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La TOSCANA - Giugno 2013

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Monica<br />

Giarrè<br />

Il suo Coro degli<br />

angeli all’Art<br />

Gallery Il Cesello<br />

di Firenze<br />

di Daniela Pronestì<br />

Accade di frequente che i pittori ricchi di talento<br />

siano portati a compiacersi della propria arte. Un<br />

vezzo che facilmente si perdona, specie se si condivide<br />

la teoria secondo cui la creatività è una<br />

forma evoluta di narcisimo. È pur vero che viviamo in tempi in<br />

cui, anziché bearsi della pittura, è necessario praticarla con<br />

dedizione per recuperare i valori sottesi alla fatica e, insieme,<br />

alla felicità del lavoro artistico. Le qualità del pittore, pur essendo<br />

un presupposto imprescindibile, non bastano, da sole, a<br />

nutrire l’essenza della pittura, che, a sua volta, non è un dato<br />

acquisito né una convenzione, ma una conquista che chiede di<br />

essere verificata e messa in discussione giorno dopo giorno, a<br />

passo serrato. Mi piace pensare che anche Monica Giarrè abbia<br />

assaporato il dolce gusto della soddisfazione una volta<br />

terminati i suoi ultimi lavori, e soltanto occhi malevoli potrebbero<br />

darle torto visti i risultati raggiunti. Del resto, chi ne conosce<br />

i trascorsi artistici concorderà che, nel giro di pochi anni, il<br />

suo registro espressivo è profondamente cambiato, potremmo<br />

dire, anzi, che si è schiuso, come un fiore primaverile dopo il<br />

rigore dell’inverno. Nulla nasce dal nulla, è chiaro, e anche in<br />

questo caso lo svelamento delle sue doti passa attraverso una<br />

crescita che è al contempo artistica e umana, perché riassume<br />

sia gli esiti di una sperimentazione condotta sul terreno fertile<br />

della pittura sia la pienezza interiore raggiunta con la lezione<br />

dell’esperienza. Si può lottare per dare senso alla ricerca artistica<br />

né più e né meno di come si lotta per dare senso agli<br />

eventi della vita. E quanto più l’arte si avvicina alla vita, tanto<br />

più la sua natura, di per sé già complessa, ne risente in bene o<br />

in male, talvolta precisandosi e arricchendosi, talaltra facendosi<br />

incerta e mutevole, perché troppo soggetta al ritmo variabile<br />

del sentimento. Per Monica Giarrè la pittura è un “organismo”<br />

che vive di vita propria, e che si rinnova, cresce, cambia<br />

ad ogni minima variazione interna. I dipinti realizzati per la mostra<br />

all’Art Gallery Il Cesello, in corso dal 23 maggio al 18 giugno,<br />

indicano un rapporto più intimo, entusiastico e libero con<br />

la pittura, vera e propria vocazione a cui l’artista fiorentina ha risposto,<br />

e ancora oggi risponde, con sempre maggiore convinzione. Sorprende la<br />

scelta del titolo Il Coro degli Angeli, che allude a una dimensione trascendente<br />

non ravvisabile nei precedenti lavori. Le immagini, invece,<br />

sono quelle di sempre, illuminate però da una nuova luce, diversa da<br />

quella che in un recente passato proiettava le figure sull’orizzonte adamantino<br />

del mito, perché oggi lo scopo è ricomporre un presente che è<br />

6<br />

Monica Giarrè

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