34% (61) dei suicidi dei maschi e il 46% (26) <strong>del</strong>le femmine si verificano in età superiore a 60<br />
anni; rapporto M/F 2.3.<br />
Per i maschi il tasso std nell’Ulss (4/100mila) è inferiore a quello nazionale (5/100mila), mentre per le<br />
femmine è pari a 1.6/100mila vs 1.4/100mila.<br />
Conclusioni. Nel complesso i tassi di mortalità per suicidio dei maschi e <strong>del</strong>le femmine sono nell’Ulss<br />
sovrapponibili ai dati nazionali; differenze si notano considerando le diverse classi di età. Si segnala la morte di<br />
un ragazzo in età pediatrica. Rilevanti sono le differenze tra i sessi con eccessi tra i maschi in tutte le fasce di<br />
età, in particolare nella classe 15- 29 anni.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: Sistemi informativi – 16 ottobre<br />
12-MORTALITA’ PER TUMORE PER CLASSI DI ETA’ E GENERE-TRIENNIO 2001/2003.<br />
AZIENDA ULSS 6 VICENZA<br />
M. Pacchin<br />
Ufficio di Valutazione Epidemiologica. Ulss 6 Vicenza<br />
Obiettivi. Analizzare le principali cause di decesso per tumore per classi di età e genere nel triennio 2001/2003<br />
e fornire informazioni per attivare interventi preventivi.<br />
Metodi. Le cause di morte sono codificate secondo la classificazione ICD-9.<br />
Sono stati calcolati i tassi medi di mortalità /100mila abitanti per classi di età (0-24, 25-44, 45-64, 65-74, >75)<br />
e genere.<br />
Popolazione 0-24 anni (M 37.342, F 35.293); 25-44 (M 31.078, F 47.858); 45-64 (M 36.855, F 37.434); 65-74<br />
(M 22.417, F 15.164); >75 (M 7.775, F 15.382)<br />
Risultati. Nel complesso <strong>del</strong>la popolazione maschile la prima causa di morte per tumore è da riferire a tumore<br />
<strong>del</strong> polmone (369 casi nel triennio; tasso medio 84/100mila) e, nelle femmine, a tumore <strong>del</strong>la mammella (177;<br />
39/100mila).<br />
Nei maschi il tumore <strong>del</strong> polmone è la prima causa di morte per tumore in età 45-64 anni (83; 75/100mila), 65-<br />
74 (135; 361/100mila) e > 75 anni (148; 633/100mila); la prima causa in età 25-44 anni è il tumore <strong>del</strong> colonretto<br />
(5; 3.3/100mila) e nella fascia 0-24 il tumore <strong>del</strong>l’encefalo (2; 2/100mila).<br />
Nelle femmine il tumore <strong>del</strong>la mammella è la prima causa di morte per tumore in età 25-44 anni (12;<br />
8/100mila), 45-64 anni (56; 50/100mila), 65-74 (34; 75/100mila) e >75 (75; 162/100mila); i tumori <strong>del</strong> sistema<br />
linfoematopoietico (0.9/100mila) sono la prima causa in età 0-24.<br />
Nel complesso <strong>del</strong>la popolazione la seconda causa di morte per tumore nei maschi (146; 34/100mila) e nelle<br />
femmine (114; 25/100mila) va riferita a tumori <strong>del</strong> colon-retto; questi sono la seconda causa tra i maschi in età<br />
45-64 (42; 38/100mila) e 65-74 (50; 134/100mila) e la seconda tra le femmine oltre 75 anni (74;<br />
160/100mila).<br />
L’analisi per le altre fasce evidenzia che la seconda causa nei maschi in età >75 è il tumore <strong>del</strong>la prostata (58;<br />
248/100mila); nella classe 25-44 anni il tumore <strong>del</strong> polmone (3; 2/100mila); e nella fascia 0-24 anni i tumori<br />
<strong>del</strong> sistema linfoematopoietico (0.9/100mila).<br />
Il tumore <strong>del</strong> polmone è la seconda causa nelle femmine in età 65-74 (27; 60/100mila) e 45-64 anni (21;<br />
18/100mila).<br />
Nei maschi la terza causa in età oltre 75 anni è dovuta a tumore <strong>del</strong> colon-retto (49; 209/100mila); nella classe<br />
65-74 a tumore <strong>del</strong> fegato (29; 78/100mila); nella fascia 45-64 a tumori <strong>del</strong>la cavità orale e faringe (26;<br />
23/100mila); nelle femmine la terza causa di morte per tumore in età >75 (115/100mila) e tra 65 e 74<br />
(53/100mila) è riferita a tumori <strong>del</strong> sistema linfoematopoietico ; in età 25-44 anni a tumore <strong>del</strong> colon-retto<br />
(2/100mila) e nella classe 45-64 a tumori <strong>del</strong> colon-retto (18/100mila) e ovaio (18/100mila).<br />
Conclusioni. Tra i maschi la prima causa di morte per tumore è costituita da tumore <strong>del</strong> polmone nelle classi di<br />
età 45-64; 65-74 e >75 anni e da tumore <strong>del</strong> colon-retto, in età 25-44; tra le femmine da tumore <strong>del</strong>la mammella<br />
in età 25-44; 45-64; >75 e da tumori <strong>del</strong> sistema linfoematopoietico nella classe 0-24.<br />
La seconda causa, per entrambi i sessi, è censita nei tumori <strong>del</strong> colon-retto, in età 45-64 e 65-74 tra i maschi, e<br />
oltre 75 anni tra le femmine.<br />
Si segnala che nelle fasce 45-64 e 65-74 la seconda causa di morte per le femmine è il tumore <strong>del</strong> polmone.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
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13-SORVEGLIANZA NAZIONALE DELLE INTOSSICAZIONI ACUTE DA<br />
ANTIPARASSITARI<br />
Settimi L (a), Davanzo F (b), Marcello I (a), Travaglia A (b), Sesana F (b), Locatelli C (c), Cilento I (d),<br />
Volpe C (d), Russo A (e), Miceli G (f), Fracassi A (g), Maiozzi P (a), Urbani E (a), Binetti R (a)<br />
(a) Istituto Superiore di Sanità, Roma; (b) Centro Antiveleni di Milano,Ospedale Niguarda Cà Granda;<br />
(c) Pavia, IRCCS Fondazione Maugeri, Università di Pavia; (d) Centro Antiveleni di Napoli, Ospedale<br />
Cardarelli; (e) Centro Antiveleni di Roma, Università “La Sapienza”; (f) Unità Sanitaria Locale di Ragusa;<br />
(g) Unità Sanitaria Locale di Latina<br />
Gli antiparassitari sono una categoria eterogenea di agenti biologicamente attivi, il cui impiego è ampiamente<br />
diffuso sia in ambito agricolo, come fitofarmaci, sia in ambito domestico e civile, come biocidi e prodotti per<br />
piante ornamentali (PPO). La normativa vigente, in considerazione <strong>del</strong>la potenziale pericolosità per la salute<br />
umana di questi agenti prevede che l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) promuova e coordini attività di<br />
sorveglianza per la rilevazione di eventuali effetti (1,2). Tra le iniziative intraprese a questo riguardo vi è<br />
l’implementazione di un sistema nazionale per la sorveglianza <strong>del</strong>le intossicazioni acute da antiparassitari<br />
(SIAcA). In questo contributo vengono presentate le osservazioni effettuate nel 2005, secondo anno di attività<br />
<strong>del</strong> sistema.<br />
Sono definiti casi di interesse per la sorveglianza “i soggetti con almeno un segno o sintomo associato a<br />
esposizioni acute ad antiparassitari presi in esame da personale medico”. La rilevazione <strong>del</strong>le informazioni di<br />
interesse viene effettuata utilizzando un set minimo di dati condiviso dai centri collaboranti che includono:<br />
Centri Antiveleni (CAV), Dipartimenti di Prevenzione <strong>del</strong>le ASL e Regioni. Le segnalazioni ricevute dal<br />
sistema SIAcA sono state sottoposte a revisione e classificate, in riferimento a criteri standard, come “non<br />
intossicazioni” e “intossicazioni” e in termini di gravità (3)<br />
Nel 2005 il sistema SIAcA ha identificato 1.028 intossicazioni, pari a circa il 37% <strong>del</strong>le segnalazioni ricevute<br />
(n. 2.798). Di queste, 864 (84%) sono risultate accidentali e hanno compreso 520 soggetti esposti a fitofarmaci<br />
(60%) e 344 a biocidi e PPO (40%).<br />
I casi esposti a fitofarmaci sono risultati per il 75% uomini e con età media di 45 anni (ES=1,0). Per il 5% dei<br />
pazienti l’età era inferiore ai 5 anni. Circa il 63% <strong>del</strong>le esposizioni erano di tipo professionale, verificatesi<br />
principalmente nel corso di attività agricole (76% <strong>del</strong>le esposizioni occupazionali). L’esposizione era domestica<br />
per il 27% dei casi e ambientale per l’8%, principalmente per fenomeni di deriva. Circa il 70% degli incidenti<br />
si è verificato tra maggio e settembre. La gravità <strong>del</strong>le intossicazioni è risultata lieve per il 94% dei casi,<br />
moderata per il 5% ed elevata per l’1%. I principi attivi più frequentemente riportati sono stati: glifosate (n.<br />
56), solfato di rame (n. 55, con un caso di gravità elevata), metomil (n. 52, con un caso di gravità elevata),<br />
metam-sodio (n. 24), dimetoato (n. 22, con un caso di gravità moderata), imidacloprid (n. 22). Per l’idrogeno<br />
cianammide, un geodisinfestante in precedenza segnalato per la sua pericolosità (5), è stata evidenziata una<br />
proporzione elevata di intossicazioni di gravità moderata (6 casi su un totale di 17).<br />
Per i pazienti esposti a biocidi e PPO non è stata osservata alcuna differenza nella distribuzione per genere.<br />
L’80% <strong>del</strong>le esposizioni erano in ambiente domestico e il 16% nel corso di attività lavorative. L’età media è<br />
risultata pari a 35 anni (ES = 1,4). Circa il 17% <strong>del</strong>le intossicazioni era in soggetti di età inferiore ai 5 anni.<br />
Circa il 68% degli incidenti si è verificato tra maggio e agosto. La gravità <strong>del</strong>l’intossicazione è risultata lieve<br />
per il 93% dei casi e moderata per il 7%. L’87% <strong>del</strong>le intossicazioni osservate è stato attribuito a insetticidi. I<br />
principi attivi più frequentemente riportati sono stati: propoxur, ciflutrina e tetrametrina in combinazione (n.<br />
23, con tre casi di gravità moderata), propoxur (n. 22, con un caso di gravità moderata), ciflutrina (n. 21, con un<br />
caso di gravità moderata) e N,N-dietil-m-toluamide (n. 20, con due casi di gravità moderata), permetrina (n.<br />
19), cipermetrina e tetrametrina (n. 18, con due casi di gravità moderata).<br />
Le osservazioni effettuate costituiscono una base informativa per l’avvio di approfondimenti su agenti specifici<br />
e valutazioni sulla sicurezza dei formulati in commercio e <strong>del</strong>le loro modalità di impiego.<br />
1) Italia. Decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194. Gazzetta Ufficiale- Supplemento ordinario n. 122, 27 maggio 1995; 2)<br />
Italia. Decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 174. Gazzetta Ufficiale- Supplemento ordinario n. 149, 28 giugno 200; 3)<br />
Settimi L, Marcello I, Davanzo F, Faraoni L, Miceli G, Richmond D., Calvert G.M. CDC MMWR April 29,2005; 54:<br />
405-408.<br />
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14-IL FENOMENO SUICIDARIO IN TOSCANA<br />
C. Silvestri 1 , R. Capocchi 2 , S. Bartolacci 2 , F. Voller 1<br />
Agenzia Regionale di Sanità <strong>del</strong>la Toscana, Osservatorio di <strong>Epidemiologia</strong> – 1 Area dei Determinanti Sociali ed<br />
Ambientali di Malattia – 2 Centro elaborazione dati.<br />
Introduzione. Il suicidio rappresenta una <strong>del</strong>le più comuni emergenze in ambito sanitario ed un complesso<br />
problema clinico e sociale. Negli ultimi cinquanta anni, infatti, i dati mostrano un aumento <strong>del</strong> 60% <strong>del</strong> tasso di<br />
suicidio con un incremento particolarmente marcato nei paesi industrializzati (World Health Organization,<br />
2007). In Europa, l’Italia si colloca al quart’ultimo posto, con un tasso calcolato su 100.000 abitanti di 7,1<br />
(range: 40,2 <strong>del</strong>la Lituania e 3,4 <strong>del</strong>la Grecia) 1 . Anche a livello nazionale si riscontrano differenze importanti<br />
con valori compresi fra 9,8 <strong>del</strong> Friuli-Venezia-Giulia e 2,7 <strong>del</strong>la Campania. La Toscana, con 4,6 per 100.000<br />
abitanti, si colloca ben al di sotto <strong>del</strong>la media nazionale 2 .<br />
Obiettivo. Il nostro studio si pone come obiettivo quello di approfondire l’andamento <strong>del</strong> fenomeno suicidario<br />
a livello territoriale cercando, laddove è possibile, di mettere in luce aspetti significativi per una corretta<br />
politica di prevenzione.<br />
Metodi. E’ stata selezionata dal RMR (registro mortalità regionale), una coorte di 219 residenti Toscani che si<br />
sono suicidati nell’anno 2005 (codice ICD IX-CM causa violenta compreso tra E950* e E959*).<br />
Tramite un’operazione di record linkage con identificativo personale, è stato possibile ricostruire la storia di<br />
ricovero e di accesso ai servizi sanitari utilizzando i principali flussi correnti: schede di dimissione ospedaliere<br />
(da 2003 al 2005), prescrizioni farmaceutiche (da 2003 al 2005) e prestazioni ambulatoriali (da 2003 al 2005).<br />
Risultati. In Toscana il 75,7% dei suicidi si ritrova nel genere maschile con età media di 57,6 anni (59aa nel<br />
genere femminile). Lo stato civile è rappresentato nel 50,8% dalla condizione di conuigato/a seguito, nel<br />
27,7%, da quella di celibe/nubile. L’elevato grado di urbanizzazione sembra influenzare la scelta suicidaria<br />
soprattutto nel genere maschile mentre, come già descritto dalla letteratura internazionale (Qin, 2005), risulta<br />
essere un fattore protettivo nel genere femminile. La modaltà molto violenta scelta dagli uomini può spiegare,<br />
in parte, la differenza numerica riscontrata tra i due generi; infatti, mentre il genere maschile utilizza nel 70,8%<br />
l’impiccagione e l’arma da fuoco, questa percentuale scende al 34,1% nel genere femminile. L’andamento<br />
stagionale <strong>del</strong> fenomeno mostra un incremento nel periodo primaverile con il suo apice nel mese di maggio<br />
mentre, la fluttuazione settimanale, appare caratterizzata da un’incidenza maggiore nei giorni di lunedì e<br />
giovedì. L’analisi <strong>del</strong> ricorso ai servizi sanitari <strong>del</strong>la coorte dei suicidati ha messo in evidenza un incremento<br />
dei ricoveri ospedalieri con l’approssimarsi <strong>del</strong>l’evento (10% dei soggetti tra 6 mesi e 18 mesi precedenti al<br />
suicidio ed il 21% nei 6 mesi precedenti). Le patologie più frequenti di ricovero risultano quelle legate alla<br />
salute mentale seguite da quelle tumorali e cardiocircolatorie.<br />
Nell’anno che precede l’evento, la prevalenza d’uso di farmaci antidepressivi <strong>del</strong>la coorte dei suicidati è tripla<br />
rispetto alla media Toscana, e come per il ricorso ai ricoveri, si evidenzia una tendenza all’aumento con<br />
l’approssimarsi <strong>del</strong>l’atto.<br />
Conclusioni. Nell’anno precedente il suicidio, circa il 74% dei soggetti ha avuto un contatto con i servizi<br />
(ricoveri e/o prescrizioni farmaceutiche). Come era logico attendersi tra coloro che ricorrono ai servizi, la<br />
maggioranza risulta avere disturbi psichici o prescrizioni di antidepressivi, ma una quota non trascurabile (circa<br />
il 15%) ricorre ai servizi per gravi patologie (tumori e malattie <strong>del</strong> sistema circolatorio) evidenziando che il<br />
suicidio può essere la conseguenza non soltanto di uno status di disagio psichico, ma anche di un possibile<br />
aggravamento <strong>del</strong>lo stato di salute.<br />
1 Fonte: OMS, 2005<br />
2 Fonte: Istat, 2004<br />
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15-DISTRIBUZIONE SPAZIALE DI SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA (SLA) IN<br />
SICILIA NEGLI ANNI 2006-2007<br />
Tavormina E, Pollina Addario S, Cernigliaro A, Fantaci G<br />
Dipartimento Osservatorio Epidemiologico - Regione Siciliana<br />
Introduzione. La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una malattia degenerativa molto grave e rara che<br />
colpisce i motoneuroni, ovvero le cellule nervose <strong>del</strong> cervello e <strong>del</strong> midollo spinale preposti al controllo<br />
muscolare volontario. La compromissione dei motoneuroni conduce all’atrofia dei muscoli e alla progressiva<br />
paralisi dei quattro arti e dei muscoli imputati alla deglutizione e all’articolazione <strong>del</strong>la parola. La SLA ha un<br />
decorso medio di circa tre anni e studi precedenti hanno calcolato un’incidenza per l’intero territorio nazionale<br />
che varia tra 0,4 e 2,5 casi ogni 100.000 abitanti per anno e un tasso di mortalità tra 0,8 e 2,1 per 100.000<br />
abitanti. Si tratta di una patologia che caratterizza l’età adulta, in particolare la fascia di età 50-70 anni con un<br />
aumento <strong>del</strong>l’incidenza al crescere <strong>del</strong>l’età. L’eziologia e la patogenesi <strong>del</strong>la SLA rimangono a tutt’oggi ignote<br />
e non esiste una terapia in grado di guarirla. E’ stato sperimentato che il Riluzolo è l’unico farmaco<br />
riconosciuto e approvato, la cui assunzione contrasta l’evoluzione <strong>del</strong>la malattia.<br />
Obiettivi. Obiettivo <strong>del</strong> presente studio è quello di descrivere la distribuzione di nuovi casi di SLA sul<br />
territorio siciliano con dettaglio comunale per gli anni 2006-2007.<br />
Metodi. I casi incidenti negli anni 2006-2007 sono stati identificati attraverso la banca dati <strong>del</strong>le Schede di<br />
Dimissione Ospedaliera (SDO) con i codici ICD-IX-CM 335.2 in diagnosi principale o secondaria,<br />
considerando i casi che non hanno avuto ricovero analogo nei cinque anni precedenti (2001-2005). Per tutti i<br />
comuni <strong>del</strong>la Sicilia sono stati calcolati i Rapporti Standardizzati di Morbosità (SMR) e, allo scopo di tener<br />
conto degli effetti determinati dalle esigue osservazioni presenti nei vari comuni <strong>del</strong>la Sicilia, sono stati<br />
utilizzati gli stimatori Bayesiani.<br />
E’ stato inoltre utilizzato il flusso informativo sui farmaci forniti dalle strutture ospedaliere (File F) per<br />
l’identificazione degli utilizzatori di Riluzolo in aggiunta a quello <strong>del</strong>le SDO, per stimare i casi prevalenti<br />
attraverso il metodo cattura e ricattura, incrociando le due fonti di dati con una procedura di record linkage che<br />
ha utilizzato come chiave il codice fiscale.<br />
Risultati. Il numero di nuovi casi di SLA rilevato attraverso i ricoveri nel biennio 2006-2007 è stato pari a 368<br />
(175 nel 2006 e 193 nel 2007). Per il biennio in studio il tasso di incidenza è di 3,6 ogni 100.000 abitanti. Dalle<br />
stime Bayesiane dei Rapporti Standardizzati di Morbosità si osserva (fig.1) una distribuzione disomogenea nei<br />
comuni <strong>del</strong>la Sicilia, con dei cluster nelle aree orientali e centro-occidentali <strong>del</strong>l’Isola. Il numero stimato di casi<br />
prevalenti di SLA nel periodo 2006-2007 è pari a 738,6 (IC 95%: 692,4-803,5) con un tasso stimato di 7,36 per<br />
100.000 (IC 95%: 6,9-8,0).<br />
Fig. 1 Distribuzione dei nuovi casi di SLA nei comuni <strong>del</strong>la Sicilia, anni 2006-2007.<br />
Conclusioni. L’uso <strong>del</strong>le fonti informative correnti può permettere una stima dei casi incidenti e prevalenti di<br />
SLA utili per la sorveglianza ai fini <strong>del</strong>la possibile identificazione di aggregazioni spaziali e per la<br />
programmazione <strong>del</strong>l’attività dei servizi.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
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16-IL TRATTAMENTO DELL’OSTEOPOROSI PER LA PREVENZIONE SECONDARIA<br />
DELLE FRATTURE IN 5 REGIONI ITALIANE: ANALISI DI COSTO EFFICACIA<br />
Baio G 1,2 , Di Tanna GL 3,4<br />
1 Department of Statistical Sciences, University College London (UK), 2 Dipartimento di Statistica, Università di<br />
Milano Bicocca, 3 Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università di Roma “La Sapienza”, 4 ASSR -Agenzia<br />
Sanitaria e Sociale Regionale Emilia Romagna<br />
Introduzione. L’Osteoporosi è una malattia sistemica <strong>del</strong>lo scheletro largamente diffusa nella fascia di<br />
popolazione over-50, che colpisce principalmente la popolazione femminile. I trattamenti standard attualmente<br />
presenti sul mercato sono i Bifosfonati orali, come l’Alendronato (ALE) e il Risedronato (RIS) (queste due<br />
molecole coprono circa il 90% <strong>del</strong> mercato dei farmaci per il trattamento <strong>del</strong>l’osteoporosi in Italia). Nonostante<br />
la provata efficacia in settings sperimentali, i bifosfonati orali mostrano rilevanti problemi di persistenza e di<br />
compliance, e dunque di efficacia reale nella cura <strong>del</strong>l’Osteoporosi e nella riduzione <strong>del</strong>le fratture ad essa<br />
riconducibili. Recentemente è stato immesso sul mercato un trattamento innovativo, l’Acido Zoledronico<br />
(ZOL) che può essere somministrato mediante un’infusione annuale superando così i limiti di persistenza e di<br />
compliance caratterizzanti le altre terapie.<br />
Obiettivi. Valutazione economica mettendo a confronto ZOL con ALE e RIS in 5 regioni italiane: Lombardia,<br />
Emilia Romagna, Lazio, Campania e Sicilia.<br />
Metodi. Analisi di costo efficacia con l’utilizzo di un approccio Bayesiano integrato nel quale le prove di<br />
efficacia disponibili dalla letteratura e le opinioni esperte vengono aggiornate in distribuzioni a posteriori i cui<br />
effetti sono propagati in un mo<strong>del</strong>lo Markoviano necessario a simulare le traiettorie di vita di ipotetiche coorti<br />
di donne >50 anni (che entrano in trattamento solo a seguito di una prima frattura). Il mo<strong>del</strong>lo considera 6 stati<br />
di salute (oltre lo stato “morte”): in salute, frattura femorale, vertebrale e di polso, e post frattura femorale e<br />
vertebrale. I costi considerati sono di ospedalizzazione (legati a fratture), di trattamento farmacologico e di<br />
riabilitazione. La robustezza dei risultati è stata valutata mediante analisi di sensibilità probabilistica.<br />
Risultati. In tutte e 5 le regioni studiate, ZOL si è dimostrato un trattamento più efficace degli altri in termini di<br />
fratture complessive. In Lombardia le fratture di femore totali sono risultate pari a circa 13,400 per ALE e RIS<br />
(che mostrano un’efficacia simile in tutte le regioni considerate) e 12,265 per ZOL. Se il numero totale di prime<br />
fratture (6,890) è identico per tutte e 3 le strategie (il trattamento ha effetto come prevenzione secondaria), è<br />
stata ottenuta una forte contrazione <strong>del</strong>le rifratture (-24%) e di quelle dopo frattura vertebrale (-15%). In Emilia<br />
Romagna si sono avute circa 6,500 fratture totali per i bifosfonati e 5,800 con ZOL, nel Lazio rispettivamente<br />
7,100 e 6,300, in Campania 5,900 e 5,400 ed in Sicilia 5,800 e 5,100. In termini di spesa totale, a fronte di più<br />
alti costi di somministrazione, ZOL è risultato il trattamento meno costoso. In Lombardia la spesa totale è<br />
risultata pari a 137milioni di Euro per ALE, 140 per RIS e 133 per ZOL, in Emilia Romagna rispettivamente<br />
78, 80 e 75milioni, nel Lazio 81, 83 e 75, in Campania 63, 64 e 60 ed in Sicilia 67, 69 e 62 milioni.<br />
Considerando le simulazioni elaborate a partire dalle distribuzioni di probabilità associate ai parametri <strong>del</strong><br />
mo<strong>del</strong>lo si è apprezzata la robustezza dei risultati. ZOL rispetto ad ALE è risultato il trattamento meno costoso<br />
e più efficace per valori percentuali compresi tra il 93.8% in Lombardia ed il 99.8% nel Lazio mentre nel caso<br />
di ZOL vs RIS tale profilo è stato individuato tra il 99.2% in Campania ed il 99.8% in Lombardia e Lazio.<br />
Conclusioni. I risultati indicano che l’Acido Zoledronico è l’alternativa ottimale rispetto alle terapie<br />
attualmente presenti sul mercato. Ad esempio, nel caso <strong>del</strong>la Lombardia, considerando una disponibilità a<br />
pagare di almeno 12.000 Euro la probabilità che ZOL si riveli effettivamente costo efficace è pari a circa 0,994<br />
(rispetto ad ALE) e a circa 0,998 rispetto a RIS.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: <strong>Epidemiologia</strong> clinica e governo clinico – 16 ottobre<br />
17-PREVENZIONE DELLE RECIDIVE DOPO INFARTO MIOCARDICO ACUTO IN<br />
TOSCANA: TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DEI PAZIENTI DOPO LA<br />
DIMISSIONE DALL’OSPEDALE<br />
Barchielli A 1 , Balzi D 1 , Mazzaglia G 2 , Pasqua A 2 , Sessa E 2<br />
1 Unità di epidemiologia, Azienda Sanitaria Firenze, 2 Osservatorio di epidemiologia, Agenzia Regionale di<br />
sanità <strong>del</strong>la Toscana<br />
Introduzione. Numerosi studi recentemente pubblicati nella letteratura internazionale hanno valutato la qualità<br />
<strong>del</strong>le cure extraospedaliere nei pazienti con infarto miocardio acuto (IMA) ed in particolare l’utilizzo nella<br />
pratica clinica corrente di alcune classi di farmaci (antiaggreganti piastrinici, beta-bloccanti, ACE-inibitori,<br />
ipolipemizzanti/statine), indicati nelle linee guida europee ed americane per la prevenzione secondaria <strong>del</strong>la<br />
malattia.<br />
Obiettivi. Valutare il trattamento farmacologico dei pazienti dopo la dimissione per IMA in Toscana.<br />
Materiali e metodi. Mediante il Registro Regionale <strong>del</strong>l’Infarto Miocardico Acuto sono stati identificati i casi<br />
di IMA incidenti negli anni 2003-2005 in Toscana e dimessi vivi dall’ospedale. L’incrocio (effettuato mediante<br />
codici individuali criptati) con gli archivi <strong>del</strong>le prestazioni farmaceutiche ambulatoriali (comprensivo anche dei<br />
farmaci consegnati direttamente dalle farmacie ospedaliere) ha permesso di identificare i farmaci prescritti<br />
nell’anno successivo alla data di dimissione ospedaliera.<br />
Risultati. Considerando tutti i pazienti con almeno una prescrizione di tali farmaci nell’anno successivo alla<br />
dimissione, osserviamo una tendenza all’incremento progressivo <strong>del</strong>la prescrizione di farmaci dei gruppi<br />
esaminati. Nel 2005, il 90,5% dei pazienti ha avuto almeno una prescrizione di antiaggreganti<br />
piastrinici/anticoagulanti, il 76,2% di ACE-inibitori/inibitori recettori angiotensina II, il 66,4% di statine ed il<br />
63,6% di beta-bloccanti. E’ comunque presente un range di variazione di circa 15 punti percentuali tra la Asl<br />
dove la prescrizione è effettuata più frequentemente e quella dove è effettuata meno frequentemente per<br />
antiaggreganti piastrinici/anticoagulanti, ACE-inibitori/inibitori recettori angiotensina II e statine, e addirittura<br />
di 34 punti percentuali per i beta-bloccanti. Più basse sono le percentuali dei pazienti che hanno avuto la prima<br />
prescrizione entro un mese dalla dimissione ospedaliera, misura che può approssimare la continuità <strong>del</strong><br />
trattamento tra ospedale e territorio (rispettivamente 71,5%, 46,2%, 52,6% e 33,1%). Restringendo l’analisi ai<br />
pazienti con una prima prescrizione “precoce“ e vivi ad 1 anno di follow-up, in modo da avere un periodo di<br />
osservazione analogo per tutti i pazienti, si osserva una durata prescrittiva di 10-12 mesi (approssimata<br />
calcolando i mesi intercorsi tra le date <strong>del</strong>la prima e <strong>del</strong>l’ultima prescrizione e considerata come un indice <strong>del</strong>la<br />
continuità prescrittiva) nel 66,6% dei casi per gli antiaggreganti piastrinici/anticoagulanti, nel 64,2% per gli<br />
ACE-inibitori/inibitori recettori angiotensina II, nel 60,7% per le statine e nel 55,7% per i beta-bloccanti.<br />
Conclusioni. L’uso di archivi informatizzati permette di fornire un quadro di problematiche sanitarie di diversa<br />
natura in maniera relativamente economica e rapida, ma è soggetto ad errori ed inesattezze dovute alla qualità e<br />
completezza <strong>del</strong>la registrazione <strong>del</strong>le informazioni sanitarie nelle base dati utilizzate e ad una minor precisione<br />
rispetto ai risultati di studi basati sulla valutazione <strong>del</strong>la documentazione clinica originale. In particolare non<br />
permette di tenere conto <strong>del</strong>la specifica situazione clinica <strong>del</strong> singolo paziente (es. comorbilità, entità danno<br />
ventricolo sinistro, controindicazioni ecc.). Inoltre l’approccio utilizzato per valutare la durata <strong>del</strong> trattamento<br />
presumibilmente sovrastima la continuità <strong>del</strong>la terapia, in quanto può mascherare fenomeni di prescrizione<br />
sporadica o intermittente. Pur con le cautele interpretative che derivano da tali limiti, riteniamo che i dati<br />
presentati forniscano spunti interessanti di riflessione sul trattamento extra-ospedaliero dei pazienti colpiti IMA<br />
attualmente prestato in Toscana. In sintesi i risultati indicano che, pur in un trend generale di un aumento<br />
progressivo nel tempo <strong>del</strong>la quota di soggetti cui vengono prescritti i quattro gruppi di farmaci, il trattamento<br />
farmacologico dopo la dimissione per IMA richiede una maggiore attenzione al fine di identificare più<br />
puntualmente le possibilità di aumentare la quota di pazienti adeguatamente trattati. In particolare meritano<br />
attenzione le differenze nell’uso <strong>del</strong>le diverse categorie di farmaci tra le varie Asl <strong>del</strong>la regione ed i problemi di<br />
tempestività prescrittiva e di continuità terapeutica nel tempo.<br />
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18-REGISTRO TOSCANO SCLEROSI MULTIPLA: DATI PRELIMINARI<br />
Battaglia MA 1 , Amato MP 2 , Annunziata P 3 , De Stefano N 3 , Massacesi L 2 , Meucci G 4 , Sartucci F 5 , Levi G 6<br />
Fondazione <strong>Italiana</strong> Sclerosi Multipla, FISM 1 ; Università di Firenze 2 ; Università di Siena 3 ; Ospedale di<br />
Livorno 4 ; Università di Pisa 5 ; FISM a nome dei Centri partecipanti al Registro 6<br />
La Sclerosi Multipla (SM), malattia autoimmune e cronico-degenerativa <strong>del</strong> sistema nervoso centrale, è la più<br />
frequente malattia neurologica invalidante che colpisce i giovani adulti. Ad oggi non esiste un Registro SM<br />
italiano e pochi sono nel mondo i registri nazionali. Nel 2004 è stato istituito il Registro Regionale Toscano SM<br />
allo scopo di ottenere informazioni epidemiologiche utili anche per rilevare la distribuzione dei bisogni<br />
assistenziali nel territorio toscano, valutare l’utilizzo <strong>del</strong>le terapie e dei servizi, individuare elementi rilevanti ai<br />
fini <strong>del</strong>la programmazione dei servizi. Il coordinamento <strong>del</strong> Registro è stato affidato alla Fondazione <strong>Italiana</strong><br />
Sclerosi Multipla (FISM). Il numero di casi prevalenti nella regione è pari a circa 3500. Il Registro ha lo scopo<br />
di individuare e seguire tutti i pazienti prevalenti residenti sul territorio toscano. Il Registro è curato dai medici<br />
dei Centri Clinici per la diagnosi e cura <strong>del</strong>la SM <strong>del</strong>la Toscana che, ottenuto il consenso informato,<br />
inseriscono i dati su una scheda computerizzata accessibile via web. I dati includono anamnesi, anche familiare,<br />
storia e caratteristiche <strong>del</strong>la malattia dall’esordio, risultati degli esami strumentali, livello di disabilità misurato<br />
con la Expanded Disability Status Scale di Kurtzke, terapie effettuate (complete di dosaggio ed eventuali<br />
reazioni avverse) ed evoluzione. L’algoritmo diagnostico di riferimento è quello dei criteri di McDonald<br />
aggiornati (Polman 2005).L’inserimento di pazienti nel Registro è iniziato nel maggio 2006. Il numero dei<br />
pazienti inseriti nel Registro al 1/7/2008 è 1355, circa il 38% dei pazienti SM toscani. A fine giugno 2008 è<br />
stata effettuata una elaborazione preliminare dei dati. Il campione è costituito da 910 donne e 495 uomini, in<br />
accordo con il rapporto maschi-femmine di 1:2. L’età media dei pazienti inseriti è di 44.45 anni (d.s. 11.48), la<br />
mediana 44 anni. L’EDSS medio è 4,4 (ds.1,15).L’età di esordio media è pari a 31.84 anni (d.s. 10.19 %) e la<br />
mediana è 30 anni. Sono 132 i casi con esordio tra 15 e 20 anni ( 8.2%) mentre sono 459 tra i 21 e i 30 anni (<br />
39.6%) e 370 tra i 31 e i 40 anni (29.9%).L’esordio <strong>del</strong>la malattia è nell’85% dei casi acuto-subacuto e nei<br />
restanti casi insidioso-progressivo, con una differenza a seconda <strong>del</strong>l’età: infatti, quest’ultimo tipo di esordio<br />
varia dal 2.6% nella fascia 0-20, al 5.8% in quella 21-40 e 17.7% oltre i 40 anni. Ciò è in linea con il dato<br />
clinico italiano. Fra i pazienti inseriti ad oggi nel registro la forma più rappresentata di SM è quella Recidivante<br />
Remittente (68%), ed a seguire la Secondariamente Progressiva (18,5%), la Primariamente Progressiva ed<br />
infine la Progressiva Recidivante. Dall’anamnesi è risultato che il 7.7% dei pazienti inseriti ha una seconda<br />
patologia autoimmune, più frequentemente la tiroidite autoimmune 5,9%, e che il 3.9% ha familiari con<br />
SM.Riguardo ai farmaci, gli immunosoppressori/immunomodulanti vengono usati in tutte le forme di malattia e<br />
gradi di disabilità; i farmaci sintomatici vengono ampiamente prescritti a pazienti con la forma<br />
Secondariamente Progressiva (EDSS medio 5,6). Nonostante i pazienti con grave disabilità siano molti (18.5%<br />
dei pazienti con score EDSS uguale o superiore a 5.0), solo lo 0.4% dei pazienti hanno assistenza domiciliare<br />
integrata. Dopo questa prima analisi di dati, è in preparazione la griglia di estrazione definitiva con<br />
elaborazione statistica sia per gli studi epidemiologici sia per l’uso in ambito di programmazione sanitaria. Tali<br />
rilevazioni statistiche sono previste per quando saranno disponibili nel Registro i dati <strong>del</strong> 70% dei pazienti<br />
toscani.<br />
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19-CURE PALLIATIVE: PREVENZIONE DEL RICOVERO IMPROPRIO DEL MALATO<br />
TERMINALE<br />
C. Bietta 1 , I. Fusco-Moffa 1 , M. Petrella 1 , V. De Angelis 2 , M. Lucentini 2 , D. Ranocchia 3<br />
AUSL 2 <strong>del</strong>l’Umbria. 1 Unità Operativa Semplice Dipartimentale di <strong>Epidemiologia</strong>, 2 Unità Operativa Cure<br />
Palliative, 3 Staff Sviluppo Qualità e Comunicazione<br />
Introduzione. La mortalità per tumore rappresenta circa un terzo <strong>del</strong>le cause di morte nella nostra popolazione.<br />
Nei pazienti neoplastici la fase terminale può richiedere un intervento di cure palliative, finalizzate al controllo<br />
<strong>del</strong> dolore e di altri sintomi, soprattutto psicologici, connessi a questa specifica condizione.<br />
La rete dei servizi per le cure palliative ha come obiettivo il miglioramento <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>la vita dei pazienti<br />
la cui evoluzione è verso l’exitus a non lunga scadenza, come diretta conseguenza <strong>del</strong>la malattia. In Umbria, e<br />
in particolare nell’Azienda USL 2, questa rete di servizi è stata recentemente attivata e potenziata. Uno degli<br />
effetti <strong>del</strong> consolidamento di tale rete può essere la riduzione dei ricoveri impropri nell’ultimo periodo <strong>del</strong>la<br />
malattia e in punto di morte.<br />
Obiettivi. Questo lavoro descrive alcuni indicatori relativi alla valutazione <strong>del</strong> ricovero improprio dei pazienti<br />
oncologici terminali, che possono costituire una base-line di outcome di salute riferiti alle “cure palliative”, con<br />
l’intento di seguirne l’evoluzione nel tempo.<br />
Metodi. A partire dal registro nominativo <strong>del</strong>la cause di morte (ReNCaM) <strong>del</strong>l’AUSL 2 <strong>del</strong>l’Umbria sono stati<br />
selezionati tutti i soggetti deceduti per tumore nel 2004 (n=983) riferiti al territorio di pertinenza <strong>del</strong>l’azienda.<br />
Attraverso un record linkage con le schede di dimissione ospedaliera (SDO) è stato possibile ricostruire una<br />
banca dati relativa ai deceduti per tumore dalla quale ricavare i seguenti indicatori:<br />
- percentuale di soggetti che hanno avuto almeno 1 ricovero nei 30gg prima <strong>del</strong>la morte;<br />
- numero di ricoveri per soggetto nei 30gg prima <strong>del</strong>la morte;<br />
- numero complessivo di giorni trascorsi in ospedale nei 30gg prima <strong>del</strong>la morte.<br />
Risultati. La popolazione <strong>del</strong>l’Az. USL 2 deceduta nel 2004 per tumore è composta in maggior misura da<br />
maschi (58,3%) e da persone di età 60-79 anni (52,5%).<br />
Il 30,2% dei deceduti (n=297) è stato dimesso il giorno stesso <strong>del</strong>la morte; complessivamente il 58,3% (n=573)<br />
ha avuto almeno un ricovero nei 30 giorni precedenti la morte.<br />
Solo il 27,2% dei ricoveri era programmato, mentre la restante percentuale era di tipo urgente.<br />
In media queste persone sono state ricoverate complessivamente 12 giorni nel mese precedente il decesso<br />
(moda 1gg, mediana 10gg) con una media di 1,3 ricoveri nel medesimo periodo.<br />
Tra coloro che sono stati dimessi il giorno <strong>del</strong>la morte (n=297), il 79,5% è stato dimesso per decesso e il 7,7%<br />
per dimissione volontaria, evidenziando una buona concordanza, sebbene non assoluta, tra modalità di<br />
dimissione e data <strong>del</strong>la morte.<br />
Conclusioni. Questo studio, oltre a dimostrare la fattibilità <strong>del</strong> calcolo dei principali indicatori per la<br />
valutazione <strong>del</strong> ricovero improprio di pazienti oncologici terminali a partire dal record linkage SDO-ReNCaM,<br />
evidenzia l’alta percentuale di ricoveri nel periodo precedente la morte, con 1 persona su tre che muore in<br />
ospedale.<br />
La presenza di altre variabili nelle due banche dati considerate, può offrire ulteriori possibilità descrittive sulle<br />
quali costruire ipotesi interpretative e di intervento sul fenomeno. Infine la disponibilità di medesimi dati riferiti<br />
ad anni successivi al 2004, potrà consentire una prima valutazione <strong>del</strong>l’impatto <strong>del</strong>l’attività dei servizi di cure<br />
palliative sulla qualità <strong>del</strong>l’assistenza, anche in termini di ricovero improprio.<br />
La conoscenza <strong>del</strong>le dimensioni di tale fenomeno potrà quindi costituire una <strong>del</strong>le basi su cui fondare la<br />
prevenzione <strong>del</strong> ricovero in punto di morte nel malato terminale.<br />
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20-L'‘ICEBERG’ DELL'ASMA NELLA POPOLAZIONE ADULTA ITALIANA<br />
Cappa V 1 , Accordini S 1 , Braggion M 1 , Bugiani M 2 , Pirina P 3 , Villani S 4 , Verlato G 1 , de Marco R 1<br />
1 Sezione di <strong>Epidemiologia</strong> & Statistica Medica, Università di Verona, Verona, Italia; 2 Unità di Pneumologia,<br />
CPA-ASL TO2, Torino, Italia; 3 Istituto di Malattie <strong>del</strong>l’Apparato Respiratorio, Università di Sassari, Sassari,<br />
Italia; 4 Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali, Facoltà di Medicina, Università<br />
di Pavia, Pavia, Italia.<br />
Introduzione. L’asma bronchiale è una malattia cronica comune nelle nazioni industrializzate e per molti<br />
pazienti risulta essere scarsamente controllata, generando un elevato carico socio-economico. Negli studi<br />
epidemiologici sono utilizzate definizioni restrittive per l’asma per ottenere una classificazione dei soggetti<br />
altamente specifica. Tuttavia, per poter valutare correttamente l’impatto <strong>del</strong>la patologia sulla popolazione<br />
generale, i pazienti con asma non diagnosticata dovrebbero essere presi in considerazione.<br />
Obiettivi. L’obiettivo di questo lavoro è quello di valutare la diffusione <strong>del</strong>l’asma nella popolazione adulta<br />
italiana, considerando anche coloro che non riportavano una diagnosi medica ma che ugualmente presentavano<br />
sintomi asmatiformi. A tal fine sono stati analizzati i dati <strong>del</strong>l’Italian Study on Asthma in Young Adults<br />
(ISAYA).<br />
Materiali e metodi. ISAYA è uno studio multicentrico, cross-sectional, sulla salute respiratoria <strong>del</strong>la<br />
popolazione generale adulta (20-44 anni), condotto nel 1998-2000 in 9 centri italiani (Ferrara, Pavia, Pisa,<br />
Sassari, Sassuolo, Siracusa, Torino, Udine e Verona).<br />
Attraverso un campionamento casuale, erano stati selezionati 3000 individui per ogni centro ai quali era stato<br />
spedito per posta un questionario di screening sulla presenza di sintomi respiratori e sul consumo di risorse<br />
sanitarie a causa <strong>del</strong>l’asma. 18600 rispondenti di screening sono stati classificati come soggetti con: Asma<br />
Corrente diagnosticata da un medico (AC); Attacchi d’asma negli ultimi 12 mesi o utilizzo corrente di Farmaci<br />
anti-asmatici, ma senza diagnosi medica (AoF); soltanto Sintomi asmatiformi Notturni (SN); soltanto sibili al<br />
torace; nessun sintomo respiratorio.<br />
Per valutare la relazione tra asma corrente/sintomi respiratori e potenziali determinanti, è stato utilizzato un<br />
mo<strong>del</strong>lo multinomiale con le stime degli errori standard aggiustate per la correlazione entro centro.<br />
Risultati. In Italia, la prevalenza di AC, AoF, SN e sibili era rispettivamente: 4.9% (IC 95%: 4.4-5.4), 1.1%<br />
(IC 95%: 0.9-1.2), 1.4% (IC 95%: 1.1-1.7), 7.1% (IC 95%: 6.0-8.3). L’associazione tra rinite allergica,<br />
abitudine al fumo e asma corrente/sintomi respiratori è riportata nella seguente tabella:<br />
Relative Risk Ratio (RRR) [IC 95%].<br />
AC AoF SN sibili<br />
Rinite allergica 10.9 [8.0-14.9] 8.8 [6.9-11.2] 2.4 [1.6-3.7] 2.0 [1.8-2.3]<br />
Ex – fumatori (vs non fumatori) 1.4 [1.1-1.7] 1.5 [1.2-2.1] 1.7 [1.3-2.2] 2.2 [1.7-2.8]<br />
Fumatori correnti (vs non fumatori) 1.4 [1.2-1.7] 1.1 [0.9-1.4] 1.8 [1.2-2.7] 4.6 [3.9-5.4]<br />
La percentuale di soggetti che avevano riportato almeno una visita al pronto soccorso o che erano stati<br />
ricoverati almeno una volta per problemi respiratori negli ultimi 12 mesi era maggiore per i soggetti con AC,<br />
AoF o SN (6.2%, 8.0% e 8.5% rispettivamente) rispetto a coloro che riportavano soltanto sibili al torace (1.8%)<br />
(p
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21-PREVENIZIONE DELLE LESIONI DA DECUBITO: UNO STUDIO NELLE<br />
LUNGODEGENZE MEDICHE DELLA CITTA’ DI ROMA<br />
Castronuovo E*, Mastromattei A*, Leone F°, Broccolo M°°, Gemma A°°, Leone M°°, D’Amico D°°, Di Lallo D*.<br />
*Laziosanità Agenzia di Sanità Pubblica, °Area Dipartimentale Cure Primarie ASL Roma D, °°Area <strong>del</strong><br />
Governo <strong>del</strong>la Rete ASL Roma E<br />
Introduzione. Le lesioni da decubito (LDD) in soggetti ospedalizzati rallentano il processo di guarigione,<br />
prolungano la degenza e i suoi costi, aumentano la morbosità e la mortalità. Sono un evento frequente tra gli<br />
anziani, che può variare da un minimo <strong>del</strong> 4% ad un massimo <strong>del</strong> 38% a seconda <strong>del</strong> contesto assistenziale.<br />
Adeguate misure assistenziali possono contribuire in modo significativo alla loro prevenzione e cura.<br />
Obiettivi. Stimare la prevalenza di LDD nei reparti di Lungodegenza di due Aziende USL <strong>del</strong>la città di Roma<br />
e valutare quei fattori protettivi e di rischio associabili ad interventi di prevenzione e di trattamento.<br />
Metodi. Lo studio è stato condotto nel periodo settembre-ottobre 2007 in 7 reparti di lungodegenza di due ASL<br />
<strong>del</strong>la città di Roma, per un totale di 415 pazienti valutati. Per ogni struttura sono stati programmati, in accordo<br />
con il responsabile <strong>del</strong> reparto, uno o più “Giorni Indice” nei quali due infermieri <strong>del</strong>la ASL hanno esaminato<br />
tutti i pazienti per l’individuazione e stadiazione <strong>del</strong>le LDD. In ogni reparto è stata individuata una Unità di<br />
Valutazione composta da un medico e da un infermiere professionale, appositamente formati all’utilizzo di una<br />
scala di rischio di LDD (scala di Braden). E’ stata compilata un’apposita scheda-struttura contenente alcune<br />
informazioni sulle caratteristiche <strong>del</strong> reparto, e per ciascun paziente una scheda ospite con alcune informazioni<br />
cliniche e sui presidi assistenziali adottati. Sono state effettuate analisi univariate e multivariate per valutare<br />
l’associazione tra prassi assistenziale e rischio LDD.<br />
Risultati. L’età media era di 80 anni (solo il 9% aveva meno di 65 anni), il 72,5% erano donne. La prevalenza<br />
complessiva di LDD era <strong>del</strong> 39,2%; fra i pazienti con LDD circa la metà (48,4%) già presentava lesioni al<br />
momento <strong>del</strong> ricovero in lungodegenza. Fra i 163 pazienti con lesioni sono state osservate 307 lesioni, 70<br />
pazienti (43%) riportavano più di una lesione. Complessivamente, il 57,2% risultava avere un rischio elevato o<br />
molto elevato di LDD alla scala di Braden. La programmazione <strong>del</strong> cambio postura era prevista solo per il 72%<br />
dei pazienti che erano a rischio molto elevato di lesioni da decubito e per appena il 50% di quelli a rischio<br />
elevato. Solo il 59% dei pazienti con LDD ricevevano un cambio postura e per il 31% non venivano utilizzati<br />
presidi antidecubito. Tra le strutture si osservava un’ampia variabilità <strong>del</strong>la prevalenza di LDD (fra 15,4% e<br />
61,5%) che è stata confermata all’analisi multivariata (mo<strong>del</strong>lo aggiustato per età e scala di Braden) dove le<br />
due strutture con la più alta prevalenza, avevano un rischio di LDD di 5(IC 95% 3,16-8,29 ) e 8 volte (IC 95%<br />
5,33-15,52) superiore alla struttura con prevalenza più bassa.<br />
Conclusioni. Una prevalenza complessiva così elevata, di circa il 40%, evidenzia la rilevanza clinica <strong>del</strong><br />
fenomeno ed indica la necessità di migliorare i protocolli operativi per una efficace attività di prevenzione e di<br />
trattamento. Oltre alla indispensabile acquisizione degli ausili antidecubito da parte <strong>del</strong>la struttura, vanno<br />
definititi protocolli operativi basati su semplici ma efficaci interventi di ispezione ed igiene periodica <strong>del</strong>la<br />
cute, di cambio posturale, di valutazione periodica <strong>del</strong>lo stato nutrizionale nonché di utilizzo di scale di rischio<br />
di lesioni.<br />
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22-IL GRUPPO DI LAVORO SiPrEMAS: SINTESI DELLE PROVE DI EFFICACIA E<br />
MODELLISTICA PER L'ANALISI DECISIONALE IN SANITÀ<br />
Di Tanna GL 1,2 , Baio G 3,4<br />
1 Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università di Roma “La Sapienza”, 2 ASSR -Agenzia Sanitaria e<br />
Sociale Regionale Emilia Romagna, 3 Department of Statistical Sciences, University College London (UK),<br />
4 Dipartimento di Statistica, Università di Milano Bicocca<br />
Il sistema sanitario si trova di fronte alla crescente necessità di un’ efficace allocazione <strong>del</strong>le risorse in un<br />
contesto di informazioni, disponibili in maggiori quantità e di migliore qualità ma, al tempo stesso, più<br />
complesse, e di una forte frammentazione per quanto riguarda gli studi scientifici condotti. Quindi come si è<br />
andato affermando il movimento <strong>del</strong>l’Evidence Based Medicine, ovvero sia l’esplicito utilizzo <strong>del</strong>le attuali e<br />
migliori prove di efficacia nel prendere decisioni sulla cura dei pazienti individuali, così il processo decisionale<br />
in sanità (Medical Decision Making) è ormai riconosciuto come una disciplina basata sulle “evidenze” e al<br />
tempo stesso sulla mo<strong>del</strong>listica decisionale per indirizzare le scelte di sistema in modo ottimale; tra l’altro la<br />
costruzione di un mo<strong>del</strong>lo costituisce un momento di ricerca, di valutazione critica degli studi disponibili e di<br />
individuazione <strong>del</strong>le lacune <strong>del</strong>la letteratura stessa. Il ruolo <strong>del</strong>la statistica nella valutazione economica in sanità<br />
consiste nella sintesi quantitativa <strong>del</strong>le fonti, nella scelta <strong>del</strong>la tecnica decisionale, nella costruzione <strong>del</strong><br />
mo<strong>del</strong>lo, nell’analisi e traduzione di tale processo in risultati di immediata comprensione per i decisori<br />
soprattutto in ambito di Health Technology Assessment. La creazione di un’ arena di confronto comune, nella<br />
quale si possano condividere i metodi di integrazione di fonti eterogenee, di “evidenze” e di mo<strong>del</strong>listica<br />
decisionale con le esperienze fin qui maturate, risulta pertanto un obiettivo di notevole rilevanza. SiPrEMAS si<br />
propone di attivare una rete di diverse figure professionali: uno dei suoi scopi primari è quello di favorire<br />
l’integrazione <strong>del</strong>le metodologie in grado di formalizzare i processi decisionali in condizioni di incertezza con<br />
gli aspetti di natura più “qualitativa” allo scopo di derivare <strong>del</strong>le procedure di valutazione economica ottimali. I<br />
temi di maggiore interesse riguardano i metodi di revisioni sistematiche, l’integrazione <strong>del</strong>le “evidenze” circa i<br />
profili di efficacia di interventi terapeutici e di accuratezza diagnostica, le tecniche per la valutazione<br />
<strong>del</strong>l’eterogeneità, le applicazioni <strong>del</strong>la mo<strong>del</strong>listica decisionale e l’impatto <strong>del</strong>l’incertezza nell’analisi di costo<br />
efficacia, la valutazione <strong>del</strong> valore atteso <strong>del</strong>l’informazione, l’elicitazione <strong>del</strong>le distribuzioni a priori,<br />
l’integrazione di opinioni di esperti e prove desunte dalla letteratura, l’integrazione <strong>del</strong>le metodologie di analisi<br />
causale da dati osservazionali all’interno di mo<strong>del</strong>li decisionali. In particolare l’attività <strong>del</strong> primo biennio sarà<br />
rivolta a:<br />
creare un forum di discussione tra statistici (e non) che si occupano di sintesi <strong>del</strong>le prove di efficacia e di<br />
mo<strong>del</strong>listica decisionale;<br />
organizzare un censimento degli operatori che si occupano di tali temi al fine di un concreto coinvolgimento<br />
con le attività <strong>del</strong> gruppo. Questo può essere un ottimo punto di partenza per un collegamento tra enti che<br />
svolgono ricerca in questo campo: ospedali, ASL, osservatori epidemiologici/agenzie sanitarie regionali e/o<br />
nazionali, università, industrie ed enti regolatori;<br />
condivisione dei metodi già acquisiti;<br />
monitoraggio <strong>del</strong>la letteratura specializzata allo scopo di individuare nuovi spunti metodologici e diffonderli<br />
all’interno <strong>del</strong> gruppo (eventualmente tramite un apposito spazio web dedicato);<br />
attività di aggiornamento e approfondimento “interno” mediante l’organizzazione di workshop e seminari<br />
dedicati;<br />
attività di formazione per “esterni” in corsi di perfezionamento specifici e master; stesura di eventuali<br />
pubblicazioni nazionali per rendere alcuni temi più facilmente accessibili;<br />
Nato all’interno <strong>del</strong>la SISMEC - Società <strong>Italiana</strong> di Statistica Medica ed <strong>Epidemiologia</strong> Clinica, SiPrEMAS si<br />
propone come punto di raccordo tra gli operanti di varie società scientifiche: AIE costituisce uno degli<br />
interlocutori privilegiati soprattutto considerando il tema <strong>del</strong>la valutazione critica degli studi osservazionali e<br />
sperimentali disponibili. Invitiamo gli epidemiologi, gli statistici, gli economisti sanitari e tutti gli operatori<br />
<strong>del</strong>l’AIE interessati a questi temi a far parte <strong>del</strong> gruppo e a dare il loro contributo attivo.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: <strong>Epidemiologia</strong> clinica e governo clinico – 16 ottobre<br />
23-PERCORSO ASSISTENZIALE PER LA GESTIONE INTRAOSPEDALIERA DELLA<br />
FRATTURA DI FEMORE IN PAZIENTI ULTRASESSANTACINQUENNI<br />
Furnari G, Capon A, Mastromattei A, Di Lallo D, Ciaschi A.<br />
Laziosanità – Agenzia di Sanità Pubblica <strong>del</strong>la Regione Lazio, Via di Santa Costanza 53 - 00198 Roma<br />
Introduzione. Le fratture <strong>del</strong> femore negli anziani costituiscono un’importante causa di malattia, disabilità e di<br />
mortalità prematura. L’intervento chirurgico è l’elemento chiave nella gestione di tali pazienti e le principali<br />
linee guida internazionali accordano particolare rilievo ad una appropriata ed efficiente performance<br />
organizzativa (ridotti tempi preoperatori, appropriata valutazione preoperatoria, precoce riabilitazione) nel<br />
migliorare gli esiti di salute. Nel Lazio, i dati epidemiologici indicano come una percentuale elevata di pazienti<br />
anziani con frattura di femore non venga sottoposta a trattamento chirurgico o si produca un significativo<br />
ritardo rispetto agli standard .<br />
Obiettivi. Al fine di promuovere la qualità <strong>del</strong>l’assistenza e valutare i miglioramenti degli esiti sanitari,<br />
Laziosanità Agenzia di Sanità Pubblica ha sperimentato un percorso assistenziale per la gestione<br />
intraospedaliera <strong>del</strong>la frattura di femore in pazienti ultrasessantacinquenni” (PAFF) basato sulle migliori Linee<br />
Guida disponibili.<br />
Metodologia. Il documento di riferimento <strong>del</strong> PAFF è stato elaborato da un gruppo multidisciplinare di esperti<br />
in condivisione con 14 Società scientifiche. L’intero processo assistenziale in acuzie è stato analizzato con<br />
l’intento di identificarne le principali criticità. In particolare, sono stati analizzati i tempi limite di valutazione<br />
in Pronto Soccorso, l’attesa preoperatoria, l’inizio <strong>del</strong>la mobilizzazione e <strong>del</strong>la fisioterapia e la durata <strong>del</strong>la<br />
degenza. Il PAFF è rivolto a pazienti di età 65 anni, con frattura post-traumatica di femore (diagnosi<br />
principale codici ICD9CM: 820-821) giunti nel PS di 5 strutture di ricovero <strong>del</strong> Lazio nel periodo aprile-ottobre<br />
2007. L’implementazione <strong>del</strong> PAFF è stato realizzato attraverso uno specifico corso di formazione e mediante<br />
attività di Audit. Per il monitoraggio e la valutazione dei risultati sono stati individuati un set di indicatori di<br />
processo e di esito. I dati sono stati raccolti da una scheda predisposta ad hoc e dal Sistema Informativo<br />
Ospedaliero regionale (SIO). Relativamente ad alcuni indicatori di processo è stato effettuato un confronto fra<br />
il periodo aprile-ottobre 2006 e 2007, utilizzando i dati SIO.<br />
Risultati. Dalle attività di audit è emerso che la prassi comune include la frattura di femore nell’anziano tra gli<br />
interventi chirurgici differibili; il prolungamento <strong>del</strong>l’attesa preoperatoria risulta essere in funzione di diversi<br />
fattori organizzativi e clinici identificati nel corso <strong>del</strong>la sperimentazione. Il confronto con lo stesso periodo<br />
<strong>del</strong>l’anno precedente non ha evidenziato differenze nella percentuale di pazienti operati (88% [IC95% 84-92]<br />
vs 86% [IC95% 81-90]) mentre si osserva un aumento significativo degli interventi entro 48 ore (7% [IC95%<br />
4-10] vs 26% [IC95% 20-33]) ed una riduzione significativa <strong>del</strong>la degenza media (18,8 [IC95% 18-19.6] vs<br />
16,4 [IC95% 15.4-17.3]).<br />
Conclusione. La maggior parte <strong>del</strong>le strutture di ricovero coinvolte nella sperimentazione ha migliorato le<br />
performance: la proporzione di pazienti operati entro 48 ore nel periodo <strong>del</strong>la sperimentazione, seppur ancora<br />
lontano dagli standard, ha avuto un significativo incremento, producendo altresì una riduzione <strong>del</strong>la degenza<br />
media. Appare evidente che i cambiamenti organizzativi necessari per attuare il percorso necessitano di essere<br />
supportati da parte <strong>del</strong>la direzione ospedaliera e che l’adozione <strong>del</strong> PAFF può portare a risultati notevoli in<br />
termini di miglioramento <strong>del</strong>la qualità assistenziale.<br />
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24-OKKIO ALLA SALUTE: PROMOZIONE DELLA SALUTE E DELLA CRESCITA SANA<br />
NEI BAMBINI DELLA SCUOLA PRIMARIA<br />
Lamberti A, Fontana G, Baglio G, Binkin N, Cattaneo C, Perra A, Spinelli A per il gruppo OKkio alla SALUTE<br />
CNESPS - Istituto Superiore di Sanità, Roma<br />
Introduzione. In Italia, come in altri Paesi europei, la necessità di monitorare la situazione nutrizionale <strong>del</strong>la<br />
popolazione e in particolar modo quella dei bambini, è un’acquisizione piuttosto recente e si ricollega alla<br />
percezione, anch’essa recente, <strong>del</strong>l’obesità come problema prioritario di salute pubblica. I dati Istat relativi al<br />
2005 stimavano la prevalenza <strong>del</strong> sovrappeso negli adulti al 34% e l’obesità al 10%, con un incremento <strong>del</strong> 9%<br />
rispetto al 2000. Inoltre, una revisione degli studi condotti a livello regionale o di ASL su bambini di 6-11 anni,<br />
pur differenziandosi per tempi, modalità, età campionate e altri aspetti in grado di limitarne la confrontabilità,<br />
suggeriscono una prevalenza di sovrappeso variabile tra il 14.7% ed il 31.3%, con valori più elevati nel Centro<br />
Italia e nel Sud.<br />
Obiettivi. A ottobre 2007 il Ccm/Ministero <strong>del</strong>la Salute ha affidato al Centro Nazionale di <strong>Epidemiologia</strong><br />
Sorveglianza e Promozione <strong>del</strong>la Salute (CNESPS) <strong>del</strong>l’Istituto Superiore di Sanità un progetto per la<br />
realizzazione di un sistema di indagini sui giovani in età evolutiva (6-17 anni) per acquisire dati in modo<br />
sistematico sui diversi stili di vita in relazione ai principali fattori di rischio per le malattie cronichedegenerative:<br />
nutrizione, attività fisica, fumo e alcol. Il progetto è iniziato sviluppando la fase relativa ai<br />
bambini di età 6-10 anni, chiamata OKkio alla SALUTE.<br />
Metodologia. La metodologia adottata è quella <strong>del</strong>la sorveglianza di popolazione, basata su indagini<br />
epidemiologiche ripetute a cadenza regolare, su campioni rappresentativi <strong>del</strong>la popolazione bersaglio, in vista<br />
di interventi di sanità pubblica volti a migliorare i medesimi indicatori di esito e di processo che vengono<br />
sottoposti a monitoraggio. Si è cercato di sviluppare strumenti e procedure semplici, altamente accettabili e<br />
sostenibili nella pratica.<br />
OKkio alla SALUTE prevede la misura diretta di peso e altezza in bambini che frequentano la classe terza<br />
primaria (principalmente di età 8 anni) e la raccolta di informazioni su abitudini alimentari e attività fisica<br />
attraverso questionari somministrati ai bambini e ai genitori. Alcune informazioni sulle scuole primarie (attività<br />
motoria curriculare, presenza di distributori di merendine e mensa scolastica), sono richieste direttamente al<br />
dirigente scolastico e al personale docente. La modalità di campionamento utilizzata è la cluster survey design e<br />
l’unità campionaria è la classe. Il numero minimo di classi da campionare è stato fissato a 80 (circa 1500<br />
bambini) per i campioni rappresentativi a livello regionale (45 nel caso di regioni con meno di un milione di<br />
abitanti) e a 35 (circa 630 bambini) per quelli rappresentativi a livello aziendale.<br />
Risultati. Nel 2008 l’indagine è stata effettuata in 18 Regioni. Le rilevazioni sono state eseguite all’interno<br />
<strong>del</strong>la scuola dal personale sanitario <strong>del</strong>le ASL, affiancato dal personale docente utilizzando le stesse procedure<br />
e con gli stessi strumenti (bilance, stadiometri, questionari).<br />
Al fine di addestrare gli operatori sanitari all’uso degli strumenti per la raccolta <strong>del</strong>le informazioni e per<br />
standardizzare le procedure d’indagine, è stata organizzata un’attività di formazione a cascata. Sono stati<br />
formati 59 formatori regionali che hanno formato 966 operatori sanitari e circa 1500 insegnanti che hanno<br />
misurato e raccolto dati su 45.000 bambini <strong>del</strong>la terza classe primaria (prevalentemente di 8 anni). Inoltre sono<br />
stati raccolti dati su 2000 scuole. Il tasso di rifiuti è stato inferiore al 5%. La raccolta dati sarà ripetuta ogni 2<br />
anni.<br />
Conclusioni. I risultati ottenuti indicano la sostenibilità <strong>del</strong> sistema, sia per il sistema sanitario che per la<br />
scuola, e la sua possibile adozione per una sorveglianza sistematica nazionale. Tale sistema permetterà di<br />
disporre di importanti informazioni sull’evoluzione dei fenomeni indagati e sarà utile per orientare gli<br />
interventi di prevenzione <strong>del</strong>l’obesità e promozione <strong>del</strong>la salute.<br />
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25-ANALISI DEGLI INTERVENTI DI TONSILLECTOMIA/ADENOIDECTOMIA<br />
NEL VENETO<br />
Marchesan M*, Fe<strong>del</strong>i U*, Avossa F*, Alba N*, Visentin C*, Andretta M**, Nicetto D**, Spoalore P*<br />
*CRRC-SER, Sistema Epidemiologico Regionale, Regione Veneto, **Clinica ORL, Azienda Ospedaliera di Padova<br />
Introduzione. Tonsillectomia ed adenoidectomia sono in Italia tra gli interventi chirurgici più frequenti in età<br />
pediatrica, nonostante linee guida nazionali elaborate nel 2003 ed aggiornate nel 2008 abbiano tentato di<br />
definirne più precisamente le indicazioni (principalmente sindrome <strong>del</strong>l’apnea ostruttiva <strong>del</strong> bambino per<br />
l’adenotonsillectomia, otite media cronica/ricorrente con ipertrofia adenoidea per l’adenoidectomia isolata,<br />
tonsillite ricorrente per la tonsillectomia isolata).<br />
Obiettivi. Scopo <strong>del</strong>lo studio è valutare trend temporali ed eterogeneità geografica nel ricorso alla chirurgia<br />
adenotonsillare nel Veneto.<br />
Metodi. E’ stato analizzato l’archivio <strong>del</strong>le schede di dimissione ospedaliera dei residenti nella Regione Veneto<br />
per il periodo 2000-2006, relativamente ai ricoveri con DRG 57-60 e codice di intervento 28.2 (tonsillectomia),<br />
28.3 (adenotonsillectomia), 28.6 (adenoidectomia). Per analizzare la variabilità geografica a livello di ULSS,<br />
l’analisi è stata ristretta ad una popolazione omogenea (bambini tra 2 ed i 9 anni), relativamente al triennio<br />
2004-2006. E’ stato quindi applicato un mo<strong>del</strong>lo di regressione di Poisson ad intercetta casuale per stimare gli<br />
Incidence Rate Ratios (IRR) con i rispettivi intervalli di confidenza al 95% (CI) associati alle variabili<br />
predittive di intervento, tenendo conto <strong>del</strong> clustering degli interventi a livello di ULSS.<br />
Risultati. Gli interventi di adenotonsillectomia ed adenoidectomia isolata si concentrano al di sotto dei 10 anni<br />
e sono più numerosi tra i maschi. Gli interventi di tonsillectomia isolata, dopo un picco minore tra i maschi<br />
sotto i 10 anni, crescono soprattutto tra adolescenti e giovani adulte di sesso femminile. Nel periodo 2000-<br />
2006, sono calati gli interventi di adenoidectomia (-20%) e tonsillectomia isolata (-8%), mentre sono aumentate<br />
le adenotonsillectomie (+18%). L’analisi degli interventi sui bambini di 2-9 anni nel triennio 2004-2006 ha<br />
riguardato 15096 ricoveri; a livello regionale il tasso annuale complessivo di intervento è risultato pari a 14.4<br />
per mille (16.1 nei maschi e 12.5 nelle femmine). Il 10.6% dei bambini aveva cittadinanza straniera, ed il<br />
corrispondente tasso di intervento è risultato pari all’8,8 per mille (vs 14.9 per i bambini con cittadinanza<br />
italiana). Si registra una marcata variabilità tra le 21 ULSS, con tassi che variano dall’8.1 al 27.6 per mille. Tale<br />
variabilità riguarda sia le adenoidectomie isolate (tasso regionale 7.9 per mille, range 3.8-15.1), che le<br />
tonsillectomie con o senza adenoidectomia (tasso regionale 6.5 per mille, range 2.9-12.5). Alla regressione di<br />
Poisson ad intercetta casuale, correggendo per sesso ed età, si conferma un minor tasso di intervento tra i<br />
bambini con cittadinanza straniera per le tonsillectomie con o senza adenoidectomia (IRR=0.70, CI 0.64-0.76),<br />
e soprattutto per le adenoidectomie isolate (IRR=0.47, CI 0.43-0.52). Introducendo nel mo<strong>del</strong>lo di regressione<br />
il tasso di chirurgia adenotonsillare (prevalentemente tonsillectomie isolate) osservato per ULSS nella classe di<br />
età 10-40 anni, questo risulta statisticamente significativo (p
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26-NUOVE PROSPETTIVE EPIDEMIOLOGICHE DEL DATO OSPEDALIERO NELLA<br />
VALUTAZIONE DEGLI OUTCOME<br />
Messina G 1 , Quercioli C 1 , Siliquini R 2 , Forni S 3 , Nante N 1<br />
1 Laboratorio di Programmazione e Organizzazione dei Servizi Sanitari - Dipartimento di Fisiopatologia,<br />
Medicina Sperimentale e Sanità Pubblica – Università di Siena, 2 Dipartimento di Sanità Pubblica -Università<br />
di Torino, 3 Agenzia Regionale Toscana <strong>del</strong>la Salute - Firenze<br />
Introduzione. I dati contenuti nella scheda di dimissione ospedaliera (SDO) nel corso degli ultimi anni sono<br />
stati “riscoperti” anche a fini epidemiologico statistici. Questo nuovo scenario, reso possibile dalla sistematica<br />
raccolta <strong>del</strong>le informazioni anagrafico/cliniche e dalla capacità elaborativa che oggi disponiamo, permette di<br />
intraprendere degli studi che in passato erano solo ipotizzabili In particolare è sempre più frequente il confronto<br />
<strong>del</strong>le le performances, meglio se “risk adjusted” di strutture di diverso livello di specializzazione. Il confronto<br />
degli outcome ospedalieri è oggi un tema centrale non solo per coloro che giocano il ruolo dei decisori, e che<br />
devono sempre monitorarne l’andamento, ma anche per i pazienti che sono sempre più attenti a ricercare la<br />
qualità e sulla quale fanno fortemente pesare le proprie scelte decisionali.<br />
Obiettivi. Descrivere e confrontare la probabilità di morte, risk adjusted, tra ospedali a “bassa” ed “elevata”<br />
specializzazione.<br />
Materiali e metodi. Una selezione di SDO è stata linkata con il registro di mortalità <strong>del</strong>la Regione Piemonte<br />
(1997-1998). 49.707 ricoveri medici e chirurgici, relativi a DRG cerebrovascolari (DRG 14-17),<br />
cardiovascolari (DRG 121,127), apparato digerente (DRG 148, 154, 155) e respiratorio (DRG 78, 87, 89) sono<br />
stati selezionati. Per tener conto <strong>del</strong>la diversa complessità clinica che i soggetti studiati presentavano si è deciso<br />
di utilizzare due strumenti di risk adjustment: APR-DRG, che assegna una diversa probabilità di morte,<br />
software sviluppato dalla 3M, e la tecnica di Elixauser, già liberamente utilizzata dalla comunità scientifica<br />
internazionale, che pesa il grado di comorbidità. E’ stata confrontata la probabilità di morte inta-extra<br />
ospedaliera, per tutte le cause, a 4 mesi dal ricovero (periodo nel quale si verifica la maggior parte <strong>del</strong>le morti)<br />
di pazienti assistiti in ospedali di “alta” e “bassa” specializzazione. A seguito di una prima analisi descrittiva è<br />
stata valutata la diversa probabilità di morte nelle due tipologie di strutture tramite una regressione Cox,<br />
aggiustando per probabilità di morte e comorbidità. Tutte le analisi sono state condotte utilizzando il software<br />
Stata Ver.10.<br />
Risultati. Il rischio crudo di morte per pazienti ricoverati in ospedali di alta specialità è stato <strong>del</strong> 10% inferiore<br />
rispetto a quello dei pazienti ricoverati negli ospedali locali (RR=0.9, 95%CI=0.8-0.9, p
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27-INSUFFICIENZA RESPIRATORIA A TORINO: PREVALENZA DELL’OSSIGENOTERAPIA<br />
DOMICILIARE A LUNGO TERMINE E CONSUMO DI FARMACI ASSOCIATI<br />
Migliore E 1,2 , Pizzimenti S 2,3 , Bugiani M 2 , Enrico F 4 , Pozzetto M 4 , Ferraro L 4 , Piccioni P 2<br />
1 Servizio di <strong>Epidemiologia</strong> dei Tumori – ASO S. Giovanni Battista – CPO Piemonte – Università di Torino<br />
2 Unità di Pneumologia, CPA-ASL TO2, Torino; 3 Allergologia ed Immunologia Clinica – ASO Mauriziano<br />
Ospedale “Umberto I” -Università degli Studi di Torino; 4 Servizio Assistenza farmaceutica territoriale, CPA-<br />
ASL TO2, Torino.<br />
Introduzione. L’insufficienza respiratoria (IR) è una condizione altamente invalidante che implica elevati costi<br />
sociosanitari. Può essere causata da patologie a carico di vari organi e apparati. Le patologie respiratorie, in<br />
particolare la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), sono tra le più comuni cause di IR. In pazienti<br />
con IR da BPCO l’ossigenoterapia domiciliare a lungo termine (OLT) è una procedura in grado di aumentare la<br />
sopravvivenza (evidenza A).<br />
La normativa in vigore in Piemonte (Circolare Regionale 11643/29 <strong>del</strong> 2/10/06) prevede che la fornitura<br />
<strong>del</strong>l’ossigeno sia effettuato esclusivamente dalle Aziende Sanitarie. I soggetti in OLT sono pertanto oggetto di<br />
specifiche procedure amministrative e, in alcune ASL, di follow up.<br />
Lo studio si pone un duplice obiettivo: 1) stimare la prevalenza <strong>del</strong>l’IR in OLT nella città di Torino e 2) per i<br />
soggetti identificati dal database (DB) OLT studiare i consumi di farmaci mediante linkage con l’archivio <strong>del</strong>le<br />
prescrizioni farmaceutiche (PF)<br />
Metodi. E’stato acquisito il DB dei soggetti in ossigenoterapia domiciliare a Torino negli anni 2006-2007.<br />
Sono stati calcolati i tassi annui grezzi e standardizzati per età e per uomini e donne, con i relativi intervalli di<br />
confidenza (IC) al 95%. E’ stato inoltre eseguito il linkage con l’archivio PF al fine di caratterizzare i soggetti<br />
in ossigenoterapia sulla base <strong>del</strong>le tipologie di farmaco prescritto.<br />
Risultati. In totale a Torino risultano in ossigeno terapia 2007 soggetti nel 2006 e 2113 soggetti nel 2007.<br />
Analizzando i dati di quest’ultimo anno, qualitativamente migliori, si registra una maggiore prevalenza di<br />
uomini (54.6%); gran parte dei soggetti in OLT è nelle fasce di età più avanzate (24.9% nella fascia 65-74 anni<br />
62.2% nella fascia >75 anni). La prevalenza di OLT nella popolazione generale, standardizzata per età, è<br />
<strong>del</strong>l’1.9‰ (IC95% 1.8-2.0), con differenze tra maschi e femmine - 2.6‰ (IC95% 2.5-2.8) e 1.4‰ (IC95% 1.3-<br />
1.5).<br />
Il 94% (N=1981) dei soggetti in OLT è stato rintracciato nel DB <strong>del</strong>le prescrizioni farmaceutiche. Tra questi,<br />
sulla base <strong>del</strong>la classificazione ATC dei farmaci, è risultato che il 76% assume farmaci broncodilatatori (gruppi<br />
R03 e R05), verosimili indicatori di disturbi ostruttivi <strong>del</strong>le vie respiratorie. Le categorie di farmaci<br />
maggiormente rappresentate tra i soggetti in terapia con farmaci respiratori sono: farmaci per disturbi<br />
gastrointestinali (80%), farmaci per il sistema cardiovascolare (87.7%), antibatterici per uso sistemico (81%<br />
circa) e i corticosteroidi sistemici (52%).<br />
Tra i 476 soggetti in OLT che non risultano assumere farmaci per le vie respiratorie, si nota un minor consumo<br />
di antibatterici per uso sistemico (61% circa) e di corticosteroidi sistemici (30.3%). Per le altre categorie, pur<br />
non rilevando differenze significative, si registrano consumi tendenzialmente minori di farmaci antiacidi,<br />
antinfiammatori non steroidei e farmaci urologici. Si notano inoltre differenti ripartizioni nelle varie<br />
sottocategorie di farmaci per il sistema cardiovascolare.<br />
Conclusioni. Il dato più sorprendente di questa prima analisi è rappresentato dalla elevata proporzione (24%)<br />
di soggetti in OLT verosimilmente non affetti da patologie respiratorie. Da ciò emerge la necessità di<br />
approfondire lo studio, ricorrendo ad altre fonti di dati correnti; in particolare con l’intento di identificare le<br />
patologie di base e le condizioni di comorbidità, è previsto il linkage con l’ archivio <strong>del</strong>le Dimissioni<br />
Ospedaliere (SDO).<br />
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28-QUALI FATTORI ASSOCIATI AL BURNOUT NEGLI OPERATORI SANITARI<br />
Orsini F 1 , Mazzola G 2 , Sessarego F 1 , Ponzio M 3 , Ferretti V V 1 , Villani S 1<br />
1 Dip.di Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali, Sez. <strong>Epidemiologia</strong> e Statistica Medica,<br />
Università degli studi di Pavia, 2 Azienda Ospedaliera <strong>del</strong>la provincia di Pavia, 3 Facoltà di Medicina,<br />
Università degli Studi di Pavia.<br />
Introduzione. Il burnout (Sindrome <strong>del</strong> Burnout o SdB) è definito come errata capacità di adattamento allo stress<br />
lavorativo negli operatori impegnati nei servizi sociali, determinata da variabili individuali relative sia al lavoro in sé sia<br />
alla sua organizzazione (stressor). Risulta difficile spiegare le cause <strong>del</strong> burnout, in quanto molti fattori possono influenzare<br />
questa sindrome. Gli studi fin qui condotti hanno analizzato stressor lavorativi quali sovraccarico di lavoro, turni incessanti<br />
e rapporti con i colleghi, arrivando a conclusioni spesso discordanti (Ramirez et al.,1996, Grau et al., 2005, Cardozo de<br />
Melo Tucunduva et al.,2006).<br />
Obiettivi. Valutare la dimensione <strong>del</strong> burnout e individuare i fattori stressogeni negli operatori sanitari <strong>del</strong> Nord-Italia.<br />
Metodi. L’indagine è stata condotta con disegno epidemiologico trasversale. 349 operatori sanitari <strong>del</strong>l’Azienda<br />
Ospedaliera di Pavia (precisamente dei dipartimenti di Emergenza Urgenza, Rianimazione, Centro Unico Prenotazioni)<br />
sono stati invitati a compilare un questionario; 269 hanno risposto di cui 267 in modo attendibile. Il questionario<br />
comprendeva:<br />
- la scala Maslach per misurare il burnout (Maslach e Jackson, 1996), costituita da 22 item (scala Likert a sette punti (0-6)),<br />
che si scompone in 3 sottoscale che misurano rispettivamente i tre aspetti <strong>del</strong>la SdB: esaurimento emotivo (EE),<br />
depersonalizzazione (DP) e realizzazione personale (RP);<br />
- 203 item indaganti le aree stressogene: dal rapporto coi colleghi, al carico di lavoro, agli stimoli ricevuti per migliorarsi,<br />
alla soddisfazione.<br />
Per valutare quali fossero i predittori di ciascuna area di stress individuata (EE, DP, RP) è stata condotta un’analisi di<br />
regressione multipla stepwise backward partendo dalle esplicative risultate significative all’analisi bivariata. In tutte le<br />
analisi sono stati introdotti come confondenti il sesso, l’età e la categoria lavorativa.<br />
Risultati. L’EE è mediamente pari a 24.53 punti (±13.52), la DP a 7.94 (±7.15) e la RP a 34.15 (±8.77), con una differenza<br />
significativa (p
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29- L’ACCORDO AZIENDALE CON LA MEDICINA GENERALE: UNA NUOVA FONTE<br />
DI DATI EPIDEMIOLOGICI PER LA PREVENZIONE<br />
Petrella M 1 , Bietta C 1 , Fusco-Moffa I 1 , Ranocchia D 2 , Seppoloni D 3<br />
AUSL 2 <strong>del</strong>l’Umbria. 1 Unità Operativa Semplice Dipartimentale di <strong>Epidemiologia</strong>,<br />
2 Staff Qualità e<br />
Comunicazione, 3 Direttore Sanitario.<br />
Introduzione. Nell’ambito degli accordi aziendali con la Medicina Generale riguardanti gli obiettivi<br />
incentivanti relativi al 2007, la direzione aziendale ha concordato con i sindacati di spostare l’attenzione dai<br />
tradizionali obiettivi di contenimento <strong>del</strong>la spesa verso l’appropriatezza e verso alcuni obiettivi di salute. Tra<br />
questi ha meritato particolare attenzione il rischio cardiovascolare, per il preminente ruolo dei MMG sia nella<br />
prevenzione primaria che in quella secondaria.<br />
Obiettivo. L’obiettivo specifico era di promuovere una attività di iniziativa ed una presa in carico dei pazienti a<br />
maggior rischio cardiovascolare non limitata al solo trattamento farmacologico e strutturata in modo da essere<br />
valutabile.<br />
Metodi. L’Unità Operativa di <strong>Epidemiologia</strong> ha proposto un flusso informativo mirato a documentare la presa<br />
in carico dei pazienti a rischio, a consentire l’avvio di un’attività di counselling e, in prospettiva, a misurare i<br />
risultati in termini di riduzione <strong>del</strong> RCVG. La scelta è caduta sui pazienti ipertesi e diabetici, di cui è nota<br />
almeno in parte la prevalenza e che costituiscono una priorità di intervento condivisa. I dati da inviare sono<br />
stati limitati alla popolazione compresa tra i 40 e 69 anni raccogliendo le indicazioni fornite dal progetto Cuore<br />
<strong>del</strong>l’Istituto Superiore di Sanità. Sono state richieste 11 variabili obbligatorie per tutti i pazienti arruolati (tra<br />
cui stato di ipertensione o diabete, trattamento farmacologico, valori pressori, fumo, colesterolemia) e 6<br />
aggiuntive per almeno il 25% dei pazienti arruolati (peso, altezza, emoglobina glicosilata per i diabetici, attività<br />
fisica, pregresso evento cardiovascolare). Ogni MMG doveva inviare i dati per il 50% dei propri assistiti<br />
ipertesi mentre per i diabetici la richiesta riguardava tutti i pazienti. Il controllo sul numero di casi inviati è<br />
stato effettuato con la coorte di pazienti in trattamento farmacologico per singolo MMG desunta dall’archivio<br />
<strong>del</strong>le prescrizioni farmaceutiche <strong>del</strong> 2007. La modalità di invio richiesta era su supporto informatizzato secondo<br />
un foglio elettronico opportunamente distribuito<br />
Risultati. Hanno aderito alla proposta 160 MMG (52%) sui 307 convenzionati ed il 92% ha inviato i dati in<br />
formato elettronico. Ipertensione. Hanno raggiunto l’obiettivo 136 dei 160 MMG (85%) i quali hanno inviato<br />
dati per 16.827 pazienti pari al 38% dei 44.457 ipertesi in trattamento tra i 40 e i 69 anni. Il livello di<br />
completezza per il totale <strong>del</strong>le variabili obbligatorie richieste è stato <strong>del</strong>l’81%; per le variabili aggiuntive è<br />
arrivato al 46%, superiore comunque al 25% richiesto. Diabete. 144 MMG (90% dei partecipanti) hanno<br />
aderito trasmettendo dati relativi a 4.603 pazienti, corrispondenti al 60% dei 7.723 diabetici in trattamento. Il<br />
livello di completezza per il totale <strong>del</strong>le variabili obbligatorie richieste è stato <strong>del</strong> 95%; per le variabili<br />
aggiuntive si è attestato al 70%, anche in questo caso maggiore <strong>del</strong> 25% richiesto. L’elaborazione dei dati<br />
raccolti, dal punto di vista <strong>del</strong>lo stato di rischio dei pazienti arruolati è in corso e verrà utilizzata in un contesto<br />
di audit interno alla medicina generale.<br />
Conclusioni. L’adesione è stata condizionata dal livello di informatizzazione dei MMG ed ha comunque<br />
superato il 50% dei convenzionati. Tra i partecipanti, il numero di pazienti presi in carico in modo documentato<br />
e la completezza nella raccolta <strong>del</strong>le variabili richieste sono stati soddisfacenti. In base ai risultati ottenuti si è<br />
deciso di confermare ed ampliare, anche per il 2008, gli obiettivi descritti. Il prosieguo potrà aumentare la<br />
compliance dei MMG e la completezza dei dati. Inoltre, potranno essere effettuati confronti spaziotemporali<br />
(tra Equipe o tra Distretti) <strong>del</strong>le variabili raccolte. Infine si è dimostrata fattibile una integrazione tra istituti<br />
contrattuali e approccio epidemiologico, finalizzata ad ottenere livelli più avanzati di prevenzione secondaria in<br />
categorie a rischio, consentendo al contempo di valutare risultati rilevanti sia dal punto di vista economico che<br />
di salute.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: <strong>Epidemiologia</strong> clinica e governo clinico – 16 ottobre<br />
30-PROGETTO ARGA (ALLERGOPATIE RESPIRATORIE: STUDIO DI<br />
MONITORAGGIO DELLE LINEE GUIDA GINA e ARIA): STUDIO OSSERVAZIONALE<br />
TRA I MEDICI DI MEDICINA GENERALE DEL TERRITORIO NAZIONALE<br />
Sarno G 1 , Cerrai S 1 , Baldacci S 1 , Borbotti M 1 , Maio S 1 , Angino A 1 , Martini F 1 , Piegaia B 1 , Carrozzi L 1,2 ,<br />
Pistelli F 1,2 , Viegi G 1,3 ed il gruppo collaborativo ARGA.<br />
1 UdR <strong>Epidemiologia</strong> Ambientale Polmonare, Istituto di Fisiologia Clinica, CNR, Pisa, 2 Dipartimento<br />
Cardiopolmonare, Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana, Pisa, 3 Direttore <strong>del</strong>l’Istituto di Biomedicina e di<br />
Immunologia Molecolare, CNR, Palermo<br />
Introduzione. Le linee guida (LG) internazionali GINA (Global Initiative for Asthma) ed ARIA (Allergic<br />
Rhinitis and its Impact on Asthma) per la gestione <strong>del</strong>l’asma e RA non sono sufficientemente applicate nella<br />
pratica clinica.<br />
Obiettivi. Valutare il grado di applicabilità <strong>del</strong>le LG ed il loro impatto sulla qualità <strong>del</strong>la vita <strong>del</strong> paziente in<br />
Medicina Generale.<br />
Metodi. Studio osservazionale prospettico; 168 Medici di Medicina Generale (MMG) (71 <strong>del</strong> gruppo A (+<br />
corso sulle LG) e 97 <strong>del</strong> gruppo B (- corso)) sono stati selezionati per arruolare i pazienti con diagnosi di<br />
asma/RA. Sia il MMG sia il paziente hanno compilato il questionario sulle Allergopatie Respiratorie e la<br />
scheda per la rilevazione <strong>del</strong>le Reazioni Avverse da Farmaci. Il follow-up verrà eseguito dopo 12 mesi.<br />
Risultati. Dal luglio 2007 ad oggi, sono attivi 145 (86.3% degli attesi) MMG, mentre 23 (13.7%) si sono<br />
ritirati dallo studio (mancanza di tempo/problemi di salute/motivi familiari (65.3%). 6 MMG (4 <strong>del</strong> gruppo A e<br />
2 <strong>del</strong> gruppo B) hanno compilato 146 questionari.<br />
Dall’analisi dei questionari risulta: 54.5% dei pazienti con RA, 27.6% con asma e 17.9% con RA+asma. Sono<br />
trattati farmacologicamente: 97.4% dei rinitici, 97.5% degli asmatici e 96.1% dei rinitici/asmatici. Nel gruppo<br />
A, presentano un controllo buono/ottimo il 70.1% dei rinitici ed il 55.2% degli asmatici; nel gruppo B, il 50%<br />
dei rinitici ed il 75% degli asmatici. In merito all’attività educazionale sul paziente, l’educazione<br />
all’automonitoraggio ed i programmi scritti di trattamento sono più frequenti nei pazienti <strong>del</strong> gruppo A, mentre<br />
le informazioni generali ed i controlli medici regolari nel gruppo B.<br />
Conclusioni. Tali risultati <strong>del</strong> tutto preliminari evidenziano già alcune differenze nella gestione <strong>del</strong>l’asma e<br />
<strong>del</strong>la RA, tra i MMG <strong>del</strong> gruppo A e B. Solo il completamento <strong>del</strong>lo studio permetterà di valutare<br />
l’applicabilità, l’aderenza e l’utilità <strong>del</strong>le LG a fini preventivi e di controllo di tali patologie.<br />
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Sessione poster 1: <strong>Epidemiologia</strong> clinica e governo clinico – 16 ottobre<br />
31-STUDIO PILOTA SULLA VARIAZIONE GIORNALIERA DI UN MARCATORE DI<br />
STRESS OSSIDATIVO PER INDAGINI EPIDEMIOLOGICHE<br />
Zanolin ME.; Girardi P.; Braggion M.; Rava M.; Degan P.; De Marco R.<br />
Sezione di <strong>Epidemiologia</strong> e Statistica Medica, Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica, Università di<br />
Verona; Istituto Nazionale per la ricerca sul cancro, Genova<br />
Introduzione. Il livello di stress ossidativo è legato allo stile di vita, a fattori ambientali e a particolari<br />
esposizioni in ambiente lavorativo, nonché alle malattie respiratorie. Come marker di stress ossidativo <strong>del</strong><br />
DNA, alcune indagini epidemiologiche hanno utilizzato il livello di concentrazione <strong>del</strong>l’8-idrossi-2-<br />
deossiguanosina (8-OHdG) nelle urine: nella maggior parte degli studi vengono utilizzati un campione di urina<br />
raccolto al risveglio oppure l’insieme dei campioni di urina raccolti durante le 24 ore.<br />
Obiettivi. L’indagine “Genes Environment Interaction on Respiratory Diseases” (GEIRD), mirata a mettere in<br />
evidenza le interazioni tra fattori genetici e ambientali nell’insorgenza di malattie respiratorie, prevede la<br />
raccolta di un unico campione di urina per i partecipanti, da effettuare durante la giornata: per verificare la<br />
possibilità di utilizzare uno spot di urina in sostituzione di quella di tutta la giornata, è stato condotto uno studio<br />
pilota.<br />
Metodi. In questo studio pilota, si sono analizzate le urine <strong>del</strong> risveglio, <strong>del</strong>la tarda mattinata e <strong>del</strong> primo<br />
pomeriggio di 53 volontari (24-61 anni). La differenza di concentrazione di 8-OHdG è stata studiata mediante<br />
mo<strong>del</strong>li di regressione lineare e ANOVA per misure ripetute, dopo aver normalizzato i dati tramite<br />
trasformazione di Box-Cox..<br />
Risultati. In fig.1 è rappresentato l’andamento <strong>del</strong>la concentrazione di 8-OHdG nei tre istanti temporali<br />
considerati: la differenza non è risultata statisticamente significativa. Stratificando il campione in base<br />
all’abitudine al fumo, nei 35 non fumatori non si evidenzia alcuna differenza significativa tra le concentrazioni<br />
urinarie di 8-OHdG (risveglio, tarda mattinata, primo pomeriggio: mediana = 5,11, 5,86, 5,86 ng / mg; p =<br />
0,255); questa differenza risulta invece significativa tra i 18 fumatori (risveglio, tarda mattinata, primo<br />
pomeriggio: mediana = 4,12, 6,41, 7,30 ng / mg; p = 0,022).<br />
Conclusioni. Nei non fumatori non vi è alcuna variazione significativa tra i livelli di 8-OHdG ai diversi tempi<br />
di raccolta, mentre nei fumatori sembra esserci un aumento <strong>del</strong> livello medio di concentrazione di 8-OHdG<br />
nell’arco <strong>del</strong>la giornata. Quindi si rende necessario invitare i fumatori a raccogliere il loro campione di urina in<br />
un momento che preceda il consumo <strong>del</strong>la prima sigaretta <strong>del</strong>la giornata, mentre le urine dei non fumatori<br />
possono essere raccolte in qualsiasi momento fino al primo pomeriggio.<br />
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Sessione poster 1: Stili di vita – 16 ottobre<br />
32- DIFFERENZE PER ISTRUZIONE NELLA PREVALENZA DI FATTORI DI RISCHIO<br />
COMPORTAMENTALI E SULLA FRUIZIONE DI INTERVENTI DI PREVENZIONE:<br />
RISULTATI PRELIMINARI DELLA SORVEGLIANZA PASSI NELLA REGIONE LIGURIA<br />
Baldi R 1 , Culotta C 2 , Cecconi R 2 , Carloni R 3 , Picasso M 4 , Guadagno L 4 , Ferrari Bravo M 5 , Marinacci C 1,6<br />
(1)S.C. <strong>Epidemiologia</strong>, Dipartimento di Prevenzione ASL 5 “Spezzino”; (2) S.S. <strong>Epidemiologia</strong>, Dipartimento di Prevenzione ASL<br />
3 “Genovese”; (3) Agenzia Sanitaria Regione Liguria; (4) S.C.Igiene e Sanità Pubblica ASL 1 Imperiese; (5) S.C.Igiene e Sanità<br />
Pubblica ASL 4 Chiavarese;(6) Servizio Regionale di <strong>Epidemiologia</strong>, ASL TO3<br />
Introduzione. Tra i principali meccanismi di generazione <strong>del</strong>le diseguaglianze sociali nella mortalità e nella morbosità, vi è la pratica di<br />
comportamenti non salutari e la presenza di alcuni fattori di rischio di malattia, con uno svantaggio per le persone meno istruite e di bassa<br />
classe sociale.<br />
La sorveglianza dei fattori di rischio comportamentali è un obiettivo strategico <strong>del</strong> Piano Sanitario Nazionale 2006-08 e nel 2006, il<br />
Ministero <strong>del</strong>la Salute ha affidato al Centro Nazionale di <strong>Epidemiologia</strong>, Sorveglianza e Promozione <strong>del</strong>la Salute (CNESPS) <strong>del</strong>l’Istituto<br />
Superiore di Sanità il compito di sperimentare un sistema di sorveglianza <strong>del</strong>la popolazione adulta (18-69 anni) denominato PASSI<br />
(Progressi <strong>del</strong>le Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), con l’obiettivo principale di stimare la frequenza e l’evoluzione dei fattori di<br />
rischio comportamentali e la diffusione <strong>del</strong>le misure di prevenzione. La realizzazione <strong>del</strong> sistema Passi si fonda sull’articolazione di attività<br />
tra CNESPS, regioni e ASL (soprattutto Dipartimenti di Prevenzione).<br />
Obiettivi. Indagare quanto le differenze per istruzione nella frequenza di malattie croniche corrispondano a diseguaglianze:<br />
(a) nella frequenza di fattori di rischio comportamentali; (b) nella frequenza di fattori di rischio noti di malattia;<br />
(c) nella fruizione di interventi di monitoraggio, prevenzione e counselling veicolati da operatori <strong>del</strong> SSN.<br />
Confrontare, ove possibile, i risultati preliminari di Passi 2007 con quelli <strong>del</strong>lo studio trasversale Passi 2005.<br />
Metodi. Utilizzando la base dati <strong>del</strong>la sorveglianza PASSI <strong>del</strong>la Liguria (aprile-dicembre 2007; circa 1000 interviste), è stata valutata<br />
l’associazione tra istruzione (bassa: media inferiore; alta: > media inferiore) e:<br />
(a) frequenza di fattori di rischio comportamentali come sedentarietà, fumo, non adesione alla raccomandazione”5 a day”;<br />
(b) frequenza di fattori di rischio di malattia noti quali ipertensione, ipercolesterolemia, eccesso ponderale;<br />
(c) pratica di controlli, eventuale trattamento e fruizione di counselling dal proprio medico curante.<br />
Risultati. L’istruzione risulta associata con sedentarietà, fumo, eccesso ponderale e ipertensione, con uno svantaggio per le persone meno<br />
istruite. Differenze non significative per scolarità si sono evidenziate nell’ipercolesterolemia e nella mancata adesione al five a day. A<br />
fronte di una elevata frequenza di controllo dei fattori di rischio noti perdura un modesto interesse per quelli comportamentali ma senza<br />
un’associazione significativa con l’istruzione. Si evidenzia un limitato interesse <strong>del</strong> medico per le attività di counselling che non si<br />
differenziano per diversi gradi di istruzione; il trattamento farmacologico <strong>del</strong>l’ipertensione è significativamente più frequente tra i meno<br />
istruiti, viceversa nel caso <strong>del</strong>l’ipercolesterolemia (tabella 1).<br />
Tabella 1 - <strong>Associazione</strong> tra livello di istruzione (basso vs alto) e fattori di rischio<br />
Fattore di rischio Frequenza (%) Controllo$ (%) Counselling (%) Trattamento (%)<br />
sedentarietà 24.6 vs 15.9 (p
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
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33-STILI DI VITA DI STUDENTI DI SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO<br />
Bergamaschi Anna<br />
Università degli Studi di Bologna - Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica<br />
Introduzione. E ormai noto che circa il 70% <strong>del</strong>le morti per tumore può essere collegato a fattori ambientali e<br />
a comportamenti personali modificabili come fumo, alimentazione, obesità e attività fisica insufficiente; così<br />
pure l’incidenza di patologie cronico-degenerative è legata agli stili di vita. Ne scaturisce pertanto l’esigenza di<br />
indirizzare soprattutto i giovani all’acquisizione di comportamenti corretti. Il presente studio ha avuto lo scopo<br />
di analizzare gli stili di vita di un campione di studenti, al fine di condurre in modo più mirato i successivi<br />
interventi educativi da effettuarsi in ambito scolastico.<br />
Materiali e metodi. L’indagine campionaria, di tipo trasversale è stata condotta tramite l’utilizzo di un<br />
questionario anonimo, autosomministrato e precedentemente validato, composto da 40 domande, allestito con<br />
lo scopo di indagare principalmente il consumo di tabacco, alcol, sostanze psicotrope, pratica <strong>del</strong>la attività<br />
sportiva, consumo di frutta e verdura, relazioni con la famiglia e gruppo dei pari, e rendimento scolastico degli<br />
studenti. Hanno partecipato all’indagine 750 ragazzi frequentanti le scuole secondarie di secondo grado <strong>del</strong>la<br />
Emilia-Romagna di età compresa tra i 16 ed i 18 anni. I dati sono stati elaborati tramite l’utilizzo di Epi Info<br />
2000.<br />
Risultati. Complessivamente il 27% é fumatore abituale (28% maschi e 27% femmine) ed il 14% fumatore<br />
saltuario (11% maschi e 17% femmine). Assumono bevande alcoliche quotidianamente il 30% dei maschi ed<br />
12% <strong>del</strong>le femmine. Tra gli studenti si osserva un aumento di bevitori pari al 5% col progredire di ogni anno di<br />
età.Il 64% dichiara di non avere mai consumato sostanze nella vita, mentre il 30% dei maschi ed il 18% <strong>del</strong>le<br />
femmine dichiara di avere già consumato più di 1 volta. L’attività sportiva è svolta regolarmente dal 65% dei<br />
maschi e soltanto dal 55% dalle femmine. Per quanto riguarda le abitudini alimentari, sono stati analizzati i<br />
consumi di frutta e verdura: il 90% mangia frutta, verdura e ortaggi almeno 1 volta al giorno, ma soltanto il<br />
12% dichiara di consumarne 5 o più porzioni al giorno. Dichiara di avere relazioni soddisfacenti con i genitori<br />
il 75% e con i fratelli il 71% degli intervistati. Il rendimento scolastico viene ritenuto insufficiente dal 22% dei<br />
maschi e dal 16% <strong>del</strong>le femmine. Dalla interazioni <strong>del</strong>le varie caratteristiche, si nota che l’uso abituale di<br />
sigarette, l’uso smodato di alcol ed il consumo di sostanze illegali sono, nella maggior parte dei casi, correlabili<br />
anche ad un rendimento scolastico scarso, ad una scarsa attività sportiva e a rapporti difficili con genitori e<br />
amici.<br />
Conclusioni. L’analisi dei dati ha permesso di rilevare risultati interessanti che, in parte, confermano la<br />
percezione espressa da insegnanti ed operatori sanitari circa gli stili di vita degli adolescenti. I risultati<br />
confermano la necessità di intensificare interventi di educazione alla salute che potrebbero essere mirati non<br />
alle singole abitudini, ma includere tutti i principali comportamenti a rischio e che dovrebbero essere in grado<br />
di fare acquisire ai giovani il concetto di prevenzione, affinché essi stessi siano protagonisti di scelte corrette<br />
per la tutela <strong>del</strong>la propria salute e <strong>del</strong> proprio ambiente.<br />
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Sessione poster 1: Stili di vita – 16 ottobre<br />
34-EFFICACIA INTERVENTI DI PREVENZIONE IN MATERIA DI INFORTUNI SUL<br />
LAVORO<br />
Cornaggia, Saretto, Panzeri<br />
Direzione Generale Sanità – Regione Lombardia<br />
Premessa. Con la l.r. 8/2007, Regione Lombardia avvia un percorso di implementazione <strong>del</strong>l’efficacia in<br />
campo preventivo. Si fissano i criteri per avviare i processi di valutazione in termini di accertamento dei<br />
risultati conseguiti, di qualità ed appropriatezza <strong>del</strong>le prestazioni erogate. Alle ASL si chiede di governare le<br />
attività di prevenzione, declinando le indicazioni regionali: il che significa disporre di un sistema di controllo e<br />
di monitoraggio in grado di orientare e verificare la congruità di un “approccio che sia più per obiettivi che per<br />
regole”. Come richiamato recentemente nell’informativa urgente <strong>del</strong> Governo sul tragico incidente sul lavoro<br />
verificatosi in provincia di Catania, dal Ministro <strong>del</strong> lavoro, <strong>del</strong>la salute e <strong>del</strong>le politiche sociali, Maurizio<br />
Sacconi, occorre monitorare costantemente l’andamento <strong>del</strong>le attività e i risultati ottenuti in termini di<br />
efficienza ed efficacia, così che, lungo il percorso di verifica, sia registrato ciò che ha impatto positivo e ciò<br />
che, invece, è negativo; in tal modo, rendendo possibile ri-orientare linee e strategie verso obiettivi sostanziali e<br />
non formali. I quesiti cui occorre rispondere in relazione ad ogni segmento di attività o prestazione sono:<br />
1. Ho effettuato quello che veramente serve<br />
2. L’ho fatto in modo appropriato<br />
3. La prestazione è stata svolta dalla persona giusta e in modo efficiente<br />
4. Ho valutato i costi<br />
Le inchieste per infortunio sul lavoro, ed anche quelle per malattia professionale, da sempre, rappresentano un<br />
impegno costante per le ASL, <strong>del</strong> quale non è mai stato misurato il concreto guadagno in termini di sicurezza e<br />
salute dei lavoratori. Regione Lombardia, attraverso le regole di esercizio per l’anno 2007 (DGR 13.12.2006 n.<br />
VIII/3776 "Determinazioni in ordine alla gestione <strong>del</strong> servizio socio sanitario regionale per l'esercizio 2007",<br />
allegato 4, par. 8, lett. c), ha chiesto alle ASL di realizzare sistemi di valutazione ad esse dedicati, in grado di<br />
rilevare, sul totale <strong>del</strong>le inchieste condotte, la percentuale di quelle con definizione d'imputazione, ossia con<br />
individuazione di responsabilità all’origine <strong>del</strong>l’evento d’infortunio e di malattia, e la percentuale di quelle che<br />
hanno comunque consentito l’espletamento di un’attività di controllo, con l’emissione di prescrizioni, pur non<br />
connesse all'evento.<br />
Strumento per la raccolta dei dati. Per valutare l’efficacia degli interventi è stata predisposta una scheda che<br />
ha raccolto le informazioni trasmesse dalle ASL lombarde.<br />
Risultati. I primi dati raccolti (parziali) evidenziano che nel corso <strong>del</strong> 2007 sono stati indagati 1688 casi di<br />
infortunio.<br />
Sul totale <strong>del</strong>le inchieste per infortunio condotte:<br />
29% è la quota <strong>del</strong>le indagini giunte a definizione di imputazione<br />
<br />
<br />
17% è la quota <strong>del</strong>le indagini concluse con l’emissione di prescrizioni non connesse all'evento<br />
53% è la quota <strong>del</strong>le indagini nelle quali non si rilevano contravvenzioni, né connesse né non connesse<br />
all’evento<br />
Commento. Per quanto concerne gli infortuni sul lavoro, solo il 29 % (dato parziale) <strong>del</strong>le indagini espletate<br />
dalle ASL ha portato ad un rapporto per l’Autorità Giudiziaria contenente una notizia di reato riferita<br />
all’esistenza di un nesso causale positivo tra le violazioni riscontrate alla normativa e l’evento di danno. Questo<br />
rilievo conduce ad alcune riflessioni, che non possono prescindere dai dibattiti e dalle esperienze condotte in<br />
Europa, ed a livello internazionale.<br />
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Sessione poster 1: Stili di vita – 16 ottobre<br />
35-STUDIO DI CASE-CROSSOVER SU CONSUMO DI ALCOL, GUIDA DOPO I PASTI E<br />
RISCHIO DI INCIDENTI STRADALI<br />
Di Bartolomeo S, 1 Valent F 2 , Marchetti R 1 , Sbrojavacca R, 3 Barbone F 1,2<br />
1 Cattedra di Igiene ed <strong>Epidemiologia</strong>,DPMSC, Università degli Studi di Udine, 2 Istituto di Igiene ed<br />
<strong>Epidemiologia</strong>, Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine, 3 Pronto Soccorso, Azienda Ospedaliero<br />
Universitaria di Udine<br />
Introduzione. L’alcol è un importante fattore di rischio per gli incidenti stradali (IS). Alcuni aspetti rilevanti<br />
<strong>del</strong>l’associazione tra alcol e infortuni in generale (es. effetto <strong>del</strong> consumo acuto vs cronico, ruolo di dosi anche<br />
piccole) sono stati chiariti recentemente con l’ausilio <strong>del</strong>la metodologia case-crossover (CC). Questa è infatti<br />
molto efficace per indagare l’effetto di esposizioni acute e transitorie evitando il confondimento interpersonale<br />
poiché ciascun caso funge da controllo di se stesso. In tutti gli studi precedenti però, gli IS sono stati analizzati<br />
insieme a tutti gli altri tipi di infortuni, mentre la definizione di tempo a rischio dovrebbe essere diversa e<br />
comprendere solo il tempo effettivamente alla guida. Inoltre, anche se il sospetto che i pasti causino una<br />
sonnolenza pericolosa per la guida non è una novità, l’evidenza in suo supporto è scarsa e la metodologia CC si<br />
presta bene a studiare anche questa possibile associazione.<br />
Obiettivi. Studiare l’associazione tra IS, consumo di alcol e pasti attraverso uno studio CC.<br />
Metodi. Dal 12/3/2007 al 11/3/2008 intervistatori addestrati che soggiornavano in PS in turni prestabiliti (a<br />
rotazione in tutte le fasce orarie e giorni <strong>del</strong>la settimana) hanno arruolato al Pronto Soccorso (PS) di Udine un<br />
campione di conducenti (di auto, motoveicoli, biciclette) giunti vivi in PS dopo IS. Criteri di esclusione erano:<br />
età 2 U. Infine è stata fatta<br />
un’analisi stratificata per alcuni possibili modificatori di effetto.<br />
Risultati. Hanno partecipato 574 degli 877 conducenti identificati (65.5%). Di questi, 326 (56.8%) avevano<br />
guidato nell’intervallo sopraspecificato e hanno partecipato all’analisi CC. Il RR per l’alcol è 2.24 (1.10-4.55)<br />
e per i pasti 0.94 (0.47-1.88). L’analisi dose-effetto ha evidenziato un aumento di rischio anche per piccole<br />
dosi – RR 1-2 U vs. 0: 2.17 (1.03-4.57) – e un verosimile trend in aumento per dosi più alte - RR > 2 U vs. 0:<br />
3.02 (0.28-31.74). Le stratificazioni hanno evidenziato alcune importanti modificazioni di effetto solo per<br />
l’alcol: RR maschi 1.81 (0.76-4.31), RR femmine 4.57 (0.80-25.92); RR
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: Stili di vita– 16 ottobre<br />
36-GIOVANI E FUMO DI TABACCO: CONOSCENZE, ATTEGGIAMENTI E OPINIONI<br />
DI STUDENTI RAVENNATI<br />
Gentilini F. 1 , Monti C. 1 , Savelli G. 2 , Di Marco MS. 1 , Piancastelli G. 2<br />
1 Istituto Oncologico Romagnolo, 2 Dipartimento Sanità Pubblica AUSL di Ravenna<br />
Introduzione. Il fumo di tabacco esercita ancora sugli adolescenti un forte richiamo la sperimentazione <strong>del</strong>la<br />
sigaretta come antistress e aiuto nelle relazioni si trasforma velocemente in consumo abituale. Gli adolescenti<br />
non avvertono la pericolosità di questa sperimentazione e sottovalutano la dipendenza che ne deriva. La scuola<br />
resta il luogo privilegiato dove raggiungere i ragazzi, per dare loro corrette informazioni e responsabilizzarli<br />
relativamente ai propri comportamenti di salute. Fra gli interventi di promozione <strong>del</strong>la salute per le classi prime<br />
<strong>del</strong>la scuola superiore, viene proposta un’attività laboratoriale che si pone l’obiettivo di dare corrette<br />
informazioni sul fumo di tabacco utilizzando evidenze scientifiche.<br />
Obiettivi. Il presente studio si propone di verificare le conoscenze, le opinioni, gli atteggiamenti dei giovani<br />
riguardo a stili di vita sani, fumo attivo e passivo, dipendenza e cessazione, per meglio modulare interventi<br />
preventivi coinvolgenti ed efficaci.<br />
Metodologia. L’indagine è stata condotta nel dicembre 2007 in 3 Istituti superiori <strong>del</strong>la Provincia di Ravenna<br />
(un liceo, un istituto professionale e uno tecnico). Prima <strong>del</strong>l’attività di laboratorio abbiamo raccolto<br />
informazioni sugli stili di vita, sulle conoscenze e le opinioni relative al fumo di tabacco dei ragazzi mediante<br />
un questionario anonimo e auto somministrato.<br />
Risultati.<br />
Descrizione <strong>del</strong> campione: hanno partecipato all’indagine 443 studenti di prima superiore: 60% femmine e<br />
38% maschi; 17% di 15 anni e 77% di 14 anni.<br />
Stili di vita: il 77% ha una buona percezione <strong>del</strong>la propria salute , il 45% svolge attività fisica almeno 3-4 volte<br />
a settimana, oltre il 60% consuma frutta e verdura ogni giorno, il 43% ha già consumato alcol e al 29% di<br />
questi nel corso <strong>del</strong>l’ultimo anno è capitato di averne abusato, pur ammettendo che l’alcol rappresenta un grave<br />
problema per salute e società.<br />
Abitudine al fumo: il 21,7% fuma (senza differenza tra i generi), fuma il 15,8% dei quattordicenni contro il<br />
41,7% dei quindicenni: L’80% dei fumatori consuma meno di 10 sigarette al giorno e l’età media di inizio è 13<br />
anni<br />
Conoscenze: la nicotina è responsabile di problemi cardiocircolatori per il 21% degli intervistati, e <strong>del</strong>la<br />
dipendenza per il 73%. Il fumo di tabacco contiene CO per il 41% degli studenti, polonio per il 3%, cacao,<br />
arsenico e ammoniaca per il 5%, acetone per l’1,4% e catrame per il 79%.<br />
Opinioni: per smettere di fumare c’è bisogno di aiuto per il 57%, si può smettere quando si vuole per il 13%; si<br />
inizia a fumare seguendo gli amici per il 50%, per curiosità per il 46%, per sentirsi forti e sicuri per il 39%; non<br />
si comincia a fumare per la consapevolezza dei danni alla salute 62%, per non lasciarsi influenzare 25%, per<br />
non essere dipendenti 35%; si smette per motivi di salute 68%, perché si è stanchi <strong>del</strong>la dipendenza 12%, per i<br />
soldi 28% e per gli effetti negativi sul proprio aspetto 29%.<br />
Fumo passivo: l’80% degli intervistati è a conoscenza che i figli di genitori fumatori si ammalano di più e che<br />
respirare fumo passivo durante la crescita impedisce il pieno sviluppo; infine il 76% ritiene più dannoso il fumo<br />
passivo presente in un ambiente confinato che sostare in un incrocio.<br />
Conclusioni. Nonostante le campagne di informazione e sensibilizzazione degli ultimi anni, la maggior parte<br />
dei ragazzi non possiede complete e corrette informazioni, soprattutto sulla composizione <strong>del</strong> tabacco.<br />
L’attività di laboratorio scientifico sul fumo attivo e passivo e sulla dipendenza ha l’obiettivo di far<br />
sperimentare cosa succede nell’organismo <strong>del</strong> fumatore e di dimostrare visivamente che ci sono modificazioni<br />
che avvengono immediatamente, portando poi nel tempo a gravi conseguenze per la salute. Dall’elaborazione<br />
dei questionari di ingresso abbiamo ricavato importanti informazioni per tarare e personalizzare l’intervento,<br />
approfondendo quelle tematiche che sono risultate meno note ai ragazzi.<br />
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Sessione poster 1: Stili di vita – 16 ottobre<br />
37-DISUGUAGLIANZE SOCIALI NEGLI STILI DI VITA IN UN CAMPIONE DI<br />
POPOLAZIONE DEL COMUNE DI FIRENZE<br />
Innocenti F. 1 , Voller F. 1 , Maciocco G 2 ., Buiatti E. 1<br />
1 Osservatorio di <strong>Epidemiologia</strong>, ARS Toscana, 2 Dipartimento di Sanità Pubblica Università di Firenze<br />
Introduzione. Gli stili di vita - come ad esempio il consumo di tabacco o di alcol, i comportamenti alimentari e<br />
loro conseguenze sul peso e lo svolgimento di attività fisica - costituiscono un importante insieme di fattori<br />
(unitamente a quelli materiali e psicosociali) che contribuiscono a spiegare le differenze di salute. Per quanto<br />
riguarda l’Italia molti contributi si sono concentrati sulla relazione tra disuguaglianze e consumo di tabacco, e<br />
solo recentemente si è posta l’attenzione alla distribuzione per classe sociale degli altri stili di vita. Questo<br />
contributo nato all’interno di un Programma di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale (Salute e<br />
Disuguaglianze Sociali in Italia) intende parzialmente rimediare a tale carenza e si propone di descrivere le<br />
disuguaglianze negli stili di vita sopra descritti all’interno <strong>del</strong>l’area metropolitana fiorentina.<br />
Metodi. Tra il 15 novembre ed il 10 dicembre 2007 è stato somministrato un questionario Face To Face ad un<br />
campione di 400 persone (192 Maschi e 208 Femmine), con un range d’età 11-74 anni, rappresentativo <strong>del</strong><br />
Comune di Firenze ed estratto dalle liste anagrafiche. Relativamente al consumo di sostanze psicotrope illegali<br />
e di alcol, le informazioni sono state ottenute dal questionario <strong>del</strong>lo studio multicentrico europeo ESPAD. E’<br />
stato chiesto agli intervistati di indicare l’eventuale uso <strong>del</strong>le principali sostanze almeno una volta nella vita,<br />
negli ultimi 12 mesi e negli ultimi 30 giorni. Inoltre la fonte ESPAD è stata utilizzata anche per stimare il<br />
consumo eccedentario, chiamato anche Binge Drinking (consumo di 5 o più bicchieri in un’unica occasione).<br />
Per il consumo di tabacco le domande sono quelle basate sulle raccomandazioni <strong>del</strong>l’OMS. Per l’attività fisica<br />
è stata utilizzata la versione validata <strong>del</strong>l’Eurohis (Developing Common Instruments for Health Surveys).<br />
Inoltre alla popolazione occupata è stato somministrato un questionario per valutare lo stress da lavoro<br />
(versione italiana <strong>del</strong> Job Content <strong>del</strong> questionario di Karasek).<br />
Risultati. Distribuendo gli stili di vita riportati per classe sociale, hanno una maggiore abitudine al fumo i<br />
maschi facenti parte di una classe sociale medio-bassa/bassa piuttosto che alta/medio-alta (41,3% VS 31,3%)<br />
ed al contrario le femmine appartenenti alle classe alta/medio-alta (43,1% VS 23,2%); le stesse conclusioni<br />
valgono anche per quanto riguarda il consumo di alcol e sostanze d’abuso. Una maggiore attività fisica viene<br />
praticata nelle classi sociali alta/medio-alta (70,1% VS 29,9%) ed in particolare sono i maschi a preferire<br />
un’attività fisica elevata rispetto alle femmine (53,6% VS 44,2%). Dal punto di vista <strong>del</strong> livello di istruzione,<br />
una proporzione più bassa di fumatori si riscontra tra i soggetti che dispongono di un capitale culturale elevato<br />
(30,1% VS 42,5%; OR=0.8) mentre al contrario percentuali più alte di bevitori sono presenti nei soggetti con<br />
un livello di istruzione alto/medio-alto (86,0% VS 70,8% OR=1.8); sono sempre coloro che appartengono a<br />
queste ultime due categorie a praticare un elevato livello di attività fisica (49,5% VS 27,8%; OR=1.8 2.1). Solo<br />
per i 200 lavoratori tra i 400 soggetti intervistati è stato possibile individuare il “Job Strain”, ossia il livello di<br />
stress professionale sopportato. Definendo in modo gerarchico le posizioni lavorative dalla migliore alla<br />
peggiore come: Low, Active, Passive, High, allora come atteso si osserva che rientrano nelle prime 2 categorie<br />
Dirigenti, Direttivi-Quadri, Imprenditori, Liberi professionisti e Lavoratori in proprio, mentre al contrario<br />
Impiegati/Intermedi ed Operai rientrano nelle categorie più disagiate dal punto di vista <strong>del</strong>lo stress, ovvero<br />
Passive ed High.<br />
Conclusioni. Stili di vita non corretti, producono conseguenze sia sociali che sulla salute ed hanno relazioni<br />
causali con malattie e traumi. Le campagne di prevenzione non sortiscono evidentemente ancora gli effetti<br />
sperati giacché fenomeni come il consumo di alcol e di tabacco in particolar modo nei giovani presentano<br />
tutt’altro che un’inversione di tendenza. L’attività di prevenzione andrebbe orientata verso gli strati <strong>del</strong>la<br />
popolazione che attuano i comportamenti meno corretti e che sono stratificati, come conferma questo studio,<br />
nelle classi sociali più basse. Di particolare rilievo i dati relativi al consumo di alcol tra le donne dove le<br />
percentuali più alte si ritrovano nelle classi sociali più avvantaggiate, replicando così le evidenze riscontrate per<br />
il consumo di tabacco.<br />
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Sessione poster 1: Stili di vita – 16 ottobre<br />
38-FUMO E ADOLESCENTI: AVVIATO UN PERCORSO DI PEER EDUCATION IN UNA<br />
SCUOLA SECONDARIA NEL CORSO DELL’ANNO SCOLASTICO 2007-2008<br />
Ioppolo G.; Scolaro M.; Sidoti S.; Faranda G.; Puglisi G.<br />
Dipartimento Prevenzione - U.O.S. Medicina Preventiva-USL 5 Messina<br />
L’educazione tra pari consiste nel selezionare gruppi di lavoro sufficientemente omogenei per età, cultura,<br />
interessi, fornendo loro le informazioni per la comprensione dei problemi e gli strumenti necessari alla loro<br />
risoluzione. I peer educatori formati, devono trasmettere al gruppo dei pari le conoscenze acquisite, facendoli<br />
partecipi dei nuovi mo<strong>del</strong>li comportamenti maturati nel corso <strong>del</strong> processo formativo. Partendo da questi<br />
presupposti teorici ed all’interno <strong>del</strong>le strategie di promozione <strong>del</strong>la salute <strong>del</strong> SSN, “Guadagnare Salute” nel<br />
cui ambito s’inserisce il progetto “Smoke free class”, abbiamo proposto al Dirigente di una scuola superiore di<br />
Patti (Liceo Classico/ Scientifico Vittorio Emanuele III), di coinvolgere in un progetto di “Peer education” gli<br />
studenti iscritti al 2° anno.<br />
Classi target: II classi <strong>del</strong> Liceo scientifico, V classi <strong>del</strong> Ginnasio;<br />
Modalità arruolamento: sono stati individuati 5 gruppi classe, due composti da 7 studenti e tre da 5 (v. tab.), a<br />
loro volta suddivisi in due macrogruppi (sez. classica e scientifica). La selezione è avvenuta:<br />
Per elezione da parte dei compagni di classe: 2 o 3 alunni rispettivamente per i gruppi di 5 o 7 alunni.<br />
Per estrazione: 2 o 3 alunni rispettivamente per i gruppi di 5 o 7 alunni<br />
Per nomina da parte dei docenti: 1 alunno<br />
Obiettivo. Obiettivo assegnato ai gruppi: condurre una campagna educativa per la prevenzione <strong>del</strong> fumo negli<br />
adolescenti utilizzando la metodologia proposta dallo “Smoke free class competion”.<br />
Lista dei problemi da risolvere:<br />
Intervista sulla diffusione <strong>del</strong> fumo. Target: 2ª e 4ª Liceo Scientifico, 4ª, 5ª ginnasio e 2ª Liceo Classico.<br />
Redazione contratto alunni e contratto classe;<br />
Trasmissione scheda di monitoraggio al coordinatore locale entro il giorno 5 <strong>del</strong> mese successivo;<br />
Elaborazione slogan contro il fumo e trasmissione elaborati al coordinatore locale entro il 5 feb 2008;<br />
Metodologia e risultati. La formazione dei gruppi, tre incontri per complessive 9 ore, ha avuto luogo in orario<br />
scolastico ed extrascolastico, nel corso dei quali sono stati illustrati. L’obiettivo generale, (Prevenzione <strong>del</strong><br />
fumo in età adolescenziale quale importante premessa per l'adozione di comportamenti coerenti con sani stili di<br />
vita nel giovane e nell'adulto), le modalità d’intervento e le scadenze <strong>del</strong> processo progettuale.<br />
Analisi critica dei messaggi pubblicitari e dei mo<strong>del</strong>li comportamentali trasmessi;<br />
Semiologia di un messaggio pubblicitario efficace.<br />
Tabella riassuntiva <strong>del</strong>le attività prodotte<br />
Liceo Classico<br />
Classi sez.<br />
N°<br />
Totale<br />
Studenti<br />
N°<br />
Studenti nei<br />
gruppi Peer<br />
N°<br />
Interviste<br />
classi target<br />
N°<br />
Contratti<br />
No smoke<br />
N°<br />
Schede<br />
monitoraggio<br />
N°<br />
Manif./slogan<br />
prodotti<br />
V A + V B 51 7 + 7 51 6 + 6 1 + 1<br />
IV A + IV B 40 - 40 6 + 6<br />
IVA + VA + II A +<br />
-<br />
166<br />
+ IVB + VB + IIB<br />
161<br />
Liceo Scientifico<br />
Classi sez.<br />
IIA + IIB + IIC 58 5 + 5 + 5 58 6 + 6 + 6 1 +1 +1<br />
I A + I B + I C 81 - 81 1<br />
I A + II A + IVA<br />
I B + II B + IV B<br />
IB + II C + IV C<br />
233 - 214<br />
Conclusioni. Dall’esperienza in corso, peraltro ancora lungi dall’essere conclusa, è possibile ricavare una<br />
prima, sommaria evidenza sulla validità <strong>del</strong> metodo <strong>del</strong>la peer education nella realizzazione di progetti<br />
educativi e di promozione <strong>del</strong>la salute. I ragazzi, qualora ben motivati, dimostrano entusiasmo nell’adesione,<br />
capacità di individuare e risolvere corret-tamente i problemi, scrupolosità nei metodi adottati. Il che rappresenta<br />
una buona premessa per la conseguente adozione di comportamenti coerenti con sani stili di vita <strong>del</strong>l'adulto.<br />
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Sessione poster 1: Stili di vita – 16 ottobre<br />
39-LA LETTURA E L’INTERPRETAZIONE DEI DATI NEI PROCESSI DI PROMOZIONE<br />
DI STILI DI VITA SANI<br />
Pavan A, Bonfanti M, Macchi L, Pirola ME, Coppola L<br />
Direzione Generale Sanità – Regione Lombardia<br />
Introduzione. Nell’ambito <strong>del</strong>la promozione <strong>del</strong>la salute, orientata a facilitare l’assunzione nella popolazione<br />
di abitudini e comportamenti sani, il dato epidemiologico, oltre a rappresentare, nelle sue variazioni, uno<br />
strumento nella valutazione di esito a lungo termine <strong>del</strong>le politiche intraprese, va a comporre il quadro più<br />
generale di elementi necessari ad una programmazione efficace, efficiente e sostenibile. Infatti, l’evidente<br />
complessità insita nel riorientamento di comportamenti di singoli individui e gruppi di popolazione implica<br />
necessariamente e prioritariamente la rappresentazione dei problemi di salute presenti, mediante la lettura di un<br />
insieme di dati tra loro correlati e il conseguente sviluppo di interventi diversificati a forte valenza<br />
intersettoriale. E’ richiesta quindi un’interpretazione dei problemi, rispetto alla loro rilevanza e modificabilità,<br />
che sappia riconoscere esplicitandoli, una serie di variabili di contesto sia di carattere epidemiologico che di<br />
carattere sociale e ambientale, che supportino una coerente pianificazione di strategie appropriate (educative,<br />
comunicative, organizzative). (Green e Kreuter 1999) Da questi presupposti nasce il progetto di ricerca,<br />
promosso dalla Direzione Generale Sanità <strong>del</strong>la Lombardia e finanziato dal Ministero <strong>del</strong>la Salute-CCM,<br />
denominato “Studio per la fruizione di dati statistici esistenti e sullo stato di salute, sui comportamenti e sugli<br />
stili di vita in modalità multimediale e <strong>del</strong>la progettazione di eventuali nuovi sistemi per informazioni<br />
mancanti” la cui realizzazione è stata affidata all’Istituto di Ricerca Regionale-IRER.<br />
Obiettivi. La ricerca è finalizzata alla costruzione di un set di indicatori di contesto, da rendere fruibili per la<br />
definizione e lo sviluppo degli interventi di promozione <strong>del</strong>la salute che le ASL lombarde sono chiamate a<br />
realizzare (Piani Integrati Locali di promozione <strong>del</strong>la Salute), mediante un processo di progettazione<br />
partecipata orientata all’ascolto dei gruppi di popolazione ed alla attivazione di responsabilità dei diversi settori<br />
coinvolti (EELL, Scuola, Impresa, associazionismo, ecc.). Più specificatamente, la ricerca intende ottenere: la<br />
conoscenza ad ampio raggio su fonti informative, riferibili alla popolazione lombarda, e relativi dati su:<br />
epidemiologia <strong>del</strong>le principali malattie, prestazioni sanitarie in relazione alle patologie prevalenti, fattori di<br />
rischio ambientali e comportamentali, incidenti stradali, adesione alle pratiche preventive (screening,<br />
vaccinazioni), dipendenze da alcool e droghe, comportamenti e stili di vita favorenti la salute, ecc.; un sistema<br />
di fruizione locale dei dati, letti in un’ottica integrata, con modalità multimediale, atta a favorire una visione di<br />
insieme <strong>del</strong> territorio e <strong>del</strong>la popolazione che ci vive. l’evidenza <strong>del</strong>le aree di carenza informativa e relativa<br />
progettazione di eventuali sistemi informativi per il reperimento dei dati.<br />
Metodi. La prima fase <strong>del</strong> lavoro sarà di tipo desk e sarà dedicata alla realizzazione di una ricognizione ad<br />
ampio raggio <strong>del</strong>le principali fonti (pubbliche e private) produttrici di dati sui temi oggetto di interesse. Per<br />
ciascuna fonte individuata verrà prodotta una scheda che evidenzierà le informazioni rilevate, la periodicità di<br />
rilevazione, il livello di disaggregazione disponibile nonché l’affidabilità/validità dei dati disponibili. In linea<br />
generale si privilegerà un livello di aggregazione minimo per ASL/provincia in modo da garantire una<br />
copertura il più possibile puntuale e capillare <strong>del</strong> territorio regionale. Target di riferimento prioritario sarà la<br />
popolazione lombarda in età compresa tra i 6 ed i 65 anni.<br />
La seconda fase consisterà nella progettazione e implementazione di un software per l’archiviazione e la<br />
presentazione dei dati individuati e raccolti nella fase precedente. Tra le fonti prese in considerazione vi<br />
saranno le banche dati e indagini continuative realizzate dalle singole direzioni generali di Regione Lombardia,<br />
le indagini multiscopo ISTAT e PASSI.<br />
Risultati e conclusioni. Quanto esitato dalla ricerca permetterà la realizzazione di un sistema di reportistica<br />
periodica (per ciascuna area omogenea territoriale – ASL) che rilevi le informazioni più significative<br />
provenienti dalle fonti individuate, così da guidare nel processo di programmazione e valutazione degli<br />
interventi attuati.<br />
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40-STUDIO DI AFFIDABILITA’ SUL CONSUMO DI ALCOL, CAFFE’ E ABITUDINE AL<br />
FUMO IN PAZIENTI HCV POSITIVI<br />
1 Perini E., 1 Zani C. , 1 Covolo L. , 2 Antonini M.G. , 2 Baiguera C. , 2 Gatti F. , 2 Nasta P. , 2 Puoti M. , 1 Donato F.<br />
1 Sezione di Igiene, <strong>Epidemiologia</strong> e Sanità Pubblica, Dipartimento di Medicina Sperimentale ed Applicata,<br />
Università degli Studi di Brescia. 2 Divisione degli infettivi, ambulatorio <strong>del</strong>le epatiti, Ospedali Civili Brescia<br />
Introduzione. L’infezione da virus <strong>del</strong>l’epatite C (HCV) è oggi la causa più frequente di epatocarcinoma nei<br />
Paesi occidentali. Tra i fattori che influenzano la progressione <strong>del</strong>la malattia, sia <strong>del</strong>l’ospite che ambientali, un<br />
ruolo importante è svolto dalle abitudini di vita. Il consumo di alcol è una causa nota di malattia epatica cronica<br />
e la relazione dose-effetto tra il consumo di alcol e il rischio di sviluppare la malattia è universalmente<br />
accettata. Il fumo di tabacco è un fattore potenzialmente cancerogeno per il fegato soprattutto laddove ci siano<br />
altri fattori di rischio per la malattia epatica. D’altro canto il consumo di caffè è un fattore potenzialmente<br />
protettivo per il fegato, dal momento che in diversi studi è stata trovata una relazione inversa tra il consumo di<br />
caffè e la possibilità di sviluppare la cirrosi o il carcinoma epatocellulare. Nell’ambito <strong>del</strong>la gestione clinica dei<br />
pazienti HCV+, è importante effettuare una rilevazione di questi fattori ed un eventuale intervento educativo<br />
per ridurne l’impatto negativo sull’evoluzione <strong>del</strong>la malattia. Mancano studi di affidabilità di tale raccolta di<br />
dati in sede ambulatoriale.<br />
Obiettivi. Lo scopo <strong>del</strong>la ricerca è verificare l’affidabilità <strong>del</strong>le risposte inerenti l’assunzione di alcol e caffè e<br />
l’abitudine al fumo, fornite dai pazienti HCV positivi, seguiti presso l’ambulatorio <strong>del</strong>le epatiti <strong>del</strong>l’AO Spedali<br />
Civili di Brescia.<br />
Metodi. I pazienti HCV positivi recatisi presso l’ambulatorio <strong>del</strong>le epatiti nel periodo 2006-2008, sono stati<br />
intervistati nel corso <strong>del</strong>la loro prima visita. Il questionario era formulato in modo da indagare le abitudini di<br />
alcool, caffè e fumo. A distanza di 12 mesi dalla prima intervista i soggetti sono stati ricontattati<br />
telefonicamente e sottoposti alle stesse domande. Per valutare la quantità di alcol assunta sono stati sommati i<br />
bicchieri di vino, birra, aperitivi e superalcolici, tenendo in considerazione il contenuto alcolico medio <strong>del</strong>le<br />
bevande e convertendo la quantità in grammi alcol/die. Sono state create 3 categorie di consumo: 0 per gli<br />
astemi; 1-40 gr/die per i bevitori moderati e 40+ gr /die per i forti bevitori. Per il consumo di caffè è stato<br />
sommato il numero di tazze di caffè, cappuccio e caffe-latte bevute quotidianamente. Per l’abitudine al fumo è<br />
stato valutato il numero di sigarette/die. Le risposte fornite nel primo e secondo questionario sono state<br />
confrontate e l’accordo tra le due interviste è stato valutato con la statistica K di Cohen per le variabili<br />
dicotomiche e con il coefficiente di correlazione ICC e il coefficiente di Spearman per le varibili continue.<br />
Risultati. Sono stati reclutati 229 pazienti (110 maschi). I bevitori abituali di alcolici erano il 55.4% nei maschi<br />
e il 35.3% nelle femmine. Il 29.5% dei maschi e solo 4.8% <strong>del</strong>le femmine risultavano essere forti bevitori. Il<br />
90% dei maschi e 85% <strong>del</strong>le femmine beveva abitualmente caffè. La differenza tra i sessi si evidenziava nel<br />
consumo: metà <strong>del</strong>le femmine beveva 1-2 tazzine di caffè/die contro 27% dei maschi; il 32% dei maschi,<br />
contro solo circa l’8% <strong>del</strong>le femmine beveva più di 5 tazze/die di caffè. I fumatori erano più maschi che<br />
femmine (43.6% e 26.9% rispettivamente).<br />
Si è ottenuta una buona concordanza nelle risposte inerenti il consumo di alcol (73.3% K=0.58), e fumo<br />
(77.7%, K=0.62) e un’ottima concordanza per caffè (94.7%; K=0.76). Risultati analoghi sono stati osservati per<br />
i consumi dichiarati nei due questionari relativi alla quantità di alcol assunta giornalmente e alle sigarette<br />
fumate.<br />
Conclusioni. Abbiamo osservato una proporzione relativamente elevata di pazienti che abitualmente<br />
consumano alcol, caffè e fumano sigarette, soprattutto tra i maschi, nonostante le raccomandazioni di<br />
sospensione <strong>del</strong>l’abitudine all’alcol e al fumo. L’affidabilità dei dati è buona per le tre abitudini indagate,<br />
evidenziando la qualità <strong>del</strong>lo strumento utilizzato.<br />
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41-SPERIMENTAZIONE DI UN MODELLO DI ANALISI DEI DATI CORRENTI<br />
INFORMATIZZATI PER LO STUDIO DI PATOLOGIE ALCOL CORRELATE<br />
Perotti P*, Ponzio M*, Sanbartolomeo P*, Panzarasa A*, Montomoli C**, Priora C* e Iannello G*<br />
*Dipartimento ASSI, ASL <strong>del</strong>la provincia di Pavia, ** Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate, Università<br />
di Pavia<br />
Introduzione. Il cittadino che afferisce ai servizi territoriali accreditati, sanitari e socio-sanitari, genera una<br />
quantità notevole di informazioni che, opportunamente processate, possono essere utili a fornire una<br />
descrizione e una stima <strong>del</strong>la quota di popolazione che presenta una determinata patologia.<br />
Obiettivo. Creazione di un mo<strong>del</strong>lo che utilizza i dati dei flussi informativi provenienti dalla rete dei servizi<br />
territoriali, per stimare la prevalenza <strong>del</strong>le problematiche alcol-correlate nel territorio <strong>del</strong>la provincia di Pavia.<br />
Metodo. Il mo<strong>del</strong>lo è stato implementato nel Data Warehouse (DW) in uso nella ASL di Pavia, che raccoglie<br />
flussi provenienti dalla rete dei servizi sanitari e socio-sanitari territoriali. Il DW è un archivio, periodicamente<br />
aggiornato, che integra le fonti informative attraverso operazioni di record-linkage, utilizzando l’anagrafe<br />
ufficiale <strong>del</strong>la Regione Lombardia come matrice e algoritmi di definizione per la selezione dei casi. Per lo<br />
studio sono stati utilizzati i seguenti flussi implementati nel DW: schede di dimissione da Ospedali intra o<br />
extra-regionali (SDO), flusso generato dalla cartella clinica informatizzata in uso presso il Servizio Dipendenze<br />
(Ser.D), anagrafica relativa alle esenzioni per patologia (ANAESE) e records contenenti le prescrizioni di<br />
farmaci a carico <strong>del</strong> Sevizio Sanitario Nazionale (FILE FAR), oltre a farmaci direttamente dispensati dalle<br />
strutture territoriali ambulatoriali specialistiche o ospedaliere (FILE F). La popolazione oggetto di studio è<br />
rappresentata dai cittadini residenti nel 2007 nella provincia che, dal 2003, hanno effettuato almeno 1 accesso<br />
ai servizi <strong>del</strong> territorio per patologie legate ad un uso problematico di alcol. Tutti i flussi pertanto sono stati<br />
analizzati nel periodo compreso tra il 2003 e il 2007 impostando criteri temporali alle seguenti variabili: data di<br />
dimissione per le SDO, data di prescrizione farmacologica (FILE FAR e FILE F), data di inizio e fine <strong>del</strong>la<br />
presa in cura presso i Ser.D e data di inizio e fine <strong>del</strong>le esenzioni per patologia. All’interno di ogni flusso<br />
informativo sono state individuate le variabili chiave e i relativi criteri per la selezione dei casi (vedi tabella):<br />
Flusso Variabili chiave per la selezione dei casi Criteri di selezione<br />
SDO Diagnosi principale e le 5 diagnosi accessorie Codice ICD9 (dall’abuso alla patologia d’organo)<br />
Ser.D. Sostanza d’abuso primaria, secondaria, terziaria Codice sostanze d’abuso<br />
File F e File FAR Farmaci specifici per patologia Codice ATC<br />
ANAESE Esenzione per patologia Codice esenzione<br />
Per selezionare i casi residenti nella provincia di Pavia nel 2007, i dati relativi ad ogni flusso sono stati uniti a<br />
quelli <strong>del</strong>l’anagrafica ufficiale <strong>del</strong>la Regione Lombardia usando come chiave di selezione il codice fiscale o la<br />
tessera sanitaria.<br />
Risultati. Di 2809 casi il 78% sono maschi (età media 52,5±16,1 anni) e 22% femmine (età media 53,2±16,3 anni).<br />
La prevalenza (tasso standardizzato sulla popolazione italiana censita nel 2001) per problematiche alcolcorrelate,<br />
pari a 6,38 ogni 1000 residenti di età compresa tra 20-79 anni (IC95%: 6,13-6,62), è più elevata nei<br />
maschi rispetto alla femmine (10,24; IC95% 9,79-10,68, vs. 2,74; IC95% 2,52-2,97). Il territorio <strong>del</strong>la<br />
provincia suddiviso in tre aree (Pavese, Lomellina e Oltrepo), presenta valori differenti di prevalenza, in<br />
particolare la prevalenza, ogni 1000 residenti con età compresa tra 20-79 anni, è più elevata nel Pavese (7,25;<br />
IC95% 6,83-7,66) rispetto all’Oltrepo (5.98; IC95% 5,51-6,44) e alla Lomellina (5,73; IC95% 5,34-6,13).<br />
Conclusioni. Consapevoli dei limiti relativi all’utilizzo dei dati correnti, in quanto a volte incompleti o non<br />
corretti, riteniamo che il mo<strong>del</strong>lo ottenuto sia uno strumento utile, in grado di fornire dati aggiornati e a basso<br />
costo. Nello specifico gli studi sulle problematiche alcol-correlate sono di difficile effettuazione sia per la<br />
difficoltà <strong>del</strong>la diagnosi che per la scelta degli indicatori più idonei (mortalità, consumo di alcol pro capite,<br />
ecc.). L’indicatore utilizzato nello nostro studio è l’accesso alle rete dei servizi per problematiche alcolcorrelate<br />
che ha permesso di ottenere una stima <strong>del</strong>la prevalenza, utile alternativa per descrivere l’impatto <strong>del</strong><br />
fenomeno sul territorio. A breve il mo<strong>del</strong>lo verrà implementato con nuovi flussi (es. specialistica territoriale<br />
ambulatoriale, voucher socio-sanitario) per meglio identificare quei casi che per la loro particolare tipologia si<br />
caratterizzano per una scarsa visibilità.<br />
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Sessione poster 1: Stili di vita – 16 ottobre<br />
42-CONSUMO DI ALCOL E TABACCO: EFFETTO DOSE-RISPOSTA NEL RISCHIO DI<br />
TUMORI DELLE VIE AERO-DIGESTIVE SUPERIORI<br />
Polesel J, 1 Zucchetto A, 1 Dal Maso L ,1 De Paoli A, 1 Lise M, 1 Bidoli E, 1 Levi F ,2 La Vecchia C, 3 Franceschi S, 4<br />
Serraino D ,1 Talamini R 1<br />
1 SOC di <strong>Epidemiologia</strong> e Biostatistica, IRCCS CRO, Aviano (PN); 2 Unité d’épidemiologie du cancer, Institute<br />
de Médecine Sociale et Préventive, Lausanne (CH); 3 Laboratorio di <strong>Epidemiologia</strong>, Istituto “Mario Negri”,<br />
Milano (MI); 4 International Agency for Research on Cancer, Lyon (Francia)<br />
Introduzione. Il fumo di tabacco ed il consumo di bevande alcoliche sono riconosciuti come i principali fattori<br />
di rischio per i tumori <strong>del</strong>le vie aero-digestive superiori (VADS: cavo orale, faringe, laringe, esofago). Tuttavia,<br />
la quantificazione <strong>del</strong> rischio per bassi livelli di esposizione ha mostrato risultati inconsistenti.<br />
Obiettivo. Valutare l’effetto dose-risposta <strong>del</strong> consumo di alcol e fumo di sigaretta nel rischio di tumori <strong>del</strong>le<br />
VADS, con particolare enfasi sui bassi consumi.<br />
Metodi. I dati sono ottenuti da una serie di studi caso-controllo condotti in Italia e Svizzera tra il 1982 ed il<br />
2000. Le analisi sono state condotte confrontando i soggetti maschi con tumore <strong>del</strong> cavo orale (418), faringe<br />
(471), laringe (588) ed esofago (343) con i controlli originali (4822 in totale). L’introito giornaliero di etanolo<br />
(grammi al giorno, g/die) ed il consumo di tabacco (sigarette/die) sono stati ricavati da un apposito questionario<br />
validato. Gli Odds Ratio per ogni unità di incremento <strong>del</strong>l’esposizione (grammo di etanolo/die e sigaretta/die)<br />
ed i relativi intervalli di confidenza al 95% sono stati stimati attraverso i mo<strong>del</strong>li spline di regressione logistica,<br />
aggiustando per età, istruzione, abitudini al fumo e al consumo di alcolici, ove opportuno.<br />
Risultati. Rispetto ai non bevitori, il rischio di tumori <strong>del</strong>le VADS cresce all’aumentare <strong>del</strong>la quantità di<br />
etanolo assunta, raggiungendo un plateau a circa 150g/die (approssimativamente 1,5 litri di vino/die). Tuttavia,<br />
la curva di rischio non evidenza un eccesso di rischio significativo per consumi inferiori a 39g/die (circa 3<br />
bicchieri/die di vino), suggerendo un possibile effetto soglia. Per quanto riguarda il fumo di sigaretta, il rischio<br />
di tumore <strong>del</strong>le VADS cresce rapidamente e costantemente all’aumentare <strong>del</strong> numero di sigarette/die fumate,<br />
mettendo in luce come, rispetto a coloro che non hanno mai fumato, l’eccesso di rischio sia significativo a<br />
partire da 1 sigaretta/die e raddoppi a 3 sigarette/die.<br />
50<br />
50<br />
25<br />
25<br />
Odds Ratio<br />
10<br />
5<br />
10<br />
5<br />
2<br />
2<br />
1<br />
1<br />
0.5<br />
0 50 100 150 200<br />
Etanolo (g/die)<br />
0.5<br />
0 1 2 3 4 5 10 15 20 25 30 35 39<br />
Sigarette/die<br />
Conclusioni. La presente analisi evidenzia l’assenza di un “livello di sicurezza” <strong>del</strong> fumo di sigaretta, visto che<br />
bassissimi consumi di tabacco innalzano significativamente il rischio di tumore <strong>del</strong>le VADS. Viceversa,<br />
sembra esistere un effetto soglia nel consumo di bevande alcoliche per consumi inferiori a 3 bicchieri/die. Tali<br />
risultati forniscono ulteriore supporto scientifico alle campagne di prevenzione contro il fumo di sigaretta e<br />
l’abuso di alcol e rafforzano i suggerimenti <strong>del</strong> “Codice Europeo contro il Cancro” che invitano a smettere di<br />
fumare e a ridurre il consumo di alcolici, nei maschi, a 2 bicchieri/die.<br />
133
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: Stili di vita – 16 ottobre<br />
43-OKKIO ALLA SALUTE: LA SORVEGLIANZA NUTRIZIONALE PER LA<br />
PREVENZIONE DEL SOVRAPPESO-OBESITA’ IN ETA’ INFANTILE IN SICILIA<br />
S. Rizzo 1 , A. Cernigliaro 1 , G. Dardanoni 1 , E. Alonzo 2 , G. Di Benedetto 2 , G. Colletto 2 , A.Farinella 2 , R. La<br />
Carrubba 2 , F. Mattina 2 , C. Spatola 2 , G. Stella 2 , R.Toscano 2 , V. Trapani 2 , F. Turiano 2 , A. Spinelli 3 , G. Baglio 3 ,<br />
N. Binkin 3 , M. Bucciarelli 3 , C. Cattaneo 3 , G. Fontana 3 , A. Lamberti 3 , A. Perra 3<br />
1 – Dipartimento Osservatorio Epidemiologico – Assessorato Sanità – Regione Siciliana; 2 – Referenti <strong>del</strong><br />
Piano per le nove ASL <strong>del</strong>la Regione Sicilia; 3 - Gruppo Okkio alla salute - Istituto Superiore di Sanità<br />
Introduzione. I programmi di prevenzione <strong>del</strong>le malattie cardiovascolari in età adulta pongono l’attenzione<br />
anche al problema <strong>del</strong> sovrappeso già dall’età infantile. Nell’ambito <strong>del</strong> Piano Nazionale di Prevenzione <strong>del</strong><br />
sovrappeso-obesità, il Centro di Controllo <strong>del</strong>le Malattie <strong>del</strong> Ministero <strong>del</strong>la Salute ha promosso un’indagine<br />
nazionale di sorveglianza nutrizionale nei bambini coordinata dal Centro Nazionale di <strong>Epidemiologia</strong><br />
Sorveglianza e Promozione <strong>del</strong>la Salute (CNESPS) <strong>del</strong>l’Istituto Superiore di Sanità, cui ha aderito anche la<br />
Regione Sicilia.<br />
Obiettivi. Al fine di programmare opportuni interventi di prevenzione <strong>del</strong>le malattie a componente nutrizionale<br />
nel territorio, il Dipartimento Osservatorio Epidemiologico <strong>del</strong>la Sicilia, insieme con le nove Aziende Sanitarie<br />
territoriali, ha avviato secondo le indicazioni <strong>del</strong> CNESPS il programma di sorveglianza per valutare il livello<br />
di sovrappeso-obesità e le abitudini nutrizionali nei bambini <strong>del</strong>le classi terze <strong>del</strong>le scuole elementari <strong>del</strong>la<br />
Sicilia.<br />
Metodi. La metodologia adottata è quella <strong>del</strong>la sorveglianza di popolazione, basata su indagini<br />
epidemiologiche ripetute a cadenza regolare, utilizzando una procedura standardizzata in tutto il territorio<br />
regionale, che prevede tra l’altro un sistema di formazione a cascata <strong>del</strong> personale che prende parte allo studio.<br />
La popolazione in studio è quella scolastica, in particolare la classe terza <strong>del</strong>la scuola primaria. Sulla base <strong>del</strong><br />
numero totale di classi terze <strong>del</strong>le scuole elementari pubbliche e private <strong>del</strong>l’isola, tenendo conto <strong>del</strong>la diversa<br />
numerosità per ciascuna <strong>del</strong>le province, è stato estratto un campione rappresentativo <strong>del</strong>la popolazione dei<br />
bambini siciliani utilizzando una metodologia di campionamento a cluster. Sono state selezionate 100 scuole<br />
per un totale di 1846 bambini. La sorveglianza, in considerazione <strong>del</strong>la popolazione in studio (bambini di 8<br />
anni) è orientata alla raccolta di poche informazioni basilari mediante l’utilizzo di 4 questionari, uno per i<br />
bambini in classe, uno per i genitori da compilare a casa e due da consegnare agli insegnanti e al dirigente<br />
scolastico.<br />
Il questionario dei bambini comprende 15 domande semplici riferite ad un tempo breve (dal pomeriggio <strong>del</strong>la<br />
giornata precedente alla mattina <strong>del</strong>la rilevazione) e mirate a rilevare l’attività motoria, i comportamenti<br />
sedentari e gli alimenti consumati. Le domande rivolte ai genitori riguardano gli stessi argomenti sulla<br />
percezione <strong>del</strong>lo stato nutrizionale e sull’attività motoria dei propri figli. Mediante i questionari destinati agli<br />
insegnanti e ai dirigenti scolastici si sono raccolti dati riguardanti la caratteristiche <strong>del</strong>l’ambiente scolastico.<br />
Per stimare la prevalenza <strong>del</strong>le condizioni di sovrappeso e obesità è stato calcolato l’indice di massa corporea<br />
(IMC). Per la definizione di sovrappeso e obesità si è scelto di utilizzare i valori soglia per IMC desunti da Cole<br />
et al.<br />
Risultati. Il progetto, iniziato nell’ottobre 2007, si è sviluppato con l’attività formativa (100 operatori regionali<br />
hanno partecipato al corso ECM per formatori in cui sono state fornite tutte le indicazioni relative al protocollo<br />
e alla metodologia <strong>del</strong>l’iniziativa, e hanno a loro volta formato 200 insegnanti) e con la raccolta dei dati<br />
avvenuta a maggio.<br />
Tutte le scuole campionate hanno partecipato all’indagine, con un tasso di rifiuto inferiore al 5%, e i dati sono<br />
in corso di elaborazione.<br />
Conclusioni. Nel corso dei primi mesi di attività di “OKkio alla SALUTE” è stata definita una metodologia per<br />
un sistema di raccolta dati sull’alimentazione e l’attività fisica dei bambini <strong>del</strong>la scuola primaria al fine di<br />
promuovere interventi di sanità pubblica. Grazie alla stretta collaborazione con le ASL ed il mondo <strong>del</strong>la<br />
scuola, sono stati formati 100 operatori sanitari e circa 200 insegnanti che, attraverso strumenti e metodologia<br />
standardizzati, hanno misurato e raccolto dati su un campione rappresentativo a livello regionale dei bambini<br />
<strong>del</strong>la terza classe primaria.<br />
I risultati ottenuti sembrano indicare la sostenibilità <strong>del</strong> sistema e la sua possibile adozione a strumento per una<br />
sorveglianza sistematica nazionale.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: Stili di vita – 16 ottobre<br />
44-“SCUOLE LIBERE DAL FUMO”: COME E’ CAMBIATA L’ABITUDINE AL FUMO<br />
Savelli G. 1 , Gentilini F. 2 , Monti C .2 , Piancastelli G. 1 , Di Marco MS. 2 , Bergamaschi A. 3<br />
1 Dipartimento Sanità Pubblica AUSL di Ravenna, 2 Istituto Oncologico Romagnolo, 3 Dipartimento di<br />
Medicina e Sanità Pubblica – Università di Bologna<br />
Introduzione. Il passaggio alla scuola superiore rappresenta un momento critico per l’instaurarsi <strong>del</strong>l’abitudine<br />
al fumo: la sperimentazione, che generalmente inizia prima, si consolida in abitudine. Inoltre, si registra un<br />
aumento di fumatori passando dalle classi prime alle ultime. Un intervento di prevenzione <strong>del</strong>l’abitudine al<br />
fumo deve quindi tenere conto di molti fattori e prevedere da un lato la puntuale applicazione <strong>del</strong>la normativa<br />
nell’ambiente scolastico e dall’altro lato la realizzazione di percorsi educativi che promuovano stili di vita sani,<br />
valorizzando le risorse dei ragazzi e utilizzando diverse modalità di coinvolgimento attivo.<br />
Obiettivo. Il presente lavoro si propone di analizzare le variazioni nell’arco di sette anni <strong>del</strong>l’abitudine al fumo<br />
tra gli studenti.<br />
Materiale e metodo. In un istituto professionale <strong>del</strong>la provincia di Ravenna, a partire dall’anno scolastico<br />
2001-2002, viene realizzato il progetto “Scuole libere dal fumo” con il coinvolgimento di tutta la popolazione<br />
scolastica per l’applicazione <strong>del</strong>la normativa, la regolamentazione <strong>del</strong> fumo e la realizzazione di percorsi<br />
formativi che prevedono anche l'educazione fra pari. Nell’ambito di tale progetto, sono state condotte due<br />
indagini sugli studenti <strong>del</strong>le prime, terze e quinte classi durante l’anno scolastico 2001/2002 e 2007/2008<br />
mediante l’utilizzo <strong>del</strong>lo stesso questionario anonimo, autosomministrato e validato composto da 20 domande<br />
atte ad indagare l’abitudine al fumo degli strudenti e le loro opinioni sul fumo in ambito scolastico.<br />
Risultati. Hanno partecipato all’indagine 325 studenti (179 maschi e 140 femmine) nell’anno scolastico<br />
2001/02 e 342 (194 maschi e 142 femmine) nell’anno scolastico 2007/2008. Abitudine al fumo: nella prima<br />
indagine si registra il 27% di fumatori nelle classi prime, il 25% nelle classi terze e il 50% nelle classi quinte;<br />
nell’anno scolastico 2007/2008 si ha il 14,5% di fumatori in prima, il 33% in terza e 31% in quinta. Nella prima<br />
indagine si è osservato una prevalenza di fumatori di genere femminile (41,9% <strong>del</strong>le femmine vs 31,9% dei<br />
maschi), mentre nella seconda indagine si inverte la prevalenza (35,6% di fumatori maschi contro il 31,7%<br />
<strong>del</strong>le femmine). Dal confronto <strong>del</strong>le due indagini si osserva una riduzione dei fumatori quotidiani soprattutto<br />
nelle classi prime: 21,6% <strong>del</strong>la prima indagine vs. 8,1% <strong>del</strong>la seconda. L’età media di inizio all’abitudine è di<br />
14 anni in entrambe. Il 51% degli studenti nell’anno scolastico 2001/2002 riteneva giusto fumare a scuola<br />
contro il 48% degli studenti <strong>del</strong>lo scorso anno; il 13% non riteneva giusto fumare nei cortili contro il 39%<br />
<strong>del</strong>l’ultima indagine. Infine, gli studenti nella seconda rilevazione, hanno espresso un giudizio qualitativo<br />
(sufficiente e oltre per il 73%) sulle attività di prevenzione e promozione <strong>del</strong>la salute realizzate nel loro istituto.<br />
Conclusioni. Dalla analisi dei dati si evidenziano, nell’arco dei sette anni, una riduzione <strong>del</strong>la frequenza dei<br />
fumatori nelle classi prime, e quinte e soprattutto una riduzione di fumatrici. Si assiste così ad una diversa<br />
tendenza rispetto a quanto registrato nella popolazione italiana in relazione all’applicazione <strong>del</strong>le legge Sirchia<br />
(un calo solo tra i maschi adulti, non fra i giovani e le femmine). I dati sembrano evidenziare una maggiore<br />
sensibilità dei ragazzi nei confronti <strong>del</strong>la tematica fumo, <strong>del</strong> rispetto <strong>del</strong>la legge e <strong>del</strong>la percezione <strong>del</strong>la scuola<br />
come luogo deputato alla promozione <strong>del</strong>la salute. L’impegno continuativo <strong>del</strong>la scuola in tutte le sue<br />
componenti nel progetto “Scuole libere dal fumo” pare comunque essere un elemento importante nella<br />
sensibilizzazione e nella promozione di una cultura <strong>del</strong> non fumo tra i giovani.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: Stili di vita – 16 ottobre<br />
45-PROGRAMMA DI CURA DEL TABAGISMO PER I DIPENDENTI DI UN’AZIENDA<br />
SANITARIA<br />
Tominz R.*, Peresson M.*, Bovenzi M.*, Poropat C.**, Vegliach A., Purich R.<br />
*Azienda per i Servizi Sanitari 1 Triestina, Dipartimento di Prevenzione, **Azienda per i Servizi Sanitari 1<br />
Triestina, Dipartimento Delle Dipendenze<br />
Introduzione. A Trieste la prevalenza di fumatori è ancora molto elevata. Di questi la metà riceve il consiglio<br />
di smettere, evidenziando una discreta attenzione al problema da parte degli operatori sanitari. Sono pochi i<br />
tabagisti che hanno smesso grazie a farmaci e/o gruppi di sostegno. Risulta pertanto opportuno un<br />
consolidamento <strong>del</strong> rapporto tra operatori sanitari e pazienti per valorizzare l’offerta di opportunità di smettere,<br />
tenuto anche conto <strong>del</strong> fatto che la percentuale di successo ad un anno fra coloro che smettono da soli è <strong>del</strong> 2%-<br />
3%, mentre fra quelli che smettono con l’aiuto di un centro per la cura <strong>del</strong> tabagismo sale al 30%-40%. I dati<br />
per i dipendenti <strong>del</strong>l’Azienda per i Servizi Sanitari 1 Triestina (ASS1) risultano sovrapponibili a quelli <strong>del</strong>la<br />
popolazione generale. Per questi motivi a partire dal 2007 è in corso un progetto che vede la collaborazione <strong>del</strong><br />
Dipartimento di Prevenzione e <strong>del</strong> Dipartimento <strong>del</strong>le Dipendenze per offrire agli operatori tabagisti la<br />
possibilità di un trattamento gratuito ed in orario di lavoro.<br />
Obiettivi. Illustrare i risultati di 19 mesi di attività <strong>del</strong> progetto.<br />
Metodi. L’ASS 1 conta 1.150 dipendenti. Il Progetto prevede l’individuazione attiva dei tabagisti da parte <strong>del</strong><br />
Medico Competente all’atto degli accertamenti sanitari per l’idoneità al lavoro. Il Progetto è inoltre<br />
pubblicizzato con l’invito ai tabagisti a rivolgersi a un call center telefonico gestito da personale sanitario <strong>del</strong><br />
Dipartimento di Prevenzione. Tutti gli operatori coinvolti nel progetto sono stati formati al counseling<br />
motivazionale. I dati sono registrati su un database preparato su Epinfo, posto su una cartella condivisa dalle<br />
varie strutture interessate, con diverse password di accesso. Epiinfo è inoltre utilizzato per il monitoraggio.<br />
Risultati. In 19 mesi sono stati registrati 505 dipendenti: 79% dal medico competente, 20% dal call center, 1%<br />
direttamente dall’ambulatorio per il tabagismo. I dipendenti registrati non si differenziano dal totale per genere<br />
ed età. Fuma il 38% <strong>del</strong>le femmine ed il 40% dei maschi. L’88% ha accettato di sottoporsi alla misurazione <strong>del</strong><br />
CO nell’espirato (valori medi: 1 ppm nei non tabagisti e 13 ppm nei tabagisti). Dei fumatori il 49% vive con<br />
almeno un’altra persona che fuma e l’81% asserisce di lavorare con colleghi tabagisti. Utilizzando i test per la<br />
dipendenza di Fargestrom e per la motivazione a smettere di Richmond i tabagisti sono stati inquadrati<br />
operativamente in 4 categorie: alta motivazione e bassa dipendenza (buone possibilità terapeutiche) 33%, alta<br />
motivazione e alta dipendenza (discrete possibilità terapeutiche) 9%, bassa motivazione e bassa dipendenza<br />
(basse possibilità terapeutiche) 50%, bassa motivazione e alta dipendenza (possibilità di successo minime) 8%.<br />
Il 50% dei tabagisti ha accettato di essere riferito all’ambulatorio per il tabagismo. L’adesione al progetto si<br />
mantiene costante nel tempo.<br />
Conclusioni. Programmi condivisi che prevedono la collaborazione fra diverse strutture operative, approvati e<br />
supportati da idonee iniziative <strong>del</strong> vertici aziendali, si dimostrano efficaci nell’avvio alla cura <strong>del</strong> tabagismo in<br />
popolazioni specifiche.<br />
Benché l’abitudine al fumo non sia un rischio lavorativo in senso stretto, sempre più frequentemente il medico<br />
<strong>del</strong> lavoro si trova ad interagire con i lavoratori in azioni di formazione ed informazione, dirette a porre in<br />
rilievo la necessità di stili di vita corretti. La partecipazione dei medici competenti è quindi un punto di forza<br />
per progetti di questo tipo, in ragione <strong>del</strong>la relazione costante e periodica con tutti i lavoratori aziendali.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: Stili di vita – 16 ottobre<br />
46-CONSUMO DI ALCOL NELLA POPOLAZIONE: DALLA SORVEGLIANZA<br />
EPIDEMIOLOGICA AGLI INTERVENTI. UN PROGETTO PILOTA CON I MEDICI DI<br />
MEDICINA GENERALE E DEI PEDIATRI DI LIBERA SCELTA IN PROVINCIA DI<br />
TRENTO - ANNO 2007<br />
Zorzi C. (1), Fateh-Moghadam P. (2), Chesi L. (2), Pancheri R. (2)<br />
(1) MMG, Responsabile dei Servizi di Alcologia Valle di Fiemme<br />
(2) Servizio di Educazione alla Salute e di Riferimento alle <strong>Atti</strong>vità Alcologiche, APSS, Trento<br />
Introduzione. Lo studio PASSI condotto nel 2005 ha evidenziato che in Trentino oltre due terzi <strong>del</strong>la<br />
popolazione tra 18 e 69 anni consuma bevande alcoliche e che circa un terzo ha abitudini di consumo per le<br />
quali può essere definito “a rischio” (forti bevitori, bevitori fuori pasto e bevitori binge). Questi valori<br />
risultavano superiori al pool <strong>del</strong>le ASL partecipanti all’indagine. Nonostante la rilevanza sociale <strong>del</strong> problema e<br />
la disponibilità di validate e rapide strategie di intervento per individuare assistiti a rischio, i medici di medicina<br />
generale (MMG) faticano ad assumere un ruolo attivo nella strategia di promozione <strong>del</strong>la salute sull’alcol<br />
(secondo i dati PASSI 2005 solo il 10% si informa sul consumo di alcol dei propri assistiti).<br />
Obiettivi. In risposta a tale problema l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (APSS) ha realizzato nel 2007<br />
una giornata di aggiornamento (accreditata ECM) sui problemi alcol-correlati rivolta a MMG e Pediatri di<br />
libera scelta (PLS). Nell’ambito di questa formazione è stato proposto di partecipare ad una sperimentazione<br />
con gli obiettivi di sensibilizzare i medici sul consumo di alcol come problema di sanità pubblica, stimare la<br />
prevalenza dei consumi a rischio e dei disagi alcol correlati nel contesto familiare degli assistiti e valutare la<br />
fattibilità di un intervento volto ad identificare i propri assistiti con consumi a rischio.<br />
Metodi. Nel novembre <strong>del</strong> 2007 ai medici partecipanti <strong>del</strong> corso di aggiornamento è stato proposto di<br />
somministrare il questionario AUDIT-C (Alcohol Use Disorders Identification Test Consumption) nel contesto<br />
<strong>del</strong>l’anamnesi svolta nel corso <strong>del</strong>l’attività ambulatoriale per un periodo di cinque giorni lavorativi continuativi<br />
ad ogni quinto paziente/genitore che accede per problemi attivi (esclusi quindi gli accessi per soli prescrizioni o<br />
impegnative). I dati raccolti sono stati informatizzati ed elaborati tramite il sofware epi-info versione 3.3.<br />
Risultati. Dei 19 MMG e PLS partecipanti al corso di formazione, 15 hanno aderito alla sperimentazione <strong>del</strong>la<br />
somministrazione <strong>del</strong> questionario. L’AUDIT-C è stato somministrato complessivamente a 221 assistiti.<br />
L’età media degli intervistati era 52 anni, nel 56% dei casi si trattava di pazienti di sesso femminile. Solo in 4<br />
casi (2%) la visita <strong>del</strong> paziente era dichiaratamente associato ad un problema alcol-correlato, ma nel 29%<br />
(n=62) il paziente ha riferito la presenza di situazioni problematiche in relazione al consumo di alcol<br />
nell’ambito <strong>del</strong>le proprie relazioni significative. Il 15% dei pazienti (n=33) è risultato astemio e in 99 casi<br />
(45%) il punteggio <strong>del</strong>l’AUDIT-C era tale da classificare il paziente bevitore a rischio. Il consumo di alcol a<br />
rischio è risultato più frequente tra gli uomini (65%), tra le persone con basso livello di istruzione (scuola<br />
elementare o media inferiore) e aumentava con l’aumentare <strong>del</strong>l’età. Al fine di escludere un possibile effetto di<br />
confondimento tra le diverse variabili è stata condotta un’analisi multivariata tramite una regressione logistica<br />
che ha confermato solo l’associazione significativa tra consumo a rischio di alcol e sesso maschile. Dai<br />
commenti dei medici è risultato un giudizio positivo sia sul percorso formativo sia sulla fattibilità <strong>del</strong>l’uso<br />
<strong>del</strong>l’AUDIT-C. La mancanza di percezione <strong>del</strong> rischio da parte dei pazienti (e anche dei medici) rispetto ai<br />
livelli di consumo di alcol pericolosi è stata individuata come ostacolo per un intervento efficace di promozione<br />
<strong>del</strong>la salute.<br />
Conclusioni. Dai dati raccolti viene confermato che il consumo di alcol rappresenta un importante problema di<br />
sanità pubblica in Trentino. Poco meno <strong>del</strong>la metà degli assistiti intervistati risultano avere un consumo a<br />
rischio e circa un terzo dichiara di conoscere persone nell’ambito <strong>del</strong>le proprie relazioni significative con un<br />
problema legato all’alcol.<br />
L’uso <strong>del</strong> questionario AUDIT-C come strumento di screening per problemi alcol-correlati dei propri assistiti,<br />
propedeutico al counselling, si è rilevato fattibile e ben accetto da MMG e PLS.<br />
137
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: Tumori e altre malattie – 16 ottobre<br />
47-MENINGITI NELL’ASL DELLA PROVINCIA DI MILANO 3 E IN REGIONE<br />
LOMBARDIA: CONFRONTO USANDO I DATI DEL SISTEMA INFORMATIZZATO DI<br />
MONITORAGGIO DELLE MALATTIE INFETTIVE “MAINF”<br />
Cavalieri d’Oro L 1 , Rognoni M 1 , Franchetti M 2 , Merlo E 3 , Repossi M 1<br />
1 Servizio Negoziazione, Acquisti Sanitari ed <strong>Epidemiologia</strong>, 2 Staff Direzione Dipartimento di Prevenzione<br />
3 Servizio Cure Primarie ASL <strong>del</strong>la Provincia di Milano 3, Monza<br />
Introduzione. Il primo trimestre 2008 è stato caratterizzato, nell’ASL <strong>del</strong>la Provincia di Milano 3 (ASLMI3),<br />
da un numero di notifiche di meningite notevolmente più elevato rispetto al corrispondente periodo <strong>del</strong> 2007.<br />
Obiettivi. E’ stato analizzato il fenomeno al fine di verificare se si fosse di fronte ad un evento preoccupante in<br />
termini di salute pubblica mediante un confronto nel tempo <strong>del</strong>le segnalazioni intra-ASL e in Regione<br />
Lombardia (RL) e spazialmente tra le due realtà.<br />
Metodi. Utilizzando i dati archiviati tramite il software regionale “MAINF”, nel mese di maggio 2008, sono<br />
stati considerati i casi di residenti nell’ASLMI3 e in RL registrati nel primo trimestre di ogni anno, dal 2005 al<br />
2008. Considerando la data di inizio sintomi come termine di aggregazione temporale, è stato effettuato un<br />
confronto <strong>del</strong> numero di casi di segnalazione di meningiti totali (MT), meningococciche (MM),<br />
pneumococciche (MP) e batteriche (MB) e dei tassi per 100.000 residenti con i relativi intervalli di confidenza<br />
al 95% (IC 95%), calcolati tramite l’approssimazione di Byar alla distribuzione di Poisson.<br />
Risultati. Analizzando il primo trimestre <strong>del</strong> 2008, in ASLMI3 sono stati notificati 16 casi di meningite: tale<br />
valore è quasi doppio rispetto al corrispondente periodo <strong>del</strong>l’anno precedente. Per le MM, il numero di casi nel<br />
primo trimestre 2008 è molto più alto rispetto al valore puntuale nel primo trimestre 2007 (particolarmente<br />
basso), ma è analogo ai valori <strong>del</strong> 2006 e <strong>del</strong> 2005. Dal confronto con i dati <strong>del</strong>l’intera RL (vedi tabella), si nota<br />
che il valore puntuale <strong>del</strong> tasso nel primo trimestre 2008 per le MT è quasi doppio rispetto al valore puntuale<br />
<strong>del</strong> tasso regionale, ma tale differenza non è statisticamente significativa. Tale differenza non è risultata legata<br />
ad un numero elevato di notifiche per una sottocategoria in particolare e, anche se i valori dei tassi per MM e<br />
MP sono particolarmente più alti in ASLMI3 nel primo trimestre 2008, in nessun caso si raggiungono<br />
differenze statisticamente significative rispetto ai corrispondenti tassi regionali. Rispetto agli altri anni, nei<br />
mesi invernali <strong>del</strong> 2008, i tassi nell’ASLMI3 sono spesso più alti; ciò non accade in RL.<br />
Numero di casi e tasso di segnalazioni di meningiti nel primo trimestre degli anni 2005-2008<br />
Totale casi meningite (MT)<br />
Meningite meningococcica (MM)<br />
Lombardia ASLMI3 Lombardia ASLMI3<br />
anno N Tx* IC 95% N Tx* IC 95% N Tx* IC 95% N Tx* IC 95%<br />
2005 108 1,19 (0,97 ; 1,43) 10 0,98 (0,47 ; 1,81) 50 0,55 (0,41 ; 0,72) 6 0,59 (0,22 ; 1,28)<br />
2006 81 0,89 (0,71 ; 1,11) 9 0,88 (0,40 ; 1,68) 24 0,26 (0,17 ; 0,39) 5 0,49 (0,16 ; 1,15)<br />
2007 96 1,05 (0,85 ; 1,29) 9 0,88 (0,40 ; 1,68) 19 0,21 (0,13 ; 0,33) 1 0,1 (0 ; 0,55)<br />
2008 78 0,86 (0,68 ; 1,07) 16 1,57 (0,90 ; 2,55) 20 0,22 (0,13 ; 0,34) 6 0,59 (0,22 ; 1,28)<br />
Meningite pneumococcica (MP)<br />
Meningite batterica (MB)<br />
2005 29 0,32 (0,21 ; 0,46) 2 0,2 (0,02 ; 0,71) 29 0,32 (0,21 ; 0,46) 2 0,2 (0,02 ; 0,71)<br />
2006 41 0,45 (0,32 ; 0,61) 2 0,2 (0,02 ; 0,71) 16 0,18 (0,10 ; 0,29) 2 0,2 (0,02 ; 0,71)<br />
2007 46 0,51 (0,37 ; 0,67) 4 0,39 (0,11 ; 1,01) 31 0,34 (0,23 ; 0,48) 4 0,39 (0,11 ; 1,01)<br />
2008 41 0,45 (0,32 ; 0,61) 7 0,69 (0,28 ; 1,42) 17 0,19 (0,11 ; 0,30) 3 0,29 (0,06 ; 0,86)<br />
* Tasso grezzo x 100.000 residenti<br />
Conclusioni. L’incremento complessivo dei casi di meningiti nel primo trimestre 2008 in ASLMI3 è legato<br />
soprattutto ad un aumento di notifiche di MP rispetto agli anni precedenti. La mancata significatività statistica<br />
formale ha fatto sì che si ritenesse di potere cautamente tranquillizzare relativamente all’andamento <strong>del</strong>le<br />
principali meningiti nel primo trimestre <strong>del</strong>l’anno. Tuttavia è innegabile un incremento abbastanza evidente<br />
rispetto ai confronti temporali e rispetto ai dati regionali, per cui si è deciso di monitorare nel tempo il<br />
fenomeno, anche per indagare potenziali bias di segnalazione tra ASLMI3 e RL nel suo insieme. Importante<br />
appare infine sottolineare il contributo ed il supporto che l’epidemiologia può fornire, anche nel campo <strong>del</strong>le<br />
malattie infettive, ai fini <strong>del</strong>la interpretazione dei fenomeni e per decidere interventi mirati di sanità pubblica<br />
quando siano disponibili sistemi di registrazione tempestivi e rigorosi.<br />
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Sessione poster 1: Tumori e altre malattie – 16 ottobre<br />
48-STIMA DELL’INCIDENZA DELLA TUBERCOLOSI POLMONARE IN SICILIA –<br />
ANNO 2007<br />
Cernigliaro A. 1 , Vinci D. 2 , Migliorino G. 3 , Salamone G. 4 , Mammina C. 2,5 , Vitale F. 2,5 , Dardanoni G. 1<br />
1. Dipartimento Osservatorio Epidemiologico, Assessorato Sanità, Regione Siciliana<br />
2. Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Palermo<br />
3. Direzione Sanitaria Aziendale, AUSL 7 Ragusa<br />
4. Dipartimento Ispettorato Regionale Sanitario, Assessorato Sanità, Regione Siciliana<br />
5. Dipartimento di Scienze per la promozione <strong>del</strong>la Salute -sezione di Igiene, Università degli Studi di Palermo<br />
Introduzione. La tubercolosi (TB) polmonare è una malattia respiratoria prevenibile e curabile che dalla<br />
seconda metà degli anni ottanta sta riemergendo come una <strong>del</strong>le priorità sanitarie, tanto da essere stata<br />
dichiarata dall’Organizzazione Mondiale <strong>del</strong>la Sanità “emergenza globale”, proprio per il carico sanitario,<br />
economico e sociale che la accompagna. Anche in Italia così come in altri Paesi industrializzati, negli ultimi<br />
anni, a causa <strong>del</strong>l’indebolimento dei programmi di controllo, <strong>del</strong>l’incremento dei flussi migratori e <strong>del</strong>le<br />
scadenti condizioni igienico-sanitarie dei migranti, <strong>del</strong>la diffusione di immunodeficienze primitive e secondarie<br />
e <strong>del</strong>la comparsa di ceppi multi resistenti, si è assistito ad un nuovo incremento dei casi di malattia.<br />
Obiettivi. Stimare l’incidenza <strong>del</strong>la TB polmonare in Sicilia nell’anno 2007 attraverso l’uso <strong>del</strong>le fonti<br />
informative correnti sui ricoveri ospedalieri e sulla notifica obbligatoria <strong>del</strong>le malattie infettive e valutare la<br />
sensibilità dei flussi utilizzati per l’identificazione <strong>del</strong>la malattia.<br />
Metodi. La stima dei casi incidenti di TB polmonare è stata eseguita con il metodo cattura-ricattura utilizzando<br />
un mo<strong>del</strong>lo Log lineare a doppia fonte: l’archivio regionale <strong>del</strong>le Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO)<br />
fornito dal Dipartimento Osservatorio Epidemiologico e le Schede di notifica obbligatoria <strong>del</strong>le malattie in<br />
infettive (Sistema Informatizzato Malattie Infettive - SIMI) fornite dal Dipartimento Ispettorato Sanitario.<br />
Per determinare i casi incidenti dalle SDO sono stati considerati solo i primi ricoveri dei soggetti ricoverati per<br />
TB polmonare (ICD9-CM 011.X) nell’anno 2007. Sono stati esclusi i casi nei quali la diagnosi di TB<br />
polmonare fosse in diagnosi secondaria o la cui storia di ospedalizzazione avesse presentato un precedente<br />
ricovero per TB (ICD9-CM 011.X-018.X) in diagnosi principale o secondaria a partire dal 1 gennaio 2001. Per<br />
determinare i casi incidenti dall’archivio SIMI sono state considerate soltanto le notifiche riguardanti le forme<br />
polmonari dei “nuovi casi” di TB escludendo le “recidive” e i casi attribuiti a micobatteri non tubercolari. Le<br />
due fonti informative sono state incrociate attraverso un metodo di linkage deterministico utilizzando le<br />
variabili cognome, nome, e sesso. Per entrambe le fonti utilizzate sono state valutate la sensibilità osservata e<br />
quella stimata.<br />
Risultati. Nell’anno 2007 in Sicilia sono stati osservati 319 nuovi casi di ricovero per TB polmonare e<br />
notificati 95 nuovi casi attraverso il SIMI. Il numero totale di casi incidenti rilevati utilizzando entrambi i flussi<br />
informativi è stato pari a 357, con un tasso grezzo di 7,5 per 100.000 abitanti. Stimando il numero di<br />
osservazioni mancate attraverso le due fonti il numero di casi di TB polmonare totale è pari a 531,7 (IC 95%<br />
470,9-625,0) con un tasso grezzo stimato <strong>del</strong> 10,6 (IC 95% 9,4 – 12,5) per 100.000 abitanti. La sensibilità<br />
osservata per le due fonti è pari al 89% per le SDO e al 27% per il SIMI, mentre la sensibilità stimata è pari al<br />
59% per le SDO e al 18% per il SIMI.<br />
Conclusioni. Attraverso l’uso dei flussi informativi correnti è possibile monitorare il carico di malattia<br />
tubercolare in Sicilia. Inoltre integrando le due diverse fonti è stato possibile stimare la sottonotifica <strong>del</strong>la TB<br />
polmonare rilevando un tasso di incidenza appena superiore all’atteso stimato per l’Italia (8 per 100.000<br />
abitanti). Ai fini di una più efficace strategia di prevenzione <strong>del</strong>la diffusione <strong>del</strong>la malattia attraverso la<br />
riduzione <strong>del</strong>la trasmissione <strong>del</strong>l’infezione sarebbe opportuno produrre <strong>del</strong>le stime specifiche per i sottogruppi<br />
di popolazione a rischio e perfezionare il sistema di rilevazione dei casi attraverso la riduzione <strong>del</strong>le<br />
sottonotifiche ed il miglioramento <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>la compilazione dei dati riportati sulle SDO e sulle schede<br />
<strong>del</strong> SIMI.<br />
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Sessione poster 1: Tumori e altre malattie – 16 ottobre<br />
49-STUDIO EPIDEMIOLOGICO DEI TUMORI NELLA PROVINCIA DI RIETI<br />
De Matteis G., Beccarini A., Giglioni G., Paolucci R., Franceschi Fortuna G.<br />
UOC Statistica Sanitaria e Determinanti <strong>del</strong>la Salute <strong>del</strong>la ASL di Rieti<br />
Introduzione. Le patologie tumorali rivestono un ruolo importante nella programmazione nazionale e<br />
regionale che invita le Aziende Sanitarie ed Ospedaliere ad intervenire in termini di prevenzione e assistenza<br />
appropriata relativamente a queste patologie di grande interesse epidemiologico, di impatto economico sul SSN<br />
e di impatto sociale.<br />
Obiettivi. In questo lavoro è stato affrontato lo studio <strong>del</strong>la diffusione <strong>del</strong>la patologia oncologica nella<br />
popolazione <strong>del</strong>la Provincia di Rieti per fornire alla Direzione <strong>del</strong>la ASL di Rieti uno strumento atto a definire<br />
la migliore strategia in questo settore <strong>del</strong>la prevenzione.<br />
Metodi. Lo studio è stato condotto con metodologia statistico-epidemiologica di tipo descrittivo. Le<br />
informazioni utilizzate sono quelle ricavabili dai flussi informativi amministrativi aziendali dei ricoveri<br />
ospedalieri, <strong>del</strong>le prestazioni specialistiche ambulatoriali, dei deceduti per causa e degli esenti per patologia. E’<br />
stata utilizzata la tecnica <strong>del</strong>l’integrazione dei flussi informativi. Il periodo di riferimento è il triennio 2003-<br />
2005. L’individuazione dei decessi per neoplasia maligna è avvenuta cercando nel campo “causa di morte” i<br />
codici <strong>del</strong>la classificazione ICD9-CM, collegabili ai tumori. Per i ricoveri la selezione è stata effettuata<br />
cercando nei campi “diagnosi principale”, “diagnosi secondarie”, “interventi” e “procedure” i codici ICD9-CM<br />
collegabili ai tumori. Sono stati calcolati i tassi di ospedalizzazione (sui ricoverati, solo diagnosi principale) e<br />
di mortalità, grezzi e standardizzati e gli intervalli di confidenza (IC) al 95%.<br />
Risultati. Nel triennio 2003-2005 nella Provincia di Rieti sono deceduti per tumore maligno 1.202 residenti,<br />
pari al 24,4% <strong>del</strong> totale (697 maschi e 505 femmine). Il tasso grezzo di mortalità per tumore nei maschi è 315,0<br />
(per 100.000, tutte le età), quello standardizzato è 190,3 (IC al 95% 164,5-216,0). Il tasso grezzo di mortalità<br />
per tumore nelle femmine è 217,0, quello standardizzato è 101,0 (IC al 95% 83,4-118,5). Rispetto alla<br />
mortalità proporzionale per tipo di tumore, nei maschi il tumore di bronchi-polmone è al primo posto (22,0% di<br />
tutti i tumori), seguito dai tumori <strong>del</strong> colon-retto (10,9%), prostata (10,9%) e stomaco (9,3%); nelle femmine il<br />
tumore <strong>del</strong> colon-retto è al primo posto (18,6% di tutti i tumori), seguito dai tumori <strong>del</strong>la mammella (12,9%),<br />
bronchi-polmone (8,5%) e stomaco (8,1%).I ricoveri per tumore maligno dei residenti in Provincia sono 9.683<br />
(8,2% <strong>del</strong> totale), di cui il 49,5% avviene in strutture ubicate fuori Provincia. Per i ricoveri in mobilità passiva è<br />
stata analizzata l’associazione tra distretto ASL di residenza e regione di ubicazione <strong>del</strong>la struttura di ricovero,<br />
utilizzando l’indice C aggiustato di Sakoda, risultato pari a 0,65. Tale valore conferma l’esistenza di un legame<br />
tra i due caratteri e l’importanza, quindi, <strong>del</strong>la contiguità geografica <strong>del</strong>la residenza <strong>del</strong> paziente con aree ove<br />
sono presenti strutture di forte attrazione (mobilità sanitaria di confine). Il tasso di ospedalizzazione grezzo per<br />
tumore è 89,0 (per 10.000, tutte le età). Nel 2005 in Provincia si rilevano 2.584 residenti esenti per tumore.<br />
Rispetto alle prestazioni specialistiche ambulatoriali nel triennio 2003-2005 sono state erogate 5.919 visite<br />
oncologiche di controllo a 1.438 residenti.<br />
Rispetto ai principali tipi di tumore si rileva:<br />
Tipo di tumore<br />
Tasso grezzo di<br />
ospedalizzazione<br />
Tasso grezzo di<br />
mortalità<br />
Tasso standardizzato di<br />
mortalità<br />
IC al 95%<br />
Prostata 10,0 34,0 18,0 10,7-25,3<br />
Mammella 10,0 28,0 17,5 9,3-25,6<br />
Bronchi-polmone 3,0 43,0 23,4 17,3-29,5<br />
Colon-retto 6,0 23,0 11,9 7,6-16,2<br />
Stomaco 2,0 23,0 11,3 7,2-15,4<br />
Conclusioni. I risultati <strong>del</strong>lo studio hanno condotto la Direzione Aziendale ad importanti scelte strategiche. In<br />
particolare, è stata implementata l’attività di screening per la prevenzione di alcuni importanti tumori (<strong>del</strong><br />
colon retto e tumori femminili), già in corso da tempo su indicazione <strong>del</strong>la Regione Lazio; è in atto un<br />
crescente ricorso a percorsi clinico-organizzativi multidisciplinari, per mammella ed apparato gastrointestinale,<br />
con sviluppo <strong>del</strong> Dipartimento Oncologico e <strong>del</strong>la Unità di Radioterapia.<br />
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Sessione poster 1: Tumori e altre malattie – 16 ottobre<br />
50-LA DIAGNOSI PRECOCE DEL TUMORE DEL COLONRETTO IN EMILIA-<br />
ROMAGNA: UNA FOTOGRAFIA DAL SISTEMA DI SORVEGLIANZA PASSI<br />
Del Giovane C 1 , Bolognesi L 1 , Carrozzi G 1 , Bertozzi N 2 , Finarelli AC 3 , Angelini P 3 , Mattivi A 3 , De Girolamo G 1 ,<br />
Goldoni CA 1 , Ferrante G 4 , Minardi V 4 , Baldissera S 4 , Binkin N 4<br />
1 Dipartimento di Sanità Pubblica, AUSL Modena 2 Dipartimento di Sanità Pubblica AUSL Cesena per Gruppo<br />
di lavoro regionale PASSI, 3 Direzione Generale Sanità e Politiche sociali Regione Emilia-Romagna, 4 CNESPS,<br />
Istituto Superiore di Sanità, Roma per Gruppo Tecnico nazionale<br />
Introduzione. Le neoplasie <strong>del</strong> colonretto causano in Emilia-Romagna circa 4.200 casi/anno e 1.600 decessi.<br />
Le linee guida internazionali suggeriscono l’effettuazione periodica <strong>del</strong>la ricerca <strong>del</strong> sangue occulto fecale<br />
(SOF) o <strong>del</strong>la rettosigmoidoscopia proposta una volta nella vita attorno ai 60 anni. Dal marzo 2005 in Emilia-<br />
Romagna è attivo un programma di diagnosi precoce che prevede lo screening mediante SOF nelle persone<br />
nella fascia 50-69 anni e che promuove l'esecuzione di una la colonscopia per le persone di 70-74 anni che non<br />
l’abbiano eseguita nei dieci anni precedenti. Sulla base dei dati <strong>del</strong> programma regionale nel 2006 l’adesione è<br />
risultata <strong>del</strong> 50%. La sorveglianza PASSI, avviata nel 2007 e gli studi PASSI 2005/2006 hanno consentito di<br />
esaminare il biennio di avvio <strong>del</strong> programma di screening regionale.<br />
Obiettivi. Stimare la prevalenza di residenti in Emilia-Romagna di 50-69 anni che riferiscono l’effettuazione<br />
<strong>del</strong> SOF nei tempi raccomandati; valutare fattori associati all’effettuazione <strong>del</strong>l’esame, prestando attenzione<br />
alle strategie di promozione (lettera di invito, consiglio sanitario, campagna informativa) e ai principali motivi<br />
<strong>del</strong>la non adesione.<br />
Metodi. Sono stati utilizzati i dati <strong>del</strong>la sorveglianza PASSI (aprile07-giugno08) e dei precedenti studi PASSI<br />
2005/2006. La sorveglianza prevede interviste telefoniche mensili (realizzate da personale <strong>del</strong>le ASL,<br />
appositamente formato, mediante un questionario standardizzato) a residenti di 18-69 anni, estratti dalle liste<br />
anagrafiche con campionamento casuale stratificato per sesso ed età. In Emilia-Romagna sono state raccolte<br />
oltre 7.000 interviste complete; studi e sorveglianza sono stati caratterizzati da un alto tasso di risposta e pochi<br />
rifiuti (rispettivamente >85% e 45%). I dati <strong>del</strong> PASSI confermano l’efficacia dei programmi di screening<br />
organizzati, in quanto l’adesione è maggiore nelle persone che hanno ricevuto lettera d’invito e/o consiglio<br />
sanitario e sentito/visto campagne informative, elementi caratteristici dei programmi di screening organizzati.<br />
Trattandosi <strong>del</strong> primo round, è presente un ampio margine di miglioramento per quanto riguarda i consigli degli<br />
operatori sanitari all’effettuazione <strong>del</strong>l’esame, ancora basso rispetto agli altri programmi di screening regionali<br />
attivi.<br />
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51-LA MORTALITÀ PER TUMORE AL POLMONE E PER MALATTIE<br />
DELL’APPARATO RESPIRATORIO IN PROVINCIA DI LODI<br />
Ferretti VV 1 , Ariano E 2, Marazza G 2 , Orsini F 1 , Ponzio M 3 , Silvestri MG 2 , Villani S 1<br />
1 Dip. Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomp., Sez.<strong>Epidemiologia</strong> e Statistica Medica, Università degli Studi<br />
di Pavia, 2 ASL Lodi – Dipartimento di Prevenzione, 3Facoltà di Medicina, Università degli Studi di Pavia<br />
Introduzione. Un sistema di sorveglianza basato sugli indicatori di mortalità consente di individuare variazioni (sia temporali che spaziali)<br />
consentendo di verificare l’esistenza di possibili fonti di rischio (ambientale o di stile di vita). L’analisi <strong>del</strong>la distribuzione spaziale <strong>del</strong>le<br />
malattie è un classico strumento di indagine epidemiologica che fornisce utili suggerimenti per pianificare studi epidemiologici analitici.<br />
Obiettivi. Analizzare l’andamento e la distribuzione <strong>del</strong>la mortalità per le patologie <strong>del</strong>l’apparato respiratorio nella<br />
provincia di Lodi, al fine di evidenziare aree particolarmente problematiche in cui attuare interventi ad hoc.<br />
Metodi. Sono stati determinati i trend temporali di mortalità causa-specifici per le malattie <strong>del</strong>l’apparato respiratorio (tumore al polmone e<br />
malattie respiratorie) nella provincia di Lodi nel periodo 1999-2005, utilizzando i tassi standardizzati diretti (10,000 abitanti) per età e<br />
sesso e come popolazione di riferimento quella <strong>Italiana</strong> al censimento 1991. È stato determinato il cambiamento percentuale (PC) fra la<br />
media dei tassi standardizzati degli ultimi due e quella dei primi due anni <strong>del</strong> periodo preso in esame ed è stato stimato il cambiamento<br />
percentuale annuale (EAPC) (http://www.cspo.it). Per il 1999 e per il 2005 sono state costruite le mappe <strong>del</strong>la distribuzione geografica di<br />
mortalità (causa e sesso specifiche), utilizzando un approccio Bayesiano (Lawson, 2003) che consente di produrre tassi area specifici<br />
smussati: la minima unità di analisi è stata il comune. La significatività statistica <strong>del</strong>la distribuzione geografica è stata valutata mediante<br />
confronto con la mappa <strong>del</strong>le probabilità a posteriori (Bernardinelli, 1994).<br />
Risultati. La mortalità per tumore al polmone nei maschi (in media quattro<br />
volte più alto che nelle femmine) presenta un andamento irregolare. Dopo una<br />
diminuzione, sebbene non significativa, nel triennio 2000-2002 (EACP=-12%;<br />
p=0.23) i tassi aumentano lievemente nel 2003 per poi decrescere nuovamente.<br />
Nelle femmine, il tasso di mortalità è sostanzialmente stabile. L’analisi spaziale ha<br />
confermato il miglioramento per entrambi i sessi. Precisamente nel 1999 nei<br />
comuni più vicini all’area milanese la mortalità è risultata con ragionevole certezza<br />
inferiore a quella mediana provinciale per gli uomini (Figura 1-a). Al contrario,<br />
nella zona meridionale <strong>del</strong>la provincia si sono registrati valori più elevati di<br />
mortalità, sebbene non sia stato possibile fornire una conferma statistica. Tale<br />
distribuzione per gli uomini è rimasta la stessa nel 2005, ma con valori di tasso<br />
inferiori (Figura 1-b). Nelle donne si è evidenziata una distribuzione di mortalità<br />
opposta a quella riscontrata nei maschi (Figura 2-a), con una zona a medio-alto<br />
rischio nella parte Settentrionale. Nel 2005 è emerso un leggero miglioramento in<br />
tutti i comuni (Figura 2-b). Per entrambi gli anni non è stato, però, possibile<br />
fornire una conferma statistica. La mortalità per malattie respiratorie è superiore<br />
nei maschi rispetto alle femmine nel triennio 1999-2001, mentre in quello<br />
successivo raggiunge livelli considerevoli anche nelle femmine. Per i maschi si è<br />
registrato un PC di quasi -17% e un EAPC relativo al triennio 2000-2002 pari a -<br />
10.6% (p=0.08). Per le femmine si registra, invece, un saldo positivo nel<br />
cambiamento percentuale (PC=+8%). Va evidenziato che dal 2002 si stima un<br />
EACP di -10.58% (p=0.094). L’analisi spaziale ha confermato la riduzione di<br />
mortalità per gli uomini e l’aumento nelle donne. In particolare, nel 1999 per gli<br />
uomini si è riscontrato un trend di mortalità decrescente allontanandosi dal<br />
milanese (Figura 3-a) mentre nel 2005 si è verificata un’inversione di tale trend.<br />
Conclusioni. Per le malattie legate all’apparato respiratorio si è riscontrata la<br />
presenza di cluster a maggior mortalità per entrambi i sessi nella parte<br />
meridionale <strong>del</strong> Lodigiano. Questo eccesso di rischio è difficilmente spiegabile<br />
dal momento che nella zona non ci sono grossi insediamenti industriali pertanto è<br />
stato avviato uno studio epidemiologico trasversale per indagare possibili fattori<br />
di rischio.<br />
Fig. 1 – Mortalità per tumore al polmone<br />
negli uomini nel 1999 (mappa a) e nel 2005 (mappa b)<br />
Fig. 2 – Mortalità per tumore al polmone nelle<br />
donne nel 1999 (mappa a) e nel 2005 (mappa b)<br />
Bibliografia<br />
Bernardinelli L, et al. 1994; Lawson AB, et al. 2003; http://www.cspo.it<br />
Fig. 3 – Mortalità per malattie respiratorie negli uomini<br />
nel 1999 (mappa a) e nel 2005 (mappa b) dal milanese<br />
(Figura 3-a) mentre nel 2005 si è verificata un’inversione<br />
di tale trend.<br />
[Il testo e/o le figure sono state ridotte perché debordanti dal formato previsto per gli abstract]<br />
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Sessione poster 1: Tumori e altre malattie – 16 ottobre<br />
52-MORTALITA’ PER TUMORI IN ITALIA, DAL 1970 AL 2002<br />
Malvezzi M 1,2 , Bosetti C 1 , Negri E 1 , La Vecchia C 1,2 , Decarli A 2<br />
1 Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, Via Giuseppe La Masa 19, 20156 Milano, Italia.<br />
2 Istituto di Statistica Medica e Biometria “G.A. Maccacaro”, Università degli Studi di Milano, Via Vanzetti 4,<br />
20133 Milano, Italia.<br />
Introduzione. Questo lavoro di epidemiologia descrittiva mostra l’andamento temporale dei tassi di mortalità<br />
di 30 siti tumorali dal 1970 al 2002 in Italia e analizzati mediante la regressione joinpoint. Gli andamenti sono<br />
stati favorevoli in entrambi i sessi dagli anni 80, fenomeno principalmente dovuto ai tassi positivi di alcuni<br />
grandi siti tumorali quali: lo stomaco, l’intestino e il polmone nei maschi. Inoltre nella mortalità maschile<br />
hanno contribuito al miglioramento dei trend anche altri tumori legati al fumo come quelli alla laringe, orofaringe,<br />
esofago e alla vescica. Oltre a questi, vi sono altri tumori che hanno avuto andamenti positivi per il<br />
miglioramento o l’introduzione di nuove terapie e miglioramenti diagnostici tra questi vi sono i tumori<br />
all’utero, testicolo, colon-retto, mammella, prostata, i linfomi di Hodgkin e le leucemie.<br />
Obiettivi. L’obbiettivo di questo lavoro e di fornire una visione d’insieme aggiornata con gli ultimi dati<br />
disponibili dall’ Organizzazione Mondiale <strong>del</strong>la Sanità (OMS) degli andamenti di mortalità per tumore in Italia<br />
e di fornirne una sintesi tramite la regressione joinpoint.<br />
Metodi. Dai dati di mortalità e popolazione <strong>del</strong>l’ OMS stratificati per quinquenni d’età e per sesso sono stati<br />
calcolati i tassi di mortalità standardizzati (popolazione mondiale e troncata 35-64 anni) per gli anni dal 1970 al<br />
2002. Questi sono poi stati analizzati con una regressione joinpoint a linee spezzate per mettere in evidenza<br />
andamenti temporali significativi.<br />
Risultati. Nel 2002 ci sono stati 163.070 decessi per tumore di 93.398 uomini e 69.672 donne. La mortalità nei<br />
maschi è andata aumentando fino al 1988 e da li in poi ha avuto un calo annuale <strong>del</strong>l’ 1,4%.<br />
La causa prima di mortalità per tumore nei maschi è il cancro al polmone che è responsabile <strong>del</strong> 28% <strong>del</strong>la<br />
mortalità maschile per tumore. L’inversione di tendenza per la mortalità nel tumore al polmone è avvenuta<br />
attorno alla fine degli anni 80 dopo il quale c’è stato un miglioramento annuale <strong>del</strong>l’ 1,26% (Cambiamento<br />
Percentuale Annuo Stimato CPAS) dal 1989 al 1993 e un CPAS di -2,32 dal 1993 al 2002. Questo<br />
miglioramento è stato la causa trascinante <strong>del</strong>la diminuzione dei tassi di mortalità per tumore totale nei maschi<br />
ed è principalmente dovuta al cambiamento di prevalenza <strong>del</strong> fumo nei maschi Italiani.<br />
Anche gli andamenti di mortalità per tumore nelle donne sono stati favorevoli con un calo annuo globale <strong>del</strong><br />
1,1%dal 1992. Le cause di mortalità per tumore nelle donne sono state il tumore alla mammella e il colon-retto<br />
con il 16% e il 14% percento <strong>del</strong>la mortalità per tumore nel 2002. Entrambe le cause hanno mostrato andamenti<br />
in discesa dall’inizio degli anni 90 il tumore al seno un CPAS di -1,80 dal 1992 e il colon retto un CPAS di -<br />
1,51 dal 1993. E’stato invece sfavorevole l’andamento nel tumore al polmone nelle donne che è in aumento dal<br />
1987 con CPAS di 0,82 dovuto all’aumento nel fumo femminile dagli anni settanta.<br />
Conclusioni. Negli ultimi anni mortalità per i tumori più comuni ha mostrato degli andamenti favorevoli il cui<br />
mantenimento richiede una strategia integrata di prevenzione e riduzione nei consumi di tabacco (in particolare<br />
nelle donne) ed alcol, la diffusione di un’alimentazione e una dieta corretti ed infine <strong>del</strong>’ applicazione e<br />
continuo miglioramento <strong>del</strong>le terapie e dei trattamenti assieme alla diagnosi precoce e allo screening.<br />
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53-STUDIO EPIDEMIOLOGICO DI POPOLAZIONE SUL BISOGNO SOCIO-<br />
ASSISTENZIALE DEGLI ANZIANI IN TOSCANA: PROPOSTA DI UN PROTOCOLLO<br />
Marini M 1 , Razzanelli M 2 , Francesconi P 2<br />
1 U.O. Geriatria ASL3 Pistoia, 2 Agenzia Regionale di Sanità <strong>del</strong>la Toscana (ARS)<br />
Introduzione. La non autosufficienza degli anziani si configura come un problema complesso, da affrontare<br />
secondo una prospettiva multidisciplinare, sia dal punto di vista valutativo che sul fronte degli interventi<br />
assistenziali da attivare. Il bisogno assistenziale socio-sanitario <strong>del</strong>l’anziano può essere molto diverso in base al<br />
tipo di disabilità e al contesto socio-ambientale di vita. Ad oggi è possibile, grazie ad informazioni provenienti<br />
da indagini campionarie, stimare la prevalenza degli anziani non autosufficienti nelle <strong>Atti</strong>vità di Base <strong>del</strong>la Vita<br />
Quotidiana. Non disponiamo invece di dati riguardanti l’entità e la distribuzione <strong>del</strong> bisogno socio-assistenziale<br />
adeguati per una appropriata programmazione dei servizi. Questo studio nasce dunque dalla necessità di<br />
colmare questa lacuna in un momento in cui si rende necessario fare una stima, a livello regionale, <strong>del</strong>le risorse<br />
necessarie per coprire i livelli essenziali di assistenza socio-sanitaria<br />
Obiettivi e disegno <strong>del</strong>lo studio. Lo studio è uno studio epidemiologico osservazionale trasversale (crosssectional<br />
study), condotto con l’obiettivo primario di definire, mediante valutazione multidimensionale, il<br />
bisogno assistenziale socio-sanitario <strong>del</strong>le persone anziane nella Regione Toscana Gli obiettivi da raggiungere<br />
attraverso lo studio <strong>del</strong>l’intero campione possono essere così sintetizzati:<br />
1. stimare il bisogno socio-assistenziale;<br />
2. descrivere la popolazione per condizioni socio-anagrafiche ed economiche;<br />
3. stimare la presenza di fragilità;<br />
4. stimare il numero di soggetti residenti in RSA o in lista d’attesa<br />
Popolazione di studio e campionamento. La popolazione di studio sarà costituita dalla popolazione anziana<br />
ultrasessantacinquenne, residente e domiciliata nel territorio regionale Toscano. Lo studio sarà condotto su un<br />
campione random stratificato <strong>del</strong>la popolazione di studio, e le classi di età degli ultrasettantacinquenni e,<br />
maggiormente, degli ultraottantacinquenni saranno sovracampionati, data la maggior prevalenza di non<br />
autosufficienza in questa fascia di popolazione. Il campione verrà estratto dalla lista completa <strong>del</strong>l’anagrafe<br />
sanitaria dei residenti nelle ASL.<br />
Modalità raccolta dati. Le informazioni saranno raccolte al domicilio <strong>del</strong> paziente tramite intervista strutturata<br />
e somministrazione di scale di valutazione. Nel caso l’individuo selezionato non fosse in grado di rispondere<br />
direttamente all’intervista, questa sarà sottoposta al familiare o alla persona che si prende cura <strong>del</strong>l’anziano.<br />
Strumenti Raccolta dati. E’ stata strutturati una scheda di raccolta che contiene:<br />
1. Generalità <strong>del</strong> paziente (iniziali <strong>del</strong> paziente, sesso, data di nascita);<br />
2. Dati sulla rete sociale (con chi vive)<br />
3. Valutazione <strong>del</strong>la autonomia nelle attività strumentali <strong>del</strong>la vita quotidiana (IADL)<br />
4. Valutazione <strong>del</strong>la autonomia nelle attività <strong>del</strong>la vita quotidiana (MDS – ADL – long form)<br />
5. Valutazione dei Disturbi <strong>del</strong>l’umore (MDS – Disturbi <strong>del</strong>l’umore)<br />
6. Valutazione dei Disturbi <strong>del</strong> comportamento (MDS – Disturbi <strong>del</strong> comportamento)<br />
7. Valutazione <strong>del</strong> carico assistenziale <strong>del</strong> care-giver (Care Giver Burden Inventory)<br />
8. Valutazione <strong>del</strong>la Fragilità (Sherbrooke 1)<br />
9. Valutazione <strong>del</strong>lo stato cognitivo (Test di Pfiffer)<br />
Etica e privacy. Il protocollo di studio prevede che qualora durante i colloqui siano rilevate condizioni di<br />
bisogno non soddisfatto in ambito socio-sanitario o/e condizione di rischio di disabilità, il caso verrà segnalato,<br />
previo consenso <strong>del</strong>l’interessato, al MMG che, se ritenuto opportuno, procederà alla segnalazione al Punto<br />
Unico di Accesso. I dati saranno trattati nel rispetto dei principi e <strong>del</strong>le disposizioni, di cui al d.lgs 30 giugno<br />
2003, n. 196, nonché nel rispetto dei codici di deontologia e di buona condotta.<br />
Cronogramma. Sono previste varie fasi (definizione protocollo, formazione e arruolamento intervistatori,<br />
raccolta e registrazione dati, analisi, rapporto di ricerca); l’inizio dei lavori è previsto per il mese di Giugno<br />
2008 e la conclusione per Dicembre 2008.<br />
Bibliografia<br />
Pasqua A, Francesconi P, Bandinelli S., Lauretani F., Salvioni A., Pecchioli A., Buiatti E “Un semplice questionario per<br />
l’identificazione degli anziani ad alto rischio di declino funzionale: Studio INCHIANTI”; 141<br />
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54-TREND TEMPORALE E SPAZIALE DELLA MORTALITA’ PER TUMORI DEL<br />
COLON-RETTO, DELLA MAMMELLA E DELL’UTERO. PERIODO 1994/2005. AZIENDA<br />
ULSS 6 VICENZA VARIAZIONI % 1994/1997 – 2002/2005<br />
Pacchin M.<br />
Ufficio di Valutazione Epidemiologica. Ulss 6 Vicenza.<br />
Obiettivi. Valutare l’andamento <strong>del</strong>la mortalità per tumori <strong>del</strong> colon-retto, <strong>del</strong>la mammella e <strong>del</strong>l’utero nel<br />
periodo 1994 -2005 nell’Ulss 6 Vicenza e nei Distretti e le variazioni % nei quadrienni 1994 -1997 – 2002 -<br />
2005. Fornire una base di dati per il monitoraggio e per attivare interventi di prevenzione.<br />
Metodi. Le cause di morte sono codificate secondo la classificazione ICD-9. Sono stati calcolati i tassi medi di<br />
mortalità /100mila abitanti nel periodo e nei quadrienni per genere e le variazioni % 1994-1997 – 2002-2005<br />
nell’Ulss e nei 5 Distretti. Per confrontare le variazioni % nei periodi sono stati calcolati il rapporto tra tassi di<br />
mortalità (SMR), l’intervallo di confidenza al 95% dei casi osservati e la significatività statistica con il test chi<br />
quadro (p=0.05).<br />
Popolazione Ulss: Maschi 138.193; Femmine 145.322.<br />
Distretto Vicenza: M 50.439, F 57.362; Distretto Est: M 32.082, F 32.736; Distretto Ovest: M 25.079, F<br />
25.179; Distretto Sud: M 17.672, F 17.844; Distretto Sud-Est M 11.723, F 12.201.<br />
Risultati.<br />
Mortalità per tumore <strong>del</strong> colon-retto, per genere (cod. 153-154)<br />
Nel periodo 1994/2005 sono deceduti per tumore <strong>del</strong> colon-retto 506 maschi (30.5/100mila) e 442 femmine<br />
(25.3/100mila). Aumenta <strong>del</strong> 13% il tasso medio di mortalità tra il 1994/1997 e 2002/2005 sia tra i maschi<br />
(159; 28.8/100mila vs 181; 32.7/100mila) SMR 1.14, p
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55-I CONSUMI DI ANTIGENE PROSTATICO SPECIFICO E IL CONTESTO<br />
EPIDEMIOLOGICO DEL CANCRO DELLA PROSTATA NELLA POPOLAZIONE<br />
DELL’ASL DELLA PROVINCIA DI VARESE<br />
Pisani S ¹ , Gambino M¹, Prandini MB¹, Tagliabue G², Contiero P², Piotti D¹, Soma R¹, Bonarrigo D¹<br />
¹Dipartimento Programmazione Acquisto e Controllo - ASL <strong>del</strong>la Provincia di Varese, ²Registro Tumori<br />
Lombardia – Istituto Nazionale Tumori di Milano<br />
Introduzione. Il cancro <strong>del</strong>la prostata oggi in Italia è il tumore più frequente degli uomini. L’epidemiologia di<br />
questa malattia è mutata in virtù dei cambiamenti <strong>del</strong>la diagnostica, senza chiari segnali di efficacia <strong>del</strong>la<br />
diagnosi precoce.<br />
Obiettivi. Nell’incertezza <strong>del</strong>la linea da seguire nell’ambito <strong>del</strong>la diagnosi precoce <strong>del</strong> cancro <strong>del</strong>la prostata in<br />
sanità pubblica, si ritiene utile registrare ciò che è accaduto nella storia naturale <strong>del</strong>la malattia (in termini di<br />
incidenza, ospedalizzazione, mortalità) in funzione dei consumi di Antigene Prostatico Specifico (PSA) nella<br />
popolazione maschile <strong>del</strong>l’ASL <strong>del</strong>la Provincia di Varese (circa 416000 residenti nel 2007). Se da un lato<br />
l’intento descrittivo priva <strong>del</strong>la possibilità di chiare relazioni di causa-effetto, dall’altro l’approccio sull’intera<br />
popolazione induce alla riflessione sulle politiche attuate o non attuate di governo clinico di questa patologia.<br />
Metodi. Per l’incidenza si sono considerati i tassi specifici negli anziani ( 65 anni) e nei non anziani degli<br />
anni 1990-2001, gli ultimi disponibili <strong>del</strong> Registro Tumori Lombardia, a partire dalla diffusione clinica <strong>del</strong><br />
PSA. Per i ricoveri si sono selezionati, dal database lombardo sulle schede di dimissione ospedaliera, quelli con<br />
diagnosi principale di tumore maligno <strong>del</strong>la prostata (codice. ICD9 185) dal 1997 al 2007; per lo stesso<br />
periodo, si sono selezionati i ricoveri con intervento principale di prostatectomia radicale (codice 605). Dal<br />
Registro di Mortalità <strong>del</strong>l’ASL sono stati selezionati i decessi per tumore <strong>del</strong>la prostata, dal 1997 al 2006.<br />
Infine dal datawarehouse aziendale, contenente il database <strong>del</strong>le prestazioni specialistiche (circ. 28/SAN/1996 e<br />
successive modifiche), sono state estratte le prestazioni di PSA (codice 90565) dal 2002 al 2007, per verificare<br />
i tassi di consumo nella popolazione anziana e non. Per il calcolo dei tassi si è usata la popolazione ISTAT<br />
<strong>del</strong>la provincia di Varese relativa all’anno d’osservazione.<br />
Risultati. Tra il 1990 e il 2001, il tasso d’incidenza per cancro <strong>del</strong>la prostata è cresciuto 3,4 volte, passando da<br />
44,3 a 149,4 per 100000; se si considerano i soggetti non anziani, l’aumento registrato è addirittura di 4,5 volte.<br />
Tra il 1997 e il 2007 il tasso di ricovero per tumore <strong>del</strong>la prostata risulta stabile complessivamente (-2%), con il<br />
picco più alto nel 2003, mentre sotto i 65 anni si registra un aumento <strong>del</strong> 44,3%. Nello stesso periodo, il tasso<br />
di prostatectomia radicale aumenta 2,8 volte, e sotto i 65 anni addirittura 3,5 volte. La mortalità, nel medesimo<br />
periodo, si riduce <strong>del</strong> 7,7% passando da 26,3 a 24,3 per 100000, e sotto i 65 anni aumenta 1,5 volte. Il tasso di<br />
consumo di PSA è passato da 131 per 1000 <strong>del</strong> 2002 a 193,9 <strong>del</strong> 2007, con un aumento in 5 anni <strong>del</strong> 48%, e un<br />
costo complessivo passato da 556 a 962 migliaia di €; nel 2007 sono richiesti 66 test di PSA ogni 100 anziani.<br />
Se tra il 2002 e il 2007 si confronta il tasso di consumo di PSA con quello di ricovero per prostatectomia e di<br />
mortalità per cancro <strong>del</strong>la prostata, si rileva che contemporaneamente all’aumento <strong>del</strong>l’utilizzo <strong>del</strong> PSA<br />
diminuiscono i tassi di prostatectomia, mentre la mortalità appare stabile.<br />
Conclusioni. La diffusione <strong>del</strong>l’uso di PSA ha raggiunto livelli propri di uno screening di popolazione, benché<br />
nessuna autorità sanitaria raccomandi lo screening come prassi diffusa. L’effetto osservato nella popolazione<br />
<strong>del</strong>l’ASL <strong>del</strong>la Provincia di Varese è che il tasso di ricovero non aumenta, mentre praticamente si triplica il<br />
tasso di incidenza e di prostatectomia radicale (e cresce ancor di più nella popolazione non anziana), e la<br />
mortalità non mostra apprezzabili segni di riduzione. Quello <strong>del</strong> cancro <strong>del</strong>la prostata è un esempio<br />
emblematico di come la libertà di scelta <strong>del</strong>la strategia clinica migliore per i propri pazienti lasciata al singolo<br />
medico si discosti da quanto suggerito dalle attuali evidenze scientifiche.<br />
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56-INFEZIONE DA CHLAMYDIA TRACHOMATIS IN DONNE GRAVIDE E<br />
OPPORTUNITA’ DELLO SCREENING<br />
Regine V 1 , Latino MA 2 , Salfa MC 1 , De Maria D 2 , Rosso C 2 , Camoni L 1 , Raimondo M 1 , Suligoi B 1<br />
1 Centro Operativo AIDS, Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate, Istituto Superiore<br />
di Sanità, Roma, 2 S.S. Dip.Batteriologia, ASO O.I.R.M.- Sant’Anna, Torino<br />
Introduzione. L'infezione genitale da Chlamydia trachomatis (Ct) è, nella donna, una condizione asintomatica<br />
nel 75% dei casi. Nella donna un’infezione non trattata può condurre, in circa il 40% dei casi, allo sviluppo<br />
<strong>del</strong>la Malattia Infiammatoria Pelvica (MIP), che a sua volta può provocare gravidanze extrauterine ed<br />
infertilità. In gravidanza l’infezione può comportare gravi sequele sia per la donna (rottura prematura <strong>del</strong>le<br />
membrane, parto pretermine, endometrite post-partum), che per il nascituro (basso peso alla nascita, infezioni<br />
neonatali, morte).<br />
Obiettivi.Stimare la prevalenza e determinare i fattori di rischio associati all’acquisizione <strong>del</strong>l’infezione da Ct.<br />
Valutare il beneficio monetario derivante dall’attuazione di una strategia preventiva basata sullo screening in<br />
gravidanza.<br />
Metodi. La popolazione in studio è costituita da donne gravide di età 15-45 anni, che accedono per la prima<br />
volta al Centro Diagnosi Infezioni Sessualmente Trasmesse <strong>del</strong>l’Ospedale Sant’Anna di Torino, nel periodo<br />
compreso tra gennaio 2002 e dicembre 2005. Per la ricerca <strong>del</strong>la Ct è stato usato un test di amplificazione degli<br />
acidi nucleici (Ligase Chain Reaction) su campione endocervicale. La prevalenza di Ct è stata calcolata come<br />
rapporto tra i casi positivi alla Ct e il totale <strong>del</strong>le donne testate. I fattori di rischio associati all’infezione da Ct<br />
sono stati valutati attraverso il calcolo di odds ratio grezzi; quelli significativamente associati sono stati corretti<br />
attraverso un mo<strong>del</strong>lo logistico. E’ stato calcolato il costo monetario annuale derivante dall’attuazione di uno<br />
screening per Ct in donne gravide includendo i costi <strong>del</strong>la terapia per le donne risultate positive, e si è<br />
successivamente calcolato il beneficio monetario annuale di tale strategia rispetto ai costi <strong>del</strong>le giornate evitate<br />
di degenza ospedaliera per le complicanze da Ct (MIP, congiuntivite e polmonite neonatali) che si sarebbero<br />
verificate in assenza <strong>del</strong>lo screening.<br />
Risultati. Le donne gravide incluse nello studio sono 7.221. L’età media è di 31,8 anni (ds 4,9 anni); l’87,0%<br />
sono italiane. L’età media al primo rapporto sessuale è di 19,4 anni (ds 3,6 anni). Il 62,8% <strong>del</strong>le donne ha avuto<br />
due o più partner nella vita, il 99,3% aveva avuto un solo partner negli ultimi sei mesi. Il 62,8% <strong>del</strong>le donne<br />
gravide era alla prima gravidanza, il 31,1% aveva avuto una gravidanza a termine e il 6,1% due o più. La<br />
prevalenza di Ct è risultata pari all’1,4%. Nelle 936 donne gravide straniere la prevalenza è risultata <strong>del</strong> 4,2%,<br />
nelle 543 donne di età inferiore ai 24 anni è risultata <strong>del</strong> 7,0%. Nell’analisi multivariata l’infezione da Ct è<br />
risultata significativamente associata con la giovane età (14-24 anni vs. >24 anni; OR 2,95 I.C. 95% 1,54-<br />
5,66), la nazionalità straniera (OR 3,50 I.C. 95% 1,91-6,41), l’aver avuto più partner nella vita (4 partner vs.<br />
1-3 partner; OR 1,91 I.C. 95%1,08-3,36) e l’avere un’altra infezione ginecologica in atto (OR 1,97 I.C. 95%<br />
1,11-3,50). L’analisi costo-beneficio evidenzia che l’effettuazione <strong>del</strong>lo screening consentirebbe di risparmiare<br />
ogni anno almeno € 13.000 per le gravide straniere e almeno € 20.000 per le donne gravide di età 24 anni.<br />
L’analisi costo-beneficio nelle donne italiane di età superiore ai 24 anni non ha evidenziato un vantaggio<br />
economico nella effettuazione <strong>del</strong>lo screening in gravidanza.<br />
Conclusioni. I nostri risultati suggeriscono la necessità di attuare campagne informative rivolte alla donne<br />
gravide straniere, di giovane età ( 24 anni), che hanno avuto più partner nella vita e con altre infezioni<br />
ginecologiche in atto in quanto a maggior rischio di acquisire l’infezione di Ct. Appare inoltre opportuno<br />
pianificare interventi di screening rivolti alle donne gravide giovani e/o straniere in quanto per questi gruppi di<br />
donne l’analisi costo-beneficio ha evidenziato un vantaggio economico in termini di spesa sanitaria evitata.<br />
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57-LE DIFFICOLTÀ NELLE ATTIVITÀ DELLA VITA QUOTIDIANA NELLE PERSONE OBESE<br />
Aldo Rosano 1 , Lorenzo M Donini 2<br />
1 Agenzia di Sanità Pubblica, LazioSanità, Roma, 2 Università degli studi di Roma “La Sapienza”<br />
Introduzione. Il numero di persone in sovrappeso o obese è in drammatica crescita in Italia ed è noto come<br />
questo fenomeno contribuisca sostanzialmente all’aumento <strong>del</strong>l’incidenza di patologie croniche nel nostro<br />
paese. Tuttavia, sono scarsi gli studi che hanno indagato il livello di disabilità associato con il sovrappeso.<br />
Obiettivo <strong>del</strong>lo studio è quello di analizzare la relazione tra l’eccesso di peso e la presenza di difficoltà nello<br />
svolgimento di specifiche attività <strong>del</strong>la vita quotidiana.<br />
Metodi. I dati sono stati desunti dall’Indagine ISTAT sulle condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari<br />
2004-2005. Sono stati selezionati i rispondenti maggiorenni e definiti obesi coloro che dichiaravano peso ed<br />
altezza tali per cui il calcolo <strong>del</strong>l’indice di massa corporea (IMC) era maggiore o uguale a 30 e obesi di livello<br />
due o superiore (grandi obesi) chi aveva un IMC maggiore o uguale a 35. Tra le attività <strong>del</strong>la vita quotidiana<br />
sono state investigate la capacità di scendere o salire le scale, quella di chinarsi per raccogliere oggetti, la<br />
capacità di vestirsi o spogliarsi, quella di farsi il bagno/doccia e lavarsi il viso. Inoltre, sono stati studiati<br />
alcuni aspetti <strong>del</strong>la vita sociale come la riduzione <strong>del</strong> rendimento al lavoro conseguente a problemi di salute<br />
fisica e la compromissione nella socialità per motivi di salute fisica e/o emotiva. I fattori sopra elencati sono<br />
stati analizzati confrontando il grado di difficoltà dichiarato dalle persone obese o con obesità più accentuata<br />
rispetto a quelle con IMC inferiore a 30. I confronti sono stati analizzati con un mo<strong>del</strong>lo logistico, considerando<br />
come fattori di aggiustamento l’età ed escludendo coloro che avevano dichiarato di avere un’invalidità motoria.<br />
Risultati. Tra i 105.844 rispondenti la stima di coloro definibili come obesi era <strong>del</strong> 9,7%, mentre i grandi obesi<br />
erano l’1,6%. La quota di obesi era più alta tra i maschi (51,5%) mentre le femmine erano in maggioranza tra i<br />
grandi obesi (61,6%). Il 7,7% di obesi e il 13,1% di grandi obesi dichiarava difficoltà nello scendere o salire<br />
scale, il loro rischio comparativo di avere tali difficoltà rispetto ai non obesi espresso in termini di Odds Ratio,<br />
era di 2,09 (IC95%:1,96-2,22) negli obesi e di 3,96 (IC95%:3,49-4,50) nei grandi obesi. Rischi analoghi si sono<br />
osservati per le capacità di chinarsi per raccogliere oggetti (OR=2,10:IC95% 1,98-2,24 negli obesi e OR=4,48<br />
IC95%:3,97-5,07 nei grandi obesi), per la capacità di vestirsi o spogliarsi (OR=1,67 IC95%:1,51-1,85 negli<br />
obesi e OR=3,21 IC95%:2,66-3,88 nei grandi obesi), e quella di farsi il bagno o la doccia (OR=1,72<br />
IC95%:1,58-1,88 negli obesi e OR=3,13 IC95%:2,64-3,72 nei grandi obesi). Per quel che riguarda la vita<br />
sociale il 30,0 degli obesi e il 39,2 di grandi obesi dichiarava una riduzione <strong>del</strong> rendimento nel lavoro nelle<br />
ultime quattro settimane con rischi comparativi rispetto ai non obesi, sempre espressi in termini di OR, pari a<br />
1,39 (IC95%:1,32-2,46) negli obesi e 2,00 (IC95%:1,79-2,23) nei grandi obesi. Eccessi di rischio, anche se in<br />
misura minore, si sono osservati anche nella compromissione <strong>del</strong>la vita sociale (OR=1,11 IC95%:1,06-1,16<br />
negli obesi 1,44 IC95%:1,29-1,61 nei grandi obesi)<br />
Conclusioni. I dati rivelano come le abilità nello svolgere le attività quotidiane sono messe a rischio dalla<br />
condizione di obesità, condizione che influenza, anche se in misura minore, gli aspetti <strong>del</strong>la vita sociale come il<br />
rendimento sul lavoro e la partecipazione sociale. L’attenzione agli stili di vita che favoriscono l’eccessivo<br />
aumento di peso si dimostra quindi un importante fattore anche per la prevenzione di forme di disabilità. Se la<br />
multicronicità correlata con la condizioni di obesità può essere affrontata con terapie mediche, specifici<br />
interventi di tipo riabilitativi vanno messi a punto per chi associa difficoltà nella normali abilità con la<br />
condizione di eccesso ponderale.<br />
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58-AVVIATA LA SOSPENSIONE DELL’OBBLIGO VACCINALE NEL VENETO<br />
Russo F. 1 , Menegon T. 2 , Blengio G .3 , Bertoncello L. 4 , Piovesan C. 5 , Tamang E. 6<br />
1 Dirigente Servizio Sanità Pubblica e Screening - Direzione Prevenzione, Regione <strong>del</strong> Veneto , 2 Direttore<br />
Servizio di Igiene e Sanità Pubblica ed <strong>Epidemiologia</strong> - ASL 7 <strong>del</strong>la Regione <strong>del</strong> Veneto, 3 Direttore Servizio di<br />
Igiene e Sanità Pubblica ed <strong>Epidemiologia</strong> - ASL 22 <strong>del</strong>la Regione <strong>del</strong> Veneto, 4 Medico Specializzando, Istituto<br />
di Igiene - Università di Padova, 5 Matematico, Servizio Sanità Pubblica e Screening - Direzione Prevenzione,<br />
Regione <strong>del</strong> Veneto, 6 Dirigente medico, Azienda Ulss 7<strong>del</strong>la Regione <strong>del</strong> Veneto<br />
Introduzione. Attualmente la politica di contrasto <strong>del</strong>le malattie infettive deve confrontarsi con un nuovo<br />
concetto di prevenzione, intesa come opportunità di salute e partecipazione informata e consapevole <strong>del</strong>la<br />
popolazione. L’attivazione in via sperimentale nella Regione Veneto di una normativa regionale per la<br />
sospensione <strong>del</strong>l’obbligo vaccinale si è basata su diverse motivazioni:<br />
la difficile coesistenza di vaccinazioni obbligatorie e raccomandate;<br />
<br />
<br />
la scarsa utilità <strong>del</strong>l’obbligatorietà normativa nel forzare alla vaccinazione;<br />
il panorama europeo in larga misura orientato alla volontarietà <strong>del</strong>l’adesione alla vaccinazione,<br />
accompagnata da un’adeguata offerta <strong>del</strong> servizio e sensibilizzazione <strong>del</strong>la popolazione.<br />
Questa scelta è inoltre supportata dal conseguimento di indispensabili requisiti quali le elevate coperture<br />
vaccinali, la solidità operativa dei servizi Vaccinali <strong>del</strong>le Aziende ULSS e la maturità culturale <strong>del</strong>la<br />
popolazione. Nel marzo 2007 la Regione <strong>del</strong> Veneto ha approvato la legge regionale n.07/2007 “Sospensione<br />
<strong>del</strong>l’obbligo vaccinale per l’età evolutiva”, in vigore dal 1° gennaio 2008. Per verificare le condizioni di avvio<br />
<strong>del</strong> progetto e garantire il monitoraggio dei suoi effetti, la legge regionale ha previsto un Piano di Monitoraggio<br />
<strong>del</strong> Sistema Vaccinale che è stato già condiviso con Ministero <strong>del</strong>la Salute e Istituto Superiore di Sanità. E’<br />
stato inoltre istituito un Comitato tecnico scientifico per monitorare l’andamento <strong>del</strong>le coperture vaccinali e<br />
<strong>del</strong>le malattie prevenibili con vaccinazione dopo la sospensione <strong>del</strong>l’obbligo. Il Piano di Monitoraggio ha<br />
stabilito le soglie critiche di copertura vaccinale che rappresentano i limiti di attenzione e di allarme e le azioni<br />
correttive da mettere in atto a livello centrale e periferico al verificarsi di condizioni di attenzione o allarme.<br />
Obiettivi. Il Veneto ha la responsabilità di dimostrare che un solido sistema vaccinale, una collaudata intesa<br />
con i pediatri di libera scelta e uno stretto sistema di monitoraggio possono garantire le attuali elevate coperture<br />
vaccinali anche in regime di libertà vaccinale.<br />
Metodi. Il monitoraggio <strong>del</strong>le coperture vaccinali è garantito da un piano approvato dal Ministero. La Regione<br />
Veneto ha reso operativamente più snello anche il controllo mensile utilizzando un sistema di richieste via e-<br />
mail che ha permesso, già per i nati dei primi due mesi <strong>del</strong> 2008, di avere una visione tempestiva <strong>del</strong>la adesione<br />
alla prima dose <strong>del</strong>le vaccinazioni previste. Sono stati intensificati gli incontri con i referenti vaccinali <strong>del</strong>le<br />
aziende ULSS con i quali si è condiviso l’iter da seguire per la gestione dei rifiuti vaccinali. Le nuove modalità<br />
prevedono un maggior coinvolgimento dei pediatri con la segnalazione dei nominativi dei bambini<br />
inadempienti o potenzialmente inadempienti. Ai genitori che comunicano che non intendono vaccinare il figlio<br />
si offre la possibilità di un colloquio con il medico vaccinatore.<br />
Risultati. Nel primo bimestre 2008 le coperture hanno subito complessivamente una lieve flessione: dal 94.2%<br />
<strong>del</strong>l’ultimo semestre 2007 al 93.6 % dei primi due mesi <strong>del</strong> 2008. Bisogna però tenere in considerazione il fatto<br />
che i dati relativi alla coorte dei nati nel primo bimestre 2008 sono stati richiesti anche in maniera provvisoria<br />
pur di garantire la tempestività. La verifica d’ipotesi sulle due coorti è stata fatta utilizzando il test Z per la<br />
differenza di due proporzioni che ha prodotto un p-value pari a 0.04. E’ probabile però che tale valore diventi<br />
più rassicurante una volta ottenuti i valori definitivi <strong>del</strong>la coorte 2008 che potrebbero subire un rialzo una volta<br />
conteggiati ad esempio i bambini che hanno rinviato le vaccinazioni per malattia.<br />
Conclusioni. Gli effetti <strong>del</strong>la sospensione <strong>del</strong>l’obbligo vaccinale si potranno definire solo con il tempo. Allo<br />
stato attuale i dati a nostra disposizione sono decisamente confortanti e la nuova situazione da affrontare ha<br />
spinto verso l’utilizzo di strumenti che permettono una maggior consapevolezza da parte dei genitori e una<br />
maggiore attenzione al problema da parte <strong>del</strong>le strutture sanitarie.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: Tumori e altre malattie – 16 ottobre<br />
59-ANALISI DI OCCORRENZA DELLA PATOLOGIA TUMORALE PRE-SCREENING<br />
NELL’ASL “VC” DI VERCELLI NEGLI ANNI 2002-2005: DATI PRELIMINARI<br />
Salerno C.(*); Bagnasco G. (**) Panella M.(***)<br />
*Dipartimento Prevenzione - SISP, ASL 11 Vercelli, **Dirigenza Medica, Servizio Igiene, ASL 11 Vercelli,<br />
***Università degli Studi <strong>del</strong> Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro", Dipartimento di Medicina Clinica<br />
e Sperimentale<br />
Introduzione. Nella nostra ASL l’attività di screening di popolazione è iniziata solo recentemente; per il<br />
tumore <strong>del</strong> collo <strong>del</strong>l’utero dal 2000, per i tumori <strong>del</strong>la mammella e colon-retto dal 2005. Obiettivo di questo<br />
studio è quello di ottenere un quadro <strong>del</strong>l’incidenza <strong>del</strong>le forme tumorali per le quali sono possibili attività di<br />
screening con particolare attenzione alla loro stadiazione TNM (tumor, nodes and metastases) relative al<br />
periodo 2002-2005. Questi dati possono rappresentare una base con la quale in futuro potranno essere eseguiti<br />
utili raffronti per verificare l’efficacia o meno dei vari programmi di prevenzione secondaria.<br />
Materiali e metodi. Si è provveduto al calcolo <strong>del</strong> tasso di incidenza dei tumori di: collo <strong>del</strong>l’utero, mammella,<br />
colon-retto e prostata ed alla loro stadiazione sulla base <strong>del</strong> referto istologico eseguito presso l’Ospedale<br />
S. Andrea di Vercelli. La fonte di dati è rappresentata dalle SDO (schede dimissioni ospedaliera) per il calcolo<br />
<strong>del</strong>l’incidenza e dai referti isto-citologici per la stadiazione.Mentre la prima è rappresentativa di tutta la<br />
popolazione, la seconda non può purtroppo essere esaustiva, non avendo ancora disponibilità dei dati relativi<br />
alla mobilità passiva.<br />
Risultati. Il tasso d’ incidenza dei tumori considerati nel periodo in studio è il seguente:<br />
Colon-retto: 111,8 ogni 100 mila ab.<br />
Mammella: 221,2 ogni 100 mila ab.<br />
Prostata: 165,7 ogni 100 mila ab.<br />
Utero : 67,4 ogni 100 mila ab.<br />
La situazione riguardo agli stadi al momento <strong>del</strong>la diagnosi iniziale risulta essere:<br />
COLON-RETTO: IV°= 26,6% ; III° =26,3; II°= 28,2 ; I° =18,9 (di cui 0°= 1,9%) ;NS= 43%<br />
MAMMELLA : IV° =9,7% ;III°=13,1%; II°=20,4% ;I°= 56,8% (di cui 0°=2,4%); NS= 75,4%<br />
PROSTATA : IV°=2,2% ; III°=1,1% ;II°=7,2% ;I°=89,5% ;NS= 49 ,7%<br />
UTERO: IV° = 8,0% ;III°= 2,3% ;II° 9,2% ;I°=80,5% (di cui 0° 26,4%); NS= 65%<br />
Conclusioni. Vista la quota di referti “non specificati” questo studio può avere solo un significato parziale , che<br />
potrà essere implementato attraverso il recupero dei referti isto-patologici eseguiti in ambito extra-ASL.<br />
Costituisce comunque una base di conoscenza significativa per poter iniziare ad impostare un processo di<br />
valutazione <strong>del</strong>la qualità dei programmi di screening avviati successivamente e per ragionare in termini di<br />
salute pubblica riguardo ai bisogni di salute <strong>del</strong>la popolazione vercellese.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: Tumori e altre malattie – 16 ottobre<br />
60-AVVIO DI UN PROGRAMMA DI RICERCA ATTIVA E COUNSELLING<br />
INFERMIERISTICO PER LA PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE IN 2 UNITÀ<br />
TERRITORIALE DI ASSISTENZA PRIMARIA DELL’ULSS ALTO VICENTINO<br />
Saugo M 1 , Polo F 2 , Banovich F 2 , Zenari M 3 , Salvadori P 3 , Nicoli D 3 , Busato G 3 , Baron R 3 , Pellizzari M 1 ,<br />
Rigon S 1 , Toffanin R 3 , Benetollo PP, Mantoan D 3<br />
Servizio Epidemiologico 1 , Dip.to di Prevenzione 2 , MMG 3 , Direzione Sanitaria e Aziendale 3 ULSS 4 “Alto Vicentino”<br />
Introduzione e obiettivi. Nel Gennaio 2008 l’Azienda ULSS 4, in collaborazione con i 19 Medici di Medicina Generale<br />
(MMG) <strong>del</strong>le UTAP (Unità Territoriali di Assistenza Primaria) di Zugliano ed Arsiero ha avviato un programma triennale<br />
di prevenzione cardiovascolare (CVS), rivolto ad un target di 10.660 cittadini (uomini e donne di 40-69 anni), residenti in<br />
14 piccoli Comuni <strong>del</strong>l’Alto Vicentino. Le UTAP sono <strong>del</strong>le équipes integrate di assistenza primaria, che sono state<br />
consolidate per il progetto con l’inserimento di 2 infermiere formate; le estrazioni dei dati sono estate curate dal Servizio<br />
Epidemiologico e la gestione degli inviti dal Dip.to di Prevenzione.<br />
Metodi. Protocollo <strong>del</strong> programma<br />
revisione degli elenchi degli assistiti, con esclusione dei soggetti con pregressi eventi CVS, comorbidità rilevanti o<br />
disabilità; recupero attivo dei dati pregressi relativi ad esami di laboratorio, trattamenti farmacologici e diagnosi<br />
cliniche, effettuato sia sugli archivi aziendali sia sugli archivi dei MMG;<br />
invito attivo su chiamata degli assistiti eleggibili presso l’ambulatorio <strong>del</strong> MMG, che effettua la valutazione degli stili<br />
di vita (abitudine al fumo, attività fisica, consumo di frutta e verdura) e dei parametri antropometrici (peso, Body mass<br />
Index - BMI - e girovita) utilizzando strumenti validati (questionari <strong>del</strong> progetto Cuore e International Physical<br />
Activity Questionnaire). Vengono inoltre effettuati la misurazione <strong>del</strong>la pressione arteriosa (PAO), ed - in mancanza di<br />
un referto recente - lo stick glicemico e la colesterolemia totale (soltanto nei casi considerati a rischio CVS per<br />
diabete/fumo/ ipertensione , tramite le Sheffield Tables)<br />
la diagnosi dei nuovi casi di diabete e ipertensione viene confermata secondo gli standard diagnostici internazionali.<br />
vengono destinati ad un counselling infermieristico di 3 mesi sugli stili di vita (colloquio iniziale + 5 telefonate<br />
settimanali + colloquio e rivalutazione finali): i nuovi casi di diabete, ipertensione, ipercolesterolemia; i casi già noti<br />
ma non posti precedentemente in terapia con farmaci; i casi già in terapia farmacologica ma non a target.<br />
Primi risultati. Sono stati escluse 970 persone (6.9% rispetto alla popolazione target). Nei primi 6 mesi sono state invitate<br />
1.133 persone (in media 60 per MMG, pari al 11.7% <strong>del</strong> totale); il tasso di adesione è stato mediamente pari al 61%, ma è<br />
fortemente influenzato dal sesso (66% nelle femmine vs 56% nei maschi) e dall’età ( 40-49 anni 58%, 50-59 anni 62%, 60-<br />
69 anni 69%) <strong>del</strong> paziente, e dal MMG stesso (range 27% - 81%, coefficiente di correlazione intraclasse =8%). La<br />
prevalenza dei fattori di rischio rilevati nei 665 casi valutati dal MMG è riportata in Tabella 1.<br />
Tabella 1 Prevalenza dei fattori di rischio nelle prime 665 persone valutate nelle UTAP <strong>del</strong>l’ULSS Alto Vicentino<br />
Prevalenza dei fattori di rischio<br />
Prima <strong>del</strong>la<br />
valutazione<br />
In sede di<br />
valutazione<br />
Totale<br />
% su<br />
valutati<br />
Abitudine al fumo 15 105 120 18.0% 15.2% 21.2%<br />
Sedentarietà (< 600 METs/sett) n.r. 149 149 22.4% 19.3% 25.8%<br />
Alimentazione (< 5-a-day) n.r. 385 385 57.9% 54.0% 61.7%<br />
Sovrappeso (BMI => 25) n.r. 353 353 53.1% 49.2% 56.9%<br />
Obesità centrale (girovita >102 cm M, 88 F) n.r. 242 242 36.4% 32.7% 40.2%<br />
Ipertensione (diagnosi confermata o terapia) 196 60 256 38.5% 34.8% 42.3%<br />
Diabete (diagnosi confermata o terapia) 28 7 35 5.3% 3.7% 7.2%<br />
Ipercolesterolemia (diagnosi confermata o terapia) 176 78 254 38.2% 34.5% 42.0%<br />
Sono state avviati al counselling infermieristico complessivamente 339 persone (54% <strong>del</strong> totale dei soggetti valutati dal<br />
MMG); di queste, 234 (69% hanno iniziato il percorso <strong>del</strong> counselling).<br />
Conclusioni. L’adesione al programma viene influenzata dal fattori riconducibili sia al paziente sia al MMG. La prevalenza<br />
dei fattori di rischio rilevata è complessivamente più bassa rispetto ai dati rilevati dal Progetto Cuore nella popolazione<br />
generale di 35-74 anni, in particolare per ipertensione, ipercolesterolemia e diabete. Le differenze possono essere spiegate<br />
dal diverso target di età, dall’esclusione <strong>del</strong>le persone con pregressa patologia cardiovascolare e dal diverso criterio di<br />
rilevazione adottato (conferma diagnostica vs. rilevazione “spot”). La qualità <strong>del</strong>la compilazione <strong>del</strong>la cartella clinica<br />
individuale viene sostanzialmente migliorata dalla registrazione dei fattori di rischio comportamentali, mentre buona parte<br />
dei fattori di rischio clinici sono già noti.al MMG. Le équipes di assistenza primaria possono avviare – come raccomandato<br />
anche dalle linee guida internazionali sul trattamento <strong>del</strong> rischio cardiovascolare - un ampio numero di pazienti eleggibili al<br />
counselling infermieristico anziché all’istituzione di un trattamento farmacologico, per sua natura continuativo e cronico. I<br />
dati sull’invio al counselling infermieristico e sul suo impatto a breve termine su stili di vita ed target clinici saranno<br />
disponibili nei prossimi mesi.<br />
[Il testo e/o le figure sono state ridotte perché debordanti dal formato previsto per gli abstract]<br />
CI 95%<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: Tumori e altre malattie – 16 ottobre<br />
61-I TUMORI DEL COLLO DELL’UTERO: LE DIMENSIONI DEL PROBLEMA IN<br />
PROVINCIA DI SONDRIO<br />
1 Tessandori R. , 1 Ardemagni G. , 1 Cecconami L. , 1 Maspero S. , 1 Tabacchi L. , 1 Tognela M. , 2 Ambrosi S. ,<br />
Buscemi A. , 2 Manca M.C.<br />
1 Azienda Sanitaria <strong>del</strong>la Provincia di Sondrio, 2 Azienda Ospedaliera Valtellina e Valchiavenna<br />
Introduzione. Il tumore <strong>del</strong> collo <strong>del</strong>l’utero (TCU) è un tumore relativamente raro: in provincia di Sondrio i<br />
casi rappresentano l’1,6% <strong>del</strong> totale dei tumori maligni e lo 0,4% <strong>del</strong>le morti per tumore. Tassi di incidenza e di<br />
mortalità standardizzati sono in linea con quelli italiani. E’ riconosciuto il ruolo <strong>del</strong> papillomavirus (HPV), che,<br />
insieme ad altri fattori di rischio, può favorire lo sviluppo di displasie che possono evolvere in TCU. Dal 2008<br />
un vaccino antiHPV è offerto gratuitamente alle dodicenni e consigliato alle giovani. Sottoporsi periodicamente<br />
ad esami diagnostici come il Pap-test consente di identificare la presenza di eventuali lesioni precancerose e di<br />
intervenire prima che si sviluppi la neoplasia.<br />
Obiettivi. Analizzare l’impatto che le displasie e i TCU hanno sulla sanità provinciale, in termini di ricorso al<br />
controllo spontaneo e ai successivi accertamenti diagnostici e terapeutici, per valutare le migliori strategie di<br />
prevenzione e di trattamento.<br />
Metodi. Sono stati utilizzati gli archivi informatizzati <strong>del</strong>le Anatomie Patologiche provinciali (a cui affluiscono<br />
tutti i prelievi <strong>del</strong> territorio per Pap-test e tutti i campioni citologici ed istologici degli ospedali), <strong>del</strong>le SDO e<br />
<strong>del</strong>le prestazioni ambulatoriali, confrontati con l’anagrafe assistiti per includere solo le residenti. I dati dei TCU<br />
sono estratti dal Registro Tumori di Sondrio (anni 1998-2006), confrontati con quelli <strong>del</strong> Pool dei Registri<br />
Tumori italiani, pubblicati su <strong>Epidemiologia</strong> & Prevenzione nel 2006 e 2007. Dei 24 casi di TCU diagnosticati<br />
negli anni 2003-2005 sono stati analizzati i ricoveri <strong>del</strong> periodo 2003-2007 con almeno una diagnosi principale<br />
o secondaria di TCU e tutte le prestazioni sanitarie <strong>del</strong>lo stesso periodo inerenti la diagnostica<br />
citoistopatologica o per immagini, gli interventi chirurgici a carico <strong>del</strong>l’utero, la radioterapia e la<br />
chemioterapia.<br />
Risultati. Nel triennio 2005-2007 sono stati eseguiti 25.542 Pap-test a 18.222 donne. Nella fascia di età 25-64<br />
la copertura è <strong>del</strong> 31%, lontana dalla copertura ottimale. Nel 2006 343 donne hanno avuto almeno un referto<br />
positivo per displasie. Sono confermati 263 casi insorti nel 2006, tra displasia e TCU. Le età più colpite dalle<br />
displasie e dalle forme in situ sono quelle tra i 30 e i 44. Nel periodo 1998-2006 il trend dei TCU appare<br />
stabile, la distribuzione per fasce di età evidenzia due picchi intorno ai 40-44 e 60-64. La morfologia<br />
istopatologica più frequente è quella dei carcinomi a cellule squamose, (84%), seguito dal gruppo degli<br />
adenocarcinomi (16%). Delle 24 donne con TCU seguite fino al 2007, 23 hanno avuto almeno un ricovero, la<br />
maggior parte in regime ordinario, per un totale di 609 giornate di degenza; il 70,8% ha avuto un intervento<br />
chirurgico, Il 33,3% ha effettuato chemioterapia e il 45,8% la radioterapia.<br />
Nell’anno 2006 la spesa sostenuta dall’ASL di Sondrio per i Pap-test è stata di € 26.455, quella per prestazioni<br />
ambulatoriali, come biopsie e interventi di cauterizzazione, di € 14.257, quella per diagnosi e cure dei TCU di<br />
€ 72.452, di cui € 66.038 per ricoveri ospedalieri e € 6.414 per prestazioni ambulatoriali: la spesa per le cure di<br />
circa 9 donne con tumore è superiore a quella per prevenire il tumore di oltre 7.400 donne e curarne 254 con<br />
forme preinvasive.<br />
Conclusioni. Pur essendo il TCU un tumore facilmente identificabile in forma preclinica, quando le cure sono<br />
meno invasive e più efficaci, esso costa ancora molto in termini economici, ma soprattutto di impegno di<br />
risorse e con gravi conseguenza sulla salute <strong>del</strong>le donne. Dalla diffusione <strong>del</strong>la vaccinazione antiHPV, ma<br />
soprattutto da un incremento <strong>del</strong>la diffusione <strong>del</strong> Papt-est nella popolazione femminile ci si aspetta una<br />
riduzione <strong>del</strong>l’incidenza e <strong>del</strong>la mortalità per il tumore <strong>del</strong>la cervice uterina, ad oggi uno dei più facilmente<br />
prevenibili.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 1: Tumori e altre malattie – 16 ottobre<br />
62-I BISOGNI DELLA POPOLAZIONE CON DISTURBI PSICHICI. ANALISI DI UN<br />
CAMPIONE DI ADULTI UTENTI DEI SERVIZI DI SALUTE MENTALE DELLA<br />
TOSCANA<br />
Voller F. 1 , Silvestri C. 1 , Orsini C. 1 , Maciocco G. 1 , Miceli M. 2<br />
1 Agenzia Regionale di Sanità, Osservatorio di <strong>Epidemiologia</strong> – Area dei Determinanti Sociali e Ambientali di<br />
Malattia; 2 Dipartimento Salute Mentale, Azienda Sanitaria Firenze<br />
Introduzione. Il tema dei disturbi psichici e <strong>del</strong>l’organizzazione dei servizi di salute mentale ad essi dedicati,<br />
riveste grande interesse in termini di sanità pubblica e di politiche per la salute. L’Agenzia Regionale di Sanità<br />
(ARS) nel 2006 ha effettuato un’indagine sui servizi di salute mentale presenti sul territorio regionale, su<br />
mandato <strong>del</strong> Consiglio Regionale <strong>del</strong>la Toscana, al fine di produrre una descrizione <strong>del</strong>la dimensione e<br />
tipologia <strong>del</strong> bisogno legato ai disturbi psichici in Toscana e <strong>del</strong>la risposta offerta dai servizi pubblici per<br />
soddisfare tale bisogno.<br />
Obiettivi. Indagare l’utenza e l’accesso ai servizi di salute mentale <strong>del</strong>la Toscana ed analizzare le tipologie di<br />
bisogni degli utenti.<br />
Metodi. L’indagine è stata condotta tramite un questionario ad hoc (invio postale e successivo sollecito<br />
telefonico) e si è svolta nel periodo marzo - dicembre 2006. Ha riguardato tutti i professionisti che svolgono<br />
attività di presa in carico presso i Servizi di Salute Mentale <strong>del</strong>la Toscana (n= 669 professionisti). Ha aderito il<br />
54% <strong>del</strong> campione (n=539): 138 psichiatri, 104 psicologi e 49 neuropsichiatri infantili. Il questionario ha<br />
investigato le modalità principali relative alla prima visita effettuata nell’anno in corso e all’ultima emergenza:<br />
la storia <strong>del</strong> disturbo, il ricorso ad agenzie di cura, i trattamenti effettuati. I professionisti hanno compilato la<br />
Camberwell Assessment of Need (CAN). In questo lavoro presentiamo le analisi condotte sulla presa in carico<br />
degli adulti. (n= 184 pazienti in modalità programmata e 144 in emergenza).<br />
Risultati. L’età media è risultata di 43 anni, senza rilevanti differenze di genere. In entrambe le coorti la<br />
licenza elementare è il livello di istruzione più rappresentato (39,9% programmati; 43,3% emergenza). Gli<br />
uomini sono prevalentemente celibi (49,3% programmati; 68,1% emergenza) e le donne coniugate (58,3%<br />
programmati; 45,9% emergenza). L’accesso in condizione di emergenza è associato a una condizione non<br />
lavorativa (62,4% vs. 30,7%). Il disturbo depressivo rappresenta la diagnosi principale in entrambe le<br />
popolazioni (39,1% vs 43,8%), seguito dal disturbo d’ansia (33,7%) e dal disturbo schizofrenico (22,2%),<br />
rispettivamente in programmato e emergenza. La presa in carico avviene nell’86,4% dei programmati; la cura<br />
avviene presso il servizio, o attraverso ricovero, nel 64,6% <strong>del</strong>le emergenze. Il trattamento di elezione è<br />
farmacologico nel 74% dei programmati e in 83,3% <strong>del</strong>le emergenze.<br />
I punteggi <strong>del</strong>la scala CAN-R (Test sulle proporzioni p
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Quarta sessione plenaria: Gli stili di vita e le dipendenze – Aula Magna - 17 ottobre mattina<br />
NUTRIZIONE, DIETA E ATTIVITA’ FISICA NELL’EPIDEMIOLOGIA PREVENZIONE<br />
DEL CANCRO<br />
Carlo La Vecchia<br />
Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” Milano e Istituto di Statistica Medica e Biometria “G.A.<br />
Maccacaro”, Università degli Studi di Milano, Milano<br />
Dopo il tabacco, sovrappeso e dieta sono le principali cause di cancro. Il sovrappeso e l’obesità sono, in<br />
particolare, fattori di rischio ben definiti per i tumori <strong>del</strong>la mammella in post-menopausa1, <strong>del</strong>l’endometrio<br />
(corpo <strong>del</strong>l’utero) e <strong>del</strong>la colecisti, e un probabile fattore di rischio per diverse altre neoplasie, quali intestino 2 ,<br />
prostata e pancreas. Il 14% di tutte le morti per tumore nei maschi e il 20% nelle donne negli Stati Uniti è<br />
dovuta a sovrappeso e obesità 3. Considerando la minor prevalenza <strong>del</strong> sovrappeso e obesità in Italia, la più<br />
verosimile stima attuale è <strong>del</strong> 3-5% di tutte le morti per tumore. Negli ultimi 20 anni, non si è osservato un<br />
progressivo aumento <strong>del</strong> peso corporeo nella popolazione italiana 4 . Inoltre, alcuni aspetti <strong>del</strong>la dieta<br />
Mediterranea sembrano influenzare favorevolmente il peso corporeo 5 . L’esercizio fisico è stato associato a<br />
ridotto rischio di tumore <strong>del</strong>l’intestino6 e <strong>del</strong>la mammella 7 , e probabilmente di diverse altre neoplasie, anche se<br />
ogni quantificazione <strong>del</strong> rischio a livello di popolazione resta imprecisata. Per ciò che riguarda la dieta vi sono<br />
numerose evidenze, anche se in parte indirette, che essa sia responsabile di una frazione considerevole di<br />
tumori umani, sia in Italia che in altri Paesi sviluppati. La dieta gioca un ruolo particolarmente importante nei<br />
tumori <strong>del</strong> tratto digerente, ma anche di altri organi quali la laringe e il polmone, la mammella, i genitali<br />
femminili o la prostata 8,9 . I dati epidemiologici, inoltre, sono stati in grado di identificare tutta una serie di<br />
profili dietetici favorevoli - o sfavorevoli - all'insorgenza di molti tumori comuni, e quindi possono fornire<br />
indicazioni per ridurre il rischio individuale di sviluppare una neoplasia. Anche al di là <strong>del</strong> sovrappeso, è quindi<br />
oggi possibile fornire un quadro globale di una dieta (“pattern”) a basso rischio di cancro, basato sulle<br />
indicazioni di preferire frutta e verdura, oltre che limitare il consumo di grassi e in particolare di grassi saturi e<br />
alcoo l , e propendere per l'utilizzo di olio di oliva. Tale intervento va rivolto alla definizione di campagne di<br />
informazione e di prevenzione a livello individuale, ma anche a livello di disponibilità e di composizione degli<br />
alimenti, di accesso e definizione dei prezzi. In particolare, un effetto favorevole <strong>del</strong>la dieta mediterranea sul<br />
rischio di diverse patologie è stato suggerito dall’osservazione di una ridotta mortalità per malattie<br />
cardiovascolari in questi Paesi. Successivamente, tale osservazione è stata estesa a diversi tumori comuni, tra<br />
cui quelli <strong>del</strong>l’intestino, <strong>del</strong> pancreas, <strong>del</strong>la mammella e <strong>del</strong>la prostata. La comprensione e la quantificazione<br />
<strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong>la dieta mediterranea, e ancor più l'identificazione degli specifici componenti responsabili <strong>del</strong>la<br />
ridotta incidenza e mortalità registrate per diversi tumori comuni in questi Paesi, rimangono però problemi<br />
ancora, almeno in parte, aperti. La “dieta mediterranea” infatti è un termine generico che include un insieme di<br />
componenti e caratteristiche, tra cui il tipo e la composizione dei grassi - e in particolare un impatto favorevole<br />
<strong>del</strong>l’olio di oliva - di frutta e vegetali freschi nel ridurre il rischio di diversi tumori. Meno favorevole appare,<br />
invece, il frequente consumo di carboidrati raffinati che implica un elevato indice glicemico dei carboidrati<br />
stessi 9 . Il consumo frequente di alimenti basati su cereali raffinati (bianchi), mostra infatti un’associazione con<br />
l’insorgenza di vari tumori opposta a quella riscontrata per i cereali integrali. Tale consumo è stato associato ad<br />
aumentato rischio di tumore <strong>del</strong>lo stomaco, <strong>del</strong> colon-retto, <strong>del</strong>la mammella, <strong>del</strong>l’intestino, <strong>del</strong> tratto digerente<br />
superiore (cavo orale, faringe, esofago) e <strong>del</strong>la tiroide in vari studi condotti su popolazioni <strong>del</strong>l’area<br />
mediterranea 9. Un possibile meccanismo biologico alla base di questa associazione coinvolge il metabolismo<br />
glicemico, e un potenziale ruolo di fattori di crescita neoplastica simili all’insulina (insulin-like growth factors,<br />
IGF) 10 . E' importante in ogni caso focalizzare non solo la ricerca epidemiologica, ma anche gli interventi di<br />
prevenzione verso una migliore comprensione e quantificazione <strong>del</strong> ruolo di ciascun specifico componente<br />
<strong>del</strong>la dieta mediterranea sul rischio di cancro, con lo scopo ultimo di aprire prospettive di intervento attraverso<br />
l’industria alimentare, oltre che di informazione e prevenzione a livello di sanità pubblica. Nell’immediato,<br />
un’attenzione specifica va comunque dedicata al controllo di sovrappeso e obesità a livello individuale e, di<br />
popolazione 11 .<br />
Referenze<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Quarta sessione plenaria: Gli stili di vita e le dipendenze – Aula Magna - 17 ottobre mattina<br />
STRATEGIE E INTERVENTI PER LA PREVENZIONE PRIMARIA DELLE<br />
DIPENDENZE PATOLOGICHE<br />
Fabrizio Faggiano, Federica Vigna-Taglianti<br />
Università Avogadro <strong>del</strong> Piemonte Orientale e Osservatorio Epidemiologico <strong>del</strong>le Dipendenze OED-Piemonte<br />
Introduzione. L'uso di sostanze psicoattive, tra cui tabacco e alcol, è attualmente la principale causa di<br />
problemi per la salute nei paesi sviluppati. In Europa, il fumo di tabacco è responsabile <strong>del</strong> 27-32% dei decessi<br />
tra i maschi e <strong>del</strong> 4-7% dei decessi fra le donne, a seconda <strong>del</strong>l’area geografica considerata, e l’alcool causa il<br />
14.6% <strong>del</strong>le morti premature. Uno studio canadese ha messo in evidenza che l’abuso di sostanze causa<br />
complessivamente il 31% <strong>del</strong>le morti, e il 25% degli anni di vita persi, oltre che il 19.5% dei giorni di<br />
ospedalizzazione sotto i 70 anni di età. Nella Comunità Europea il fumo di tabacco, da solo, è responsabile di<br />
520 000 morti l'anno. Oltre all'impatto diretto sulla salute, l'uso di sostanze psicoattive determina effetti in<br />
termini di sicurezza personale, di salute mentale e di benessere sociale. La dipendenza da sostanze è oggi<br />
considerata una patologia cronica, recidivante, caratterizzata dagli effetti <strong>del</strong>l'uso prolungato <strong>del</strong>la sostanza e<br />
dai disturbi comportamentali determinati dalla sua ricerca compulsiva. Questa definizione accomuna la<br />
dipendenza da droghe, da alcool e da tabacco. Obiettivo di questo lavoro è descrivere gli interventi e le<br />
strategie efficaci al fine di prevenire le dipendenze da sostanze psicoattive.<br />
Materiali e metodi. Overview di pubblicazioni secondarie, quali revisioni sistematiche, rapporti di agenzie<br />
internazionali e linee guida, identificate consultando la Cochrane Library, Medline, i siti Internet <strong>del</strong>le<br />
principali agenzie internazionali interessate alle tematiche relative all’uso di sostanze, NICE, CDC, Unione<br />
Europea, OMS, SIGN, NIDA e EMCDDA.<br />
Sugli interventi per i quali non sono stati trovati riferimenti nelle pubblicazioni secondarie, sono stati cercati<br />
studi di valutazione, RCT qualora l’intervento fosse randomizzabile, altri disegni di studio per interventi non<br />
randomizzabili (ITS, B&A etc).<br />
Risultati. Campagne di mass media. Gli studi di valutazione di questi interventi non sono frequenti, e si tratta<br />
per lo più di studi Before&After. Le principali revisioni sembrano concludere che si tratta di interventi efficaci<br />
per la cessazione <strong>del</strong> fumo e per la prevenzione di alcool e fumo. Alcune condizioni sembrano aumentare<br />
l’efficacia, come l’intensità, la contemporanea attivazione di altri interventi (p.e. scolastici). Sono in generale<br />
utili sia per modificare il normative belief (la percezione di prevalenza <strong>del</strong> fenomeno nella popolazione) e per<br />
concentrare l’attenzione <strong>del</strong>l’agenda politica sui relativi oggetti. Le campagne sulle droghe illegali non hanno<br />
evidenze di efficacia, e alcune valutazioni suggeriscono un loro possibile effetto boomerang.<br />
Politiche di prezzo e disponibilità. L’aumento <strong>del</strong> prezzo dei prodotti <strong>del</strong> tabacco e <strong>del</strong>le bevande alcoliche,<br />
attraverso le accise, sono uno strumento potente di riduzione <strong>del</strong>l’incidenza di nuovi utilizzatori e di riduzione<br />
di uso degli attuali utilizzatori. Un aumento <strong>del</strong> 10% <strong>del</strong> prezzo <strong>del</strong>le sigarette determina una riduzione <strong>del</strong> 2.5-<br />
5.0% <strong>del</strong>l’uso, mentre un corrispondente aumento <strong>del</strong> prezzo <strong>del</strong>le bevande alcoliche determina una riduzione<br />
<strong>del</strong>la mortalità per cirrosi di 8.3-12.8%. Le politiche di disponibilità, in particolare le restrizioni <strong>del</strong>le vendite di<br />
generi <strong>del</strong> tabacco e di alcolici, per età o fasce orarie o ancora in condizioni particolari, sono efficaci, a<br />
condizione che vengano effettuati interventi di controllo e di supporto.<br />
Luoghi di lavoro. Le policy che regolano l’uso degli alcolici e di tabacco nei luoghi di lavoro hanno un effetto<br />
sia diretto sul consumo di alcool e sigarette e sulla salute come ad esempio sugli incidenti stradali, che<br />
indiretto, sul normative belief <strong>del</strong>la popolazione, contribuendo alla riduzione <strong>del</strong>l’incidenza di nuovi<br />
consumatori. Interventi scolastici. Gli interventi scolastici sembrano principalmente efficaci contro alcool e<br />
droghe, mentre sul fumo di tabacco sembrano avere effetti limitati al breve periodo. Questo presumibilmente a<br />
causa <strong>del</strong>la maggiore pressione sociale al fumo. In particolare poi soltanto gli interventi basati sulle teorie <strong>del</strong>la<br />
social influence sono efficaci, mentre quelli informativi, in particolare se basati su lezioni frontali, hanno<br />
numerose prove di inefficacia. Altri interventi. Gli interventi famigliari si sono dimostrati efficaci, in<br />
particolare sull’uso di alcool e di droghe, ma, a causa <strong>del</strong> loro elevato costo, sono riservati ai giovani a rischio.<br />
In generale sembrano efficaci i programmi multicomponenti, in cui cioè, numerosi interventi efficaci vengono<br />
disseminati a livello di una popolazione.<br />
Discussione. Tre riflessioni possono essere tentate sulla base dei dati sopra brevemente sintetizzati. La prima è<br />
che gli interventi di prevenzioni <strong>del</strong>l’uso di sostanze psicoattive sono lungi dall’avere la ricchezza che ci si<br />
aspetterebbe sulla base <strong>del</strong>la rilevanza dei problemi di salute relativi. Le metodologie di valutazione sembrano<br />
ancora grezze per quanto riguarda gli interventi non randomizzabili (normative, modifiche dei prezzi dei<br />
prodotti, etc), seppure i dati disponibili suggeriscano che si tratta degli interventi con il migliore rapporto<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
costo/efficacia. Questa riflessioni sottolinea la necessità di definire criteri di efficacia per gli interventi di sanità<br />
pubblica diversi da quelli propri degli interventi clinici. L’impossibilità di realizzare una valutazione<br />
randomizzata deve indirizzare verso adeguati studi di valutazione rigorosi. Dall’altra parte però la<br />
dimostrazione di efficacia ottenuta tramite questi studi dovrebbe permettere di riconoscere come efficace<br />
l’intervento al pari di quelli valutati da studi randomizzati. La seconda è che, almeno per alcool e tabacco, gli<br />
interventi di popolazione sembrano avere un più favorevole costo/efficacia rispetto a quelli individuali, come<br />
quelli scolastici o famigliari. La terza è che, nonostante la povertà prima discussa, sono disponibili per il policy<br />
maker informazioni sufficienti per costruire strategie complesse di prevenzione basate su programmi e<br />
interventi dotati di prove di efficacia. L’alibi <strong>del</strong>l’assenza di prove di efficacia, o <strong>del</strong>l’inefficacia <strong>del</strong>la<br />
prevenzione tout court, spesso usato per giustificare la scarsità di risorse assegnate alla prevenzione, può essere<br />
facilmente smontato.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Governo clinico -I-Aula Magna - 17 ottobre mattina<br />
PREVENZIONE CLINICA E FISIOPATOLOGIA: UNA GUIDA PER<br />
L’IMPLEMENTAZIONE DEGLI STILI DI VITA<br />
Massimo Pagani, Daniela Lucini e Nadia Solaro*.<br />
Dipartimento Scienze Cliniche, Universita’ degli Studi, Milano e (*)Dipartimento di Statistica, Universita’ di<br />
Milano Bicocca.<br />
Premesse<br />
Per affrontare il tema <strong>del</strong>la prevenzione in ambito clinico potrà essere utile una breve digressione<br />
terminologica. Il Dizionario De Mauro (Vocabolario <strong>del</strong>la lingua italiana) definisce prevenzione così: “S.f. atto<br />
o comportamento inteso a prevenire un evento dannoso: p. degli incendi, campagna di p. degli incidenti<br />
stradali,”, focalizzando sia atti che comportamenti (per estensione quindi forse anche procedure) con una<br />
evidente dicotomia temporale (breve verso esteso). Il significato di clinica viene descritto dall’Oxford<br />
Dictionary come “dipartimento di un ospedale dedicato ad un particolare gruppo di malattie” oppure come<br />
“centro o istituzione dove si può trovare un trattamento, una diagnosi o dei suggerimenti specialistici” (per<br />
estensione anche “linguaggio o pratica clinica”). Potremmo quindi tentativamente combinare i due termini a<br />
definire “una istituzione specializzata nel fornire teoria e pratica capaci di indurre comportamenti in grado di<br />
prevenire eventi dannosi di rilevanza per la clinica e la salute”. Trattandosi di medicina, non possiamo<br />
dimenticare la visione anticipatoria di Ippocrate (Precetti) nel sottolineare la superiorità dei fatti sulle idee, così<br />
formulata: “Nella pratica medica non ci si deve basare primariamente su teorie plausibili, ma sull’esperienza<br />
combinata con la ragione. Solo le conclusioni derivate dai fatti portano frutti. Le teorie sono invece<br />
ingannevoli. Solo insistendo pervicacemente sui fatti si può acquisire quell’infallibile tratto che chiamiamo arte<br />
medica”. E’ peraltro esperienza comune che la medicina modernamente si focalizzi su “diagnosi, trattamento e<br />
prevenzione <strong>del</strong>le malattie” (Oxford Dictionary), lasciando quindi indefinito o nell’ombra il ruolo degli stili di<br />
vita e <strong>del</strong>la salute. Al contrario questi elementi originariamente avevano avuto un ruolo preminente. Ippocrate<br />
affermava (Medicina Antiqua) che la “medicina ha la finalità di promuovere la salute e il benessere degli<br />
uomini, evitando quegli stili di vita da cui possano derivare dolore e sofferenze”, e il Digesto di Giustiniano<br />
definisce medici coloro che “promettono la salute”. Sembriamo pertanto in linea con la assai più recente<br />
definizione di salute <strong>del</strong> WHO come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale; non la semplice<br />
assenza di malattia”, che pare alludere ad una nuova dicotomia, non tanto tra termini (salute e malattia), quanto<br />
tra paradigmi (lineare, causale vs non-lineare, stocastico). E infatti (HR Wulff, Lancet 1999) eccone una sintesi:<br />
da un lato una visione definita Newtoniana, secondo cui l’uomo e’ una complessa macchina fisico-chimica,<br />
basta su leggi deterministiche (quindi predicibile); la malattia e’ un difetto (guasto) <strong>del</strong>la macchina, riparabile<br />
(sempre) dalla medicina;dall’altro una visione definita Aristotelica, secondo cui la realtà umana e’ assai più<br />
complessa, stocastica, non predicibile; la malattia consiste in alterazioni dei processi vitali. Teoria dei sistemi e<br />
dinamiche complesse non-lineari sono la base per meglio comprendere lo svilupparsi <strong>del</strong>le malattie. A tale<br />
quadro si aggiunge, sottolineato più di recente, un aspetto più difficile da definire (The soft science of<br />
Medicine, Editorial, Lancet, 2004) e che pone in luce accanto alle misure fisico-chimiche o di processo, la<br />
presenza di aspetti non riconducibili direttamente alle scienze cosiddette esatte, basate su mo<strong>del</strong>li qualitativi,<br />
osservazionali e interpretativi (K Malterud, The art and science of clinical knowledge: beyond measures and<br />
numbers, Lancet, 2001), in breve appartengono al mondo <strong>del</strong>la soggettività, e <strong>del</strong>la responsabilità (NEJMed,<br />
2006). Una tale complessità, in cui irrompono con crescente forza aspetti psicosociali (Rozansky, Circulation,<br />
1999; INTERHEART, Lancet, 2004) permette tuttavia di considerare in maniera esplicita i due estremi <strong>del</strong>la<br />
clinica: quello (raro) governato da causa-effetto noti, e in cui la terapia sia quindi definita e precisa, e si pone<br />
come obiettivo il ritorno alla normalità quo ante, ed anche quello degli assai più comuni casi complessi, in cui<br />
la causalità’ sia decisamente vaga, implicando fisiologia, psicologia e sociologia, e la terapia si ponga come<br />
obiettivo un più modesto miglioramento <strong>del</strong>lo stato di salute, attraverso (anche) il ricorso a tecniche<br />
fisiologiche o psicologiche (Strand et al, Complexus, 2004; 2:2). Questo approccio apre quindi la strada ad una<br />
medicina che, basandosi sulle applicazioni cliniche <strong>del</strong>la teoria dei sistemi, sia sinergistica, sensibile alla<br />
dinamica spazio-temporale, multidimensionale e, soprattutto, personalizzabile (Ahn, PlosMedicine, 2006). In<br />
tale contesto la possibilità’ di misurare simultaneamente alcuni aspetti critici dei sistemi di regolazione sia <strong>del</strong>la<br />
fisiologia che <strong>del</strong> comportamento nell’individuo potrebbero fornire la base per approcci diagnostico-terapeutici,<br />
e preventivi, personalizzabili (Pagani, Am J Physiol, 2008). L’intersezione con la tecnologia <strong>del</strong>la<br />
comunicazione (I&CT) potrebbe rendere praticabile un ponte tra l’epidemiologia tradizionale (basata su studi<br />
di popolazione) e la clinica <strong>del</strong>la complessità, necessariamente basata sull’individuale relazione medicopaziente,<br />
sia pure in un contesto formalmente strutturato e organizzato (Lucini, Hypertension, 2007).<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
L’importanza di considerare fattori sociali e comportamentali nel percorso tra genotipo e fenotipo e’ spesso<br />
sottostimata. Parrebbe che almeno il 50% (Lancet, 2004) o più, sino a circa 70-80% (Science, 2002), <strong>del</strong>le<br />
patologie croniche potrebbe essere ascritta a stili di vita non salutari, e, di converso, prevenuta con opportuni<br />
accorgimenti comportamentali: soprattutto evitando l’inattività’, una alimentazione incongrua e un eccessivo<br />
stress mentale. Pare quindi giustificato occuparsene concretamente: nel restante di questa breve relazione<br />
presenteremo un approccio percorribile, soprattutto in ambito cardiovascolare, capace di combinare, in maniera<br />
statisticamente rigorosa, aspetti psicologici, fisiologici e clinici, in un’ottica di prevenzione personalizzata.<br />
Prevenzione, fisiopatologia e approccio statistico multivariato<br />
Numerose evidenze sperimentali e cliniche suggeriscono che disturbi <strong>del</strong> controllo neurovegetativo <strong>del</strong> circolo<br />
siano presenti, possibilmente con ruolo concausale, in varie condizioni cardiovascolari croniche,<br />
dall’ipertensione arteriosa, allo scompenso, e che possano contribuire anche ad episodi di aggravamento<br />
(ischemici o aritmici). Di converso una regolarizzazione autonomica (con prevalenza vagale e riduzione<br />
<strong>del</strong>l’attività simpatica) sembra associarsi a migliore prognosi. Non affrontando in questa sede i trattamenti<br />
farmacologici adatti a migliorare il funzionamento <strong>del</strong> sistema nervoso autonomico, vale qui la pena di<br />
ricordare che una corretta attività fisica regolare (Lucini, <strong>Atti</strong> Congr SIMI, 2007) e’ capace di ristrutturarlo<br />
funzionalmente. Ciò accade promuovendo uno spostamento verso una prevalente modulazione vagale (aumento<br />
<strong>del</strong>la varianza <strong>del</strong>l’intervallo RR <strong>del</strong>l’ECG e incremento guadagno baroriflesso), oltre che favorendo aspetti<br />
metabolici (migliore sensibilità insulinica e profilo lipidico). In termini strumentali tali cambiamenti sono<br />
indagabili in maniera non invasiva con lo studio <strong>del</strong>la variabilità battito-battito <strong>del</strong>l’intervallo RR e <strong>del</strong>la<br />
pressione arteriosa continua (Pagani, Circulation Research, 1986; Hypertension 1988; Pagani, Circulation,<br />
1997; Malliani, Circulation, 1991; Task Force HRV, Circulation, 1996). Rimandando maggiori dettagli alla<br />
presentazione, va detto che tali misure si possono combinare con altre valutazioni, particolarmente di tipo<br />
psico-sociale, che permettono di esplorare l’ambito <strong>del</strong>la soggettività e degli stili di vita dei pazienti utilizzando<br />
semplici questionari validati (Lucini, Hypertension, 2002; Europ J Cancer, 2008 in press). Mentre tali approcci<br />
multidimensionali sono orami ampiamente diffusi, cosi’ come la consapevolezza <strong>del</strong>l’impatto favorevole sui<br />
sistemi di regolazione autonomica (ad es, Lucini, Am Heart J, 2002), meno dati si hanno su approcci statistici<br />
capaci di affrontare in maniera rigorosa la complessità <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo fornita da misure sia continue che<br />
categoriali, alcune ripetute, con ampia variabilità individuale. Da qualche tempo stiamo affrontando questo<br />
tema utilizzando approcci multivariati, capaci di combinare valutazioni di popolazione con stime di tipo<br />
individuale, quale può essere fornita dall’applicazione di tecniche di forward search (Solaro, 2008). Riteniamo<br />
che combinare approcci innovativi in ambito statistico, derivati da paradigmi fisiopatologici (Pagani, 2008)<br />
salvando nel contempo la relazione con il mo<strong>del</strong>lo epidemiologico tradizionale, possa fornire metodologie atte<br />
a implementare l’introduzione di stili di vita salutari (esercizio, alimentazione, stress management, evitamento<br />
fumo) e a valutarne l’impatto preventivo. Un caveat riguarda la possibilità di utilizzare queste metodologie in<br />
studi di ricerca clinica randomizzata (e in doppio cieco). La randomizzazione e’ infatti resa difficile da una<br />
autoselezione dei pazienti (Lucini, Am Heart J, 2002), e il cieco e’ ovviamente impossibile trattandosi di<br />
procedure comportamentali esplicite. Tuttavia sono possibili osservazioni di confronto con popolazioni cui non<br />
vengano applicati trattamenti attivi. La nostra esperienza in questo campo suggerisce che e’ possibile ottenere<br />
importanti variazioni <strong>del</strong> quadro comportamentale, e <strong>del</strong>le misure surrogate ad esse associato (ad esempio<br />
livello di stress soggettivo, profilo neurovegetativo). Tali variazioni sono, sia pure in un contesto di misurazioni<br />
assai “rumorose”, in grado di essere valutate con accuratezza, soprattutto grazie all’impiego di statistiche<br />
multivariate innovative. Rimane da definire con studi longitudinali se le variazioni <strong>del</strong> quadro fisiopatologico<br />
indotte nel singolo paziente da trattamenti basati sull’implementazione di stili di vita salutari si accompagna ad<br />
un miglioramento <strong>del</strong> profilo di rischio <strong>del</strong>la popolazione. Una risposta certa si potrà avere solo dopo ricerche<br />
di maggiore ampiezza e durata<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Governo clinico -I-Aula Magna - 17 ottobre mattina<br />
USO DEI FARMACI NEI PAZIENTI AFFETTI DA DEMENZA NELLA REGIONE LAZIO.<br />
ANALISI DEI DATI DI PRESCRIZIONE FARMACEUTICA NELL’ANNO 2007.<br />
Chini F, Orzella L, Scalmana S, Veloccia S, Borgia P<br />
Laziosanità - Agenzia di Sanità Pubblica, Regione Lazio<br />
Introduzione. Le demenze comprendono un insieme di patologie di notevole impatto in termini socio sanitari.<br />
In Europa si stima che l’Alzheimer rappresenti il 54% di tutte le demenze con una prevalenza <strong>del</strong> 4,4% nella<br />
popolazione ultra65. La prevalenza <strong>del</strong>la patologia aumenta con l’età e risulta maggiore nelle donne. I tassi di<br />
incidenza per la malattia di Alzheimer in Europa indicano per i maschi un incremento da 0,9 casi per 1.000 anni<br />
/persona nella fascia di età compresa tra i 65 e i 69 anni a 20 casi in quella con età maggiore di 90 anni; nelle<br />
donne l’incremento varia da 2,2 nella classe di età compresa tra i 65 e i 69 anni a 69,7 casi per 1.000<br />
anni/persona nella classe di età maggiore di novanta anni. L’Italian Longitudinal Study on Aging (ILSA)<br />
individua una prevalenza <strong>del</strong> 2,5% per l’Alzheimer e <strong>del</strong> 6% per tutte le demenze. Il “Progetto Cronos” <strong>del</strong><br />
Ministero <strong>del</strong>la Salute, ha istituito, nel Lazio, 34 Unità di Valutazione Alzheimer (UVA), per sperimentare<br />
l’efficacia dei farmaci per l’Alzheimer, monitorandone efficacia e sostenibilità.<br />
Obiettivi. L’obiettivo <strong>del</strong> presente studio è quello di analizzare l’esposizione ai farmaci anti-demenza nella<br />
popolazione <strong>del</strong> Lazio e la prescrizione farmaceutica per età e sesso dei pazienti.<br />
Metodi. Il monitoraggio regionale ha individuato le prescrizioni di farmaci erogati dai Medici di Medicina<br />
Generale (MMG) per ASL di appartenenza o direttamente dalle UVA, nel corso <strong>del</strong> 2007. È stato inoltre<br />
interrogato il sistema informativo gestito dall’ASP sulla distribuzione diretta. Le variabili considerate sono<br />
spesa lorda, consumi (espressi in dosi definite die – DDD) e prevalenza d’uso. Le analisi sono state condotte<br />
per sostanza. Le popolazioni <strong>del</strong>le ASL sono state standardizzate per età e sesso. Sono state selezionate le<br />
seguenti sostanze: donezepil (N06DA02), rivastigmina (N06DA03), galantamina (N06DA04). La memantina<br />
(N06DX01), pur appartenendo alla stessa categoria di farmaci non è stata inclusa poiché non rimborsabile dal<br />
servizio sanitario regionale.<br />
Risultati. Le 64.441 prescrizioni per farmaci anti-demenza hanno generato una spesa lorda di 10.000.000€ (il<br />
7,8% totale <strong>del</strong>la categoria dei farmaci per il sistema nervoso). La sostanza che incide maggiormente in termini<br />
di spesa sul totale è il donezepil (64,3%). A livello di ASL si nota una elevata variabilità per spesa, consumi e<br />
prevalenza d’uso. La variabilità è confermata anche in termini di costo medio <strong>del</strong>la DDD: le ASL romane e la<br />
ASL di Latina presentano l’erogazione di maggiori quantità molto costose. La prevalenza d’uso (x 1000<br />
abitanti) è pari a 1,9, l’età mediana degli utilizzatori è 79 anni con un maggior utilizzo da parte <strong>del</strong>le donne<br />
(M/F = 0,53). I soggetti con una sola prescrizione sono il 14,3% per l’intera classe. Il consumo aumenta con<br />
l’età: il maggior ricorso ai farmaci si rileva nella fascia 80-84 anni. I farmaci anti-demenza in distribuzione<br />
diretta sono erogati da una struttura <strong>del</strong>la ASL RME e dai servizi farmaceutici <strong>del</strong>la ASL di Viterbo, con una<br />
spesa lorda di 105.000€ nonostante le UVA siano presenti, seppur in modo eterogeneo, in tutta la regione.<br />
L’utilizzo è maggiore nelle donne con una età mediana di 81 anni.<br />
Conclusioni. Data l’elevata variabilità prescrittiva nel Lazio sarebbe auspicabile un monitoraggio nel tempo di<br />
spesa e consumi nonché un raffronto con le altre realtà regionali.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Governo clinico -I-Aula Magna - 17 ottobre mattina<br />
MODELLI ASSOCIATIVI DELLA PEDIATRIA DI FAMIGLIA E ACCESSO AL PRONTO<br />
SOCCORSO: UNO STUDIO DI COORTE NEL LAZIO<br />
Polo A., Farchi S., Franco F., Di Lallo D.<br />
Laziosanità-Agenzia di Sanità Pubblica <strong>del</strong>la Regione Lazio, Roma<br />
Introduzione. I mo<strong>del</strong>li associativi previsti dai contratti collettivi <strong>del</strong>la pediatria convenzionata sono stati<br />
istituiti per assicurare una maggiore continuità assistenziale, riducendo il ricorso inappropriato al Pronto<br />
Soccorso per quelle condizioni cliniche di competenza ambulatoriale.<br />
Obiettivi. Valutare se i bambini assistiti da Pediatri di Famiglia che lavorano in gruppo (PdFG) o in<br />
associazione (PdFA) ricorrono meno frequentemente al Pronto Soccorso (PS) rispetto a quelli assistiti da<br />
pediatri che lavorano singolarmente (PdFS).<br />
Metodi. Dall’archivio degli assistiti sono stati selezionati bambini di età 0-6 anni seguiti nel 2006 da un solo<br />
PdF <strong>del</strong> Lazio che aveva la stessa modalità organizzativa da almeno due anni. Sono stati individuati nel Sistema<br />
Informativo <strong>del</strong>l’Emergenza Sanitaria gli accessi al PS dei bambini selezionati durante l’anno 2006. Sono stati<br />
esclusi dall’analisi gli accessi ad elevata gravità clinica e/o emergenza, per traumatismi/avvelenamenti e per<br />
ricovero programmato. Complessivamente l’analisi è stata effettuata su 293.662 bambini. Rispetto alla<br />
modalità associativa, 199.128 bambini erano assisti da 489 PdFS (pediatra che lavora da solo nell’ambulatorio),<br />
60.912 da 152 PdFA (pediatra che è in rete con altri ambulatori pediatrici) e 33.622 bambini da 81 PdFG (più<br />
pediatri che lavorano insieme nello stesso ambulatorio). Sono stati calcolati i tassi di accesso in PS per le tre<br />
modalità organizzative. È stato poi applicato un mo<strong>del</strong>lo logistico multilevel per stimare la probabilità (Odds<br />
Ratio) di accesso al PS <strong>del</strong>le due modalità associative rispetto a quella singola tenendo conto di potenziali<br />
fattori di confondimento a livello micro (età, sesso, residenza, esenzione ticket per patologia/reddito, prossimità<br />
<strong>del</strong>lo studio <strong>del</strong> PdF con il domicilio) e a livello macro (il pediatra e il numero degli assistiti).<br />
Risultati. Sono stati osservati 45.081 accessi in PS (153,5/1000 assistiti). Le diagnosi più frequenti di PS sono<br />
state: ‘faringite acuta’ (9,6%) e ‘Sintomi relativi all’apparato digerente’ (9%). Il tasso di accesso al PS è<br />
risultato inferiore nei bambini assistiti dal PdFS (149,1; IC95%:147,5-150,6) rispetto a quelli assistiti dal PdFA<br />
(167,0; IC95%:164,0-170,0) e dal PdFG (155,4; IC95%:151,6-159,4). L’analisi multivariata ha messo in<br />
evidenza lievi differenze nella probalilità di accesso al PS fra PdFG (OR=0,92;IC95%:0,85-0,99) e PdFA<br />
(OR=1,05;IC95%:1,00-1,10) rispetto a PdFS. Rispetto alle altre variabili <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo, la probabilità di accesso<br />
era significativamente più alta nei maschi (OR=1.23;IC95%:1.2-1.25), nei bambini di età inferiore all’anno<br />
(OR3aa=1,84; IC95%:1,79-1,9) e di età 1-2 anni (OR1-2aa vs >3aa=2,13;IC95%:2,08-2,18), in quelli<br />
esenti dal ticket (OR=1,55;IC95%:1,51-1,59) ed in quelli assistiti da un PdF con ambulatorio collocato in una<br />
ASL differente dalla propria (OR=1,3; IC95%:1,02-1,65).<br />
Conclusioni. Rispetto alla modalità organizzativa <strong>del</strong>la pediatria singola, il nostro studio evidenzia una lieve<br />
associazione fra pediatra di gruppo e minor ricorso al PS mentre non si osservano differenze con la pediatria in<br />
associazione. Oltre all’età ed alla presenza di patologia importanti (misurata dall’esenzione ticket) un altro<br />
determinante <strong>del</strong> ricorso al PS è risultato essere la lontananza <strong>del</strong> domicilio <strong>del</strong> bambino dall’ambulatorio.<br />
Questi risultati mettono in parte in discussione “l’efficacia” di alcuni mo<strong>del</strong>li di continuità assistenziale <strong>del</strong>la<br />
pediatria di famiglia.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Governo clinico -I-Aula Magna - 17 ottobre mattina<br />
PROGETTO PER IL GOVERNO CLINICO NELL’ASL DI BRESCIA: LA VALUTAZIONE<br />
DEL RISCHIO CARDIO-CEREBROVASCOLARE DA PARTE DEI MEDICI DI<br />
MEDICINA GENERALE<br />
Scarcella C 1 , Vassallo F 1 , Lonati F 1 , Donato F 2 , Medea G 3 , Rossi A 3 , Magoni M 1<br />
1 Azienda Sanitaria Locale di Brescia, 2 Cattedra di Igiene <strong>del</strong>l’Università di Brescia, 3 Medicina Generale<br />
Brescia<br />
Introduzione e obiettivi. Le patologie cardio-cerebrovascolari rappresentano la prima causa di mortalità, morbosità e<br />
disabilità nel nostro paese. Il controllo dei principali fattori di rischio (fumo di tabacco, sedentarietà, obesità, ipertensione<br />
arteriosa, ipercolesterolemia, diabete) potrebbe ridurre drasticamente l’impatto sanitario di tali patologie. La valutazione <strong>del</strong><br />
rischio cardio-cerebrovascolare (RCCV) mediante le carte <strong>del</strong> rischio previste dal Progetto Cuore <strong>del</strong>l’Istituto Superiore di<br />
Sanità – CCM permette di valutare la probabilità di un evento cardiovascolare maggiore (infarto <strong>del</strong> miocardio, ictus) nei<br />
successivi 10 anni e può essere utilizzato quale strumento per:<br />
1. la promozione di stili di vita sani nella popolazione generale<br />
2. lo screening per identificare i soggetti da sottoporre a trattamenti specifici (anti-ipertensivi, statine)<br />
3. la distribuzione dei fattori di rischio nella popolazione e la loro evoluzione nel tempo<br />
Con tali fini si è promosso il calcolo <strong>del</strong> RCCV da parte dei medici di medicina generale (MMG) <strong>del</strong>l’ASL di Brescia<br />
nell’ambito di un progetto di “Governo Clinico”, termine usato per indicare tutte le attività che hanno come scopo finale il<br />
miglioramento <strong>del</strong>l’organizzazione e <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>l’assistenza sanitaria.<br />
Metodi. I MMG aderenti al progetto estraggono trimestralmente dalle proprie cartelle un report informatico (anonimo)<br />
contenente i dati di interesse e lo inviano al Dipartimento Cure Primarie <strong>del</strong>l’ASL in forma criptata, mediante il Sistema<br />
Informatico Socio Sanitario <strong>del</strong>la regione Lombardia (SISS). Sulla base dei dati trasmessi da ciascun MMG vengono<br />
calcolati alcuni indicatori e ad ogni MMG viene inviato un ritorno informativo personalizzato e commentato, con il<br />
confronto dei propri indicatori rispetto a quelli <strong>del</strong>l’intero gruppo, per consentire l’analisi e il confronto secondo i principi<br />
generali <strong>del</strong> clinical audit<br />
Risultati. Il progetto ha avuto inizio nel 2006 e in poco più di 2 anni il numero di MMG partecipanti è cresciuto dai 25<br />
iniziali fino ai 299 <strong>del</strong>l’ultima trasmissione (aprile 2008). Il numero di assistiti tra i 40 e i 70 anni per i quali sono state<br />
trasmesse informazioni rappresentava il 3,5% <strong>del</strong>la popolazione <strong>del</strong>l’ASL nella prima trasmissione (15.128 soggetti) ed è<br />
cresciuto fino a 206.790 assistiti <strong>del</strong>l’ultima trasmissione, pari al 45,4% <strong>del</strong>la popolazione <strong>del</strong>l’ASL di tale età.. In parallelo,<br />
il numero degli assistiti con calcolo <strong>del</strong> RCCV è passato da 364 a 25.813. Gli indicatori di processo considerati, quali la<br />
percentuale di assistiti con la registrazione di abitudine fumatoria, BMI, pressione arteriosa, e gli altri fattori di rischio, sono<br />
continuamente migliorati<br />
per i MMG che<br />
partecipavano al progetto. Indicatore<br />
Nella tabella si riportano i<br />
N° %<br />
dati cumulativi <strong>del</strong>la<br />
con dato registrato 88.926 43,0%<br />
trasmissione <strong>del</strong>l’aprile FUMO DI TABACCO<br />
% fumatori 22.362 25,1%<br />
2008. Si noti come la<br />
% ex-fumatori 16.471 18,5%<br />
pressione arteriosa sia il<br />
con dato registrato 61.513 29,7%<br />
dato più frequentemente<br />
BMI 25-30 23.277 37,8%<br />
BMI<br />
registrato, seguito da fumo<br />
BMI>30 13.212 21,5%<br />
di tabacco, colesterolemia<br />
calcolato nell'ultimo anno 32.466 52,8%<br />
e BMI.<br />
dato registrato 76.197 36,8%<br />
Conclusioni. Si è attivato<br />
un processo di confronto<br />
tra pari che ha portato<br />
all’estensione <strong>del</strong>la<br />
valutazione <strong>del</strong> RCCV ad<br />
una quota crescente di<br />
popolazione ed ad un<br />
progressivo miglioramento<br />
nella completezza dei dati<br />
rilevati e registrati.<br />
COLESTEROLO<br />
PRESSIONE<br />
ARTERIOSA<br />
R C C V<br />
200-239 mg/dl 29.840 39,2%<br />
>=240 mg/dl 21.634 28,4%<br />
con dato registrato 106.588 51,5%<br />
PAS>140/90 23.323 21,9%<br />
con pregressi accidenti CCV 7.392 3.6%<br />
calcolato dal MMG 25.813 12,5%<br />
RCCV = 1% e = 3% e = 10% e =20% 1.296 5,0%<br />
[Il testo e/o le figure sono state ridotte perché debordanti dal formato previsto per gli abstract]<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Governo clinico -I-Aula Magna - 17 ottobre mattina<br />
ANALISI DEI DETERMINANTI DELL'OSPEDALIZZAZIONE EVITABILE NELLA<br />
REGIONE LAZIO<br />
Viola G 1 , Rosano A 1 , Di Domenicantonio R 1 , Guasticchi G 1<br />
1<br />
Laziosanità - Agenzia di Sanità Pubblica, Roma<br />
Introduzione. L'ospedalizzazione evitabile (OE) riguarda i ricoveri determinati da condizioni che possono<br />
essere trattate mediante un’appropriata e tempestiva assistenza primaria (Ambulatory Care Sensitive<br />
Conditions, ACSC); costituisce perciò un indicatore indiretto <strong>del</strong>l’accessibilità e <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>l’assistenza<br />
primaria sul territorio. Diversi studi hanno dimostrato l'esistenza di un'associazione positiva tra OE e condizioni<br />
socio-economiche svantaggiate.<br />
Obiettivi. Descrivere il fenomeno <strong>del</strong>l’OE tra i residenti <strong>del</strong>la regione Lazio con più di 18 anni e analizzare<br />
l’associazione tra OE e alcuni fattori determinanti; in particolare sono stati considerati il livello di istruzione,<br />
come proxy <strong>del</strong>lo stato socio-economico e il livello di urbanizzazione <strong>del</strong> comune di residenza come indicatore<br />
<strong>del</strong>la disponibilità e <strong>del</strong>l'accessibilità ai servizi territoriali.<br />
Metodi. Dall’archivio <strong>del</strong>le Schede di Dimissione Ospedaliera <strong>del</strong> Sistema Informativo Sanitario <strong>del</strong>la regione<br />
Lazio sono stati selezionati i ricoveri ordinari per acuti a carico di residenti maggiorenni, con dimissione nel<br />
2006 dagli istituti pubblici e privati accreditati <strong>del</strong>la Regione. Tra questi sono stati individuati i ricoveri per<br />
ACSC, suddivise in 14 patologie, secondo i criteri definiti da Weissman e revisionati da Pirani. Le patologie<br />
sono state poi raggruppate in due classi: patologie acute gestibili con una diagnosi precoce ed un trattamento<br />
tempestivo e patologie croniche gestibili con appropriati controlli e follow-up per prevenire il deterioramento e<br />
l’ospedalizzazione.<br />
L’analisi <strong>del</strong>l’associazione tra OE e i fattori livello di istruzione (classificato in due modalità: fino alla licenza<br />
media e dal diploma superiore in su) e livello di urbanizzazione <strong>del</strong> comune di residenza (classificato in due<br />
modalità: inferiore o superiore a 50.000 abitanti) è stata condotta mediante un approccio proporzionale,<br />
confrontando i ricoveri per ACSC con i ricoveri per tutte le altre cause mediante il mo<strong>del</strong>lo logistico, aggiustato<br />
per sesso e classe di età <strong>del</strong> paziente. Sono state analizzate eventuali interazioni tra bassa scolarità e i fattori età<br />
e sesso.<br />
Risultati. Nel periodo in studio sono state osservate 45.558 dimissioni da ricoveri potenzialmente evitabili, pari<br />
al 7,8% <strong>del</strong>le dimissioni registrate. Si tratta di patologie acute nel 27,8% dei casi e croniche nel 72,2%.<br />
La bassa scolarità si rivela un fattore di rischio importante, essendo associata a una proporzione maggiore di<br />
ricoveri per ACSC [OR 1,40; IC 95% 1,35-1,45]; si registra inoltre un'interazione quantitativa tra la bassa<br />
scolarità e il sesso femminile [OR 1,11; IC 95% 1,05-1,17]. Anche risiedere in un comune poco urbanizzato<br />
sembra avere un ruolo nel predire il rischio di OE [OR 1,17; IC 95% 1,14-1,19].<br />
Distinguendo le patologie acute da quelle croniche, si osserva che per le prime rimane significativo il fattore<br />
titolo di studio [OR 1,42; IC 95% 1,33-1,51], ma con un effetto mitigato per le femmine, mentre il livello di<br />
urbanizzazione non sembra avere un ruolo significativo. Per le condizioni croniche invece il risiedere in piccoli<br />
comuni si afferma più nettamente come fattore di rischio [OR 1,25; IC 95% 1,22-1,28], parallelamente al basso<br />
titolo di studio [OR 1,39; IC 95% 1,33-1,45], che interagisce con il sesso accentuando il rischio per le femmine.<br />
Conclusioni. Il fenomeno <strong>del</strong>l'OE nel Lazio ha dimensioni rilevanti: circa un ricovero su quattordici si può<br />
definire evitabile. Lo studio ha messo in luce l’importanza di specifici fattori di rischio che fanno riferimento<br />
alle condizioni socio-economiche e alla disponibilità di assistenza primaria. La proporzione <strong>del</strong>la bassa<br />
scolarità tra i ricoveri per ACSC, sempre maggiore rispetto alla media, fa riflettere sull'opportunità di<br />
prevenzione da parte <strong>del</strong>le classi sociali più svantaggiate. Anche il ruolo <strong>del</strong> fattore urbano, che emerge<br />
nell'ambito <strong>del</strong>l'OE per condizioni croniche, rimanda a problemi di accessibilità dei servizi territoriali nei<br />
comuni meno urbanizzati, in cui è la popolazione anziana che verosimilmente subisce i maggiori disagi.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Stili di vita -J-Aula Scienza - 17 ottobre mattina<br />
IMPATTO DEL FUMO DI TABACCO E CONSUMO DI ALCOL SULLA<br />
SOPPRAVVIVENZA DI PAZIENTI CON LINFOMA NON-HODGKIN<br />
Talamini R 1 , Polesel J, 1 Spina M, 2 Zucchetto A, 1 Chimienti E, 2 Lise M, 1 De Paoli A ,1 Zanet E, 2 Canzonieri V ,3<br />
Franceschi S ,4 Tirelli U,2 Serraino D 1<br />
1 SOC di <strong>Epidemiologia</strong> e Biostatistica, IRCCS CRO Aviano (PN); 2 Divisione di Oncologia Medica A, IRCCS<br />
CRO Aviano (PN); 3 SOC Anatomia Patologica, IRCCS CRO Aviano (PN); 4 International Agency for Research<br />
on Cancer, Lyon (Francia)<br />
Introduzione. Il fumo di tabacco ed il consumo di bevande alcoliche sono stati associati ad un eccesso di<br />
rischio di linfoma non-Hodgkin (LNH). Tuttavia, l’impatto di questi fattori di rischio sulla sopravvivenza dopo<br />
la diagnosi di LNH è stato scarsamente indagato.<br />
Obiettivo. Quantificare il ruolo <strong>del</strong> fumo di sigarette e <strong>del</strong> consumo di bevande alcoliche precedente alla<br />
diagnosi di LNH sulla sopravvivenza di tali pazienti.<br />
Metodi. La presente analisi include 268 pazienti (età mediana: 57 anni; range 18-80 anni) con LNH<br />
istologicamente confermato, visti consecutivamente dal 1983 al 2002 presso la Divisione di Oncologia Medica<br />
A <strong>del</strong>l’IRCCS CRO di Aviano. In questo centro un unico team di nanatomo-patologi ed oncologi ha partecipato<br />
alla diagnosi (e.g.: istotipo) e allo staging (i.e.: performance status – PS –, stadio, sintomi B, stato linfonodale,<br />
International Prognostic Index – IP). Tutti i pazienti sono stati seguiti durante il trattamento, e,<br />
successivamente, con visite programmate ogni 6-12 mesi. Lo stato in vita è stato aggiornato in modo attivo<br />
(fine follow-up: dicembre 2006; mediana di follow-up: 60 mesi). Durante la prima visita, i 268 pazienti sono<br />
stati arruolati come casi in uno studio caso-controllo ospedaliero condotto dalla SOC di <strong>Epidemiologia</strong> e<br />
Biostatistica <strong>del</strong>lo stesso Istituto. All’arruolamento, i soggetti sono stati intervistati da infermiere addestrate<br />
attraverso un apposito questionario validato mirante a raccogliere informazioni socio-demografiche, stili di vita<br />
(consumo di alcol e tabacco, abitudini alimentari) precedenti alla diagnosi e storia di malattie pregresse.<br />
L’impatto <strong>del</strong> fumo di tabacco e <strong>del</strong> consumo di bevande alcoliche sulla sopravvivenza è stato calcolato<br />
tramine hazard ratio (HR), e relativi intervalli di confidenza (CI) al 95%, utilizzando il mo<strong>del</strong>lo di Cox,<br />
aggiustando per sesso, età, sintomi B, e IPI. Le curve di sopravvivenza sono stata calcolate attraverso il metodo<br />
di Kaplan-Meier.<br />
Risultati. Complessivamente, 158 pazienti sono morti (tutte le cause) durante il follow-up. In confronto alle<br />
persone che non avevano mai fumato, i soggetti che fumavano 20 sigarette/die presentavano un maggiore<br />
rischio di morire (HR=1,70; CI 95%: 1,06-2,73) con una più bassa sopravvivenza a 5 anni (60% e 46%,<br />
rispettivamente). In modo similare, i pazienti che bevevano 4 bicchieri/die avevano un rischio di morire più<br />
elevato rispetto a chi beveva
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Stili di vita -J-Aula Scienza - 17 ottobre mattina<br />
ALCOOL, TABACCO E SUSCETTIBILITA’ GENETICA: UNO STUDIO CASO-<br />
CONTROLLO SUI TUMORI DELLE PRIME VIE AREODIGESTIVE<br />
Canova C 1 , Richiardi L 2 , Merletti F 2, Talamini R 3 , Simonato L 1<br />
1 Dipartimento Medicina Ambientale e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Padova, 2 Unità di<br />
<strong>Epidemiologia</strong> dei tumori, CeRMS e Università di Torino, 3 Unità di <strong>Epidemiologia</strong> e Biostatistica, Centro di<br />
Riferimento Oncologico,IRCCS, Aviano<br />
Introduzione. Ogni anno in Italia vi sono circa 14000 nuovi casi e 7000 deceduti per tumori <strong>del</strong>le prime vie<br />
aerodigestive (i.e. cavità orale, faringe, laringe ed esofago) (VADS) (Ferlay, 2004). La sopravvivenza per<br />
questi tumori non è migliorata sensibilmente negli ultimi anni e il principale metodo per ridurre questa malattia<br />
rimane l’eliminazione di eccessi nel consumo di alcool e tabacco, i più importanti fattori di rischio accertati. I<br />
tumori legati al fumo di tabacco ed al consumo di alcool sono di interesse particolare per l’epidemiologia<br />
molecolare poiché questi fattori di rischio coinvolgono numerosi cancerogeni che possono interagire con una<br />
varietà di fattori genetici. Lo scopo di questo lavoro, attraverso lo studio dei polimorfismi di singoli nucleotidi<br />
(SNP), è l’identificazione di geni codificanti per enzimi coinvolti nel metabolismo <strong>del</strong>l’alcool (ADH, ALDH)<br />
e quelli responsabili <strong>del</strong>l’attivazione e detossificazione <strong>del</strong>le sostanze cancerogene presenti nel tabacco (CYP,<br />
NAT, GST), per identificare sottogruppi ad alto rischio per i tumori <strong>del</strong>le VADS.<br />
Materiali e metodi. E’ stato condotto uno studio caso-controllo multicentrico europeo (ARCAGE) coordinato<br />
dall’”International Agency of Research on Cancer” nel periodo 2002-2006. I risultati presentati si riferiscono ai<br />
3 centri Italiani partecipanti (Torino, Aviano e Padova). Sono stati selezionati casi incidenti con diagnosi<br />
istopatologica di tumore <strong>del</strong>le VADS (età 79 anni). I controlli, frequency-matched per sesso, età e centro,<br />
erano pazienti ricoverati nella stessa rete di ospedali dei casi per patologia acuta non cronico-degenerativa. Casi<br />
e controlli sono stati intervistati per ottenere informazioni dettagliate sulle abitudini al fumo di tabacco, sul<br />
consumo di bevande alcoliche, e su altri stili di vita; un campione di sangue è stato richiesto a ciascun<br />
paziente. I dati sono stati analizzati utilizzando regressioni logistiche multiple non condizionate includendo nel<br />
mo<strong>del</strong>lo le variabili di appaiamento e, dove opportuno, il livello di istruzione, il consumo cumulativo di<br />
tabacco (pacchetti/anno (PA)) e il consumo di alcool (n° bicchieri/giorno). L’effetto congiunto <strong>del</strong> consumo di<br />
fumo e alcool e le opportune interazioni gene-ambiente sono state calcolate includendo nel mo<strong>del</strong>lo i due effetti<br />
principali e l’interazione tra le due variabili di interesse, e confrontando i due mo<strong>del</strong>li attraverso il rapporto di<br />
massima verosimiglianza. Infine sono stati calcolati i rischi attribuibili di popolazione (RAP) dalla prevalenza<br />
osservata dei diversi fattori di rischio nei controlli e dalle stime degli odds ratio (OR) per fumo ed alcool.<br />
Risultati. Sono stati inclusi nelle analisi 449 casi (232 tumori <strong>del</strong>la cavità orale, 166 <strong>del</strong>la laringe, 51<br />
<strong>del</strong>l’esofago) e 477 controlli. Il rischio in rapporto al numero di PA fumati ha mostrato per la categoria a<br />
maggior consumo di tabacco (40 PA) un OR di 6.19 (intervallo di confidenza (I.C.) 95% 3.83-10.00) con un<br />
trend per il test statisticamente significativo (pG (rs1662058) (p-trend: 0.02), CYP1A1 IVS1+606T>G (rs2606345) (p-trend: 0.03),<br />
CYP2A6 -47A>C (rs28399433) (p-trend: 0.04), GSTA2 UTR A>G (rs2254050) (p-trend: 0.01). In particolare<br />
per il polimorfismo <strong>del</strong> gene ADH1C, i lenti metabolizzatori <strong>del</strong>l’alcool hanno mostrato rischi superiori a 2<br />
rispetto ai metabolizzatori veloci, anche dopo l’aggiustamento sul consumo di alcool. E’ stata evidenziata<br />
un’interazione tra i genotipi varianti di ADH1C ed il consumo di alcool: il rischio nei i forti bevitori (5+<br />
bicchieri al giorno) ed i soggetti con genotipo omozigota variante era 25 volte superiore rispetto ai leggeri<br />
bevitori con genotipo omozigota comune/eterozigota.<br />
Conclusioni. Questo lavoro ha confermato che il fumo e l’alcool sono responsabili di circa il 70% e dei tumori<br />
<strong>del</strong>le VADS, risultando quindi i principali fattori di rischio e suggerendo la necessità di strategie di sanità<br />
pubblica più incisive per prevenire e ridurre il loro consumo. I risultati suggeriscono inoltre che il gene ADH1C<br />
possa modificare l’effetto dose-risposta <strong>del</strong>l’alcool nel rischio di neoplasie <strong>del</strong>le VADS, con una consistente<br />
interazione genetico-ambientale.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
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STILE DI VITA E PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE<br />
Salvatore Panico<br />
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università Federico II di Napoli<br />
La prevenzione <strong>del</strong>le malattie croniche degenerative di maggiore impatto sociale, come le malattie<br />
cardiovascolari è obiettivo primario di sanità pubblica. Le strategie preventive possono articolarsi in varie<br />
direzioni: interventi mirati alla popolazione generale oppure interventi mirati agli individui a rischio aumentato.<br />
Tra tutti gli interventi possibili la promozione di stili di vita protettivi, in particolare attraverso l’adozione di<br />
uno stile alimentare che si basi abitualmente su pattern di consumo di tipo mediterraneo, appare una strategia<br />
adeguata rispetto all’evidenza scientifica esistente ed alle potenzialità di efficacia pratica. Insieme a questa<br />
osservazione appare inscindibile l’attenzione allo stato nutrizionale (massa corporea) e all’attività fisica. E’<br />
interessante notare come anche negli anni più recenti, nonostante le grandi trasformazioni <strong>del</strong>le abitudini di<br />
vita, un’alimentazione abituale ispirata alle tradizionali abitudini mediterranee (pasta, verdure, olio di oliva, un<br />
bicchiere di vino al giorno ai pasti) può mostrare capacità protettive sull’insorgenza <strong>del</strong>le malattie<br />
cardiovascolari e nella prevenzione <strong>del</strong>le recidive di eventi acuti. In particolare studi condotti negli ultimi anni<br />
su coorti osservate tra la fine <strong>del</strong> 1900 e l’inizio <strong>del</strong> 2000 (come è il caso in Italia <strong>del</strong>le coorti partecipanti allo<br />
studio EPICOR, componente cardiovascolare nazionale <strong>del</strong>lo studio prospettico europeo EPIC) suggeriscono<br />
che:<br />
- alimentarsi in accordo ad un indice di consumo mediterraneo protegge dalle malattie cardiovascolari<br />
- il consumo di alimenti che arricchiscono la componente <strong>del</strong>la dieta quotidiana con carboidrati ad alto indice<br />
glicemico aumenta il rischio di malattie cardiovascolari<br />
- il consumo di vegetali (più che quello di frutta) ed in particolare di verdure a foglia (insalata, ma anche<br />
verdure cotte come bietole e spinaci) riduce il rischio cardiovascolare<br />
- essere in forte sovrappeso o obesi aumenta il rischio cardiovascolare, particolarmente quello per la cardiopatia<br />
ischemica.<br />
Dagli stessi dati è possibile rilevare che, al fine di raggiungere un equilibrio energetico, svolgere in modo<br />
continuativo una attività fisica di intensità moderata, senza necessariamente impegnarsi in – poco fattibili nella<br />
continuità di tutti i giorni – esercizi da palestra, riduce il rischio cardiovascolare. Le questioni rilevanti<br />
appaiono dunque non tanto quelle legate al tipo di evidenza disponibile, anche nella popolazione italiana,<br />
quanto quelle inerenti la fattibilità di un’azione di prevenzione in sanità pubblica mirata alle malattie<br />
cardiovascolari. Per ragioni diverse un intervento che si basi essenzialmente sull’acquisizione di stili di vita<br />
protettivi per le malattie cardiovascolari appare problematico, sia se pensato per la popolazione generale sia per<br />
gli individui a rischio aumentato. Nel primo caso l’ostacolo maggiore è certamente lo scontro tra interessi ben<br />
<strong>del</strong>ineati nel mondo economico e politico. Nel secondo caso, quando l’azione dei professionisti medici è<br />
decisiva, la preponderanza <strong>del</strong>la cultura <strong>del</strong> farmaco (e degli interessi ad essa legati) è tale da scalzare azioni<br />
basate sugli stili di vita. La prospettiva di sanità pubblica deve contare su programmi che impegnino medici,<br />
operatori sanitari, ma soprattutto decisori politici, al fine di favorire quel cambiamento strutturale e culturale<br />
che da solo è in grado di rispondere alle necessità di ridurre, in età produttiva, il peso <strong>del</strong>le malattie<br />
cardiovascolari.<br />
La necessità è di integrare le diverse tipologie di intervento e di agire tenendo conto soprattutto <strong>del</strong>le condizioni<br />
di non equità sociale. La dicotomia tra intervento su popolazione generale e individui a rischio aumentato<br />
continua a generare ambiguità metodologiche e fallimenti <strong>del</strong>le attività preventive.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Stili di vita -J-Aula Scienza - 17 ottobre mattina<br />
L’ASMA NELL’INFANZIA RIDUCE LA PROBABILITÀ DI INIZIARE A FUMARE<br />
DURANTE LA SECONDA DECADE DI VITA NEI MASCHI<br />
Verlato G 1 , Bortolami O 1 , Accordini S 1 , Cappa V 1 , Bugiani M 2 , Villani S 3 , e de Marco R 1 .<br />
1 Sezione di <strong>Epidemiologia</strong> & Statistica Medica, Università di Verona, Italia. 2 Dipartimento di Pneumologia,<br />
CPA-ASL TO2, Torino, Italia. 3 Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali, Sezione<br />
di Statistica Medica ed <strong>Epidemiologia</strong>, Università di Pavia, Italy<br />
Introduzione. E’ noto che il fumo può scatenare attacchi d’asma, aumentare l’incidenza <strong>del</strong>la malattia [Frank<br />
et al, Int J Tuberc Lung Dis 2007: 11:338-43] e accelerare il declino <strong>del</strong>la funzionalità respiratoria negli<br />
asmatici [Dijkstra et al, Thorax 2006; 61:105-10]. Tuttavia, non è stato investigato a fondo se la malattia<br />
asmatica abbia a sua volta un effetto sulle abitudini al fumo.<br />
Obiettivi. Abbiamo studiato la relazione tra asma nell’infanzia (0-10 anni) e l’inizio <strong>del</strong>l’abitudine al fumo<br />
nella II decade (11-20 anni), utilizzando il database ISAYA (Italian Study on Asthma in Young Adults),<br />
un’indagine condotta nel periodo 1998-2000 su soggetti nati tra il 1953 e il 1979.<br />
Metodi. Abbiamo confrontato l’incidenza cumulativa <strong>del</strong>l’inizio <strong>del</strong>l’abitudine al fumo tra 11 e 20 anni tra 1)<br />
soggetti che non riferivano asma nei primi 20 anni (n=17.384), 2) soggetti che riportavano l’insorgenza di asma<br />
nella I decade di vita con persistenza <strong>del</strong>la malattia oltre i venti anni (n=305), 3) soggetti che riferivano<br />
l’insorgenza di asma nella I decade con successiva remissione <strong>del</strong>la malattia nella I-II decade (n=573).<br />
Risultati. Tra i maschi l’incidenza cumulativa <strong>del</strong>l’inizio <strong>del</strong> fumo era particolarmente elevata nei non-asmatici<br />
(49%), leggermente inferiore negli asmatici con remissione <strong>del</strong>la malattia (44,2%) e molto più bassa negli<br />
asmatici con malattia persistente (35,6%) (P=0,001). Queste differenze erano maggiori nei maschi nati nel<br />
periodo 1953-65 e tendevano a scomparire nei maschi nati nel periodo 1966-79: infatti, tra la prima e la<br />
seconda coorte di nascita l’incidenza cumulativa <strong>del</strong>l’inizio <strong>del</strong> fumo diminuiva dal 54,3% al 43,8% nei nonasmatici<br />
e dal 49,2% al 41,4% nei soggetti con asma in remissione, rimanendo sostanzialmente stabile negli<br />
asmatici con malattia persistente (da 36,6% a 35%). Nelle femmine invece l’incidenza cumulativa <strong>del</strong><br />
tabagismo era abbastanza costante, indipendentemente dall’insorgenza di asma o dalla remissione <strong>del</strong>la<br />
malattia, essendo pari a 39,4% nelle non-asmatiche, a 38,2% nelle asmatiche con remissione <strong>del</strong>la malattia e a<br />
41,2% negli asmatiche con malattia persistente (P=0,849). Il diverso comportamento dei due sessi trovava<br />
ulteriore conferma nell’analisi multivariabile: un mo<strong>del</strong>lo logistico metteva in luce un’interazione significativa<br />
tra sesso e insorgenza/remissione di asma (P=0,035), controllando per coorte di nascita.<br />
Conclusioni. L’asma nella prima decade di vita riduce la probabilità di iniziare a fumare nel decennio<br />
successivo nei maschi, ma non nelle femmine. Questo effetto protettivo diminuisce notevolmente quando<br />
l’asma va in remissione. Gli asmatici sembrano essere meno sensibili alle campagne anti-fumo rispetto agli altri<br />
giovani, forse perché già consapevoli degli effetti nocivi <strong>del</strong> fumo.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Stili di vita -J-Aula Scienza - 17 ottobre mattina<br />
E’ SOLO UN GIOCO: MANCANZA DI ASSOCIAZIONE TRA PARTITE DI CALCIO E<br />
RISCHIO CARDIOVASCOLARE NELLA POPOLAZIONE<br />
Barone-Adesi F, Vizzini L, Merletti F, Richiardi L<br />
<strong>Epidemiologia</strong> dei Tumori, Università di Torino e CPO Piemonte<br />
Introduzione. il ruolo di possibili eventi precipitanti (triggers) nella manifestazione di patologie<br />
cardiovascolari è stato oggetto di diversi studi, che hanno riportato un’associazione tra eventi cardiovascolari e<br />
diverse condizioni di stress sia a livello individuale (attacchi di rabbia, esercizio fisico intenso, assunzione di<br />
stupefacenti) che a livello collettivo (esperienza di catastrofi come terremoti o scenari di guerra). Tali<br />
osservazioni hanno spinto alcuni autori a indagare se anche eventi sportivi di grande rilevanza potessero<br />
provocare uno stress emotivo nei telespettatori così intenso da aumentare il rischio di eventi cardiovascolari.<br />
Un recente studio di Wilpert-Lampen e collaboratori, pubblicato sul New England Journal of Medicine, riporta<br />
un aumento dei ricoveri per eventi cardiovascolari di 2.7 volte in Baviera, durante i giorni nei quali venivano<br />
disputate partite <strong>del</strong> campionato <strong>del</strong> mondo di calcio che coinvolgevano la nazionale tedesca. Un aumento di<br />
rischio di tale entità, se confermato, potrebbe avere importanti ricadute di sanità pubblica.<br />
Obiettivi. Valutare l’andamento dei ricoveri per patologia coronarica acuta in Piemonte nel corso di tre<br />
competizioni calcistiche internazionali in cui l’Italia era coinvolta e condurre una revisione sistematica <strong>del</strong>la<br />
letteratura su questo argomento per vagliare l’evidenza disponibile. Metodi: Abbiamo utilizzato l’archivio <strong>del</strong>le<br />
Schede di Dimissione Ospedaliera <strong>del</strong>la Regione Piemonte per analizzare i ricoveri giornalieri per patologia<br />
coronaria acuta (ICD9: 410-411) durante i campionati <strong>del</strong> mondo di calcio 2002 e 2006, ed i campionati<br />
Europei 2004. Per ognuna <strong>del</strong>le tre competizioni i ricoveri per patologia coronaria acuta durante i giorni nei<br />
quali la nazionale italiana ha disputato degli incontri sono stati confrontati con quelli durante gli altri giorni.<br />
Abbiamo utilizzato mo<strong>del</strong>li di regressione binomiale negativa che includevano le variabili sesso, giorno <strong>del</strong>la<br />
settimana, torneo. Poiché il confronto viene fatto tra i giorni di una stessa competizione, abbiamo considerato le<br />
stime implicitamente aggiustate per trend di lungo periodo e stagionalità. La revisione sistematica è stata<br />
condotta cercando in Pubmed tutte le pubblicazioni che avevano come oggetto l’associazione tra competizioni<br />
calcistiche e patologie cardiovascolari.<br />
Risultati. In nessuna <strong>del</strong>le tre competizioni è stato osservato un aumento dei ricoveri per patologia coronarica<br />
acuta (Campionati 2002: RR 1.12, Intervallo di confidenza al 95% [IC 95%] 0.98-1.27; Europei 2004: RR 0.95,<br />
IC 95% 0.80-1.13; Campionati 2006: RR 0.94, IC 95% 0.83-1.06). La revisione sistematica <strong>del</strong>la letteratura ci<br />
ha permesso di individuare 7 studi. Le differenze negli outcome presi in considerazione dai diversi autori ci<br />
hanno spinto a non produrre una stima<br />
metanalitica complessiva. E’<br />
comunque possibile notare in figura 1<br />
come, con l’esclusione <strong>del</strong>lo studio di<br />
Wilpert-Lampen, le altre stime siano<br />
disperse attorno al valore nullo, e che<br />
le due stime estreme corrispondano<br />
agli studi con minor potenza statistica.<br />
Conclusioni. Lo studio di Wilpert-<br />
Lampen sembra essere un outlier ed i<br />
suoi risultati andrebbero considerati<br />
con cautela. I risultati <strong>del</strong> nostro studio<br />
e <strong>del</strong>la revisione <strong>del</strong>la letteratura non<br />
supportano l’ipotesi che la<br />
trasmissione televisiva di importanti<br />
eventi sportivi possa causare un<br />
aumento <strong>del</strong> rischio cardiovascolare<br />
nella popolazione.<br />
RR<br />
0.7 1 1.3 2 3<br />
Carroll<br />
Barone-Adesi<br />
Kirkup<br />
Brunekreef<br />
Carroll<br />
Wilpert-Lampen<br />
Toubiana<br />
Witte<br />
Berthier<br />
.04 .06 .08 .1 .12<br />
SE ln(RR)<br />
Figura 1. Funnel plot degli studi sull’associazione tra partite di calcio e rischio cardiovascolare. I quadrati rappresentano gli<br />
studi di mortalità per infarto e ictus, i triangoli vuoti gli studi di mortalità per infarto, i triangoli pieni studi sui ricoveri<br />
ospedalieri per eventi coronarici, i rombi studi sui ricoveri per ictus.<br />
RR: rischio relativo; SE Ln(RR): Standard Error <strong>del</strong> logaritmo <strong>del</strong> rischio relativo.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Nutrizione -K- Crociera Alta di Lettere - 17 ottobre mattina<br />
CONSUMO DI AGLIO E CIPOLLA E RISCHIO DI TUMORE<br />
Galeone C a,b , La Vecchia C a,b , Talamini R c , Decarli A a<br />
a<br />
Università degli Studi di Milano – Istituto di Statistica Medica e Biometria “G.A. Maccacaro”, b Istituto di<br />
Ricerche Farmacologiche "Mario Negri" Milano, c Unità di <strong>Epidemiologia</strong> e Biostatistica, Centro di<br />
Riferimento Oncologico -IRCCS, Aviano.<br />
Introduzione. L’interesse nei potenziali effetti benefici sulla salute umana dei vegetali appartenenti alla<br />
famiglia Allium, ed in particolare <strong>del</strong>la cipolla (Allium Cepa) e <strong>del</strong>l’aglio (Allium sativum), ha radici antiche<br />
risalenti fino alla civiltà egizia. Tuttavia, esistono pochi studi epidemiologici sull’argomento e per la maggior<br />
parte sono derivanti da studi cinesi sull’apparato digerente e sulla prostata, che risultano poco applicabili alle<br />
popolazioni occidentali poiché le abitudini alimentari sono notevolmente diverse. Per questo motivo abbiamo<br />
indagato la relazione fra consumo di cipolla e aglio e rischio <strong>del</strong>le più comuni forme tumorali, utilizzando i dati<br />
provenienti da una rete integrata di studi epidemiologici, coinvolgendo oltre 20.000 soggetti.<br />
Materiali e metodi. Abbiamo analizzato i dati relativi a 9 studi multicentrici caso-controllo, nei quali venivano<br />
confrontati abitudini alimentari, stili di vita, livello di attività fisica e storia di patologie di oltre 16.000 soggetti<br />
sani (controlli) e di 9.200 pazienti (casi) affetti da alcune fra le più comuni forme tumorali, quali il tumore al<br />
cavo orale/faringe, all’esofago, al colon retto, alla laringe, alla mammella, all’ovaio, all’endometrio, alla<br />
prostata e al rene. La raccolta dei dati è stata condotta da intervistatrici appositamente istruite, utilizzando un<br />
questionario dietetico validato e riproducibile.<br />
Risultati. Dalle analisi dei dati, è emerso che la diminuzione di rischio di sviluppare il tumore <strong>del</strong> colon retto è<br />
significativa già per consumi bassi di aglio e cipolla, rispetto ai non consumatori. Per un consumo intermedio di<br />
cipolla (circa 3 cipolle a settimana di circa 80 gr cad.) si è trovato una riduzione significativa di rischio di<br />
tumori al colon-retto (odds ratio (OR) =0.62), alla laringe (OR=0.44) e alle ovaie (OR=0.57). Elevati consumi<br />
settimanali di cipolla (circa 1 cipolla al giorno) e aglio sono stati associati a significative riduzioni <strong>del</strong> rischio di<br />
tumori al cavo orale/faringe (OR=0.16 e 0.61), all’esofago (OR=0.12 e 0.43), al colon-retto (OR=0.44 e 0.74),<br />
alla laringe (OR=0.17 e 0.56) e alle ovaie (OR=0.27 e 0.78). Per il tumore al rene si è osservato una riduzione<br />
di rischio solo per consumi intermedi e alti di aglio (OR=0.79 e 0.69) rispetto ai non consumatori, ma non per<br />
alti consumi di cipolla. Il tumore alla prostata è risultato inversamente associato solo ad alti consumi di aglio<br />
(OR=0.81) rispetto ai non consumatori, ma non per alti consumi di cipolla. Infine, si è osservato che le<br />
riduzioni di rischio <strong>del</strong> tumore alla mammella per alti consumi di aglio e cipolla non sono statisticamente<br />
significative.<br />
Discussione. Le proprietà antitumorali <strong>del</strong>le sostanze contenute nei vegetali di Allium, in particolare nell’aglio<br />
e nella cipolla, sono state studiate a lungo nei laboratori soprattutto nei mo<strong>del</strong>li animali. In generale, i risultati<br />
ottenuti sugli animali concordano con le osservazioni provenienti da studi epidemiologici, supportando l’ipotesi<br />
che le sostanze fitochimiche presenti nell’aglio e cipolla hanno proprietà di prevenire la comparsa o la<br />
progressione di alcuni tumori, soprattutto a livello <strong>del</strong>l’apparato digerente. Tuttavia, il consumo di aglio e<br />
cipolla potrebbe semplicemente essere considerato come un indicatore di stile di vita più sano, che coinvolge<br />
un regime dietetico equilibrato e particolarmente ricco in frutta e verdura freschi. In ogni caso, per mezzo di<br />
tutte le informazioni raccolte nel questionario sugli stili di vita, abbiamo potuto aggiustare i mo<strong>del</strong>li per diverse<br />
covariate, quali alcool, tabacco, attività fisica e consumo di altre verdure, ma i rischi di tumore sono rimasti<br />
sostanzialmente invariati.<br />
Conclusione. Questo studio evidenzia un effetto protettivo <strong>del</strong> consumo di vegetali di Allium contro vari<br />
tumori comuni. Tale risultato è di particolare importanza perché le evidenze provenienti da studi<br />
epidemiologici cinesi e da mo<strong>del</strong>li animali sono confermate anche nella dieta mediterranea, dove il consumo di<br />
vegetali di Allium è stato raramente studiato.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Nutrizione -K- Crociera Alta di Lettere - 17 ottobre mattina<br />
PROFILI DIETETICI E RISCHIO DI TUMORE DELL´ALTO APPARATO DIGERENTE E<br />
RESPIRATORIO IN ITALIA<br />
Randi G 1,2 , Edefonti V 1 , La Vecchia C 1,2 , Ferraroni M 3 , Decarli A 1,4 .<br />
1 Istituto di Statistica Medica e Biometria ‘Giulio A. Maccacaro’, Universita` degli Studi di Milano, Milano,<br />
2 Istituto di Ricerche Farmacologiche ‘Mario Negri’ Milano, 3 Dipartimento di MedicinaChirurgia e<br />
Odontoiatria, Unitá di Statistica Medica, Universitá di Milano, Milano, 4 Unitá di Statistica e Biometria,<br />
Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori, Milano.<br />
Alcol e fumo di tabacco sono ormai i noti principali fattori di rischio per i tumori <strong>del</strong>l’alto apparato digerente e respiratorio, ma si suppone<br />
che la dieta possa comunque contribuire allo sviluppo di tumori in queste sedi. Negli ultimi decenni, numerosi sono gli studi che si sono<br />
occupati <strong>del</strong>l’associazione tra alimenti (o gruppi di alimenti) o nutrienti e il rischio di tumore e alcuni studi hanno proposto l’analisi dei<br />
profili dietetici per considerare adeguatamente la complessità <strong>del</strong>la dieta. Per contribuire alla comprensione <strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong>la dieta nei tumori<br />
<strong>del</strong>l’alto apparato digerente e respiratorio in Italia, abbiamo applicato tre diversi metodi statistici per l’identificazione di profili dietetici in<br />
un grande insieme di soggetti proveniente da una serie di studi caso-controllo condotti in Italia sui tumori <strong>del</strong> cavo orale, esofago, laringe e<br />
faringe tra il 1992 e il 1999. I dati comprendevano un totale di 1671 soggetti affetti da tumore e 3603 controlli ricoverati negli stessi<br />
ospedali, in diverse regioni italiane. Ai pazienti è stato sottoposto un questionario strutturato che raccoglieva informazioni sociodemografiche,<br />
antropometriche, consumo di alcol e fumo di tabacco, nonché informazioni sulle precedenti malattie, sull’attività fisica e<br />
sulla familiarità di tumore. Una speciale sezione era dedicata alla dieta relativa a 2 anni prima <strong>del</strong>la diagnosi o <strong>del</strong> ricovero ed era costituita<br />
da un questionario di frequenza alimentare basato su 78 domande su alimenti, gruppi di alimenti o ricette che permettevano la stima <strong>del</strong><br />
totale di energia consumato. Dai 78 alimenti, abbiamo definito 22 gruppi di alimenti, variabili che sono state standardizzate e quindi usate<br />
nell’analisi dei profili dietetici. Dal gruppo di nutrienti calcolati sulla base <strong>del</strong>le tabelle italiane di composizione degli alimenti, abbiamo<br />
selezionato 4 nutrienti che risultavano associati con i tumori di queste sedi: questi erano i grassi animali e vegetali, amidi ed alcol.<br />
Seguendo le analisi proposte da Hoffmann ed altri (2004), abbiamo applicato tre diversi metodi statistici per l’identificazione dei profili<br />
dietetici, usando i 22 gruppi alimentari come variabili esplicative e i 4 nutrienti come variabili di risposta. Le analisi applicate sono la<br />
regressione <strong>del</strong>le componenti principali, regressione ai minimi quadrati parziali e regressione di rango ridotto. Per garantire la<br />
comparabilità dei risultati dei diversi metodi si è scelto di selezionare per tutti lo stesso numero di fattori (profili dietetici) e questo<br />
coincideva quindi con il numero di variabili di risposta. I punteggi fattoriali sono stati calcolati per ciascun soggetto e per ciascun profilo<br />
dietetico per tutti i tre metodi applicati; i punteggi sono stati quindi divisi per quintili <strong>del</strong>la distribuzione dei soggetti di controllo. Gli odds<br />
ratios e i corrispondenti intervalli di confidenza sono stati stimati attraverso un mo<strong>del</strong>lo logistico multivariato non condizionato con<br />
aggiustamento per sesso, età, centro <strong>del</strong>lo studio, istruzione, consumo di alcol e fumo di tabacco. Ogni metodo applicato ha fornito 4 profili<br />
dietetici che spiegavano diverse percentuali di varianza tra i nutrienti e i gruppi alimentari. La percentuale più alta tra i nutrienti è stata<br />
spiegata dalla regressione a rango ridotto (55.7%), mentre quella tra i gruppi alimentari era più alta per la regressione <strong>del</strong>le componenti<br />
principali (30.5%). Tutte i metodi hanno identificato un profilo dietetico associato ad un alto rischio di tumore <strong>del</strong>l’alto apparato digerente<br />
e respiratorio che spiegava la gran parte di varianza dei nutrienti e dei gruppi di alimenti. Questo profilo dietetico aveva coerentemente pesi<br />
elevati per pane, carne rossa, formaggio, dolci e biscotti. L’analisi dei profili dietetici ha potuto individuare un profilo ad alto rischio che<br />
riflette meglio la complessità <strong>del</strong>la dieta sfruttando proprio l’alta correlazione esistente tra i gruppi alimentari e i nutrienti.<br />
Tabella 1 - Odds ratio (OR) e corrispondente intervallo di confidenza (IC) al 95% per tumore <strong>del</strong>l’alto apparato digerente e respiratorio per<br />
quarti di punteggi dei profili dietetici ottenuti con tre metodi statistici (N=5261), Italia 1992-1997.<br />
OR (IC 95%CI)* Varianza spiegata (%)<br />
I quarto II quarto III quarto IV quarto p- trend 22 GA 4 nutrienti<br />
Regressione a rango ridotto<br />
PD 1 1 1.42 (1.11-1.81) 1.82 (1.36-2.42) 1.97 (1.40-2.77)
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Nutrizione -K- Crociera Alta di Lettere - 17 ottobre mattina<br />
VALUTAZIONE DI UN INTERVENTO DI EDUCAZIONE E PROMOZIONE DELLA<br />
SALUTE PER LA RIDUZIONE DEI CONSUMI DI BEVANDE ALCOLICHE. IL<br />
PROGETTO NAZIONALE MULTICENTRICO "ALCOL, MENO E' MEGLIO"<br />
Bagnardi V. [a], Sorini E. [b] e Gruppo di Coordinamento <strong>del</strong> Progetto “Alcol, meno è meglio” [c]<br />
[a] Dipartimento di Statistica. Università degli Studi di Milano-Bicocca<br />
[b] Nucleo Operativo per l’Alcologia (N.O.A.) SER.T. ASL Provincia di Cremona<br />
[c] Baselice A. (Centro di Alcologia – SER.T. – ASL Salerno), Bazzoli F., Dal Lago C., Valenti F. (Servizio di<br />
Alcologia Azienda Provinciale Servizi Sanitari – Tione – Trento), Beltramolli S., Bonomi A., Pizzini M., Rinaldi<br />
A., Zocchi R. (Comuni <strong>del</strong>la Valle <strong>del</strong> Chiese), De Stefani R. (Servizio di Salute Mentale. Azienda Provinciale<br />
Servizi Sanitari – Trento), Brandi F., Corioni D. (Comune di Gussago ed associati), Cavaliere G., Manzo G.,<br />
Pirazzo S. (Gruppo Logos Onlus – Salerno), Conti P., Giorgi C., Ubaldini C. (Ass. Bussola – Cremona), Cuni<br />
R. (Centro Studi per i Problemi Alcol-Correlati – Trento), Bontadi M., Herzog S., Voltolini P., Pellegrini L.,<br />
Petrolli C. (Servizio di Alcologia Azienda Provinciale Servizi Sanitari – Distretto Sanitario Vallagarina –<br />
Rovereto), Lucantoni S., Matteucci V. (Servizio Alcologia SER.T. Assisi ASL 2 Umbria).<br />
Introduzione. Già a partire dagli anni ’90 è stato evidenziato che a una riduzione <strong>del</strong> consumo pro-capite di<br />
alcol in una popolazione corrisponde una riduzione dei problemi alcol-correlati nella stessa [WHO. Alcohol—<br />
less is better. Copenhagen: World Health Organization Regional Office for Europe, 1996]. L’Organizzazione<br />
Mondiale <strong>del</strong>la Sanità ha suggerito quindi di sperimentare e validare l’efficacia di programmi di promozione e<br />
protezione <strong>del</strong>la salute in campo alcologico, con particolare riferimento ad azioni concertate, volte a informare<br />
e a sensibilizzare la popolazione generale e alcuni target a responsabilità più specifica sull’alcol e sui problemi<br />
alcol-correlati, con la finalità di arrivare alla diminuzione dei consumi.<br />
Obiettivi. Valutare l’effetto di un intervento multicentrico nazionale (Progetto “Alcol, meno è meglio”) nel<br />
ridurre il consumo individuale di bevande alcoliche nella popolazione generale.<br />
Metodi. Tra il 1999 e il 2003 sono stati avviati in dieci differenti comunità territoriali italiane (otto nel Nord,<br />
una nel Centro e una nel Sud, per un totale di circa 135000 residenti) programmi di intervento di durata<br />
triennale, finalizzati a informare, educare e sensibilizzare la popolazione sugli effetti dannosi <strong>del</strong>l’alcol sia sulla<br />
vita sociale che sulla salute. L’approccio di comunità adottato ha previsto il coinvolgimento attivo <strong>del</strong>la<br />
popolazione generale tramite i suoi leader e le sue organizzazioni formali e informali. Otto comunità con<br />
caratteristiche simili a quelle di intervento sono state selezionate come popolazioni di controllo. I cambiamenti<br />
individuali nei consumi di bevande alcoliche sono stati rilevati in un campione casuale stratificato per genere<br />
ed età <strong>del</strong>la popolazione di intervento (n=5004) e di controllo (n=3940), intervistato nel periodo precedente e in<br />
quello successivo all’intervento, utilizzando sia un’indagine telefonica che un questionario postale. Mo<strong>del</strong>li<br />
lineari e log-lineari a effetti misti sono stati impiegati per valutare i cambiamenti <strong>del</strong>le abitudini alcoliche nelle<br />
popolazioni di intervento e di controllo.<br />
Risultati. La percentuale di rispondenti all’indagine sui consumi pre-intervento è stata <strong>del</strong> 74% nelle comunità<br />
in studio e 73% in quelle di controllo. Di questi, l’87% in entrambi i gruppi ha risposto al questionario postintervento.<br />
È stata osservata una riduzione statisticamente significativa <strong>del</strong> consumo individuale settimanale<br />
nelle popolazioni di intervento (-14.8%, da 6.1 a 5.2 unità alcoliche per settimana) rispetto ai controlli (+6.2%,<br />
da 6.4 a 6.8 unità alcoliche per settimana). La differenza maggiore si è osservata nella classe di età 15-24 anni<br />
(-12% vs. +57%).<br />
Conclusioni. I risultati <strong>del</strong> progetto “Alcol, meno è meglio” forniscono evidenze sull’efficacia degli interventi<br />
di promozione e protezione <strong>del</strong>la salute rivolti alla comunità nel ridurre il consumo di alcol nel breve/medio<br />
termine. Ulteriori indagini sono necessarie per valutare la persistenza <strong>del</strong> cambiamento nel tempo e il suo<br />
impatto in termini di eventi alcol-correlati evitati.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Nutrizione -K- Crociera Alta di Lettere - 17 ottobre mattina<br />
EPIDEMIOLOGIA NUTRIZIONALE PER LA PREVENZIONE<br />
Franco Berrino<br />
Dipartimento di Medicina Preventiva e Predittiva, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano<br />
La ricerca epidemiologica su alimentazione e cancro, iniziata negli anni ’60 <strong>del</strong> secolo scorso con gli studi di<br />
correlazione geografica fra i tassi di mortalità per tumori e le stime di consumo pro capite di alimenti e<br />
nutrienti, continuata, a partire dagli anni ’70 con studi casi-controlli e, dagli anni ’80 con studi di coorte<br />
prospettici basati su questionari alimentari e misurazioni antropometriche, si è poi evoluta in studi in cui<br />
l’esposizione viene valutata non solo con questionari ma con indicatori biochimici di esposizione, e in<br />
sperimentazioni preventive controllate e randomizzate con integratori alimentari o con modifiche <strong>del</strong>lo stile<br />
alimentare. Negli anni 2000 compaiono sempre più frequentemente studi sull’interazione fra specifiche<br />
esposizioni alimentari e polimorfismi genetici, nonché studi sull’influenza <strong>del</strong>l’alimentazione sull’espressione<br />
genica. A parte le distorsioni ‘classiche’ degli studi casi-controlli – di informazione e di selezione – che hanno<br />
causato non pochi problemi di interpretazione di risultati discordanti, i limiti principali degli studi<br />
osservazionali sono stati la scarsa validità dei questionari per quantificare il consumo di gran parte degli<br />
alimenti, la scarsa variabilità di consumi in molte popolazioni, e la modesta capacità <strong>del</strong>le tecniche statistiche<br />
disponibili di valutare lo stile alimentare nel suo complesso piuttosto che il consumo di singoli alimenti e<br />
nutrienti. Gli studi di chemioprevenzione con sostanze alimentari hanno pressoché sistematicamente falsificato<br />
le ipotesi meccanicistiche originate dagli studi osservazionali, che avevano illuso l’ambiente scientifico che<br />
l’integrazione con vitamine antiossidanti o micronutrienti minerali avrebbe potuto ridurre l’incidenza dei<br />
tumori legati al tabacco, <strong>del</strong>la pelle o <strong>del</strong> tubo digerente, o che l’integrazione con fibre vegetali isolate avrebbe<br />
ridotto l’incidenza dei tumori <strong>del</strong>l’intestino. Il limite di molti di questi studi è stato l’illusione che una pillola<br />
con poche vitamine a dosi soprafisiologiche potesse catturare l’effetto globale <strong>del</strong>le migliaia di sostanze<br />
potenzialmente preventive presenti nei cibi vegetali. Gli studi sperimentali basati su modifiche <strong>del</strong>la dieta,<br />
ancora pochi, hanno considerato soprattutto la riduzione <strong>del</strong> consumo di alimenti ricchi di grassi per la<br />
prevenzione <strong>del</strong> cancro <strong>del</strong>la mammella e l’aumento <strong>del</strong> consumo di alimenti ricchi di fibre per la prevenzione<br />
dei tumori <strong>del</strong>l’intestino, con risultati modesti. Uno dei loro limiti principali è stato la presunzione riduzionista<br />
che modificando esclusivamente il consumo di una sostanza, mantenendo inalterato il consumo calorico totale,<br />
si potesse dare una risposta scientifica più solida al quesito se quella sostanza fosse o meno responsabile <strong>del</strong><br />
cancro, senza tener conto che in ogni caso altri fattori sarebbero cambiati. Oggi si sta diffondendo la<br />
convinzione che il cambiamento <strong>del</strong>la dieta deve essere complessivo, e anche integrato con l’aumento<br />
<strong>del</strong>l’attività fisica, e si stanno avviando nuovi studi di intervento ispirati a questa filosofia, privilegiando<br />
l’aspetto pragmatico di valutare se si riesce ad ottenere un effetto cumulando più cambiamenti rispetto<br />
all’esigenza esplicativa di valutare l’effetto di ogni singolo fattore potenzialmente preventivo. Lo studio EPIC,<br />
progettato con l’intenzione di attenuare il problema <strong>del</strong>la uniformità dei consumi (22 coorti in 10 paesi<br />
diversi), di attenuare gli effetti degli errori di misura (con tecniche di calibrazione dei diversi questionari<br />
alimentari, e soprattutto con l’ausilio di biomarcatori di consumo alimentare), di superare i problemi di potenza<br />
anche per analisi in sottogruppi definiti da caratteristiche genetiche (500.000 persone con oggi oltre 40.000 casi<br />
di cancro incidenti), sta dando risultati importanti per confermare o falsificare precedenti ipotesi sulla relazione<br />
fra alimentazione e cancro ma non ha ancora sfruttato appieno la sua potenzialità di risultati basati su<br />
biomarcatori e sull’effetto cumulativo di più fattori. La recente revisione sistematica <strong>del</strong>la letteratura<br />
epidemiologica su dieta e cancro promossa dal World Cancer Research Fund (www.dietandcancerreport.org)<br />
ha ritenuto come solidamente provate ben poche <strong>del</strong>le associazioni riscontrate in migliaia di studi<br />
osservazionali. Le conclusioni sono comunque ampiamente sufficienti a raccomandare uno stile alimentare per<br />
la prevenzione <strong>del</strong> cancro, che coincide ampiamente con le raccomandazioni per la prevenzione <strong>del</strong>le altre<br />
patologie croniche frequenti che affliggono prevalentemente le popolazioni occidentali. Di tutti i fattori che si<br />
sono dimostrati associati ad un maggior rischio di cancro, quello più solidamente dimostrato è il sovrappeso: le<br />
persone grasse si ammalano di più di tumori <strong>del</strong>la mammella, <strong>del</strong>l’endometrio, <strong>del</strong> rene, <strong>del</strong>l’esofago,<br />
<strong>del</strong>l’intestino, <strong>del</strong> pancreas, e <strong>del</strong>la cistifellea. Di qui la prima raccomandazione di mantenersi snelli per tutta la<br />
vita e di evitare i cibi ad alta densità calorica, cioè i cibi ricchi di grassi e di zuccheri, che più di ogni altro<br />
favoriscono l’obesità: in primo luogo quelli proposti nei fast food e le bevande zuccherate. La vita sedentaria è<br />
un’altra causa importante di obesità, ma è una causa di cancro anche indipendentemente dall’obesità: gli studi<br />
epidemiologici hanno evidenziato che le persone sedentarie si ammalano di più di cancro <strong>del</strong>l’intestino, <strong>del</strong>la<br />
mammella, <strong>del</strong>l’endometrio, e forse anche <strong>del</strong> pancreas e <strong>del</strong> polmone. Altri fattori che un gran numero di studi<br />
coerentemente indicano come cause importanti di cancro includono: il consumo di bevande alcoliche, associato<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
ai tumori <strong>del</strong> cavo orale, <strong>del</strong>la faringe, <strong>del</strong>la laringe, <strong>del</strong>l’intestino, <strong>del</strong> fegato e <strong>del</strong>la mammella; il consumo di<br />
carni rosse, soprattutto di carni conservate, associato soprattutto al cancro <strong>del</strong>l’intestino, ma probabilmente<br />
anche ai tumori <strong>del</strong>lo stomaco, e sospettato per i tumori <strong>del</strong>l’esofago, <strong>del</strong> pancreas, <strong>del</strong> polmone e <strong>del</strong>la<br />
prostata; il consumo elevato di sale e di cibi conservati sotto sale, associati al cancro <strong>del</strong>lo stomaco; il consumo<br />
elevato di calcio, probabilmente associato al cancro <strong>del</strong>la prostata; il consumo di cereali e legumi contaminati<br />
da muffe cancerogene, responsabili <strong>del</strong> cancro <strong>del</strong> fegato; la contaminazione con arsenico <strong>del</strong>l’acqua da bere,<br />
responsabile di tumori <strong>del</strong> polmone e <strong>del</strong>la pelle; il consumo di supplementi contenenti beta-carotene ad alte<br />
dosi, che fanno aumentare l’incidenza di cancro <strong>del</strong> polmone nei fumatori.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Nutrizione -K- Crociera Alta di Lettere - 17 ottobre mattina<br />
VALUTAZIONE DI EFFICACIA DI UN SERVIZIO DI COUNSELING NUTRIZIONALE<br />
PER PERSONE NON OBESE<br />
Marianelli R 1 , Quercioli C 2 , Messina G 2 , Nante N 2<br />
1 U. O. Dietetica Professionale ASL 10, Firenze<br />
2 Laboratorio di Programmazione e Organizzazione dei Servizi Sanitari - Dipartimento di Fisiopatologia,<br />
Medicina Sperimentale e Sanità Pubblica – Università di Siena<br />
Introduzione. La promozione <strong>del</strong>la salute e la prevenzione primaria rappresentano un importante strumento<br />
per combattere il dilagante incremento <strong>del</strong>l’obesità. A questo scopo, l’Azienda Sanitaria 10 di Firenze ha<br />
realizzato un Ambulatorio di Counseling Nutrizionale rivolto alla popolazione sana, che mira a promuovere<br />
comportamenti alimentari e stili di vita salubri, secondo la metodologia “non direttiva” propria <strong>del</strong> counseling,<br />
con lo scopo di promuovere consapevolezza e autonomia decisionale nelle persone.<br />
Obiettivi. Valutare l’efficacia di un programma di counseling nutrizionale (PCN) in una popolazione non obesa.<br />
Materiali e metodi. Abbiamo studiato il PCN promosso dalla ASL 10 di Firenze, confrontando abitudini e<br />
pregiudizi alimentari, qualità di vita correlata alla salute (HRQL) misurata con il questionario SF-36, Indice di<br />
Massa Corporea (BMI) e circonferenza addominale (CA), prima e dopo un programma di counseling (gruppi<br />
di educazione alimentare guidati da un team multidisciplinare) di 6 mesi (Gennaio-Luglio 2007) di 74 persone<br />
non obese. Le informazioni sull’alimentazione, socio-demografiche e sulla morbosità sono state raccolte dallo<br />
staff <strong>del</strong> programma attraverso dei questionari. Abbiamo effettuato un’ analisi usando il test di t e lo z test .<br />
Risultati. L’età media <strong>del</strong> campione era di 49 anni, l’80% erano donne, il 75% aveva una istruzione medioalta,<br />
il 58% erano non fumatori, l’80% aveva completato il programma. Il BMI e CA medi sono cambiati<br />
rispettivamente da 29.4 a 29.0 (p=0,734) e da 91,4 a 90,7 (p=0,812). Le persone che non mangiavano mai<br />
mangiato pesce e non praticavano attività fisica in una settimana sono diminuite rispettivamente, dal 49% al<br />
32%(p=0,06) e dal 47% al 17% (p
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Dipendenze -L- Crociera Alta di Giurisprudenza - 17 ottobre mattina<br />
L'UTENZA TOSSICODIPENDENTE NELLA REGIONE VENETO: MAPPATURA DELLA<br />
PREVALENZA A LIVELLO COMUNALE PER L'ANNO 2006<br />
Lorenzoni V.**, Salvadori S. **, Molinaro S.**, Urcioli Scalese M.**, Potente R.**<br />
** Istituto di Fisiologia clinica – CNR Pisa, Sezione di <strong>Epidemiologia</strong> e ricerca sui Servizi Sanitari<br />
Introduzione. Lo studio <strong>del</strong>la struttura spaziale di un fenomeno di interesse sanitario può aiutare a capire se l’intensità <strong>del</strong><br />
fenomeno stesso sia correlata a fattori presenti sul territorio in esame. La<br />
conoscenza <strong>del</strong> fenomeno tossicodipendenze in questi termini può aiutare<br />
ad individuare eventuali fattori di “esposizione” e può essere utile per la<br />
programmazione e/o riorganizzazione degli interventi volti alla cura dei<br />
soggetti e al contrasto <strong>del</strong> fenomeno.<br />
Obiettivi. Lo studio ha l’obiettivo di analizzare la distribuzione spaziale<br />
<strong>del</strong>l’utenza tossicodipendente utilizzatrice <strong>del</strong>le principali tipologie di<br />
sostanze illegali (oppiacei, cocaina e cannabis) residente nella regione<br />
Veneto e censita dalle agenzie preposte al contrasto, cura e riabilitazione,<br />
al fine di verificare l’eventuale presenza di aree in cui il fenomeno risulti<br />
significativamente più consistente rispetto all’andamento medio regionale.<br />
Metodi. I dati utilizzati fanno riferimento alle informazioni su singolo<br />
record rilevate presso i Nuclei Operativi Tossicodipendenze (NOT) <strong>del</strong>le<br />
Prefetture, i servizi territoriali pubblici di trattamento (SerT) e le strutture <strong>del</strong> privato sociale accreditato <strong>del</strong>la regione<br />
Veneto per l’anno 2006. Per ogni gruppo di sostanze, le prevalenze standardizzate per sesso ed età a livello comunale<br />
relative ai soggetti tossicodipendenti di età compresa tra i 15 e i 64 anni, sono state stimate attraverso un mo<strong>del</strong>lo bayesiano<br />
gerarchico che permette di suddividere la variabilità <strong>del</strong> fenomeno nella componente dovuta a variabili ecologiche<br />
misurabili, nella componente dovuta ad effetti non strutturati dal punto di<br />
vista spaziale (eterogeneità) e nella componente dovuta ad effetti che<br />
variano in maniera graduale tra aree territoriali contigue (clustering).<br />
Come variabili ecologiche sono state considerate la densità abitativa e la<br />
dislocazione altimetrica dei comuni. Tramite lo stesso mo<strong>del</strong>lo è stato<br />
inoltre determinato un valore di probabilità (a posteriori) per valutare la<br />
significatività <strong>del</strong>la stima a livello comunale rispetto al valore medio<br />
regionale preso come riferimento.<br />
I mo<strong>del</strong>li di analisi sono stati implementati con l’applicativo WinBugs<br />
versione 1.4.3.<br />
Risultati. Emerge una distribuzione spaziale differente per gli utilizzatori<br />
dei gruppi di sostanze considerate; la struttura spaziale <strong>del</strong> fenomeno<br />
evidenzia inoltre la presenza sul territorio di cluster di comuni nei quali si<br />
rileva un “eccesso” di casi rispetto all’andamento medio regionale.<br />
Rispetto alle covariate ecologiche si rileva un’associazione significativa <strong>del</strong>la prevalenza comunale di utenza dipendente da<br />
stimolanti e la dislocazione altimetrica dei comuni stessi (IC 95%: -0,003 – -0,00004), ad indicare una diminuzione <strong>del</strong>la<br />
prevalenza di utilizzatori all’aumentare <strong>del</strong>l’altitudine.<br />
Conclusioni. Per gli utilizzatori di oppiacei non si evidenzia una struttura spaziale ben <strong>del</strong>ineata, ed emerge che i comuni<br />
per i quali la prevalenza di utenza è significativamente maggiore <strong>del</strong> valore<br />
regionale sono distribuiti in maniera sparsa su tutta la parte centrale <strong>del</strong><br />
territorio (Fig.1). Gli utilizzatori di stimolanti e cannabis mostrano invece<br />
una distribuzione spaziale più strutturata: per i primi si osservano cluster di<br />
comuni con prevalenza superiore alla media lungo la costa veneziana e in<br />
corrispondenza dei capoluoghi di provincia di Padova, Vicenza, Treviso e<br />
Verona (Fig.2). Per gli utilizzatori di cannabis si rilevano invece valori di<br />
prevalenza superiori alla media regionale nella fascia tra il Polesine e<br />
Caorle e nella parte meridionale <strong>del</strong>la regione tra Vicenza e Legnano<br />
(Fig.3). Lo studio <strong>del</strong>la distribuzione spaziale <strong>del</strong>l’utenza<br />
tossicodipendente rappresenta un ulteriore livello di conoscenza <strong>del</strong><br />
fenomeno utile per ripensare l’organizzazione degli interventi in materia;<br />
la disponibilità di dati su più anni potrebbe anche consentire<br />
l’implementazione di un’analisi spazio-temporale per verificare come il<br />
processo si modifica anche nel tempo.<br />
[Il testo e/o le figure sono state ridotte perché debordanti dal formato previsto per gli abstract]<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Dipendenze -L- Crociera Alta di Giurisprudenza - 17 ottobre mattina<br />
RISCHIO DI MORTE NEI TOSSICODIPENDENTI ITALIANI CON AIDS<br />
NELL’ERA DELLE TERAPIE ANTIRETROVIRALI ALTAMENTE EFFICACI<br />
Zucchetto A 1 , Suligoi B 2 , Bruzzone S 3 , De Paoli A 1 , Boros S 2 , Polesel J 1 , Dal Maso L 1 , Camoni L 2 , Rezza G 2 ,<br />
Serraino D 1 .<br />
1 SOC di <strong>Epidemiologia</strong> e Biostatistica, IRCCS CRO, Aviano (PN); 2 Dip. Mal. Infettive, Rep. Epidem., COA,<br />
Istituto Superiore di Sanità, Roma; 3 Direzione Centrale, Servizio Sanità e Assistenza, ISTAT, Roma.<br />
Introduzione. I tossicodipendenti da sostanze stupefacenti per via endovenosa (TD) rappresentano uno dei<br />
principali gruppi di popolazione a rischio per infezione da HIV/AIDS. Sebbene in Italia il numero di infezioni<br />
attribuibili alla tossicodipendenza sia diminuito negli anni, la prevenzione di questo comportamento a rischio<br />
costituisce un obiettivo importante per la sanità pubblica.<br />
Obiettivo. Questo studio si propone di quantificare la sopravvivenza dei TD italiani con AIDS ed i fattori<br />
presenti alla diagnosi di AIDS associati al rischio di morte, nel periodo 1999-2005, dopo l’introduzione <strong>del</strong>le<br />
terapie antiretrovirali altamente efficaci (HAART).<br />
Metodi. Sorgenti informative: Registro Nazionale AIDS ed archivio di mortalità ISTAT. La scheda di notifica<br />
AIDS riporta informazioni su: dati anagrafici, modalità di trasmissione HIV, stato immunitario alla diagnosi<br />
(numero di cellule CD4+) e storia di terapia antiretrovirale. Inoltre, sono segnalate le patologie indicative di<br />
AIDS: sarcoma di Kaposi (SK); linfomi non Hodgkin (LNH); carcinoma invasivo <strong>del</strong>la cervice (CIC); infezioni<br />
opportunistiche (p.es. tubercolosi e polmonite da Pneumocystis carinii -PCP); altre patologie definitorie. Lo<br />
stato vitale dei casi di AIDS, diagnosticati nel periodo 1999-2005, è stato aggiornato al 2006 presso gli archivi<br />
ISTAT, attraverso una procedura di record-linkage (SALI) validata e che salvaguarda l’anonimità. Dopo<br />
l’esclusione dei casi di nazionalità estera, dei residenti all’estero e dei casi per cui l’informazione sul decesso<br />
non era disponibile, lo studio ha riguardato un totale di 9735 casi di AIDS, di cui 4077 TD (41,8%). Per<br />
l’analisi <strong>del</strong>la sopravvivenza è stato utilizzato il metodo di Kaplan-Meier, mentre l’impatto di vari fattori<br />
prognostici sulla sopravvivenza è stato calcolato in termini di hazard ratio (HR), con intervalli di confidenza<br />
(IC) al 95%, utilizzando mo<strong>del</strong>li di Cox aggiustati per età alla diagnosi di AIDS.<br />
Risultati. La proporzione di casi di AIDS vivi dopo 4 anni dalla diagnosi era <strong>del</strong> 69,6%. Nei maschi, i TD<br />
presentavano un rischio doppio di morte rispetto a quello dei casi attribuibili a rapporti omosessuali (HR=2,0;<br />
IC 95%: 1,8-2,3) o eterosessuali (HR=1,9; IC 95%: 1,7-2,1). Anche le donne TD presentavano un aumentato<br />
rischio di morte rispetto alle eterosessuali (HR=1,7; IC 95%: 1,4-2,0). Relativamente ai soli TD, la<br />
sopravvivenza a 4 anni dalla diagnosi di AIDS era <strong>del</strong> 63,7% e sesso ed area di residenza (Nord/Centro/Sud)<br />
non risultavano associati alla mortalità. Al contrario, il rischio di morte aumentava significativamente con l’età<br />
(HR=2,5 per 50 anni vs.
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Dipendenze -L- Crociera Alta di Giurisprudenza - 17 ottobre mattina<br />
ANALISI DI UNA COORTE DI TOSSICODIPENDENTI IN CURA PRESSO IL SERVIZIO<br />
DIPENDENZE DELLA ASL DI PAVIA<br />
Corso B 1 , Borrelli P 1 , Perotti P 2 , Panzarasa A 2 , Iannello G 2 , Montomoli C 1<br />
1 Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate, Sezione di Statistica Medica e <strong>Epidemiologia</strong>, Università degli<br />
Studi di Pavia, 2 Osservatorio Territoriale Servizio Dipendenze,Dipartimento A.S.S.I., Azienda Sanitaria Locale<br />
<strong>del</strong>la Provincia di Pavia<br />
Introduzione. L’uso di sostanze stupefacenti e gli stili di vita connessi rappresentano un problema di salute<br />
pubblica sia per gli effetti diretti sui soggetti consumatori sia per la popolazione generale non direttamente<br />
esposta.<br />
I servizi pubblici per le dipendenze (SerD) nascono come centro coordinatore per interventi relativi all’intero<br />
percorso di soggetti con problemi legati alla tossicodipendenza. Questo percorso va dalla prevenzione fino al<br />
reinserimento <strong>del</strong> tossicodipendente nella società, passando attraverso la cura e la riabilitazione.<br />
Obiettivi. Descrivere la coorte di pazienti incidenti in cura presso il SerD <strong>del</strong>la ASL di Pavia, analizzandone le<br />
caratteristiche socio-demografiche legate all’uso di sostanze. Inoltre, per gli utilizzatori di eroina, confrontare i<br />
diversi tipi di trattamento utilizzando come outcome l’esito negativo all’esame <strong>del</strong>le urine.<br />
Metodi. La popolazione oggetto di studio è la coorte dei nuovi pazienti in cura al servizio nel periodo 2003-<br />
2007 per i quali è stato attivato un percorso terapeutico e che almeno una volta hanno fatto uso di eroina. Sono<br />
stati quindi esclusi dallo studio: 1) pazienti con sole problematiche di abuso o dipendenza da altre sostanze; 2)<br />
pazienti per i quali non fosse disponibile la completezza dei dati richiesti.<br />
La fonte dei dati è costituita dalla cartelle informatizzate prodotte dal sistema informatico CECILIA messo a<br />
disposizione dalla Regione Lombardia e dal Ministero <strong>del</strong>la Salute.<br />
Le variabili analizzate riguardano le sostanze d’uso primario, gli indicatori socio demografici, il tipo di<br />
trattamento riabilitativo sostenuto, costituito da almeno una terapia: a) sostitutiva (metadone), b) psico-sociosanitaria,<br />
c) integrata (sostitutiva e psico-socio-sanitaria).<br />
Statistiche descrittive sono state utilizzate per descrivere le variabili raccolte e un’analisi di sopravvivenza<br />
(Kaplan-Meier) è stata utilizzata per analizzare i diversi tipi di trattamento rispetto all’esito <strong>del</strong>l’esame <strong>del</strong>le<br />
urine. L’esame è stato definito come negativo se risultava negativo contemporaneamente per oppiacei, cocaina<br />
e cannabinoidi. Il periodo di “sopravvivenza” <strong>del</strong> soggetto è stato calcolato come il tempo tra la data di entrata<br />
al servizio e la data <strong>del</strong>la fine <strong>del</strong>lo studio (31/12/2007) o l’ultima data in cui il paziente si è rivolto al SerD.<br />
Risultati. Nel periodo in studio, i pazienti tossicodipendenti incidenti sono stati 1490, 1473 di nazionalità<br />
italiana. L’età media dei pazienti è 31±8 anni (range 23-39), l’85% di essi è maschio, il 52% è celibe/nubile, il<br />
63% ha una residenza stabile, il 46% possiede un titolo di studio di licenza media inferiore e il 36% ha un<br />
lavoro stabile. Il 97.85% fa uso di una sola sostanza primaria, mentre il rimanente 2.15% fa uso di due sostanze<br />
primarie. La sostanza primaria più frequente è l’eroina/altri oppioidi (1384 soggetti), seguita dalla<br />
cocaina/crack (100), dagli alcolici (23), cannabinoidi (10). Il 62% non ha nessuna pendenza giuridica, dei 566<br />
pazienti che hanno pendenza ,il reato più frequente è quello contro il patrimonio (48%). La terapia più<br />
rappresentata per i pazienti con uso di eroina è quella sostitutiva (69%) seguita dalla psico-socio-sanitaria<br />
(20%) e dall’integrata (sostitutiva+ psico-socio-sanitaria) (11%); mentre per i cocainomani si ha: 63% di psicosocio-sanitaria,<br />
29% di sostitutiva e 8% di integrata.<br />
L’analisi di sopravvivenza ha evidenziato una differenza nell’andamento <strong>del</strong>la terapia sostitutiva rispetto agli<br />
altri due tipi di intervento. I pazienti che seguono la terapia sostitutiva hanno una probabilità maggiore di avere<br />
l’esame <strong>del</strong>le urine positivo.<br />
Conclusioni. Lo studio ha consentito di tracciare un profilo dei soggetti che si rivolgono al SerD per uso di<br />
sostanze.<br />
Le caratteristiche socio-demografiche dei pazienti sono risultate simili a quelle già descritte in altre analisi<br />
italiane ed europee. Per quanto riguarda il tipo di trattamento si è osservata una differenza rispetto alla<br />
probabilità di risultare positivi all’esame <strong>del</strong>le urine. Ciò indica che i tre tipi di approccio terapeutico hanno<br />
effetti differenti sulla ricaduta nell’uso di sostanze.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Dipendenze -L- Crociera Alta di Giurisprudenza - 17 ottobre mattina<br />
FATTORI DI RISCHIO E DETERMINANTI DELLO SVILUPPO DI DIPENDENZA DA<br />
SOSTANZE TRA GLI UTENTI DEI DIPARTIMENTI DI SALUTE MENTALE ITALIANI<br />
Borrelli P 1 , Carrà G 2 , Sciarini P 1 , Popa I 1 Segagni G 3 , Di Giannantonio M 4 , Clerici M 5 , Montomoli C 1<br />
1 Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali, Sezione di Statistica Medica ed<br />
<strong>Epidemiologia</strong>, Università degli Studi di Pavia, 2 Department of Mental Health Sciences Royal Free and<br />
University College Medical School London, UK, 3 Centro Sacro Cuore di Gesù, Ordine Ospedaliero dei<br />
Fatebenefratelli, San Colombano al Lambro (MI), 4 Facoltà di Psicologia, Università degli Studi "G.<br />
d'Annunzio" di Chieti, 5 Cattedra di Psichiatria, Dipartimento di Neuroscienze e Tecnologie Biomediche,<br />
Università degli Studi di Milano Bicocca<br />
Introduzione. Il fenomeno <strong>del</strong>la doppia diagnosi (DD), definita come presenza di un disturbo mentale e di un<br />
disturbo da uso di sostanze in comorbidità, ha assunto negli anni sempre maggiore rilievo ed interessa in modo<br />
crescente i servizi psichiatrici italiani. La prevalenza <strong>del</strong>la DD rilevata da studi epidemiologici è elevata ma<br />
variabile. I soggetti con DD presentano spesso un quadro psicopatologico più grave dei soggetti senza<br />
comorbidità, il decorso è caratterizzato da ricadute e ricoveri più frequenti, da minore aderenza al trattamento e<br />
da outcome peggiori. Tali soggetti inoltre utilizzano maggiormente i servizi, comportando spese sanitarie più<br />
elevate. La quota di soggetti con DD non diagnosticati nei setting psichiatrici è elevata e legata a fattori<br />
riguardanti sia i medici sia i pazienti portando a conseguenze quali: trattamenti inappropriati, scarsa risposta ai<br />
trattamenti, dimissioni premature e decorso più grave. Nonostante l’esistenza di studi epidemiologici crosssectional<br />
in setting assistenziali <strong>del</strong>la salute mentale e <strong>del</strong>le tossicodipendenze, in Italia rimane la carenza di<br />
stime certe riguardo la rilevanza <strong>del</strong> fenomeno e le sue caratteristiche a livello nazionale.<br />
Obiettivi. Stimare la prevalenza <strong>del</strong>la DD tra gli utenti dei DSM italiani ed individuare i fattori di rischio per<br />
sviluppare una sindrome da dipendenza.<br />
Metodi. È stato condotto uno studio trasversale presso i DSM italiani relativo agli utenti in carico nell’anno<br />
2005. Sono state raccolte variabili socio-demografiche, cliniche, diagnostiche, infettivologiche, di severità <strong>del</strong>la<br />
sindrome da uso di sostanze (uso, abuso, dipendenza). Un mo<strong>del</strong>lo logistico, è stato utilizzato per studiare i<br />
fattori di rischio per sviluppare una sindrome da dipendenza usando come covariate le variabili raccolte.<br />
Risultati. Sono stati raccolti dati relativi a 2218 pazienti DD provenienti da 38 DSM distribuiti sul territorio<br />
italiano (1525 al Nord, 256 al Centro, 437 al Sud); la prevalenza di DD è di 1.75 per 100 utenti. L’età media dei<br />
pazienti è 40 ± 10 anni (range 18-65), il 74% è maschio; la diagnosi psichiatrica principale più frequente è il<br />
disturbo di personalità (37%), seguito da psicosi schizofrenica e stati paranoidi (30%). La sostanza principale di<br />
abuso risulta essere l’alcool; il 61% dei pazienti utilizza più di due sostanze. Il 55% dei pazienti si è rivolto ad<br />
un servizio per problemi legati all’uso di sostanze.<br />
L’analisi multivariata ha evidenziato che l’uso di oppiacei (OR 3.11, IC95% 2.40-4.02, p-value
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(3): Dipendenze -L- Crociera Alta di Giurisprudenza - 17 ottobre mattina<br />
DIPENDENZE PATOLOGICHE E SERVIZI SANITARI": LA RIDUZIONE DEI RISCHI<br />
ASSOCIATI AL CONSUMO DI SOSTANZE STUPEFACENTI"<br />
Marina Davoli<br />
Dipartimento di <strong>Epidemiologia</strong> ASL RM E<br />
In Italia, dagli anni ’80, esiste una rete di servizi specialistici per il trattamento ambulatoriale <strong>del</strong>le dipendenze<br />
patologiche. La prevalenza e l’incidenza di persone in trattamento rispecchiano fenomeni differenti: prevalenza<br />
e incidenza <strong>del</strong>le diverse dipendenze, le condizioni di salute <strong>del</strong>le persone dipendenti da sostanze stupefacenti,<br />
le caratteristiche <strong>del</strong>l’offerta di intervento da parte dei servizi e il contesto organizzativo e sociale in cui i<br />
servizi ed il fenomeno si collocano.<br />
La gran parte <strong>del</strong>le persone in trattamento presso i servizi è rappresentata da casi prevalenti che restano al<br />
servizio per trattamenti di lungo termine o ritornano al servizio dopo frequenti abbandoni di precedenti<br />
trattamenti a breve termine. Le caratteristiche <strong>del</strong>le persone che si sono rivolte ai servizi in Italia sono cambiate<br />
progressivamente nel tempo, con un aumento <strong>del</strong>l’età media, una diminuzione <strong>del</strong>la proporzione di<br />
consumatori di eroina e un aumento dei consumatori di cocaina; questo fenomeno è particolarmente evidente<br />
nelle persone che si rivolgono ai servizi per la prima volta e che rappresentano meno <strong>del</strong> 20% <strong>del</strong>la popolazione<br />
trattata. In Italia la proporzione di consumatori di eroina tra tutti gli utenti dei servizi è passata dall’84% nel<br />
2001 al 73% nel 2005. Anche nel Lazio, si è passati da una proporzione di consumatori di eroina tra i nuovi<br />
utenti <strong>del</strong> 78% nel 1996 al 30% nel 2006; la proporzione di consumatori di cannabis tra i nuovi utenti è<br />
anch’essa aumentata nel tempo. Contemporaneamente, anche le modalità di accesso al servizio si sono<br />
modificate, particolarmente dopo il 2000. Sempre nel Lazio, la proporzione dei nuovi utenti che sono stati<br />
inviati ai servizi dalle Prefetture in seguito ad un fermo di polizia è passata dal 10% nel 1996 al 38% nel 2003.<br />
E’ proprio tra i consumatori di cocaina e cannabis che questa modalità di invio rappresenta la modalità più<br />
frequente, rispettivamente il 48% e il 79%. E’ evidente quindi che le condizioni di salute non sono l’unico<br />
determinante <strong>del</strong>l’accesso ai servizi.<br />
I tossicodipendenti che si rivolgono ai servizi hanno un rischio di mortalità e di ospedalizzazione superiore a<br />
quello <strong>del</strong>la popolazione generale. Per quanto riguarda i consumatori di eroina, la mortalità per overdose<br />
rappresenta il più rilevante effetto sulla salute prevenibile attraverso appropriati trattamenti. L’efficacia dei<br />
trattamenti sostitutivi nel ridurre la mortalità per tutte le cause e per overdose è stata dimostrata in una recente<br />
revisione sistematica di studi osservazionali. Il RR di mortalità per tutte le cause tra i tossicodipendenti in<br />
trattamento sostitutivo rispetto a quelli fuori trattamento è 0.37 (95% CI 0.29-0.48); per quanto riguarda la<br />
mortalità per overdose, non è stato possibile calcolare una misura cumulativa a causa di una forte eterogeneità,<br />
ma 4 studi su 5 hanno dimostrato un significativo effetto protettivo <strong>del</strong> trattamento sostitutivo (RR da 0.02 a<br />
0.36). L’efficacia <strong>del</strong> trattamento <strong>del</strong>la dipendenza da oppiacei nel ridurre la mortalità per overdose è stato<br />
dimostrato anche in Italia per tutti i trattamenti nell’ambito <strong>del</strong>lo studio nazionale VEdeTTE.<br />
Dai dati emersi dallo studio longitudinale prospettico VEdeTTE, volto a valutare l’efficacia degli interventi<br />
effettuati dai SerT italiani per il trattamento <strong>del</strong>la tossicodipendenza da eroina nella prevenzione <strong>del</strong>la mortalità<br />
per overdose e nella ritenzione in trattamento, si evidenzia che nel periodo di osservazione (in media 26 mesi),<br />
su una coorte di 10.376 tossicodipendenti, si sono verificati complessivamente 190 decessi (l’80,5% è costituito<br />
da maschi ed il 19,5% da femmine). Con il 36,8% dei decessi, l’overdose rappresenta la causa più frequente,<br />
l’AIDS costituisce il 20% e le cause violente il 15,8%. La coorte studiata ha, in media, un rischio di morte 10<br />
volte quello <strong>del</strong>la popolazione generale <strong>del</strong>la stessa età, rischio che varia da 4 volte per i tossicodipendenti in<br />
trattamento a più di 20 volte per le persone uscite dal trattamento (SMR=3,9; IC 95%: 2,8-5,4 per le persone in<br />
trattamento e SMR=21,4; IC 95%: 16,7-27,4 per quelle fuori trattamento). Il rischio di morte per overdose per<br />
le persone in trattamento è risultato 11 volte più basso di quello verificatosi tra i tossicodipendenti fuori<br />
trattamento (HR= 0.09, IC 95%: 0.04-0.19), e questo effetto protettivo si verifica per tutti i trattamenti<br />
(metadone a mantenimento, metadone a scalare, comunità terapeutica, altri trattamenti farmacologici e<br />
psicosociali).<br />
Il rischio di morte per overdose è più elevato nei primi 30 giorni dall’uscita dal trattamento, in seguito all’alta<br />
frequenza di ricadute nell’uso di eroina. Se il rischio di morire è pari all’1 per 1.000 durante il trattamento, nel<br />
primo mese dall’uscita questo sale a 23 per 1.000, valore che scende a 7 per 1.000 dopo più di 60 giorni<br />
dall’uscita. Qualora il trattamento sia di breve durata ( per esempio un breve trattamento di<br />
disintossicazione orientato all’astinenza o un qualsiasi altro tipo di trattamento interrotto<br />
prematuramente), l’effetto protettivo <strong>del</strong> trattamento viene vanificato dal notevole eccesso di morte nel<br />
primo mese successivo alla sua fine (23 per 1.000).<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Trattamenti di breve durata potrebbero quindi paradossalmente aumentare il rischio di morte da overdose<br />
rispetto all’assenza di trattamento.<br />
La chiave di volta <strong>del</strong>la protezione dalla mortalità acuta da overdose sembra quindi essere rappresentata dalla<br />
ritenzione in trattamento. Durante i 18 mesi di follow-up <strong>del</strong>lo studio, nei 115 SerT partecipanti sono stati<br />
registrati 40.286 trattamenti, di cui il 28% costituito da trattamenti di mantenimento con metadone, il 27% da<br />
disintossicazione con metadone; il 4,5% da comunità terapeutica residenziale, il 29% da psicoterapia,<br />
consulenza o sostegno e accompagnamento. I trattamenti di psicoterapia sono il 4,3%. Il fattore predittivo più<br />
significativo <strong>del</strong>la ritenzione in trattamento è il tipo di terapia, con una minor ritenzione per le terapie orientate<br />
all’astinenza, che terminano nel 50% dei casi dopo circa 100 giorni, e per le quali il rischio di abbandono è tre<br />
volte più alto rispetto al Mantenimento con Metadone ad elevati dosaggi (nei soggetti incidenti HR=3.68, IC<br />
95%: 2.46-5.50, nei reingressi HR=3.27, IC 95%: 2.65-4.03). Il 50% degli utenti incidenti risulta ancora in<br />
trattamento dopo circa 300 giorni, sia nel caso <strong>del</strong>la Comunità Terapeutica residenziale che <strong>del</strong> Mantenimento<br />
con Metadone.<br />
Per il mantenimento con metadone, la ritenzione in trattamento è influenzata dal dosaggio <strong>del</strong> farmaco: più alta<br />
è la dose media giornaliera, maggiore è la ritenzione. Indipendentemente dal tipo di terapia, la ritenzione risulta<br />
maggiore nei trattamenti integrati; l’assenza di una psicoterapia e, più in generale, di un trattamento<br />
psicosociale associato raddoppia il rischio di lasciare il trattamento.<br />
In conclusione, una quota rilevante di tossicodipendenti in Italia entra in contatto con i servizi sanitari, che<br />
hanno un ruolo molto rilevante nella capacità di prevenire il rischio di morte per overdose. Esiste però il<br />
sospetto che trattamenti inappropriati possano addirittura aumentare questo rischio. A fronte di ben più deboli<br />
prove <strong>del</strong>l’efficacia di interventi preventivi, l’utilizzo di trattamenti sanitari appropriati per la dipendenza da<br />
oppiacei rappresenta ancora oggi una priorità di azione <strong>del</strong> servizio sanitario.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(4): Metodi: tumori -M-Aula Magna - 17 ottobre pomeriggio<br />
È POSSIBILE USARE MODELLI PREDITTIVI PER PREVENIRE I TUMORI<br />
Adriano Decarli<br />
Istituto di Statistica Medica e Biometria “Giulio A. Maccacaro” – Università di Milano<br />
Negli anni più recenti risulta sempre più diffuso l'uso di mo<strong>del</strong>li predittivi di rischio di cancro. Questi mo<strong>del</strong>li<br />
vengono utilizzati nella pianificazione di trial di intervento a livello di popolazione, nella stima di scenari futuri<br />
<strong>del</strong>la diffusione <strong>del</strong>le patologie, nella definizione di indici di rischio/beneficio, nell'affinamento <strong>del</strong>le procedure<br />
legate ai processi di decisione in clinica (counselling genetico), e nella pianificazione e valutazione di strategie<br />
di prevenzione. Metodi diversi possono essere utilizzati per sviluppare e valutare mo<strong>del</strong>li tesi a stimare il<br />
rischio assoluto di cancro in un definito intervallo di tempo. Una strategia diffusa è quella di costruire mo<strong>del</strong>li<br />
che utilizzano in modo integrato dati derivati da studi epidemiologici (es: studi tipo caso-controllo) con dati<br />
derivati da Registri Tumori. Questa strategia permette di diporre anche di dettagliate informazioni sulle<br />
covariate legate alla patologia in studio in tempi relativamente brevi. Un aspetto metodologico rilevante è<br />
quello <strong>del</strong>la valutazione <strong>del</strong>l'impatto sul rischio di più fattori quando valutati congiuntamente, impatto<br />
usualmente quantificato attraverso la stima <strong>del</strong> Rischio Attribuibile (RA). Metodi statistici multivariati sono<br />
stati utilizzati negli ultimi anni con l'obbiettivo di stimare AR per ogni singolo fattore quando più fattori<br />
associati fra loro sono presi in considerazione congiuntamente. Ciò al fine di disporre di indicazioni, che<br />
aggiunte a quelle cliniche e a quelle economiche, facilitino la decisione su quale programma di prevenzione o<br />
sorveglianza attuare quando varie alternative risultano disponibili. I valori stimati degli AR parziali potrebbero<br />
infatti suggerire un programma di sorveglianza intensivo e/o un'azione di chemioprevenzione per sottogruppi di<br />
popolazione in cui il valore <strong>del</strong>la probabilità di tumore è in gran parte da attribuire a fattori irreversibili. Al<br />
contrario per sottogruppi in cui il rischio è in gran parte dovuto a fattori modificabili, potrebbe essere<br />
preferibile una politica di intervento educativo. Verrà in particolare discusso il problema <strong>del</strong>la valutazione <strong>del</strong>le<br />
possibilità applicative dei mo<strong>del</strong>li predittivi di rischio e dei loro potenziali limiti. Parecchi criteri di tipo<br />
generale sono stati utilizzati per valutare la capacità predittiva di questi mo<strong>del</strong>li. Essi includono sia la<br />
valutazione <strong>del</strong>la capacità <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo di prevedere il numero osservato di eventi in definiti sottoinsiemi <strong>del</strong>la<br />
popolazione (calibrazione) sia la valutazione <strong>del</strong>la capacità discriminatoria <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo misurata usualmente<br />
dalla statistica di concordanza. In questa presentazione saranno presi in considerazione alcuni criteri di<br />
carattere generale oltre che criteri basati sull’uso di loss-function nei due casi: a) screening di una popolazione<br />
per selezionare soggetti da valutare ulteriormente o trattare e b) valutazione <strong>del</strong>l’effetto preventivo di un<br />
trattamento che ha sia effetti benefici che effetti collaterali Un elevato potere discriminatorio <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo<br />
predittivo risulta importante quando ci si riferisce ad uno screening di popolazione piuttosto che ad un politica<br />
interventistica di prevenzione. Verrà sottolineato come l’utilità di criteri di tipo generale quali la statistica di<br />
concordanza dipenda dal tipo di applicazione <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo predittivo e che in alcuni casi risulta più utile una<br />
valutazione dei mo<strong>del</strong>li predittivi attraverso l’uso di appropriate funzioni di perdita.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(4): Metodi: tumori -M-Aula Magna - 17 ottobre pomeriggio<br />
INFEZIONE DA PAPILLOMAVIRUS, CANCRO DELLA CERVICE UTERINA E<br />
VACCINAZIONE: UN MODELLO DINAMICO<br />
Baussano I 1 ,2, Ronco G 2 , Vineis P 1 , Garnett G.P 1<br />
1 Division of Epidemiology, Public Health & Primary Care, Faculty Division of Epidemiology, Public Health &<br />
Primary Care, Faculty of Medicine, Imperial College London, of Medicine, Imperial College London,<br />
2 CPO-Piemonte<br />
Introduzione. La scoperta di una relazione causale tra infezione con da papillomavirus umano (HPV) a<br />
trasmissione sessuale e l’insorgenza di cancro <strong>del</strong>la cervice uterina sta modificando il paradigma teorico alla<br />
base <strong>del</strong>le strategie di prevenzione. In particolare, la prevenzione secondaria può diventare più accurata,<br />
efficiente e riproducibile grazie a nuove tecniche diagnostiche quali la citologia liquida e l’identificazione <strong>del</strong><br />
DNA virale, mentre l’introduzione di un vaccino profilattico contro i ceppi HPV-16 ed HPV-18, responsabili di<br />
circa il 70% dei casi di tumore <strong>del</strong>la cervice, apre la strada alla prevenzione primaria di questa neoplasia. In<br />
assenza di dati empirici le valutazioni di impatto <strong>del</strong>le nuove tecnologie si basano su mo<strong>del</strong>li predittivi di<br />
natura matematica. Data la contagiosità <strong>del</strong>l’infezione da HPV, mo<strong>del</strong>li dinamici capaci tenere conto <strong>del</strong>la<br />
protezione diretta ed indiretta offerta dai sistemi di prevenzione, sono particolarmente indicati.<br />
Obiettivi. a) Sviluppare un mo<strong>del</strong>lo compartimentale e deterministico <strong>del</strong>la trasmissione <strong>del</strong>l’infezione da HPV<br />
e <strong>del</strong>la progressione <strong>del</strong>l’infezione e <strong>del</strong>le lesioni precancerose a cancro <strong>del</strong>la cervice. b) Studiare le incertezze,<br />
e le loro implicazioni, relative ai tassi di transizione tra i diversi stadi <strong>del</strong>la malattia. c) Stimare l’impatto in<br />
Piemonte <strong>del</strong>l’integrazione di strategie di prevenzione primaria e secondaria per il periodo compreso tra il 2010<br />
ed il 2050.<br />
Metodi. Il mo<strong>del</strong>lo dinamico presentato cattura sia dinamiche infettive, caratterizzate dall’andamento non<br />
lineare <strong>del</strong>la propagazione <strong>del</strong>l’infezione, sia dinamiche carcinogenetiche che regolano la transizione da lesioni<br />
precancerose a cancro. La popolazione è stata stratificata in base al sesso e all’attività sessuale ed è stata<br />
analizzata su tre assi temporali: calendario, età e durata <strong>del</strong>l’infezione e <strong>del</strong>le lesioni precancerose. I tassi di<br />
transizione tra i diversi stati di salute sono stati derivati dalla letteratura o risolvendo il sistema di equazioni<br />
differenziali parziali che costituiscono il mo<strong>del</strong>lo e calibrando le soluzioni ai dati osservati in Piemonte. Una<br />
volta ottenuti dei sistemi di parametri plausibili e capaci di riprodurre i dati osservati, è stato stimato l’impatto<br />
potenziale <strong>del</strong>l’integrazione di strategie vaccinali con il programma di screening.<br />
Risultati.<br />
Storia naturale <strong>del</strong>la malattia. i) La trasmissione <strong>del</strong>l’infezione dipende dalla distribuzione per età dei<br />
comportamenti sessuali <strong>del</strong>la popolazione. Questo aspetto è rilevante per mirare la vaccinazione alla<br />
popolazione non ancora sessualmente attiva. ii) La progressione e la risoluzione spontanea<br />
<strong>del</strong>l’infezione dipendono dalla durata <strong>del</strong>la stessa ma non <strong>del</strong>l’età dei soggetti infettati. Questo aspetto<br />
è rilevante per mirare la vaccinazione alla popolazione sessualmente attive ma non ancora infettata. iii)<br />
Importanti incertezze caratterizzano la progressione e la risoluzione spontanea <strong>del</strong>le lesioni<br />
precancerose. Questo aspetto è rilevante per le stime di impatto relative alle strategie integrate di<br />
vaccinazione e screening in particolare se screening e vaccinazione sono mirati a gruppi di<br />
popolazione differenti.<br />
Impatto <strong>del</strong>la vaccinazione. i) La copertura vaccinale <strong>del</strong>la popolazione non ancora sessualmente<br />
attiva è il maggior determinante <strong>del</strong>l’impatto <strong>del</strong>le strategie vaccinali sotto ogni scenario vaccinale. ii)<br />
Le strategie di catch-up su popolazioni di donne sessualmente attive migliorano l’impatto di<br />
programmi di vaccinazione soprattutto se la copertura <strong>del</strong>la popolazione non sessualmente attiva è<br />
basso, iii) la vaccinazione <strong>del</strong>la popolazione maschile protegge indirettamente le donne, tale<br />
protezione può essere utile in caso di bassa copertura femminile.<br />
Conclusioni. Il mo<strong>del</strong>lo dinamico presentato consente di catturare l’effetto di variabili demografiche,<br />
comportamentali e biologiche che concorrono alla diffusione <strong>del</strong>l’infezione da HPV e alla progressione a<br />
cancro <strong>del</strong>la cervice uterina. Importanti incertezze a carico di parametri di natura biologica che regolano<br />
l’evoluzione <strong>del</strong>le lesioni precancerose rendono le stime soggette ad una forte variabilità, che condiziona le<br />
stime di impatto. Tenendo presenti le sopracitate incertezze è possibile definire il contesto in cui le strategie di<br />
vaccinazione contro l’infezione da HPV possono essere efficienti ed efficaci.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(4): Metodi: tumori -M-Aula Magna - 17 ottobre pomeriggio<br />
SOPRAVVIVENZA RELATIVA MODEL-BASED: APPLICAZIONE AI CASI DI TUMORE<br />
DELLA MAMMELLA DEL REGISTRO TUMORI DELLA TOSCANA<br />
Coviello E 2 , Buzzoni C 1 , Crocetti E 1 , Miccinesi G 1 , Paci E 1<br />
1 Registro Tumori Toscano UO <strong>Epidemiologia</strong> Clinica e Descrittiva. CSPO Firenze, 2 Unità di <strong>Epidemiologia</strong> e<br />
Statistica ASL BA. Giovinazzo (Ba)<br />
Introduzione. Recentemente sono stati proposti approcci mo<strong>del</strong>-based per la stima <strong>del</strong>la sopravvivenza relativa<br />
(RS) dei pazienti affetti da cancro. La loro utilità consiste nella possibilità di ottenere stime di sopravvivenza<br />
più aggiornate e precise di quelle derivanti da analisi con approcci convenzionali e di testare la significatività<br />
<strong>del</strong> trend <strong>del</strong>la sopravvivenza in un arco temporale. La loro applicazione è ostacolata dalla limitata disponibilità<br />
di procedure per il calcolo.<br />
Obiettivi. Il principale obiettivo <strong>del</strong>lo studio è stato quello di fare un’esperienza di applicazione <strong>del</strong>le tecnica<br />
mo<strong>del</strong>-based per validarne le stime attraverso il confronto con la sopravvivenza effettivamente osservata e a<br />
verificarne i vantaggi rispetto agli approcci convenzionali. Obiettivo secondario è stata la definizione <strong>del</strong>le<br />
procedure di calcolo da utilizzare in eventuali successive applicazioni più estese <strong>del</strong> nuovo metodo.<br />
Materiali e metodi. La nostra analisi è basata sui casi di tumore <strong>del</strong>la mammella rilevati dal registro tumori<br />
<strong>del</strong>la Toscana. Sono esclusi i tumori in situ, i DCO, i casi rilevati all’autopsia e le occorrenze successive al<br />
primo di tumori multipli. La RS a 5 anni effettivamente osservata nei casi diagnosticati nel 2000 è stata<br />
confrontata con le stime più aggiornate potenzialmente disponibili nello stesso anno con una: 1) analisi ibrida<br />
che considera i casi incidenti nel 2000 (finestra 1 anno); 2) analisi ibrida con i casi incidenti nel 1996-2000<br />
(finestra 5 anni); 3) approccio ibrido mo<strong>del</strong>-based con base di dati identica a quella <strong>del</strong> punto precedente. Si è<br />
utilizzata l’analisi ibrida poiché il registro dispone di dati di follow-up più aggiornati di un anno rispetto ai dati<br />
di incidenza. Con la procedura scritta per STATA si è inoltre stimata la RS a 5 anni mo<strong>del</strong>-based aggiustata per<br />
età nel 2000 e 2004 e confrontata con i risultati ottenuti con la procedura scritta per SAS. Gli intervalli di<br />
confidenza <strong>del</strong>la sopravvivenza relativa mo<strong>del</strong>-based sono stati stimati secondo il metodo descritto da<br />
Carstensen (http://staff.pubhealth.ku.dk/~bxc/Talks/WntCma-xrp.pdf).<br />
Risultati.<br />
RS<br />
a 5 anni<br />
Differenza<br />
Osservata<br />
Osservata 87.2 <br />
95% CI<br />
LB HB<br />
Ampiezza<br />
CI<br />
Ibrida - Finestra Temporale 1 anno 87.7 0.49 85.2 89.9 4.7<br />
Ibrida - Finestra Temporale 5 anni 86.3 0.82 85.1 87.6 2.6<br />
Mo<strong>del</strong>-Based 86.6 0.60 84.5 88.7 4.2<br />
RS a 5 anni mo<strong>del</strong>-based<br />
aggiustata per età<br />
2000 2004<br />
Variaz.<br />
2000-2004<br />
Trend<br />
p<br />
SAS 82.9 86.2 3.3 0.08<br />
STATA 82.9 86.1 3.2 0.08<br />
Conclusioni. L’analisi ibrida con finestra temporale 1 anno (Ibrida 1) ha stimato la RS più vicina a quella<br />
effettivamente osservata mentre la stima più precisa è risultata quella <strong>del</strong>l’analisi ibrida con finestra temporale<br />
5 anni (Ibrida 5). L’analisi mo<strong>del</strong>-based ha ottenuto risultati intermedi: la stima puntuale <strong>del</strong>la RS è risultata<br />
migliore di quella ottenuta con l’analisi Ibrida 5 e i limiti di confidenza meno ampi di quelli stimati con la<br />
Ibrida 1. Tale risultato conferma che l’analisi mo<strong>del</strong>-based rappresenta un vantaggioso punto di equilibrio nel<br />
trade-off tra accuratezza e precisione <strong>del</strong>la stima <strong>del</strong>la RS rispetto ad analisi convenzionali.<br />
La procedura scritta per Stata ha stimato una RS a 5 anni aggiustata per età uguale a quella stimata con SAS nel<br />
2000 e solo <strong>del</strong>lo 0.1% più bassa di quella stimata con SAS nel 2004. Anche le probabilità <strong>del</strong> test <strong>del</strong> trend<br />
stimate con i due package sono risultate uguali.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(4): Metodi: tumori -M-Aula Magna - 17 ottobre pomeriggio<br />
UN MODELLO DI SIMULAZIONE PER LO SCREENING COLORETTALE:<br />
CONFRONTO TRA DUE DIFFERENTI STRATEGIE DI SCREENING<br />
Ventura L 1 , Biggeri A 1 , Carreras G 1 , Grazzini G 1 , Paci E 1 , Zappa M 1<br />
1. ISPO – Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica, Firenze<br />
Introduzione. Le raccomandazioni a livello nazionale per lo screening colorettale individuano come i test<br />
disponibili la ricerca <strong>del</strong> sangue occulto nelle feci (FOBT) da effettuarsi ogni due anni per le persone di età<br />
compresa fra i 50 e i 70/74 anni, o la rettosigmoidoscopia flessibile per le persone di età tra i 50 e i 60 anni da<br />
effettuarsi una volta nella vita. L’utilizzo di mo<strong>del</strong>li di simulazione per valutare i programmi di screening si sta<br />
sempre più diffondendo a livello nazionale che internazionali. La loro applicazione risulta particolarmente utile<br />
per mettere a confronto diverse politiche di screening.<br />
Obiettivi. L’obiettivo <strong>del</strong>lo studio è quello di mettere a confronto due diverse strategie di screening colorettale.<br />
Il confronto tra queste due strategie è abbastanza complesso, differendo per modalità di screening e per fasce di<br />
età coinvolte. Nel presente lavoro ci siamo focalizzati,come primo step, sulla detection <strong>del</strong> adenomi ad alto<br />
rischio trovati e sul diverso carico di esami diagnostici necessari nelle seguenti ipotesi: 1) un unico passaggio di<br />
screening da fare attraverso una rettosigmoidoscopia all’età di 60 anni 2) 5 passaggi di screening attraverso<br />
FOBT, a partire da 60 anni ogni due anni .<br />
Metodi. E’ stato costruito un mo<strong>del</strong>lo markoviano composto da stati mutuamente esclusivi che descrivono i<br />
possibili passaggi <strong>del</strong>lo screening. Il mo<strong>del</strong>lo simula la storia di screening dal momento <strong>del</strong>l’invito al primo<br />
round fino alla comparsa o meno di adenomi ad alto rischio. Il mo<strong>del</strong>lo considera 6 stati in cui una persona può<br />
trovarsi:<br />
1) Invito ad effettuare il test <strong>del</strong> sangue occulto, 2) Adesione all’invito, 3) Positività al test <strong>del</strong> sangue occulto,<br />
4) Adesione alla colonscopia, 5) Positività alla colonscopia e presenza di adenoma ad alto rischio, 6) Morte per<br />
tutte le cause. Per una coorte di 100.000 persone gli esiti <strong>del</strong>lo screening sono stati costruiti mediante<br />
microsimulazioni di Monte Carlo. Ciascuna persona entra nel mo<strong>del</strong>lo nello stato iniziale ovvero viene invitato<br />
ad effettuare un test per la ricerca <strong>del</strong> sangue occulto all’età di 60 anni. Dopodichè la persona viene seguita<br />
round dopo round per 10 anni.<br />
Le probabilità di transizione sono state calcolate a partire dai dati riferiti all’attività di screening effettuata<br />
dall’ISPO dall’anno 2000 in poi. Le probabilità di adesione al test di screening sono state distinte in tre<br />
differenti casi: 1)Probabilità di aderire non avendo mai aderito a nessuno dei round precedenti, 2)Probabilità di<br />
aderire avendo aderito almeno ad uno dei round precedenti, 3)Probabilità di aderire avendo aderito a tutti i<br />
round precedenti. La probabilità iniziale di partecipazione è stata forzata per entrambe le strategie al 50% I<br />
valori per tali probabilità sono stati ottenuti a partire dai dati relativi a alcune zone <strong>del</strong>la provincia di Firenze.<br />
Sono stati utilizzati dati relativi alla storia di screening di circa 5700 persone con età superiore ai 60 anni<br />
invitate almeno una volta, per un totale di tre round. Le probabilità di positività al test, di adesione alla<br />
colonscopia, di sviluppare un adenoma ad alto rischio sono state calcolate a partire dai dati riferiti all’attività di<br />
screening di 21 comuni <strong>del</strong>la provincia di Firenze seguiti dall’anno 2000 in poi, per un totale di circa 55000<br />
esami fatti. La probabilità di morte per tutte le cause è stata ottenuta dalle tavole di mortalità <strong>del</strong> Registro di<br />
mortalità per l’anno 2006 nelle Province di Firenze e Prato. Le probabilità di adesione per i round 4 e 5 sono<br />
state stimate partendo da quelle osservate nelle suddette aree. Per tenere in considerazione <strong>del</strong>l’incertezza sulle<br />
probabilità di transizione ogni probabilità è stata campionata per ciascun individuo da una distribuzione<br />
normale con media e varianza stimate dai dati. (Briggs 2007, Doubilet 1985). Per la sigmoidoscopia abbiamo<br />
utilizzato, al momento <strong>del</strong>le stime <strong>del</strong>le detection rate partendo dai dati <strong>del</strong> braccio di Firenze <strong>del</strong>lo studio<br />
SCoRe 2. (Segnan et al .JNCI 2007) e SCoRe 3 (Segnan et al . Gastroenterology. 2007).<br />
Risultati. I risultati riguardanti la politica di 5 passaggi di screening attraverso il FOBT, confrontati con la<br />
rettosigmoidoscopia sono riportati di seguito. Nelle ipotesi fatte , in questa coorte di 100.000 persone verranno<br />
diagnosticati in 10 anni 2332 adenomi avanzati (812 fra le donne e 1520 fra gli uomini). Gli esami necessari<br />
saranno 241.329 FOBT e 8.177 colonscopie Nel caso <strong>del</strong>la rettosigmoidoscopia, nella stessa popolazione<br />
sarebbero individuati 2.196 (4,4%) adenomi avanzati con 49.919 sigmoidoscopie e 2.696 (5,4%) colonscopie.<br />
Saranno presentate differenti valutazioni tenendo conto dei livelli reali di partecipazione (maggiori per il<br />
FOBT).<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(4): Metodi: ambiente -N-Aula Scienze - 17 ottobre pomeriggio<br />
FALSO POSITIVO E FALSO NEGATIVO: DUE PREOCCUPAZIONI ASIMMETRICHE<br />
NELLA VALUTAZIONE DELLE EVIDENZE EPIDEMIOLOGICHE<br />
Gennaro V*, Ricci P**<br />
*COR Liguria <strong>del</strong> Registro Nazionale Mesoteliomi (ReNaM), Dipartimento <strong>Epidemiologia</strong> e Prevenzione,<br />
Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro (IST), Genova, **Osservatorio Epidemiologico, ASL provincia di<br />
Mantova<br />
Introduzione. L’odierno dibattito scientifico appare sempre più sbilanciato a favore di un’ostinata ricerca di<br />
spiegazioni alternative alle associazioni causali evidenziate, fino ad invocare, come nel caso <strong>del</strong> mesotelioma,<br />
determinanti virali e genetici, quanto meno per indebolire la forza <strong>del</strong>l’associazione con l’esposizione ad<br />
amianto, oppure condizioni di deprivazione sociale quando si tratta giustificare una maggiore occorrenza di<br />
malattie (neoplastiche e non) verificatasi nelle aree industriali. Infatti, se l’ipotesi che si intende valutare<br />
inerisce agli aspetti ambientali o occupazionali, sembra che le prove non bastino mai; anche quando si tratta di<br />
applicare il principio di precauzione in sanità pubblica e non di proclamare verità assolute. Il reciproco<br />
raramente invece irrompe sulla scena con la stessa forza e soprattutto con le stesse implicazioni: revisioni, best<br />
evidence, metanalisi, ecc.<br />
Obiettivi. Fornire alcune riflessioni metodologiche da utilizzare per una lettura critica degli studi<br />
epidemiologici che negano o minimizzano la sussistenza di rischi per la salute pubblica.<br />
Metodi. Vengono analizzati alcuni studi epidemiologici pubblicati su riviste peer-reviewed riportanti risultati<br />
negativi che gli autori traducono in giudizi di assenza o inconsistenza di rischio per la salute degli esposti. Un<br />
attento riesame di tutte le fasi <strong>del</strong>lo studio epidemiologico fa emergere però come queste conclusioni appaiano<br />
spesso prive di solide fondamenta o francamente incoerenti con i risultati <strong>del</strong>lo stesso studio.<br />
Risultati. Molti studi possono apparire erroneamente “negativi” perché: utilizzano indicatori di esposizione<br />
troppo generici, monitoraggi ambientali o biologici limitati o incoerenti con l’epoca di esposizione<br />
teoricamente efficace; includono solo pochi inquinanti ed escludono il loro possibile sinergismo soltanto perché<br />
presenti a basse concentrazioni; scelgono popolazioni di riferimento inappropriate; diluiscono la popolazione<br />
effettivamente esposta; perdono i casi esposti; il periodo di latenza non è sufficientemente lungo; la residenza<br />
<strong>del</strong> caso, quando viene utilizzata come proxy di esposizione, la si fa coincidere con la data di morte o di prima<br />
diagnosi anche se sono presenti altre conoscenze (sulla storia abitativa, sul periodo di calendario<br />
<strong>del</strong>l’esposizione efficace, ecc.,); si enfatizza l’assenza di significatività statistica perché l’eccesso di rischio si<br />
basa su pochi casi; si selezionano poche e rare malattie a fronte <strong>del</strong> possibile ampio spettro tossicologico <strong>del</strong>le<br />
esposizioni in esame. Da ultimo l’interpretazione <strong>del</strong>lo studio non è coerente con direzione e dimensione dei<br />
rischi effettivamente ottenuti nei risultati.<br />
Conclusioni. Il fine <strong>del</strong>l’epidemiologia è quello di difendere la salute pubblica. L’epidemiologia è una<br />
disciplina scientifica che si identifica anche con il suo metodo di studio. L’indagine deve essere indipendente,<br />
ma si deve basare su un disegno <strong>del</strong>lo studio corretto perché adeguato e coerente con l’ipotesi che si intende<br />
verificare. La sottovalutazione <strong>del</strong> rischio ne costituisce un errore inaccettabile e deve essere assolutamente<br />
evitata. Per questo si presuppongono molteplici conoscenze come quelle sanitarie, tossicologiche, ambientali,<br />
impiantistiche, ecc.. che non dovranno mai essere surrogate dalla sola analisi statistica, utilissimo, ma non<br />
unico, strumento di lavoro a cui non si può <strong>del</strong>egare l’interpretazione <strong>del</strong>lo studio. Non da ultimo appare<br />
imprescindibile la trasparente assenza di conflitti con i possibili forti interessi in gioco.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(4): Metodi: ambiente -N-Aula Scienze - 17 ottobre pomeriggio<br />
METODI PER LE STIME D’IMPATTO<br />
Annibale Biggeri<br />
Università di Firenze<br />
Abstract non pervenuto<br />
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Sessione parallela(4): Metodi: ambiente -N-Aula Scienze - 17 ottobre pomeriggio<br />
RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE DELLA PREVALENZA DEI SINTOMI CON<br />
TECNICHE DI LISCIAMENTO LOCALE: LO STUDIO DI VIADANA<br />
1 Girardi P.; 1 Marcon A.; 1 Rava M.; 2 Pironi V.; 3 Silocchi C.; 2 Ricci P.; 1 De Marco R.<br />
1 Sezione di <strong>Epidemiologia</strong> e Statistica Medica, Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica, Università di<br />
Verona; 2 Osservatorio Epidemiologico ASL di Mantova; 3 Dipartimento di Prevenzione ASL di Mantova.<br />
Introduzione. La possibilità di mappare geograficamente la prevalenza o l’incidenza di patologie specifiche<br />
può essere estremamente utile negli studi sugli effetti degli inquinanti ambientali sulla salute. Tuttavia mentre<br />
la distribuzione di un inquinante in un territorio segue un gradiente continuo a causa <strong>del</strong>la molteplicità <strong>del</strong>le<br />
fonti o <strong>del</strong>la sua dispersione nell’ambiente, la popolazione, e quindi l’occorrenza <strong>del</strong>le malattie, si dispone in<br />
aggregati discreti (cluster umani).<br />
Obiettivi. Ottenere una rappresentazione spaziale continua <strong>del</strong>la prevalenza dei sintomi potenzialmente<br />
associati all’esposizione ad inquinanti aerodispersi (formaldeide) al fine di valutare la congruenza tra la<br />
distribuzione dei sintomi nel territorio e la distribuzione <strong>del</strong>le fonti di emissione in una data area. A tal fine<br />
sono stati utilizzati i dati <strong>del</strong>lo studio di Viadana. Il distretto sanitario di Viadana (Mantova) è il principale polo<br />
industriale italiano per la lavorazione <strong>del</strong> legno. Le 28 aziende <strong>del</strong> legno <strong>del</strong> distretto emettono inquinanti<br />
aerodispersi, in particolare formaldeide e polvere di legno.<br />
Metodi. A tutti i bambini di età 3-14 anni residenti nel distretto (n=3907), è stato consegnato un questionario<br />
destinato ai genitori, per rilevare l’indirizzo di residenza e informazioni su disturbi respiratori e irritativi<br />
(asmatiformi, naso, gola, bocca e occhi). Gli indirizzi <strong>del</strong>le abitazioni, <strong>del</strong>le scuole e <strong>del</strong>le aziende sono stati<br />
georeferenziati e calcolate le coordinate UTM. Quattro <strong>del</strong>le 28 aziende <strong>del</strong> legno <strong>del</strong> distretto sono state<br />
considerate “ad alta emissione” di inquinanti (emissione in atmosfera >30 tonnellate/anno di formaldeide o<br />
aziende chimiche), le altre a bassa emissione. Sono stati utilizzati dei mo<strong>del</strong>li additivi generalizzati (GAM) per<br />
formare la griglia di mappatura di ogni punto nelle due dimensioni. Grazie all’uso di un lisciamento con<br />
regressioni locali pesate (“loess”) sono state calcolate le prevalenze per ogni punto nella mappa. La tecnica<br />
loess ha il vantaggio di unire i pregi <strong>del</strong> lisciamento tramite Kernel e la scelta <strong>del</strong>l’ampiezza di una regressione<br />
locale. Il mo<strong>del</strong>lo migliore è stato scelto andando a minimizzare indici di complessità computazionale AIC<br />
(criterio informativo di Akaike) e BIC (criterio informativo bayesiano). La parte computazionale e di grafica è<br />
stata eseguita utilizzando, su macchina Windows x86, il software R 2.6.2 con le librerie STATS e MASS.<br />
Risultati. La Fig.1 mostra il valore <strong>del</strong> parametro di lisciamento che minimizza l’ indice AIC. La Fig.2 è la<br />
mappa costruita con la tecnica loess relativa alla prevalenza di sintomi agli occhi negli ultimi 3 mesi. Essa ci<br />
indica una prevalenza maggiore nella zona a sud ed a est <strong>del</strong> distretto, dove è collocata la maggior parte <strong>del</strong>le<br />
fabbriche in particolare quelle ad alto impatto (alta prevalenza = color chiaro; bassa prevalenza = color scuro).<br />
Conclusioni. La più elevata prevalenza di sintomi si registra nell'area in cui sono collocate le aziende <strong>del</strong><br />
legno, ed in particolare quelle ad alta emissione. Tali mappe possono essere utili per supportare ipotesi sulla<br />
distribuzione degli inquinanti sul territorio e per attivare misure di prevenzione sanitarie e ulteriori indagini atte<br />
a verificare le cause <strong>del</strong>l’aumento <strong>del</strong> rischio nelle aree in esame.<br />
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Sessione parallela(4): Metodi: ambiente -N-Aula Scienze - 17 ottobre pomeriggio<br />
PROPOSTA METODOLOGICA PER LA DEFINIZIONE DI UN MODELLO DI<br />
VALUTAZIONE DI IMPATTI SULLA SALUTE IN AREE CON INCENERITORE DI<br />
RIFIUTI URBANI IN EMILIA ROMAGNA<br />
Linzalone N 1 , Bianchi F 1 , Cori L 2 , Natali M 3<br />
1 Sezione di <strong>Epidemiologia</strong>, Istituto di Fisiologia Clinica, Consiglio Nazionale <strong>del</strong>le Ricerche, Pisa (IFC-CNR),<br />
2 Sezione di <strong>Epidemiologia</strong>, Istituto di Fisiologia Clinica, Consiglio Nazionale <strong>del</strong>le Ricerche, Roma (IFC-<br />
CNR), 3 Assessorato politiche per la salute Regione Emilia-Romagna, Bologna<br />
Introduzione. La Valutazione di Impatto Sanitario (VIS) intesa come strumento di conoscenza e<br />
partecipazione, nei processi di gestione <strong>del</strong> rischio ambientale, può contribuire a raccogliere, valutare e<br />
disseminare le informazioni su ambiente e salute. In particolare deve focalizzarsi su strumenti (buone pratiche)<br />
per la valutazione <strong>del</strong>le conoscenze che garantiscano trasparenza e credibilità su processi e risultati. Questi<br />
ultimi requisiti sono indispensabili per promuovere l’uso <strong>del</strong>la VIS come strumento per le decisioni.<br />
Obiettivi. Lo studio pilota in fase di realizzazione è una collaborazione di IFC-CNR al progetto promosso e<br />
finanziato dalla regione Emilia Romagna “Monitoraggio degli Inceneritori nel Territorio <strong>del</strong>l’Emilia-<br />
Romagna” (www.arpa.emr.it/moniter/). L’attività <strong>del</strong>l’unità operativa CNR ha due obiettivi principali: 1)<br />
consentire di sviluppare Linee Guida per la selezione <strong>del</strong>la migliore procedura di VIS nel contesto di impianti<br />
di incenerimento sulla base di revisioni <strong>del</strong>le evidenze; 2) orientare la scelta di un mo<strong>del</strong>lo che coniughi<br />
partecipatività (basata sulla validità di informatori chiave come fonte di dati, che allarga la base <strong>del</strong>la presa<br />
<strong>del</strong>le decisioni), finalizzazione alla creazione di una base di evidenze scientifiche e definizione di un set di<br />
determinanti di salute che massimizzano la promozione <strong>del</strong>la salute attraverso una procedura user-friendly.<br />
Materiali e Metodi. Operativamente si distinguono due fasi principali:<br />
1. costruzione di un protocollo per l’individuazione di criteri rilevanti che determinano la migliore riuscita<br />
(effectiveness) di una VIS nel contesto di impianti di incenerimento;<br />
2. validazione <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo identificato tramite due casi applicativi di VIS in due prospettive temporali diverse<br />
(passato, presente) in un’area con un impianto esistente.<br />
Nel dettaglio si realizzano quattro azioni:<br />
1. analisi <strong>del</strong>la letteratura per produrre una cornice di riferimento concettuale per la costruzione di un mo<strong>del</strong>lo<br />
focalizzato alla VIS di inceneritori;<br />
2. consultazione di un gruppo di esperti nazionali ed internazionali, mediante questionario ad hoc per lo<br />
sviluppo <strong>del</strong> consenso, e messa a punto di mo<strong>del</strong>li adattati al contesto <strong>del</strong>la proposta;<br />
3. applicazione pilota dei mo<strong>del</strong>li di VIS, nella forma: Retrospettiva (processo per definire la rilevanza e<br />
l’ampiezza dei temi inerenti la proposta); Simultanea (parte principale <strong>del</strong> processo è un workshop<br />
interattivo che riunisce insieme i portatori di interesse locali e mira ad identificare aree connesse alla<br />
salute nelle quali promuovere azioni per cambiamenti politici, di miglioramento nella<br />
progettazione/pianificazione, di empowerment <strong>del</strong>le comunità locali);<br />
4. Realizzazione di una analisi multi-stadio, basata sull’applicazione <strong>del</strong> metodo Delphi per testare la validità<br />
<strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo identificato nel contesto sociale e politico <strong>del</strong>l’area di studio.<br />
Risultati attesi. Identificare aree di incertezza e controversia nella applicazione <strong>del</strong>la VIS di inceneritori e<br />
produrre raccomandazioni, dipendenti dal contesto ambientale e sanitario di partenza, per la selezione di un<br />
mo<strong>del</strong>lo da applicare in contesti simili nel territorio regionale.<br />
Conclusioni. La VIS aggiunge valore al processo decisionale ed in particolare <strong>del</strong>inea un processo trasparente<br />
e partecipato per le decisioni. Al contempo il coinvolgimento <strong>del</strong>le istituzioni e degli attori locali nelle fasi<br />
<strong>del</strong>lo studio diffonde la consapevolezza per la integrazione <strong>del</strong>la salute in tutte le politiche.<br />
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Sessione parallela(4): Metodi: tabagismo -O- Crociera Alta di Lettere - 17 ottobre pomeriggio<br />
STUDIO CASO-CONTROLLO SUI FATTORI DI RISCHIO ASSOCIATI<br />
ALL’INSORGENZA DELLE FORME SPINALI E BULBARI NELLA SCLEROSI<br />
LATERALE AMIOTROFICA<br />
Binazzi A 1 , Belli S 2 , Uccelli R 3 , Vanacore N 4 e gruppo di studio SLA-Roma*<br />
1 Dipartimento di Medicina <strong>del</strong> Lavoro. Laboratorio di <strong>Epidemiologia</strong> e Statistica Sanitaria Occupazionale.<br />
ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza <strong>del</strong> Lavoro), Roma, 2 Dipartimento Ambiente e<br />
Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore di Sanità, Roma, 3 Dipartimento di Biotecnologie,<br />
Protezione <strong>del</strong>la Salute e degli Ecosistemi. ENEA (Ente per le nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente),<br />
Roma, 4 Dipartimento di <strong>Epidemiologia</strong>, Sorveglianza e Promozione <strong>del</strong>la Salute, Istituto Superiore di Sanità,<br />
Roma, * gruppo di studio SLA-Roma: Desiato MT, Iani C (Università ‘Tor Vergata’, Ospedale S. Eugenio,<br />
Roma), Figà Talamanca I (Università ‘Sapienza’, Dip. Biologia Animale e <strong>del</strong>l’Uomo, Roma), Antonini G,<br />
Benincasa D, Fornasiero A , Pontieri FE (Università ‘Sapienza’, Ospedale S. Andrea, Roma), Corsi FM, Lispi<br />
L, Scoppetta C (Ospedale S. Camillo, Roma), Galeotti F, Inghilleri M, Marini Bettolo C (Università<br />
‘Sapienza’, Policlinico ‘Umberto I’, Roma), Altavista P 3, Mastrantonio M 3<br />
Introduzione. La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una rara patologia neurologica causata dalla degenerazione <strong>del</strong>la<br />
via piramidale e dei motoneuroni somatici <strong>del</strong> midollo spinale e <strong>del</strong> bulbo. Si presenta con forme sporadiche e familiari (5-<br />
10%), di cui il 20% legato a mutazioni nel gene per la superossido dismutasi-1 (SOD-1). L’incidenza e la prevalenza sono<br />
di 1-3 e 5-9 casi (per 100,000) rispettivamente, con un rapporto tra maschi e femmine di circa 1.4:1.0. Si ipotizza<br />
un’eziologia multifattoriale <strong>del</strong>la patologia, in cui sono coinvolti fattori genetici ed ambientali (metalli pesanti, composti<br />
organici volatili, pesticidi e radiazioni). Si suppone un possibile ruolo <strong>del</strong>la familiarità per patologie neurodegenerative e di<br />
alcuni fattori legati allo stile di vita (fumo, dieta, attività fisiche pesanti, calcio professionistico, traumi fisici subìti). I<br />
tentativi di correlare i risultati epidemiologici, le caratteristiche cliniche e le differenti forme di esordio <strong>del</strong>la SLA non<br />
hanno avuto finora alcun esito positivo. Solo recentemente si è evidenziata l’eterogeneità clinica <strong>del</strong>la patologia e la<br />
necessità di identificare specifici fattori di rischio in sottogruppi di pazienti (1,2).<br />
Obiettivo. È stato condotto uno studio caso-controllo nella provincia di Roma, allo scopo di indagare la possibile<br />
associazione tra i fattori di rischio riportati per la SLA e le due diverse forme cliniche (spinale e bulbare) <strong>del</strong>la patologia.<br />
Metodi: Lo studio ha previsto l’arruolamento di 77 casi e 185 controlli. I casi sono stati considerati “in toto” e<br />
separatamente rispetto alle forme cliniche. Tramite questionario sono state richieste informazioni riguardanti l’anamnesi<br />
patologica, la familiarità per SLA e/o altre patologie neurodegenerative, la storia anagrafica ed occupazionale, il contatto<br />
con sostanze tossiche, gli stili di vita ed i traumi subìti, con particolare riferimento alla testa. La stima degli OR grezzi e<br />
standardizzati per sesso ed età e dei rispettivi intervalli di confidenza al 90%, è stata calcolata con metodo di Mantel-<br />
Haenszel.<br />
Risultati. Eccessi di rischio sono stati osservati nelle forme bulbari per gli ex-fumatori (OR: 4.55; IC 90%:1.72-12.08) e<br />
per un numero elevato di sigarette fumate (OR: 2.62, IC 90%:1.17-5.91), mentre nelle forme spinali per esposizione<br />
occupazionale nel settore <strong>del</strong>l’edilizia (OR: 3.01: IC 90%: 1.01-8.99), a materiali di costruzione (OR: 5.27; IC 90%: 1.15-<br />
24.12) e metalli (OR: 2.94; IC 90%: 1.20-7.21). È stata osservata un’associazione positiva con il consumo di insaccati, sia<br />
per i casi “in toto” che per le forme bulbari, mentre si è rilevato un effetto protettivo per il consumo di verdure. L’analisi dei<br />
traumi alla testa ha evidenziato un rischio nei casi (OR=14.2, IC 90%: 1.04-194.42) e nelle forme bulbari (OR=17.4, IC<br />
90%: 1.70-178.5) se l’ultimo trauma subìto era avvenuto tra i 30 e i 40 anni, e al di sotto dei 30 anni nelle forme spinali<br />
(OR=7.13, IC 90%: 1.34-37.94). Infine è stato riscontrato un eccesso di rischio nelle forme bulbari ( OR: 3.51; IC 90%:<br />
1.03-11.95) per un periodo di tempo trascorso dall’ultimo trauma compreso tra 11 e 30 anni.<br />
Conclusioni. La rilevanza <strong>del</strong>lo studio risiede nell’aver analizzato per la prima volta i fattori di rischio per la SLA nelle<br />
due forme cliniche separatamente, e l’aver individuato diversi patterns di rischio tra forme bulbari e spinali, legati allo stile<br />
di vita e all’ambiente lavorativo. Particolare attenzione è stata data all’analisi dei traumi subìti alla testa, anche se il loro<br />
ruolo rimane ancora controverso. Sulla base di questi risultati è auspicabile che in futuro le due forme cliniche <strong>del</strong>la SLA<br />
siano considerate come patologie potenzialmente distinte.<br />
Bibliografia<br />
1. Beghi E et al. The heterogeneity of amyotrophic lateral sclerosis: a possible explanation of treatment failure. Curr Med Chem.<br />
2007;14(30):3185-200<br />
2. Logroscino G et al. Descriptive epidemiology of amyotrophic lateral sclerosis: new evidence and unsolved issues. J Neurol Neurosurg<br />
Psychiatry. 2008;79(1):6-11<br />
[Il testo e/o le figure sono state ridotte perché debordanti dal formato previsto per gli abstract]<br />
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Sessione parallela(4): Metodi: tabagismo -O- Crociera Alta di Lettere - 17 ottobre pomeriggio<br />
LEGGI ANTIFUMO E INFARTO MIOCARDICO: PROBLEMI METODOLOGICI E<br />
RELAZIONE CAUSALE<br />
Gasparrini A 1 , Gorini G 2<br />
1 London School of Hygiene and Tropical Medicine, London, UK, 2 Istituto per lo Studio e la Prevenzione<br />
Oncologica (ISPO), Firenze, Italia<br />
Introduzione. negli ultimi anni diversi studi hanno evidenziato un’associazione tra l’entrata in vigore di bandi<br />
anti-fumo e la diminuzione di ricoveri per malattie cardiovascolari, in particolare infarto miocardico acuto<br />
(IMA). Gli effetti riportati sono assolutamente sorprendenti, con una riduzione stimata dall’8% al 40% già nei<br />
primi mesi di attuazione. Ciononostante, questi studi mostrano limiti importanti, che pongono dubbi<br />
sull’effettiva diminuzione attribuibile ai bandi. Innanzi tutto, vengono citate le riduzioni di concentrazione di<br />
fumo passivo (FP) in locali pubblici, ma non è disponibile alcuna stima sull’effettiva diminuzione di<br />
esposizione nelle popolazioni considerate. Secondo, nonostante numerosi effetti biologici transienti per brevi<br />
esposizioni a FP vengano ritenuti responsabili <strong>del</strong>l’effetto, il rischio a breve termine non è mai stato<br />
quantificato e i risultati sono motivati utilizzando il rischio relativo per esposizioni croniche. Non ultimo, tali<br />
studi raramente considerano l’effetto <strong>del</strong> trend temporale, ed anche in questo caso l’assunzione di linearità non<br />
è mai valutata. Questo studio si propone di stimare l’effetto <strong>del</strong>la legge italiana, entrata in vigore il 10 gennaio<br />
2005, sull’incidenza di IMA nella popolazione toscana, considerando in particolare i possibili biases dovuti ad<br />
un’errata specificazione <strong>del</strong> trend di lungo periodo.<br />
Metodi. l’incidenza di casi di IMA nella popolazione toscana di 30-64 anni per il periodo 2000-2005 è stata<br />
ottenuta dal Registro Regionale Toscano <strong>del</strong>l’Infarto Miocardico Acuto (Tosc-AMI). I casi sono stati aggregati<br />
per mese, correggendo attraverso una standardizzazione diretta per la differente distribuzione per età e sesso nei<br />
diversi anni. L’effetto <strong>del</strong> bando è stato stimato attraverso una regressione di Poisson <strong>del</strong>la serie storica,<br />
mo<strong>del</strong>lando l’effetto stagionale tramite una combinazione di funzione armoniche. L’eventuale effetto nonlineare<br />
nel trend di lungo periodo è stato inserito tramite natural cubic splines. La bontà di adattamento <strong>del</strong><br />
mo<strong>del</strong>lo è stata valutata analizzando il rapporto tra devianza e gradi di libertà residui, e tramite l’analisi <strong>del</strong>la<br />
distribuzione e correlazione dei residui. Il grado di correzione per stagionalità e trend di lungo periodo e la<br />
scelta tra i vari mo<strong>del</strong>li sono stati valutati tramite likelihood ratio (LR) test e Akaike Information Criterion<br />
(AIC).<br />
Risultati. nel periodo considerato si sono verificati 13,456 casi di IMA, di cui 2,190 nel periodo post-legge. Il<br />
mo<strong>del</strong>lo corretto per stagionalità e con trend di lungo periodo inserito con un termine lineare stima una<br />
diminuzione <strong>del</strong> 5.4% dopo l’entrata in vigore <strong>del</strong> provvedimento, al limite <strong>del</strong>la significatività statistica (RR<br />
0.946; IC95%: 0.891-1.004). Tale effetto scompare completamente con l’inserimento di un termine spline per il<br />
trend (RR 1.01; IC95%: 0.934-1.097), indicando che l’effetto attribuito <strong>del</strong>la legge era generato dall’errata<br />
assunzione di linerità. Sia il LR test tra i due mo<strong>del</strong>li (p-value 0.012), sia l’AIC (588.2 nel primo vs. 583.9 nel<br />
secondo) suggeriscono che il mo<strong>del</strong>lo con trend non lineare è più adeguato a spiegare i dati. Varie analisi di<br />
sensitività dimostrano come tale stima sia robusta rispetto alle scelte sui termini <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo, come posizione e<br />
numero dei knots <strong>del</strong>la spline e il numero di funzioni armoniche.<br />
Conclusioni. l’esposizione cronica a FP rappresenta un fattore di rischio accertato per l’IMA, quindi una<br />
diminuzione <strong>del</strong>l’incidenza nel lungo periodo dopo l’entrata in vigore <strong>del</strong>la legge è non solo plausibile, ma<br />
attesa. Ciononostante, la sua stima risulta molto complessa, tenuto conto dei molteplici fattori che possono<br />
influenzare l’analisi, quali trend temporali, cambiamenti nelle prevalenze di altri fattori di rischio e modifiche<br />
diagnostiche. La relazione causale tra leggi anti-fumo e diminuzione di incidenza di IMA nel breve periodo<br />
risulta invece molto debole, ed è verosimile che almeno parte <strong>del</strong>l’effetto evidenziato dagli studi finora<br />
pubblicati sia attribuibile a biases, come quello appena dimostrato.<br />
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IL RUOLO DELL'EPIDEMIOLOGIA NELLA VALUTAZIONE DELL'EFFICACIA DELLE<br />
POLITICHE ANTIFUMO<br />
Francesco Barone Adesi<br />
Università di Torino e Centro Prevenzione Oncologica – Piemonte, Torino<br />
L’accumularsi <strong>del</strong>le prove sui rischi per la salute dovuti all’esposizione a fumo passivo ha portato diverse<br />
nazioni, compresa l’Italia, ad introdurre leggi che vietano il fumo nei locali pubblici. Ciò ha reso possibile la<br />
valutazione degli effetti sanitari a breve e medio termine di tali regolamentazioni in popolazioni di grandi<br />
dimensioni. A tal fine, molti studi hanno analizzato come indicatore di effetto la riduzione dei tassi di ricovero<br />
per patologie cardiovascolari ischemiche. Ricerche condotte recentemente in Europa ed in USA hanno<br />
effettivamente mostrato una riduzione dei ricoveri ospedalieri per infarto miocardico acuto nei primi mesi dopo<br />
l’introduzione di leggi che bandivano il fumo nei locali pubblici. Nonostante ciò, la valutazione <strong>del</strong>l’efficacia<br />
di tali politiche, ed in particolare una stima accurata <strong>del</strong>la magnitudine <strong>del</strong>l’effetto, appaiono problematici:<br />
1) Vi è evidenza di un’importante eterogeneità nei risultati riportati dai vari autori, che non è spiegata<br />
completamente né dal diverso grado di adesione alle varie regolamentazioni, né dai diversi livelli di<br />
esposizione nelle diverse aree geografiche.<br />
2) La modesta magnitudine degli effetti osservati (riduzioni spesso inferiori al 20%) e il disegno ecologico<br />
degli studi rende difficile escludere la presenza di possibili confondenti.<br />
3) La relativa semplicità nel reperimento dei dati e nella conduzione <strong>del</strong>le analisi rende questo tipo di studi<br />
particolarmente proni al rischio di publication bias.<br />
4) Infine, il mo<strong>del</strong>lo biologico sottostante non è completamente conosciuto: mentre gli effetti <strong>del</strong>le esposizioni<br />
croniche al fumo passivo sono ormai noti, l’assunzione che brevi esposizioni a fumo passivo (come quelle che<br />
avvengono tipicamente nei locali pubblici in assenza di regolamentazione) possano effettivamente costituire un<br />
rischio per la salute si basa su evidenze indirette, ed attende di essere confermato da studi epidemiologici ad<br />
hoc. Anche il diverso ruolo dei cambiamenti di esposizione a fumo attivo e passivo attende di essere chiarito e<br />
quantificato.<br />
La complessità <strong>del</strong>le problematiche evidenziate richiede un approccio integrato per valutare correttamente<br />
l’efficacia dei bandi <strong>del</strong> fumo nella prevenzione <strong>del</strong>le patologie cardiovascolari. Questo deve includere:<br />
1) Una revisione critica degli studi epidemiologici sulla riduzione dei ricoveri per patologie cardiovascolari<br />
ischemiche in seguito all’introduzione <strong>del</strong>le regolamentazioni antifumo nei vari paesi. In particolare devono<br />
essere tenuti in considerazione l’effetto di possibili errori nella specificazione <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo statistico utilizzato<br />
per le analisi, la discriminazione tra effetti immediati ed effetti graduali, l’esistenza di eterogeneità di effetto a<br />
livello spaziale, temporale, o a carico di specifici sottogruppi <strong>del</strong>la popolazione studiata (ad esempio individui<br />
appartenenti a particolari fasce di età).<br />
2) l’identificazione di popolazioni per le quali siano disponibili dati storici sull’esposizione a fumo passivo, in<br />
modo da valutare il peso <strong>del</strong>le diverse fonti di esposizione prima e dopo l’introduzione <strong>del</strong>le regolamentazioni.<br />
3) la valutazione <strong>del</strong>l’esistenza di un rischio cardiovascolare dovuto a brevi esposizioni a fumo attivo o passivo,<br />
ed una stima plausibile <strong>del</strong>la sua magnitudine.<br />
Le informazioni ottenute ai punti 2 e 3 possono essere utilizzate per produrre semplici mo<strong>del</strong>li di simulazione<br />
degli effetti acuti e cronici <strong>del</strong> fumo attivo e passivo a livello di popolazione. Tali mo<strong>del</strong>li rendono possibile<br />
prevedere la riduzione di eventi cardiovascolari attesa nei vari scenari, e quindi di valutare la plausibilità dei<br />
risultati osservati nei diversi studi epidemiologici.<br />
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LA DIFFUSIONE DELLE EPIDEMIE DELL'ABITUDINE AL FUMO E DELL'OBESITA'<br />
IN ITALIA, 1983-2005: APPLICAZIONE DI METODI DEMOGRAFICI ED<br />
EPIDEMIOLOGICI<br />
Federico B (1), Capelli G (1), Costa G (2)<br />
(1) Cattedra di Igiene – Facoltà di Scienze Motorie, Università di Cassino<br />
(2) Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università di Torino<br />
Introduzione. L’abitudine al fumo e l’obesità sono importanti fattori di rischio per l’insorgenza di malattie<br />
cardiovascolari e di neoplasie, che rappresentano le principali cause di morte nei Paesi industrializzati. In Italia,<br />
la prevalenza <strong>del</strong>l’abitudine al fumo si è ridotta negli ultimi anni, specialmente tra gli uomini, mentre la<br />
diffusione <strong>del</strong>l’obesità è in costante aumento.<br />
Obiettivi. Lo studio ha l’obiettivo di valutare la diffusione <strong>del</strong>l’epidemie <strong>del</strong>l’abitudine al fumo e <strong>del</strong>l’obesità<br />
in Italia nell’arco degli ultimi 20 anni, attraverso l’utilizzo di comuni tecniche demografiche ed<br />
epidemiologiche.<br />
Metodi. Sono stati utilizzati i dati elementari di 5 Indagini Istat sulle condizioni di salute <strong>del</strong>la popolazione<br />
italiana condotte negli anni 1983, 1990, 1994, 1999-2000 e 2004-2005. Per ogni Indagine, sono stati calcolati i<br />
valori di prevalenza <strong>del</strong>la condizione di sovrappeso/obesità e <strong>del</strong>lo stato di fumatore corrente ed ex-fumatore<br />
specifici per sesso e fascia d’età (5 anni) per i soggetti di età compresa tra 20 e 99 anni. Moltiplicando i valori<br />
di prevalenza così ottenuti per le stime <strong>del</strong>la popolazione italiana per ciascun anno oggetto <strong>del</strong>l’Indagine,<br />
reperibili sul sito www.istat.it, è stato calcolato il numero stimato di soggetti sovrappeso/obesi e di soggetti<br />
fumatori/ex fumatori per sesso e fascia d’età. Con tali valori sono state costruite <strong>del</strong>le piramidi <strong>del</strong>l’età, in cui<br />
ogni barra <strong>del</strong> doppio istogramma di cui è composta la piramide <strong>del</strong>l’età è stata stratificata secondo categorie<br />
ordinali <strong>del</strong>le due variabili di esito: l’abitudine al fumo (non fumatore, ex-fumatore, fumatore corrente) e<br />
l’obesità (normopeso, soprappeso, obeso). Sono stati inoltre calcolati i valori di prevalenza <strong>del</strong>la condizione di<br />
sovrappeso/obesità e <strong>del</strong>lo stato di fumatore corrente ed ex-fumatore standardizzati per età attraverso il metodo<br />
di standardizzazione diretta, con la distribuzione <strong>del</strong>l’età <strong>del</strong>la popolazione italiana al 1-1-2005 come standard.<br />
Risultati. Standardizzando per età, la prevalenza <strong>del</strong>la condizione di sovrappeso/obesità è aumentata in<br />
maniera continua nei maschi tra il 1983 ed il 2005 (dal 45.3% al 54%), mentre nelle donne un chiaro<br />
incremento è evidente solo dopo il 1994 (dal 31.8% al 36.0%). La piramide <strong>del</strong>l’età mostra una distribuzione<br />
<strong>del</strong>le due condizioni asimmetrica per età, con asimmetria a destra nei maschi ed asimmetria a sinistra nelle<br />
donne. Tra il 1983 ed il 2005, la prevalenza standardizzata per età <strong>del</strong>lo stato di fumatore corrente è diminuita<br />
nei maschi (dal 46.6% al 27.6%) ed è rimasta pressoché costante nelle donne (dal 17.8% al 16.8%). La<br />
piramide <strong>del</strong>l’età mostra una fortissima asimmetria per genere nel 1983, conseguenza <strong>del</strong> ridotto numero di<br />
donne fumatrici o ex-fumatrici rispetto ai maschi. Tale asimmetria è presente in tutte le indagini, seppure in<br />
maniera minore negli anni più recenti.<br />
Conclusioni. L’utilizzo di piramidi <strong>del</strong>l’età, modificate in modo da includere categorie ordinali di esposizione<br />
ad un fattore di rischio per la salute (come ad esempio, l’abitudine al fumo e l’obesità) mette in evidenza<br />
l’impatto in termini assoluti di tali fattori di rischio sulla popolazione, permette di stimare come il numero<br />
assoluto di soggetti esposti a tali condizioni sia distribuito per sesso ed età, e di valutare come questa<br />
distribuzione cambi nel tempo.<br />
eta<br />
20 30 40 50 60 70 80 90 100 110<br />
M Indagine ISTAT 2005 F<br />
eta<br />
20 30 40 50 60 70 80 90 100 110<br />
M Indagine ISTAT 2005 F<br />
500000 250000 0 250000 500000<br />
500000 250000 0 250000 500000<br />
underweight<br />
overweight<br />
normal<br />
obese<br />
never<br />
current<br />
former<br />
192
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(4): Metodi: genetica -P- Crociera Alta di Giurisprudenza - 17 ottobre pomeriggio<br />
POLIMORFISMI E APLOTIPI DEI GENI DI RIPARAZIONE DEL DNA: UNO STUDIO<br />
CASO-CONTROLLO SUL TUMORE DELLA VESCICA<br />
Ricceri F 1 , Guarrera S 1 , Sacerdote C 1,2 , Polidoro S 1 , Allione A 1 , Di Gregorio A 1 , De Stefanis P 3 , Casetta G 4 ,<br />
Morabito F 5 , Vigna-Suria A 2 , Fiorini L 2 , Vineis P 1,6 , Matullo G 1,7<br />
1 Divisione di <strong>Epidemiologia</strong>, Fondazione ISI, Torino; 2 CPO Piemonte, Torino; 3 Divisione di Urologia 2<br />
4 Divisione di Urologia 1 5 Divisione di Urologia 3 , Ospedale S. Giovanni Battista, Torino, 6 Imperial College,<br />
London, UK; 7 Dipartimento di Genetica, Biologia e Biochimica, Università di Torino<br />
Introduzione. In Italia il tumore <strong>del</strong>la vescica è la quarta neoplasia più frequente tra la popolazione maschile1,<br />
con una percentuale <strong>del</strong> 9% tra tutti i tumori maschili. Il fumo di tabacco e l’esposizione occupazionale ad<br />
amine aromatiche rappresentano i fattori di rischio maggiormente accertati per il tumore <strong>del</strong>la vescica e vi sono<br />
studi recenti che raccolgono evidenze sull’azione protettiva <strong>del</strong> consumo di frutta e verdura2. Il ruolo <strong>del</strong>le<br />
esposizioni ambientali è modulato dalla predisposizione genetica degli individui. Infatti la riparazione dei danni<br />
<strong>del</strong> DNA, ad opera di enzimi specifici, è un meccanismo chiave nel proteggere il genoma dall’azione degli<br />
agenti mutageni e cancerogeni. Sono stati identificati centinaia di varianti geniche nei geni di riparazione <strong>del</strong><br />
DNA, ma il loro reale impatto sul fenotipo e nella suscettibilità ai tumori rimane incerto per la maggior parte di<br />
essi.<br />
Obiettivi. Obiettivo di questo studio è quello di analizzare le modificazioni <strong>del</strong> rischio per tumore <strong>del</strong>la vescica<br />
in relazione a fattori genetici a bassa penetranza (SNPs ed aplotipi).<br />
Metodi. Tra il 1994 ed il 2008 sono stati reclutati all’ospedale San Giovanni Battista di Torino 456 soggetti<br />
maschi affetti da tumore <strong>del</strong>la vescica e 376 controlli (soggetti maschi ospedalizzati per patologie non tumorali<br />
o genito-urinarie) di età compresa tra i 34 ed i 76 anni. Tramite un questionario sono state raccolte informazioni<br />
circa le abitudini alimentari, le abitudini al fumo e la storia occupazionale. Per ogni soggetto è stato inoltre<br />
raccolto un campione di sangue intero in EDTA. Per l’analisi sono stati selezionati 37 SNPs appartenti ai<br />
seguenti geni: XPC, XRCC2, XPA, MGMT, APEX1, XRCC3, ERCC4, XRCC1, ERCC1, ERCC2 e PCNA.. I<br />
campioni sono stati tipizzati utilizzando Amp-FLP (amplified fragment restriction length polymorphism),<br />
DHPLC/Primer Extension, TaqMan (Applied Biosystems) , Primer Extension fluorescente (SnaPshot Applied<br />
Biosystems). Le analisi statistiche per quanto riguarda gli OR per singolo SNP sono state condotte utilizzando i<br />
mo<strong>del</strong>li dominante, codominante, recessivo, sovradominante e additivo (con l’ausilio <strong>del</strong> software SNPstat3) e<br />
per quanto riguarda l’analisi degli aplotipi sono state condotte utilizzando i metodi MCMC (Monte Carlo<br />
Markov Chain) per il mo<strong>del</strong>lo che incorpora le ricombinazioni (software PHASE4)<br />
Risultati. Per quanto riguarda XRCC1, dopo aver aggiustato per abitudine al fumo, età e consumo di frutta e<br />
verdura, l’allele raro G <strong>del</strong> polimorfismo rs915927 sembra essere associato ad un aumento significativo <strong>del</strong><br />
rischio di tumore <strong>del</strong>la vescica, mentre tale rischio risulta essere significativamente diminuito in presenza nel<br />
gene ERCC1 <strong>del</strong>l’allele A degli SNPs rs967591 e rs2336219 e <strong>del</strong>l’allele C <strong>del</strong>lo SNP rs735482. Le analisi per<br />
aplotipi hanno mostrato che vi è una differenza significativa (p-value=0.05) nella distribuzione fra casi e<br />
controlli degli aplotipi <strong>del</strong> gene XRCC1 ricostruiti su circa 22 kb (9 SNPs) utilizzando PHASE .<br />
Conclusioni. I nostri risultati suggeriscono che alcuni polimorfismi nei geni esaminati possono essere in grado<br />
di modificare il rischio per tumore <strong>del</strong>la vescica. L’analisi per aplotipi rafforza i risultati ottenuti nelle analisi<br />
per singoli polimorfismi.<br />
Bibliografia<br />
1 AIRTUM Working Group. I Tumori in Italia – Rapporto 2006; Incidenza, Mortalità e Stime. Epidemiol Prev 2006, 30<br />
(1), supplemento 2.<br />
2 C. Sacerdote, G Matullo, S Polidoro, Gamberini S, Piazza A, Karagas MR, Rolle L, P De Stefanis, G Casetta,<br />
F Morabito, P Vineis, S Guarrera. Intake of fruits and vegetables and polymorphisms in DNA repair genes in bladder<br />
cancer. Mutagenesis. 2007;22(4):281-5.<br />
3 Sole X, Guino E, Valls J, Iniesta R, Moreno V. SNPStats: a web tool for the analysis of association studies.<br />
Bioinformatics 2006 22: 1928-1929.<br />
4 Stephens M., Smith N., Donnelly P. A new statistical method for haplotype reconstruction from population data.<br />
American Journal of Human Genetics, 2001, 68: 978--989.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(4): Metodi: genetica -P- Crociera Alta di Giurisprudenza - 17 ottobre pomeriggio<br />
STUDIO DI ASSOCIAZIONE tra la variante XRCC1-399Q e L’INSORGENZA di<br />
MESOTELIOMA MALIGNO DELLA PLEURA<br />
Ferrante D 1 , Betti M 2 , Bertolotti M 1,3 , Padoan M 1 , Giordano M 4 , Mirabelli D 3,5 , Dianzani I 2,5 ,<br />
Magnani C 1,3,5<br />
1 Unità di Statistica Medica, Dipartimento di Scienze Mediche, Università <strong>del</strong> Piemonte Orientale e CPO-<br />
Piemonte, Novara, 2 Laboratorio di Patologia Genetica, Dipartimento di Scienze Mediche, Università <strong>del</strong><br />
Piemonte Orientale, Novara, 3 Registro Mesoteliomi <strong>del</strong> Piemonte e CPO Piemonte, Torino, 4 Laboratorio di<br />
Genetica Umana, Dipartimento di Scienze Mediche, Università <strong>del</strong> Piemonte Orientale, Novara, 5 Università di<br />
Torino, Centro Interdipartimentale G. Scansetti<br />
Introduzione. E’ stato condotto uno studio caso-controllo di popolazione sul mesotelioma maligno (MM) <strong>del</strong>la<br />
pleura nell’area <strong>del</strong>l’ASL 21 (territorio di Casale Monferrato e Valenza), giustificato dalla presenza a Casale<br />
Monferrato nel periodo 1907-1986 <strong>del</strong>lo stabilimento Eternit, il maggiore produttore di manufatti in cementoamianto<br />
in Italia.<br />
Lo scopo <strong>del</strong>lo studio è di valutare il rischio di insorgenza <strong>del</strong> mesotelioma maligno <strong>del</strong>la pleura. Nello studio<br />
epidemiologico è stato inserito uno studio di epidemiologia genetica per valutare l’associazione tra tale rischio<br />
e alcuni polimorfismi di geni facenti parte <strong>del</strong> sistema di riparo <strong>del</strong> DNA attivato dal danno ossidativo causato<br />
dalle fibre d’amianto. L’ipotesi principale è che la presenza di uno di questi polimorfismi, determinando un<br />
sistema di riparo non perfettamente funzionante, potrebbe ridurre la capacità <strong>del</strong>l’organismo di rispondere al<br />
danno ossidativo causato dalla presenza <strong>del</strong>le fibre di amianto portando alla comparsa di mutazioni e all’inizio<br />
<strong>del</strong> processo di carcinogenesi. In particolare in questo studio sono riportate le analisi sulla variante XRCC1-<br />
399Q che interviene nella correzione di singole basi danneggiate e nel riparo di rotture <strong>del</strong>la doppia elica.<br />
Nello studio pubblicato da Dianzani et al. (2006) che ha riguardato 81 pazienti e 110 controlli è già stata studiata<br />
la variante XRCC1-399Q evidenziando un possibile ruolo di questo polimorfismo sull’insorgenza di MM.<br />
Obiettivi. Obiettivo di questo studio è stato quello di confermare i risultati precedentemente ottenuti su una più<br />
ampia casistica e di studiare il ruolo di alcuni aplotipi di XRCC1 nello sviluppo <strong>del</strong>la patologia.<br />
Metodi. Sono stati considerati i casi istologicamente confermati e incidenti nel periodo gennaio 2001-giugno<br />
2006 residenti nell’area <strong>del</strong>l’ASL 21; i controlli erano un campione casuale di soggetti estratti dalla<br />
popolazione residente nella stessa area, appaiati per età e sesso e la valutazione di un’eventuale esposizione ad<br />
amianto di tipo lavorativo, domestico e/o ambientale è stata effettuata da un igienista industriale.<br />
Le analisi statistiche sono state condotte sul totale dei soggetti (151 casi e 252 controlli) e sui soli esposti<br />
all’asbesto (131 casi e 194 controlli). E’ stata utilizzata la regressione logistica multivariata aggiustando per età<br />
e sesso. Ogni polimorfismo è stato analizzato sia come variabile categorica (omozigote wild type, eterozigote e<br />
omozigote variante), sia come variabile continua al fine di valutare il trend <strong>del</strong> rischio di malattia. E’ stato<br />
calcolato l’odds ratio (OR) e il relativo intervallo di confidenza (IC95%). E’ inoltre in corso l’analisi degli<br />
aplotipi di 5 SNPs di XRCC1.<br />
Risultati. Tra i soggetti esposti ad amianto, la variante XRCC1-399Q ha evidenziato un incremento<br />
statisticamente significativo <strong>del</strong> rischio all’aumentare <strong>del</strong> numero di alleli varianti (per ogni allele: OR=1.44;<br />
IC95% 1.03-2.04). L’OR è aumentato sia negli eterozigoti R/Q (OR=1.45; IC95% 0.88-2.38) che negli<br />
omozigoti Q/Q (OR=2.08; IC95% 0.98-4.40) rispetto agli omozigoti R/R. Quando gli eterozigoti R/Q sono stati<br />
considerati insieme agli omozigoti Q/Q (rispetto agli omozigoti R/R), tra i soli esposti ad amianto,<br />
l’associazione è risultata al limite <strong>del</strong>la significatività statistica (OR= 1.57; IC95% 0.98-2.50).<br />
L’analisi effettuata su tutti i soggetti, esposti e non esposti, ha evidenziato un incremento <strong>del</strong> rischio<br />
all’aumentare <strong>del</strong> numero di alleli varianti (per ogni allele: OR=1.37; IC95% 0.98-1.92). Il valore di odds ratio<br />
rilevato quando gli eterozigoti R/Q sono stati considerati insieme agli omozigoti Q/Q (rispetto agli omozigoti<br />
R/R) è stato pari a 1.45 (IC95% 0.91-2.30). L’analisi <strong>del</strong> rischio per i diversi aplotipi è in corso.<br />
Conclusioni. E’ stata confermata l’importanza <strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong> polimorfismo studiato sul rischio di insorgenza di<br />
MM. Attraverso l’analisi degli aplotipi di XRCC1 sarà possibile valutare non il solo contributo <strong>del</strong> singolo<br />
polimorfismo studiato ma di eventuali combinazioni alleliche che potrebbero contribuire al rischio di<br />
insorgenza <strong>del</strong>la patologia nella popolazione in studio.<br />
194
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(4): Metodi: genetica -P- Crociera Alta di Giurisprudenza - 17 ottobre pomeriggio<br />
A CANDIDATE GENE ASSOCIATION STUDY FOR METABOLIC SYNDROME AND<br />
BLOOD PRESSURE USING THE PAMELA COHORT<br />
Menni C 1,2 , Padmanabhan S 2 , Lee WK 2 , Brambilla P 3 , Laing S 2 , Sega R 3 , Cesana GC 3 , Mancia G 3 ,<br />
Dominiczak AF 2<br />
1 University of Milano-Bicocca, Department of Statistics, Milan, Italy, 2 University of Glasgow, BHF Glasgow<br />
Cardiovascular Research Centre, Glasgow, United Kingdom, 3 University of Milano-Bicocca, Department of<br />
Medicine, San Gerardo Hospital, Monza-Milan, Italy<br />
Introduction. There is an ongoing debate about whether metabolic syndrome (MetSyn) should be considered<br />
as a separate syndrome or as a cluster of correlated risk factors. Indeed, components of the syndrome occur<br />
more often than expected by chance showing a common underlying process. Heritability of MetSyn has been<br />
shown to be between 26%-48% in various studies.<br />
Blood pressure (BP) measurements show heterogeneity depending on the method and time of measurement,<br />
sexual dimorphism and measurement errors. All these make the results of gene association studies difficult to<br />
interpret.<br />
Objectives. Our strategy is to perform a gene centric experiment with dense tagging SNP coverage including<br />
the promoter and untranslated regions of major cardiovascular genes in a large well phenotyped population<br />
(PAMELA), to identify associations with different blood pressure phenotypes and with MetSyn.<br />
Methods. The PAMELA study consists of 2051 adults aged 25-64 years, resident in Monza, Italy followed up<br />
for 10 years, extensively phenotyped for blood pressure -home, clinic and ambulatory BP readings available for<br />
every individual- and with MetSyn baseline prevalence of 16.2%. We genotyped 1536 Tag SNPs across 98<br />
candidate genes involved in known pathways of the sympathetic nervous system (SNS), oxidative stress, reninangiotensin-system<br />
and sodium balance. Genotyping was performed on the Illumina BeadChip platform.<br />
Quality checking included DNA quality, call rate and Hardy Weinberg equilibrium. Association analysis was<br />
done using PLINK on MetSyn as a dichotomous trait (1df trend test) and on all BP measurements as<br />
quantitative traits (linear regression assuming an additive mo<strong>del</strong>).<br />
Results. The best hits for MetSyn are in the Alpha-1A-adrenoreceptor (ADRA1A) with a p.value less than<br />
0.0005. Significant findings for single marker associations (p.value< 5E-3) for the BP phenotypes are shown in<br />
the figure below.<br />
Systolic<br />
Diastolic<br />
Clinic<br />
Home<br />
24H<br />
Day<br />
Night<br />
Clinic<br />
Home<br />
24H<br />
Day<br />
Night<br />
HNF4A<br />
SLC6A2<br />
GNAS<br />
ADRB2<br />
ADRA2A<br />
ADRA1D<br />
EDN1<br />
CAPN10<br />
SLC4A5<br />
SLC8A1<br />
LEPR<br />
SELE<br />
PON2<br />
MPO<br />
GSR<br />
CYBA<br />
NOS2A<br />
AGTRAP<br />
AGTR1<br />
NR3C2<br />
ARTS1<br />
EDN1<br />
NPPB<br />
ADIPOQ<br />
SLC8A2<br />
WNK1<br />
Conclusion. We identified ADRA1A gene of the SNS showing significant association with MetSyn. This is in<br />
line with previous results of clinical studies where patients with MetSyn have sympathetic activation. Though<br />
the association signals for ambulatory BP were not strong, we have narrowed the list of the best possible<br />
candidates involved in BP regulation independently. Further mechanistic and functional studies including<br />
mRNA and protein expression are now needed to dissect the role of these associations in disease causation<br />
especially that of the SNS in MetSyn.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione parallela(4): Metodi: genetica -P- Crociera Alta di Giurisprudenza - 17 ottobre pomeriggio<br />
UTILIZZO DI MARKERS EPIGENETICI NEGLI STUDI EPIDEMIOLOGICI<br />
Andrea Baccarelli, Valentina Bollati<br />
Centro di <strong>Epidemiologia</strong> Molecolare e Genetice e Centro di Ricerca Epidemiologica EPOCA, Università di<br />
Milano e Fondazione IRCCS PoMARE<br />
Lo stato di malattia e di salute a livello individuale e di popolazione dipende dalla interazione di fattori<br />
ambientali e genetici. Il completamento <strong>del</strong> progetto genoma ha portato una notevole attenzione verso il<br />
contributo di fattori genetici e sulla possibilità che il patrimonio genetico individuale possa modificare gli<br />
effetti di fattori di rischio ambientali. Recentemente, il nostro laboratorio di ricerca di <strong>Epidemiologia</strong><br />
Molecolare ha integrato l’attività di studio <strong>del</strong>la interazione ambiente-genoma con nuove linee di ricerca di<br />
epigenetica indirizzate a determinare: i) quali sono le modificazioni <strong>del</strong>le funzioni molecolari causate da fattori<br />
ambientali; ii) se queste modificazioni <strong>del</strong>le funzioni molecolari sono associate allo stato di malattia e/o<br />
possono predire il rischio individuale; iii) quali misurazioni di funzioni molecolari possono essere sviluppate<br />
per ottenere biomarcatori potenzialmente utilizzabili in campagne di screening e prevenzione. L’epigenetica è<br />
una disciplina di recente sviluppo che studia i processi molecolari che controllano la funzione genica<br />
indipendentemente da variazioni <strong>del</strong>la <strong>del</strong>la sequenza <strong>del</strong> DNA. Il meccanismo di regolazione epigenetica più<br />
conosciuto è la metilazione <strong>del</strong> DNA a livello di citosine, che conduce alla formazione di 5-metilcitosine (5-<br />
mC). 5-mC rappresentano il 2-5% di tutte le citosine nel genoma umano. Il livello metilazione di un gene è<br />
generalmente inversamente correlate alla sua espressione. La metilazione <strong>del</strong> DNA è in parte trasmessa<br />
transgenerazionalmente e poi largamente completata nelle prime fasi <strong>del</strong>la vita. Tuttavia, evidenze recenti<br />
mostrano che fattori ambientali possono provocare modificazione <strong>del</strong>la metilazione anche nella vita adulta. E’<br />
importante notare che le modificazioni epigenetiche possono essere reversibili e potrebbero essere quindi<br />
importanti meccanismi per lo sviluppo di interventi di prevenzione e terapeutici. I risultati di studi sperimentali,<br />
clinici ed epidemiologici in corso o recentemente completati potranno chiarire quali sia il contributo<br />
<strong>del</strong>l’epigenetica nel determinare il rischio di malattie rare e comuni. La presentazione mostrerà metodi e<br />
risultati di studi epidemiologici condotti utilizzando tessuti facilmente ottenibili, quali sangue e celluli buccali,<br />
che possono riflettere modificazioni epigenetiche rilevanti a livello eziologico e potenzialmente utili a<br />
sviluppare strumenti di screening e prevenzione.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Quinta sessione plenaria: Renzo Tomatis Memorial Lecture – Aula magna - 17 ottobre pomeriggio<br />
EXPANSIVE USE OF EPIDEMIOLOGY IN EVIDENCE-BASED PREVENTION<br />
Harri Vainio and Elisabete Weiderpass<br />
Finnish Institute of Occupational Health, Helsinki, Finland<br />
In this brief paper, we provide examples of the difficulties experienced when evaluating scientific evidence for<br />
the purposes of primary prevention of cancer, and emphasize the importance of the systematic use of human<br />
epidemiology, when feasible. The evidence obtained should be translated into action. While there is no<br />
universally accepted paradigm for evaluating the strength of the evidence, the system introduced and used in<br />
the IARC Monographs is fairly wi<strong>del</strong>y accepted at the present time. It has proved its applicability with a<br />
number of different agents, from hormones to lifestyle habits, from alcoholic beverages to viruses and<br />
parasites. There is no question that extra-evidentiary factors can have profound influences on the actions taken,<br />
particularly in the prevention of cancer. It is important, however, to distinguish between decisions taken based<br />
on a well-defined scientific rationale and those that are based on other factors. It is also clear that much of the<br />
action taken regarding suspected cancer causing agents needs to be based on data obtained from sources other<br />
than those from observations of cancer in humans. This is also one of the teachings of the late Dr Lorenzo<br />
Tomatis, who emphasized the importance of primary prevention of cancer, and the intelligent use of data from<br />
animal and other laboratory sources.<br />
Evidence-based prevention<br />
While clinical practice has become increasingly 'evidence-based' in recent years (Sackett et al., 2000), the<br />
extent to which other health-related 'actions' (e.g., health policy) are guided by evidence is often out of<br />
synchrony. As so many factors influence the translation of evidence into action, strong scientific evidence may<br />
result in comparatively weak actions, while weaker evidence may be accompanied by disproportionally strong<br />
actions.<br />
Most preventive actions designed to reduce the incidence of cancer are based, to some extent, on evidence.<br />
There exists, however, a wide spectrum of evidence strength, and the greater the evidence, the more confidence<br />
one has in a putative cause-effect relationship.<br />
The purpose of the IARC Monographs programme has been, from its early inception some 40 years ago, to<br />
evaluate the existing scientific data for chemicals and other exposing agents in terms of the strength of the<br />
evidence of carcinogenicity in humans.<br />
What is the 'strength of evidence' It does not refer solely to the magnitude or volume of the evidence, but<br />
rather to the myriad factors that influence the reliability of the evidence; that is, the extent to which one can be<br />
confident in making conclusions about cause-effect relationships based upon the available evidence.<br />
The strength of an individual piece of evidence is influenced by the design and quality of the implementation of<br />
the study from which it came. Evidence from randomized clinical trials (RCTs) is universally considered to be<br />
of the highest level, with evidence from observational studies (cohort, case control studies), evidence from lab<br />
studies and from basic science, and expert opinion rounding out the list in descending order of strength.<br />
The Bradford Hill 'considerations' may be employed to assess a putative cause-effect relationship (Hill, 1965).<br />
These are strength, consistency, specificity, temporality, biological gradient, plausibility, coherence,<br />
experiment and analogy. While they provide an excellent framework within which causality can be evaluated<br />
(though not expressively proven), even well-characterized cause-effect relationships (e.g. smoking and lung<br />
cancer) may fail one or more considerations. Indeed, Hill acknowledged that one cannot "lay down some hardand-fast<br />
rules of evidence that must be obeyed before we can accept cause and effect". Nevertheless, the<br />
Bradford Hill considerations are frequently employed to aid in the assessment of 'causality', where<br />
experimental evidence (for example from randomized studies) is not available. This is frequently the case with<br />
cancer prevention interventions, since RCTs are often unfeasible or unethical.<br />
Thus volume and consistency of evidence are important. How much evidence exists Does it point in the same<br />
direction How large is the putative relationship How well does the available evidence apply to the current<br />
scenario The translation of evidence into action is likely to incorporate each of these factors, with a change in<br />
emphasis on the particular intervention.<br />
An important concern with respect to the consideration of scientific evidence is the extent to which each system<br />
attempts to be 'quantitative'. Meta-analyses and systematic reviews are useful tools for evaluating a body of<br />
evidence. However, even well-conducted meta-analyses may contain poor primary data, and thus may give an<br />
inaccurate reflection of the overall quality of the evidence surrounding a specific issue. Likewise, excellent<br />
primary data may be misrepresented by poorly -conducted meta-analyses, with a similarly fallacious outcome<br />
197
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
(in the opposite direction). For this reason, meta-analyses and systematic reviews should be carefully evaluated<br />
and, where possible, the primary literature should be consulted.<br />
Expansive use of epidemiology. What does this mean<br />
Epidemiological research is in the service of public health, aimed at community level preventive interventions<br />
in morbidity control (Miettinen, 2004). It is etiological research, selectively supplemented by community-level<br />
preventive-intervention research. Etiological epidemiological research has been carried out on habits for more<br />
than 50 years; tobacco smoking being one of the early interests for the epidemiologists (see, IARC 2004).<br />
As a cause of human cancer, tobacco smoke is uniquely significant. It causes more cancer deaths worldwide<br />
than all other known causes of the disease and in addition, causes even more deaths from vascular and<br />
respiratory diseases than from cancer (for references, see IARC 2004).<br />
The fact that prolonged cigarette smoking is a cause - and the major cause - of lung cancer was reliably<br />
established during the 1950s (for a historical review, see Doll, 1998). By 1955, no fewer than 14 case-control<br />
studies and at least two prospective cohort studies had shown a strong association and a significant doseresponse<br />
relationship between cigarette smoking and the risk of lung cancer (Cutler, 1955). There was also a<br />
great deal of evidence in rodents that some of the components of cigarette smoke, such as polynuclear aromatic<br />
hydrocarbons, can cause tumours when applied to mice, thus providing a biological proof-of-principle for the<br />
putative link (Cooper and Lindsey, 1955). Despite all this, it took some 20 years before preventive policies and<br />
serious anti-smoking action were introduced in Western countries.<br />
Internal documents from the tobacco industry, revealed only later, show that industry lobby against the<br />
implementation of anti-smoking policies was reinforced by dissent within the scientific community,<br />
promulgated by individuals such as Sir Ronald Fischer and Joseph Berkson (Berkson 1958). He claimed that a<br />
cause and effect relationship had not yet been established (which was, strictly speaking true, given the<br />
difficulty of performing RCTs in this area), and that other putative causes of the increase in lung cancer<br />
mortality should be considered, such as the possibility of a genetic predisposition to both smoking and lung<br />
cancer.<br />
These claims could have been refuted by the scientific establishment of the day, since there was ample<br />
scientific knowledge available at the time to suggest that the alternative hypotheses were untenable. The failure<br />
to do so created false doubt as to scientific consensus. While there were undoubtedly other reasons why<br />
tobacco policy lagged well behind the scientific evidence, the lack of a strong scientific consensus, despite<br />
ample evidence, was certainly a contributing factor.<br />
The initiation of the new evaluation series of the IARC Monographs some 40 years ago by Dr Lorenzo Tomatis<br />
at the International Agency for Research on Cancer (IARC) in Lyon, was motivated by the aim of having<br />
authoritative documents prepared by internationally renowned scientists on important putative cancer causing<br />
agents, thus diminishing the risk of inertia in the search for significant causes of cancer.<br />
In some cases, the mismatch between evidence and action may be attributable to mixed effects of an exposure.<br />
For example, moderate alcohol intake has been consistently associated in observational epidemiological studies<br />
with an elevated risk of breast cancer (see IARC, in press). However, observational studies have also<br />
consistently shown a decreased risk of cardiovascular disease in association with moderate alcohol use. While<br />
the cardiovascular risks have been decreasing over the last three decades in many countries, for example in<br />
Finland, breast cancer morbidity and mortality has been simultaneously slightly increasing. Nowadays it is<br />
considered that alcohol drinking represents a significant and potentially avoidable cause of breast cancer in<br />
women.<br />
Hormone replacement therapy (HRT) has been wi<strong>del</strong>y used in the treatment of menopausal symptoms for over<br />
half a century (IARC 2007). While initial approaches to HRT involved the use of unopposed estrogens, it was<br />
recognized that this practice increased the risk of endometrial cancer, leading to the use of combined HRT (the<br />
addition of progesterone to estrogen) in women with an intact uterus. Although this modification effectively<br />
prevented excess endometrial cancer in these women, the impact of adding progesterone to the risk of other<br />
cancers, notably breast cancer, was inadequately examined. The failure of testing the hypothesis that HRT in<br />
general, and combined HRT in particular, were beneficial on the whole, may have led to excess breast cancer<br />
incidence and mortality over a number of decades.<br />
Recent epidemiological studies on women (Women's Health Initiative, WHI, others, see IARC, 2007) have<br />
demonstrated that combined HRT preparations (progesterone and estrogen) not only caused an increased<br />
occurrence of breast cancer, but also that other risks (coronary heart disease, stroke, pulmonary embolism,<br />
endometrial cancer) caused more harm than benefits (Rossouw et al., 2002). The IARC Monographs Working<br />
Group concluded that combined estrogen-progestogen menopausal therapy is carcinogenic to humans (Group<br />
1) (IARC 2007). The same Working Group also concluded that oral estrogen-progestogen contraceptives are<br />
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carcinogenic to humans (Group 1), while these agents conferred a protective effect against cancer of the<br />
endometrium and ovary. The single agent estrogen was not reported to increase breast cancer risk but did<br />
increase the risk of stroke and overall cardiovascular events (Espeland et al., 2004).<br />
With the publication of the first WHI results in 2002, there was a dramatic decline in HRT use in Western<br />
countries. Coincident with these changes in HRT use, there have been early reports of reductions in populationbased<br />
breast cancer incidence in North America and in some European countries. These reductions were seen in<br />
2003 and 2004 statistics and were in the range of 6-7 percent (Ravdin et al., 2007). These data need to be<br />
interpreted with caution; other factors could also have contributed to the observed changes in breast cancer<br />
incidence.<br />
References<br />
Berkson, J. (1958) Smoking and lung cancer: Some observations on two recent reports. Journal of the American Statistical<br />
Association, 53: 28–38<br />
Cooper, R.L., Lindsey, A.J. ( 1955) 3:4-Benzpyrene and other polycyclic hydrocarbons in cigarette smoke. Br J Cancer<br />
Jun;9(2): 304-309<br />
Doll, R. (1998) Uncovering the effects of smoking: Historical perspective. Stat. Methods. Med. Res. Jun;7(2), 87-117<br />
Espeland, M.A., Rapp, S.R., Shumaker, S.A., et al., (2004) Conjugated equine estrogens and global cognitive function in<br />
postmenopausal women: Women's Health Initiative Memory Study.<br />
JAMA Jun 23;291(24):2959-68<br />
Hill, A. B. (1965) The environment and disease: Association or causation Proc R Soc Med, 58: 295-300<br />
IARC (2004) Tobacco Smoke and Involuntary Smoking. IARC Monographs on the Evaluation of Carcinogenic Risks to<br />
Humans, vol. 83:1–1438<br />
IARC (2007) Combined Estrogen-Progestogen Contraceptives and Combined Estrogen-Progestogen Menopausal Therapy.<br />
IARC Monographs on the Evaluation of Carcinogenic Risks to Humans, vol. 91.<br />
IARC (in press) Consumption of Alcoholic Beverages and Ethyl Carbamate (Urethane). IARC Monographs on the<br />
Evaluation of Carcinogenic Risks to Humans, vol. 96.<br />
Miettinen, O.S. (2004) Epidemiology: Quo vadis Eur J Epidemiol 19(8): 713-718<br />
Ravdin, P.M., Cronin, K.A., et al., (2007) The decrease in breast-cancer incidence in 2003 in the United States. N Eng J<br />
Med Apr 19;356(16):1670-4<br />
Rossouw, J.E., Anderson, G.L., Prentice, R.L., et al., (2002) Risks and benefits of estrogen plus progestin in healthy<br />
postmenopausal women: principal results From the Women's Health Initiative randomized controlled trial. JAMA Jul<br />
17;288(3):321-33<br />
Sackett, D.L., Straus, S.E., Richardson, W.S., Rosenberg, W., Haynes, R.B. (2000) Evidence-based Medicine: How to<br />
practice and teach EBM, 2nd edn, Churchill Livingstone, Edinburgh, 2000<br />
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Sessione poster 2: Dipendenze ed altro – 17 ottobre<br />
1-LA PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE E LA CARTA DEL RISCHIO TRA I<br />
MEDICI DI FAMIGLIA DEL PIEMONTE<br />
Bellini S 1 , Migliardi A 1 , Giustetto G 2 , Nejrotti M 3 , Ghigo S 1 , Gnavi R 1 .<br />
1 Servizio di <strong>Epidemiologia</strong> ASL TO3, 2 Medico di famiglia ASL TO5, 3 Medico di famiglia ASL TO1<br />
Introduzione. La cardiopatia ischemica rappresenta la prima causa di morte nel nostro paese rendendo conto<br />
<strong>del</strong> 28% di tutte le morti. Ad oggi non esistono strategie di screening per identificare i soggetti a rischio di<br />
sviluppare un evento cardiovascolare: le linee guida europee raccomandano di sottoporre a valutazione <strong>del</strong><br />
rischio tutti i soggetti tra i 40 e i 69 anni, indipendentemente dalla loro storia clinica e/o dall’utilizzo di terapie<br />
farmacologiche. E’così che nascono le carte <strong>del</strong> rischio cardiovascolare, la cui conoscenza e il corretto utilizzo<br />
da parte dei medici di famiglia non può tuttavia esser dato per scontato. I dati di letteratura mostrano infatti che<br />
nella pratica clinica i medici di famiglia valutano la presenza o meno <strong>del</strong> rischio cardiovascolare nei loro<br />
pazienti più sulla base di variabili oggettive, <strong>del</strong>la conoscenza <strong>del</strong>la storia clinica dei pazienti, <strong>del</strong>la loro<br />
percezione ed esperienza clinica, piuttosto che mediante l’utilizzo <strong>del</strong>la carta.<br />
Obiettivi.<br />
Indagare:<br />
le conoscenze e le modalità di rilevazione <strong>del</strong> rischio cardiovascolare tra i medici di famiglia;<br />
la conoscenza <strong>del</strong>la diffusione e <strong>del</strong>l’impatto di alcuni fattori di rischio nella popolazione<br />
regionale;<br />
le principali strategie assistenziali messe in atto con i pazienti a rischio.<br />
Metodi. Nell’ambito <strong>del</strong> Piano Nazionale di Prevenzione <strong>Atti</strong>va è stata effettuata nel 2007 in Piemonte<br />
un’indagine conoscitiva su un campione rappresentativo di 352 medici di famiglia estratti in modo casuale<br />
dalla popolazione di 3321 medici attivi nella regione. E’ stato somministrato telefonicamente un questionario<br />
standardizzato, preceduto dall’invio per posta di 3 casi clinici fittizi. Il tasso di risposta sui contattati è stato <strong>del</strong><br />
48,7%.<br />
Risultati. La quasi totalità dei medici riferisce di conoscere la carta <strong>del</strong> rischio e di possederne una nel proprio<br />
ambulatorio, solo un terzo però la utilizza come raccomandato con tutti i pazienti tra i 40 e i 69 anni: la<br />
maggior parte dei medici infatti, calcola il rischio solo a quei pazienti già noti per essere a maggior rischio,<br />
perché in soprappeso, ipertesi, ipercolesterolemici o fumatori. Circa la metà, soprattutto i più giovani e quelli<br />
che lavorano in gruppo, sa indicare correttamente i sei fattori inclusi nella carta e la fascia di età per la quale<br />
andrebbe utilizzata. Meno considerati sono i fattori di rischio di tipo sociale, scolarità e professione, qualche<br />
attenzione viene rivolta agli aspetti psicologici (stress sul lavoro). I medici sovrastimano sistematicamente le<br />
frequenze dei fattori di rischio e i rischi attribuibili nella popolazione, così come hanno la tendenza ad attribuire<br />
un rischio più elevato nei pazienti rispetto al calcolo effettuato con la carta. Praticamente tutti danno consigli ai<br />
pazienti sulla necessità di adottare corretti stili di vita; una certa variabilità tra i medici si riscontra nel ricorso<br />
alla terapia con statine e/o antiipertensivi con i pazienti che necessiterebbero di tali terapie.<br />
Conclusioni. Il fatto che così pochi medici usino la carta con tutti i pazienti testimonia come il fulcro<br />
<strong>del</strong>l’attenzione <strong>del</strong> medico di famiglia sia sostanzialmente il paziente, inteso come la persona che gli si rivolge<br />
per un problema, secondo il mo<strong>del</strong>lo di medicina “on demand” o “attesa”. Meno probabilmente il medico<br />
svolge un’attività di popolazione, prendendo l’iniziativa di ricercare e misurare il rischio di un evento in un<br />
soggetto apparentemente sano, secondo il mo<strong>del</strong>lo di “medicina di iniziativa”. Accanto alla necessità culturale<br />
di integrare la clinica con la prevenzione, emerge quindi il bisogno di rivedere l’impianto organizzativo<br />
<strong>del</strong>l’attività ambulatoriale per favorire non solo l’uso <strong>del</strong>la carta <strong>del</strong> rischio, ma anche la gestione degli<br />
interventi che dal suo utilizzo possono derivare: richiami dei pazienti per successivi controlli, monitoraggio<br />
<strong>del</strong>le terapie, valutazione di esito.<br />
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Sessione poster 2: Dipendenze ed altro – 17 ottobre<br />
2-IL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO TRA GLI UTENTI DEI SERVIZI PER LE<br />
TOSSICODIPENDENZE: POLIDIPENDENZE E COMORBILITÀ<br />
Berti A 1 , Valentina Cocci 2 , Cristina Orsini 1 , Carla Biagianti 2 , Paolo Dimauro 2 , Francesco Cipriani 3 , Fabio Voller 1<br />
1 Agenzia Regionale di Sanità <strong>del</strong>la Toscana, Osservatorio di <strong>Epidemiologia</strong> - Area dei Determinanti Sociali e<br />
Ambientali di Malattia, 2 Ser.T Zona Aretina - AUSL 8 Arezzo, 3 UO di <strong>Epidemiologia</strong> – AUSL 4 Prato<br />
Introduzione. Il gioco d’azzardo patologico (GAP o gambling in inglese) è attualmente un fenomeno in gran parte<br />
sommerso e sottostimato. La prevalenza di questo fenomeno è andata negli anni aumentando e diffondendosi. Talvolta tale<br />
dipendenza tende ad intrecciarsi con altri comportamenti d’abuso, generando anche situazioni di polidipendenza. Sembra<br />
infatti che i comportamenti legati alla dipendenza da gioco d’azzardo siano sempre più diffusi tra i soggetti che si rivolgono<br />
ai Servizi per le Tossicodipendenze (Ser.T.).<br />
Obiettivi. Il Dipartimento <strong>del</strong>le Dipendenze <strong>del</strong>la ASL di Arezzo in collaborazione con l’Agenzia Regionale di Sanità <strong>del</strong>la<br />
Toscana (ARS), hanno promosso un’indagine trasversale sugli utenti afferenti al Ser.T. <strong>del</strong>la Zona Aretina allo scopo di<br />
dimensionare il fenomeno <strong>del</strong>la dipendenza e/o polidipendenza legata al gambling. In particolare si è cercato di stimare la<br />
prevalenza di soggetti in carico al Ser.T. (tabagisti, alcolisti e tossicodipendenti) che risultavano essere giocatori<br />
problematici, nonché eventuali comportamenti d’abuso tra i gambler, anch’essi in carico presso il Servizio.<br />
L’indagine è stata finanziata dall’ U.F. Ed. alla Salute AUSL 8 di Arezzo (Resp. dr. E. Giglio).<br />
Metodi. Il campione è composto da 527 soggetti in carico (nuovi e già in trattamento) presso il Ser.T. <strong>del</strong>la ASL 8 di<br />
Arezzo. L’arruolamento e le interviste sono state realizzate dagli operatori <strong>del</strong> Ser.T. precedentemente istruiti. Il<br />
questionario utilizzato per la rilevazione è stato somministrato in forma anonima con modalità face to face. Questo<br />
strumento si articola in diverse sezioni ed è stato costruito sulla base di un’attenta valutazione dei diversi strumenti adottati<br />
a livello internazionale per indagini con finalità simili. In particolare, la storia clinica <strong>del</strong> paziente e le caratteristiche sociodemografiche<br />
sono state indagate in tutti i soggetti <strong>del</strong> campione, mentre le batterie di domande e i test relativi a gambling<br />
(SOGS South Oaks Gambling Screen), tabacco (test di Fagerstrom), alcol (test CAGE Cut, Annoyed, Guilty, Eye-opener) e<br />
sostanze (illegali e farmaci), sono stati somministrati escludendo quelli corrispondenti alla sostanza primaria attribuita<br />
all’utente al momento <strong>del</strong>la presa in carico. Questa modalità di rilevazione ci ha permesso di indagare eventuali<br />
polidipendenze e comorbilità. I dati raccolti sono stati inseriti in un database Access appositamente creato e<br />
successivamente sono stati elaborati tramite l’impiego <strong>del</strong> software SPSS (Statistic Package for Social Science).<br />
Risultati. Il 5,2% degli utenti afferenti al Servizio sono risultati essere giocatori problematici o patologici. Tra questi è stata<br />
riscontrata una leggera prevalenza <strong>del</strong>l’utenza maschile (il 5,4% tra i maschi ed il 4,7% tra le femmine). Anche in relazione<br />
alla tipologia di utenza sono state individuate alcune differenze: tra i soggetti già in trattamento la proporzione di giocatori<br />
problematici e patologici è <strong>del</strong> 5,8%, mentre tra i nuovi utenti è <strong>del</strong> 3,3%. I giochi riscontrati più frequentemente tra queste<br />
persone sono stati il Lotto, il SuperEnalotto, il Gratta e Vinci e le Slot machine legali. Disaggregando per tipo di sostanza<br />
primaria, la prevalenza più alta è stata rilevata tra i soggetti tossicodipendenti con il 7,1%, seguiti dagli alcolisti e dai<br />
tabagisti (rispettivamente il 4,7% e l’1,1% ). Per contro, sono stati indagati anche i comportamenti d’abuso tra gli utenti<br />
gambler (N=25). Tra questi soggetti l’84% dichiara di essere un fumatore abituale e il 67% di questi risulta avere una<br />
dipendenza di livello medio o alto. Inoltre, solo un soggetto è risultato positivo al test CAGE, tuttavia ben il 16% rientra<br />
nella categoria dei bevitori a rischio (determinata utilizzando le raccomandazioni OMS). Il consumo di sostanze illegali<br />
nella vita riguarda il 40% di queste persone e per 3 di loro si tratta di poliuso (da 2 a 5 sostanze psicotrope illegali).<br />
Conclusioni. Questi risultati confermano (anche se con valori leggermente inferiori) quanto già ampiamente riportato in<br />
letteratura relativamente alla comorbilità tra il GAP ed il consumo di alcol o altre sostanze psicotrope ( 2,3,4 ), ed è ormai noto<br />
che i soggetti afferenti ai Ser.T. rappresentano una popolazione selezionata e maggiormente propensa a sviluppare più<br />
dipendenze patologiche. Alla luce di questa osservazione e considerando che, a differenza <strong>del</strong> consumo di eroina o<br />
<strong>del</strong>l’abuso di alcol, il gioco d’azzardo è un’attività socialmente accettata e percepita come un normale passatempo, nonché<br />
l’ampia varietà e la facile reperibilità dei giochi, la nostra attenzione non può che spostarsi sulla popolazione generale,<br />
cercando di approfondire le conoscenze sul GAP e sulla inquietante capillarità da cui questo fenomeno è caratterizzato.<br />
[Il testo e/o le figure sono state ridotte perché debordanti dal formato previsto per gli abstract]<br />
2 Shaffer H J, Korn D A, Gambling and related mental disorders: A public health analysis – 2002<br />
3 D. Capitanucci, M. Capelli, D. Lavagna, Dipendenze, poli-dipendenze e nuove dipendenze. Inediti stimoli per la comprensione<br />
<strong>del</strong>l’addiction, 2007<br />
4 N.M. Petry, Pathological gambling: etiology, comorbidity and treatment, Washington (DC): American Psycological Association, 2005<br />
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Sessione poster 2: Dipendenze ed altro – 17 ottobre<br />
3-ATTENZIONE E SUGGERIMENTI DEI MEDICI NEI CONFRONTI DEGLI STILI DI<br />
VITA DEGLI ASSISTITI. I RISULTATI DEL PASSI (PROGRESSI DELLE AZIENDE<br />
SANITARIE PER LA SALUTE IN ITALIA)<br />
Bertozzi N 1 , Salmaso S 2 , Binkin N 2 , Baldissera S 2 , De Mei B 2 , Ferrante G 2 , Minardi V 2 , Minelli G 2 ,<br />
Possenti V 2 , Campostrini S 3 , Carrozzi G 4 , D’Argenzio A 5 , Fateh Moghadam P 6 , Menna S 7 , Trinito MO 8<br />
,Vasselli S 9<br />
1 Dipartimento di Sanità Pubblica, AUSL Lesena, 2 CNESPS, Istituto Superiore di Sanità, Roma, 3 Dipartimento di<br />
Statistica, Università Cà Foscari, Venezia, 4 Dipartimento di Sanità Pubblica, AUSL Modena, 5 Dipartimento di<br />
Prevenzione, ASL Caserta, 6 Servizio educazione alla salute, APSS Trento, 7 Agenzia Zadigroma, Roma,<br />
8 Dipartimento di Prevenzione, AUSL Roma C , 9 Direzione generale Prevenzione sanitaria Ministero <strong>del</strong>la Salute<br />
Introduzione. Le malattie croniche, causa principale di mortalità e morbosità, riconoscono fattori di rischio<br />
comuni evitabili con modifiche <strong>del</strong> comportamento. Un’ampia letteratura mostra come nell’attitudine <strong>del</strong><br />
paziente a modificare questi fattori il supporto <strong>del</strong> medico sia rilevante. Nel sistema di Sorveglianza PASSI<br />
(coordinato da Ministero, CNESPS e Regioni) si indaga anche l’attenzione e i consigli dati dagli operatori<br />
sanitari sui principali fattori comportamentali, con particolare riferimento ai gruppi di popolazione<br />
maggiormente a rischio.<br />
Obiettivi. Stimare la prevalenza di popolazione nella fascia 18-69 anni che riferisce di aver ricevuto da un<br />
operatore sanitario domande e suggerimenti sui principali comportamenti correlati allo stato di salute.<br />
Metodi. Il sistema di sorveglianza PASSI, avviato nel 2007 sulla base di precedenti studi trasversali, si realizza<br />
mediante interviste telefoniche mensili (condotte con un questionario standardizzato da personale <strong>del</strong>le ASL<br />
appositamente formato) ad un campione di adulti di 18-69 anni, estratto dalle lista anagrafiche con<br />
campionamento casuale stratificato per sesso ed età. La persona selezionata riceve una lettera dall’ASL con le<br />
finalità <strong>del</strong>la rilevazione. Nel 2007 17 regioni hanno partecipato su base regionale e/o di ASL, con la raccolta di<br />
oltre 21.000 interviste complete (tasso di risposta 85%, rifiuti 10%). I dati sono registrati via internet in un<br />
archivio nazionale. Il sistema informativo centralizzato garantisce uniformità nella raccolta dei dati, permette la<br />
consultazione e correzione <strong>del</strong>le interviste, ed esegue automaticamente monitoraggio di processo ed<br />
elaborazioni standardizzate, agevolando la restituzione tempestiva dei risultati. Le modalità di raccolta e<br />
trattamento dei dati rispettano quanto previsto per la tutela <strong>del</strong>la privacy.<br />
Risultati. Il 58% dei fumatori intervistati riferisce di aver ricevuto nell’ultimo anno il consiglio di smettere di<br />
fumare da parte di un medico; il consiglio è più frequente in forti fumatori, giovani e persone con altro fattore<br />
di rischio cardiovascolare o patologia cronica. Il tentativo di smettere di fumare è più frequente tra chi ha<br />
ricevuto il consiglio (44% vs 37% p
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Sessione poster 2: Dipendenze ed altro – 17 ottobre<br />
4-MISURE ANTROPOMETRICHE E RISCHIO CORONARICO IN ITALIA: I RISULTATI<br />
DELLO STUDIO EPICOR<br />
Chiodini P 1 , Mattiello A 2 , Krogh V 3 , Sacerdote C 4 , Vineis P 5 , Masala G 6 , Palli D 6 , Tumino R 7 , Frasca G 7 ,<br />
Berrino F 3 , Sieri S 3 , Panico S 2 .<br />
1 Dipartimento di Medicina Pubblica, Clinica e Preventiva, Seconda Università di Napoli, 2 Dipartimento di<br />
Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Napoli Federico II, 3 Dipartimento di Medicina Predittiva e<br />
Preventiva, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano, 4 CPO Piemonte, Torino, 5 Department of<br />
Epidemiology & Public Health, Imperial College London, United Kingdom, 6 Unità di <strong>Epidemiologia</strong> Molecolare<br />
e Nutrizionale, ISPO, Firenze, 7 Registro Tumori, Azienda Ospedaliera "Civile M.P.Arezzo", Ragusa<br />
Introduzione. L’eccesso ponderale è una condizione sempre più diffusa nella popolazione <strong>del</strong> mondo<br />
occidentale. In Italia le stime ISTAT riferite all’anno 1999 mostrano che ben un adulto su tre (33,4%) risulta<br />
essere in sovrappeso e il 9,1% obeso. Dai dati <strong>del</strong>l’Osservatorio Nazionale Epidemiologico Cardiovascolare si<br />
osserva che le donne dai 50 anni in su hanno una prevalenza di obesità che sfiora il 30%. La relazione tra la<br />
condizione di sovrappeso o obesità con l’insorgenza di malattie cardiovascolari nella popolazione italiana è<br />
stata spiegata in passato attraverso la mediazione di fattori classici di rischio cardiovascolare, a loro volta<br />
determinata dallo stato nutrizionale. L’informazione sul cambiamento di questa relazione negli ultimi decenni<br />
appare rilevante soprattutto per modulare gli interventi di prevenzione cardiovascolare.<br />
Obiettivi. Scopo principale <strong>del</strong> lavoro è di valutare l’influenza <strong>del</strong>le principali misure antropometriche sulla<br />
modifica <strong>del</strong> rischio coronarico nello studio di coorte (maschile e femminile) con base di popolazione EPICOR,<br />
iniziato agli inizi degli anni 90.<br />
Metodi. EPICOR è uno studio prospettico multicentrico sulle cause <strong>del</strong>le malattie cardiovascolari. Lo studio<br />
raccoglie cinque coorti italiane (due <strong>del</strong> Nord , una <strong>del</strong> Centro e due <strong>del</strong> Sud) con base di popolazione che<br />
partecipano allo studio EPIC (European Prospective Study on Nutrition and Cancer). Nel periodo 1993-1998<br />
hanno aderito volontariamente allo studio 47.749 persone che hanno effettuato una visita per la raccolta <strong>del</strong>le<br />
informazioni al basale. Le variabili antropometriche considerate (peso, altezza, circonferenza vita e fianchi)<br />
sono state misurate in accordo con il protocollo di studio internazionale. Sono state inoltre calcolati l’indice di<br />
massa corporea (BMI) e il rapporto vita/fianchi (WHR). I sospetti eventi coronarici maggiori (infarto<br />
miocardio, sindrome coronarica acuta, rivascolarizzazione coronarica) sono stati individuati, tramite record<br />
linkage con le schede di dimissione ospedaliera, ed il supporto <strong>del</strong>le anagrafi comunali e dei registri di<br />
mortalità, e successivamente validati attivamente attraverso la consultazione <strong>del</strong>la documentazione clinica. Il<br />
mo<strong>del</strong>lo di regressione di Cox, separato per maschi e femmine e stratificato per centro, è stato utilizzato per<br />
calcolare l’associazione tra le misure antropometriche e gli eventi coronarici. Differenti mo<strong>del</strong>li sono stati<br />
utilizzati per ciascuna misura antropometrica aggiustando per i principali noti fattori di rischio coronarico: età,<br />
pressione arteriosa, abitudine al fumo di sigaretta, storia di iperlipidemia, diabete, grado di scolarizzazione,<br />
livelli di attività fisica, consumo di alcol e stato menopausale per le femmine.<br />
Risultati. Sono stati inclusi nell’analisi 12.769 maschi con età 35-64 anni e 30.369 femmine con età 35-74 anni<br />
con anamnesi negativa di malattia cardiovascolare. Durante un follow-up mediano di 8 anni sono stati validati<br />
486 eventi coronarici (308 nei maschi e 178 nelle femmine). Nei maschi sono risultati positivamente e<br />
significativamente associati ad un aumento <strong>del</strong> rischio coronarico: peso, circonferenza vita e fianchi, WHR e<br />
BMI, mentre nelle donne una associazione positiva significativa è stata riscontrata solo con circonferenza vita e<br />
WHR. In particolare mentre nei maschi un BMI>25 è associato ad un hazard ratio (HR) di 1,52 (IC 95% 1,14-<br />
2,01), nelle femmine l’HR è risultato pari a 1,14 (IC 95% 0,81-1,60). Coerente è il dato nei due sessi per<br />
l’aumento di rischio dovuto alla circonferenza vita: ultimo quartile vs primo quartile: negli maschi l’HR è 1,77<br />
(IC 95% 1,19-2,62), nelle femmine l’HR è 1,93 (IC 95% 1,14-3,27).<br />
Conclusioni. I risultati di questa analisi indicano che: a) le misure antropometriche appaiono aumentare il loro<br />
contributo indipendente in popolazioni italiane osservate a cavallo tra gli anni 90 e 2000, anche oltre<br />
l’influenza che esse hanno sui fattori di rischio cardiovascolare noti; b) l’obesità centrale è coerentemente un<br />
determinante <strong>del</strong>la malattia cardiovascolare in entrambi i sessi.<br />
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Sessione poster 2: Dipendenze ed altro – 17 ottobre<br />
5-ANALISI DEL TEMPO DI LATENZA CHE INTERCORRE TRA IL PRIMO UTILIZZO<br />
DI COCAINA ED IL PRIMO INGRESSO IN TRATTAMENTO: STUDIO PILOTA PER LA<br />
REGIONE LIGURIA<br />
Colasante E, Gori M, Schizzi I, Salvini S, Lorenzoni S, Molinaro S*<br />
Istituto di Fisiologia clinica – CNR Pisa, Sezione di <strong>Epidemiologia</strong> e ricerca sui Servizi Sanitari<br />
Obiettivo. Stimare la distribuzione <strong>del</strong> tempo che intercorre tra il primo utilizzo di cocaina ed il primo<br />
ingresso in trattamento e valutare gli effetti che possono avere fattori quali il sesso, il titolo di studio, l’età di<br />
primo utilizzo <strong>del</strong>la sostanza sulla lunghezza <strong>del</strong> suddetto “intervallo di tempo”, altrimenti definito “tempo di<br />
latenza”.<br />
Materiali e metodi. La metodologia impiegata è l’Analisi <strong>del</strong>la Sopravvivenza che ha quale obiettivo<br />
principale quello di studiare la distribuzione <strong>del</strong> tempo di accadimento di un certo evento all’interno di una<br />
popolazione eterogenea e di analizzare la dipendenza di questo dalle caratteristiche che descrivono tale<br />
eterogeneità. In particolare per la stima <strong>del</strong>la funzione di sopravvivenza, è stato utilizzato il metodo di Kaplan-<br />
Meier, i test Log-Rank e Wilcoxon per il confronto tra le curve di sopravvivenza e il mo<strong>del</strong>lo di regressione<br />
semiparametrica a rischi proporzionali di Cox per valutare l’effetto che le variabili studiate hanno sul “rischio”<br />
(cioè sulla probabilità) di richiedere per la prima volta un trattamento. Tale studio pilota è stato effettuato su<br />
dati provenienti dalla regione Liguria e raccolti nell’ambito <strong>del</strong> “Progetto di Sorveglianza Epidemiologica <strong>del</strong>le<br />
Tossicodipendenze”.<br />
Risultati. Il tempo medio di latenza stimato per i consumatori problematici di cocaina risulta essere circa 7<br />
anni. L’“età di primo uso <strong>del</strong>la sostanza” risulta essere uno dei fattori che maggiormente influenzano tale<br />
distribuzione: quanto prima si inizia ad utilizzare cocaina più tardi si richiede un primo trattamento.<br />
Conclusioni. La stima <strong>del</strong>la distribuzione <strong>del</strong>l’intervallo di tempo che intercorre fra il primo uso e la prima<br />
domanda di trattamento costituisce un buon indicatore epidemiologico <strong>del</strong>la capacità attrattiva e <strong>del</strong>la rapidità<br />
di attivazione di un primo trattamento da parte dei servizi nei confronti di soggetti con problematiche legate<br />
all’uso <strong>del</strong>la sostanza.<br />
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6-PIANIFICARE IN "RETE", A LIVELLO REGIONALE E LOCALE, INTERVENTI<br />
DI PROMOZIONE E SOSTEGNO ALLO SVOLGIMENTO DI UN'ADEGUATA<br />
ATTIVITA' FISICA<br />
Grazia Colletto<br />
Referente per l’ASL n. 2 di CL <strong>del</strong> Progetto regione Sicilia “ Prevenzione attiva <strong>del</strong> soprappeso e<br />
<strong>del</strong>l’obesità”, nell’ambito dei progetti di Prevenzione <strong>del</strong> CCM - Sicilia ASL n.2 Caltanissetta<br />
Premessa. Il progetto parte da quello che rappresenta il suo vero punto di “forza” ( che dovrebbe essere comune a tutte le<br />
attività di prevenzione, per ottenere dei risultati realmente efficaci), ovvero dalla creazione di una strategia in “ RETE” che,<br />
con la costituzione preventiva di un “Comitato di Coordinamento”, vede coinvolti in un’alleanza, vari soggetti politici ed<br />
istituzionali, tra i quali i SIAN, Comuni e Provincie, associazioni sportive, di volontariato, MMG, Provveditorato agli studi,<br />
che condividono un percorso comune (Obiettivi e modalità di azioni ).<br />
Obiettivo generale. “ Promuovere stili di vita salutari mediante l’aumento <strong>del</strong> livello di attività fisica nella popolazione,<br />
residente nel Distretto di S.Cataldo ( Provincia di Caltanissetta) , preventivamente individuato in sede di programmazione<br />
Regionale,partendo da una fase di monitoraggio ( conditio sine qua non ) per la raccolta di dati sufficientemente attendibili<br />
sulle abitudini di vita, prevalentemente motorie, ma anche nel campo <strong>del</strong>l’alimentazione, di una popolazione target di<br />
riferimento.<br />
Ob.specifico n.1) Realizzazione di una campagna di Educazione Sanitaria, per la promozione di uno stile di vita salutare,<br />
nel campo <strong>del</strong>l’attività motoria ed insieme, nel campo nutrizionale, rivolta a tutta la popolazione <strong>del</strong> Distretto di S.Cataldo<br />
con particolare riguardo agli ambienti scolastici e di lavoro. ( Enti Pubblici e Privati).<br />
Metodi e strumenti: divulgazione di materiale informativo-educativo e convegni, con coinvolgimento di tuttu quei soggetti<br />
<strong>del</strong>la “RETE”, ritenuti necessari ( MMG, associazioni volontariato, etc).<br />
Ob. specifico n.2) Incremento <strong>del</strong> livello di attività motoria nelle donne <strong>del</strong> Distretto di S.Cataldo, in menopausa o che ad<br />
essa si approssimano ( età compresa tra 45 e 65 anni ), previa valutazione campionaria <strong>del</strong>le abitudini e <strong>del</strong>l’atteggiamento<br />
relativi allo stile di vita adottato, con particolare riferimento al movimento, ma anche nel campo <strong>del</strong>l’alimentazione.<br />
Metodi e strumenti. offrendo la partecipazione gratuita a specifici programmi di attività fisica, presso palestre messe a<br />
disposizione di Enti Pubblici o Privati, presenti nella “RETE”.<br />
Ob.specifico n.3) Promozione <strong>del</strong>l’attività fisica in bambini di scuola elementare <strong>del</strong> Distretto di S. Cataldo, tramite la<br />
realizzazione di un percorso casa-scuola-casa, da percorrere a piedi<br />
Metodi e strumenti: realizzazione di un percorso casa-scuola-casa a piedi, con coinvolgimento dei bambini, insegnanti e<br />
genitori in tutte le fasi ( realizzazione dei “loghi” per la individuazione <strong>del</strong>le fermate, dei negozi “amici”, etc), Anche qui<br />
fondamentale l’attivazione <strong>del</strong>la “ RETE” ( Comuni, assoc. Volontariato, vigili urbani, etc).<br />
Risultati. Il progetto è ancora nelle sue fasi iniziali, ovvero la realizzazione <strong>del</strong>la “RETE”. Consapevoli che il successo <strong>del</strong><br />
progetto è fondamentalmente interdipendente dalla solidità di tale “rete”, ci si è impegnati con la massima energia nella sua<br />
costituzione.<br />
Conclusioni. Tale progetto rientra tra quelle attività di prevenzione che si ripropone la promozione <strong>del</strong>la salute, da un lato,<br />
individuando e potenziando i fattori protettivi, dall’altro, individuando e rimuovendo le cause e i fattori di rischio di<br />
malattia. Nella messa in “cantiere” di tale progetto, l’obiettivo prioritario è stato quello di prevedere al suo interno, <strong>del</strong>le<br />
azioni che rappresentassero un intervento “ efficace”, con outcome salute positivo, da portare avanti attraverso specifiche<br />
politiche sanitarie “ interagenti”, anche con quelle di altri Settori, con diverse responsabilità, ma con i quali condividere gli<br />
obiettivi. Si è tenuto conto, pertanto, di tutti i punti di “ forza” e non da meno di quelli di “debolezza”, propri degli<br />
interventi nel campo <strong>del</strong>la prevenzione.<br />
Per quanto sopra, seguendo uno schema operativo <strong>del</strong>la EPB ( Evidence Based Prevention) si è proceduto: 1) Alla<br />
definizione in termini chiari <strong>del</strong> problema, e stima quantitativa <strong>del</strong>lo stesso, partendo da una rilevazione <strong>del</strong>le abitudini e<br />
<strong>del</strong>lo stile di vita, <strong>del</strong>la popolazione di riferimento, soprattutto nel campo <strong>del</strong>l’attività fisica; 2) ad una ricerca scientifica,<br />
anche di letteratura grigia, relativamente ad esperienze nel campo, che hanno fornito risultati positivi, basati su prove di<br />
efficacia, nella realizzazione di programmi di promozione <strong>del</strong>l’attività fisica, associati ad interventi di educazione<br />
nutrizionale 3) Predisposizione di un programma, con l’individuazione di priorità (con relativi obiettivi, cronoprogramma,<br />
monitoraggio, indicatori e sistemi di misurazione e valutazione ).<br />
Per quanto sopra, nella considerazione di aver progettato secondo le buone pratiche di efficacia, e tenuto conto anche <strong>del</strong><br />
carattere di accessibilità <strong>del</strong> progetto, <strong>del</strong>la facile trasferibilità <strong>del</strong>l’esperienza, <strong>del</strong>la sostenibilità economica, <strong>del</strong>le risorse<br />
umane rappresentate fondamentalmente da Personale altamente “ motivato” e che ritiene la salute un “bene” irrinunciabile,<br />
che non ha prezzo, sebbene ancora il progetto si trovi nelle sue fasi iniziali, ritengo che ci siano tutte le carte in regola per<br />
una buona riuscita e tutti insieme “ andare lontano e in gran forma”.<br />
[Il testo e/o le figure sono state ridotte perché debordanti dal formato previsto per gli abstract]<br />
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7-IL PIANO DI PREVENZIONE DELLE RECIDIVE CEREBRO E<br />
CARDIOVASCOLARI IN SICILIA<br />
Dardanoni G.*, Buonasorte G.*, Antona L.**, Bonura A.**, Vancheri F.**, Giampaoli S.***, Palmieri L.***<br />
*Dipartimento Osservatorio Epidemiologico Regione Sicilia; ** Referenti <strong>del</strong> Piano per A.O. V. Emanuele di<br />
Gela, ASL 2 Caltanissetta, A.O. S. Elia di Caltanissetta; *** Istituto Superiore di Sanità<br />
Introduzione. La cardiopatia ischemica e l’ictus costituiscono le più importanti manifestazioni <strong>del</strong>la malattie<br />
cardiovascolari e sono fra le principali cause di morte in Sicilia. Le recidive sono eventi frequenti che<br />
contribuiscono notevolmente alla mortalità.<br />
Dopo la fase acuta, la qualità <strong>del</strong>le cure e la prevenzione <strong>del</strong>le recidive si basano sulla stratificazione <strong>del</strong> rischio<br />
e su chiare raccomandazioni alla dimissione, nonché sulla presa in carico da parte <strong>del</strong> medico di famiglia e<br />
degli specialisti. In considerazione di ciò, la Regione Siciliana ha predisposto il Piano regionale di prevenzione<br />
<strong>del</strong>le recidive cerebro e cardiovascolari, sulla scorta <strong>del</strong>le priorità individuate dal Piano Nazionale <strong>del</strong>la<br />
Prevenzione 2005-07.<br />
Obiettivi. L’obiettivo principale <strong>del</strong> Piano è quello di conoscere il rischio cardiovascolare nei residenti di età<br />
dai 35 ai 74 anni ricoverati per un evento cardiovascolare maggiore (infarto o ictus), e successivamente di<br />
organizzarne la presa in carico tramite un ambulatorio polispecialistico dedicato che riduca il rischio di recidive<br />
mediante la terapia educazionale e il monitoraggio regolare.<br />
Metodi. Si è ritenuto necessario inizialmente attivare il Piano come Progetto Pilota, da cui ricavare<br />
informazioni sulle criticità da superare. In particolare, tenendo conto <strong>del</strong>l’esperienza già acquisita nella<br />
partecipazione al Registro degli Eventi Coronarici e Cerebrovascolari promosso dall’Istituto Superiore di<br />
Sanità, è stata identificata la provincia di Caltanissetta per l’attuazione <strong>del</strong> progetto.<br />
Il Dipartimento Osservatorio Epidemiologico (DOE) <strong>del</strong>l’Assessorato Regionale Sanità ha costituito un gruppo<br />
di lavoro regionale composto anche dai referenti <strong>del</strong>le tre Aziende sanitarie (due ospedaliere e una territoriale)<br />
coinvolte.<br />
Per ogni paziente ricoverato per un evento cardio- o cerebrovascolare maggiore vengono raccolte le<br />
informazioni relative alla presenza di fattori di rischio cardiovascolare. Al momento <strong>del</strong>la dimissione, il<br />
paziente riceve una lettera da trasmettere al proprio Medico curante che contiene una valutazione <strong>del</strong> rischio di<br />
recidive, indicazioni sulla correzione dei fattori di rischio, sulla terapia, sulla riabilitazione e sui controlli<br />
periodici da eseguire, in modo da favorire la continuità assistenziale sul territorio.<br />
Inoltre la lettera contiene l’indicazione <strong>del</strong>l’appuntamento presso l’ambulatorio polispecialistico dedicato che<br />
prende in carico il paziente per i successivi controlli, oltre ad attuare la terapia educazionale, intesa a<br />
modificare gli stili di vita e a favorire l'aderenza alla terapia farmacologica, eventualmente indirizzando il<br />
paziente anche ad altri servizi e strutture operanti per favorire il controllo <strong>del</strong>le condizioni di rischio<br />
modificabili.<br />
Presso l’Azienda territoriale è stata predisposta una Segreteria centralizzata che gestisce l’invio dei pazienti ai<br />
diversi poliambulatori <strong>del</strong>le tre Aziende. Gli stessi pazienti vengono seguiti nel tempo per almeno un anno,<br />
registrando sulla scheda predisposta le informazioni sui controlli successivi e sull’aderenza agli interventi<br />
(farmacologici e non farmacologici) proposti, in modo da monitorarne le recidive e successivamente<br />
identificarne i principali fattori di rischio.<br />
E’ prevista anche la valutazione <strong>del</strong>l’intervento mediante il confronto con dati storici (analisi <strong>del</strong>le Schede<br />
Dimissione Ospedaliera pregresse e <strong>del</strong> Registro Nominativo <strong>del</strong>le Cause di Morte).<br />
Risultati. L’area pilota comprende circa 130.000 persone fra 35 e 74 anni, corrispondente a circa il 5% <strong>del</strong>la<br />
popolazione regionale di pari età.<br />
Sono stati formati circa 30 operatori coinvolti nella gestione <strong>del</strong> paziente, e dal settembre 2007 sono stati<br />
attivati gli ambulatori polispecialistici ed è iniziato il reclutamento dei casi. Sono stati arruolati, sino al mese di<br />
maggio, 295 pazienti, 201 uomini (68%) e 94 donne (32%). Di questi 202 erano ricoverati per IMA e 93 per<br />
ictus. Il 68% aveva ipertensione già nota, il 51% ipercolesterolemia già nota, il 40% diabete già noto.<br />
Conclusioni. La continuità assistenziale sul territorio e la presa in carico da parte di un ambulatorio<br />
polispecialistico dedicato permetteranno un migliore controllo dei fattori di rischio e <strong>del</strong>la terapia consentendo<br />
presumibilmente la riduzione <strong>del</strong>la morbosità e mortalità. L’individuazione dei fattori di rischio di recidiva<br />
potrà indirizzare in modo più specifico le azioni di prevenzione.<br />
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8-IL PIANO DI PREVENZIONE ATTIVA DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE IN<br />
SICILIA<br />
Dardanoni G., Buonasorte G. *, Dell’Ali C. , Fiumanò G., Gabriele M., Genco G., Guastella S., Iacono F.,<br />
Romeo R., Sberna A., Taibi C. **, Giampaoli S., Palmieri L. ***<br />
*Dipartimento Osservatorio Epidemiologico Regione Sicilia; ** Referenti <strong>del</strong> Piano per le 9 ASL <strong>del</strong>la<br />
Regione Sicilia; *** Istituto Superiore di Sanità<br />
Introduzione. Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di mortalità e morbosità sia negli<br />
uomini che nelle donne, specialmente in Sicilia. Pertanto, a seguito <strong>del</strong>l’Intesa Stato–Regioni <strong>del</strong> 23 marzo<br />
2005, la Regione Siciliana ha predisposto il Piano regionale di prevenzione <strong>del</strong> rischio cardiovascolare, sulla<br />
scorta <strong>del</strong>le priorità individuate dal Piano Nazionale <strong>del</strong>la Prevenzione 2005-07.<br />
Obiettivi. L’obiettivo principale <strong>del</strong> Piano è quello di valutare il rischio cardiovascolare globale assoluto<br />
(RCGA) nei cittadini <strong>del</strong>la Regione di età 35-69 anni senza precedente evento cardiovascolare; di diffondere<br />
presso il personale sanitario le competenze per la gestione <strong>del</strong> rischio cardiovascolare in termini di promozione<br />
degli stili di vita sani, aderenza alla terapia farmacologica, monitoraggio <strong>del</strong> rischio nel tempo; di promuovere<br />
la salute cardiovascolare nella popolazione generale, attivando programmi di comunità orientati agli stili di vita<br />
"salvacuore" come indispensabile integrazione alla strategia individuale.<br />
Metodi. In Sicilia il coordinamento <strong>del</strong> Piano è stato affidato al Dipartimento Osservatorio Epidemiologico<br />
<strong>del</strong>l’Assessorato Regionale Sanità che ha costituito un gruppo di lavoro regionale composto anche dai referenti<br />
<strong>del</strong>le nove ASL <strong>del</strong>la Regione.<br />
Il Piano si basa sul coinvolgimento dei Medici di Medicina Generale (MMG) per la valutazione <strong>del</strong> RCGA dei<br />
propri assistiti (la probabilità di andare incontro a infarto o ictus nei 10 anni successivi) attraverso l’utilizzo<br />
<strong>del</strong>la Carta e <strong>del</strong> Punteggio individuale <strong>del</strong> Rischio Cardiovascolare-Progetto CUORE <strong>del</strong>l’Istituto Superiore di<br />
Sanità. E’ stato elaborato e messo a disposizione gratuitamente per i MMG il programma cuore.exe per valutare<br />
il RCGA a partire da 8 fattori di rischio (sesso, età, diabete, abitudine al fumo, pressione arteriosa sistolica,<br />
colesterolemia totale e HDL e terapia anti-ipertensiva.<br />
Alla valutazione <strong>del</strong> RCGA fa seguito la terapia educazionale tramite counseling motivazionale breve, volta a<br />
modificare gli stili di vita, eventualmente indirizzando il paziente anche ad altri servizi specializzati, nonché il<br />
monitoraggio <strong>del</strong> rischio attraverso il follow-up <strong>del</strong>le persone valutate.<br />
Risultati. Si è ritenuto di sviluppare il Piano inizialmente su un solo distretto pilota per ASL; la popolazione di<br />
età 35-69 anni coinvolta nei distretti pilota ammonta a circa 300.000 persone, corrispondenti a quasi il 15%<br />
<strong>del</strong>la popolazione regionale di pari età.<br />
Sulla base <strong>del</strong> Piano Nazionale di Formazione su ‘Uso e applicazione <strong>del</strong>la carta <strong>del</strong> rischio-Progetto CUORE’<br />
sono stati formati 18 MMG formatori, 2 per ciascuno dei 9 distretti pilota (uno per ASL) individuati, che hanno<br />
a loro volta formato a cascata altri 430 MMG. E’ stata inoltre realizzata la campagna di comunicazione volta<br />
alla sensibilizzazione <strong>del</strong>la popolazione.<br />
Sono finora pervenuti i dati di circa 17.000 persone: sono risultate ad alto rischio (RCGA>=20% in 10 anni)<br />
l’8,5% degli uomini e lo 0,4% <strong>del</strong>le donne, sono a basso rischio (RCGA
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9-INTOSSICAZIONI DA DROGHE DA STRADA E DA ALTRE SOSTANZE DI ABUSO:<br />
LE OSSERVAZIONI DEL CENTRO ANTIVELENI DI MILANO<br />
Davanzo F 1 , Settimi L 2 , Vignally P 2,3 , Giarratana T 2 , Maiozzi P 2 , Sesana F 1 , Della Puppa T 1 , Macchia T 1<br />
1 Centro Antiveleni di Milano, Ospedale Niguarda Cà Granda, Milano,<br />
2 Istituto Superiore di Sanità, Roma<br />
3 Laboratoire de Santé Publique, Faculté de Médecine, Marseille<br />
La crescente diffusione di sostanze psicoattive nella popolazione, soprattutto giovanile, è documentata da<br />
ricerche sul campo e da rapporti governativi (1). L’abuso di sostanze psicoattive, legali e illegali, rappresenta<br />
un rischio per la salute sia a breve che a lungo termine ed incide sui costi collettivi <strong>del</strong>l’assistenza sanitaria. Ad<br />
oggi, però, non è stata dedicata una particolare attenzione alla sorveglianza ai casi di intossicazione e tale<br />
carenza costituisce un limite alla definizione di possibili misure di prevenzione. In considerazione di questi<br />
aspetti e <strong>del</strong>la possibilità che un contributo di interesse per questa problematica possa derivare anche dai Centri<br />
Antiveleni (CAV), il presente contributo ha l’obiettivo di fornire una prima descrizione completa dei casi di<br />
intossicazione da droghe da strada o da altre sostanze di abuso presi in esame dal CAV di Milano, principale<br />
Centro di riferimento nazionale (2).<br />
Il CAV di Milano collabora con l’Istituto Superiore di Sanità per la messa a punto di un data-base <strong>del</strong>le<br />
esposizioni pericolose, di rilevanza nazionale e regionale, in grado di fornire un supporto informativo per<br />
attività di sorveglianza ed approfondimenti su varie tipologie di eventi di rilevanza sanitaria (3). Da questo<br />
data-base sono state estratti tutti i casi rilevati nel 2005, prima annualità per cui sono stati completati i controlli<br />
di qualità e le procedure di classificazione, con esposizione a droghe da strada o con modalità di esposizione<br />
classificata come “abuso” in riferimento ad altre sostanze.<br />
Complessivamente, sono stati identificati 854 casi di interesse, pari a circa il 2% <strong>del</strong>l’insieme <strong>del</strong>la casistica<br />
rilevata (n. 42.484). Di questi, 419 (49%) sono risultati esposti a droghe da strada e 430 (51%) ad altre<br />
sostanze. Per quanto riguarda il primo gruppo di pazienti, circa il 61% ha presentato un’età compresa tra 20 e<br />
35 anni e il 72% è risultato di genere maschile. Gli agenti più frequentemente riportati da soli o in<br />
combinazione tra loro o con altre sostanze sono stati: cocaina (40%), cannabis (12%), anfetamine (12%), eroina<br />
(11%), viagra e simili (3%), LSD (2%). Le modalità di esposizione sono state abuso (79%), crimine/dolo<br />
(13%), riferito a pazienti esposti senza che ne fossero consapevoli o forzatamente e per casi che avevano<br />
ingerito corpi estranei (“ovuli”) contenenti eroina o cocaina a fini di trasporto. Sono stati rilevati anche alcuni<br />
casi di esposizione accidentale (5%), verificatisi principalmente in bambini con meno di 5 anni. Le principali<br />
vie di esposizione riportate sono state l’ingestione (47%), seguita da inalazione (27%) e iniezione (12%). Per<br />
quanto riguarda i soggetti con assunzione di altre sostanze a fini di abuso, il 56% è risultato di genere maschile<br />
ed il 44% di genere femminile. Il 40% di questi casi ha presentato un’età compresa tra 20 e 35 anni ed il 31%<br />
tra 36 e 50 anni. Le categorie di agenti riportate come esposizioni singole o in combinazione tra loro hanno<br />
compreso psicolettici (31%), alcolici (26%), analgesici (10%), sostanze per il trattamento <strong>del</strong>le dipendenze<br />
(5%), anticonvulsivanti (5%), antidepressivi (5%) e prodotti per la pulizia <strong>del</strong>la casa (3%), soprattutto<br />
contenenti alcol denaturato. La via di esposizione riportata dalla quasi totalità dei casi è stata l’ingestione<br />
(89%). Il 4% dei casi è risultato esposto tramite iniezione e il 3% per inalazione.<br />
Le osservazioni effettuate evidenziano come una sistematica revisione ed analisi <strong>del</strong>la casistica presa in esame<br />
dai CAV può fornire rilevanti indicazioni per la caratterizzazione <strong>del</strong>l’uso di sostanze psicoattive in Italia e dei<br />
rischi che da queste possono derivare. Inoltre, può contribuire, insieme ad altri sistemi di sorveglianza,<br />
all’identificazione di problematiche emergenti sia in riferimento ad agenti specifici sia a modalità di<br />
assunzione, e fornire indicazioni operative per una più adeguata gestione degli eventi.<br />
1)Relazione Annuale al Parlamento sullo stato <strong>del</strong>le Tossicodipendenze in Italia. Anno 2007. Presidenza <strong>del</strong> Consiglio dei<br />
Ministri, 2008; 2) Mucci N, Alessi M, R Binetti, Magliocchi MG. Ann Ist Super Sanità 2006;42: 268-276; 3) L. Settimi,<br />
L.Davanzo, I Marcello, P.Roazzi, Binetti R. Not Ist Super Sanità 2008; 21: 3-8.<br />
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10-STUDIO OSSERVAZIONALE E VALUTAZIONE SUL TERRITORIO DEL RCVGA IN<br />
PAZIENTI CON RISCHIO MULTIFATTORIALE<br />
Eifù G ( 1 ), Garon MM( 1 ), Tarakdjian A( 1 ), Russo S( 1 ), Monterosso P( 1 ), Dall’Asta G ( 2 )<br />
(1) Medico di Medicina generale SNAMID di Padova, (2) Health Economics, Pfizer Italia Srl, Roma<br />
Introduzione. La durata <strong>del</strong>la vita umana nell’ultimo secolo è cresciuta <strong>del</strong> 50%, passando da una vita media<br />
di 50 anni agli inizi <strong>del</strong> Novecento, ai 75 anni circa alla fine <strong>del</strong> secolo. L’allungamento <strong>del</strong>la vita ha<br />
rivoluzionato l’epidemiologia dei paesi occidentali determinando l’ascesa <strong>del</strong>le malattie croniche: ipertensione,<br />
obesità, diabete mellito, dislipidemia, sindrome metabolica hanno raggiunto non solo in Europa ma anche in<br />
Italia frequenze allarmanti. L’insieme di questi fattori è la base di una vera e propria epidemia di malattie<br />
cardiovascolari.<br />
Obiettivi. Valutazione osservazionale retrospettiva, da parte di un gruppo di MMG appartenenti alla società<br />
SNAMID di Padova operanti sul territorio, dei soggetti, afferenti in modalità random agli studi di medicina<br />
generale, portatori di almeno due fattori di rischio cardiovascolare oppure affetti da malattia diabetica o<br />
rientranti nei criteri diagnostici <strong>del</strong>la sindrome metabolica (condizioni queste ultime a elevato rischio<br />
cardiovascolare). Stima <strong>del</strong>la prevalenza, nella popolazione così selezionata, dei singoli fattori di rischio e <strong>del</strong>le<br />
loro associazioni più frequenti. Calcolo su tali pazienti <strong>del</strong> Rischio Cardiovascolare Globale Assoluto<br />
(RCVGA) attraverso la determinazione <strong>del</strong> punteggio individuale secondo la metodica <strong>del</strong> “Progetto Cuore”<br />
<strong>del</strong>l’Istituto Superiore di Sanità (ISS).<br />
Metodi. 17 Medici di Medicina Generale operanti sul territorio <strong>del</strong>l’ULSS 16 di Padova hanno arruolato 464<br />
pazienti (281 di sesso maschile e 183 di sesso femminile) nella fascia di età compresa tra 40 e 65 anni (età<br />
media 54,6) che presentavano una <strong>del</strong>le 3 seguenti condizioni:<br />
Malattia Diabetica (definita secondo i criteri <strong>del</strong>le Linee Guida ESH/ESC 2003-2007)<br />
Sindrome Metabolica (SM) (definita secondo i criteri <strong>del</strong>le Linee Guida NCEP-ATP III)<br />
Presenza contemporanea di almeno 2 tra i seguenti fattori di rischio:<br />
abitudine al fumo<br />
ipertensione arteriosa<br />
obesità<br />
ipercolesterolemia<br />
familiarità per MCV (malattia cardiovascolare) precoce<br />
Sono stati esclusi dallo studio coloro che hanno già avuto un evento cardiovascolare maggiore (IMA, Ictus,<br />
interventi di rivascolarizzazione).<br />
Ai pazienti, arruolati sulla base dei criteri esposti, è stato calcolato il RCVGA secondo la metodologia<br />
standardizzata <strong>del</strong> Progetto Cuore <strong>del</strong>l’ISS (compresa la valutazione dei dati antropometrici: peso, altezza, BMI<br />
e circonferenza addominale).<br />
Risultati. prevalenza di Ipertensione arteriosa <strong>del</strong> 74,1%. Prevalenza di Sindrome Metabolica:55%. Le<br />
associazioni più frequenti di fattori di rischio si sono riscontrate tra Ipertensione arteriosa + Familiarità per<br />
MCV (32.1%) e Ipertensione arteriosa + Ipercolesterolemia (30.6%). La sindrome metabolica è risultata<br />
associata all’ipertensione arteriosa nel 44.2% dei soggetti. Il punteggio <strong>del</strong> RCVGA (calcolato secondo<br />
metodica <strong>del</strong> Progetto Cuore <strong>del</strong>l’ISS) quasi sempre al di sotto <strong>del</strong>la soglia <strong>del</strong> 20% anche nei pazienti affetti da<br />
Diabete, S.M. o più di 3 fattori di RCV. Sul campione si conferma l’importanza <strong>del</strong> Diabete mellito come<br />
pesante fattore di RCV.<br />
Conclusioni. L’elevata frequenza di riscontro di fattori di rischio come l’ipertensione arteriosa, la sindrome<br />
metabolica e il diabete, nonché il fatto che la maggior parte dei pazienti arruolati, pur portatori di rischio<br />
multiplo non raggiunge il valore soglia <strong>del</strong> 20% di punteggio calcolato, deve far riflettere sulla necessità di<br />
monitorare non soltanto i soggetti a rischio elevato (> 20%) ma anche ( nei limiti <strong>del</strong> possibile) quella fascia di<br />
popolazione a rischio medio che comunque, come dimostrato da numerosi studi epidemiologici, contribuisce<br />
in termini assoluti, a fornire il contributo più alto al verificarsi di eventi cardiovascolari maggiori.<br />
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11-ANALISI DEGLI ESITI DEI TRATTAMENTI PER USO PROBLEMATICO DI<br />
SOSTANZE PSICOATTIVE NEI SOGGETTI IN CARICO PRESSO I SERVIZI PUBBLICI<br />
PER LE TOSSICODIPENDENZE DI TRENTO E SUE DETERMINANTI<br />
Karakachoff M.*, Gori M.*, Lovaste R.**, Scalese M.**, Molteni L.**, Callà R.**, Molinaro S.*.<br />
* Istituto di Fisiologia clinica – CNR Pisa, Sezione di <strong>Epidemiologia</strong> e ricerca sui Servizi Sanitari<br />
** SerT di Trento<br />
Introduzione. Dall'analisi <strong>del</strong>le revisioni sistematiche <strong>del</strong>la letteratura emerge la dimostrata efficacia di alcuni<br />
trattamenti somministrati a pazienti tossicodipendenti, efficacia che può tradursi in uno o più dei seguenti<br />
fattori: ritenzione in trattamento, riduzione <strong>del</strong>l'utilizzo di sostanze d'abuso, riduzione dei comportamenti a<br />
rischio sanitario, riduzione <strong>del</strong>l'overdose, riduzione <strong>del</strong>le patologie infettive correlate.<br />
Obiettivi. In questo studio si sono valutati i determinanti degli esiti di trattamenti somministrati a<br />
tossicodipendenti presi in carico nei Servizi Pubblici per le Tossicodipendenze (SerT) di Trento.<br />
Materiale e metodi. Lo studio è stato effettuato sulla base <strong>del</strong>l'utenza in carico negli anni 2006-2007 presso i<br />
SerT di Trento. Per ciascun paziente sono state considerate informazioni inerenti a caratteristiche anagrafiche,<br />
cliniche, ambientali, tossicologiche, socio-economiche e relative alla presa in carico da parte dei servizi. La<br />
valutazione degli esiti è stata incentrata su “obiettivi ed indicatori ” stabiliti tenendo conto di una previa<br />
classificazione dei pazienti in specifiche categorie definite in base alla motivazione al cambiamento <strong>del</strong>la<br />
condizione di tossicodipendenza. La stima <strong>del</strong>le probabilità <strong>del</strong> verificarsi/ non verificarsi degli esiti dei<br />
trattamenti è stata valutata tramite l’utilizzo <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo di regressione logistica.<br />
Risultati. E’ stato evidenziato che la motivazione al cambiamento costituisce il più importante determinante<br />
<strong>del</strong> successo di un trattamento; altri fattori correlati sono: l'ingresso precoce, la prolungata ritenzione in<br />
trattamento, nonché l’essere un po’ più avanti negli anni. Non sono state rilevate caratteristiche socioeconomiche<br />
o altre caratteristiche cliniche dei pazienti che a livello statistico possano ritenersi determinanti<br />
<strong>del</strong>l'esito dei programmi terapeutici.<br />
Conclusioni. Sebbene si tratti di uno studio preliminare, risulta di grande interesse la possibilità di analizzare<br />
gli esiti dei programmi terapeutici in base ad una specifica classificazione <strong>del</strong>l'utenza effettuata tenendo conto<br />
<strong>del</strong>la propensione e motivazione al cambiamento ed all’impiego di una serie di indicatori utili per la<br />
valutazione <strong>del</strong>l'efficacia di tali programmi.<br />
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Sessione poster 2: Dipendenze ed altro – 17 ottobre<br />
12-STIME DI PREVALENZA DELL’USO PROBLEMATICO DI OPPIACEI E ALCOOL<br />
NELLA POPOLAZIONE RESIDENTE NELLA PROVINCIA DI PALERMO – ANNO 2006<br />
Lombardo L.V. **, Cernigliaro A.*, Salvadori S. **, Di Giorgi M.*, Molinaro S.**, Pollina Addario S.*,<br />
Lorenzoni V.**, Fantaci G.*<br />
*Dipartimento Osservatorio Epidemiologico- Regione Siciliana, ** Istituto di Fisiologia clinica – CNR Pisa,<br />
Sezione di <strong>Epidemiologia</strong> e ricerca sui Servizi Sanitari<br />
Introduzione. Il consumo problematico di sostanze psicoattive, cioè il consumo per via iniettiva oppure a<br />
lungo termine/regolare di oppiacei, cocaina e/o amfetamine, rappresenta il secondo indicatore chiave proposto<br />
dall’Osservatorio Europeo per il monitoraggio <strong>del</strong> fenomeno droga (OEDT). Tale indicatore ha l’obiettivo di<br />
indagare i pattern di consumo più gravi che possono essere rilevati in modo relativo dalle indagini campionarie<br />
di popolazione. Le informazioni acquisite possono risultare utili alle attività di sorveglianza regionale<br />
finalizzata alla promozione e valutazione di efficaci interventi di prevenzione selettiva e mirata a specifici<br />
contesti e sottogruppi di popolazione maggiormente a rischio<br />
Obiettivi. Stimare fra i residenti <strong>del</strong>la Provincia di Palermo nell’anno 2006, la prevalenza dei soggetti<br />
eleggibili al trattamento per uso problematico di sostanze psicoattive secondo i parametri stabiliti<br />
dall’Osservatorio Europeo, e di coloro che abusano di bevande alcoliche.<br />
Metodologia. Per determinare entrambe le stime è stata utilizzata la metodologia <strong>del</strong> cattura/ricattura<br />
utilizzando mo<strong>del</strong>li Log lineari a due fonti di dati: le Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) ed i flussi su<br />
record individuali di soggetti in carico ai Servizi Pubblici per le Tossicodipendenti <strong>del</strong>l’Azienda USL n° 6. Per<br />
ricavare i dati <strong>del</strong>le SDO si è fatto ricorso all’Archivio Regionale <strong>del</strong>le Schede di Dimissione Ospedaliera<br />
presso il Dipartimento Osservatorio Epidemiologico Regionale, mentre i dati individuali dei soggetti seguiti dai<br />
Servizi pubblici per le Tossicodipendenze (Ser.T) sono stati raccolti con il supporto di un apposito data entry<br />
elaborato dall’Istituto di Fisiologia Clinica <strong>del</strong> CNR di Pisa. Rispetto ai ricoveri sono stati considerati i dimessi<br />
nel corso <strong>del</strong>l’anno 2006, residenti nella provincia di Palermo e ricoverati presso strutture regionali o nazionali<br />
con diagnosi correlata all’uso problematico di droghe, secondo la classificazione <strong>del</strong>l’OEDT di Lisbona e<br />
limitata quindi al consumo a lungo termine/regolare di oppiacei, cocaina e/o amfetamine. Per le patologie<br />
alcool correlate sono stati considerati soltanto i ricoveri per le patologie internazionalmente riconosciute come<br />
totalmente attribuibili all’alcool.<br />
Risultati. Complessivamente nel territorio sono stati stimati circa 4.024 utilizzatori problematici di sostanze<br />
psicoattive (IC 95% 2.717 – 6.388) corrispondenti ad una prevalenza stimata di 5,0 soggetti (IC 95% 3,3 – 7,8)<br />
ogni mille residenti d’età compresa tra i 15 ed i 64 anni. Gli utilizzatori di sostanze alcoliche stimati sono circa<br />
2.056 soggetti (IC 95% 1.582 – 2.742) corrispondenti ad una prevalenza stimata pari a 2,5 soggetti (IC 95% 1,9<br />
– 3,3) ogni mille residenti d’età compresa tra i 15 e i 64 anni.<br />
Conclusioni. Dall’analisi dei dati è risultato esiguo, nella provincia di Palermo, il numero degli utilizzatori<br />
problematici di droghe trattati/ricoverati per problemi di dipendenza da cocaina e/o da amfetamine. Pertanto, le<br />
stime ottenute possono essere attribuite nella quasi totalità agli utilizzatori d’oppiacei, risultando peraltro<br />
inferiori al dato medio nazionale stimato in 8,0 soggetti ogni mille residenti d’età a rischio. In Sicilia il<br />
fenomeno <strong>del</strong>l’alcolismo è di portata ridotta rispetto ad altre regioni, anche se la scarsità di dati su record<br />
individuali relativi ai soggetti in carico ai Ser.T per problemi alcool correlati fa sì che i valori ottenuti siano<br />
sottostimati e pertanto, suscettibili di variazioni. Le stime ottenute costituiscono un primo punto di riferimento<br />
<strong>del</strong> monitoraggio <strong>del</strong> fenomeno a livello territoriale, basato su criteri ed indicatori nazionali ed internazionali<br />
condivisi. L’attività descritta realizza inoltre una base di dati da utilizzare come confronto per mettere in luce<br />
ulteriori ed eventuali significative modificazioni <strong>del</strong>l’andamento <strong>del</strong> fenomeno, estremamente utili alla<br />
programmazione degli interventi che anticipino e contengano gli effetti che tali abitudini rischiano di produrre<br />
sulla collettività.<br />
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Sessione poster 2: Dipendenze ed altro – 17 ottobre<br />
13-VALIDAZIONE DELLA SCALA CAST (CANNABIS ABUSE SCREENING TEST) IN<br />
ITALIA: ANALISI PRELIMINARI<br />
Molinaro S*, Siciliano V*, Mariani F.*<br />
* Istituto di Fisiologia clinica – CNR Pisa, Sezione di <strong>Epidemiologia</strong> e ricerca sui Servizi Sanitari<br />
Introduzione. Dai più recenti studi a carattere nazionale sulla diffusione di sostanze psicotrope illegali in<br />
Italia, si stima che il consumo di cannabis (almeno una volta negli ultimi 30 giorni) possa interessare circa<br />
2.800.000 persone tra i 15 ed i 64 anni di cui almeno 350.000 sono studenti <strong>del</strong>le scuole medie superiori tra i 15<br />
ed i 19 anni. Il contatto con la sostanza almeno una volta nel corso <strong>del</strong>l'ultimo mese, non può essere da solo<br />
indicativo di un utilizzo <strong>del</strong>la sostanza tale da necessitare un'intervento trattamentale, E' quindi evidente la<br />
necessità di sviluppare uno strumento sensibile in grado di identificare all’interno di tali consumatori coloro<br />
che abusano <strong>del</strong>la stessa e manifestano un reale bisogno di supporto terapeutico.<br />
Obiettivi. L’obiettivo è quello di individuare i cut-off per l'uso problematico di cannabis <strong>del</strong> questionario<br />
CAST, sviluppato dall’OFDT (French Monitoring Center for Drug and Drug Addictions), in grado di<br />
identificare i consumatori problematici di cannabis, utilizzando dati estratti dallo studio sulla popolazione<br />
scolarizzata 15-19 anni ESPAD®Italia2007 (European School Survey Project on Alcohol and other Drugs).<br />
Metodologia. Al "core" <strong>del</strong> questionario ESPAD®Italia è stata aggiunta una sessione con gli item <strong>del</strong> CAST;<br />
tali domande indagano l’uso di cannabis attraverso la frequenza di alcuni eventi durante l’intera vita dei<br />
soggetti (mai-di rado- di tanto in tanto-piuttosto spesso-molto spesso). Le analisi sono state effettuate su un sub<br />
campione di studenti che hanno avuto almeno un contatto nella vita con la cannabis e che hanno risposto a<br />
tutte le domande <strong>del</strong> CAST. In accordo con le analisi condotte in Francia, sono state dicotomizzate le risposte<br />
in maniera tale da ottenere un punteggio finale per ciascun soggetto che varia tra 0 a 6. Per individuare il<br />
migliore cut-off è stata condotta l'analisi <strong>del</strong>le curve ROC (Receiving-Operator-Characteristic), in relazione ad<br />
una variabile dicotomica che indica i consumatori abituali (daily) <strong>del</strong>la sostanza (20 o più volte negli ultimi 30<br />
giorni).<br />
Risultati. La media <strong>del</strong> punteggio CAST varia tra i consumatori no-daily e daily: da 1,1±1.4 a 3,4±1,5.<br />
Mediante l’analisi <strong>del</strong>la curva ROC è stato individuata la soglia <strong>del</strong> punteggio <strong>del</strong> CAST uguale a 3 che<br />
permette di classificare correttamente l’82% dei soggetti tra gli studenti (sensibilità: 75%; specificità: 83%).<br />
Conclusioni. Sebbene i ricercatori francesi non abbiano assegnato un punteggio ad ogni singola opzione di<br />
risposta tra le cinque possibili (da “mai” a “molto spesso”), dicotomizzando le risposte stesse, l’analisi dei dati<br />
sembra indicare la necessità di un punteggio intermedio. Potrebbero esserci diversi cut-off a seconda di altre<br />
caratteristiche dei soggetti (ad esempio l’uso o l’abuso di alcol) e valutare eventuali cambiamenti nei cut-off<br />
ottenuti.<br />
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14-CONSUMO DI SOSTANZE STUPEFACENTI A MILANO: SURVEY 2007<br />
Mollica R, Gatti RC<br />
Dipartimento Dipendenze, ASL Città di Milano<br />
Introduzione. La survey di popolazione sul consumo di sostanze stupefacenti è la modalità d’elezione per la<br />
stima di uno dei cinque indicatori chiave attualmente suggeriti dall’Osservatorio Europeo di Droghe e<br />
Tossicodipendenze (OEDT) di Lisbona e utilizzati per la descrizione locale <strong>del</strong> fenomeno. Infatti, insieme alla<br />
rilevazione periodica sul consumo problematico, sulla domanda di trattamento, sullo stato sierologico per HIV<br />
ed epatiti e sui decessi droga-correlati, costituisce il set di indicatori che annualmente ogni stato membro<br />
<strong>del</strong>l’Unione Europea è tenuto a trasmettere.<br />
Obiettivi. Al fine di allineare i dati epidemiologici agli indicatori chiave europei, nel corso <strong>del</strong> 2007<br />
l’Osservatorio <strong>del</strong> Dipartimento Dipendenze <strong>del</strong>la ASL Città di Milano ha condotto una indagine di<br />
popolazione sul consumo di sostanze stupefacenti. Attraverso tale survey si è provveduto a fornire informazioni<br />
recenti sulla situazione cittadina da utilizzare come elemento di programmazione <strong>del</strong>le strategie di intervento.<br />
Metodologia. Per l’indagine è stato utilizzato un adattamento <strong>del</strong> questionario standard nazionale (Italian<br />
Population Survey on Alcohol and Drug – IPSAD ® ) impiegato nelle survey italiane. In accordo con quanto<br />
suggerito e contemplato dall’OEDT, la somministrazione <strong>del</strong> questionario è avvenuta tramite campionamento<br />
“on the fly” in situazioni o luoghi dove era possibile contattare e proporre l’arruolamento alla popolazione<br />
target (abitanti a Milano di età 15-64 anni). L’analisi è stata condotta secondo i criteri europei standardizzando<br />
per sesso e classi di età decennali le prevalenze di consumo in riferimento a tre periodi: Lifetime (LT), Last<br />
Year (LY) e Last Month (LM). Sono stati inoltre eseguiti confronti con l’ultimo dato nazionale (2005) e con<br />
una analoga ricerca condotta localmente nel 2004.<br />
Risultati. Il campione valido (3.023 soggetti, 45% maschi) ha mostrato prevalenze di consumo generalmente<br />
superiori all’ultimo dato nazionale disponibile, ma simili a quelle riscontrate localmente nel 2004. La tabella<br />
riporta i valori di prevalenza standardizzata per sostanza illecita indagata.<br />
Cannabis Ecstasy Amfetamine Oppiacei Allucinogeni Cocaina Popper<br />
LT 44,7 7,5 5,6 2,5 6,4 14,8 12,3<br />
LY 16,0 1,7 1,3 0,8 1,3 5,0 3,2<br />
LM 10,5 0,9 0,7 0,6 0,5 2,6 1,0<br />
Il popper, sostanza non illecita assunta per inalazione, è stato inserito nel questionario adattato in quanto da<br />
altre fonti risultava esserci il sospetto di un consumo consistente.<br />
È stato indagato anche il consumo di sedativi che, in accordo con i dati <strong>del</strong> mercato farmaceutico, ha<br />
evidenziato prevalenze più alte nelle femmine e nelle fasce di età maggiori; questo è stato utilizzato anche<br />
come elemento di controllo di qualità <strong>del</strong>le risposte.<br />
Per l’alcool è stata indagata la presenza o assenza di ubriacature nell’ultimo mese ed una valutazione <strong>del</strong><br />
consumo problematico attraverso il test CAGE: il 10% degli intervistati ha dichiarato di essersi ubriacato<br />
almeno una volta nell’ultimo mese, mentre per circa il 7% <strong>del</strong>la popolazione generale il test CAGE è risultato<br />
positivo.<br />
La stratificazione dei risultati per sesso e classi di età ha evidenziato un consumo maggiore nei maschi da 2 a 4<br />
volte secondo la tipologia <strong>del</strong>le sostanze: le classi di età con consumi più alti nei tre periodi sono quelle 15-34,<br />
ad eccezione degli oppiacei (35-54) anche se per queste sostanze il consumo LY e LM è rilevante nei più<br />
giovani.<br />
È stato anche stimato l’OR di compromissione dei comportamenti sociali e di alterazione di alcuni parametri<br />
sanitari dei consumatori rispetto ai non consumatori. La variazione di rischio minima (e non significativa) è<br />
stata rilevata per il consumo di cannabis (OR=2,7: IC 95% 0,9-7,1) e quella massima (OR=6,1: IC 95% 2,4-<br />
51,9) per il consumo di oppiacei.<br />
L’età di inizio <strong>del</strong> consumo di sostanze è in progressivo aumento, deponendo per un coinvolgimento nell’uso di<br />
soggetti di età più avanzata.<br />
Conclusioni. Dalla survey emerge che nel territorio <strong>del</strong>la città di Milano i consumi di sostanze stupefacenti<br />
(stabili rispetto al 2004 ma più alti <strong>del</strong> dato medio nazionale) riguardano strati di popolazione più esposti al<br />
rischio di sviluppare complicanze correlate: in particolare, oltre agli adolescenti, su cui sembra incombere il<br />
ritorno degli oppiacei, sono coinvolti anche soggetti adulti. Risulta pertanto utile e necessario elaborare<br />
strategie preventive specifiche rivolte a questa tipologia di neo-consumatori.<br />
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Sessione poster 2: Dipendenze ed altro – 17 ottobre<br />
15-CONSUMO DI ALCOL, SOSTANZE ED INCIDENTI STRADALI. UNO STUDIO IN 5<br />
PRONTO SOCCORSO DELL’AREA METROPOLITANA FIORENTINA<br />
Fabio Voller 1 Cristina Orsini 1 , Allaman Allamani 2 , Gabriele Bardazzi 2 , Veronica Santarlasci 2 , Francesco<br />
Mari 3 , Francesco Cipriani 4,1<br />
1 Area Determinanti Ambientali e Sociali di malattia Osservatorio di <strong>Epidemiologia</strong>, Agenzia Regionale Sanità<br />
Toscana, 2 Centro Alcologico, ASL 10, 3 S.O.D. Tossicologia Forense, Azienda Ospedaliera Careggi e<br />
Dipartimento Anatomia Istologia e Medicina Legale, Università degli Studi di Firenze, 4 UO di <strong>Epidemiologia</strong><br />
– ASL4 Prato<br />
Introduzione. Il ruolo <strong>del</strong> consumo di bevande alcoliche e anche di droghe illegali e di sostanze d'abuso in generale nel<br />
determinismo degli incidenti stradali è documentato da molte pubblicazioni, in particolare nei paesi di lingua inglese e nel<br />
nord Europa. A rendere complessa l'interpretazione <strong>del</strong>la correlazione tra alcol ed incidenti stradali nella realtà italiana è la<br />
diversità <strong>del</strong>le modalità <strong>del</strong> bere nella cultura italiana (assunzione giornaliera e generalmente ai pasti) rispetto alla cultura<br />
anglosassone e nordeuropea (assunzione concentrata nei fine settimana e generalmente fuori dai pasti), diversità che le<br />
recenti tendenze globalizzate <strong>del</strong> mondo giovanile, tendono in parte ad attenuare ma certo non a cancellare. D’altronde la<br />
stessa rilevazione ISTAT sugli incidenti stradali <strong>del</strong> nostro paese, basata sul flusso inviato dalle Forze <strong>del</strong>l’Ordine, stima<br />
intorno allo 0,5-1% <strong>del</strong> totale degli incidenti stradali italiani l’attribuibilità ad alcol e sostanze, una percentuale troppo bassa<br />
dovuta alla difficolta’ di accertare l’avvenuto consumo al momento <strong>del</strong>l’incidente per assenza di strumenti certificatori,<br />
quali l’etilometro.<br />
Metodo. Ars ha condotto una ricerca tra il 2003 e il 2007 sull'associazione fra traumi stradali, e consumo di bevande<br />
alcoliche e sostanze illegali, in cinque Pronti Soccorsi Ospedalieri <strong>del</strong>l'area <strong>del</strong>la provincia fiorentina in un campione di<br />
incidentati stradali. In ogni Pronto Soccorso era presente un medico incaricato per la raccolta dei campioni biologici<br />
(sangue ed urine) previo consenso informato. Sono state inoltre raccolte informazioni riguardo l’evento traumatico ed il<br />
soggetto coinvolto. Il nesso di causalità tra sostanze psicoattive ed incidente stradale era documentato solo dalla presenza a<br />
livello ematico <strong>del</strong>le sostanze (alcol ed altre sostanze psicoattive). Al fine <strong>del</strong>la valutazione di correlazione tra le sostanze<br />
ed il determinismo <strong>del</strong>l’incidente, sono stati ritenuti validi soltanto i campioni raccolti entro tre ore dall’evento.<br />
Risultati. Nella ricerca sono stati contattati al Pronto Soccorso 997 soggetti; circa un quarto di questi ha rifiutato di<br />
partecipare (26,3%). I soggetti che hanno accettato di partecipare allo studio sono stati 735, di cui 62% maschi e 38%<br />
femmine, di età media pari a circa 38 anni. Le positività all’alcol sono state <strong>del</strong> 7,1%: 9,9% nei maschi, 2,5% nelle<br />
femmine. Per le droghe le positività sono state 3,7%; 4,2% per i maschi e 2,9% per le femmine. Il 9,5% <strong>del</strong> campione è<br />
risultato positivo ad alcol e/o droghe: 12,5% nei maschi e 4,6% nelle femmine. La proporzione maggiore di positivi ad alcol<br />
e/o droghe si ha nella fascia di età fra i 46 ed i 55 anni, seguita dalla fascia di età dei 18-25enni (rispettivamente 15,1% e<br />
10,5%). La gran parte <strong>del</strong> campione è costituito da conducenti (circa il 75%). In relazione all’ora di accesso al Pronto<br />
Soccorso, le positività per alcol sono specificatamente legate alle ore serali e notturne; quelle per droga sembrano<br />
interessare in modo consistente anche le ore pomeridiane. La proporzione dei positivi ad almeno una sostanza tra le 0.00 e<br />
le 4.00 risulta essere quasi quattro volte superiore a quella <strong>del</strong> campione. All’interno degli accessi al Pronto Soccorso con<br />
codice rosso o giallo si ha una proporzione maggiore di incidentati positivi ad alcol e/o droghe rispetto alle proporzioni che<br />
si ottengono in accessi con codice meno grave.<br />
Nel week-end, il 16% risulta positivo all’alcol, il 4,3% alle droghe; nei giorni lavorativi, invece, il 4% risultava positivo<br />
all’alcol, il 3,8% alle droghe. Durante il week-end, rispetto ai giorni lavorativi, gli accessi al Pronto Soccorso per incidente<br />
stradale risultano essere più frequentemente positivi al consumo di alcol e/o sostanze (OR=3,047 p=0,000 IC 95% (1,824 -<br />
5,091). Ancora di più, tra le 20.00 e le 6.00, rispetto alle altre ore, gli accessi al Pronto Soccorso risultano essere più<br />
frequentemente positivi al consumo di alcol e/o sostanze (OR=6,377 p=0,000 IC 95% (2,583 - 7,373).<br />
Conclusioni. Nello studio si riscontra una percentuale di incidentati correlati all’uso di sostanze psicoattive ed alcol<br />
inferiore rispetto ai dati <strong>del</strong>la letteratura internazionale, in parte causata da una probabile sottostima dei nostri dati rispetto<br />
alla situazione reale. Infatti, non possiamo non considerare che i rifiuti ottenuti durante la ricerca possano essere associati a<br />
situazioni di assunzione di alcol o di sostanze psicotrope. Pur tenendo presente queste considerazioni, dal nostro studio<br />
risulta che il fenomeno consumo di alcol e droghe correlato agli incidenti stradali riguarda in maggior misura i maschi e si<br />
evidenzia in particolar modo nel week-end e nelle ore notturne. L’analisi per fasce di età conferma che l’alcol è un<br />
problema di tutte le età, non solo dei più giovani, mentre il consumo di droghe è più frequente nelle età giovanili.<br />
[Il testo e/o le figure sono state ridotte perché debordanti dal formato previsto per gli abstract]<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> ambientale – 17 ottobre<br />
16-INQUINAMENTO E DISAGIO AMBIENTALE: EFFETTI SULLA MORTALITA'<br />
DIFFERENZIALE NEL COMUNE DI MESSINA<br />
Altavilla A.M., Mazza A., Mon<strong>del</strong>lo M.<br />
Dipartimento di Economia e Territorio - Facoltà di Economia - Università di Catania<br />
Le associazioni tra livelli di inquinamento e mortalità giornaliera e tra quest’ultima ed il disagio ambientale<br />
sono oggetto di molteplici studi scientifici. In Italia un importante contributo è fornito da Biggeri et al (2001)<br />
che in uno studio multicentrico sugli effetti a breve termine <strong>del</strong>l’inquinamento atmosferico per il periodo 1996-<br />
2002 su 15 città italiane riscontrano, per incrementi di 10 mg/m3 di SO 2 , NO 2 e PM 10 e di 1mg/m 3 di CO, un<br />
aumento <strong>del</strong>la mortalità giornaliera per tutte le cause ed altresì evidenziano come le variazioni percentuali di<br />
mortalità e ricoveri ospedalieri siano più elevate nella stagione calda.<br />
Il presente studio analizza la relazione tra inquinamento, mortalità differenziale e disagio ambientale nel<br />
comune di Messina, città dichiarata ad elevato rischio ambientale per l’emergenza traffico in quanto<br />
caratterizzata dalla presenza di un consistente traffico veicolare sia urbano che extraurbano dovuto al transito<br />
dei mezzi pesanti da e per il continente.<br />
L’obiettivo è fornire separatamente gli eccessi di rischio di mortalità dovuti ad inquinamento atmosferico, ad<br />
effetti climatici ed all’azione congiunta di tali fattori.<br />
L’analisi è basata sui decessi occorsi tra il 2003-2004 nella popolazione residente sia nel loro complesso [ICD<br />
0-999] che per cause specifiche: malattie, <strong>del</strong> sistema circolatorio [ICD 390-459] e <strong>del</strong>l’ apparato respiratorio<br />
[ICD 460-519].<br />
Nel caso in studio, il livello d’inquinamento urbano è determinato mediante la costruzione di un opportuno<br />
indice riferito ad inquinanti atmosferici quali CO, PM 10 ed O 3 rilevati dalle 5 centraline <strong>del</strong>la rete di<br />
rilevamento <strong>del</strong>la Provincia Regionale di Messina, mentre, il disagio ambientale è determinato mediante<br />
l’indice bioclimatico di Thom per gradi Celsius.<br />
I risultati mostrano eccessi di rischio di mortalità per le malattie respiratorie nelle donne rispetto all’Italia, in<br />
particolare per la popolazione in età 35-59. Altresì eccessi di mortalità, nel periodo in esame, vengono rilevati<br />
per le malattie <strong>del</strong> sistema circolatorio e <strong>del</strong>l’apparato respiratorio, sia nelle donne che negli uomini, per valori<br />
non normali <strong>del</strong>l’indice di disagio ambientale di Thom e per alti valori <strong>del</strong>l’indice d’inquinamento.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> ambientale – 17 ottobre<br />
17-AVVIO DEL PROGRAMMA STRATEGICO NAZIONALE “AMBIENTE E SALUTE”<br />
Bertazzi PA 1 , Can<strong>del</strong>a S 2 , Forastiere S 3 , Galassi C 4 , Orlandini S 5 , Iavarone I 6 , Comba P 6<br />
1 Dipartimento di Medicina <strong>del</strong>la Prevenzione, Clinica <strong>del</strong> Lavoro, IRCCS Fondazione Policlinico, Milano, 2<br />
Regione Emilia-Romagna, Azienda USL di Reggio Emilia, 3 Dipartimento di <strong>Epidemiologia</strong>, ASL Roma E,<br />
4 ASO S Giovanni Battista Servizio <strong>Epidemiologia</strong> dei Tumori e CPO Piemonte, 5 Centro Interdipartimentale di<br />
Bioclimatologia Università di Firenze, 6 Reparto <strong>Epidemiologia</strong> ambientale, Dipartimento Ambiente e<br />
Prevenzione Primaria, ISS, Roma<br />
Introduzione. A giugno 2008 è stato avviato il Programma Strategico Nazionale “Ambiente e Salute”,<br />
afferente alla Ricerca Finalizzata 2006 <strong>del</strong> Ministero <strong>del</strong>la Salute. Il Programma riguarda “l’impatto sanitario<br />
associato alla residenza in siti inquinati, in territori interessati da impianti di smaltimento/incenerimento rifiuti<br />
ed alla esposizione ad inquinamento atmosferico in aree urbane”. Esso è suddiviso in sei progetti di ricerca, per<br />
un totale di 41 unità operative.<br />
Il coordinamento scientifico <strong>del</strong> Programma, di cui è responsabile Pietro Comba <strong>del</strong>l’Istituto Superiore di<br />
Sanità (ISS), si inserisce in un percorso di collaborazione collegiale tra i responsabili dei sei progetti di ricerca.<br />
Il Programma si articola su tre principali ambiti tematici: 1) studio degli effetti sulla salute di esposizioni<br />
ambientali in relazione a particolari insediamenti produttivi, energetici o al ciclo dei rifiuti, o più in generale,<br />
nelle aree a rischio ambientale e nei siti di interesse nazionale per le bonifiche, con riferimento alla popolazione<br />
ivi residente; 2) valutazione degli effetti sulla salute <strong>del</strong>l'inquinamento atmosferico e studio <strong>del</strong>le popolazioni<br />
suscettibili; 3) approfondimento <strong>del</strong>le conoscenze sulle relazioni fra condizioni meteorologiche e salute.<br />
Obiettivi. Il principale obiettivo <strong>del</strong> Programma è produrre nuovi elementi conoscitivi utilizzabili nei processi<br />
decisionali <strong>del</strong>la sanità pubblica, con particolare enfasi sull’individuazione <strong>del</strong>le priorità per l'allocazione <strong>del</strong>le<br />
risorse destinate alla prevenzione e al risanamento ambientale. Gli obiettivi sono stati definiti in modo che i<br />
risultati siano trasferibili anche in contesti diversi da quelli di origine, e in riferimento particolare alle strutture<br />
<strong>del</strong> Sistema Sanitario Nazionale. L'unitarietà <strong>del</strong> Programma poggia su tre nozioni: i) approccio<br />
multidisciplinare ai problemi, ii) attivazione di reti di collaborazione fra enti di ricerca e strutture regionali o<br />
locali con competenze istituzionali nelle materie in esame, e iii) costruzione di percorsi che tengano conto degli<br />
indirizzi internazionali e comunitari su questi temi.<br />
Metodi. L’attività di ricerca si fonda sul lavoro di gruppi interdisciplinari che adottano protocolli d’indagine<br />
evoluti ed utilizzati nell’ambito di progetti nazionali e internazionali. Il Programma ha un carattere<br />
“traslazionale”, in quanto allinea competenze e attività che attengono alla ricerca sui meccanismi patogenetici e<br />
alla stima degli impatti sanitari a livello di popolazione, per pervenire anche alla stesura di documenti tecnici<br />
che forniscano basi razionali ai processi decisionali <strong>del</strong>la sanità pubblica. Nel corso <strong>del</strong> Programma di ricerca si<br />
prefigurano incontri periodici di gruppi di lavoro finalizzati a uno scambio di informazioni sulle metodologie<br />
adottate e sullo stato di avanzamento dei lavori.<br />
Risultati. I risultati <strong>del</strong>le singole linee di ricerca verranno prodotti in modo coordinato in relazione alle finalità<br />
e alla tempistica dei diversi progetti e <strong>del</strong>l’intero Programma. Un incontro plenario dei responsabili scientifici<br />
dei sei progetti si svolgerà all'ISS a dicembre, in modo da discutere collegialmente le modalità di<br />
comunicazione dei risultati intermedi e di redigere il rapporto finale <strong>del</strong> primo anno di lavoro da consegnare al<br />
Ministero <strong>del</strong>la Salute a gennaio 2009. Il trasferimento <strong>del</strong> rapporto conclusivo <strong>del</strong> Programma è previsto per<br />
gennaio 2010 e nella primavera <strong>del</strong>lo stesso anno in un convegno pubblico verranno presentati i risultati finali<br />
<strong>del</strong> Programma.<br />
Conclusioni. L’avvio di questo Programma di ricerca, nelle sue articolazioni ed interazioni multicentriche,<br />
rappresenta il primo esempio di finanziamento governativo ad un ampio progetto a carattere nazionale nel<br />
settore ambiente e salute. Il Programma Strategico intende garantire la sinergia <strong>del</strong>l’attività di gruppi di ricerca<br />
italiani che hanno esperienza qualificata sul tema ambiente e salute e produrre evidenze scientifiche che<br />
indirizzino e rafforzino i processi decisionali in sanità pubblica. L’impostazione <strong>del</strong>l’attività e <strong>del</strong>la diffusione<br />
dei risultati è interdisciplinare e multistituzionale, mantenendo l’impegno per la trasferibilità al Servizio<br />
Sanitario Nazionale. L’obiettivo è quello di rendere permanenti oltre il biennio 2008-2009 le attività <strong>del</strong><br />
Programma.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> ambientale – 17 ottobre<br />
18-IL PROGETTO INTERDIPATIMENTALE AMBIENTE-SALUTE DEL CNR<br />
Bianchi F., Cori L.<br />
Istituto di Fisiologia Clinica <strong>del</strong> CNR, Pisa e Roma<br />
Introduzione. In considerazione <strong>del</strong>le strategia e <strong>del</strong> piano d’azione <strong>del</strong>l’UE, dei lavori in corso da parte di gruppi<br />
tecnici europei, <strong>del</strong>le indicazioni nei documenti nazionali strategici e di piano, il Consiglio Nazionale <strong>del</strong>le Ricerche<br />
ha di recente attivato il Progetto Interdipartimentale Ambiente-Salute (acronimo PIAS), per iniziativa dei due<br />
dipartimenti Terra e Ambiente e Medicina.<br />
Il PIAS si propone di sviluppare le conoscenze sulle relazioni tra ambiente e salute adottando un approccio<br />
multidisciplinare, per promuovere la progettazione multisettoriale e internazionale, supportando il lavoro degli Istituti<br />
CNR e consolidando le collaborazioni con altri soggetti di ricerca. In maggior dettaglio il PIAS si propone di: -<br />
sviluppare le conoscenze di base sulle interazioni tra ambiente e salute con particolare riferimento ai destini ecologici<br />
dei principali contaminanti di rilevanza sanitaria e ai connessi meccanismi di perturbazione biologica con impatto<br />
sulla salute umana; - dare indicazioni per la misura, il controllo ed il recupero <strong>del</strong>la qualità ambientale in riferimento<br />
alla salute e per le valutazioni di impatto in tutte le fasi degli interventi tecnico-sanitari, - sperimentare sul campo<br />
indicatori ambiente-salute suggeriti da OMS e UE; - produrre linee guida per attori ai diversi livelli di attività e<br />
responsabilità; - produrre risultati trasferibili alla sviluppo di sistemi per il controllo e monitoraggio <strong>del</strong>l’ambiente e<br />
<strong>del</strong>la salute e al miglioramento <strong>del</strong>la capacità di innovazione <strong>del</strong>l’industria nazionale di settore; - dare supporto<br />
scientifico alla programmazione e alle decisioni, attraverso l’offerta di strumenti utili ai responsabili <strong>del</strong>le politiche<br />
nazionali e regionali di settore; - fornire elementi standardizzati e provati per la comunicazione dei rischi e il<br />
coinvolgimento dei soggetti pubblici e privati interessati ai diversi livelli di decisione e gestione.<br />
Articolazione <strong>del</strong> progetto. Il progetto è articolato in cinque blocchi di attività: 1) Studi su destini ecologici,<br />
meccanismi di perturbazione biologica e salute; 2) Strumenti analitici e metodologici per affrontare le nuove sfide su<br />
ambiente salute; 3) Indagini sul campo; 4) Sviluppo tecnologico e industriale; 5) Informazione, comunicazione e<br />
formazione.<br />
A valle di una chiamata di idee-progetto che ha ottenuto 127 proposte da parte di 41 Istituti CNR, nel primo anno di<br />
attività è stata deciso di attivare cinque gruppi di lavoro (GL): GL1) Destino degli inquinanti, mirato allo studio <strong>del</strong>le<br />
modalità di inquinamento di suolo e acque; GL2) Sistemi di monitoraggio per suoli e acque, mirato al tema <strong>del</strong><br />
monitoraggio ambientale degli inquinanti specifici di suolo e acque con interesse sanitario; GL3) Inquinamento<br />
<strong>del</strong>l’aria outdoor/indoor e salute, con specifico riferimento a relazioni tra inquinamento indoor e outdoor, meccanismi<br />
a livello molecolare, campi promettenti dal punto di vista <strong>del</strong>lo sviluppo di tecnologie, quali la mo<strong>del</strong>listica<br />
previsionale ed i bio-sensori; GL4) Biomonitoraggio umano, mirato all’approfondimento dei biomarcatori di<br />
esposizione e danno precoce e allo studio <strong>del</strong>le relazioni tra indagini epidemiologiche, ricerca tossicologica,<br />
sperimentazioni in vitro e in vivo; GL5) Sistema di sorveglianza ambiente e salute, con sperimentazione di un<br />
sistema di sorveglianza epidemiologica in aree a rischio ambientale.<br />
E’ inoltre prevista la messa a punto di tre studi di fattibilità su “Contaminazione ambientale <strong>del</strong>la catena alimentare”,<br />
“Particelle ultrafini e malattie cardiopolmonari”, “Interferenti endocrini e salute”.<br />
Risultati attesi nel primo anno. Rassegne bibliografiche aggiornate, stato di avanzamento <strong>del</strong>la progettazione di<br />
ricerca a livello internazionale, priorità di ricerca e risorse per la definizione di progetti avanzati, metodologia<br />
multidisciplinare e collaborazione intersettoriale, progetti di fattibilità e studi pilota. Sono previsti workshop per<br />
ciascun gruppo di lavoro e una conferenza PIAS.<br />
Tra le diverse attività, il PIAS pone attenzione particolare al tema <strong>del</strong>le evidenze scientifiche per le politiche, una<br />
<strong>del</strong>le linee prioritarie tra quelle previste dalla V Conferenza interministeriale Ambiente e Salute <strong>del</strong>la Regione<br />
Europea <strong>del</strong>l’OMS, che si svolgerà in Italia nel 2009.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> ambientale – 17 ottobre<br />
19-DISEGNO DI UNO STUDIO DI BIOMONITORAGGIO UMANO UTILIZZANDO I<br />
RISULTATI DEGLI STUDI EPIDEMIOLOGICICI SU SALUTE E RIFIUTI NELLA<br />
REGIONE CAMPANIA E ATTIVITÀ DI COMUNICAZIONE<br />
Bianchi F. 1 , Cori L. 1 e gruppo di lavoro SEBIOREC<br />
1 Unità di <strong>Epidemiologia</strong>, Istituto di Fisiologia Clinica, CNR<br />
Il ciclo di smaltimento dei rifiuti in Campania presenta diverse criticità ambientali e di salute, in un contesto<br />
sociale difficile. Fin dal 1994 la gestione <strong>del</strong> ciclo dei rifiuti è stata affidata ad un commissario governativo.<br />
Nelle province di Napoli e Caserta le autorità competenti avevano identificato nel 2004 più di 1.200 siti di<br />
smaltimento incontrollato di rifiuti, compresi rifiuti pericolosi, nelle zone socio-economicamente più deprivate.<br />
Casi segnalati e studi descrittivi portati avanti dal 2004 suggerivano l’esistenza di eccessi di mortalità e<br />
incidenza di tumori. Nello stesso periodo la Protezione Civile incaricava un gruppo di lavoro di cui facevano<br />
parte OMS, ISS, IFC-CNR, ARPA e Osservatorio Epidemiologico <strong>del</strong>la Regione Campania, di produrre uno<br />
studio su mortalità, incidenza di tumori e malformazioni congenite nelle due province. Partiva così un ciclo di<br />
studi epidemiologici su mortalità e malformazioni congenite in 196 comuni, con aggiustamento per indice di<br />
deprivazione socioeconomica, includente: a) uno studio geografico; b) uno studio sulla tendenza<br />
all’addensamento spaziale (clustering); c) uno studio di correlazione geografica tra esiti di salute e un<br />
indicatore ambientale di pressione da rifiuti, usato come proxi di esposizione, sviluppato attribuendo un<br />
punteggio di pericolosità a 227 siti di maggiori dimensioni, sia legali (89) che illegali (138) e considerando la<br />
popolazione residente all’intorno.<br />
Gli studi mettevano in evidenza aumenti significativi dei tassi per diverse cause di morte e malformazioni, che<br />
si sovrapponevano alle aree con maggiore pericolosità dei siti di smaltimento.<br />
L’indice di pericolosità da rifiuti risultava correlato con l’occorrenza di diversi esiti sanitari.<br />
Per migliorare la conoscenza <strong>del</strong>la effettiva esposizione a rifiuti, i risultati degli studi epidemiologici sono stati<br />
utilizzati per definire una indagine di biomonitoraggio umano (BMU), che comprende l’analisi di metalli<br />
pesanti e composti organici clorurati in sangue e latte materno. Sono state scelte tre aree con diversi indici di<br />
pericolosità da rifiuti (basso, intermedio, alto) e identificato un campione di 900 soggetti adulti residenti in 16<br />
comuni, che vengono analizzati in pool da dieci. La scelta <strong>del</strong> disegno per pool è stata dettata in primo luogo<br />
dall’esigenza di valutare i livelli di esposizione a livello di comunità locali, dalla necessità <strong>del</strong> contenimento dei<br />
tempi e costi analitici e da considerazioni inerenti la comunicazione di risultati.<br />
L’indagine BMU è in corso, i prelievi vengono effettuati dalle sei Asl sul territorio, che hanno messo in piedi<br />
una complessa macchina organizzativa.<br />
Le attività di comunicazione si sono presentate da subito indispensabili, da una parte per la <strong>del</strong>icata situazione<br />
presente in Regione, la forte sensibilità e preoccupazione pubblica sul tema salute e rifiuti, dall’altra per le<br />
specifiche caratteristiche <strong>del</strong> BMU, che lo rendono materia di complessa gestione dal punto di vista <strong>del</strong>la<br />
comunicazione con il pubblico.<br />
I principali elementi da considerare sono: il BMU porta in sé una forte carica emotiva, e quindi reazioni di<br />
allarme nelle comunità interessante, e ciò nonostante c’è scarsa esperienza e ricerca in campo <strong>del</strong>la<br />
comunicazione; in Italia c’è poca consuetudine per questo tipo di studi, che aiutino a capirne il senso e le<br />
motivazioni; in Campania le indagini fatte in proprio da cittadini hanno creato una situazione di allarme e<br />
attesa. E’ importante conoscere la sensibilità, le conoscenze, le aspettative <strong>del</strong>le comunità, con indagini mirate,<br />
che aiutino a creare un dialogo e ad usare le parole più adeguate per consentire la comprensione dei risultati<br />
<strong>del</strong>le ricerca. E’ importante che il gruppo di esperti che forniranno i risultati <strong>del</strong>la ricerca venga affiancato da<br />
esperti di comunicazione, per discutere in profondità le questioni più <strong>del</strong>icate e quelle difficili da capire per il<br />
pubblico, comprese le controversie tra esperti, e individuare assieme le migliori modalità di trasmissione <strong>del</strong>le<br />
informazioni.<br />
La prospettiva complessiva che si pensa di acquisire con l’insieme degli studi descritti e quelli in corso<br />
contribuirà a fornire un corpo di conoscenze senza recedenti per un’area di questo tipo, e potrà contribuire ad<br />
individuare le priorità per il miglioramento <strong>del</strong>le condizioni ambientali e sanitarie.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> ambientale – 17 ottobre<br />
20-L’ATTIVITA’ DI SORVEGLIANZA EPIDEMIOLOGICA A SUPPORTO DEI<br />
CONTROLLI AMBIENTALI: IL “CASO TORCHIAROLO”<br />
Bisceglia L 1 , de Nichilo G 2 , Morabito A 1 , Nocioni A 1 , Spagnolo G 3 , Assennato G 1<br />
1 ARPA Puglia - <strong>Epidemiologia</strong> Ambientale; 2 Gruppo di lavoro RTJS – OER Puglia; 3 Unità Statistica ed<br />
<strong>Epidemiologia</strong> – ASL Brindisi<br />
Introduzione. Nella provincia di Brindisi si riscontrano, in particolare nel comune di Torchiarolo, livelli<br />
elevati di inquinamento atmosferico, con riferimento al PM10, per il quale si registrano numerosi superamenti<br />
dei limiti normativi. Questa situazione determina una condizione di allarme in relazione al possibile impatto<br />
sulla salute nella popolazione interessata dal fenomeno, che ha indotto ARPA Puglia a verificare l’eventuale<br />
fondamento di tale preoccupazione, in considerazione <strong>del</strong>la prossimità di una grande centrale termoelettrica,<br />
che ha il primato italiano <strong>del</strong>le emissioni di anidride carbonica in atmosfera.<br />
Obiettivi. Descrivere il profilo di salute <strong>del</strong>la popolazione residente nei comuni di Torchiarolo, e di altri due<br />
comuni <strong>del</strong>la provincia di Brindisi posti a nord, Ceglie Messapica e Cisternino, ed evidenziare eventuali eccessi<br />
negli indicatori di mortalità per alcune patologie – selezionate tra quelle che la letteratura riporta come<br />
associate all’inquinamento atmosferico – e di incidenza per neoplasie <strong>del</strong>l’apparato respiratorio rispetto agli<br />
analoghi tassi regionali e provinciali.<br />
Metodi. L’indagine ha previsto tre fasi: nella prima, è stata condotta un’analisi <strong>del</strong>la mortalità nel periodo<br />
1981-2001, utilizzando l’Atlante di mortalità su base comunale Cislaghi per il calcolo dei rapporti<br />
standardizzati di mortalità (SMR), attraverso il confronto con i tassi <strong>del</strong>la popolazione regionale .Per lo studio<br />
sono state prese in considerazione 1) tutte le cause di morte “naturale” (codici ICD IX 000-799); tutti i tumori<br />
(ICD IX 140-239); i tumori <strong>del</strong> polmone (codici ICD IX 162); le malattie <strong>del</strong>l’apparato respiratorio (codici ICD<br />
IX 460-519), le Broncopneumopatie cronico-ostruttive o BPCO (codici ICD IX 490-496), le malattie<br />
<strong>del</strong>l’apparato cardiovascolare (codici ICD IX 390-459). La seconda fase è consistita nell’analisi <strong>del</strong>la mortalità<br />
per le medesime patologie negli anni 1998-2006, utilizzando il Registro Nominativo <strong>del</strong>le Cause di Morte<br />
predisposto dalla Unità di Statistica ed <strong>Epidemiologia</strong> <strong>del</strong>la ASL BR e sono stati calcolati tassi di mortalità<br />
standardizzati diretti e indiretti. L’ultimo passo è stato l’analisi <strong>del</strong>l’incidenza di tutti i tumori e dei tumori<br />
<strong>del</strong>l’apparato respiratorio <strong>del</strong> triennio 1999-2001, che sono stati confrontati anche con il dato <strong>del</strong>l’intera<br />
provincia. A questo scopo sono stati utilizzati i dati <strong>del</strong> Registro Tumori Jonico-Salentino (RTJS).<br />
Risultati. In tutte e tre le fasi <strong>del</strong>l’indagine si evidenzia che, mentre il comune di Torchiarolo non manifesta<br />
alcuna criticità consistente con l’ipotesi iniziale di un impatto sulla salute associato agli elevati livelli di<br />
particolato atmosferico, il comune di Ceglie Messapica presenta diversi eccessi di mortalità a partire dalla<br />
seconda metà degli anni ’90 che riguardano tutte le cause, il tumore <strong>del</strong> polmone in entrambi i sessi, le BPCO e<br />
le malattie <strong>del</strong>l’apparato cardiovascolare. Anche i tassi di incidenza mostrano scostamenti in eccesso per tutti i<br />
tumori e per tumore <strong>del</strong> polmone.<br />
Conclusioni. Con i limiti legati all’impiego di dati di mortalità per la valutazione degli effetti<br />
<strong>del</strong>l’inquinamento atmosferico in piccole aree e, in generale, alla possibilità di trarre indicazioni da studi di<br />
epidemiologia descrittiva,i risultati <strong>del</strong>l’indagine portano a ritenere che il profilo di salute <strong>del</strong>le popolazioni<br />
residenti nei comuni di Cisternino e Torchiarolo in termini di mortalità per alcune patologie e di incidenza di<br />
alcune neoplasie non risulti apprezzabilmente influenzato, al momento, dall’esposizione ad inquinamento<br />
atmosferico. Per quanto riguarda Ceglie Messapica, si impone un approfondimento, anche attraverso in prima<br />
battuta l’analisi dei ricoveri ospedalieri. Tuttavia, appare indispensabile contestualmente un’indagine circa un<br />
possibile ruolo di fattori di rischio ambientali, prendendo in considerazione eventuali sorgenti emissive puntuali<br />
e diffuse e valutando l’eventuale impatto di sorgenti remote. Anche a seguito di tali risultati è stata<br />
programmata nel comune di Ceglie Messapica una campagna di monitoraggio <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>l’aria.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> ambientale – 17 ottobre<br />
21-PERCEZIONE DEL RISCHIO E SINDROME AMBIENTALE IDIOPATICA<br />
Cadum E 1 , Demaria M 1 , Chiusolo M 1 , Soldati S 1 , Garabello F 2 , Buratti 3<br />
1 <strong>Epidemiologia</strong> Ambientale, ARPA Piemonte, 2 Dip.to Prevenzione, SISP, ASL TO1, 3 Dip.to Prevenzione,<br />
SPRESAL, ASL To1<br />
Premessa. Diventano numerose le situazioni in cui si rileva un'alterazione <strong>del</strong>la percezione <strong>del</strong> rischio<br />
ambientale in grado di determinare la comparsa di una sintomatologia articolata per la quale è stato coniato il<br />
termine di sindrome ambientale idiopatica. A Torino è in corso uno studio su un gruppo ristretto (N= 183) di<br />
persone residenti entro 300 metri da un teleporto per le telecomunicazioni satellitari, e di lavoratori occupati in<br />
ditte nella stessa area, che hanno manifestato una varietà di sintomatologie dispercettive con l'intento di:<br />
1. Individuare i sintomi ricorrenti più comuni<br />
2. Valutare l'andamento spaziale dei sintomi riferiti<br />
3. Definire la sintomatologia <strong>del</strong>la sindrome ambientale idiopatica nel caso di CEM a radiofrequenza<br />
4. Impostare un possibile percorso terapeutico basato sulla sintomatologia riferita<br />
Materiali e metodi. A Torino, nell'ottobre 2005, in un'area verde precedentemente destinata a giardino, è stato<br />
installato un importante teleporto per le telecomunicazioni satellitari, consistente di 15 antenne paraboliche, di<br />
5 - 6 metri di diametro, con frequenza di lavoro nella banda Ku (12 - 18 GHz) e K (18 - 27 GHz) e potenze<br />
comprese tra 80 W e 303 W. La popolazione residente nei pressi <strong>del</strong>l'installazione, e gli occupati in ditte<br />
presenti nella stessa zona, hanno iniziato a manifestare, a partire dall'anno successivo, disturbi con<br />
sintomatologia aspecifica, ma comuni alla sintomatologia presente in altre indagini condotte in aree simili e<br />
reperite in letteratura. Insieme al Servizio di Igiene Pubblica e allo SPRESAL <strong>del</strong>l'ASL competente per<br />
territorio è stato disegnato uno studio per caratterizzare la sintomatologia presente, valutarne la distribuzione<br />
spaziale, porre le basi per un intervento di mitigazione e psicoterapeutico se necessario.È stata selezionata tutta<br />
la popolazione residente entro 300 metri dal teleporto e tutti gli occupati in ditte presenti nella stessa area. La<br />
distanza è stata definita sulla base <strong>del</strong>la mo<strong>del</strong>listica disponibile da parte <strong>del</strong> servizio regionale per le radiazioni<br />
non ionizzanti che ha caratterizzato l'intensità di campo <strong>del</strong>l'area in studio. La popolazione residente nelle vie e<br />
nei numeri civici individuati nel raggio prescelto è stata fornita dall'anagrafe comunale. L'elenco dei lavoratori<br />
occupati nelle ditte è stato fornito dai responsabili <strong>del</strong>le ditte stesse. Il numero totale di persone residenti è<br />
risultato di 183; gli occupati sono circa 200 (dati incompleti al momento <strong>del</strong>la stesura di questo abstract)A tutti<br />
i residenti è stata inviata dall'ASL Torino 1 una lettera per invitarli a compilare un questionario con un medico<br />
ASL o ARPA per la rilevazione <strong>del</strong>lo stato di salute percepito, dei disturbi più frequentemente riferiti e di altre<br />
esposizioni potenziali rilevanti ai campi elettromagnetici. La popolazione occupata è intervistata sul luogo di<br />
lavoro. Le interviste ai residenti sono condotte presso i locali <strong>del</strong>la circoscrizione o a domicilio quando<br />
richiesto.La rilevazione <strong>del</strong>le informazioni tramite questionari è in corso. L'elaborazione dei risultati avverrà<br />
nel mese di ottobre 2008.<br />
Risultati. A livello preliminare sono stati individuati alcuni sintomi principali tra quelli riferiti con maggiore<br />
frequenza: Allergie<br />
Ansia<br />
Depressione<br />
Difficoltà di concentrazione<br />
Difficoltà di memoria<br />
Disturbi <strong>del</strong> sonno<br />
Irritazione alla pelle<br />
Mal di testa<br />
Sensazione di bruciore alla pelle<br />
Sensazione di caldo alla testa<br />
Stress<br />
Discussione e conclusioni. La sindrome ambientale idiopatica (IEI, idiopathic environmental illness nella<br />
letteratura internazionale) è particolarmente frequente in prossimità di installazioni radio e telefoniche e sono<br />
numerosi gli studi che recentemente cercano di descriverne la sintomatologia e di caratterizzare meglio la<br />
sindrome sotto il profilo medico. La presenza di alterazioni persistenti <strong>del</strong>lo stato di benessere, se comuni a più<br />
persone, è da considerare una patologia a sé stante meritevole di essere considerata e studiata.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> ambientale – 17 ottobre<br />
22-ATTIVITÀ DI COMUNICAZIONE A SUPPORTO DI INDAGINI DI<br />
BIOMONITORAGGIO UMANO<br />
Cori L., Bianchi F, Siciliano T. e gruppo di lavoro Sebiorec<br />
Istituto di Fisiologia Clinica <strong>del</strong> CNR, Pisa e Roma<br />
Introduzione. Per supportare due diversi studi epidemiologici basati su indagini di biomonitoraggio umano<br />
(BMU), oltre ai materiali informativi previsti dalla normativa, dalle norme di buona pratica clinica e dai<br />
principi etici per la ricerca, sono stati preparati un piano di comunicazione e relativi materiali informativi. I<br />
materiali è stati prodotti da IFC-CNR, discussi e approvati dai responsabili e dagli attuatori <strong>del</strong>le ricerche,<br />
approvati dai comitati etici <strong>del</strong>le diverse Asl coinvolte, presentati con appositi moduli formativi e divulgativi.<br />
Obiettivi. Rendere disponibile il materiale informativo e la modulistica, elaborati per due ricerche<br />
epidemiologiche basate su BMU: lo studio SEBIOREC in corso in Campania su commissione <strong>del</strong>la Regione<br />
Campania a Istituto Superiore di Sanità, IFC-CNR, Osservatorio Epidemiologico Regionale e sei Asl Campane;<br />
lo studio SEBIOMAG in corso a Gela, su commissione dalla Regione Siciliana all’Organizzazione Mondiale<br />
<strong>del</strong>la Sanità e affidata a IFC-CNR.<br />
IFC-CNR è responsabile <strong>del</strong> disegno e protocollo di studio, <strong>del</strong>la preparazione dei materiali e <strong>del</strong> supporto alla<br />
comunicazione <strong>del</strong>la ricerca e dei risultati; e a Gela anche <strong>del</strong>le attività di formazione, organizzazione <strong>del</strong><br />
personale incaricato di interviste e prelievi.<br />
Materiali e metodi. I due studi sono in corso dalla fine <strong>del</strong> 2007 e saranno completati nel primo trimestre <strong>del</strong><br />
2009.<br />
Sebbene caratterizzati da motivazioni diverse, entrambe hanno la necessità di materiali informativi e di<br />
supporto a strategie comunicative mirate, accomunate dal tema <strong>del</strong> BMU, che presenta problematiche<br />
comunicative specifiche.<br />
Tutti i materiali preparati sono stati verificati e approvati dal gruppo di coordinamento <strong>del</strong>le due ricerche, man<br />
mano che venivano prodotti, e messi a disposizione secondo le diverse esigenze.<br />
E’ stato elaborato un piano di comunicazione: sulla base <strong>del</strong> mandato viene dettagliata la progettazione<br />
strategica, che include le conoscenze sul territorio, <strong>del</strong> contesto comunicativo e degli interlocutori nelle diverse<br />
fasi <strong>del</strong> lavoro; vengono definiti gli obiettivi di comunicazione, strategici e operativi; viene dettagliata la<br />
progettazione operativa, con le azioni di comunicazione, mirate ad ognuno degli interlocutori individuati. Il<br />
piano specifica: strumenti, contenuti, tempi, risorse e indica le modalità di valutazione <strong>del</strong>le azioni di<br />
comunicazione.<br />
Le principali fasi <strong>del</strong> lavoro di comunicazione risultano essere: 1) quella organizzativa-preparatoria, in cui<br />
vengono prodotti i materiali di base, formati gli operatori, organizzata la logistica; 2) di realizzazione dei<br />
prelievi e di attesa dei risultati; 3) <strong>del</strong>la comunicazione dei risultati.<br />
E’ stato individuato un nome e elaborato un logo, con una immagine riconoscibile.<br />
Sono stati elaborati i materiali utili per la realizzazione dei prelievi: questionario per i donatori; modulo di<br />
consenso informato, per la riservatezza dei dati personali; istruzioni per i prelevatori, per sangue e latte.<br />
L’elaborazione <strong>del</strong> questionario, essenziale per l’interpretazione dei dati analitici, ha previsto la discussione<br />
degli attuatori <strong>del</strong>le ricerche, e una verifica con test per la comprensibilità <strong>del</strong>lo strumento.<br />
Per dare notizia e sollecitare la partecipazione <strong>del</strong>le persone selezionate sono stati messi a punto mo<strong>del</strong>li di<br />
lettera per i medici di famiglia e per le persone selezionate. Per chi partecipa alla ricerca un attestato.<br />
Il materiale informativo consiste in un volantino informativo e nelle FAQ, risposte alle domande più frequenti,<br />
elaborati con una prima selezione di domande (chi, cosa, come, dove, quando e perché) e allargando poi la<br />
consultazione al gruppo di coordinamento e una serie di test di comprensibilità.<br />
Conclusioni. Il set di informazioni prodotte, la raccolta <strong>del</strong>le notizie di contesto, i materiali di<br />
accompagnamento, formano un corpo di conoscenze e hanno rappresentato una crescita metodologica e di<br />
capacità di lavoro in collaborazione, che lanciano prospettive positive per il proseguimento degli studi e<br />
l’accumulo di esperienze nel campo <strong>del</strong>le ricerche di BMU in Italia.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> ambientale – 17 ottobre<br />
23-STUDIO ECOLOGICO DEL SITO DI INTERESSE NAZIONALE PER LE BONIFICHE<br />
“LAGUNA DI GRADO E MARANO”<br />
Ianni E. 1 , Mignozzi K. 2 , Mitis F. 3<br />
1 Dipartimento di Ingegneria civile ed ambientale, Università di Trento, 2 Dipartimento di Biologia, Università<br />
di Trieste<br />
3 Organizzazione Mondiale <strong>del</strong>la Sanità, Centro Europeo Ambiente e Salute, Roma<br />
Introduzione. Questo lavoro presenta il primo studio epidemiologico ecologico all’interno <strong>del</strong> sito di bonifica<br />
di interesse nazionale (SIN) “Laguna di Grado e Marano”. L’area di studio è stata dichiarata SIN dal DM 18<br />
settembre 2001 n. 468 a causa <strong>del</strong>la presenza in quasi tutte le matrici ambientali di alte concentrazioni di<br />
metalli pesanti e idrocarburi policiclici aromatici; nel decreto la laguna viene definita “un’area ad elevata<br />
pericolosità sanitaria ed ambientale”.<br />
Obiettivi. L’obiettivo <strong>del</strong> lavoro è descrivere il profilo di mortalità <strong>del</strong>la popolazione residente nel sito<br />
inquinato nel periodo 1997-2001 ed esaminare l’andamento temporale <strong>del</strong>la mortalità nel ventennio 1981-2001.<br />
Metodi. Le cause di morte prese in esame sono state selezionate per rilevare effetti sanitari derivanti da<br />
esposizioni (occupazionali e ambientali) potenzialmente rilevanti nel SIN. I dati di mortalità, codificati secondo<br />
l’ICD IX, sono stati estratti dall’atlante italiano di mortalità. E’ stato eseguito uno studio di piccola area (5<br />
comuni per una quantità complessiva di 27352 abitanti) applicando statistiche descrittive per tutte le cause<br />
selezionate e approfondimenti analitici di tipo spaziale e temporale per le cause in eccesso statisticamente<br />
significativo. Vengono presentati i rapporti standardizzati di mortalità (SMR) totali e stratificati per le fasce<br />
d’età 0-59 e 60+ e gli SMR aggiustati per deprivazione socioeconomica. Per alcune cause in eccesso vengono<br />
presentate le mappe di SMR, degli stimatori bayesiani empirici (EBR) e gerarchici (BMR) e i risultati <strong>del</strong> test<br />
di eterogeneità spaziale e <strong>del</strong> trend temporale.<br />
Risultati. Si evidenziano eccessi di mortalità non statisticamente significativi per malattie tumorali nel SIN per<br />
entrambi i sessi (+3.4% per gli uomini e +6.9% per le donne) rispetto all’atteso regionale. Si evidenziano<br />
eccessi significativi per il tumore <strong>del</strong> polmone (SMR=125.3) e <strong>del</strong>lo stomaco (SMR=154.1) per gli uomini, e<br />
<strong>del</strong>l’ovaio per le donne (SMR=182.6). L’influenza dei fattori socioeconomici è trascurabile. La distribuzione<br />
spaziale dei rischi è risultata omogenea tra i comuni e non si evidenziano gruppi di comuni a maggior rischio.<br />
Un trend temporale crescente e statisticamente significativo è stato osservato per il tumore <strong>del</strong>l’ovaio (aumento<br />
di rischio <strong>del</strong> 137.2% da un periodo al successivo, p=0.015).<br />
Conclusioni. Si rileva la necessità di approfondimenti a livello sub-comunale e studi di coorte di<br />
incidenza/mortalità per verificare esposizioni professionali che abbiano contribuito agli eccessi di mortalità<br />
tumorale negli uomini. Rispetto alla popolazione femminile, si ritiene necessario un approfondimento mirato a<br />
verificare i meccanismi di sostituzione <strong>del</strong> ferro con inquinanti rilevati nell’area come Cd e Pb, e un’indagine di<br />
monitoraggio biologico <strong>del</strong>la popolazione per valutarne l’effettivo grado di esposizione.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> ambientale – 17 ottobre<br />
24-SENTIERI - STUDIO EPIDEMIOLOGICO NAZIONALE DEI TERRITORI E DEGLI<br />
INSEDIAMENTI ESPOSTI A RISCHIO DA INQUINAMENTO<br />
Iavarone I 1 , Pirastu R 2 , Conti S 3 , Musmeci L 2 , Bianchi F 4 , M. Martuzzi 5 , P. Comba 1<br />
1 Dipartimento Ambiente e Prevenzione Primaria, Istituto Superiore di Sanità, Roma; 2 Università La Sapienza,<br />
Roma; 3 Ufficio di Statistica, Istituto Superiore di Sanità, Roma; 4 Consiglio Nazionale <strong>del</strong>le Ricerche, Pisa;<br />
5 Centro Europeo Ambiente e Salute, Organizzazione Mondiale <strong>del</strong>la Sanità, Roma<br />
Introduzione. Nei paesi membri <strong>del</strong>la European Environment Agency si contano circa 250000 siti di bonifica.<br />
In Italia sono localizzati 15000 siti potenzialmente contaminati di cui più di 4000 da bonificare, e 52 di questi<br />
sono stati definiti Siti di Interesse Nazionale per la bonifica – SIN (DM486, 18/9/2001; DM308, 28/11/2006).<br />
La maggior parte di questi siti presenta fenomeni di contaminazione ambientale associati ad attività industriali<br />
(69%) e di smaltimento incontrollato di rifiuti (29%), sviluppatisi in stretta concomitanza con insediamenti<br />
urbani ad elevata densità abitativa. Nell’ultimo decennio sono state pubblicate indagini epidemiologiche<br />
relative alle aree a rischio ambientale <strong>del</strong>l’intero territorio italiano e <strong>del</strong>la Sicilia e Sardegna; questa nuova<br />
indagine, denominata SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti<br />
a Rischio da Inquinamento), analizza, in modo unitario, il quadro di mortalità nei SIN italiani alla luce <strong>del</strong>le più<br />
recenti evidenze epidemiologiche relative agli effetti <strong>del</strong>le esposizioni ambientali presenti nelle aree in studio.<br />
Lo studio SENTIERI viene condotto e in parte finanziato nell’ambito <strong>del</strong> Programma Strategico Ambiente e<br />
Salute (Ministero <strong>del</strong>la Salute - Ricerca Finalizzata 2006 ex art 12 D.Lgs 502/92).<br />
Obiettivi. Descrivere lo stato di salute <strong>del</strong>le popolazioni residenti nei SIN utilizzando i dati di mortalità. Il<br />
profilo di mortalità viene analizzato tenendo conto <strong>del</strong>la presenza nei siti di una o più <strong>del</strong>le seguenti sorgenti di<br />
contaminazione: impianti di produzione/utilizzo di sostanze chimiche eterogenee, impianti di<br />
produzione/utilizzo di singole sostanze chimiche; poli petrolchimici, raffinerie, industrie siderurgiche, centrali<br />
elettriche, miniere e/o cave, aree portuali, discariche).<br />
Metodi. SENTIERI analizza la mortalità nelle popolazioni residenti nei comuni afferenti a 44 SIN italiani.<br />
L’analisi, distinta nei due generi, copre gli anni 1995-2002 (ultimo anno reso disponibile dall’ISTAT all’avvio<br />
<strong>del</strong> progetto), ed è in continuità con la precedente indagine sulle aree ad elevato rischio di crisi ambientale<br />
relativa al periodo 1990-94 (Martuzzi et al., 2002). Lo studio utilizza la Base di Dati sulla Mortalità <strong>Italiana</strong>,<br />
elaborata dall’Ufficio di Statistica <strong>del</strong>l’Istituto Superiore di Sanità sui dati ufficiali ISTAT, IX Classificazione<br />
Internazionale <strong>del</strong>le Cause di Morte. Le cause selezionate per l’analisi sono 55, quelle ritenute informative ai<br />
fini <strong>del</strong>la descrizione <strong>del</strong> possibile impatto sanitario di esposizioni ad agenti inquinanti presenti nell’area di<br />
residenza. Vengono considerate, oltre alla mortalità generale e per tutti i tumori (descritti per alcune specifiche<br />
sedi) anche le più rilevanti cause di morte non tumorali; per una selezione di cause di morte verranno studiate<br />
anche le classi di età fino a 1 anno e fino a 14 anni. Nell’insieme dei comuni afferenti ad ogni sito, per ciascuna<br />
<strong>del</strong>le cause selezionate, verranno calcolati i tassi di mortalità grezzi e standardizzati per età, utilizzando come<br />
popolazione di riferimento quella italiana al Censimento 2001, ed i Rapporti Standardizzati di Mortalità (SMR),<br />
utilizzando come riferimento le popolazioni regionali. I tassi e gli SMR saranno accompagnati dai relativi<br />
Intervalli di Confidenza al 95%. Per alcune cause di decesso e/o per alcuni SIN saranno condotti<br />
approfondimenti di analisi quali il calcolo degli SMR utilizzando un indice di deprivazione costruito ad hoc,<br />
l’analisi <strong>del</strong>la distribuzione spaziale tramite l’applicazione degli stimatori Bayesiani gerarchici, l’analisi dei<br />
cluster e l’analisi <strong>del</strong>l’andamento temporale <strong>del</strong>la mortalità nel periodo 1970-2002.<br />
Risultati. Per i sette siti caratterizzati dalla presenza di un polo petrolchimico (Porto Torres, Brindisi, Gela,<br />
Laghi di Mantova e Polo Chimico, Massa Carrara, Priolo e Porto Marghera) verranno presentati i risultati in<br />
termini di SMR per il periodo 1995-2002.<br />
Conclusioni. SENTIERI è la prima indagine che descrive la mortalità nei SIN italiani adottando una<br />
definizione a priori di sito contaminato. L’approccio di ricerca multidisciplinare, condiviso e standardizzato<br />
favorirà la lettura dei risultati finalizzata ad implementare adeguate politiche di sanità pubblica.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> ambientale – 17 ottobre<br />
25-PARTICOLATO FINE AMBIENTALE INFILTRATO E GENERATO NELLE<br />
ABITAZIONI DI RESIDENTI A FIRENZE, NON FUMATORI E NON ESPOSTI A FUMO<br />
PASSIVO<br />
Mallone S 1 , Chellini E 1 , Fon<strong>del</strong>li MC 1 , Gasparrini A 1 , Cenni I 2 , Nava S 3 , Seniori Costantini A 1 , Hanninen O 4 ,<br />
Jantunen M 4<br />
1 U.O. <strong>Epidemiologia</strong> Ambientale-Occupazionale, Istituto Scientifico di Prevenzione Oncologica, Firenze,<br />
2 Unità di Tossicologia Occupazionale e Igiene Industriale - Laboratorio di Salute Pubblica, ASL 10 Firenze,<br />
3 Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) – Sezione di Firenze, 4 Sezione di <strong>Epidemiologia</strong> Ambientale –<br />
Istituto Nazionale di Salute Pubblica, Kuopio- Finlandia<br />
Introduzione. Molti studi epidemiologici mostrano un’associazione tra l’esposizione al particolato (PM) in aree urbane e un aumento <strong>del</strong>la<br />
mortalità per malattie cardiocircolatorie e respiratorie e una riduzione <strong>del</strong>le funzioni polmonari. L’esposizione al PM, fin dai primi studi<br />
trasversali, è stimata sulla base <strong>del</strong>le concentrazioni monitorate da postazioni fisse. Per ricostruire l’esposizione individuale più<br />
accuratamente, è necessario anche conoscere le concentrazioni di PM nei diversi microambienti (abitazione, posto di lavoro, mezzi di<br />
trasporto) in cui le persone trascorrono gran parte <strong>del</strong>la loro giornata. Scopo di questo lavoro è calcolare il particolato fine (PM 2.5 )<br />
ambientale infiltrato e generato indoor nelle abitazioni di residenti a Firenze, non fumatori e non esposti a fumo passivo. Lo studio, che fa<br />
parte <strong>del</strong> progetto HEARTS (Health Effects And Risks of Transport Systems) finanziato dalla Comunità Europea e coordinato dal Centro<br />
Europeo per la Salute e l’Ambiente <strong>del</strong>l’OMS, si poneva l’obiettivo generale di sviluppare/testare una metodologia per la valutazione<br />
integrata <strong>del</strong>l’impatto sulla salute <strong>del</strong>le politiche di trasporto urbano e uso <strong>del</strong> territorio.<br />
Materiali e metodi. Tra il 30/10 ed il 22/12 <strong>del</strong> 2004 sono state<br />
campionate, con il metodo gravimetrico, le concentrazioni<br />
medie giornaliere di PM 2.5 <strong>del</strong>le abitazioni di 38 volontari non<br />
fumatori (21-67 anni) residenti a Firenze. Un questionario ha<br />
raccolto le informazioni relative alle caratteristiche <strong>del</strong>le<br />
residenze, agli spostamenti effettuati da parte <strong>del</strong> soggetto<br />
reclutato nell’arco <strong>del</strong> periodo di campionamento, alle attività<br />
svolte dal nucleo familiare in casa, nonché alle abitudini al fumo<br />
dei singoli componenti. Dall’analisi elementale <strong>del</strong> particolato<br />
abbiamo ottenuto la concentrazione di Zolfo, abitualmente<br />
utilizzato come marcatore <strong>del</strong> PM 2.5 outdoor. Sulla base <strong>del</strong>le<br />
procedure di EXPOLIS (Exposures of Adult Urban Populations<br />
in Europe Study), è stato calcolato il fattore di infiltrazione <strong>del</strong>lo<br />
Zolfo (rapporto tra Zolfo indoor e outdoor) aggiustato per un<br />
coefficiente (rapporto tra il coefficiente di regressione <strong>del</strong> PM 2.5<br />
Tempo speso per luogo<br />
% su 24h<br />
68 18 10<br />
0% 20% 40% 60% 80% 100%<br />
casa lavoro all'aperto altro nel traffico<br />
% of time<br />
indoor e outdoor e il coefficiente di regressione <strong>del</strong>lo Zolfo indoor e outdoor) che tiene conto <strong>del</strong>la diversa capacità di penetrazione e<br />
velocità di decadimento tra Zolfo e PM 2.5 . E’ stato infine calcolato il tasso di scambio <strong>del</strong>l’aria, le medie <strong>del</strong> PM 2.5 ambientale infiltrato e<br />
generato indoor nelle abitazioni non esposte a fumo passivo (Non-ETS).<br />
Risultati e conclusioni. L’analisi <strong>del</strong> tempo speso da parte dei volontari<br />
nelle 24h, mostra che circa il 68% è stato trascorso in casa. Conoscere la<br />
qualità <strong>del</strong>l’aria all’interno degli ambienti chiusi assume quindi<br />
un’importanza notevole.<br />
Il fattore di infiltrazione <strong>del</strong> PM 2.5 è in media 0.54 (n=23, SD=0.1). Il tasso<br />
di scambio <strong>del</strong>l’aria è 0.48 h -1 (n=23, SD=0.2 h -1 ), posto un coefficiente di<br />
penetrazione pari ad 1 e un tasso di decadimento <strong>del</strong> particolato pari 0.39 h -1<br />
come da studi americani.L’analisi è stata ristretta alle residenze con<br />
entrambe le misure indoor e outdoor per PM 2.5 e Zolfo, con fattore di<br />
infiltrazione <strong>del</strong>lo Zolfo minore di 1. La forza di generazione <strong>del</strong> PM 2.5 1.1<br />
mg h -1 (n=15, SD=1.0 mg h -1 ).<br />
L’esposizione a fumo passivo aumenta in modo significativo (p=0.01) la<br />
media di PM 2.5 indoor. Il 56% <strong>del</strong> PM 2.5 outdoor è infiltrata nelle abitazioni.<br />
Il PM 2.5 generato indoor è pari al 28% <strong>del</strong>la concentrazione di PM 2.5 indoor.<br />
I risultati, consistenti con la letteratura esistente, sottolineano l’importanza<br />
<strong>del</strong>la riduzione in primis <strong>del</strong>l’esposizione a fumo passivo, poi <strong>del</strong><br />
contenimento <strong>del</strong> PM 2.5 outdoor e/o di un miglioramento <strong>del</strong>l’areazione<br />
<strong>del</strong>le abitazioni. Su questo lavoro è in corso un ulteriore approfondimento<br />
per individuare le possibili fonti di generazione indoor <strong>del</strong> PM 2.5 .<br />
Concentrazioni residenziali di PM 2.5 e Zolfo<br />
Concentrazioni<br />
n media ± SD range<br />
Analisi complessiva<br />
Zolfo (ng m -3 )<br />
Outdoor 29 815,50± 451,16 261,62 - 1959,95<br />
Indoor 34 671,36± 326,29 177,76 - 1677,38<br />
PM 2.5 ( g m -3 )<br />
Outdoor 29 27,9 ± 24,3 8,2 - 104,1<br />
Infiltrato 23 15,5 ± 13,6 3,6 - 59,2<br />
Indoor 34 30,7 ± 20,2 5,4 - 78,6<br />
ETS 10 42,5 ± 25,0 10,7 - 78,6<br />
ETS-free 24 25,8 ± 16,0 5,4 - 60,3<br />
Analisi ristretta<br />
PM 2.5 ( g m -3 )<br />
Indoor 15 20,5 ± 15,4 5,4 - 60,3<br />
Infiltrato 14,7 ± 15,5 4,4 – 59,2<br />
Generato 5,8 ± 4,3 0,1 - 13,2<br />
[Il testo e/o le figure sono state ridotte perché debordanti dal formato previsto per gli abstract]<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> ambientale – 17 ottobre<br />
26-STUDIO EPIDEMIOLOGICO SULL'ESPOSIZIONE MATERNO-INFANTILE A<br />
MERCURIO DI ORIGINE AMBIENTALE NEL MEDITERRANEO<br />
Mariuz M*, Little D*, Valent F*, Vecchi L § , Mazej D , Horvat M , Parpinel M*, Tamburlini G § , Barbone F*<br />
* Cattedra di Igiene ed <strong>Epidemiologia</strong>, DPMSC, Università di Udine, § IRCCS Burlo Garofolo, Trieste,<br />
Jožef Stefan Institute, Ljubljana<br />
Introduzione. La neurotossicità prenatale <strong>del</strong> mercurio (Hg) è nota ma i numerosi studi compiuti non hanno<br />
portato a conclusioni inequivocabili nella descrizione <strong>del</strong>la curva dose-risposta soprattutto relativamente<br />
all’ingestione di dosi di Hg al disotto dei 10 mg/kg. Studi ambientali compiuti nelle lagune di Marano e Grado<br />
tra il 1976 ed il 1996 hanno evidenziato un inquinamento da Hg proveniente dagli insediamenti industriali e<br />
dalla miniera di Idrija (Slovenia). Questo progetto di ricerca si sviluppa all’interno <strong>del</strong> Progetto PHIME<br />
(www.phime.org) ed ha come obiettivo principale quello di valutare la relazione tra l’esposizione prenatale alla<br />
forma organica <strong>del</strong> mercurio (metilmercurio, MeHg) attraverso l’alimentazione materna e lo sviluppo<br />
neurologico dei bambini. Tramite uno studio di coorte prospettico verranno reclutate quattro coorti in diverse<br />
aree <strong>del</strong> Mediterraneo per un totale di circa 850 coppie madre/figlio che si possano definire “esposte” ovvero<br />
donne nei cui capelli si saranno rilevate concentrazioni di mercurio totale (THg) uguali o superiori a 2 μg/g ed<br />
altrettante “non esposte” (concentrazioni di THg inferiori a 2 μg/g).<br />
Obiettivi. L’obiettivo di questo lavoro è presentare lo stato attuale <strong>del</strong> reclutamento di una <strong>del</strong>le due coorti<br />
italiane partecipanti al progetto ed alcuni risultati preliminari relativi al contenuto di THg nei capelli <strong>del</strong>le<br />
donne.<br />
Metodi. Il reclutamento <strong>del</strong>la coorte italiana, iniziato nell’aprile <strong>del</strong> 2007, è coordinato dall’Istituto di Igiene ed<br />
<strong>Epidemiologia</strong> <strong>del</strong>l’Università di Udine e si svolge presso l’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste; possono essere<br />
arruolate tutte le donne gravide residenti in Friuli Venezia Giulia da almeno 2 anni, maggiorenni, prive di<br />
patologie che possano influire sullo sviluppo neurologico dei loro bambini. Alle donne reclutate vengono<br />
somministrati due questionari volti ad indagare abitudini alimentari, esposizioni ambientali e occupazionali e<br />
vengono prelevati i seguenti campioni biologici: capelli, sangue, urina, sangue e tessuto <strong>del</strong> cordone ombelicale<br />
e latte. All’interno dei campioni prelevati vengono determinate le concentrazioni dei due principali biomarkers<br />
per valutare la contaminazione alimentare da Hg ovvero MeHg e THg. All’età di 18 mesi i bambini verranno<br />
sottoposti ad una visita medico-neurologica, verrà loro prelevato un campione di capelli e sarà loro<br />
somministrato un test per la valutazione <strong>del</strong>lo sviluppo neuro-psicologico (Bayley Scales of Infant<br />
Development II). I risultati ottenuti nel test di sviluppo saranno messi in relazione con le abitudini alimentari e<br />
lo stile di vita materno, eventuali esposizioni ambientali-occupazionali e con le concentrazioni dei contaminanti<br />
rilevate nei campioni biologici analizzati. I primi test neurologici saranno effettuati a partire da gennaio 2009.<br />
Risultati. Dal 1° aprile 2007 al 14 luglio 2008 risultano arruolate per lo studio 606 donne, di cui 74 ritirate:<br />
sono stati raccolti 606 campioni di capelli e di sangue venoso materno e 498 campioni di urina. Le donne<br />
arruolate che hanno partorito sono 347 e di queste sono stati prelevati 252 campioni di sangue <strong>del</strong> cordone e<br />
314 di tessuto <strong>del</strong> cordone. I campioni di capelli raccolti dopo il parto sono stati 272. Il contenuto di THg<br />
rilevato in 322 campioni di capelli materni è risultato inferiore a 2000 ng/g per l’89.13% e inferiore a 1000 per<br />
il 60.25% <strong>del</strong>le donne. Tra queste donne il 45,73% ha consumato almeno 3 porzioni (150 g) settimanali di<br />
pesce, il 42,68% 1 o 2 porzioni e l’11,59% meno di 1 porzione.<br />
Conclusioni. La conclusione <strong>del</strong> reclutamento è prevista per l’inizio <strong>del</strong> 2009. La partecipazione allo studio<br />
avrà una importante ricaduta in termini di salute pubblica, poiché l’analisi dei dati raccolti in relazione alle<br />
abitudini alimentari, all’ambiente familiare ed alle esposizione al MeHg attraverso il consumo di pesce<br />
proveniente dal Golfo di Trieste permetterà ai ricercatori di orientare le future mamme con informazioni precise<br />
e consigli mirati riguardanti l’alimentazione da adottare nel corso <strong>del</strong>la gravidanza.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> ambientale – 17 ottobre<br />
27-SENTIERI - STUDIO DELLA MORTALITÀ NEI SITI DI INTERESSE NAZIONALE<br />
PER LE BONIFICHE: APPROFONDIMENTI METODOLOGICI<br />
Mitis F 1 , Fazzo L 2 , Minichilli F 3 e Gruppo di Lavoro SENTIERI*<br />
1 Organizzazione Mondiale <strong>del</strong>la Sanità, Centro Europeo Ambiente e Salute, Roma , 2 Istituto Superiore di<br />
Sanità, Reparto di <strong>Epidemiologia</strong> Ambientale, Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria,<br />
Roma,<br />
3 Consiglio Nazionale <strong>del</strong>le Ricerche, Istituto di Fisiologia Clinica, Sezione di <strong>Epidemiologia</strong>, Pisa<br />
*C Ancona, V Ascoli, M Bellino, M Benedetti, F Bianchi, A Binazzi, C Bruno, C Carboni, S Conti, S D’Ottavi,<br />
P De Nardo, M De Santis, F Falleni, V Fano, L Fazzo, F Forastiere, I Iavarone, M Leonardi, A Marinaccio, M<br />
Martuzzi M, G Minelli, F Minichilli, F Mitis, L Musmeci, RPasetto, A Piccardi, R Pirastu, G Rago, A Scarselli,<br />
N Vanacore, A Zona.<br />
Introduzione. SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a<br />
Rischio da Inquinamento) si svolgerà attraverso più fasi d’analisi. La prima, in corso di completamento,<br />
comprende la caratterizzazione ambientale di 44 dei 52 siti definiti di interesse nazionale per le bonifiche (SIN)<br />
dalla normativa nazionale e lo studio <strong>del</strong>lo stato di salute <strong>del</strong>le popolazioni ivi residenti utilizzando dati ISTAT<br />
di mortalità comunale (1995-2002). Le 55 cause di morte analizzate sono state scelte alla luce dei risultati <strong>del</strong>le<br />
precedenti indagini nelle aree a rischio e <strong>del</strong>le più recenti evidenze epidemiologiche sugli effetti <strong>del</strong>le<br />
esposizioni ambientali e occupazionali. Una prima analisi di mortalità include, per ogni sito, il numero dei<br />
decessi, il calcolo dei tassi di mortalità grezzi e standardizzati per età (popolazione standard nazionale), e dei<br />
rapporti standardizzati di mortalità (SMR) calcolati con gli attesi regionali. Le analisi sono condotte per genere<br />
e per la popolazione totale.<br />
Obiettivo. Approfondire lo studio <strong>del</strong>la distribuzione spaziale <strong>del</strong>la mortalità a livello comunale in alcune aree<br />
e identificare eventuali aggregati comunali con eccessi di mortalità all’interno di ogni SIN selezionato.<br />
Metodi. Un primo approfondimento riguarda quattro SIN (Casale Monferrato, Litorale Domizio Flegreo e<br />
Agro Aversano, Litorale Vesuviano, e Sulcis-Iglesiente Guspinese).<br />
I criteri di esclusione dei siti sono stati: (i) il numero esiguo di comuni e/o (ii) la loro dislocazione geografica.<br />
Per ogni SIN saranno analizzate la mortalità generale, i tumori totali, le cause risultate in eccesso significativo<br />
nell’analisi descrittiva e quelle per cui esistono ipotesi a priori di possibili associazioni con esposizioni a<br />
sostanze che si presumono presenti nel SIN.<br />
L’analisi <strong>del</strong>la distribuzione <strong>del</strong> rischio di mortalità sarà effettuata attraverso gli stimatori bayesiani gerarchici<br />
(BMR). L’analisi consentirà di esaminare la distribuzione spaziale <strong>del</strong>la mortalità considerando il numero di<br />
casi in ogni comune e quelli nei comuni confinanti, utilizzando una matrice <strong>del</strong>le adiacenze comunali. Con un<br />
mo<strong>del</strong>lo autoregressivo di convoluzione spaziale i rischi comunali verranno stimati con procedure iterative<br />
Monte Carlo che correggono gli eccessi di rischio basati su pochi casi verso una media locale calcolata con il<br />
contributo <strong>del</strong> rischio dei comuni adiacenti. L’analisi bayesiana fornirà un’informazione supplementare<br />
sull’eterogeneità <strong>del</strong> rischio nel SIN. L’eterogeneità potrà essere distinta in una componente dovuta a fattori<br />
casuali (variabilità poissoniana) e in una attribuibile alla struttura spaziale (variabilità extra poissoniana) dei<br />
rischi comunali. Gli SMR e i BMR saranno mappati tramite GIS. L’analisi dei cluster sarà effettuata mediante<br />
la tecnica Spatial Scan Statistic di Kulldorff. Il metodo è basato sullo spostamento di una finestra ellittica con<br />
assi variabili su tutto il territorio in studio; il valore massimo <strong>del</strong> raggio verrà prefissato in base all’ampiezza e<br />
alle caratteristiche <strong>del</strong> SIN. Il metodo identifica gli aggregati comunali con SMR più elevato e seleziona quelli<br />
statisticamente significativi in base al test di likelihood ratio. La mortalità attesa è calcolata utilizzando come<br />
riferimento il tasso <strong>del</strong>l’intero SIN. Ogni comune è rappresentato dalle coordinate cartesiane <strong>del</strong> Municipio,<br />
perché questo rappresenta nella maniera meno distorta la densità di popolazione comunale. I cluster saranno<br />
visualizzati in mappe contenenti tutti i comuni <strong>del</strong> SIN. Le analisi saranno effettuate per la totalità <strong>del</strong>la<br />
popolazione e per genere.<br />
Conclusione. I risultati di queste analisi, pur con i limiti propri degli studi geografici a livello comunale,<br />
forniranno indicazioni sulla eventuale presenza di subaree con eccessi di mortalità all’interno dei singoli siti.<br />
Per le aree evidenziate eventuali correlazioni tra eventi sanitari e indicatori di esposizioni ambientali potranno<br />
essere approfondite con studi analitici ad hoc.<br />
Lo studio SENTIERI viene condotto e in parte finanziato nell’ambito <strong>del</strong> Programma Strategico Ambiente e<br />
Salute (Ministero <strong>del</strong>la Salute - Ricerca Finalizzata 2006 ex art 12 D.Lgs 502/92).<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> ambientale – 17 ottobre<br />
28-UN ARCHIVIO DI DATI SANITARI PER IL PIANO INTEGRATO DI SALUTE (PIS) DI<br />
UN’AREA CRITICA DELLA TOSCANA: L’ALTA VAL DI CECINA<br />
Romanelli AM, Bartolacci S*, Mariani S^, Protti MA, Salvadori P^, Tacconi G^, Vigotti MA °, Bianchi F<br />
CNR, IFC, Sezione <strong>Epidemiologia</strong> e Ricerca sui Servizi Sanitari, Pisa, * Agenzia Regionale <strong>del</strong>la Sanità, ARS,<br />
Firenze, ^ ASL 5, Società <strong>del</strong>la Salute “Alta Val di Cecina”, Volterra, ° Università di Pisa - Dipartimento<br />
Scienze Uomo e Ambiente<br />
Introduzione. L’area geografica “Alta Val di Cecina”, in provincia di Pisa, è un’area di criticità <strong>del</strong>la Toscana<br />
essendo caratterizzata da un sottosuolo geotermicamente attivo con attività lavorative nella chimica, produzione<br />
di energia, estrazione di minerali. Include i comuni di Volterra, Pomarance, Montecatini Val di Cecina,<br />
Castelnuovo Val di Cecina, per un totale di 20.000 residenti. Uno studio preliminare sull’Alta Val di Cecina,<br />
aveva evidenziato che tra tutte le cause di morte certificate nel periodo 1970-2004, alcune risultavano avere un<br />
impatto più elevato o in controtendenza rispetto alla mortalità media regionale (tumori: stomaco, colon, laringe,<br />
trachea-bronchi-polomone, melanoma, vescica, ovaio, linfoma no-Hodgkin; malattie: cardiovascolari,<br />
ipertensione, altre <strong>del</strong> cuore, urinarie). Una analisi tra i comuni <strong>del</strong>l’area nel periodo 1996-2004 aveva<br />
evidenziato, inoltre, differenze di genere, differenze tra comuni e tra zone (urbane, non-urbane) per alcuni<br />
tumori (colon, laringe, ovaio, linfoma no-Hodgkin) ed alcune malattie (ipertensione, urinarie, respiratorie).<br />
Obiettivi. Sulla base dei segnali emersi è stato promosso dalla Società <strong>del</strong>la Salute “Alta Val di Cecina” in<br />
collaborazione con IFC-CNR ed ARS Toscana, il Progetto “Studio di approfondimento sullo Stato di Salute nei<br />
Comuni <strong>del</strong>l’Alta Val di Cecina”, finanziato dalla fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, con l’obiettivo di<br />
approfondire la salute <strong>del</strong>le popolazioni residenti, identificare sub-aree comunali ed elementi critici su cui<br />
progettare studi analitici specifici ed azioni di prevenzione. Lo studio prevede la costruzione di un sistema<br />
epidemiologico integrato (SEI) mediante linkage di fonti sanitarie e fonti anagrafiche dei residenti nell’Alta Val<br />
di Cecina e successivamente l’analisi statistica ed epidemiologica dei dati elaborati, resi anonimi.<br />
Materiali e metodi. Per la costruzione <strong>del</strong> SEI sono stati utilizzati i dati sanitari di mortalità (RMR) e di<br />
morbosità (SDO) ed i dati anagrafici dei residenti nei comuni <strong>del</strong>l’Alta Val di Cecina. I Comuni interessati non<br />
possiedono mappe vettoriali digitalizzate a livello di numero civico pertanto nell’impossibilità di costruire un<br />
sistema GIS e fare analisi a questo livello di dettaglio si è ricorsi alle sezioni di censimento. A tal proposito è<br />
stato necessario acquisire anche i dati toponomastici e le tabelle di corrispondenza tra viari e sezione di<br />
censimento di appartenenza.<br />
E’ stato scelto il periodo 1999-2006 in quanto è risultato il periodo in cui tutte le fonti informative coinvolte<br />
sono risultate informatizzate. La procedura di Record Linkage verrà effettuata mediante un software eseguibile<br />
(EPIDPISA) già ampiamente sperimentato dall’Istituto CNR in altre indagini epidemiologiche ed in grado di<br />
operare, con dati di buona qualità, con alte percentuali di linkage. Il link verrà fatto separatamente per anno<br />
integrando l’archivio anagrafico dei comuni ai dati di mortalità RMR ed ai dati <strong>del</strong>le SDO dei residenti.<br />
Discussione sulle criticità: difficoltà incontrate nel realizzare un SEI in piccoli comuni. L’acquisizione<br />
<strong>del</strong>le variabili anagrafiche dei residenti si è rivelata la fase più problematica <strong>del</strong> processo. Non tutte le anagrafi<br />
dispongono di software adeguati e/o risorse di personale specializzato pertanto abbiamo dovuto guidare le<br />
operazioni di estrazione fornendo tracciati records di riferimento e linee guida dettagliate.In questa fase sono<br />
emerse alcune criticità per tutti i comuni (residenti privi di codice via di residenza, residenti privi di codice<br />
fiscale o di dati anagrafici), criticità successivamente risolte ma che hanno richiesto molto tempo (1 anno).Le<br />
maggiori difficoltà si sono riscontrate nella messa a punto di un archivio storicizzato.Le singoli anagrafi<br />
comunali, infatti, hanno messo a disposizione <strong>del</strong>le fotografie annuali dei residenti e separatamente i movimenti<br />
anagrafici (emigrazione, immigrazione, morti e nati) per ogni anno. In questo modo è stata ricostruita<br />
un’anagrafe, integrata e storicizzata che permette di valutare la storia residenziale dei soggetti all’interno <strong>del</strong><br />
comune stesso evidenziando anche gli eventuali cambi di residenza intracomunali per attribuire correttamente i<br />
casi sul territorio.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> ambientale – 17 ottobre<br />
29-EFFETTO DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO SULLA SALUTE<br />
A BRINDISI<br />
Serinelli M 1 , Gianicolo E A L 1 , Cervino M 2 , Mangia C 2 , Vigotti M A 3,4<br />
1 Istituto di Fisiologia Clinica, Consiglio Nazionale <strong>del</strong>le Ricerche, Lecce; 2 Istituto di Scienze <strong>del</strong>l'Atmosfera e<br />
<strong>del</strong> Clima, Consiglio Nazionale <strong>del</strong>le Ricerche, Lecce; 3 Dipartimento di biologia, Università di Pisa ; 4 Istituto<br />
di Fisiologia Clinica, Consiglio Nazionale <strong>del</strong>le Ricerche, Pisa<br />
Introduzione. Fin dalla seconda metà degli anni ’80 la città di Brindisi ed alcuni comuni <strong>del</strong>la provincia sono<br />
stati classificati dal Ministero per l’Ambiente in un’area definita “ad elevato rischio di crisi ambientale”, per<br />
via <strong>del</strong>la compresenza di uno stabilimento petrolchimico, di centrali termoelettriche alimentate a carbone e a<br />
gas naturale, di industrie metallurgiche, farmaceutiche, di un porto e di discariche abusive.<br />
Studi di epidemiologia effettuati nel comune di Brindisi e nei comuni <strong>del</strong>l’area a rischio hanno rilevato eccessi<br />
di mortalità attribuibili all’esposizione ambientale od occupazionale (Bertollini et al., 1997; Belli et al., 2004,<br />
Gianicolo et al., 2008).<br />
Negli ultimi due decenni si è intensificata l’attività scientifica orientata a valutare effetti acuti e cronici sulla<br />
salute umana degli inquinanti presenti in atmosfera (Martuzzi et al., 2006).<br />
Obiettivi. Valutare, per i cittadini residenti nella città di Brindisi, l’associazione esistente tra la concentrazione<br />
di alcuni inquinanti atmosferici (particolato atmosferico - PM 10 , Ozono, Monossido di carbonio, Biossido di<br />
zolfo e di azoto) sia con la mortalità per cause naturali, cardiovascolari e respiratorie e sia con i ricoveri per<br />
cause cardiache, cerebrovascolari e respiratorie.<br />
Materiali. Le serie giornaliere utilizzate si riferiscono agli anni 2003-2006. Nella loro costruzione si è fatto<br />
riferimento al protocollo <strong>del</strong>la Metanalisi <strong>Italiana</strong> degli Studi sugli effetti a breve termine <strong>del</strong>l’inquinamento<br />
Atmosferico MISA-2 (Biggeri et al., 2004).<br />
I dati ambientali sono stati forniti dalla Provincia di Brindisi. È stata ricavata una stima omogenea<br />
<strong>del</strong>l’esposizione outdoor <strong>del</strong>la popolazione, attraverso l’analisi rigorosa dei monitor situati nel capoluogo<br />
brindisino. In particolare, attraverso la valutazione <strong>del</strong> coefficiente di correlazione di Pearson, <strong>del</strong> coefficiente<br />
di concordanza di Lin e <strong>del</strong> coefficiente di correlazione tra differenza e media calcolati fra le serie dei monitor,<br />
si è ricostruita una serie di medie giornaliere di dati ambientali che avesse la proprietà di rendere minima la<br />
distorsione derivata dall’uso <strong>del</strong>la media di misurazioni ambientali piuttosto che la media di misure personali di<br />
esposizione. Le serie giornaliere <strong>del</strong>la mortalità e dei ricoveri sono state fornite dall’Azienda Sanitaria Locale<br />
di Brindisi. Le procedura di selezione dei decessi e dei ricoveri e la costruzione dei dataset sanitari sono le<br />
stesse previste nel protocollo MISA-2.<br />
Metodi. È il case-crossover il disegno di studio utilizzato per valutare le eventuali associazioni tra incrementi<br />
degli inquinanti in studio ed esiti sanitari. Nell’analisi i giorni di controllo sono scelti utilizzando l’approccio<br />
tempo-stratificato (stesso giorno <strong>del</strong>la settimana all’interno <strong>del</strong>lo stesso mese e <strong>del</strong>lo stesso anno).<br />
La stima degli effetti sanitari è ottenuta attraverso un mo<strong>del</strong>lo di regressione logistica condizionata che tiene<br />
conto <strong>del</strong>le seguenti variabili esplicative: temperatura media nei tre giorni precedenti, lo scarto tra la<br />
temperatura media e la temperatura corrente, l’umidità relativa, le festività e le epidemie influenzali. Le<br />
variabili di esposizione sono rappresentate dalla concentrazione degli inquinanti a ritardi singoli e a ritardi<br />
distribuiti.<br />
Risultati e conclusioni. Si forniranno stime <strong>del</strong>l’effetto <strong>del</strong>l’inquinante sulla mortalità e sui ricoveri per causa.<br />
I risultati saranno espressi in termini di incremento percentuale di rischio associato ad un incremento<br />
<strong>del</strong>l’inquinante pari a 10 g/m 3 . Le analisi saranno stratificate per genere, stagione (calda/fredda) e classe di età.<br />
Il progetto è stato parzialmente finanziato dalla Provincia di Brindisi.<br />
Belli, S., et al., 2004: Eur J Epidemiol, 19, 49-54.<br />
Gianicolo, E. A. L., et al., 2008:Epidemiol Prev, 32, 39-57.<br />
Martuzzi, M., et al., 2006: Health impact of PM 10 and Ozone in 13 italian cities, World Health Organizzation – European<br />
Centre for Evironment and Health<br />
Bertollini, R., et al. (eds.), 1997: Ambiente e salute in Italia, Roma, Organizzazione Mondiale <strong>del</strong>la Sanità, Centro Europeo<br />
Ambiente e Salute, Divisione di Roma.<br />
A Biggeri, et al., 2004: Epidemiol Prev, 28, 1-102.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> ambientale – 17 ottobre<br />
30-VALORI EMATICI DI DIOSSINE NELLA POPOLAZIONE ADULTA GENERALE DI<br />
23 PAESI<br />
Sindaco R 1 , Consonni D 1 , Sartori S 1,2 , Bertazzi PA 1<br />
1 UO di <strong>Epidemiologia</strong>, Università degli Studi e Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico,<br />
Mangiagalli e Regina Elena, Milano; 2 Istituto di Statistica Medica e Biometria, G. A. Maccaccaro, Università<br />
degli Studi di Milano<br />
Introduzione. Con il termine diossine si intende in genere un gruppo di sostanze che includono le policlorodibenzo-diossine<br />
(PCDD), i policloro-dibenzo-furani (PCDF) e alcuni policloro-bifenili (PCB). La maggior<br />
parte viene prodotta in seguito a processi di combustione di composti contenenti cloro; sono contaminanti<br />
ubiquitari con elevatissima persistenza (anni o decenni) nell’ambiente e negli organismi animali, dove si<br />
accumulano nella frazione adiposa. L’esposizione umana è legata in prevalenza al consumo di prodotti di<br />
origine animale ricchi in grassi. Molti degli effetti tossici di queste sostanze sono mediati dal recettore AhR. La<br />
più nota e tossica <strong>del</strong>le PCDD, la 2,3,7,8-tetracloro-dibenzo-p-diossina (TCDD) è considerata cancerogena per<br />
l’uomo. Ognuna <strong>del</strong>le sostanze è dotata di una sua particolare potenza tossica, legata all’affinità col recettore<br />
AhR e definita dal Toxic Equivalency Factor (TEF), che esprime l’ordine di grandezza <strong>del</strong>la tossicità in<br />
riferimento alla TCDD (TEF=1). Per valutare globalmente il rischio da esposizione a tali sostanze viene<br />
utilizzata la Toxic Equivalency (TEQ), calcolata come sommatoria <strong>del</strong>le concentrazioni ematiche di ogni<br />
sostanza moltiplicata per i relativi TEF. Le sostanze utilizzate per il calcolo <strong>del</strong>le TEQ includono 7 diossine<br />
2,3,7,8-sostituite, 10 furani 2,3,7,8-sostituiti, e alcuni PCB diossino-simili: PCB coplanari (cPCB) e mono-ortosostituti<br />
(mPCB).<br />
Obiettivi. Scopo <strong>del</strong>lo studio è quello di fornire una panoramica <strong>del</strong>le concentrazioni ematiche di queste<br />
sostanze nell’uomo in soggetti non esposti professionalmente e residenti in zone prive di fonti comprovate di<br />
inquinamento.<br />
Metodi. Sono state identificate in PubMed le pubblicazioni in cui venivano riportati dati medi o mediani di<br />
TEQ nel sangue di soggetti adulti, di entrambi i sessi, non professionalmente esposti, residenti in zone non<br />
contaminate; sono stati esclusi i soggetti consumatori di pesce (che in diversi studi in vari Paesi hanno mostrato<br />
valori molto elevati). Ulteriori fonti consultate includono la Monografia IARC Vol. 69, 1997 e gli atti di<br />
congressi sulle diossine (Organohalogen Compounds) quando disponibili su web o quando i valori fossero<br />
riportati in altri articoli. I valori sono corretti per il contenuto lipidico e sono espressi in pg/g di lipidi (parti per<br />
trilione, ppt).<br />
Risultati. Sono stati esaminati circa 100 studi condotti in 23 Paesi negli anni 1985-2007, riguardanti un totale<br />
di quasi 20.000 soggetti (età media: 43 anni). La maggior parte <strong>del</strong>le indagini è stata effettuata in Germania<br />
(29), Giappone (12) e USA (10). Nella quasi totalità degli studi i soggetti erano stati inclusi come controlli<br />
“non esposti” di lavoratori o di residenti nelle vicinanze di varie fonti di contaminazione; solo in tre paesi<br />
(Australia, Nuova Zelanda, USA) sono stati considerati campioni di grandi dimensioni e rappresentativi <strong>del</strong>la<br />
popolazione generale. Considerando i 28 studi che hanno calcolato la TEQ totale (PCDD/PCDF/cPCB/mPCB),<br />
la media era 33,5 ppt (range: 9,5-115,3). Nei 33 studi in cui è stata calcolata la TEQ(PCDD/PCDF/cPCB) la<br />
media era 27,1 ppt (range: 9.1-61.4); infine, considerando i soli TEQ(PCDD/PCDF) la media era 23,6 ppt<br />
(range: 5.7-69,0). In Italia sono stati identificati 7 studi con una TEQ totale media di 45.6 ppt (riportata in 6<br />
studi). E’ stata riscontrata una associazione positiva tra valori di TEQ ed età dei soggetti (aumenti di 0,7<br />
ppt/anno per TEQ totale e 0,8 e 0,4 ppt/anno per gli altri 2 tipi di TEQ). E’ stata registrata una relazione inversa<br />
con l’anno di studio (decremento di TEQ(PCDD/PCDF) di 1,8 ppt/anno).<br />
Conclusioni. Sono stati registrati valori molto variabili di TEQ ematiche. I fattori più importanti nel<br />
determinare i livelli di TEQ sono: il tipo di TEQ calcolata (solo negli ultimi anni sono stati inclusi nel calcolo i<br />
PCB diossino-simili cPCB e/o mPCB), l’età dei soggetti (forte relazione positiva) e il periodo di raccolta dei<br />
campioni (i valori di TEQ sono sensibilmente diminuiti negli ultimi anni in vari Paesi).<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> ambientale – 17 ottobre<br />
31-DISTRIBUZIONE DEI TUMORI NEI DISTRETTI SANITARI DI TRIESTE CON<br />
PARTICOLARE RIGUARDO ALL'INQUINAMENTO DA DIOSSINE<br />
Tominz R.*, Germano D.*, Mustacchi G.**, Bovenzi M.*<br />
*Azienda per i Servizi Sanitari 1 Triestina, Dipartimento di Prevenzione, **Azienda per i Servizi Sanitari 1<br />
Triestina, Centro Sociale Oncologico<br />
Introduzione. Nell’uomo, a seguito <strong>del</strong>l’esposizione a sostanze diossino-simile, sono stati riscontrati effetti<br />
avversi sia di tipo cancerogeno che di tipo non cancerogeno.<br />
Studi a lungo termine, eseguiti sulla popolazione esposta al disastro ambientale di Seveso, hanno dimostrato un<br />
incremento di mortalità fra i maschi per tutti i cancri e per il cancro <strong>del</strong> retto e, in entrambi i generi, un eccesso<br />
di neoplasie linfo-ematopoietiche, con un aumento di linfomi Hodgkin e non Hodgkin e di leucemia mieloide.<br />
Studi recenti evidenziano rischi aumentati di sarcoma nella popolazione di ambo i sessi che ha vissuto più<br />
lungo nelle zone con maggior esposizione e, più in generale, di CA <strong>del</strong> tessuto connettivo e dei tessuti molli,<br />
nonché globalmente nel genere femminile. Il presente studio nasce dalla domanda sui possibili effetti degli<br />
insediamenti industriali siti all'interno <strong>del</strong>l'area urbana <strong>del</strong>la città di Trieste, ricompresi nell'ambito <strong>del</strong> terzo<br />
Distretto Sanitario, sulla salute dei residenti. La provincia di Trieste conta 246.000 abitanti, ed il 60% <strong>del</strong> suo<br />
territorio è composto dall'area urbana <strong>del</strong>la città capoluogo. Complessivamente vi sono 4 distretti sanitari,<br />
ciascuno dei quali ha un bacino di utenza di circa 60.000 abitanti.<br />
Obiettivi. escrivere l’incidenza <strong>del</strong>la patologia tumorale nella popolazione <strong>del</strong> terzo Distretto Sanitario di<br />
Trieste, confrontandola con quelle registrate negli altri distretti <strong>del</strong>la provincia, al fine di evidenziare eventuali<br />
variazioni con particolare riguardo all’inquinamento ambientale da diossine e da idrocarburi policiclici<br />
aromatici.<br />
Metodi. Tutti i dati analizzati sono stati ricavati dal Sistema Informativo Sanitario Regionale <strong>del</strong> Friuli Venezia<br />
Giulia.<br />
Dal Registro Tumori si è ottenuto il numero assoluto dei casi incidenti relativo alle annate disponibili (dal 1995<br />
al 2003). Tale operazione è stata eseguita per i quattro distretti <strong>del</strong>la provincia di Trieste e per ciascuna <strong>del</strong>le<br />
quattro province <strong>del</strong>la regione. Per ciascuno degli ambiti geografici indagati è stata calcolata la popolazione<br />
cumulativa dei 9 anni in studio.<br />
La frequenza assoluta dei casi incidenti per classe di età e per genere è stata ottenuta dalla somma <strong>del</strong>le singole<br />
frequenze annue. Sono stati quindi calcolati i tassi di incidenza specifici per classi quinquennali di età, che<br />
sono stati standardizzati (metodo diretto) utilizzando come riferimento la popolazione <strong>del</strong> Friuli-Venezia Giulia<br />
cumulativa dei 9 anni considerati.<br />
Risultati. La popolazione <strong>del</strong> Distretto 3 presenta, per quanto concerne la componente maschile, un’incidenza<br />
globale di neoplasie sovrapponibile a quella <strong>del</strong> resto <strong>del</strong>la provincia. Incidenze superiori al resto <strong>del</strong>la<br />
provincia si registrano limitatamente a mesoteliomi, tumori <strong>del</strong>l’esofago e tumori <strong>del</strong> labbro (p
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> materno-infantile – 17 ottobre<br />
32-ALLATTAMENTO AL SENO: UN DETERMINANTE DI SALUTE FONDAMENTALE<br />
PER MADRI E BAMBINI<br />
Bettinelli ME 1 , Bossi A. 2 , Cortinovis I. 2<br />
1 UO Orientamento Clinico Sanitario – Dipartimento Cure Primarie -ASL Città di Milano, 2 Istituto di Statistica<br />
Medica e Biometria “G.A.Maccacaro” – Università degli Studi di Milano<br />
Introduzione. Secondo numerose ricerche, condotte anche dall’OMS e dall’UNICEF, il mancato allattamento<br />
al seno, in particolare esclusivo, durante i primi sei mesi di vita, è un importante fattore di rischio per la salute<br />
dei bambini e <strong>del</strong>le madri. Uno studio inglese riporta che gli adulti allattati al seno hanno livelli di colesterolo<br />
inferiori dei loro coetanei allattati artificialmente e i dati <strong>del</strong> Cancer Research UK indicano che ogni anno di<br />
allattamento al seno riduce <strong>del</strong> 4,3% il rischio di cancro mammario nelle madri. Diverse ricerche mostrano però<br />
che molte donne interrompono l’allattamento al seno precocemente. Le motivazioni di tale insuccesso sono<br />
molteplici, poiché dipendono dalle condizioni di salute <strong>del</strong>la madre e <strong>del</strong> bambino, dalle informazioni ricevute,<br />
dalle condizioni socioculturali <strong>del</strong>la famiglia e dal sostegno competente da parte di operatori sanitari dopo la<br />
dimissione dall’ospedale e nel primo anno di vita. Scopo <strong>del</strong> presente studio è quello di descrivere le<br />
caratteristiche <strong>del</strong>le madri così da poter individuare precocemente le donne più a rischio di interruzione<br />
<strong>del</strong>l’allattamento al seno e sostenerle opportunamente.<br />
Pazienti e metodi. L’indagine trasversale è stata effettuata nel mese di giugno 2006 a Milano in occasione<br />
<strong>del</strong>le vaccinazioni obbligatorie (prima vaccinazione: 464 bambini; seconda: 429; terza: 337) nell’ambito <strong>del</strong>la<br />
prima indagine effettuata dalla Regione Lombardia per stimare la diffusione e la durata <strong>del</strong>l’allattamento al<br />
seno sul territorio lombardo. Si è utilizzato un questionario autosomministrato e standardizzato secondo le<br />
indicazioni <strong>del</strong>l’OMS per ricostruire a posteriori le categorie d’allattamento al seno (esclusivo, predominante,<br />
complementato, non allattamento al seno) e il certificato di assistenza al parto (CEDAP) per rilevare alcune<br />
caratteristiche materne: demografiche, socioculturali, relative a gravidanza, parto e partner, distretto sociosanitario<br />
di appartenenza (un distretto comprende aree centrali e periferiche <strong>del</strong>la città). Per valutare quali<br />
variabili, tra quelle considerate, influiscano maggiormente sulla decisione di interrompere precocemente<br />
l’allattamento al seno si è applicato un mo<strong>del</strong>lo lineare generalizzato con distribuzione binomiale <strong>del</strong>la<br />
variabile di risposta (allattato in modo esclusivo al seno: si/no) e funzione di legame logit.<br />
Risultati. Alla prima vaccinazione (3-4 mesi di vita) il 55% circa dei bambini è ancora allattato al seno in<br />
modo esclusivo, mentre alla seconda (5-6 mesi) tale percentuale è solo <strong>del</strong> 32%, con un’elevata percentuale<br />
(30%) di allattamento complementato legato all’introduzione precoce di alimenti diversi dal latte, in particolare<br />
frutta. Alla terza vaccinazione (11-12 mesi) un numero consistente di bambini (40%) riceve ancora un<br />
allattamento complementato. Le analisi sui dati raccolti al momento <strong>del</strong>la seconda vaccinazione hanno mostrato<br />
che la partecipazione ad un corso di accompagnamento alla nascita non sembra influenzare l’allattamento<br />
materno, così pure l’uso <strong>del</strong> succhiotto, la modalità di parto e le condizioni socio-demografiche <strong>del</strong> padre. Le<br />
madri che hanno più probabilità di iniziare ad allattare al seno e di proseguire l’allattamento fino ai sei mesi di<br />
vita hanno un livello elevato di istruzione (diploma, laurea), sono sposate, multi gravide, impiegate e vivono<br />
nel distretto 3. In altri distretti, ad es. il 4, dove maggiore è la popolazione di madri casalinghe con basso livello<br />
di istruzione, vi è un minor tasso di avvio, ma un prolungamento <strong>del</strong>l’allattamento sino ad un anno di vita.<br />
Conclusioni. L’analisi condotta conferma come il livello socioculturale influenzi la decisione <strong>del</strong>le madri di<br />
allattare al seno il proprio bambino, e permette di identificare meglio le caratteristiche <strong>del</strong>le donne su cui<br />
concentrare gli sforzi per una attiva promozione <strong>del</strong>l’allattamento al seno per quanto riguarda l’avvio (donne di<br />
basso livello istruzione, casalinghe) e il mantenimento (donne lavoratrici). Le differenze osservate tra distretti<br />
suggeriscono l’importanza <strong>del</strong> ruolo degli operatori sanitari nel sostegno competente <strong>del</strong>la madre che allatta.<br />
Questo intervento può contribuire a contenere gli effetti <strong>del</strong>le diseguaglianze legate ai determinanti sociali.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> materno-infantile – 17 ottobre<br />
33-IMPLEMENTAZIONE E VALUTAZIONE DI INTERVENTI DI PREVENZIONE<br />
DELL'OBESITA' IN ETA' EVOLUTIVA<br />
Carletti C, 1 Parpinel M, 2 Widmann S, 3 Del Pio T, 4 Bruno I, 5 Cattaneo A 1<br />
1 Unità di Ricerca sui Servizi Sanitari, <strong>Epidemiologia</strong> di Popolazione e Salute Internazionale, IRCCS Burlo<br />
Garofolo, Trieste; 2 Cattedra di Igiene ed <strong>Epidemiologia</strong>, DPMSC, Università di Udine; 3 Dipartimento di<br />
Prevenzione, ASS 6, Pordenone; 4 Dipartimento di Prevenzione, ASS 1, Trieste; 5 Dipartimento di Pediatria,<br />
Ospedale Civile, Monfalcone (GO)<br />
Introduzione. L’obesità è globalmente riconosciuta come un problema di salute pubblica di proporzioni<br />
epidemiche (OMS, 2000).<br />
Obiettivo. Valutare la fattibilità a breve termine di interventi, conformi alle raccomandazioni <strong>del</strong>l’OMS, per<br />
promuovere una sana alimentazione ed attività fisica in età scolare in Friuli Venezia Giulia (FVG).<br />
Metodi. Una rapida e non sistematica revisione <strong>del</strong>la letteratura ha permesso di identificare alcuni interventi<br />
potenzialmente efficaci per promuovere una sana alimentazione ed attività fisica, da proporre ai bambini nelle<br />
aree di studio: 2 comuni nella provincia di Trieste e 2 nella provincia di Pordenone. Nei distretti sanitari<br />
interessati sono stati identificati gli interlocutori per l’intervento (amministrazioni comunali, consigli scolastici,<br />
aziende sanitarie) ed assieme si sono definiti gli interventi da realizzare ed i relativi piani d’azione.<br />
Parallelamente si è avviata una raccolta di dati utili ad orientare futuri interventi in un campione di bambini di<br />
6-7 e 8-9 anni attraverso la somministrazione di un questionario semi-quantitativo differenziato per le due fasce<br />
d’età. I bambini più grandi hanno compilato il questionario da soli, con la supervisione di un insegnante e/o di<br />
un operatore sanitario; per i più piccoli il questionario è stato compilato dai genitori.<br />
.Risultati. Durante i due anni <strong>del</strong> progetto sono stati fatti incontri per illustrare gli interventi previsti con<br />
amministrazioni locali, associazioni di genitori, insegnanti, distributori di alimenti, associazioni sportive. Il<br />
lavoro è stato svolto in collaborazione con il personale <strong>del</strong>le ASL. Grazie a questi incontri sono state stipulate<br />
convenzioni con associazioni sportive, di volontariato e scuole, e sono state proposte attività quali 1) la<br />
promozione <strong>del</strong>le merende collettive in modo da rendere equilibrate le scelte alimentari (“Merenda a scuola”)<br />
2) la creazione di percorsi sicuri a piedi o in bicicletta per raggiungere la scuola ( “Pedibus”). Dai questionari<br />
sulle abitudini alimentari e l’attività fisica è emerso che: solo il 27% dei bambini consuma giornalmente le 5<br />
porzioni di frutta e verdura raccomandate, circa un bambino su tre non consuma la dose raccomandata di<br />
cereali e tuberi, e solo la metà dei bambini consuma giornalmente o quasi latte e derivati. I bambini consumano<br />
pochi legumi e poco pesce (solo il 15% lo consuma due volte a settimana come raccomandato), mentre circa il<br />
30% dei bambini consuma ogni giorno o quasi merendine e snack. Per quanto riguarda l’attività fisica intensa,<br />
dall’analisi dei questionari risulta che i bambini ne fanno una mediana di 65 minuti al giorno. Questo valore<br />
include sia l’attività svolta a scuola che nel tempo libero, sia l’attività programmata che spontanea.<br />
Conclusioni. Nella provincia di Pordenone il progetto è riuscito a realizzare alcuni interventi, ad esempio<br />
“Merenda a scuola”, grazie al lavoro <strong>del</strong> gruppo intersettoriale e multiprofessionale esistente. A Trieste,<br />
nonostante precedenti interventi nelle scuole degli operatori <strong>del</strong> Dipartimento di Prevenzione, “Merenda a<br />
scuola” non è stato accettato dai genitori degli alunni. Il progetto ha motivato anche la provincia di Gorizia a<br />
costruire un tavolo intersettoriale di prevenzione <strong>del</strong>l’obesità e sono già stati raccolti i questionari dei bambini<br />
in alcune classi primarie. Infine, gli effetti <strong>del</strong> progetto sulle abitudini alimentari e l’attività fisica potranno<br />
essere misurati solo a distanza di anni, seguendo le coorti di bambini coinvolti fino alla conclusione <strong>del</strong>le<br />
scuole secondarie.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> materno-infantile – 17 ottobre<br />
34-STIMA DELLA FREQUENZA DELLA DEPRESSIONE NEI PERIODI PRECEDENTE E<br />
SUCCESSIVO AL PARTO MEDIANTE L’ANALISI DELLE PRESCRIZIONI<br />
FARMACEUTICHE. TOSCANA 2005<br />
Casotto V 1 , Barchielli A 1,2 , Miceli M 1,2 , Sessa E 1 , Corsi A 1<br />
1 Agenzia Regionale di Sanità <strong>del</strong>la Toscana; 2 Azienda USL 10 Firenze<br />
Introduzione. La depressione post-partum è un disturbo psichico che colpisce il 10% circa <strong>del</strong>le donne che<br />
hanno partorito: i sintomi sono analoghi a quelli <strong>del</strong>la depressione maggiore. Nella depressione post-partum<br />
può essere indicato sia un trattamento con psicoterapie o interventi psico-sociali sia un trattamento con<br />
antidepressivi. Poiché in Toscana non esistono dati precisi sulla frequenza di tale patologia, abbiamo utilizzato<br />
le prescrizioni di farmaci antidepressivi e di altri psicofarmaci utilizzati nel trattamento <strong>del</strong>la malattia per<br />
stimare l’occorrenza <strong>del</strong> fenomeno.<br />
Obiettivo. Esaminare la prevalenza d’uso di psicofarmaci prima <strong>del</strong>la gravidanza, durante la gravidanza e dopo<br />
il parto tra le donne residenti in Toscana che, nel 2005, hanno avuto un bambino nato vivo.<br />
Metodi. Lo studio si basa sull’analisi congiunta <strong>del</strong> Certificato d’Assistenza al Parto (CAP) e i flussi regionali<br />
<strong>del</strong>la Farmaceutica (Farmaci ad Erogazione Diretta – FED e Specialistica <strong>del</strong>le Prestazioni Farmaceutiche –<br />
SPF) . Attraverso una procedura di record linkage sono state individuate le donne che, nel 2005, hanno avuto<br />
un bambino nato vivo e che nel periodo di due anni precedenti alla gravidanza, durante la gravidanza e<br />
nell’anno successivo al parto hanno assunto psicofarmaci (codici ATC2: N03 – antiepilettici; N05 –<br />
psicolettici/antipsicotici; N06 – psicoanalettici/antidepressivi).<br />
Risultati. Delle 28.908 donne residenti in Toscana, che nel 2005 hanno partorito in Toscana un bambino nato<br />
vivo, l’8,9% ha fatto uso di psicofarmaci durante il periodo preso in considerazione: di queste il 52,8% solo nei<br />
due anni precedenti la gravidanza, il 19,7% prima <strong>del</strong>la gravidanza e nell’anno successivo al parto, e il 27,8%<br />
solo nell’anno dopo il parto. Per quanto concerne la prevalenza d’uso, alla maggior parte <strong>del</strong>le donne (89,3%)<br />
è stata prescritta almeno una confezione di farmaci antidepressivi, al 18,3% almeno una confezione di<br />
antiepilettici e al 4,8% almeno una confezione di antipsicotici. Circa otto donne su dieci hanno fatto uso solo di<br />
farmaci antidepressivi. Le proporzioni di utilizzo cambiano sensibilmente all’interno <strong>del</strong> periodo di utilizzo<br />
(prima <strong>del</strong>la gravidanza, prima e dopo il parto, dopo il parto) per quanto concerne gli antipsicotici e gli<br />
antiepilettici, mentre la proporzione di utilizzo dei farmaci antidepressivi subisce una lieve riduzione durante<br />
l’anno successivo al parto (Tabella 1). Concentrando l’attenzione sui farmaci antidepressivi osserviamo che ne<br />
ha fatto uso il 5,9% <strong>del</strong>le 28.908 donne prese in studio nell’anno prima <strong>del</strong> concepimento, ed il 3,6% nell’anno<br />
dopo il parto (1,6% utilizzatrici anche prima <strong>del</strong>la gravidanza; 2,1% con inizio uso dopo il parto). Se si<br />
definisce trattamento monoprescrizione l’utilizzo di un’unica confezione di psicofarmaci, trattamento<br />
continuativo se sono state prescritte più di una confezione per un tempo di trattamento superiore a cinque mesi,<br />
e trattamento non continuativo se sono state prescritte più di una confezione per un tempo di trattamento<br />
inferiore a sei mesi, si registra una riduzione percentuale <strong>del</strong> trattamento continuativo passando dal 28,9%<br />
prima <strong>del</strong>la gravidanza al 18,6% dopo il parto. Aumenta invece la proporzione di donne che sono in trattamento<br />
non continuativo (da un 46,9% prima <strong>del</strong>la gravidanza ad un 56,9% dopo il parto), mentre rimane invariata la<br />
proporzione di donne alle quali è stata prescritta un’unica confezione (24,2% prima <strong>del</strong>la gravidanza e 24,5%<br />
dopo il parto.<br />
Tabella 1. Prevalenza d’uso per tipo di farmaco e periodo di utilizzo.<br />
Tipo farmaco<br />
Periodo<br />
solo prima <strong>del</strong>laprima <strong>del</strong>la gravidanza e solo dopo il Totale<br />
gravidanza (1) dopo il parto<br />
parto (2)<br />
No. (%) No. (%) No. (%) No. (%)<br />
almeno una prescrizione di antiepilettici 193 (14,2) 150 (29,7) 129 (18,1) 472 (18,3)<br />
almeno una prescrizione di psicolettici 40 (2,9) 42 (8,3) 41 (5,8) 123 (4,8)<br />
almeno una prescrizione di psicoanalettici 1.249 (91,7) 455 (90,1) 600 (84,3) 2.304 (89,3)<br />
(1) due anni prima <strong>del</strong>la gravidanza; (2) un anno dopo il parto<br />
Conclusioni. Circa 9 donne su 100 utilizzano psicofarmaci nel periodo pre e/o post gravidanza. In totale il<br />
trattamento con farmaci antidepressivi è attuato in circa 1/3 <strong>del</strong>la prevalenza <strong>del</strong>la depressione post-partum<br />
riportata in letteratura. Tra il periodo pre-gravidanza e post-parto la prevalenza di utilizzatrici di almeno una<br />
prescrizione di psicoanalettici, al contrario degli antiepilettici e dei psicolettici, diminuisce passando dal 91,7%<br />
all’84,3%.<br />
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35-ESPOSIZIONI PERICOLOSE ED INTOSSICAZIONI NEI PRIMI ANNI DI VITA<br />
Davanzo F 1 , Settimi L 2 , Sesana F 1 , Maiozzi P 2 , E. Urbani 2 , Travaglia A 1 , Moroni R 1 , Rebutti I 1 ,<br />
Panzavolta G 1 , Borghini R 1 , Dimasi V 1 , Bissoli M 1 , Assisi F 1 , Moro P 1 , Ferruzzi M 1 , Bianchi M 1 ,<br />
Severgnini P 3 , Della Puppa T 1<br />
1 Centro Antiveleni di Milano, A.O.Ospedale Niguarda Ca’Granda, Milano; 2 Istituto Superiore di Sanità,<br />
Roma; 3 Università <strong>del</strong>l’Insubria, Varese<br />
La Commissione <strong>del</strong>le Comunità Europee ha recentemente indicato gli infortuni in età pediatrica come una<br />
problematica di prioritario interesse sanitario e ha raccomandato l’attivazione di sistemi di sorveglianza<br />
nazionali per seguire l’andamento <strong>del</strong> fenomeno nelle sue diverse articolazioni e fornire indicazioni per<br />
interventi di prevenzione (1). Nei primi anni di vita (0-4 anni), le cause di infortunio più frequenti sono le<br />
cadute e le intossicazioni (2). La sorveglianza di questa ultima tipologia di evento richiede un’attenta disamina<br />
<strong>del</strong>le osservazioni rilevate dai Centri Antiveleni (CAV). In considerazione di tale aspetto, e con la finalità di<br />
fornire un primo contributo informativo sul fenomeno in Italia, è stata presa in esame la casistica gestita dal<br />
CAV di Milano, principale Centro di riferimento nazionale (3).<br />
Il CAV di Milano, nel corso di ogni consulenza utilizza una scheda informatica per la rilevazione <strong>del</strong>le seguenti<br />
informazioni: caratteristiche <strong>del</strong>la consulenza, <strong>del</strong> paziente e <strong>del</strong>l’esposizione, terapia prescritta ed esiti. I dati<br />
raccolti sono attualmente condivisi con l’ISS per la messa a punto di un data-base, di rilevanza nazionale e<br />
regionale, dedicato alle esposizioni pericolose (4). In tale ambito, sono stati presi in esame tutti i casi con età<br />
compresa tra 0 e 4 anni ed esposizione verificatasi nel 2005, prima annualità per cui sono state concluse le<br />
procedure di revisione e classificazione dei dati.<br />
Nel corso <strong>del</strong> 2005, il CAV di Milano ha gestito 18.521 pazienti nella fascia di età di interesse, pari al 44%<br />
<strong>del</strong>l’insieme <strong>del</strong>la casistica rilevata nello stesso anno (n. 42.484). Per la quasi totalità dei casi (98%)<br />
l’esposizione si è verificata in ambiente domestico ed ha coinvolto un solo agente. La via di esposizione più<br />
frequentemente rilevata è stata l’ingestione (77%), seguita da assorbimento attraverso la mucosa orale (15%) e<br />
la cute (3%). Complessivamente, gli agenti cui è stato associato il numero più elevato di casi esposti sono stati:<br />
detergenti domestici (22%), corpi estranei (9%), cosmetici e prodotti per la cura <strong>del</strong>la persona (9%), analgesici<br />
(6%), ormoni e antagonisti ormonali (5%), antiparassitari (5%). Circa il 94% dei casi riferiti ad agenti non<br />
farmaceutici (n. 11.408, 61%) è risultato esposto per accesso incontrollato al prodotto. Questa stessa modalità<br />
di incidente è stata rilevata per il 74% degli esposti a farmaci (n. 6.932, 37%) tra i quali, il 22% è risultato<br />
vittima di un errore terapeutico, principalmente causato da sovradosaggio (11%) o da scambio di farmaco (8%).<br />
Il 34% degli esposti a non farmaci ed il 18% degli esposti a farmaci hanno riportato almeno un effetto clinico,<br />
mentre per il 63% ed il 57%, rispettivamente, è stato prescritto almeno un intervento terapeutico. Le<br />
intossicazioni di gravità moderata sono state 80, pari a circa lo 0,4% <strong>del</strong>la casistica totale, mentre le<br />
intossicazioni di gravità elevata sono state 10. Non sono stati rilevati decessi. Gli agenti con la proporzione più<br />
elevata di intossicazioni di gravità moderata sono stati: monossido di carbonio (11 casi su un totale di 57<br />
esposizioni); domperidone, un farmaco gastrointestinale, con 8 casi su un totale di 57 esposizioni; l’oxatomide,<br />
un farmaco antistaminico con 11 casi su un totale di 218 esposizioni. Le intossicazioni di gravità elevata hanno<br />
compreso tre casi da ingestione di micropile ed un caso per ciascuno dei seguenti agenti: cimetropio bromuro,<br />
un antispastico gastroenterico, hashish, integratore dietetico non specificato, metadone, carbamezepina, un<br />
anticovulsivante.<br />
Le principali caratteristiche dei casi in esame sono risultate confrontabili con quanto rilevato da altri sistemi di<br />
sorveglianza (5). Le osservazioni effettuate costituiscono un primo riferimento nazionale per seguire<br />
l’andamento <strong>del</strong>le esposizioni pericolose e <strong>del</strong>le intossicazioni nei primi anni di vita, segnalare problematiche<br />
emergenti e permetterne l’approfondimento, indirizzare e valutare attività di prevenzione, <strong>del</strong>ineare linee guida<br />
in considerazione <strong>del</strong>le evidenze disponibili.<br />
Bibliografia<br />
1) Commission of the European Communities. Official Journal of the European Union 2007/C164/01 July 18, 2007<br />
(CELEX-Nr. 32007H0718); 2) Vincenten J, Michalsen A. J Injury Control Safety Promotion 2002; 9: 1-8; 3) Mucci N,<br />
Alessi M, R Binetti R, Magliocchi MG. Ann Ist Super Sanità 2006;42: 268-276; 4) L Settimi L, Davanzo L, I Marcello,<br />
Roazzi P, Binetti R. Not Ist Super Sanità 2008; 21: 3-8; 5) Lai MW, Klein-Schwartz W, Rodgers GC et al. 2005 Clin<br />
Toxicol 2006; 44: 803-932.<br />
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36-MISCLASSIFICAZIONE NELL’UTILIZZO DI DIVERSI STANDARD<br />
ANTROPOMETRICI NEONATALI<br />
De Silvestri A.; Capittini C.; Martinetti M.; Tinelli C.<br />
1 Servizio di Biometria ed <strong>Epidemiologia</strong> Clinica; 2 Servizio Immunoematologia e trasfusione Fondazione<br />
IRCCS Policlinico<br />
Introduzione. I bambini piccoli per età gestazionale (SGA small for gestational age), definiti come neonati il<br />
cui peso sia inferiore al 10° centile, hanno un rischio maggiore di mortalità e morbilità perinatale; inoltre sono<br />
emerse associazioni tra SGA e sviluppo di malattie croniche, spesso legate all’obesità, in età adulta e anche i<br />
bambini il cui peso alla nascita è superiore al 90° centile (LGA large for gestational age) possono essere ad<br />
aumentato rischio di obesità, con i conseguenti problemi di salute. Tuttavia le curve di crescita per individuare i<br />
bambini SGA sono spesso utilizzate senza valutarne l’applicabilità alla popolazione considerata: gli standard<br />
sono spesso vecchi, o relativi ad aree geografiche differenti o viziati da criteri di inclusione/esclusione o metodi<br />
inappropriati. Tutto ciò può portare ad un elevato bias di misclassificazione.<br />
Obiettivi. Confrontare 4 diverse curve di crescita relative all’Italia settentrionale e valutare l’impatto <strong>del</strong>la<br />
misclassificazione.<br />
Metodi. Abbiamo applicato le 4 curve ai dati relativi a 1212 bambini il cui cordone è stato donato presso la<br />
banca <strong>del</strong> sangue cordonale <strong>del</strong>la fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, nati tra il marzo 1997 e il<br />
luglio 2006. Pretermine (0.10) e<br />
valori di concordanza (k di Cohen) inferiori a 0.5; nonostante esistano in letteratura numerosi lavori che<br />
riportino standard neonatali, molti presentano problemi che rendono necessaria la pubblicazione di standard più<br />
recenti ed adeguati ai neonati odierni<br />
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37-PROPORZIONE DI PARTI CON TAGLIO CESAREO “PRIMARIO”: UN CONFRONTO<br />
TRA LE DIVERSE STRUTTURE DELLA SICILIA<br />
G. Fantaci, P. Miceli, S. Pollina Addario, S. Scondotto, G. Dardanoni* D. Fusco, G. Tiberi, C.A. Perucci**<br />
*Dipartimento Osservatorio Epidemiologico- Regione Siciliana<br />
**Dipartimento Osservatorio Epidemiologico Asl RME<br />
Introduzione. Negli ultimi dieci anni si è assistito in Italia ad un evidente e costante aumento <strong>del</strong> numero di<br />
parti avvenuti con taglio cesareo. La percentuale nazionale stimata nel 2003 è stata <strong>del</strong> 36,9%, tra le più alte nel<br />
mondo e la più alta rispetto a tutti i paesi <strong>del</strong>l’Unione Europea, il cui tasso medio di cesarei è pari al 23,7%.<br />
Sebbene l’aumento <strong>del</strong>la quota di cesarei sia avvenuto in modo generalizzato su tutto il territorio nazionale,<br />
tuttavia ha raggiunto livelli più elevati nell’Italia meridionale (45,4%) ed insulare (40,8%).<br />
Diversi studi suggeriscono che una parte dei tagli cesarei è eseguita per ragioni non mediche, ovvero che il<br />
ricorso eccessivo all’espletamento <strong>del</strong> parto per via chirurgica sia talvolta inappropriato.<br />
Diminuire la frequenza dei parti per taglio cesareo, e ridurre le forti differenze regionali attualmente esistenti,<br />
costituisce uno degli obiettivi strategici <strong>del</strong> Piano Sanitario Nazionale 2003-2005.<br />
Obiettivi. Il presente lavoro si pone l’obiettivo di valutare la frequenza <strong>del</strong> ricorso al parto cesareo nelle<br />
diverse strutture ospedaliere (aziende ospedaliere, presidi ospedalieri e case di cura) <strong>del</strong>la Sicilia.<br />
L’outcome utilizzato è la “proporzione di parti con taglio cesareo primario”, standardizzato per una misura<br />
sintetica di gravità <strong>del</strong>l’evento parto.<br />
Metodi. E’stato utilizzato il flusso informativo regionale <strong>del</strong>le Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) <strong>del</strong><br />
Dipartimento Osservatorio Epidemiologico <strong>del</strong>la Regione Siciliana per gli anni 2001-2006.<br />
Come outcome di appropriatezza è stata utilizzata la “proporzione di tagli cesarei primari”, con l’implicita<br />
assunzione che tassi più bassi riflettano una pratica clinica più appropriata.<br />
Nel confrontare i rischi di cesareo fra le diverse strutture ospedaliere si è tenuto conto <strong>del</strong>le diverse<br />
caratteristiche demografiche <strong>del</strong>la madre ma anche e soprattutto <strong>del</strong>le diverse condizioni cliniche <strong>del</strong>la stessa e<br />
<strong>del</strong> feto al momento <strong>del</strong> parto, nonché di alcune patologie pregresse <strong>del</strong>la madre che possono predire un<br />
differenziale nel rischio individuale <strong>del</strong> ricorso al cesareo. La standardizzazione è stata effettuata mediante<br />
opportuni metodi di risk adjustment; in tal modo il confronto tra le differenti strutture ospedaliere risulta non<br />
distorto dalla possibile diversa distribuzione dei fattori di rischio per cesareo individuati dalle fonti correnti<br />
disponibili.<br />
Per stimare il differente rischio di taglio cesareo è stato utilizzato come benchmark l’insieme <strong>del</strong>le tre strutture<br />
con le migliori performance.<br />
Risultati. Per il periodo in studio sono stati selezionati complessivamente 79.173 ricoveri per parto distribuiti<br />
in 65 punti nascita <strong>del</strong>la Sicilia.<br />
Fra i principali fattori di gravità individuati sono la presenza di eclampsia, placenta previa, distress fetale,<br />
prolasso <strong>del</strong> cordone ombelicale, HIV, posizioni anomale <strong>del</strong> feto e una gravidanza multipla, per ciascuno dei<br />
quali si è osservato un aumento nel rischio <strong>del</strong> ricorso al cesareo di almeno 18 volte.<br />
Il tasso grezzo di parti cesarei primari variava dal 14,9% all’83,9% mentre gli OR aggiustati relativi ai<br />
differenti punti nascita sono risultati compresi fra un minimo di 1,2 e un massimo di 25,8.<br />
Conclusioni. Alla luce dei risultati emersi dal confronto tra le strutture ospedaliere siciliane è possibile<br />
affermare che il ricorso al parto cesareo nel biennio 2004-2005 è, come <strong>del</strong> resto ci si aspettava, piuttosto<br />
elevato ed emerge, inoltre, una consistente eterogeneità nelle performance tra le diverse tipologie di strutture. I<br />
maggiori rischi nel ricorrere ad intervento chirurgico per parto sono prevalentemente concentrati fra le strutture<br />
private (gli OR aggiustati superiori a 10 sono solo ed esclusivamente attribuiti a tale tipologia di struttura).<br />
I risultati ottenuti utilizzando la metodologia statistica <strong>del</strong> risk adjustment si concretizzano in definitiva nella<br />
valutazione e nella auspicabile correzione <strong>del</strong>le prestazioni assistenziali sulla base degli esiti raggiunti. Un<br />
processo di sistematica applicazione <strong>del</strong>le valutazioni di esito dovrebbe dunque essere interpretato quale<br />
strumento indispensabile per un’appropriata ed economica gestione <strong>del</strong>la pratica clinica (outcome reserarch).<br />
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38-ANALISI SPAZIALE SUI DATI 1992-2006 DEL REGISTRO TOSCANO DIFETTI<br />
CONGENITI<br />
Minichilli F, Pierini A, Bianchi F,<br />
Consiglio Nazionale <strong>del</strong>la Ricerche, Istituto di Fisiologia Clinica, Sezione di <strong>Epidemiologia</strong>, Pisa<br />
Introduzione. Il registro dei difetti congeniti (DC) rappresenta uno strumento epidemiologico fondamentale per la<br />
conoscenza <strong>del</strong> fenomeno malformativo e per l’identificazione <strong>del</strong>le fluttuazioni temporali e spaziali a fini di sorveglianza.<br />
L’eziologia dei DC è prevalentemente multifattoriale e per numerosi DC la letteratura scientifica riporta associazioni di<br />
rischio con fattori ambientali e socio-economici.<br />
Obiettivi. Studiare la distribuzione spaziale <strong>del</strong> tasso di DC sul territorio toscano e identificare eventuali aggregati<br />
comunali con eccessi significativi di DC.<br />
Metodi. L’analisi è stata effettuata sui dati <strong>del</strong> Registro Toscano Difetti Congeniti relativi ai casi individuati nel periodo<br />
1992-2006 tra i nati e le interruzioni di gravidanza a seguito di diagnosi prenatale di DC (IVG), su un totale di 418.573 nati<br />
residenti sorvegliati in 287 comuni toscani. Sulla base <strong>del</strong>le associazioni di rischio documentate sono stati selezionati otto<br />
gruppi di DC: sistema nervoso, cardiopatie congenite, schisi orofacciali, genitali, urinario, arti, muscoloscheletrico,<br />
anomalie cromosomiche. I denominatori utilizzati sono stati ricavati da fonte Regione Toscana. L’analisi di clustering per<br />
identificare aggregati comunali è stata effettuata mediante la tecnica Spatial Scan Statistic di Kulldorff. Per ogni gruppo di<br />
DC analizzato il metodo identifica gli aggregati comunali con rapporto tra casi osservati e casi attesi (O/A) statisticamente<br />
significativo con p
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39-STUDIO EPIDEMIOLOGICO DI UNA COORTE DI NEONATI ITALIANI<br />
SOTTOPOSTI A SCREENING ELETTROCARDIOGRAFICO<br />
1 Monti MC, 1 Borrelli P, 1 Popa I, 2 Perotti M, 1 Corso B, 2 Stramba Badiale M, 1 Montomoli C.<br />
1 Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali, Università di Pavia<br />
2 Dipartimento di Riabilitazione Medica, IRCCS Istituto Auxologico Italiano<br />
Introduzione. Sin dal periodo neonatale, circa l’1% dei bambini può presentare anomalie elettrocardiografiche<br />
associate a cardiopatie. Le morti inspiegate nell’infanzia (SUDI), la morte improvvisa cardiaca (SCD) e la<br />
morte improvvisa in culla (SIDS) possono diventare la prima manifestazione di una patologia cardiaca non<br />
precedentemente diagnosticata, come la Sindrome <strong>del</strong> QT lungo (LQTS). Poco si conosce riguardo ai fattori di<br />
rischio specifici per patologie cardiache nell’infanzia, così come è importante conoscere i limiti di normalità<br />
<strong>del</strong>l’elettrocardiogramma (ECG) nella popolazione infantile, dal momento che la maggior parte dei valori ECG<br />
normali nell’adulto sono anormali nel neonato e che i limiti attualmente utilizzati derivano da un unico studio,<br />
basato sull’ECG di 1027 lattanti.<br />
Obiettivi. Studio <strong>del</strong>le caratteristiche epidemiologiche e elettrocardiografiche di una coorte di neonati italiani<br />
sani alla nascita.<br />
Metodi. Studio trasversale su 21.981 soggetti di una coorte costituita da 44.596 neonati arruolati in 21 ospedali<br />
di 10 regioni italiane, tra 2001-2005, e sottoposti a screening ECG tra il 15mo e il 25mo giorno di vita. Le<br />
variabili sono state analizzate singolarmente (valori espressi come distribuzioni di frequenza percentuale o<br />
mediads o quartili), ed in associazione per individuare fattori di rischio per patologie cardiache e per SIDS<br />
(utilizzando mo<strong>del</strong>li di regressione logistica). Le variabili ECG quantitative sono state descritte attraverso i<br />
percentili, verificando l’assunzione di normalità <strong>del</strong>la distribuzione con metodi numerici (assimetria, curtosi,<br />
test di normalità di Jarque-Brera).<br />
Risultati. Il 48.3% dei neonati <strong>del</strong>la coorte sono maschi. L`età media all`ECG è di 20 giorni. Più <strong>del</strong>l`1% dei<br />
neonati hanno familiarità per SIDS o morte improvvisa giovanile, circa l`1% nasce prematuro, lo 0.6% e`<br />
sottopeso alla nascita. Quasi il 6% <strong>del</strong>le madri ha dichiarato di fumare in gravidanza e di sottoporre il figlio a<br />
fumo passivo dopo la nascita. Il 10% <strong>del</strong>le madri ha avuto piu` di un aborto, quasi il 2% sono diabetiche, piu`<br />
<strong>del</strong>l`1% soffre di malattie di origine autoimmune. Dopo la nascita il 68% dei bimbi sono stati allattati al seno, il<br />
60% usa regolarmente il ciuccio e solo il 57% dorme supino. L`intervallo QTc è stato utilizzato come endpoint<br />
surrogato <strong>del</strong>la LQTS. Il QTc medio è 403±21.5 ms (range: 162-675 ms). Il 98% <strong>del</strong> campione ha un Qtc sotto<br />
i 440 ms; solo 2 neonati hanno un QTc>500 (valore considerato ad alto rischio di LQTS), corrispondente ad<br />
una prevalenza <strong>del</strong>lo 0.09 per 1000. L’intervallo P-R, indice di possibili blocchi atrio-ventricolari, ha media di<br />
98.9±13.5 ms. Il 98% dei soggetti ha P-R entro i 122 ms. Nella corte analizzata sono presenti 9 neonati con<br />
blocco atrio-ventricolare (prevalenza 0.41 per 1000, più alta di quella in letteratura: 0.05-0.06 per 1000). I<br />
blocchi di branca completi hanno invece una prevalenza nella coorte <strong>del</strong> 2.96 per 1000, rispetto alla prevalenza<br />
<strong>del</strong>lo 0.29 per 1000 in letteratura. La frequenza cardiaca media è 153±16.3 battiti/minuto (range: 15-90 battiti).<br />
Una storia familiare di LQTS (OR=31.5, p < 0.0001), avere una madre diabetica (OR=10.2, p=0.009) e<br />
nascere prematuri (OR=10, p= 0.03) possono essere considerati fattori di rischio per la presenza di un QT lungo<br />
in età neonatale.<br />
Conclusioni. Lo studio offre l’opportunità di raccogliere informazioni individuali, relative ad una coorte molto<br />
numerosa, essenziali per la descrizione epidemiologica e elettrocardiografica di neonati sani alla nascita e per la<br />
valutazione dei fattori associati alle patologie cardiache infantili ed alla SIDS. La prevalenza di anomalie ECG<br />
più alta nella coorte rispetto a quanto riportato in letteratura ed i limiti di normalità più conservativi potrebbero<br />
rispecchiare la sensibilità <strong>del</strong>lo screening ECG a rilevare anomalie che non portano sempre ad un evento<br />
cardiaco maligno conclamato. L’esecuzione di un elettrocardiogramma nel neonato può essere quindi il primo<br />
passo verso un’azione significativa di medicina preventiva.<br />
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40-MALFORMAZIONI CONGENITE ALLA NASCITA NELL’ULSS 6 VICENZA.<br />
PERIODO 1998 – 2004 CONFRONTO CON LA MEDIA EUROCAT<br />
Pacchin M.<br />
Ufficio di Valutazione Epidemiologica. Ulss 6 Vicenza<br />
Obiettivi. Effettuare uno studio descrittivo sulla prevalenza e distribuzione territoriale dei nati con<br />
malformazioni, nel periodo 1998-2004, residenti nei 39 Comuni <strong>del</strong>l’Ulss 6 Vicenza e confrontare i valori con<br />
la media Eurocat.<br />
Fornire una base di dati per il monitoraggio e per la programmazione di interventi socio-sanitari.<br />
Metodi. I casi sono codificati (cod. ICD-9 740-759) per gruppi e sottogruppi di malformazioni (Fonte: Registro<br />
Nord-Est Italia); si sono calcolati i tassi medi/10mila nati nel periodo 1998-2004 nell’Ulss e nei Comuni. I dati<br />
Ulss sono confrontati con la media dei Registri Eurocat 1980-2003; si sono calcolati i rapporti tra casi osservati<br />
e attesi (O/A) sulla base dei tassi medi, gli intervalli di confidenza al 95% secondo la distribuzione di Poisson e<br />
la significatività <strong>del</strong>le differenze con il test chi quadro (p=0.05). Ulss (1998-2004) nati: 20.724; Eurocat (1980-<br />
2003): 11.752.043.<br />
Risultati. I nati malformati nel periodo sono 403, l’1,9% (403/20.724) dei nati; il tasso medio di prevalenza,<br />
pari a 194/10mila, è significativamente superiore al valore Eurocat (217.360; 184/10mila), O/A 1.05, IC95%<br />
1.00-1.10, p
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> materno-infantile – 17 ottobre<br />
41-INCIDENZA DI OSPEDALIZZAZIONE PER BRONCHIOLITE ED USO DI<br />
PALIVIZUMAB IN BAMBINI NATI PRETERMINE NEL LAZIO<br />
Pezzotti P 1 , Mantovani J 1 , Benincori N 2 , Mucchino E 3 , Di Lallo D 1<br />
1 LazioSanità Agenzia di Sanità Pubblica, 2 Ospedale Grassi (ASL Roma D), 3 Ospedale San Giuseppe<br />
(ASL Roma H)<br />
Introduzione. Dal 1999, la Commissione Europea ha autorizzato la messa in commercio <strong>del</strong> Palivizumab, un<br />
anticorpo monoclonale, dimostratosi efficace, in due studi clinici controllati, nel ridurre il rischio di<br />
ospedalizzazione in bambini ad alto rischio per infezione da virus sinciziale respiratorio (VRS) quale la<br />
bronchiolite.<br />
Obiettivi. Valutare nel periodo 2000-2006 tra i bambini nati pretermine e nei primi 18 mesi di vita,<br />
l’introduzione <strong>del</strong> Palivizumab, il tasso di incidenza (IR) di ospedalizzazione per bronchiolite ed il rischio<br />
relativo (RR) di ospedalizzazione dei bambini profilassati rispetto ai non profilassati con Palivizumab.<br />
Metodi. Studio longitudinale retrospettivo in bambini di età gestazionale (EG)
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Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> materno-infantile – 17 ottobre<br />
42-INTERRUZIONI VOLONTARIE DI GRAVIDANZA: IDENTIFICAZIONE DEI<br />
PROFILI DI RISCHIO, LAZIO 2007<br />
Polo A., Farchi S., Franco F., Asole S., Papini P., Natali A., Di Lallo D.<br />
Laziosanità-Agenzia di Sanità Pubblica <strong>del</strong>la Regione Lazio, Roma<br />
Introduzione. Nel Lazio, attraverso il sistema informativo ospedaliero, vengono raccolti in maniera continua e<br />
completa i dati relativi alle Interruzioni Volontarie di Gravidanza (IVG). Con questo sistema è possibile<br />
monitorare il fenomeno e fornire dati utili ad attività di prevenzione <strong>del</strong>le gravidanze indesiderate. Dai primi<br />
anni ’80 si è osservata nel Lazio una forte diminuzione <strong>del</strong> numero di IVG e dei tassi di abortività, passati da 20<br />
per 1000 donne in età fertile <strong>del</strong> 1982 a circa 11 per 1000 nel 2007. In controtendenza sembrano essere due<br />
gruppi di donne per le quali il fenomeno è in aumento: da un lato le donne immigrate dall’altro le minorenni.<br />
Obiettivi. Individuare i gruppi di popolazione femminile che ricorrono all’IVG, descriverne le caratteristiche e<br />
fornire indicazioni utili per la programmazione di interventi di prevenzione.<br />
Metodi. E’ stato utilizzato il Sistema di Sorveglianza <strong>del</strong>le Interruzioni Volontarie di Gravidanza <strong>del</strong> Lazio per<br />
l’anno 2007. Sono state incluse solo le IVG entro il 90° giorno di gestazione. E’ stata effettuata un’analisi <strong>del</strong>le<br />
corrispondenze multiple (ACM) utilizzando come variabili: le caratteristiche socio-demografiche <strong>del</strong>la donna<br />
(età, paese di nascita), la storia di abortività ripetuta, le caratteristiche <strong>del</strong>l’interruzione (età gestazionale, tempo<br />
d’attesa tra certificazione e intervento, ente certificatore, metodo <strong>del</strong>l’intervento e tipo di anestesia).<br />
Risultati. Nel Lazio nel 2007 ci sono state 14.716 interventi. Quelli effettuati entro i 90 giorni costituiscono il<br />
97% <strong>del</strong> totale <strong>del</strong>le IVG. Le IVG effettuate nel Lazio su donne nate all’estero erano pari al 42,6% <strong>del</strong> totale<br />
<strong>del</strong>le IVG, il tasso di abortività <strong>del</strong>le minorenni, risulta pari a 6.7 per 1000. Il 23,8% degli interventi nel 2007<br />
si è verificato entro le 8 settimane di gestazione, mentre il 23,4% è stato effettuato tardivamente (11-12).<br />
L’ACM ha messo in evidenza due principali assi fattoriali che spiegano il 93% <strong>del</strong>la variabilità totale. Il primo<br />
asse fattoriale identifica le caratteristiche <strong>del</strong>l’intervento: valori positivi <strong>del</strong>ineano IVG effettuate a bassa età<br />
gestazionale, con breve tempo d’attesa il cui ente certificatore è il reparto di ostetricia/ginecologia, il medico di<br />
fiducia o lo specialista; valori negativi evidenziano alta età gestazionale, lunghi tempi d’attesa e il consultorio<br />
come luogo per la certificazione. Il secondo asse è invece spiegato dalle caratteristiche <strong>del</strong>le donne: valori<br />
positivi identificano le donne nate in Italia o nei paesi a sviluppo avanzato, le giovani e donne che non hanno<br />
effettuato IVG precedenti; sui valori negativi si trovano le donne provenienti da paesi a forte pressione<br />
migratoria con una storia di abortività ripetuta. Vengono quindi evidenziati tre profili distinti: le donne italiane<br />
con età superiore ai 35 anni che effettuano l’intervento precocemente, si rivolgono al proprio ginecologo per il<br />
certificato, attendono pochi giorni ed effettuano l’isterosuzione; le adolescenti che si rivolgono al consultorio;<br />
le donne straniere con una storia di abortività ripetuta, età gestazionale avanzata, e che si rivolgono al<br />
consultorio.<br />
Conclusioni. Nonostante la forte diminuzione <strong>del</strong>le IVG nel tempo esistono gruppi di donne fragili come le<br />
immigrate per le quali si è osservato negli anni un aumento di IVG e una maggiore difficoltà all’accesso ai<br />
servizi. E’ pertanto prioritario indirizzare verso queste donne più vulnerabili programmi di prevenzione <strong>del</strong>le<br />
gravidanze indesiderate. Una <strong>del</strong>le misure da attuare potrebbe essere il potenziamento <strong>del</strong>la attività di<br />
prevenzione <strong>del</strong> consultorio e migliorarne la rete con i servizi ospedalieri.<br />
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43-MINORENNI ROMENI IN CONFLITTO CON LA LEGGE IN LOMBARDIA E NEI TRE<br />
DISTRETTI DELLA ROMANIA<br />
Popa I 1 , Corso F 2 , Miglioli L 2 , Croce F 3 , Giustiniani D 3 , Spaiuc G 4 , Bogdan M, 5 Fracasso M 2 , Borrelli P 1 ,<br />
Oancea C 1 , Montomoli C 1 .<br />
1 Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali,Università degli Studi di Pavia;<br />
2 Provincia di Milano; 3 Centro Giustizia Minorile <strong>del</strong>la Lombardia; 4 Amministrazione Nazionale dei<br />
Penitenziari di Romania; 5 Autorità Nazionale <strong>del</strong>la Protezione dei Diritti dei Bambini di Romania.<br />
Introduzione. L’allargamento <strong>del</strong>l’Unione Europea sollecita confronti e scambi internazionali per la diffusione<br />
di buone prassi volte alla protezione dei soggetti più deboli e in particolare dei bambini e dei ragazzi, cittadini<br />
di domani. La globalizzazione dei mo<strong>del</strong>li di consumo attira nei Paesi ad economia avanzata un numero sempre<br />
più consistente di ragazzi e giovani, illusi dalla prospettiva di facili e rapidi guadagni. L’aumento dei minorenni<br />
stranieri non accompagnati autori di reato, in particolare romeni, nel territorio italiano richiede interventi di<br />
trattamento e reinserimento articolati e specifici e impone la costruzione di reti di collaborazione bilaterali.<br />
Questa ricerca si colloca nell’ambito <strong>del</strong> Progetto “Protectie Copil” Cooperazione tra Italia e Romania per la<br />
protezione giuridica <strong>del</strong> minore.<br />
Obiettivi. 1) Analizzare le principali caratteristiche (personali e familiari) dei minorenni romeni entrati nel<br />
circuito penale afferente ai distretti <strong>del</strong>la corte penale di Milano e Brescia e dei minorenni che si trovano in<br />
carcere e nei centri di recupero di tre distretti <strong>del</strong>la Romania; 2) Proporre un mo<strong>del</strong>lo operativo di intervento<br />
per la prevenzione <strong>del</strong>la <strong>del</strong>inquenza dei minorenni romeni.<br />
Metodi. Uno studio descrittivo è stato effettuato sulle caratteristiche socio demografiche, mediche, sull’utilizzo<br />
di sostanze (alcool e/o droghe), sulla situazione legale e tipo d’infrazione commessa sulle popolazioni in studio.<br />
Popolazioni in studio: (i) minorenni romeni in conflitto con la legge nei distretti Timis, Dolj e Mehedinti <strong>del</strong>la<br />
Romania, (ii) minorenni romeni in carcere e nei centri di recupero nei tre distretti, (iii) minorenni romeni entrati<br />
nel Centro di Prima Accoglienza (CPA) di Milano, (iii) operatori a livello dei tre distretti <strong>del</strong>la Romania.<br />
La raccolta dei dati individuali per i minorenni che hanno commesso un’infrazione in Italia e in Romania e la<br />
raccolta dei dati aggregati <strong>del</strong> servizio è stata realizzata tramite la creazione di due schede di rilevazione.<br />
Periodo di studio: anno 2007.<br />
Risultati preliminari. Regione Lombardia: 89 sono i minorenni romeni entrati nel CPA di Milano nel 2007.<br />
Tra questi il 76,4% sono maschi, il 37% con età compresa tra 14 e 17 anni, 64% nomadi, 46% in stato di<br />
abbandono, 49% senza fissa dimora e 27% analfabeti. I tipi di reati più frequenti sono il furto (76%) e la rapina<br />
(17%). Il 40% dei minorenni sono sottoposti a custodia cautelare, 19% sono collocati in comunità, 20%<br />
sottoposti a remissione in libertà e 12% a permanenza in casa.<br />
Distretti <strong>del</strong>la Romania: Dolj, Mehedinti e Timis<br />
I minorenni romeni che hanno commesso un’infrazione e si trovavano nei servizi specifici dei tre distretti sono<br />
stati 369. Tra questi 22% sono in un carcere minorile, 17,6% in un centro di rieducazione e 4% in penitenziari<br />
per adulti. La distribuzione, per tipo di provvedimento è la seguente: il 50,5% “sorveglianza specializzata”,<br />
4,3% collocamento, 18% in centro di rieducazione e 26,9% in carcere. Il 25% hanno antecedenti penali. I tipi di<br />
reati commessi più frequentemente sono il furto (61%) e la rapina (20,5%).<br />
Conclusioni. Il confronto tra le due realtà merita ulteriori approfondimenti e fondamentale sarà<br />
l’implementazione di un mo<strong>del</strong>lo operativo d’intervento che stimoli la costruzione di reti di collaborazione<br />
bilaterali. La promozione di scambi, il confronto tra i servizi <strong>del</strong>la giustizia italiani e quelli romeni,<br />
l’elaborazione di strategie condivise di intervento a contrasto <strong>del</strong>la <strong>del</strong>inquenza minorile e la reinclusione<br />
sociale possono garantire la qualità <strong>del</strong>la vita dei minorenni romeni sia nel paese d’origine che in Italia.<br />
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44-IL CONTRIBUTO DELLA EPIDEMIOLOGIA ALLA PREVENZIONE DEGLI<br />
INFORTUNI SUL LAVORO: L’ARCHIVIO INFORMATICO DEGLI INFORTUNI NEI<br />
LUOGHI DI LAVORO IN SARDEGNA<br />
Rosanna Porcu, 1 Tinucia Nonne, 2 Teresa Scaduto, 2 Simonetta Sesler, 2 Pietro Masia, 3 Grazia Serra, 4<br />
Giorgio Marracini, 5 Carlo Manca, 6 e Pierluigi Cocco 2<br />
1 Regione Autonoma <strong>del</strong>la Sardegna – Assessorato Igiene, Sanità e Politiche Sociali<br />
2 Università degli Studi di Cagliari – Dipartimento di Sanità Pubblica – Sezione di Medicina <strong>del</strong> lavoro<br />
3 Azienda ASL 2 – Servizio di Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro, Olbia<br />
4 Azienda ASL 8 – SSD Ambiente e Salute, Cagliari<br />
5 Azienda ASL 8 – Servizio di Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro, Cagliari<br />
6 INAIL – Sopraintendenza Sanitaria Regionale <strong>del</strong>la Sardegna, Cagliari<br />
Introduzione ed obiettivi. L’archivio ottico degli infortuni sul lavoro <strong>del</strong>la sede Regionale INAIL <strong>del</strong>la<br />
Sardegna consente esclusivamente la sua consultazione. Insieme al fatto che la ripartizione territoriale <strong>del</strong>le<br />
sedi INAIL non corrisponde a quella <strong>del</strong>le ASL, ciò determina la possibilità da parte dei Servizi di Prevenzione<br />
e Sicurezza <strong>del</strong> Lavoro (SPreSAL) di accedere alla documentazione cartacea di tutti gli infortuni nel territorio<br />
di loro competenza, ricevuti <strong>del</strong>la sede INAIL, ed ad una loro elaborazione parziale attraverso l’ISPESL, solo<br />
con un ritardo non inferiore ad un anno rispetto al loro accadimento, ad eccezione degli eventi infortunistici<br />
gravi o mortali segnalati dalla Procura <strong>del</strong>la Repubblica. L’intervento a posteriori ed il ritardo nella<br />
disponibilità di informazioni rilevanti e <strong>del</strong>le loro elaborazioni non consentono di coglierne le potenzialità ai<br />
fini preventivi. Il progetto di informatizzazione <strong>del</strong> Servizio Sanitario Regionale (SISaR) nella Regione<br />
Sardegna, recentemente avviato, ha fornito l’opportunità di pianificare l’Archivio Informatico degli Infortuni<br />
nei luoghi di Lavoro in Sardegna.<br />
Metodi e risultati. I dati di ciascun evento infortunistico in ambiente di lavoro avviene momentaneamente su<br />
data base Microsoft Access ® , nel quale sono riaccorpate a livello regionale le denunce e certificazioni di<br />
infortunio di pertinenza di ciascuna sede periferica INAIL. L’archivio è articolato, secondo una logica<br />
relazionale, in quattro sezioni correlate fra loro con quattro link di accesso: il lavoratore, il datore di lavoro, la<br />
descrizione <strong>del</strong>l’infortunio e la certificazione medica <strong>del</strong>l’infortunio. Al momento, sono esclusi gli infortuni in<br />
itinere e quelli verificatisi in ambiente domestico. Nella forma attuale, l’inserimento dei dati nei relativi campi<br />
avviene manualmente secondo tre modalità: digitazione per esteso; selezione da un “menù a tendina”<br />
contenente le librerie di vari codici (Classificazione <strong>del</strong>le professioni ISTAT, ATECO, INAIL, ESAW);<br />
aggiornamento automatico di campi correlati (ad esempio la selezione <strong>del</strong> comune aggiorna automaticamente i<br />
campi provincia, codice di avviamento postale, codice ISTAT <strong>del</strong> comune ed ASL di competenza).<br />
Trimestralmente, i dati sono riaccorpati secondo la ripartizione territoriale <strong>del</strong>le ASL, che consente il calcolo<br />
<strong>del</strong> rapporto osservati/attesi nel periodo di riferimento per settore di attività economica (Codici Ateco 2001 a<br />
due cifre), ed i risultati sono tabulati in un report, accompagnati da un elenco <strong>del</strong>le aziende nelle quali si sono<br />
verificati infortuni sul lavoro, suddiviso per codice Ateco ed ordinato per numero assoluto di infortuni nel<br />
trimestre. Gli attesi sono derivati dalle stime ISPESL <strong>del</strong> numero di addetti per ASL e codice di attività<br />
economica. Apposite queries consentono di produrre ulteriori informazioni de elaborazioni su richiesta dei<br />
funzionari ispettivi.<br />
Conclusioni. La trasformazione in senso automatico <strong>del</strong>la procedura descritta nell’ambito <strong>del</strong> Sistema<br />
Informatizzato Sanitario Regionale (SISaR) <strong>del</strong>la Sardegna, attraverso collegamento <strong>del</strong>la rete interna INAIL,<br />
dei servizi di Pronto Soccorso, degli ambulatori INAIL e dei medici di base, consentirà il rapido accesso<br />
all’archivio degli infortuni sul lavoro ed il suo aggiornamento in tempo quasi reale, così da trasformare in senso<br />
pro-attivo l’attività di sorveglianza, e di disporre sia degli strumenti necessari per l’ottimizzazione <strong>del</strong>la<br />
definizione <strong>del</strong>le priorità, che di elaborazioni che descrivano la distribuzione spaziale e l’evoluzione temporale<br />
<strong>del</strong> fenomeno infortunistico e dei suoi determinanti in ambito regionale e nel territorio di competenza di<br />
ciascuna ASL.<br />
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45-USO DELLE CARTE NEONATALI SIN-2008 PER IDENTIFICARE I NEONATI<br />
SMALL-FOR-GESTATIONAL AGE<br />
Spada E 1 , Zolin A 1 , Occhi L 2 , Bertino E 2 , Milani S 1<br />
1) Istituto di Statistica Medica e Biometria “GA Maccacaro” – Università degli Studi di Milano, 2) Cattedra di<br />
Neonatologia– Università degli Studi di Torino<br />
Introduzione. Le carte di crescita neonatali derivano da studi trasversali, e sono basate sulla distribuzione <strong>del</strong>le misure<br />
antropometriche di neonati a differente età gestazionale (GA). Sono utili al fine di identificare neonati small-for-gestational<br />
age (SGA) che presentano una maggiore mortalità a breve termine, e un maggior rischio a lungo termine di deficit<br />
auxologici e neurocognitivi, disordini metabolici e malattie cardiovascolari1. Generalmente, ma non sempre, si definisce<br />
SGA un neonato di peso minore <strong>del</strong> 10° centile <strong>del</strong>le carte neonatali di riferimento, e AGA (appropriate-for-gestational age)<br />
un neonato di peso incluso tra il 10° e il 90° centile. È però fondamentale usare carte di riferimento adeguate alla<br />
popolazione in esame. Fino ad oggi erano disponibili due carte neonatali basate sui dati dei nati nel Nord-Est2 e nel Nord-<br />
Ovest3 d’Italia negli anni Ottanta e Novanta. Tali carte sono sempre più obsolete poiché il sempre più frequente ricorso al<br />
parto indotto in caso di insufficiente crescita fetale ha contribuito a modificare la popolazione neonatale.<br />
Obiettivo. Si presentano qui le carte <strong>del</strong> peso neonatale SIN-2008 (Società <strong>Italiana</strong> di Neonatologia). Queste hanno le<br />
caratteristiche di un “reference”, essendo riferite ad una popolazione obiettivo, in cui la presenza di patologie fetali o<br />
materne con effetto sulla crescita intrauterina non è criterio di esclusione.<br />
Soggetti e metodi. I 35 centri partecipanti, dislocati su tutto il territorio nazionale, hanno raccolto i dati antropometrici<br />
(peso, lunghezza e circonferenza cranica) relativi a 46,614 (22,648 femmine) nati da parto singolo, da genitori italiani e di<br />
GA compresa tra 23 e 42 settimane. Le rilevazioni sono state eseguite, da parte di personale addestrato, con tecniche e<br />
strumenti di misurazione precisi ed accurati. I centili grezzi condizionati all’età sono stati interpolati con una funzione<br />
EMGF (extended-mechanistic-growth-function)4 derivata dal mo<strong>del</strong>lo logistico generalizzato.<br />
Risultati e conclusioni. La figura confronta i centili <strong>del</strong>le carte SIN-2008 con quelli <strong>del</strong>le carte disponibili fino ad oggi2,3.<br />
Le tre carte neonatali sono simili per la mediana, ma differiscono per il 10° e il 90° centile. In particolare, nelle carte SIN-<br />
2008, i valori <strong>del</strong> 10° centile, utili alla valutazione dei neonati SGA, sono minori alle basse GA, e maggiori verso il termine<br />
(36 settimane o più). Ciò è probabilmente dovuto all’anticipazione <strong>del</strong> parto in caso di intra-uterin-growth-restriction e<br />
all’aumentata sopravvivenza perinatale dei neonati pretermine. Per questo motivo un maschietto di 30 settimane con un<br />
peso di 1000 grammi, è definito SGA sia utilizzando le carte di riferimento di Gagliardi et al2, sia quelle di Bertino et al3,<br />
mentre è definito AGA se si utilizzano come riferimento le carte SIN-2008. Al contrario una femminuccia di 40 settimane e<br />
2800 grammi è definita AGA secondo le carte di Gagliardi et al2 e di Bertino et al3, ma è SGA per le carte SIN-2008.<br />
Inoltre le carte SIN-2008 permettono di valutare<br />
anche i neonati con AG compresa tra 23 e 26<br />
settimane, che grazie al miglioramento <strong>del</strong>le cure<br />
ostetriche e neonatali, hanno sempre maggiore<br />
probabilità di sopravvivere.<br />
Figura:10°, 50° e 90° centile <strong>del</strong>la carte neonatali<br />
SIN-2008 (linea nera), Gagliardi et al2 (pallini neri) e<br />
Bertino et al3 (pallini bianchi)<br />
Bibliografia<br />
1. E Bertino, S Milani, Fabris C, De Curtis M. Neonatal anthropometric charts: what they are, what they are not. Arch Dis Child Fetal<br />
Neonatal Ed. 2007; 92: F7-F10<br />
2. Gagliardi L, Macagno F, Pedrotti D, et al. Standard antropometrici neonatali prodotti dalla task-force <strong>del</strong>la Società <strong>Italiana</strong> di<br />
Neonatologia e basati su una popolazione italiana Nord-Orientale. Riv Ital Ped 1999; 25:159-69<br />
3. E Bertino, Murru P, Bagna R, et al. Standard antropometrici neonatali <strong>del</strong>l’Italia Nord-Occidentale. Riv Ital Ped 1999; 25:899-906<br />
4. Clementi M, S Milani, Mammi I, Boni S, Monciotti C, Tenconi R. Neurofibromatosis type 1 growth charts. Am J Med Genet 1999;<br />
87:317-23<br />
[Il testo e/o le figure sono state ridotte perché debordanti dal formato previsto per gli abstract]<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
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46-DIAGNOSI PRENATALE Di INTRAUTERINE GROWTH RESTRICTION<br />
Zolin A 1 , Spada E 1 , Mischinelli M 2 , Todros T 2 , Milani S 1<br />
1) Istituto di Statistica Medica e Biometria “GA Maccacaro”, Università degli Studi di Milano, 2) Ostetricia e<br />
Ginecologia, Università degli Studi di Torino<br />
Introduzione. Il termine SGA (small-for-gestational age) indica, per definizione generalmente accettata, un<br />
neonato di peso minore <strong>del</strong> 10° centile <strong>del</strong>la distribuzione dei pesi di un insieme di neonati di riferimento. I<br />
neonati SGA rappresentano un gruppo eterogeneo che comprende sia bambini IUGR (intrauterine growth<br />
restriction), che non hanno sviluppato pienamente il loro potenziale di crescita durante la vita intrauterina, a<br />
causa di fattori limitanti (ad es. insufficienza placentare), sia bambini <strong>del</strong> tutto sani ma piccoli di costituzione.<br />
La diagnosi tempestiva di IUGR, che implica il monitoraggio attento <strong>del</strong>la gravidanza, consente di prevenire gli<br />
effetti <strong>del</strong>la sofferenza fetale, eventualmente con l’anticipazione <strong>del</strong> parto. Nella pratica clinica, in genere, lo<br />
IUGR è sospettato in base alla biometria ecografica fetale, ed è confermato poi dal ridotto flusso arterioso<br />
uterino o ombelicale, valutato con la flussimetria doppler.<br />
Obiettivi. Lo scopo di questo studio è valutare la capacità <strong>del</strong>le carte di crescita intrauterina e di velocità di<br />
crescita di discriminare i feti IUGR da quelli “normali”.<br />
Metodi. Il nostro insieme è costituito da 157 neonati SGA e da 150 neonati AGA (appropriate-for-gestational<br />
age), cioè di peso alla nascita tra il 10° e il 90° centile. I neonati AGA e SGA sono stati definiti rispetto alle<br />
carte neonatali di Bertino et al.1. Tra i neonati SGA, 28 sono stati considerati IUGR poiché con flusso<br />
ombelicale o uterino ridotto/assente all’eco-doppler. Per ogni gravidanza erano disponibili almeno due<br />
valutazioni ecografiche, effettuate a distanza di 6-17 settimane, di circonferenza cranica (HC), circonferenza<br />
addominale (AC), diametro biparietale (BPD) e lunghezza <strong>del</strong> femore (FL). Gli z-score relativi alle dimensioni<br />
e alla velocità di crescita <strong>del</strong> feto, sono stati calcolati rispetto ai valori di riferimento riportati da Di Battista et<br />
al.2 e Bertino et al.3. Per ogni misura antropometrica, si sono costruite le curve ROC empiriche relative ai<br />
valori rilevati alla prima e seconda visita e alla velocità di crescita corrispondente.<br />
Risultati e conclusioni. In tabella sono riportati, per prefissati valori di specificità, i valori di sensibilità <strong>del</strong>la<br />
AC nell’identificare i feti IUGR e gli intervalli di confidenza esatti (95% CI). La sensibilità <strong>del</strong>la seconda<br />
misura è risultata sempre superiore a quella <strong>del</strong>la prima misura. La sensibilità <strong>del</strong>la velocità di crescita è<br />
risultata superiore a quella <strong>del</strong>la prima misura, ma inferiore a quella <strong>del</strong>la seconda. Risultati analoghi si sono<br />
osservati per HC, BPD e FL.<br />
Sensibilità (95% CI)<br />
SP=0.75 SP=0.80 SP=0.85 SP=0.90<br />
AC prima visita 0.61 (0.41-0.79) 0.54 (0.34-0.73) 0.54 (0.34-0.73) 0.43 (0.24-0.63)<br />
AC seconda visita 0.93 (0.77-0.99) 0.93 (0.77-0.99) 0.89 (0.72-0.98) 0.86 (0.67-0.96)<br />
AC velocità 0.82 (0.63-0.94) 0.71 (0.51-0.87) 0.68 (0.48-0.84) 0.61 (0.41-0.79)<br />
La velocità si rivela spesso più sensibile <strong>del</strong>la dimensione raggiunta nel rilevare alterazioni <strong>del</strong>la crescita in<br />
atto, poiché è espressione di ciò che sta avvenendo e non di ciò che è già avvenuto. Il principale inconveniente<br />
<strong>del</strong>la velocità è che la sua stima è affetta dagli errori relativi alla prima e alla seconda misura ed è tanto più<br />
imprecisa quanto minore è il tempo intercorso tra le due rilevazioni. Per esempio, l’AC media di un feto di 21<br />
settimane (età media alla visita 1) è 16.1 cm e 26.3 cm a 31 settimane (età media alla visita 2)2, con errore di<br />
misura3 di 4.02 e 6.44 mm, cui corrisponde un coefficiente di variazione (CV%) <strong>del</strong> 2.5%. In questo periodo, la<br />
velocità di crescita media è 1.0 cm/settimana, con un errore di misura <strong>del</strong> 7.5% (CV%). Per questo motivo si<br />
può ritenere che il continuo affinamento <strong>del</strong>le tecniche e l’affidabilità sempre maggiore degli strumenti potrà<br />
rendere più utile l’uso <strong>del</strong>le carte di velocità nella pratica ostetrica.<br />
Bibliografia<br />
1. E Bertino, Murro P, Bagna R, Ventriglia A, Garzena E, Martano C, Prandi G, Costa S, Borgione S, S Milani, Fabris C.<br />
Standard antropometrici neonatali <strong>del</strong>l’Italia nord-occidentale. Riv Ita Ped, 1999; 25:899-906.<br />
2. Di Battista E, E Bertino, Benso L, Fabris C, Aicardi G. Longitudinal distance charts of fetal growth. Acta Obstet Gynecol<br />
Scand 2000; 79:165-73.<br />
3. E Bertino, Di Battista E, Bossi A, Pagliano M, Fabris C, Aicardi G, S Milani. Fetal growth velocity: kinetic, clinical, and<br />
biological aspects. Arch Dis Child 1996; 74:F10-F15.<br />
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47-IPERTENSIONE ARTERIOSA E LAVORO<br />
Barbini Norma¹, Squadroni Rosa²<br />
Osservatorio Epidemiologico – INRCA – Ancona Progetto di Ricerca CM/3/98 (Allegato 3)<br />
Introduzione. Gli elementi specifici che rendono ragione <strong>del</strong>la associazione tra l’attività lavorativa e un rischio<br />
elevato di sviluppare ipertensione arteriosa, non sono stati ancora completamente chiariti. L’obiettivo <strong>del</strong><br />
presente contributo è quello di indagare il ruolo di determinati rischi o vincoli connessi alle attività<br />
professionali come possibili fattori di rischio per ipertensione arteriosa.<br />
Materiali e metodi. I dati sono riferiti ad un campione di 1195 lavoratori dipendenti di diversi settori<br />
produttivi ed arruolati tramite una rete di medici <strong>del</strong> lavoro che svolgono il ruolo di medici competenti in<br />
azienda. Il campione è stato sottoposto ad una indagine tramite questionari per evidenziare i fattori di rischio<br />
per l’ipertensione arteriosa, i quali sono riconducibili alle: “Condizioni di lavoro”: a) fattori relativi alla fatica<br />
fisica: sollevamento di carichi pesanti, posture incongrue, sforzi su strumenti e vibrazioni; b) problemi legati<br />
con orari atipici; c) fattori ambientali di tipo fisico o chimico.“Valutazione soggettiva <strong>del</strong> lavoro”. Fattori<br />
connessi con: a) l’interesse nel lavoro b) la monotonia c) la latitudine decisionale; “Costrizioni specifiche sulla<br />
percezione <strong>del</strong> lavoro”: a)riguardanti la sfera psicocognitiva b)di tipo strumentale c)che influenzano i ritmi<br />
quotidiani d) di tipo fisico. Sono stati inoltre considerati i fattori di rischio ritrovati più frequentemente in<br />
letteratura: abitudine al fumo; pratica regolare di una attività sportiva; professione (distinguendo quadro e non<br />
quadro, rispettivamente per le professioni medio-alte con autonomia decisionale vs. professioni medio-basse<br />
con mansioni prettamente esecutive); la residenza (nord, centro e sud Italia); consumo di bevande alcoliche<br />
(valutate sulla base dei bicchieri quotidiani assunti di birra, vino, superalcolici Per la classificazione dei<br />
soggetti ipertesi sono stati considerati ipertesi i lavoratori con pressione arteriosa sistolica (PAS) 160 mm/Hg<br />
e/o una pressione arteriosa diastolica (PAD) 90 mm/Hg. Nel gruppo degli ipertesi sono stati inclusi anche<br />
coloro che risultavano in trattamento antipertensivo anche se i loro valori pressori non rientravano nei criteri<br />
menzionati.<br />
Risultati. La prevalenza di ipertensione è risultata pari al 18,5% (49 casi) nelle donne e al 25,7% (216 casi)<br />
negli uomini e aumenta in maniera proporzionale all’aumentare <strong>del</strong>l’età. In generale, negli uomini la<br />
prevalenza di ipertensione si è mostrata maggiore di almeno il 50% rispetto alle donne. Per quanto concerne la<br />
condizione professionale, distinta come quadro e non quadro, un rischio più elevato si e’ registrato per le<br />
professioni classificate come “quadri ”. Si osserva inoltre l’azione protettiva svolta dalla attività sportiva,<br />
mentre il fumo e, in particolar modo, l’alcool, si dimostrano importanti fattori di rischio per l’ipertensione.Con<br />
l’analisi multivariata, aggiustata per i principali fattori di confondimento, è stata valutata l’associazione tra<br />
fattori lavorativi e l’ipertensione arteriosa. Alcuni fattori risultati a rischio sono legati ad aspetti fisici <strong>del</strong><br />
lavoro, ma altri sono più specificatamente di tipo cognitivo ed organizzativo, dipendono cioè dal modo in cui è<br />
organizzato il lavoro e da come il soggetto gestisce le proprie abilità cognitive con l’età. Le caratteristiche <strong>del</strong><br />
lavoro che risultano significativamente associate (secondo il risultato <strong>del</strong> LR test) alla prevalenza di<br />
ipertensione arteriosa risultano: stare a lungo in piedi, fare più cose contemporaneamente, dormire ad orari<br />
irregolari, non poter distogliere gli occhi dal proprio lavoro.<br />
Conclusioni. Nel campione esaminato, sono stati identificati come maggiormente a rischio i fattori<br />
professionali legati all’organizzazione <strong>del</strong> lavoro, mentre le variabili riguardanti la fatica fisica o l’orario di<br />
lavoro o i fattori ambientali sembrano esercitare una minore influenza. Tra i fattori non legati alla attività<br />
professionale sembrano rivestire un ruolo importante l’eccessiva assunzione di bevande alcoliche e l’assenza di<br />
attività sportiva. Ciò fornisce indicazioni circa gli interventi di prevenzione da attivare per attenuare gli effetti<br />
nocivi di questa patologia.<br />
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48-STUDIO CASO-CONTROLLO SUI FATTORI DI RISCHIO DEGLI INCIDENTI<br />
DOMESTICI IN UNA POPOLAZIONE ANZIANA<br />
Camilloni L, Farchi S, Giorgi Rossi P, Chini F, Borgia P<br />
Laziosanità-Agenzia di Sanità Pubblica <strong>del</strong>la Regione Lazio<br />
Introduzione. Nel Lazio è stato stimato attraverso il sistema di sorveglianza basato sugli accessi in Pronto<br />
Soccorso che l’incidenza di infortuni domestici (ID) negli anziani è di 27 casi per mille, e di questi il 24% circa<br />
necessita di ricovero ospedaliero. Considerando le dimensioni che gli ID hanno assunto, il miglioramento <strong>del</strong>la<br />
conoscenza dei fattori di rischio risulta necessario ai fini di pianificare attività di prevenzione efficaci. L’ASP<br />
ha condotto in collaborazione con l’ISPESL uno studio caso-controllo di popolazione.<br />
Obiettivo. Scopo di questo studio è migliorare la conoscenza <strong>del</strong> fenomeno degli ID negli anziani, valutando<br />
l’effetto di stili di vita, salute e fattori di rischio ambientali sul verificarsi di tali incidenti.<br />
Metodi.<br />
Setting: Lazio. I soggetti sono stati reclutati in 10 ospedali di Roma.<br />
Disegno: Studio caso-controllo appaiato.<br />
Criteri di inclusione: Soggetti 65-85 anni che hanno effettuato un accesso in Pronto Soccorso per ID nel<br />
periodo compreso tra il 15/09/2004 e il 30/06/2005.<br />
Controlli: soggetti con lo stesso sesso, età (± 3 anni) e zona censuaria, che non abbiano avuto un ID nei<br />
precedenti 6 mesi. Ai controlli è stata inviata una lettera descrittiva <strong>del</strong>lo studio, dopo 3 settimane sono stati<br />
contattati telefonicamente e, in caso di consenso, sono stati intervistati a casa. A tutti i partecipanti è stato<br />
somministrato un questionario che raccoglie informazioni su variabili sociodemografiche, abitazione, attività<br />
domestiche, abitudini di vita, condizioni di salute, conoscenze e comportamenti relativi ai rischi presenti in casa<br />
e infortunio (solamente per i casi).<br />
Analisi: per ogni fattore di rischio considerato sono stati calcolati gli odds ratio (OR) appaiati. Le variabili con<br />
una significatività statistica di almeno 0.1 all’analisi univariata, sono state incluse in un mo<strong>del</strong>lo di regressione<br />
logistica condizionale.<br />
Risultati. Durante il periodo di studio sono stati identificati 107 casi. I luoghi in cui più frequentemente si è<br />
verificato l’incidente sono: il soggiorno (33%) e la camera da letto (22%). Nell’87% dei casi si è trattato di una<br />
caduta e la causa maggiormente responsabile <strong>del</strong>l’accaduto è “malessere improvviso” (33%), seguita da<br />
“distrazione/disattenzione” (25%). La metà degli anziani ha riportato una o più fratture agli arti inferiori. I casi<br />
e i controlli sono risultati ben bilanciati (65% donne, età media=75.6 anni). I risultati <strong>del</strong>l’analisi univariata<br />
mettono in evidenza associazioni tra ID e fattori legati alla casa (come il cattivo stato di conservazione e la<br />
scarsa luminosità), fattori legati alle attività <strong>del</strong>l’anziano (come le attività domestiche e l’attività motoria) e il<br />
suo stato psico-fisico (essere felice, avere una buona vista o essere soddisfatti <strong>del</strong> proprio stato di salute).<br />
Inoltre, sono risultate associate agli ID alcune patologie croniche e l’uso di alcuni farmaci. Nell’analisi<br />
multivariata le variabili che risultano positivamente associate al rischio di ID sono la scarsa luminosità<br />
<strong>del</strong>l’abitazione (OR=4.18; IC95%:1.40-12.46), avere uno stato d’animo negativo (OR=4.96; IC95%:1.16-<br />
21.16) rispetto a coloro che si dichiarano felici e la presenza di cardiopatie (OR=2.40; IC95%:0.97-5.94).<br />
Rispetto all’analisi univariata si conferma il ruolo protettivo di camminare all’aperto abitualmente (OR=0.31;<br />
IC95%:0.12-0.79) e di svolgere attività domestiche (OR=0.37; IC95%:0.15-0.95).<br />
Conclusioni. Dallo studio effettuato lo stato di salute generale e lo stato <strong>del</strong>l’abitazione sono risultati i<br />
maggiori determinati degli ID negli anziani. Altri fattori di rischio sono l’inattività e l’atteggiamento<br />
psicologico negativo. Tale studio mette in evidenza la necessità di pianificare interventi che riducano i rischi<br />
abitativi e che promuovano attività fisica/ludica per gli anziani.<br />
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49-ALTERAZIONI DEI GENI P53 E DSS1 E AUMENTATO RISCHIO DI INSORGENZA<br />
DEL CARCINOMA SQUAMOSO DELLA CUTE<br />
Catalano T. 1 ,Venza M. 2 , Visalli M. 1 , Torino C. 1 , Gargano R. 3 , Teti D. 1<br />
1 Dipartimento di Patologia e Microbiologia Sperimentale, Università di Messina; 2 Dipartimento di<br />
Neuroscienze e di Scienze Psichiatriche e Anestesiologiche, Università di Messina; 3 Dipartimento di Scienze<br />
Economiche, Sociali, Ambientali e Territoriali , Università di Messina<br />
Il rischio di sviluppare il carcinoma squamoso (squamous cell carcinoma, SCC) <strong>del</strong>la cute è correlato a<br />
meccanismi molecolari la cui comprensione può avere importanti implicazioni diagnostiche e terapeutiche. Le<br />
alterazioni genetiche conferiscono una maggiore suscettibilità all’insorgenza di tale forma di cancro. Il gene<br />
oncosoppressore p53 è un ‘target’ <strong>del</strong>le radiazioni UV e sue mutazioni rappresentano un evento precoce nella<br />
carcinogenesi cutanea. DSS1 è coinvolto nella normale crescita cellulare, nonché nei meccanismi riparativi <strong>del</strong><br />
dsDNA e nelle fasi precoci <strong>del</strong>la cancerogenesi <strong>del</strong>la cute.<br />
L’analisi di p53 e DSS1 è stata condotta su 48 campioni tissutali di pazienti affetti da SCC e provenienti dalla<br />
Sicilia Orientale.<br />
In considerazione <strong>del</strong>la natura dei dati si è applicata un’analisi <strong>del</strong>la varianza mediante test di permutazione non<br />
parametrica (NPC test).<br />
L’incidenza <strong>del</strong>le mutazioni di p53 è risultata essere omogenea per tipo istologico (p=0,452), sede <strong>del</strong> tumore<br />
(p=0,617), abitudine al fumo di sigaretta (p=0.566), esposizione agli UV (p=0.391) e storia familiare (p=0.200).<br />
Differenze significative sono state riscontrate nell’abitudine all’alcol (p=0.032) e nella storia personale di SCC<br />
(p=0.001). L’incidenza <strong>del</strong>le varianti 143G>G e G>A di DSS1 era omogenea per tipo istologico (p=0.309),<br />
sede <strong>del</strong> tumore (p=0.126), abitudine al fumo di sigaretta (p=0.901), all’alcol (p=0.212) e storia personale di<br />
SCC (p=0.171). Erano presenti differenze significative relative a storia familiare (p=0.025) ed esposizione agli<br />
UV (p=0.047). Dal momento che i polimorfismi di alcuni geni coinvolti nei processi riparativi <strong>del</strong> DNA<br />
possono condurre ad instabilità genetica, abbiamo ritenuto interessante valutare l'associazione <strong>del</strong> polimorfismo<br />
c.143G>A <strong>del</strong> gene DSS1 con un possibile incremento <strong>del</strong> rischio di insorgenza di SCC cutaneo. Per<br />
confermare la possibile correlazione genotipo-fenotipo, la ricerca di tale variante é stata condotta in popolazioni<br />
di controllo composte da 103 soggetti sani italiani, provenienti dalla stessa area geografica dei pazienti, e da 21<br />
soggetti sani ucraini, originari di regioni limitrofe a quelle interessate dal disastro nucleare di Chernobyl e di<br />
conseguenza ad alto rischio di insorgenza per lesioni neoplastiche cutanee. Il polimorfismo c.143G>A, rispetto<br />
alla variante c.143G>G, è stato identificato in 8 casi su 48 di SCC (16,67%), in 6/103 (5,83%) nella<br />
popolazione italiana di controllo ed in 5/21 (23,81%) negli ucraini. Differenze significative erano presenti tra<br />
pazienti SCC e controlli italiani (p=0,021) e pazienti SCC e controlli Ucraini (p=0,021). L’analisi<br />
immunoistochimica nei campioni SCC ha rivelato differenze statisticamente significative nell’espressione <strong>del</strong>la<br />
proteina DSS1 nel tessuto tumorale e normale sia a livello nucleare (p=0,001) che citoplasmatico (p=0,048).<br />
Statisticamente significativa era inoltre l’espressione di DSS1 a livello citoplasmatico (p=0,001) nei campioni<br />
tumorali portatori di c.143G>A rispetto alla variante G>G.<br />
Questi risultati suggeriscono che la presenza di c.143G>A nel gene DSS1 può interferire con il passaggio <strong>del</strong>la<br />
proteina dal citoplasma al nucleo, impedendo alla stessa di prendere parte ai processi riparativi <strong>del</strong> DNA a<br />
livello nucleare. Ciò indicherebbe una stretta associazione tra la presenza <strong>del</strong>l’allele A in DSS1 e un<br />
incrementato rischio di sviluppare SCC cutaneo.<br />
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50-IL SISTEMA DI SORVEGLIANZA RAPIDO SUGLI EFFETTI DELLE ONDATE DI<br />
CALORE NELLA AUSL MODENA<br />
De Girolamo G 1 , Carrozzi G 1 , Schiavi A 1 , Federzoni G 2 , Goldoni CA 1<br />
1 Servizio <strong>Epidemiologia</strong> Dipartimento di Sanità Pubblica AUSL Modena, 2 Programma Aziendale Fragilità<br />
AUSL Modena<br />
Introduzione. I cambiamenti climatici che si stanno verificando negli ultimi decenni espongono, nel periodo<br />
estivo, l'area <strong>del</strong> mediterraneo ad ondate di calore anomale per intensità e durata. Nella AUSL Modena, a<br />
fianco di azioni di prevenzione e contrasto degli effetti <strong>del</strong>le ondate di calore, dall’estate 2004 è attivo un<br />
sistema monitoraggio rapido <strong>del</strong>la mortalità presente che ha coinvolto tutti i comuni <strong>del</strong>la provincia e dal 2008<br />
è attivo per il Distretto di Modena un sistema di previsione riconoscimento <strong>del</strong>le persone fragili che hanno un<br />
rischio aumentato in queste situazioni.<br />
Obiettivi. Valutare il sistema di sorveglianza alla luce <strong>del</strong>l'esperienza di quattro anni di attività, con particolare<br />
attenzione al calcolo degli attesi e alla qualità <strong>del</strong> sistema.<br />
Metodi. Al Servizio di <strong>Epidemiologia</strong> <strong>del</strong>la AUSL Modena nelle estati 2004-2008 sono pervenuti<br />
settimanalmente i dati <strong>del</strong>la mortalità presente dagli uffici anagrafe dei 47 comuni <strong>del</strong>la provincia. Ogni<br />
mercoledì viene rilasciato un bollettino riportante il numero di decessi totali e degli ultra settantacinquenni sia<br />
per la settimana precedente che cumulativo dall'inizio <strong>del</strong>la sorveglianza. L’eventuale eccesso di mortalità<br />
viene calcolato utilizzando come atteso il numero dei decessi medi giornalieri per ogni comune nelle estati<br />
degli anni precedenti presi come riferimento.<br />
Risultati. Negli anni 2004 e 2005 (attesi calcolati rispettivamente sulla base dei periodi 2000-2002 e 2000-<br />
2003) non sono stati osservati eccessi di mortalità, sia considerando tutte le età che solo gli<br />
ultrasettantacinquenni.<br />
Per l'anno 2006 (riferimento 2000-2004) è stato osservato un eccesso di decessi degli ultrasettantacinquenni<br />
relativamente ad una sola settimana, rapporto di mortalità (RM: 1,23; IC95% 1,03-1,43). Nel 2007 (riferimento<br />
2000-2005, senza il 2003) sono stati registrati eccessi in tre settimane singole e in due osservando i decessi<br />
cumulati. Usando come riferimento il periodo 2003-2005 l'eccesso si riduceva ad una sola settimana (RM:<br />
1,28; IC95% 1,06-1,54). E’ stata osservata una correlazione tra tali risultati e l’andamento <strong>del</strong>le ondate di<br />
calore nei periodi considerati.<br />
Paragonando retrospettivamente i risultati <strong>del</strong> monitoraggio rapido rispetto alle schede di decesso ISTAT è<br />
stata rilevata una sufficiente ma non ottimale completezza dei dati.<br />
Conclusioni. Il monitoraggio è apparso di facile realizzabilità e a basso costo, consentendo di riconoscere in<br />
tempi rapidi l’effetto <strong>del</strong>le eventuali ondate di calore locali, ma non permette di rilevare le cause di morte.<br />
Risulta adeguato per gli scopi prefissati, sebbene necessiti di essere affiancato da un sistema che approfondisca<br />
le caratteristiche dei decessi e si attivi in presenza di eccessi di mortalità.<br />
La criticità maggiore è legata alla completezza <strong>del</strong>le segnalazioni e alla scelta <strong>del</strong> periodo temporale su cui<br />
effettuare il calcolo degli attesi.<br />
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51-VALUTAZIONE CON MATRICE MANSIONE-ESPOSIZIONE DEL RISCHIO<br />
OCCUPAZIONALE DI TUMORE POLMONARE IN UNO STUDIO CASO-CONTROLLO<br />
MULTICENTRICO DI POPOLAZIONE IN LOMBARDIA<br />
De Matteis S 1 , Consonni D 1,2 , Pesatori AC 1,2 , Bertazzi PA 1,2 , Caporaso N 3 , Landi MT 3<br />
1 Università degli Studi di Milano, 2 UO <strong>Epidemiologia</strong>, Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico,<br />
Mangiagalli e Regina Elena, Milano, 3 Division of Cancer Epidemiology and Genetics, National Cancer<br />
Institute, NIH, Bethesda, MD, USA<br />
Introduzione. Il tumore polmonare rappresenta la maggior causa di morte per neoplasia nel mondo con circa<br />
1,2 milioni decessi all’anno e in Italia con circa 30.000. Tra i determinanti di rischio, oltre al fumo di tabacco,<br />
grande rilevanza hanno i fattori occupazionali: nel 2000 si è stimato a livello mondiale che il 10% dei decessi<br />
per tumore polmonare negli uomini (88.000) e il 5% nelle donne (14.300) erano attribuibili ad esposizione a<br />
selezionati cancerogeni.<br />
Obiettivi. Scopo di questo lavoro è la stima, utilizzando una matrice mansione-esposizione, <strong>del</strong> rischio<br />
occupazionale di tumore polmonare nel contesto di uno studio caso-controllo di popolazione multicentrico,<br />
condotto in Lombardia tra il 2002 e il 2005 su soggetti di 35-79 anni, per valutare l’associazione tra<br />
determinanti genetici ed ambientali e tumore polmonare (Environment And Genetics in Lung cancer Etiology:<br />
EAGLE) (http://dceg.cancer.gov/eagle/).<br />
Metodi. Tra i 2101 casi e 2120 controlli arruolati nello studio EAGLE, 1944 casi e 2116 controlli hanno fornito<br />
attraverso intervista computer-assistita, informazioni su diversi possibili determinanti di tumore polmonare,<br />
inclusa la storia lavorativa completa (anno di inizio e fine, mansione, industria, per i lavori svolti per almeno 6<br />
mesi). Le mansioni e le industrie sono state codificate (in cieco rispetto allo stato di caso o controllo)<br />
utilizzando rispettivamente la International Standard Classification of Occupations (ISCO, 1968) e la<br />
International Standard Industrial Classification (ISIC, 1971). Le storie lavorative sono state quindi incrociate<br />
con una matrice mansione-esposizione, sviluppata per 16 cancerogeni respiratori e validata in precedenti studi<br />
caso-controllo multicentrici internazionali (1), per calcolare a livello individuale probabilità e intensità di<br />
esposizione, durata, ed esposizione cumulativa. Utilizzando mo<strong>del</strong>li di regressione logistica non condizionata,<br />
per ogni cancerogeno sono stati calcolati gli Odds Ratio (OR) e i relativi Intervalli di Confidenza al 95%<br />
(IC95%), aggiustati per area, sesso, età, numero di lavori, fumo di sigaretta e altri tipi di tabacco e per<br />
esposizione agli altri agenti inclusi nella matrice. L’analisi, per motivi di numerosità, è stata limitata ai seguenti<br />
cancerogeni: amianto, idrocarburi aromatici policiclici (IPA), cromo e composti, polveri di legno e cuoio, fibre<br />
minerali artificiali (MMMF), solventi, acido solforico, formaldeide, altri gas e polveri. Per i cancerogeni con<br />
evidenza di eccesso di rischio è stata stimata la proporzione di casi attribuibili (frazione attribuibile di<br />
popolazione, FAP). Le analisi sono state effettuate con Stata 10.<br />
Risultati. Analisi preliminari negli uomini hanno evidenziato, tra i cancerogeni esaminati, un aumento di<br />
rischio solo per esposizione ad amianto (OR: 1,5; IC95%: 1,1-2,0; 788 casi esposti, 51%). Considerando<br />
intensità e probabilità di esposizione, gli OR diventavano 1,5 per esposizione possibile (IC95%: 1,1-2,0; 706<br />
casi esposti, 46%) e 2,1 per esposizione probabile (IC95%: 1,2-3,7; 82 casi esposti, 5%). Le stime di rischio<br />
sono rimaste sostanzialmente invariate anche dopo aggiustamento per livello di istruzione, utilizzato come<br />
indicatore di stato socio-economico. L’analisi per durata di esposizione ad amianto ha evidenziato un trend<br />
lineare positivo (p=0,018), confermatosi anche per esposizione cumulativa (p=0,011). L’esposizione ad amianto<br />
ha mostrato una più forte associazione con gli istotipi adenocarcinoma e carcinoma squamocellulare, rispetto al<br />
carcinoma a piccole cellule. La FAP di tumore polmonare per esposizione ad amianto è risultata <strong>del</strong> 17%.<br />
Conclusioni. Nel nostro studio si è evidenziato per gli uomini con esposizione occupazionale ad amianto un<br />
rischio di tumore polmonare aumentato <strong>del</strong> 50%, con un trend lineare positivo per durata ed esposizione<br />
cumulativa. La proporzione di casi di tumore polmonare negli uomini attribuibile a tale esposizione è risultata<br />
pari al 17%, corrispondente a quasi 800 casi/anno in Lombardia.<br />
Bibliografia<br />
1) F Berrino, et al. Occupation and larynx and hypopharynx cancer: a job-exposure matrix approach in an international<br />
case-control study in France, Italy, Spain and Switzerland. Cancer Causes Control 2003;14: 213-23.<br />
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52-EFFICACIA DI UN PROGRAMMA DI INTERVENTO FISICO ED EDUCATIVO SUL<br />
POSTO DI LAVORO PER LA RIDUZIONE DELLA CEFALEA: UN TRIAL<br />
CONTROLLATO<br />
Evangelista A 1 , Galassi C 1 , Ciccone G 1 , Rota E 2 , Ugolini A 2 , Ferrero L 2 , Ceccarelli M 1 , Mongini F 2<br />
1 <strong>Epidemiologia</strong> dei Tumori, ASO San Giovanni Battista, CPO Piemonte, Torino. 2 Sezione Cefalee e Dolore<br />
Facciale, Dipartimento di Fisiopatologia Clinica, Università di Torino.<br />
Introduzione. La cefalea rappresenta uno dei disturbi clinici più diffusi con una prevalenza stimata a livello<br />
mondiale nella popoalzione adulta <strong>del</strong> 46%. Per la prevenzione ed il trattamento <strong>del</strong>la cefalea vengono spesso<br />
prescritti trattamenti fisici non invasivi, la cui evidenza di efficacia è ancora limitata.<br />
Obiettivi. Lo scopo di questo trial controllato era quello di valutare l’efficacia di un intervento fisico ed<br />
educativo nel ridurre la frequenza di cefalea in una coorte di impiegati pubblici a 6 mesi dall’ inizio <strong>del</strong><br />
programma.<br />
Metodi. In questo studio controllato non randomizzato sono stati inclusi 384 impiegati pubblici <strong>del</strong>la città di<br />
Torino. Gli impiegati <strong>del</strong>l’ Anagrafe Centrale (n=192) costituivano il gruppo di studio mentre gli impiegati<br />
<strong>del</strong>le Anagrafi Periferiche e dei Servizi Tributari (n=192) costituivano il gruppo di controllo. Per l’intera durata<br />
<strong>del</strong>lo studio (8 mesi) i soggetti hanno compilato un diario in cui riportavano quotidianamente gli episodi di<br />
cefalea. Dopo 2 mesi dall’ inizio <strong>del</strong>la compilazione dei diari (baseline) al gruppo di studio è stato<br />
somministrato l’intervento. I dati sono stati analizzati sia per la popolazione con i diari completi per tutto il periodo<br />
di follow-up e sia per la popolazione comprensiva anche dei soggetti con diari incompleti (intention-to-treat).<br />
Popolazione con diari completi. Per ogni soggetto è stata calcolata a 6 mesi dall’ inizio <strong>del</strong> programma la<br />
variazione rispetto alla baseline <strong>del</strong>la frequenza mensile di episodi di cefalea. Le variazioni sono state<br />
confrontate tra i gruppi mediante una analisi <strong>del</strong>la covarianza (ANCOVA) aggiustata per sesso, età, diagnosi di<br />
Depressione/Ansia Generalizzata (GAD) e frequenza di cefalea alla baseline.<br />
Popolazione Intention-to-treat. La probabilità giornaliera di avere un episodio di cefalea è stata stimata<br />
mediante un mo<strong>del</strong>lo di regressione logistica, controllando per le covariate sopra riportate. L'effetto <strong>del</strong> tempo,<br />
misurato in giorni, nel corso <strong>del</strong> follow-up, è stato mo<strong>del</strong>lato utilizzando una Spline Cubica, aggiungendo<br />
anche un termine di interazione con il gruppo di studio per tenere conto di potenziali effetti non lineari nel<br />
corso <strong>del</strong> follow-up. Si è tenuto conto, in questa analisi, <strong>del</strong>la correlazione dovuta alle misure ripetute entro<br />
soggetto utilizzando gli errori standard di Huber-White per l’ inferenza sulle stime <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo.<br />
Risultati. I soggetti con diari completi per l'intero periodo di studio sono stati 169(88%) per il gruppo di studio<br />
e 175(91%) per il gruppo di controllo. Il gruppo di studio consisteva di soggetti significativamente più anziani<br />
rispetto al gruppo di controllo (mediana, 48 anni versus 44, p
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> occupazionale – 17 ottobre<br />
53-IL RUOLO DEI REGISTRI NOMINATIVI DELLE CAUSE DI MORTE NELLA<br />
RILEVAZIONE DEGLI INFORTUNI MORTALI LAVORATIVI<br />
Martini A 1 , Giovannetti L 1 , Miglietta A 1 , Mantero S 3 Chellini E 1 , Baldasseroni A 2<br />
1 ISPO – Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica, Firenze, 2 CERIMP- Centro Regionale di<br />
riferimento Infortuni e Malattie Professionali e da lavoro - Regione Toscana, 3 U.F.S. Igiene e Sanità Pubblica<br />
– Dip. <strong>del</strong>la Prevenzione – Area funzionale Valdinievole – Azienda USL 3 Pistoia<br />
Introduzione. Come evidenziato già negli anni ’90 dall’<strong>Associazione</strong> Ambiente e Lavoro, il numero di<br />
infortuni mortali lavorativi (IML) dai dati forniti dall’INAIL, al quale per legge i datori di lavoro sono tenuti ad<br />
assicurare la propria manodopera, è sottostimato <strong>del</strong> 30% circa1. Alcuni studi hanno dimostrato il vantaggio di<br />
utilizzare più fonti informative per una stima corretta <strong>del</strong> numero di IML: a rilevazioni amministrative, sugli<br />
indennizzi dei lavoratori si sono affiancate rilevazioni sanitarie e raccolte di notizie dalla stampa. Anche studi<br />
effettuati in Toscana hanno confermato tale osservazione 2-5 e il Registro Mortalità Regionale toscano (RMR),<br />
basandosi sul “luogo <strong>del</strong>l’accidente”(quesito 9.3 <strong>del</strong>la scheda di morte ISTAT) e sul codice ICD-9 di causa di<br />
morte, ha pubblicato nei propri report annuali i dati toscani sugli IML non stradali6 .<br />
Obiettivi. 1) ottenere, per la Toscana, una stima completa e aggiornata <strong>del</strong> numero di IML, totale e suddiviso<br />
in stradali e non stradali; 2) stimare la completezza <strong>del</strong>le due fonti utilizzate, INAIL e RMR.<br />
Metodi. Sono state utilizzate le schede di morte ISTAT afferenti dai comuni alle 12 USL toscane codificate dal<br />
RMR secondo la Classificazione ICD-IX, e i dati provenienti dal flusso informativo INAIL-ISPESL-Regioni<br />
gestiti in Toscana dal Centro Regionale di riferimento Infortuni e Malattie Professionali <strong>del</strong>la Regione Toscana<br />
(CERIMP). E’ stato effettuato un record linkage di tipo deterministico tra i dati INAIL e RMR 2003-2006,<br />
integrato da appaiamenti manuali per i record discordanti e da controlli di qualità sulle informazioni registrate<br />
dal RMR. Per stimare il numero complessivo di eventi sono stati utilizzati metodi di analisi cattura/ricattura.<br />
Risultati. La maggior parte degli IML identificati solo sulla base <strong>del</strong>l’archivio RMR risulta avvenuta a<br />
persone, frequentemente di età anziana, impegnate in attività <strong>del</strong> settore agricolo, ma anche in altri settori,<br />
primo fra tutti quello <strong>del</strong>l’edilizia. Riguardo agli IML non stradali, limitatamente ai quali le due fonti potevano<br />
essere considerate indipendenti, si è applicato il metodo di cattura-ricattura per stimare il numero totale di<br />
eventi nel periodo considerato: la completezza <strong>del</strong>la fonte INAIL è risultata essere <strong>del</strong> 59% e quella <strong>del</strong> RMR<br />
<strong>del</strong> 74%.<br />
Conclusioni. La compilazione <strong>del</strong> certificato di morte, in caso di IML, sia avvenuto in ambiente lavorativo sia,<br />
ancor più, in itinere, necessita di esser fortemente migliorata. Si conferma l'importanza, ben nota dalla<br />
letteratura scientifica, di affiancare al sistema di registrazione <strong>del</strong>l'ente assicuratore almeno il sistema dei<br />
registri di mortalità per integrare e completare la conoscenza <strong>del</strong> fenomeno in aree di lavoro marginale, di<br />
evasione dall'obbligo assicurativo, in fasce di lavoratori non coperte dall'assicurazione. L’apporto dei registri<br />
<strong>del</strong>le cause di morte si rivela fondamentale inoltre per una conoscenza <strong>del</strong> fenomeno più ampia e rispondente<br />
alle esigenze di sanità pubblica, superando la definizione di IML strettamente assicurativa.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
<strong>Associazione</strong> Ambiente Lavoro. Indagine conoscitiva sulla sicurezza e l’igiene <strong>del</strong> lavoro c/o la Commissione Lavoro <strong>del</strong><br />
Senato il 3 marzo 1997. Dossier Ambiente, 1997; 40 (Suppl): 112-25.<br />
2 A Baldasseroni, E Chellini, Zoppi O, L Giovannetti. Infortuni lavorativi mortali: stime basate su più fonti informative.<br />
Med Lav, 2001, 92: 239-48<br />
3 E<br />
Chellini, A Baldasseroni A, L Giovannetti L, Zoppi O. La rilevazione degli infortuni mortali sul lavoro attraverso il<br />
Registro di Mortalità Regionale: i risultati <strong>del</strong>lo studio tosano 1992-96. Epidem Prev, 2002, 26(1): 11-17.<br />
4 A Baldasseroni, E Chellini, S Mantero, L Giovannetti. Occupational injuries in Italy. Int J Occup Environ Health 2005,<br />
11: 77-81<br />
5 S Mantero, A Baldasseroni, E Chellini, L Giovannetti. Infortuni mortali lavorativi: aggiornamento dei dati di un registro di<br />
mortalità. Med Lav 2005, 96(3): 238-42<br />
6 Settore Sistema Statistico Regionale <strong>del</strong>la Regione Toscana, Registro Mortalità Regionale <strong>del</strong> CSPO. Morti per causa:<br />
anno 2006. Firenze, Edizioni Regione Toscana, 2007.<br />
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54- I TUMORI CAUSATI DAL LAVORO NEL RECENTE APPROFONDIMENTO DI<br />
ALTRI PAESI: E IN ITALIA<br />
Merler E °<br />
° Registro regionale veneto dei casi di mesotelioma. Servizio Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di<br />
Lavoro, AULSS 16, Padova<br />
Introduzione. I tumori causati dal lavoro sono oggetto di riflessione per ragioni ben note: rappresentano la<br />
conseguenza di esposizioni a sostanze pericolose, <strong>del</strong>le quali costituiscono un sottogruppo particolare, e ci si<br />
deve domandare quali ragioni ne motivino l’utilizzo; le esposizioni sono misurate (o misurabili), il rischio è<br />
quantificato (o quantificabile) e riducibile; i tumori causati dal lavoro è ben noto che sono presenti e sono<br />
sintomo di disegualianze sociali, poiché colpiscono una frazione <strong>del</strong>la società alla quale viene chiesto di<br />
sopportare un danno per favorire benefici che interessano altri; vi sono diversi esempi sulla diffusione <strong>del</strong><br />
rischio dall’ambiente lavorativo a quello più generale per inquinamento di aria, acqua o suolo ma anche<br />
attraverso il contatto dei consumatori con prodotti che li contengono.<br />
Negli ultimi anni in diversi paesi è stata prodotta una riflessione aggiornata sulla consistenza dei tumori da<br />
lavoro mentre persiste, per quanto riguarda l’Italia, una mancanza di investimenti e ricerche su quale sia lo stato<br />
<strong>del</strong>l’arte.<br />
Obiettivi. Presentare una riflessione sui tumori causati dal lavoro riferendo <strong>del</strong>le informazioni disponibili.<br />
Metodi. Revisione <strong>del</strong>la letteratura e dei rapporti di organismi sopranazionali o di singoli paesi.<br />
Risultati. Una valutazione sulla consistenza dei tumori da lavoro è pubblicata dopo il 2005 relativamente ad<br />
Australia, USA, Francia, Inghilterra; approfondimenti già disponibili riguardavano diversi paesi scandinavi.<br />
Nell’ambito <strong>del</strong>l’Unione Europea, è stato sviluppato il sistema informativo CAREX, che ha fornito stime degli<br />
esposti al rischio cancerogeno per paese, attività industriale e agente partendo dalle liste IARC - sostanze e<br />
processi classificati come 1 e 2A - applicate alla prevalenza di esposti per settore di attività come emerge dai<br />
dati igienistici di Finlandia e USA. Lo studio non considera l’intensità <strong>del</strong>l’esposizione.<br />
Le riflessioni di Australia e Inghilterra sono state assunte da strutture di ricerca e intervento sui rischi lavorativi<br />
e sono il risultato <strong>del</strong> coinvolgimento di ricercatori, istituzioni e interessi, discusse in workshop e attraverso<br />
gruppi di lavoro.<br />
La riflessione USA è avvenuta nell’ambito di una valutazione sulla mortalità per causa e complessiva<br />
attribuibile al lavoro e consente di aggiornare le “famose” stime di Doll e Peto <strong>del</strong> 1981. Con la stessa<br />
metodologia sono state prodotte stime per Spagna e Nuova Zelanda. La riflessione francese non appare nella<br />
letteratura scientifica ma è la conseguenza di una ridefinizione degli organismi di ricerca sui rischi lavorativi e<br />
dei finanziamenti a diversi progetti di ricerca.<br />
Si noti l’assenza di informazioni per paesi di grande rilevanza come India e Cina e per i paesi <strong>del</strong>l’America<br />
Latina.<br />
Caratterizzano Inghilterra, Francia e Finlandia la disponibilità e la memorizzazione a livello nazionale di dati<br />
sulla intensità <strong>del</strong>l’esposizione nei luoghi di lavoro; in Inghilterra utilizzando indagini svolte in periodi diversi<br />
è ipotizzato l’andamento futuro dei tumori da lavoro, affermando la tendenza ad una marcata diminuzione.<br />
Sono state mosse critiche al consenso raggiunto in UK: l’approccio usato porterebbe a sottostimare i rischi<br />
cancerogeni, perché le esposizioni sono sì diminuite di intensità nelle grandi aziende ma si sono moltiplicate e<br />
non sono controllate le piccole aziende, l’orario di lavoro tende ad aumentare, si sottovaluterebbero i rischi nel<br />
genere femminile, le esposizioni a misture complesse, i nuovi rischi ad esempio quelli che deriveranno dalla<br />
diffusione di nanoparticelle.<br />
La riflessione sulla situazione italiana è troppo debole. Pesa la mancanza di progetti nazionali che abbiano<br />
curato la centralizzazione <strong>del</strong>le indagini ambientali, portino a misurare e stimare le esposizioni a cancerogeni,<br />
abbiano portato ad una valutazione epidemiologica dei rischi (se si eccettua lo studio OCCAM) proprio mentre<br />
sono in diminuzione gli studi collaborativi internazionali.<br />
In positivo è presente ora una legislazione rinnovata (il nuovo Testo Unico) ma per vdare attuazione ad un<br />
sistema nazionale di identificazione e sorveglianza dei tumori da lavoro occorre una forte iniziativa e una<br />
precisa riflessione.<br />
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55-ONDATE DI CALORE ED INTERVENTI DEL 118 NELLA PROVINCIA DI BOLOGNA:<br />
UN’ANALISI STATISTICA<br />
Miglio R 1 , Alessandrini E 1,2 , Scotto F 2 , Zauli Sajani S 2 , Marchesi S 2 , Lauriola P 2 .<br />
1 Dipartimento di Statistica <strong>del</strong>l’Università di Bologna, 2 Struttura Tematica di <strong>Epidemiologia</strong> Ambientale di<br />
ARPA Emilia-Romagna<br />
Introduzione. Il disagio bioclimatico è un riconosciuto fattore di rischio per la salute umana. L’effetto<br />
sanitario è stato valutato in letteratura soprattutto in termini di mortalità e ricoveri ospedalieri. Con questo<br />
studio ci si propone di analizzare l’effetto di tale fattore di rischio sugli interventi <strong>del</strong> 118 in Emilia-Romagna.<br />
Si ritiene infatti interessante valutare la possibilità di utilizzare, in studi epidemiologici, i dati <strong>del</strong> 118, poiché<br />
tali dati, pur con le loro peculiarità specifiche, presentano il vantaggio di essere disponibili in tempo reale e dal<br />
2006 sono gestiti con il medesimo software in tutta la regione Emilia-Romagna.<br />
Vengono qui presentati i risultati di uno studio pilota effettuato sulla provincia di Bologna, cui sta seguendo<br />
uno studio più ampio sul territorio regionale, attualmente in corso.<br />
Obiettivi. Lo studio pilota effettuato sui comuni di Bologna, Casalecchio e San Lazzaro di Savena nei mesi<br />
estivi ha avuto lo scopo di valutare l’esistenza di una relazione tra il disagio bioclimatico estivo e le richieste di<br />
intervento giunte al servizio 118 nell’area metropolitana di Bologna.<br />
Metodi. L’analisi si riferisce ai dati di interventi <strong>del</strong> 118 nei mesi estivi dal 2002 al 2005.<br />
Oltre ai dati sulle condizioni bioclimatiche (temperatura apparente calcolata dai dati di temperatura e umidità),<br />
sono stati anche considerati i livelli di inquinamento atmosferico in termini di concentrazioni medie giornaliere<br />
di ozono e PM10. Per le analisi sono stati utilizzati mo<strong>del</strong>li additivi generalizzati conducendo cinque analisi<br />
distinte: la prima interessa tutte le chiamate giunte al 118 e le altre quattro riguardano le chiamate giunte da<br />
soggetti di età superiore a 75 anni e per particolari classi di patologie.<br />
Risultati. Le analisi descrittive preliminari hanno evidenziato un aumento <strong>del</strong>le chiamate nel corso degli anni<br />
in esame. Le patologie prevalenti sono quelle cardiocircolatorie, respiratorie ed i traumi. Gli ultrasettantenni<br />
costituiscono la classe di età più rappresentata, il 43% circa, interessati prevalentemente da patologie<br />
cardiocircolatorie e respiratorie. Per questa classe di età sono state condotte analisi specifiche, confermando la<br />
relazione supposta tra il numero di chiamate giunte al servizio 118 e la temperatura apparente, in particolare per<br />
coloro che hanno contattato il 118 in presenza di problemi respiratori.<br />
Conclusioni. Le analisi condotte hanno avallato le ipotesi di partenza di riscontro <strong>del</strong>l’effetto <strong>del</strong> disagio<br />
bioclimatico estivo sulle richieste di intervento <strong>del</strong> 118, rispetto alle quali si sono individuati i soggetti<br />
maggiormente a rischio. Si è pertanto avviato lo studio regionale.<br />
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56-ANALISI DELLA SORVEGLIANZA DEGLI INCIDENTI DOMESTICI NELL’AUSL 7<br />
DI RAGUSA, ANNO 2007- 2008, PER LA PROGRAMMAZIONE E LA VALUTAZIONE<br />
DEL PIANO DI PREVENZIONE AZIENDALE<br />
Migliorino G. 1-3 Bocchieri A. 2 , Mauceri S. 3 , Bonomo P .3<br />
1 Sil (Servizio informativo Locale), 2 Servizio Informatico Aziendale, 3 Direzione Sanitaria Aziendale<br />
Introduzione. Gli infortuni domestici (ID) rappresentano un fenomeno rilevante per la sanità pubblica dal<br />
punto di vista <strong>del</strong>la mortalità e morbosità . Dai dati raccolti dal sistema di sorveglianza EHLASS nel periodo<br />
1998-2000 ci sono state in Europa quasi 20 milioni di persone vittime di ID, con oltre 5 milioni di ricoverati e<br />
56 mila decessi. In Italia, secondo i dati <strong>del</strong>l’indagine Multiscopo ISTAT “Aspetti di vita quotidiana”vi sono<br />
stati circa 3.000.000 milioni di persone vittime di ID nel 2001.<br />
Obiettivi. Uno degli obiettivi <strong>del</strong> Piano Aziendale per la Prevenzione degli I. D. è quello di attivare un sistema<br />
di sorveglianza nella Ausl n°7 di Ragusa, per la rilevazione degli I.D. in tutti i Pronto Soccorso (P.S.) dei<br />
Presidi Ospedalieri Aziendali allo scopo di migliorare la conoscenza <strong>del</strong> fenomeno nella popolazione residente<br />
nell’area di interesse e per la valutazione dei programmi di Prevenzione. Dal 1° gennaio 2008, sono stati<br />
inseriti, nel data - base <strong>del</strong> sistema informatico aziendale, le variabili utilizzate dal “Siniaca” per la<br />
realizzazione di un “Minimum data - set.<br />
Materiali, metodi e analisi. Lo studio è stato condotto prendendo in esame i flussi informativi degli accessi<br />
per I. D. occorsi dal 1 giugno 2007 al 31 giugno 2008, c/o i Pronto Soccorso dei Presidi Ospedalieri Aziendali.<br />
I dati raccolti includono l’anagrafica <strong>del</strong> paziente, le informazione relative all’incidente, il codice triage, l’esito<br />
e il codice <strong>del</strong>la SDO in caso di ricovero. Per valutare i casi è stato utilizzata la procedura di record - linkage<br />
semplice. La lesione e la diagnosi di trauma è stata effettuata attraverso l’analisi dei referti sanitari descritti nel<br />
data –base dai medici di P.S. Sono stati analizzati il n° di accessi osservati nei P. S. Aziendali per I. D., il tasso<br />
di incidenza standardizzato per 10.000 abitanti e classe di età dei Distretti Sanitari Aziendali di Vittoria e<br />
Modica. E’ stata realizzata la valutazione <strong>del</strong> codice “ triage, la classificazione <strong>del</strong>la lesione, il distretto<br />
corporeo interessato, l’ambiente in cui l’incidente è accaduto e la sua dinamica; infine l’analisi <strong>del</strong>le SDO dei<br />
casi ospedalizzati .<br />
Risultati. Il n° degli accessi in P.S. per I. D sono stati 699: il 28,4% anziani (età>=65 anni ) e il 15,2% giovani<br />
(classe “0-19”); le donne () anziane (2,2 %) e i maschi () “classe 0-19” (27,60%). Il tasso di incidenza per<br />
10.000 nella popolazione residente nei Comuni dei Distretti Sanitari risulta per le il 42,8/10.000 ab. e per gli<br />
il 33, 4 /10.000 ab. Il tasso di incidenza standardizzato per 10.000 e classe di età, rileva un tasso più alto nel<br />
Distretto di Vittoria (classe di età “ 85=>” 166,6 ), rispetto al Distretto di Modica (“classe di età 85=>” =46,8 ).<br />
Il codice triage: il “Bianco” 20,5% (n°143), il “Verde” il 66,2% (n°463); più alta negli uomini (66,8 %<br />
aggiustato per sesso). Per l’esito i dimessi sono l’80 % (I.C. 95% 77% - 83%), i ricoverati il 13 % (IC 95%<br />
11% - 16 %). L’associazione tra anziani con I. D. e “ ricovero ospedaliero” ha un OR = 3,7 (I.C. 2,4 - 5,9) p-<br />
value < 0,000, aggiustato per sesso le = 4,4 (I.C. 2,5 – 7,8) e gli = 3,1 (I.C. 1,3 - 7,3). La lesione più<br />
frequente è il “Trauma contusivo” (62,9%) seguono le ferite lacero –contuse (16,7%) .La sede più colpita è<br />
l’arto superiore (31%) , segue l’arto inferiore (28% ), il volto (9%) e il cranio (8,4%). Per la dinamica<br />
<strong>del</strong>l’evento: la caduta (69,8% ), l’urto( 11,3%), puntura/ ferite (5,4%). Il luogo <strong>del</strong>l’evento: “non<br />
definito”(26,6%), altri locali (24,6%) , cucina (18,20%) , le scale (14,50%). L’analisi <strong>del</strong>le SDO (N° 82)<br />
evidenzia un maggiore ricorso all’ospedalizzazione nella classe di età “ 65=> “ 51,2% (IC 39,9 - 62,4), (le <br />
anziane 62% aggiustato per sesso). La frattura <strong>del</strong> femore (17%) è la diagnosi principale maggiormente<br />
accertata segue la frattura <strong>del</strong>l’omero (12%) e il traumatismo alla testa (15,9%). La dimissione più osservata è<br />
“l’ordinaria a domicilio <strong>del</strong> pz “(93 %), i deceduti l’1,2 %. I DRG ministeriali sono il 254 (13 %), il 445 (8%) il<br />
210 (6%) il 236 (6%). La Degenza media I.D è di 5,2 gg.<br />
Conclusioni. I risultati <strong>del</strong>lo studio sottolineano l’importanza <strong>del</strong>le fonti informative in ambito locale. Per<br />
migliorare il “Minimum data - set “ si auspica la collaborazione con gli operatori informatici e con gli operatori<br />
<strong>del</strong> P.S. dei Presidi Ospedalieri. I risultati danno indicazioni utili per orientare approfondimenti sulla<br />
popolazione a rischio e sui i fattori di rischio, nonché sulla valutazione di efficacia degli interventi di<br />
prevenzione .<br />
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57-INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI A TARANTO: UN’ANALISI DEI DATI<br />
INAIL<br />
Piccinni S, Romanelli AM *, Vigotti MA°<br />
ASL TA-1, Medicina <strong>del</strong> Lavoro, Taranto; *CNR, IFC, Sezione <strong>Epidemiologia</strong> e Ricerca sui Servizi Sanitari, Pisa<br />
° Università di Pisa - Dipartimento Scienze Uomo e Ambiente<br />
Introduzione. Taranto, una città con oltre 40.000 addetti in insediamenti industriali, circa 20.000 nella sola<br />
ILVA. Sulla popolazione residente sono stati condotti diversi studi, pochi ne sono stati condotti sui lavoratori<br />
<strong>del</strong>l'industria.<br />
Obiettivi. Descrivere il fenomeno <strong>del</strong>le tecnopatie a Taranto attraverso l’analisi degli infortuni e <strong>del</strong>le malattie<br />
professionali.<br />
Materiali e metodi. Fonti dei dati: EpiWork (INAIL, ISPESL, Regioni) e Registro Nazionale Mesotelioma<br />
(ReNaM ).<br />
Sono stati esaminati gli infortuni e le malattie professionali (MP), 2000-2005, di lavoratori nelle categorie:<br />
“metallurgia” e “altri comparti”. I risultati sono stati espressi in percentuali e tassi grezzi.<br />
Risultati. La popolazione lavorativa aumenta, gli addetti alla metallurgia (leggi addetti ILVA), numericamente<br />
costanti, diminuiscono percentualmente (dal 19,6% al 16%).<br />
INFORTUNI<br />
1) Gli infortuni denunciati in tutti i comparti aumenta solo in provincia di Taranto, nelle altre province<br />
risultano in calo.<br />
2) Il tasso degli infortuni aumenta per i lavoratori nella metallurgia, diminuisce per i lavoratori negli altri<br />
comparti.<br />
3) Il 31,3% degli infortuni definiti dall’INAIL riguardano gli addetti alla metallurgia. Gli incidenti mortali in<br />
metallurgia sono 11, il 22,4% dei morti sul lavoro, gli infortuni con invalidità permanente 238, il 18,5%<br />
<strong>del</strong>le invalidità permanenti.<br />
4) Il 53,6% degli infortuni accadono in età inferiore a 30 anni ed il 27% oltre 40 anni, tra gli addetti alla<br />
metallurgia; negli addetti agli altri comparti il 24% degli infortuni accade sotto i 30 anni ed il 41% sopra i<br />
40 anni.<br />
MALATTIE PROFESSIONALI<br />
1) In provincia di Taranto si registra il 40% di tutte le MP denunciate in Puglia. Le MP in metallurgia sono il<br />
22,4% dei 3648 casi di MP denunciati. Il tasso di MP risulta in diminuzione costante, da 8 a 6,2x1000; per<br />
gli addetti ad altri comparti i tassi di MP passano da 7 a 5,5x1000, per gli addetti alla metallurgia<br />
l’andamento oscilla con valori più elevati nel 2000 (13,5x1000) e nel 2005 (11x1000). E’ da rilevare che<br />
negli anni in cui ILVA contribuisce meno e il tasso di MP di tutti i comparti si mantiene il linea con gli<br />
altri anni, verosimilmente tutto l’apparato produttivo tarantino produce tecnopatie.<br />
2) Tra le MP definite l’INAIL ne ha riconosciute il 76% (920 casi) tra gli addetti al comparto metallurgico ed<br />
il 35% (1083 casi) tra gli addetti agli altri comparti. Tra le MP riconosciute nei due settori le BPCO sono<br />
9% e 2,5% rispettivamente tra gli addetti al metallurgico e gli altri comparti, i Tumori al Polmone sono il<br />
6,4% e il 4,3%, i tumori <strong>del</strong>la pleura 1,5% e 2,4%, i tumori alla vescica 1,2% e 1,9%.<br />
Discussione. L'organizzazione <strong>del</strong> lavoro e la gestione <strong>del</strong>la sicurezza sono i punti su cui intervenire: si<br />
suggerisce maggiore attenzione all'addestramento, all'informazione e alla formazione dei giovani operai, alla<br />
circolarità <strong>del</strong>l’informazione sui processi lavorativi dai vecchi ai nuovi dipendenti.<br />
a) Gli Organi di Vigilanza (ASL, Direzione Provinciale Lavoro) intervengono spesso sul singolo evento (su<br />
<strong>del</strong>ega giudiziaria) e raramente in tempo reale. Bisogna procedere alla costituzione di un Osservatorio<br />
Territoriale, con la collaborazione di ASL, INAIL, Direzione Provinciale Lavoro e ARPA sugli infortuni e<br />
MP.<br />
b) Diventa improcrastinabile la sorveglianza sanitaria degli esposti a cancerogeni. I dati indicano che<br />
l’apparato respiratorio è il bersaglio di tali agenti. L’amianto è ancora in molti manufatti in uso nei cicli<br />
produttivi. ILVA nel 2004 dichiarava nel Registro degli esposti a sostanze cancerogene, circa 600<br />
lavoratori esposti a Idrocarburi Policiclici Aromatici e circa 100 a benzene, senza considerare le diossine.<br />
Sarebbe opportuno conoscere anche quelli di AGIP, Arsenale militare, ed altri impianti industriali.<br />
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32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
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58-IL MONITORAGGO DEGLI INCIDENTI DOMESTICI IN PROVINCIA DI TRENTO,<br />
QUALI INDICAZIONI PER LA PREVENZIONE<br />
Piffer S.*, Moretti A°, S. Demonti #<br />
* Osservatorio Epidemiologico, ° Servizio Educazione alla Salute, # Servizio Sistemi Informativi, Azienda<br />
Provinciale per i Servizi Sanitari, Trento<br />
Introduzione. Gli incidenti domestici (IC) rappresentano un rilevante problema di sanità pubblica, il cui<br />
monitoraggio è in capo agli Osservatori Epidemiologici ed il controllo ai Dipartimenti di Prevenzione (legge<br />
493-3.12.1999). Monitoraggio e prevenzione degli IC rientrano nel Piano Nazionale <strong>del</strong>la Prevenzione <strong>del</strong><br />
CCM. In Trentino gli strumenti per il monitoraggio offrono buone opportunità considerando che tutti i PS sono<br />
informatizzati anche se la qualità di registrazione va consolidata. Un ottimale registrazione è suggerita dai dati<br />
ISTAT-multiscopo che riportano per il Trentino una prevalenza oltre la media nazionale.<br />
Obiettivi. Rappresentare l’andamento 2004-2007 degli IC in Trentino attraverso i flussi correnti, valutandone<br />
caratteristiche ed entità in relazione anche con le iniziative di miglioramento dei flussi (corso sulla<br />
compilazione SDO nel 2005-2006, implementazione specifiche <strong>del</strong> sistema SINIACA nei PS con formazione<br />
degli operatori nel 2007) e le iniziative di prevenzione sviluppate dall’Azienda Sanitaria (diffusione di<br />
materiale informativo per le famiglie con bambini di 0-5 anni dal 2004 e per le donne dal 2007).<br />
Metodi. Sono presi in considerazione i database informatizzati, relativi al periodo 2004-2007, riguardanti<br />
accessi in PS, SDO e dati di mortalità codificati localmente. Sono analizzati i trend per sesso e età, i tassi di<br />
afferenza in PS e per il solo 2007 i dati inerenti a dinamica e luogo di accadimento degli eventi.<br />
L’ospedalizzazione è calcolata tramite record-linkage tra database PS e database SDO, per tener conto <strong>del</strong>la<br />
potenziale miscodifica <strong>del</strong>la causa esterna nelle SDO. Si forniscono le probabilità di ricovero per sesso e classe<br />
di età, lo spettro <strong>del</strong>le patologie riscontrate e gli esiti dei ricoveri.<br />
Risultati. Il numero medio annuo di accessi in PS per IC è pari a 4868, con un incremento <strong>del</strong> 70% nel 2007<br />
rispetto al 2004. Questi rappresentano il 2,4% <strong>del</strong> totale accessi nei PS. Il rapporto M/F tende a 1 anche se dai<br />
55 anni la quota femminile risulta via via preponderante. Il tasso di afferenza in PS, nei residenti, passa da 58,9<br />
a 100,3/10.000, con una netta differenza tra aree urbane (40,4/10.000) e rurali (126,3/10.000). La proporzione<br />
di soggetti 0-14 anni passa dal 12,0 al 13,0%, con la quota 0-5 anni che mantiene il suo peso immodificato nel<br />
tempo, pari al 50% <strong>del</strong>la classe 0-14. Gli ultra65enni passano dal 25,8 al 28,8%. La quota dei codici colore<br />
“non bianchi”, nel 2007, è pari all’80% dei casi. In tutte le classi di età la dinamica più frequente è la<br />
caduta/inciampamento ed il luogo più frequente di accadimento è, negli anziani, la cucina e nei bambini, gli<br />
spazi aperti pertinenti alla casa. Il numero medio annuo di ricoveri è pari a 457, con un incremento <strong>del</strong> 27,5%<br />
rispetto al 2004. Si ha in media un ricovero ogni 10,6 accessi in PS, 1 ogni 5,6 negli anziani ed 1 ogni 50 nei<br />
bambini. Le giornate di degenza aumentano <strong>del</strong> 49% nel 2007 rispetto al 2004. La degenza media è di 11<br />
giorni, 1,9 nei bambini e 12,8 negli anziani. In tutte le classi di età dei ricoverati prevalgono le fratture degli arti<br />
inferiori (44%; 65% negli anziani). Tutti i bambini sono dimessi al domicilio, il 12% degli anziani viene<br />
istituzionalizzato, il 3,2% decede in ospedale. La mortalità generale registra 20 decessi/anno attribuibili a IC, il<br />
75% dei quali in ultra65enni.<br />
Conclusioni. I flussi informativi correnti, la cui completezza e qualità resta da consolidare, forniscono un<br />
quadro <strong>del</strong>l’occorrenza degli IC e <strong>del</strong> loro impatto sui servizi sanitari utile per il monitoraggio epidemiologico,<br />
indicando al contempo le priorità <strong>del</strong>la prevenzione considerando tra l’altro gli anziani. Gli interventi messi in<br />
campo fino ad oggi non paiono impattanti e quelli futuri dovrebbero tenere in considerazione le evidenze di<br />
efficacia disponibili, operando gli opportuni riorientamenti dei servizi.<br />
257
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> occupazionale – 17 ottobre<br />
59-IL SISTEMA INFORMATIVO NAZIONALE SUGLI INCIDENTI DOMESTICI<br />
A. Pitidis, M. Giustini<br />
Istituto Superiore di Sanità, Roma<br />
Ogni anno in Italia si verificano circa 3 milioni di incidenti domestici (1). Di questi, circa 1.7 milioni<br />
richiedono assistenza di pronto soccorso (PS) e circa 130.000 vengono ricoverati. La prevenzione di questa<br />
tipologia di evento rappresenta, quindi, un obiettivo di prioritario interesse sanitario e per la sua realizzazione<br />
risulta di fondamentale importanza la disponibilità di un adeguato sistema di sorveglianza. In considerazione di<br />
questi aspetti, ed in riferimento alla Legge 493/99, presso l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) è stato attivato un<br />
sistema informativo nazionale sugli incidenti domestici (SINIACA) (2); in questo ambito l’ISS coordina per<br />
l’Italia il programma europeo di sorveglianza degli incidenti contribuendo alla base integrata di dati europei<br />
sugli incidenti (Injury DataBase). Il presente contributo ha l’obiettivo di descrivere le principali osservazioni<br />
effettuate dal SINIACA nel corso <strong>del</strong> 2005.<br />
Il SINIACA si avvale di un sistema di rilevazione dei dati condiviso da 30 servizi di Pronto Soccorso (PS),<br />
distribuiti sull’intero territorio nazionale, i quali rilevano su base annuale oltre 60 mila casi di incidenti<br />
domestici.<br />
Sono stati analizzati 65 mila casi provenienti dai PS che collaborano al SINIACA relativi all’anno 2005<br />
equamente ripartiti tra maschi e femmine. La distribuzione per età ha evidenziato che circa il 18% <strong>del</strong>la<br />
casistica presenta un’età inferiore ai 15 anni, il 54% compresa tra 15 e 64 anni e il 28% superiore ai 65 anni.<br />
La maggior parte degli incidenti sono risultati causati da cadute (40%), ferite da taglio o punture (15%), urti e<br />
schiacciamenti (12%). I casi di soffocamento e di avvelenamento, pur essendo raramente osservabili in PS<br />
(meno <strong>del</strong> 3%) sono, dopo la caduta, le prime cause di ricovero per bambini da 1 a 4 anni. Circa il 7% dei<br />
pazienti esaminati dai PS è stato ricoverato. Tra questi, circa il 70% ha subito un trauma da caduta che ha<br />
coinvolto principalmente soggetti con età superiore ai 65 anni (pari a circa il 75% dei ricoveri causati da trauma<br />
da caduta). Tra le altre cause di ricovero vi sono urti e ferite da taglio e punta che insieme assommano a circa il<br />
10%.<br />
Gli ambienti domestici in cui gli incidenti sono risultati più frequenti sono la camera da letto (18%), la cucina<br />
(13%), le scale (9%) ed il bagno (4%). I dettagli rilevati su modalità e prodotti coinvolti hanno evidenziato che<br />
circa il 70% <strong>del</strong>le cadute avviene da strutture fisse <strong>del</strong>l’edificio. Per quanto riguarda gli urti, la maggior parte si<br />
verifica contro il mobilio (20%), parti <strong>del</strong>l’edificio (16%) e vegetazione (5%); le ferite da taglio sono provocate<br />
principalmente da posate o stoviglie (15%), da attrezzi ed utensili di vario tipo (14%), schegge ed altri pezzi di<br />
materiale (13%); i casi di soffocamento derivano per il 65% da prodotti chimici, per il 18% da cibo e per il 6%<br />
da articoli di igiene; le ustioni sono causate per 33% da cibo bollente, per il 22% da esposizione a radiazioni<br />
naturali e per il 5%, rispettivamente, da stoviglie bollenti ed uso di prodotti chimici.<br />
Il SINIACA è in grado di fornire un’approfondita caratterizzazione <strong>del</strong> fenomeno degli incidenti domestici in<br />
Italia ed indicazioni dettagliate sui principali fattori di rischio associati alle diverse modalità di incidente. La<br />
base di dati generata da questo sistema costituisce la principale fonte informativa per indirizzare piani di<br />
prevenzione nazionali e linee guida di riferimento per gli incidenti domestici.<br />
1) Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), “Aspetti <strong>del</strong>la vita quotidiana”, Indagine multiscopo (2001), Statistiche in breve;<br />
2) A Pitidis, Taggi F (a cura di) Ambiente casa: la sicurezza domestica dalla conoscenza alla prevenzione, (2006), Franco<br />
Angeli, Milano.<br />
258
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> occupazionale – 17 ottobre<br />
60-RISCHIO PROFESSIONALE DI TUMORE DELLA VESCICA IN ITALIA: UNA STIMA<br />
DEI POTENZIALI ESPOSTI A PARTIRE DA ARCHIVI AMMINISTRATIVI<br />
Scarselli A, Scano P, Binazzi A, Marinaccio A<br />
Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza <strong>del</strong> Lavoro (ISPESL), Dipartimento di Medicina <strong>del</strong><br />
Lavoro, Laboratorio di <strong>Epidemiologia</strong>, Roma, Italia<br />
Introduzione. Il numero di nuovi casi di tumore <strong>del</strong>la vescica diagnosticati in Italia ogni anno si aggira attorno<br />
ai 19.300 (AIRT, 2006), mentre la percentuale di questi tumori attribuibile ad esposizione professionale è<br />
compresa tra il 5-10% per i maschi e l’8% per le femmine. Recenti studi di analisi dati di tipo “pooled” hanno<br />
evidenziato eccessi significativi di rischio per tumore <strong>del</strong>la vescica in specifici settori industriali (ad es.<br />
fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche o di prodotti chimici). Tra questi settori sono emerse<br />
alcune “nuove” attività a rischio, come conseguenza <strong>del</strong> continuo cambiamento dei processi industriali e<br />
<strong>del</strong>l’impiego di nuovi agenti.<br />
Obiettivo. Lo scopo di questo studio è quello di stimare il numero di lavoratori potenzialmente esposti al<br />
rischio di tumore <strong>del</strong>la vescica in settori economici che hanno evidenziato un pericolo per la salute, a partire<br />
dall’archivio ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza <strong>del</strong> Lavoro) dei luoghi di lavoro.<br />
Metodi. Per stimare il numero dei potenziali esposti al rischio di tumore <strong>del</strong>la vescica, sono stati selezionati i<br />
codici, secondo la classificazione ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) “Ateco2002” <strong>del</strong>le attività<br />
economiche, risultanti da due diverse analisi dati di tipo “pooled” realizzate su studi di caso-controllo per<br />
tumore professionale <strong>del</strong>la vescica in Europa, una specifica per gli uomini [1] e l’altra per le donne [2]. Sulla<br />
base di questo elenco di codici sono state estratte dall’archivio ISPESL dei luoghi di lavoro [3], aggiornato al<br />
2004, le aziende di interesse ed è stato calcolato il relativo numero di dipendenti, suddivisi per qualifica<br />
(“operai” e “impiegati”). Successivamente, sono stati considerati potenzialmente esposti solo i lavoratori<br />
dipendenti con la qualifica di “operaio”. I settori <strong>del</strong>l’amministrazione pubblica e <strong>del</strong>le ferrovie <strong>del</strong>lo stato sono<br />
stati esclusi perché non è stato possibile risalire alla distinzione tra operai e impiegati.<br />
Risultati. Il numero di occupati in settori <strong>del</strong>l’industria e dei servizi potenzialmente a rischio di tumore <strong>del</strong>la<br />
vescica è stimato in 443.849 operai. Tale dato rappresenta circa il 3% <strong>del</strong>la forza lavoro in Italia se rapportato<br />
all’ultimo censimento ISTAT <strong>del</strong>l’industria e dei servizi (2001). Per quanto riguarda la distribuzione per macro<br />
settore economico (sezioni e sottosezioni <strong>del</strong>la classificazione “Ateco2002”), le attività con maggior numero di<br />
esposti risultano essere “DN - Altre Industrie Manifatturiere” (93.553 potenziali esposti), “DH - Fabbricazione<br />
di articoli in gomma e plastica” (74.065) e “DC - Industrie conciarie, fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e<br />
similari” (40.828) per gli uomini, mentre per le donne risultano “DC - Industrie conciarie, fabbricazione di<br />
prodotti in cuoio, pelle e similari” (49.900), “DI - Fabbricazione di prodotti <strong>del</strong>la lavorazione di minerali non<br />
metalliferi” (25.564) e “DL - Fabbricazione di macchine elettriche ed apparecchiature elettroniche” (20.911).<br />
La regione con maggior numero di lavoratori nei settori a rischio risulta essere le Marche (10% <strong>del</strong> totale dei<br />
lavoratori dipendenti), mentre quella con minor numero risulta essere la Calabria (meno <strong>del</strong>l’1%). Tali stime si<br />
basano su fonti a carattere amministrativo e non su misure dirette di esposizione, e fanno riferimento agli<br />
occupati nei settori con possibile esposizione. Questa circostanza comporta certamente una sovrastima <strong>del</strong><br />
numero di esposti.<br />
Conclusioni. L’esistenza di un elenco di attività produttive individuate secondo una classificazione<br />
standardizzata permette la costruzione di archivi utilizzabili sia per il monitoraggio <strong>del</strong>l’esposizione<br />
professionale ad agenti cancerogeni che per il miglioramento <strong>del</strong>la comparabilità tra studi epidemiologici.<br />
Bibliografia<br />
1. Kogevinas M, ‘t Mannetje A, Cordier S, Ranft U, et al. Occupation and bladder cancer among men in Western Europe.<br />
Cancer Causes Control 2003;14:907-14.<br />
2. ‘t Mannetje A, Kogevinas M, Chang-Claude J, Cordier S, et al. Occupation and bladder cancer in European women.<br />
Cancer Causes Control 1999;10:209-17.<br />
3.A Scarselli, Leva A, Campo G, Marconi M, Nesti M, Erba P. L’anagrafe ISPESL <strong>del</strong>le unità locali produttive:<br />
metodologia e struttura. G Ital Med Lav Erg 2005; 27:407-11.<br />
259
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> occupazionale – 17 ottobre<br />
61-STUDIO DI CASE-CROSSOVER SU ORE DI SONNO E DI LAVORO E RISCHIO DI<br />
INCIDENTI STRADALI<br />
Valent F .1 , Di Bartolomeo S. 2 , Marchetti R 1, Barbone F. 1,2<br />
1 Istituto di Igiene ed <strong>Epidemiologia</strong>, Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine, 2 Cattedra di Igiene ed<br />
<strong>Epidemiologia</strong>, DPMSC, Università degli Studi di Udine<br />
Introduzione. Privazione di sonno ed eccesso di lavoro sono risultati in diversi studi fattori di rischio per gli<br />
infortuni. In molti casi non è escluso che i risultati potessero essere distorti dal confondimento interpersonale o<br />
dalla scelta di gruppi di controllo inadeguati. Un disegno di studio che minimizza questi problemi è il casecrossover,<br />
in cui ciascun caso funge da controllo di se stesso.<br />
Obiettivi. Studiare l’associazione tra incidenti stradali, sonno e ore di lavoro attraverso uno studio casecrossover.<br />
Metodi. I soggetti, arruolati al Pronto Soccorso (PS) di Udine dal 12/3/2007 al 11/3/2008, erano un campione<br />
di conducenti (di auto, motoveicoli, biciclette) che arrivavano vivi al PS dopo un incidente stradale ed erano<br />
reclutati da intervistatori addestrati che soggiornavano in PS in turni prestabiliti (a rotazione tutte le fasce orarie<br />
e i giorni <strong>del</strong>la settimana erano coperti). Conducenti
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Sessione poster 2: <strong>Epidemiologia</strong> occupazionale – 17 ottobre<br />
62-INFORTUNISTICA BALNEARE IN TOSCANA: I RISULTATI RELATIVI ALLA<br />
RILEVAZIONE 2007<br />
Voller F. 1 , Innocenti F. 1 , Pasquini J. 2 , Nicolini A. 3 , Meniconi G. 4 , Lelli M. 5<br />
1 Agenzia Regionale di Sanità, Osservatorio di <strong>Epidemiologia</strong> – Area dei Determinanti Sociali e Ambientali di<br />
Malattia; 2 Università degli Studi di Firenze – Facoltà di Scienza <strong>del</strong>la Formazione; 3 Responsabile 118 Azienda<br />
USL 12 Viareggio, 4 Coordinatore 118 Azienda USL 12 Viareggio, 5 Settore Risorse umane, comunicazione e<br />
promozione <strong>del</strong>la salute – Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di solidarietà, Regione Toscana<br />
Introduzione. Secondo la classificazione Internazionale <strong>del</strong>le malattie (ICD), gli annegamenti e le<br />
sommersioni accidentali non intenzionali (con l’eccezione degli eventi dovuti a cataclismi, trasporti sull’acqua<br />
e non) sono classificati come decessi per annegamento. Nel 2000 in tutto il mondo si stima che siano morte per<br />
annegamento circa 450.000 persone (Tasso = 6,8 x 100.000 ab). Il fenomeno riguarda maggiormente i paesi in<br />
via di sviluppo, in Europa avvengono l’11% di questi decessi. Degli oltre 13 milioni di anni di vita persi<br />
(DALYs) nel 2000, il 9% sono relativi all’Europa.<br />
Obiettivi. Dal 1999 la Regione Toscana ha avviato un sistema di rilevazione degli incidenti connessi all’attività<br />
balneare sulla costa che coinvolge i servizi <strong>del</strong> 118, la guardia medica e turistica, i centri di medicina iperbarica<br />
e gli assistenti bagnanti. La rilevazione è coordinata dal Dipartimento Emergenza ed Urgenza – Centrale<br />
Operativa <strong>del</strong> 118 <strong>del</strong>l’Azienda USL 12 di Viareggio ed i dati sono analizzati dall’Area dei determinati<br />
ambientali e sociali di malattia <strong>del</strong>l’Agenzia regionale di Sanità<br />
Metodi. E’ stata predisposta una scheda di rilevazione che raccoglie le principali caratteristiche socio<br />
demografiche <strong>del</strong>l’infortunato, sulla dinamica e sulle conseguenze sanitarie degli incidenti. Unico nel suo<br />
genere anche nel panorama nazionale, questo monitoraggio viene effettuato nei mesi estivi (dal 1 di giugno al<br />
30 settembre) di ogni anno e raccoglie gli interventi effettuati dalle centrali operative dei 118 <strong>del</strong>le 5 ASL che<br />
operano sulla costa marittima toscana: Grosseto, Viareggio, Pisa, Massa e Livorno.<br />
Risultati. Per spiegare il contesto in cui la rilevazione si muove bisogna ricordare che, secondo il Registro di<br />
Mortalità Regionale, in Toscana dal 1987 al 2005 sono avvenuti 543 decessi per annegamento. In quasi quattro<br />
casi su cinque si tratta di uomini e l’età media di questi è di 45,3 anni contro i 60,8 <strong>del</strong>le donne (p=0,001). Nel<br />
corso degli ultimi anni gli incidenti balneari mortali così definiti sono diminuiti sensibilmente tra le donne<br />
mentre per gli uomini il trend è più altalenante. Nel 2007 gli incidenti balneari registrati dalle centrali operative<br />
<strong>del</strong> 118 interessate sono risultati 666 mentre, nell’estate precedente, erano stati rilevati 731 incidenti balneari<br />
(una riduzione quindi di quasi il 10%). L’età media dei coinvolti è di 42 anni senza sostanziali differenze tra i<br />
generi. Le principali cause di incidente balneare sono il trauma (39,0%), la lipotimia (11,3%), il dolore<br />
addominale (7,4%) e l’annegamento (5,3%). Guardando alla distribuzione nell’arco <strong>del</strong>la giornata <strong>del</strong>le cause<br />
principali, si nota che solo un annegamento è avvenuto nelle ore notturne (20:00-08:00) e che circa un terzo di<br />
questi (34,3%) è avvenuto nelle prime ore pomeridiane (15:00-17:59) percentuale che sale al 45,7 considerando<br />
anche le ultime ore <strong>del</strong>la sera (18:00-20:00). Il luogo in cui sono avvenuti la maggior parte degli incidenti è<br />
costituito dagli stabilimenti balneari (57,4%), mentre il 12,0% è stato registrato sulle spiagge attrezzate seguite<br />
da quelle libere con il 11,3%. Gli incidenti avvenuti in mare sono stati il 5,7% mentre nelle piscine sono<br />
risultati il 3,6%.<br />
Conclusioni. Come già affermato all’interno <strong>del</strong> rapporto, non è diffusa una cultura che permetta di porre<br />
particolari attenzioni quando ci si trovi in ambiente marino, inoltre monitoraggio e sorveglianza dovrebbero<br />
essere implementati per ridurre le proporzioni di un fenomeno in cui i dati disponibili senza dubbio<br />
sottostimano la realtà dei fatti. Uno degli elementi a tutt’oggi mancante in questo tipo di rilevazioni sono le<br />
dinamiche ossia i fattori che determinano gli incidenti. Dalla letteratura sappiamo che i maschi sono a maggior<br />
rischio di annegamento rispetto alle femmine. Le ragioni principali di questa differenza sembra che risiedano<br />
nella maggiore presenza legata all’ambiente acquatico (anche per le attività occupazionali ricreative) ed in un<br />
maggior consumo di alcol. Quest’ultima abitudine comporta da un lato una diminuita capacità di affrontare le<br />
difficoltà e dall’altro un atteggiamento di sottovalutazione <strong>del</strong> pericolo. La scarsa sorveglianza da parte degli<br />
adulti rappresenta il principale fattore favorente degli incidenti da annegamento nei bambini.<br />
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<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Indice degli autori<br />
A<br />
Acchiardi F. ......................................................... 42<br />
Accordini S. ............................................... 111; 167<br />
Akre O. .......................................................... 80; 84<br />
Alba N. .............................................................. 116<br />
Alessandrini E. .................................................. 254<br />
Allamani A. ....................................................... 214<br />
Allione A. .......................................................... 193<br />
Alonzo E. ........................................................... 134<br />
Altavilla AM...................................................... 215<br />
Amato MP. ........................................................ 109<br />
Ambrosi S. ......................................................... 152<br />
Andretta M. ....................................................... 116<br />
Angelini P. ......................................................... 141<br />
Angino A. .......................................................... 121<br />
Annunziata P. .................................................... 109<br />
Antona L. ........................................................... 206<br />
Antonini MG. .................................................... 131<br />
Apostoli P. ........................................................... 44<br />
Ardemagni G. .................................................... 152<br />
Ariano E. ........................................................... 142<br />
Armaroli P. .......................................................... 75<br />
Asole S. ............................................................. 241<br />
Assennato G. ............................................... 60; 219<br />
Assisi F. ............................................................. 234<br />
Avossa F. ........................................................... 116<br />
B<br />
Baccarelli A. ...................................................... 196<br />
Baccini M. ........................................................... 59<br />
Baglio G. ................................................... 115; 134<br />
Bagnardi V. ....................................................... 171<br />
Bagnasco G. ...................................................... 150<br />
Baiguera C. ........................................................ 131<br />
Baio G. ...................................................... 107; 113<br />
Balconi L. ............................................................ 96<br />
Baldacci S .......................................................... 121<br />
Baldasseroni A. ..................................... 36; 41; 252<br />
Baldi R. ................................................ 70; 100; 123<br />
Baldissera S. ............................ 71; 73; 77; 141; 202<br />
Ballarin NM. ........................................................ 57<br />
Balzi D. .............................................................. 108<br />
Banovich F. ....................................................... 151<br />
Barbieri G. ........................................................... 59<br />
Barbini N. .......................................................... 246<br />
Barbone F. ............................. 42; 43; 126; 225; 260<br />
Barchielli A. ........................................ 86; 108; 233<br />
Bardazzi G. ........................................................ 214<br />
Barizza A. .......................................................... 100<br />
Baron R. ............................................................ 151<br />
Barone Adesi F. ................................................. 191<br />
Barone-Adesi F. ................................................. 168<br />
Bartolacci S. ........................................ 95; 105; 227<br />
Battaglia MA. .................................................... 109<br />
Battisti L. ............................................................. 76<br />
Baussano I. ........................................................ 182<br />
Beccarini A. ....................................................... 140<br />
Belli S. ............................................................... 189<br />
Bellini E. .............................................................. 57<br />
Bellini S. ...................................................... 99; 200<br />
Bellone G. ............................................................ 45<br />
Bena A. ................................................................ 36<br />
Benetollo PP. ..................................................... 151<br />
Benincori N. ...................................................... 240<br />
Benvenuti A. ........................................................ 56<br />
Bergamaschi A. ......................................... 124; 135<br />
Bergonzi R. .......................................................... 44<br />
Berrino F. .................................................. 172; 203<br />
Bertazzi PA. ...................................... 216; 229; 250<br />
Berti A. .............................................................. 201<br />
Bertino E. .......................................................... 244<br />
Bertolotti M. ...................................................... 194<br />
Bertoncello L. .................................................... 149<br />
Bertozzi L. ........................................................... 53<br />
Bertozzi N. .............................. 71; 73; 77; 141; 202<br />
Betti M............................................................... 194<br />
Bettinelli ME. .................................................... 231<br />
Biagianti C. ........................................................ 201<br />
Bianchi F. ... 46; 188; 217; 218; 221; 223; 227; 237<br />
Bianchi M. ......................................................... 234<br />
Bidoli E. ............................................................ 133<br />
Bietta C. ..................................................... 110; 120<br />
Biggeri A. .................................................. 184; 186<br />
Binazzi A. ............................................ 51; 189; 259<br />
Binetti R . .......................................................... 104<br />
Binkin N. .................71; 73; 77; 115; 134; 141; 202<br />
Biocca M. ............................................................ 34<br />
Bisceglia L. .................................................. 60; 219<br />
Bissoli M. .......................................................... 234<br />
Bizzotto R. ........................................................... 57<br />
Blair A. ................................................................ 35<br />
Blengio G. ......................................................... 149<br />
Blengio GS. ......................................................... 92<br />
Bocchieri A. ...................................................... 255<br />
Bogdan M. ......................................................... 242<br />
Bollati V. ........................................................... 196<br />
Bolognesi L. .......................................... 73; 77; 141<br />
Bonarrigo D. ................................................ 96; 146<br />
Bonfanti M. ................................................. 45; 130<br />
Bonomo P. ......................................................... 255<br />
Bonura A. .......................................................... 206<br />
Borbotti M. ........................................................ 121<br />
Borghini R. ........................................................ 234<br />
263
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Borgia P. .............................................. 87; 160; 247<br />
Boros S. ............................................................. 176<br />
Borrelli P. .................................. 177; 178; 238; 242<br />
Bortolami O. ...................................................... 167<br />
Boschi A. ............................................................. 68<br />
Bosetti C. ........................................................... 143<br />
Bossi A. ............................................................. 231<br />
Bovenzi M. ................................................ 136; 230<br />
Braggion M. .............................................. 111; 122<br />
Brambilla P. ....................................................... 195<br />
Bressan V. ........................................................... 57<br />
Brianti G. ............................................................. 42<br />
Broccolo M. ....................................................... 112<br />
Bruno I. .............................................................. 232<br />
Bruzzone S. ....................................................... 176<br />
Bucciarelli M. .................................................... 134<br />
Bugiani M. ......................................... 111; 118; 167<br />
Buiatti E. ...................................................... 41; 128<br />
Buonasorte G. ............................................ 206; 207<br />
Buratti ................................................................ 220<br />
Busato G. ........................................................... 151<br />
Buscemi A. ........................................................ 152<br />
Bustaffa E. ........................................................... 45<br />
Buzzoni C. ......................................................... 183<br />
C<br />
Cadum E. ........................................................... 220<br />
Caggiati A. .......................................................... 78<br />
Calabresi C. ......................................................... 58<br />
Calderoni R. ........................................................ 86<br />
Callà R. .............................................................. 210<br />
Camilloni L. ................................................ 87; 247<br />
Camoni L. .................................................. 147; 176<br />
Campo G. ............................................................ 58<br />
Campostrini S. ................................. 71; 73; 77; 202<br />
Can<strong>del</strong>a S. .......................................................... 216<br />
Canova C. .................................................... 49; 165<br />
Cantoni S. ............................................................ 61<br />
Canzonieri V. .................................................... 164<br />
Capelli G. .......................................................... 192<br />
Capittini C. ........................................................ 235<br />
Capocchi R. ....................................................... 105<br />
Capon A. ............................................................ 114<br />
Caporaso N. ....................................................... 250<br />
Cappa V. .................................................... 111; 167<br />
Cappelletti M. ...................................................... 76<br />
Carletti C. .......................................................... 232<br />
Carloni R. .......................................................... 123<br />
Carrà G. ............................................................. 178<br />
Carreras G. ........................................................ 184<br />
Carrozzi G. ...................... 71; 73; 77; 141; 202; 249<br />
Carrozzi L. ......................................................... 121<br />
Casella C. ............................................................ 98<br />
Casetta G. .......................................................... 193<br />
Casotto V. .......................................................... 233<br />
Castellani E. ........................................................ 92<br />
264<br />
Castiglione F. ....................................................... 43<br />
Castriotta L. ......................................................... 42<br />
Castronuovo E. .................................................. 112<br />
Catalano T. ........................................................ 248<br />
Cattaneo A. ........................................................ 232<br />
Cattaneo C. ................................................ 115; 134<br />
Cavalieri d’Oro L. ................................. 93; 94; 138<br />
Cazzoletti L. ........................................................ 40<br />
Ceccarelli M. ..................................................... 251<br />
Cecconami L. .................................................... 152<br />
Cecconi R. ......................................................... 123<br />
Cenni I. .............................................................. 224<br />
Cernigliaro A. ...................... 69; 106; 134; 139; 211<br />
Cernigliaro A.; ............................. 69; 106; 139; 211<br />
Cerrai S. ............................................................. 121<br />
Cervino M. ........................................................ 228<br />
Cesana GC. ........................................................ 195<br />
Channoufi L. ........................................................ 43<br />
Chellini E. .................................................. 224; 252<br />
Chesi L. ............................................................. 137<br />
Chicca S. .............................................................. 85<br />
Chimienti E. ...................................................... 164<br />
Chini F. ................................................ 87; 160; 247<br />
Chiodini P. ......................................................... 203<br />
Chiusolo M. ....................................................... 220<br />
Ciaschi A. .......................................................... 114<br />
Ciccone G. ................................................... 83; 251<br />
Cilento I. ............................................................ 104<br />
Cipriani F. .................................................. 201; 214<br />
Clerici M. .......................................................... 178<br />
Cocci V. ............................................................. 201<br />
Cocco P. ............................................................ 243<br />
Colasante E. ....................................................... 204<br />
Colletto G. ................................................. 134; 205<br />
Collina N. ............................................................ 72<br />
Comba P. ............................................. 46; 216; 223<br />
Consonni D. ............................................... 229; 250<br />
Conti S. .............................................................. 223<br />
Contiero P. ......................................................... 146<br />
Cooke RMT. ........................................................ 59<br />
Coppola L. ......................................................... 130<br />
Cori L. ....................................... 188; 217; 218; 221<br />
Cornaggia .......................................................... 125<br />
Corridori C. ......................................................... 95<br />
Corsi A. ............................................................. 233<br />
Corso b. ............................................................. 238<br />
Corso B. ............................................................. 177<br />
Corso F. ............................................................. 242<br />
Cortinovis I. ....................................................... 231<br />
Costa G. ................................................. 70; 99; 192<br />
Costi S. ................................................................ 53<br />
Coviello E. ......................................................... 183<br />
Covolo L. ..................................................... 44; 131<br />
Croce F. ............................................................. 242<br />
Crocetti E. .......................................................... 183<br />
Cuccia M. ............................................................ 69<br />
Culotta C. .......................................................... 123
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Curti S. ................................................................ 53<br />
Czene K. .............................................................. 84<br />
D<br />
D’Argenzio A. ....................................... 71; 77; 202<br />
D’Elia R. .............................................................. 99<br />
Dal Maso L. ......................................... 79; 133; 176<br />
Dall’Asta G. ...................................................... 209<br />
Daniela Lucini D. .............................................. 158<br />
Dardanoni G. ..................... 134; 139; 206; 207; 236<br />
Davanzo F. .................................. 88; 104; 208; 234<br />
Davoli M. .......................................................... 179<br />
De Angelis V. .................................................... 110<br />
De Domenico F. .................................................. 53<br />
De Girolamo G. ......................................... 141; 249<br />
De Lisi V. ............................................................ 72<br />
De Marco R. ........................ 40; 111; 122; 167; 187<br />
De Maria D. ....................................................... 147<br />
De Matteis G. .................................................... 140<br />
De Matteis S. ..................................................... 250<br />
De Mei B. ........................................ 71; 73; 77; 202<br />
De Merich D. ....................................................... 58<br />
De Nichilo G. .................................................... 219<br />
De Paoli A. ........................................ 133; 164; 176<br />
De Pasquale G. .................................................... 60<br />
De Silvestri A. ............................................. 68; 235<br />
De Stefanis P. .................................................... 193<br />
De Stefano N. .................................................... 109<br />
Decarli A. .................................. 143; 169; 170; 181<br />
Degan P. ............................................................ 122<br />
Degli Stefani C. ................................................... 96<br />
Del Giovane C. ...................................... 73; 77; 141<br />
Del Pio T. .......................................................... 232<br />
Dell’Ali C. ......................................................... 207<br />
Della Puppa T. ........................................... 208; 234<br />
Demaria M. ........................................................ 220<br />
Demonti S. ......................................................... 257<br />
Deroma L. ............................................................ 42<br />
Di Bartolomeo S. ....................................... 126; 260<br />
Di Benedetto G. ................................................. 134<br />
Di Domenicantonio R. ....................................... 163<br />
Di Giannantonio M. ........................................... 178<br />
Di Giorgi M. ...................................................... 211<br />
Di Gregorio A. ................................................... 193<br />
Di Lallo D. ................... 85; 112; 114; 161; 240; 241<br />
Di Marco MS. ............................................ 127; 135<br />
Di Napoli A. ........................................................ 85<br />
Di Tanna GL. ............................................. 107; 113<br />
Dianzani I. ......................................................... 194<br />
Dimasi V. .......................................................... 234<br />
Dimauro P. ........................................................ 201<br />
Dominiczak AF. ................................................ 195<br />
Donato F. ....................................... 44; 52; 131; 162<br />
Donini LM. ........................................................ 148<br />
E<br />
Edefonti V. ........................................................ 170<br />
Eifù G. ............................................................... 209<br />
Enrico F. ............................................................ 118<br />
Erspamer L. ......................................................... 50<br />
Evangelista A. ............................................. 83; 251<br />
F<br />
Faggiano F. ........................................................ 156<br />
Falcini F. .............................................................. 79<br />
Falcone S. ............................................................ 92<br />
Fantaci G. .......................................... 106; 211; 236<br />
Faranda G. ......................................................... 129<br />
Farchi S. ...................................... 87; 161; 241; 247<br />
Farinella A. ........................................................ 134<br />
Fateh Moghadam P. ......................... 71; 73; 77; 202<br />
Fateh-Moghadam P. .......................................... 137<br />
Fazzo L. ............................................................. 226<br />
Fe<strong>del</strong>i U. ............................................................ 116<br />
Federico B. ........................................................ 192<br />
Federico M. ......................................................... 72<br />
Federzoni G. ...................................................... 249<br />
Ferrante D. ......................................................... 194<br />
Ferrante G. ............................... 71; 73; 77; 141; 202<br />
Ferrante P. ........................................................... 51<br />
Ferrari Bravo M. ................................................ 123<br />
Ferraro L. ........................................................... 118<br />
Ferraroni M. ...................................................... 170<br />
Ferrero L. ........................................................... 251<br />
Ferretti S. ............................................................. 72<br />
Ferretti V V. ...................................................... 119<br />
Ferretti VV. ....................................................... 142<br />
Ferruzzi M. ........................................................ 234<br />
Finarelli AC. ................................................ 72; 141<br />
Fiorini L. ............................................................ 193<br />
Fiumanò G. ........................................................ 207<br />
Foca F. ................................................................. 72<br />
Fon<strong>del</strong>li MC. ..................................................... 224<br />
Fontana G. ................................................. 115; 134<br />
Forastiere F. ......................................................... 50<br />
Forastiere S. ....................................................... 216<br />
Forni S. .............................................................. 117<br />
Fracasso M. ....................................................... 242<br />
Franceschi Fortuna G. ....................................... 140<br />
Franceschi S. ................................. 64; 79; 133; 164<br />
Francesconi P. ....................................... 86; 95; 144<br />
Franchetti M. ..................................................... 138<br />
Franchini M. ........................................................ 89<br />
Franchini S. ......................................................... 76<br />
Franco F. .................................................... 161; 241<br />
Frasca G. ............................................................ 203<br />
Furnari G. .......................................................... 114<br />
Fusco D. ............................................................ 236<br />
Fusco-Moffa I. ........................................... 110; 120<br />
Fuso L. ................................................................. 83<br />
265
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
G<br />
Gabriele M. ........................................................ 207<br />
Galassi C. .................................................. 216; 251<br />
Galeone C. ......................................................... 169<br />
Galise I. ............................................................... 60<br />
Gambino M. ................................................ 96; 146<br />
Garabello F. ....................................................... 220<br />
Gargano R. ........................................................ 248<br />
Garnett G.P. ....................................................... 182<br />
Garon MM. ........................................................ 209<br />
Garrone E. ........................................................... 98<br />
Garzotti M. .......................................................... 92<br />
Gasparrini A. ............................................. 190; 224<br />
Gatti F. ............................................................... 131<br />
Gatti RC. ............................................................ 213<br />
Gelatti U. ............................................................. 44<br />
Gelormino E. ....................................................... 99<br />
Gemma A. ......................................................... 112<br />
Genco G. ............................................................ 207<br />
Gennaro V. ........................................................ 185<br />
Gentilini F. ................................................ 127; 135<br />
Germano D. ....................................................... 230<br />
Ghigo S. ............................................................. 200<br />
Giacchi M. ........................................................... 41<br />
Giampaoli S. .............................................. 206; 207<br />
Gianicolo EAL. ................................................. 228<br />
Giarratana T. ...................................................... 208<br />
Giarrizzo ML. ...................................................... 85<br />
Giglioni G. ......................................................... 140<br />
Gini R. ................................................................. 86<br />
Gioffrè ................................................................. 57<br />
Giordano M. ...................................................... 194<br />
Giorgi Rossi P. ............................................ 87; 247<br />
Giovannetti L. .................................................... 252<br />
Girardi P. ............................................. 40; 122; 187<br />
Giustetto G. ....................................................... 200<br />
Giustini M. .................................................. 88; 258<br />
Giustiniani D. .................................................... 242<br />
Gnavi R. ............................................................ 200<br />
Goldoni CA. .............................................. 141; 249<br />
Gori M. ...................................................... 204; 210<br />
Gorini G. ............................................................ 190<br />
Gramegna M. ....................................................... 67<br />
Grazzini G. ........................................................ 184<br />
Guadagno L. ...................................................... 123<br />
Guarrera S. ........................................................ 193<br />
Guastella S. ........................................................ 207<br />
Guasticchi G. ..................................................... 163<br />
Guccione A. ......................................................... 53<br />
H<br />
Hanninen O. ...................................................... 224<br />
Horvat M. ..................................................... 43; 225<br />
266<br />
I<br />
Iacono F. ............................................................ 207<br />
Iannello G. ................................................. 132; 177<br />
Ianni E. .............................................................. 222<br />
Iavarone I. .................................................. 216; 223<br />
Iavicoli S. ............................................................ 51<br />
Innocenti F. ................................................ 128; 261<br />
Ioppolo G. .......................................................... 129<br />
J<br />
Jantunen M. ....................................................... 224<br />
K<br />
Kamgaing SR. ..................................................... 97<br />
Karakachoff M. ................................................. 210<br />
Krogh V. ............................................................ 203<br />
L<br />
La Carrubba R. .................................................. 134<br />
La Torre G. .......................................................... 97<br />
La Vecchia C. .................... 133; 143; 154; 169; 170<br />
Lagazio C. ........................................................... 42<br />
Laing S. ............................................................. 195<br />
Lamberti A. ............................................... 115; 134<br />
Lampis ................................................................. 83<br />
Landi MT. .......................................................... 250<br />
Latino MA. ........................................................ 147<br />
Lauriola P. ................................................... 50; 254<br />
Lee WK. ............................................................ 195<br />
Lelli M. .............................................................. 261<br />
Leone F. ............................................................. 112<br />
Leone M. ........................................................... 112<br />
Levi F. ............................................................... 133<br />
Levi G.; .............................................................. 109<br />
Lillini R. .............................................................. 98<br />
Linzalone N. ...................................................... 188<br />
Lise M. ...................................................... 133; 164<br />
Little D. ............................................................. 225<br />
Little D. ................................................................ 43<br />
Locatelli C. ........................................................ 104<br />
Lombardo L.V. .................................................. 211<br />
Lonati F. ............................................................ 162<br />
Lorenzoni S. ...................................................... 204<br />
Lorenzoni V. .............................................. 175; 211<br />
Lovaste R. .......................................................... 210<br />
Lucentini M. ...................................................... 110<br />
M<br />
Macchi L. .............................................. 67; 90; 130<br />
Macchia T. ......................................................... 208<br />
Maciocco G. .............................................. 128; 153<br />
Maddalo F. .......................................................... 70<br />
Maestrelli P. ........................................................ 49<br />
Magnani C. ........................................................ 194
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
Magoni M. ............................................. 44; 52; 162<br />
Maifredi G. .......................................................... 52<br />
Maio S. .............................................................. 121<br />
Maiolino P. .......................................................... 52<br />
Maiozzi P. .......................................... 104; 208; 234<br />
Malchiodi G. ........................................................ 67<br />
Mallone S. ......................................................... 224<br />
Malvezzi M. ...................................................... 143<br />
Mammina C. ...................................................... 139<br />
Mamo C. .............................................................. 99<br />
Manca C. ........................................................... 243<br />
Manca MC. ........................................................ 152<br />
Mancia G. .......................................................... 195<br />
Mangia C. .......................................................... 228<br />
Mangone L. ......................................................... 72<br />
Mannocci A. ........................................................ 97<br />
Mannooranparampil TJ. ...................................... 78<br />
Mantero S. ......................................................... 252<br />
Mantoan D. ........................................................ 151<br />
Mantovani J. ...................................................... 240<br />
Marazza G. ........................................................ 142<br />
Marcello I. ......................................................... 104<br />
Marchesan M. .................................................... 116<br />
Marchesi S. ........................................................ 254<br />
Marchetti R. ............................................... 126; 260<br />
Marchiol L. .................................................... 93; 94<br />
Marcolina D ......................................................... 57<br />
Marcon A. .................................................... 40; 187<br />
Mari F. ............................................................... 214<br />
Marianelli R. ...................................................... 174<br />
Mariani F. .......................................................... 212<br />
Mariani S. .......................................................... 227<br />
Marinacci C. ........................................ 70; 100; 123<br />
Marinaccio A. .............................................. 51; 259<br />
Marini M. .......................................................... 144<br />
Mariuz M. .......................................................... 225<br />
Marracini G. ...................................................... 243<br />
Martiello M.A. ..................................................... 41<br />
Martinetti M. ..................................................... 235<br />
Martini A. .......................................................... 252<br />
Martini F. ........................................................... 121<br />
Masala G. .......................................................... 203<br />
Masera L. ............................................................. 54<br />
Masia P. ............................................................. 243<br />
Maspero S. ......................................................... 152<br />
Massacesi L. ...................................................... 109<br />
Mastrantonio M. .......................................... 51; 189<br />
Mastroeni S. ........................................................ 78<br />
Mastromattei A. ......................................... 112; 114<br />
Mattiello A. ....................................................... 203<br />
Mattina F. .......................................................... 134<br />
Mattioli S. ...................................................... 53; 59<br />
Mattivi A. .......................................................... 141<br />
Matullo G. ......................................................... 193<br />
Mauceri S. ......................................................... 255<br />
Maule M. ............................................................. 84<br />
Mazej D. ...................................................... 43; 225<br />
Mazza A. ........................................................... 215<br />
Mazzaglia G. ..................................................... 108<br />
Mazzola G. ........................................................ 119<br />
Mazzuccato B. ..................................................... 57<br />
Medea G. ........................................................... 162<br />
Menegon T. ....................................................... 149<br />
Meniconi G. ....................................................... 261<br />
Menna S. .......................................... 71; 73; 77; 202<br />
Menni C. ............................................................ 195<br />
Merler E. ...................................................... 57; 253<br />
Merletti F. ............................................ 33; 165; 168<br />
Merlo E. ............................................................. 138<br />
Messina G. ................................................. 117; 174<br />
Meucci G. .......................................................... 109<br />
Miccinesi G. ................................................ 72; 183<br />
Miceli G. ............................................................ 104<br />
Miceli M. ................................................... 153; 233<br />
Miceli P. ............................................................ 236<br />
Migliardi A. ....................................................... 200<br />
Miglietta A. ....................................................... 252<br />
Miglio R. ........................................................... 254<br />
Miglioli L. ......................................................... 242<br />
Migliore E. ........................................................ 118<br />
Migliorino G. ............................................. 139; 255<br />
Mignozzi K. ....................................................... 222<br />
Milani S. .................................................... 244; 245<br />
Miligi L. .............................................................. 56<br />
Millanti L. ............................................................ 89<br />
Minardi V. ............................... 71; 73; 77; 141; 202<br />
Minelli G. ........................................ 71; 73; 77; 202<br />
Minerba A. .......................................................... 60<br />
Minichilli F. ......................................... 45; 226; 237<br />
Mirabelli D. ....................................................... 194<br />
Mischinelli M. ................................................... 245<br />
Mitis F. ...................................................... 222; 226<br />
Molinaro S. ........................ 175; 204; 210; 211; 212<br />
Mollica R.; ......................................................... 213<br />
Molteni L. .......................................................... 210<br />
Mon<strong>del</strong>lo M. ...................................................... 215<br />
Mongini F. ......................................................... 251<br />
Monterosso P. .................................................... 209<br />
Monti C. .................................................... 127; 135<br />
Monti MC. ......................................................... 238<br />
Montomoli C. .................... 132; 177; 178; 238; 242<br />
Morabito A. ....................................................... 219<br />
Morabito F. ........................................................ 193<br />
Moretti A. .......................................................... 257<br />
Moro P. .............................................................. 234<br />
Moroni R. .......................................................... 234<br />
Mucchino E. ...................................................... 240<br />
Mugnai R. ............................................................ 53<br />
Musmeci L. ........................................................ 223<br />
Mustacchi G. ..................................................... 230<br />
Musti M. .............................................................. 60<br />
267
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
N<br />
Naldoni C. ........................................................... 72<br />
Nante N. .................................................... 117; 174<br />
Nasta P. .............................................................. 131<br />
Natali A. ............................................................ 241<br />
Natali M. ............................................................ 188<br />
Nava S. .............................................................. 224<br />
Negri E. ............................................................. 143<br />
Nejrotti M. ......................................................... 200<br />
Nicetto D. .......................................................... 116<br />
Nicoli D. ............................................................ 151<br />
Nicolini A. ......................................................... 261<br />
Nocioni A. ......................................................... 219<br />
Nonne T. L. ....................................................... 243<br />
O<br />
Oancea C. .......................................................... 242<br />
Occhi L. ............................................................. 244<br />
Orizio G. .............................................................. 52<br />
Orlandini S. ....................................................... 216<br />
Orsini C. ............................................ 153; 201; 214<br />
Orsini F. ..................................................... 119; 142<br />
Orzella L. ........................................................... 160<br />
P<br />
Pacchin M. ......................... 101; 102; 103; 145; 239<br />
Paci E....................................... 72; 74; 75; 183; 184<br />
Padmanabhan S. ................................................ 195<br />
Padoan M. .......................................................... 194<br />
Pagani M. .......................................................... 158<br />
Palli D. ............................................................... 203<br />
Palmieri L. ................................................. 206; 207<br />
Palmigiano V. ...................................................... 69<br />
Pancheri R. ........................................................ 137<br />
Panella M. .......................................................... 150<br />
Panico S. .................................................... 166; 203<br />
Panzarasa A. .............................................. 132; 177<br />
Panzavolta G. .................................................... 234<br />
Panzeri ............................................................... 125<br />
Paolucci R. ........................................................ 140<br />
Papini P. ............................................................ 241<br />
Parpinel M. .......................................... 43; 225; 232<br />
Pasqua A. ............................................... 86; 95; 108<br />
Pasqualetto C. ...................................................... 92<br />
Pasquini J. .......................................................... 261<br />
Pasquini P. ........................................................... 78<br />
Passarelli F. ......................................................... 78<br />
Patrone AM. ........................................................ 70<br />
Pavan A. ................................................ 67; 90; 130<br />
Pellicci M. ........................................................... 58<br />
Pellizzari M. ...................................................... 151<br />
Peresson M. ....................................................... 136<br />
Perini E. ............................................................. 131<br />
Perotti M. ........................................................... 238<br />
Perotti P. .................................................... 132; 177<br />
Perotto S. ............................................................. 83<br />
Perra A. ...................................................... 115; 134<br />
Perucci CA. ................................................. 50; 236<br />
Pesatori AC. ...................................................... 250<br />
Petrella M. ........................................... 72; 110; 120<br />
Petrelli A. .......................................................... 100<br />
Pezzotti P. .......................................................... 240<br />
Piancastelli G. ............................................ 127; 135<br />
Pianosi G. ............................................................ 58<br />
Picasso M. ......................................................... 123<br />
Piccinni S. .......................................................... 256<br />
Piccioni P. .......................................................... 118<br />
Piegaia B. .......................................................... 121<br />
Pierini A. ........................................................... 237<br />
Piffer S. ........................................................ 76; 257<br />
Pillastrini P. ......................................................... 53<br />
Pillon L. ............................................................... 57<br />
Piotti D. ............................................................. 146<br />
Piovesan C. ........................................................ 149<br />
Pirastu R. ..................................................... 59; 223<br />
Pirina P. ............................................................. 111<br />
Pirola ME. ......................................................... 130<br />
Pironi V. ...................................................... 40; 187<br />
Pisani S. ....................................................... 96; 146<br />
Pistelli F. ............................................................ 121<br />
Pitarella S. ........................................................... 75<br />
Pitidis A. ............................................................ 258<br />
Piz C. ................................................................... 58<br />
Pizzimenti S. ...................................................... 118<br />
Polesel J. ............................................ 133; 164; 176<br />
Polidoro S. ......................................................... 193<br />
Polla E. ................................................................ 76<br />
Pollina Addario S. ....................... 69; 106; 211; 236<br />
Polo A. ....................................................... 161; 241<br />
Polo F. ............................................................... 151<br />
Ponti A........................................................... 72; 75<br />
Ponzio M. .......................................... 119; 132; 142<br />
Popa I................................................. 178; 238; 242<br />
Porcu R. ............................................................. 243<br />
Poropat C. .......................................................... 136<br />
Porta D. ................................................................ 50<br />
Possenti V. ....................................... 71; 73; 77; 202<br />
Potente R. .......................................................... 175<br />
Pozzetto M. ........................................................ 118<br />
Prandini MB. ............................................... 96; 146<br />
Priora C. ............................................................ 132<br />
Protti MA. .................................................... 45; 227<br />
Puglisi G. ........................................................... 129<br />
Puliti D. ......................................................... 72; 75<br />
Puoti M. ............................................................. 131<br />
Purich R. ............................................................ 136<br />
Q<br />
Quercioli C. ............................................... 117; 174<br />
268
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
R<br />
Raimondo M. ..................................................... 147<br />
Randi G. ............................................................ 170<br />
Ranocchia D. ............................................. 110; 120<br />
Ranzi A. ............................................................... 50<br />
Rava M. ............................................... 40; 122; 187<br />
Razzanelli M................................................ 95; 144<br />
Rebutti I. ............................................................ 234<br />
Regine V. ........................................................... 147<br />
Renzi C. ............................................................... 78<br />
Repossi M. ............................................. 93; 94; 138<br />
Rezza G. ............................................................ 176<br />
Ricceri F. ........................................................... 193<br />
Ricci P. ................................................ 40; 185; 187<br />
Richiardi L. .................................... 80; 84; 165; 168<br />
Rigon S. ............................................................. 151<br />
Risi A. .................................................................. 59<br />
Rizzo S. ............................................................. 134<br />
Rognoni M. ............................................ 93; 94; 138<br />
Romanelli AM. .......................................... 227; 256<br />
Romeo L- ............................................................. 57<br />
Romeo R. ........................................................... 207<br />
Ronco G. ...................................................... 81; 182<br />
Rosano A. .................................................. 148; 163<br />
Rosolen V. ........................................................... 42<br />
Rossi A. ............................................................. 162<br />
Rosso C. ............................................................ 147<br />
Rota E. ............................................................... 251<br />
Russo A. ............................................................ 104<br />
Russo F. ............................................................. 149<br />
Russo S. ............................................................. 209<br />
S<br />
Sacerdote C. .............................................. 193; 203<br />
Salamina G. ......................................................... 99<br />
Salamone G. ...................................................... 139<br />
Salerno C. .......................................................... 150<br />
Salfa MC. .......................................................... 147<br />
Salmaso S. ................................. 66; 71; 73; 77; 202<br />
Salvadori P. ............................................... 151; 227<br />
Salvadori S. ............................................... 175; 211<br />
Salvarani R. ......................................................... 59<br />
Salvini S. ........................................................... 204<br />
Salvioni A. ........................................................... 95<br />
Sanbartolomeo P. ............................................... 132<br />
Santarlasci V...................................................... 214<br />
Saretto ................................................................ 125<br />
Sarno G. ............................................................. 121<br />
Sartori S. ............................................................ 229<br />
Sartucci F. .......................................................... 109<br />
Saugo M. ........................................................... 151<br />
Savelli G. ................................................... 127; 135<br />
Sberna A. ........................................................... 207<br />
Sbrojavacca R. ................................................... 126<br />
Scaduto T. .......................................................... 243<br />
Scalese M. ................................................. 175; 210<br />
Scalmana S. ....................................................... 160<br />
Scano P. ............................................................. 259<br />
Scarcella C. ............................................ 44; 52; 162<br />
Scarnera D. .......................................................... 60<br />
Scarselli A. .................................................. 51; 259<br />
Schiavi A. .......................................................... 249<br />
Schizzi I. ............................................................ 204<br />
Sciarini P. .......................................................... 178<br />
Scolaro M. ......................................................... 129<br />
Scondotto S. ...................................................... 236<br />
Scotto F. ............................................................ 254<br />
Sega R ............................................................... 195<br />
Segagni G. ......................................................... 178<br />
Segnan N. ...................................................... 72; 75<br />
Seminari E. .......................................................... 68<br />
Seniori Costantini A. ................................... 56; 224<br />
Seppoloni D. ...................................................... 120<br />
Serinelli M. ........................................................ 228<br />
Serra G. .............................................................. 243<br />
Serraino D. ............................ 42; 79; 133; 164; 176<br />
Sesana F. ............................................ 104; 208; 234<br />
Sesler S. ............................................................. 243<br />
Sessa E. ...................................................... 108; 233<br />
Sessarego F. ....................................................... 119<br />
Settimi L. ..................................... 88; 104; 208; 234<br />
Severgnini P. ..................................................... 234<br />
Siciliano T. ........................................................ 221<br />
Siciliano V. ........................................................ 212<br />
Sidoti S. ............................................................. 129<br />
Sieri S. ............................................................... 203<br />
Sigona A. ............................................................. 72<br />
Siliquini R. ........................................................ 117<br />
Silocchi C. ................................................... 40; 187<br />
Silvestri C. ................................................. 105; 153<br />
Silvestri MG. ..................................................... 142<br />
Simonato L. ................................................. 49; 165<br />
Sindaco R. ......................................................... 229<br />
Solaro N. ............................................................ 158<br />
Soldati S. ........................................................... 220<br />
Soma R. ....................................................... 96; 146<br />
Somigliana A. ...................................................... 57<br />
Sorini E. ............................................................. 171<br />
Spada E. ..................................................... 244; 245<br />
Spadea T. ............................................................. 99<br />
Spagnolo G. ....................................................... 219<br />
Spaiuc G. ........................................................... 242<br />
Spatola C. .......................................................... 134<br />
Speziali S. ............................................................ 96<br />
Speziani F. ........................................................... 44<br />
Spina M. ............................................................ 164<br />
Spinelli A. .................................................. 115; 134<br />
Spoalore P. ........................................................ 116<br />
Squadroni R. ...................................................... 246<br />
Stella G. ............................................................. 134<br />
Stocco CF. ........................................................... 79<br />
Stramba Badiale M. ........................................... 238<br />
Suligoi B. ................................................... 147; 176<br />
269
32° Congresso annuale <strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong><br />
<strong>Epidemiologia</strong> per la prevenzione - Milano, 15-17 ottobre 2008<br />
T<br />
Tabacchi L. ........................................................ 152<br />
Tacconi G. ......................................................... 227<br />
Tagliabue G. ...................................................... 146<br />
Taibi C. .............................................................. 207<br />
Talamini R. .......................... 79; 133; 164; 165; 169<br />
Tamang E. ......................................................... 149<br />
Tamburlini G. .................................................... 225<br />
Tarakdjian A. ..................................................... 209<br />
Tavormina E. ..................................................... 106<br />
Tessadri G. .......................................................... 57<br />
Tessandori R. ..................................................... 152<br />
Tessari R. ............................................................. 49<br />
Teti D................................................................. 248<br />
Tiberi G. ............................................................ 236<br />
Tinelli C. ...................................................... 68; 235<br />
Tirelli U. ............................................................ 164<br />
Todros T. ........................................................... 245<br />
Toffanin R. ........................................................ 151<br />
Tognela M. ........................................................ 152<br />
Tognin V. ............................................................. 43<br />
Tominz R. .................................................. 136; 230<br />
Torino C. ........................................................... 248<br />
Torresan S. .......................................................... 49<br />
Toscano R. ......................................................... 134<br />
Trapani V. .......................................................... 134<br />
Travaglia A. ............................................... 104; 234<br />
Trinito MO. ..................................... 71; 73; 77; 202<br />
Tumino R. .......................................................... 203<br />
Turiano F. .......................................................... 134<br />
U<br />
Uccelli R. ........................................................... 189<br />
Ugolini A. .......................................................... 251<br />
Urbani E. ........................................................... 104<br />
V<br />
Vainio H. ........................................................... 197<br />
Valent F. ...................................... 43; 126; 225; 260<br />
Valle S. ................................................................ 85<br />
Vanacore N. ....................................................... 189<br />
Vancheri F. ........................................................ 206<br />
Vassallo F. ............................................. 44; 52; 162<br />
Vasselli S. ........................................ 71; 73; 77; 202<br />
Vecchi L. ........................................................... 225<br />
Vegliach A. ........................................................ 136<br />
Veloccia S. ........................................................ 160<br />
Ventura L. .......................................................... 184<br />
Venza M. ........................................................... 248<br />
Vercelli M. .................................................... 79; 98<br />
Verlato G. .................................................. 111; 167<br />
Verri AM. ............................................................ 96<br />
Viegi G. ............................................................. 121<br />
Vignally P. ................................................... 88; 208<br />
Vigna-Suria A.................................................... 193<br />
Vigna-Taglianti F. ............................................. 156<br />
Vigotti MA. ................................. 45; 227; 228; 256<br />
Villani S. .................................... 111; 119; 142; 167<br />
Vinci D. ............................................................. 139<br />
Vineis P. ................................ 39; 56; 182; 193; 203<br />
Viola G. ............................................................. 163<br />
Violante FS. ................................................... 53; 59<br />
Visalli M. ........................................................... 248<br />
Visentin A. .......................................................... 49<br />
Visentin C. ......................................................... 116<br />
Vitale F. ............................................................. 139<br />
Vizzini L. ..................................................... 84; 168<br />
Voller F. ............................ 128; 153; 201; 214; 261<br />
Voller F.. ........................................................... 105<br />
Volpe C. ............................................................ 104<br />
W<br />
Weiderpass E. .................................................... 197<br />
Widmann S. ....................................................... 232<br />
Z<br />
Zamaro G. ............................................................ 42<br />
Zanardi F. ............................................................ 59<br />
Zanet E. ............................................................. 164<br />
Zanetti R. ............................................................. 75<br />
Zani C. ......................................................... 44; 131<br />
Zanolin ME. ...................................................... 122<br />
Zappa M. ..................................................... 72; 184<br />
Zarcone M. .......................................................... 72<br />
Zauli Sajani S. ................................................... 254<br />
Zenari M. ........................................................... 151<br />
Zola P. ................................................................. 83<br />
Zolin A. ..................................................... 244; 245<br />
Zorzi C. .............................................................. 137<br />
Zorzi M. ............................................................... 72<br />
Zucchetto A. ................................ 79; 133; 164; 176<br />
270