Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
la<br />
<strong>TOSCANA</strong><br />
Toscana Cultura - Anno 1 - Numero 6 - <strong>Giugno</strong> <strong>2013</strong> - Registrazione Tribunale di Firenze n. 5905 del 6-2-<strong>2013</strong> - Iscriz. Roc. 23227. E 2<br />
Franco Mauro Franchi<br />
Al Museo Archeologico di Fiesole<br />
Monica Giarrè<br />
Al Cesello Art Gallery, il Coro degli angeli<br />
Kevo e le sue sculture<br />
al Museo di Storia Naturale di Firenze<br />
Paolo Vannini<br />
<strong>La</strong> mostra di Palazzuolo sul Senio<br />
Nigel Konstam<br />
...e il suo museo in Valdelsa<br />
Geo Bruschi<br />
Il colore delle cerimonie<br />
al Castello di Poppi<br />
1
Sommario<br />
Sommario<br />
Le sculture di<br />
Gennaro<br />
Battiloro<br />
4 a<br />
6<br />
Monica Giarrè e<br />
Geo Bruschi<br />
16 ...e il suo museo<br />
17<br />
Chiavacci antichità<br />
26<br />
Chiodo e il fiume<br />
una storia in riva d’Arno<br />
22<br />
Pierina <strong>La</strong>ganà e<br />
25 Salvatore Cosentino<br />
<strong>La</strong> terracotta<br />
dell’Impruneta<br />
Franco Mauro Franchi<br />
Fiesole<br />
per le relazione<br />
Apre Palazzo Coppini12<br />
fra i popoli<br />
14<br />
il Coro degli angeli<br />
Paolo Vannini<br />
la mostra di Palazzuolo sul Senio<br />
15 I 4 Amici<br />
cucina d’eccellenza<br />
Nigel Konstam<br />
e il premio Artisti alla ribalta<br />
Mario e Grazia Paoli 19<br />
nel segno della solidarietà<br />
20<br />
Le<br />
30<br />
sculture di<br />
Kevo alla Specola<br />
una tradizione fiorentina<br />
24<br />
e la gattina del viaggiante<br />
Marta Ardenti<br />
8<br />
il<br />
colore delle cerimonie<br />
e i suoi artigiani<br />
28<br />
alle Giubbe Rosse<br />
Associazione Toscana Cultura<br />
il nuovo sito<br />
Il numero di giugno del nostro mensile da<br />
il benvenuto ai lettori con una suggestiva<br />
copertina dedicata all’intrigante incontro<br />
fra l’arte contemporanea e quella antica.<br />
L’ardito accostamento è stato voluto dall’assessore<br />
alla Cultura del Comune di Fiesole<br />
Paolo Becattini che ha chiamato ad esporre<br />
nell’area archeologica del Teatro Romano il<br />
maestro Franco Mauro Franchi che ha incastonato<br />
trenta meravigliose sculture in uno scenario<br />
mozzafiato che richiama turisti da tutto il<br />
mondo. Una bella vetrina internazionale per<br />
uno dei più importanti maestri italiani.<br />
Di grande valore artistico sono anche le opere<br />
inedite della pittrice fiorentina Monica Giarrè<br />
attualmente in esposizione presso l’elegante<br />
Il Cesello Art Gallery di via Maggio a Firenze.<br />
Un altro importante artista fiorentino, Paolo<br />
Vannini, si racconta ai nostri lettori anticipando<br />
i temi della sua prossima mostra a Palazzuolo<br />
sul Senio.<br />
Parliamo ancora di arte inoltrandoci nel Museo<br />
di Storia Naturale, conosciuto dai fiorentini<br />
come <strong>La</strong> Specola, per scoprire il ligneo universo<br />
animale di Kevo, lo scultore fiorentino<br />
Claudio Cavallini, e nelle dolci colline della<br />
Valdelsa per incontrare un toscano d’adozione,<br />
Nigel Konstam.<br />
E poi tante altre storie, da quella del poeta<br />
Gennaro Battiloro e del suo benemerito Premio<br />
Artisti alla Ribalta, a quella della giovane<br />
scrittrice Marta Ardenti, per proseguire con il<br />
videomaker Duccio Ricciardelli - nostro validissimo<br />
collaboratore - e l’ottuagenario Eugenio<br />
Geo Bruschi rientrato da un lungo tour<br />
esotico con un ricco reportage.<br />
Fabrizio Borghini<br />
fabrizio.borghini@toscanacultura.it<br />
In copertina:<br />
Franco Mauro Franchi, Grande Aurora (foto di Irene Franchi)<br />
la Toscana<br />
Periodico di attualità, arte e cultura<br />
dell’Associazione Toscana Cultura<br />
Registrazione Tribunale di Firenze<br />
n. 5905 del 6-2-<strong>2013</strong> - Iscriz. Roc. 23227<br />
Numero 6 - <strong>Giugno</strong> <strong>2013</strong><br />
Direzione e Redazione:<br />
Via Valdichiana, 42 - 50127 Firenze<br />
Tel. 333 3196324<br />
redazione@toscanacultura.it<br />
www.toscanacultura.it<br />
Direttore responsabile:<br />
Fabrizio Borghini<br />
Segretario e curatore sito web:<br />
Emanuele Mecca<br />
Capo Redattore:<br />
Leonardo <strong>La</strong>ndi<br />
Redazione:<br />
Lorenzo Borghini<br />
Luigi Ciampolini<br />
Armando Colotta<br />
Roberta Fiorini<br />
Pier Francesco Nesti<br />
Daniela Pronestì<br />
Duccio Ricciardelli<br />
Sara Sestini<br />
Stampa:<br />
Nova Arti Grafiche srl<br />
50058 Signa (FI)<br />
3
Franco Mauro<br />
Franchi a Fiesole<br />
Sogni Mediterranei trenta sculture<br />
del maestro nel museo e nell’area<br />
archeologica del Teatro Romano<br />
di Daniela Pronestì<br />
Voluttuosi fianchi di donna che si stagliano<br />
sull’orizzonte del tempo; ventre fecondo e accogliente<br />
che ricorda l’antro del mito cui l’uomo<br />
eternamente fa ritorno attratto da un mistero<br />
irresistibile; poesia di volumi che nei loro rapporti plastici<br />
acquistano la stessa energia delle forze che regolano i cicli<br />
naturali. È così che potremmo definire le “divinità” femminili<br />
dello scultore Franco Mauro Franchi, le sue donne imperscrutabili<br />
che abitano una dimensione sospesa tra favola e<br />
leggenda, non per effetto di un processo inconscio, ma perché<br />
plasmate secondo un preciso intento creativo che muta<br />
la sostanza in immagine e ne svela l’origine remota, il contenuto<br />
simbolico. <strong>La</strong> mostra antologica Sogni Mediterranei, inaugurata<br />
l’1 giugno al Museo Archeologico di Fiesole e in corso fino all’1<br />
settembre, rende omaggio al grande artista livornese con oltre<br />
trenta sculture di tecnica diversa, dal bronzo alla vetroresina,<br />
dalla terracotta al cemento. Promossa dal Comune di Fiesole e<br />
curata da Filippo Lotti in collaborazione con FuoriLuogo-servizi<br />
per l’Arte e con l’associazione culturale <strong>La</strong> Ruga di Ponte a Egola,<br />
l’esposizione si sviluppa tra lo spazio del museo, in cui sono ospitate<br />
le opere di piccolo formato, e l’area archeologica del teatro,<br />
a cui sono destinate, invece, le sculture di grandi e medie dimensioni,<br />
perché “In quest’ambiente - nota Filippo Lotti - le sculture<br />
mantengono una sorta di distacco partecipato emergendo come<br />
isole che ben si armonizzano con le rovine etrusche e romane”.<br />
<strong>La</strong> scelta della sede, oltre ad essere motivata da evidenti ragioni<br />
di prestigio, vuole essere un’occasione per rimarcare il legame di<br />
Franchi con la cultura etrusca, che lo riporta agli anni dell’infanzia<br />
trascorsa a Tarquinia nelle vicinanze del museo che custodisce le<br />
vestigia di quest’antico popolo italico. Il ricordo di quel periodo è<br />
ancora vivo nell’immaginazione dell’artista, che a tal proposito<br />
afferma: “In quel luogo magico e misterioso che frequentavo quotidianamente,<br />
durante i soggiorni tarquiniesi, ho avuto le mie più<br />
forti suggestioni plastiche quando osservavo quelle figure, spesso<br />
obese, distese sul loro letto sarcofago, con lo sguardo perso<br />
all’orizzonte, che io immaginavo marino. Ero attratto non solo<br />
4 Franco Mauro Franchi
dall’aspetto pacificamente enigmatico di queste straordinarie figure in pose conviviali<br />
e appartenenti a un passato molto lontano dai nostri giorni, ma m’incuriosivano<br />
molto i particolari delle loro superfici. Queste conservavano a fior di pelle i segni<br />
del fare, del lavoro dello scultore che le aveva prodotte: le scalpellature sulle pietre<br />
o le impronte digitali sulle opere in terracotta”. <strong>La</strong> mostra fiesolana rappresenta,<br />
quindi, un ritorno alle origini della sua ispirazione e a quelle immagini che, riposando<br />
nella memoria e nel sogno, hanno contribuito a formare un’idea del femminile<br />
che racchiude in sé il senso del mondo e delle cose. Le sue donne sono presenze<br />
silenziose nel sacro tempio della natura, madonne laiche dalla bellezza antica o idoli<br />
d’età arcaica che raccontano di una civiltà ormai perduta. I loro corpi, tortuosi come<br />
i sentieri di una collina, invitano l’osservatore a vivere un’esperienza tattile simile,<br />
per molti aspetti, a quella che da bambini ci guida ad entrare in contatto con il corpo<br />
materno, prima epifania del mondo ai nostri occhi. Un caldo soffio vitale le fa vibrare,<br />
le rende vive, ma non quanto<br />
basta a decifrare il mistero che le<br />
avvolge e le allontana in una dimensione<br />
che si perde al di là del<br />
tempo e dello spazio. “Franchi -<br />
prosegue Lotti - lavora con eguale<br />
partecipazione la pietra e il bronzo<br />
esprimendo un senso della<br />
forma ampia e solare che aspira<br />
a rappresentare nell’immagine<br />
predominante della donna, la forza<br />
vitale che pervade l’universo;<br />
donne giunoniche di una leggerezza<br />
infinita, affascinanti e misteriose”.<br />
Un evento accolto con<br />
entusiasmo dalle istituzioni cittadine<br />
e, in particolare, dall’Assessore<br />
alle Politiche Culturali, Paolo<br />
Becattini, a cui si deve, tra l’altro,<br />
l’inserimento della mostra tra<br />
gli appuntamenti dell’Estate Fiesolana <strong>2013</strong>. Il viaggio nell’immaginario dello scultore<br />
livornese proseguirà il prossimo 21 giugno nella sede della Galleria Il Salotto-Art<br />
Promoter di Fiesole (via A. Gramsci 11), che, fino all’1 settembre, ospiterà l’artista<br />
con la mostra dal titolo “Mediterranea”, segnando l’avvio di una nuova programmazione<br />
che avrà per protagonisti i grandi nomi dell’arte contemporanea in Toscana.<br />
<strong>La</strong> mostra al Museo Archeologico è aperta ai visitatori<br />
tutti i giorni dalle 10.00 alle 19.00.<br />
Per info: 055 5961293 - infomusei@comune.fiesole.fi.it.<br />
<strong>La</strong> presentazione della mostra al pubblico. Da sinistra, il maestro<br />
Franchi, l’assessore Paolo Becattini, Fabrizio Borghini, il<br />
professor Domenico Viggiano e il curatore Filippo Lotti<br />
Il maestro al lavoro nel suo studio di Rosignano<br />
Franco Mauro Franchi 5
Monica<br />
Giarrè<br />
Il suo Coro degli<br />
angeli all’Art<br />
Gallery Il Cesello<br />
di Firenze<br />
di Daniela Pronestì<br />
Accade di frequente che i pittori ricchi di talento<br />
siano portati a compiacersi della propria arte. Un<br />
vezzo che facilmente si perdona, specie se si condivide<br />
la teoria secondo cui la creatività è una<br />
forma evoluta di narcisimo. È pur vero che viviamo in tempi in<br />
cui, anziché bearsi della pittura, è necessario praticarla con<br />
dedizione per recuperare i valori sottesi alla fatica e, insieme,<br />
alla felicità del lavoro artistico. Le qualità del pittore, pur essendo<br />
un presupposto imprescindibile, non bastano, da sole, a<br />
nutrire l’essenza della pittura, che, a sua volta, non è un dato<br />
acquisito né una convenzione, ma una conquista che chiede di<br />
essere verificata e messa in discussione giorno dopo giorno, a<br />
passo serrato. Mi piace pensare che anche Monica Giarrè abbia<br />
assaporato il dolce gusto della soddisfazione una volta<br />
terminati i suoi ultimi lavori, e soltanto occhi malevoli potrebbero<br />
darle torto visti i risultati raggiunti. Del resto, chi ne conosce<br />
i trascorsi artistici concorderà che, nel giro di pochi anni, il<br />
suo registro espressivo è profondamente cambiato, potremmo<br />
dire, anzi, che si è schiuso, come un fiore primaverile dopo il<br />
rigore dell’inverno. Nulla nasce dal nulla, è chiaro, e anche in<br />
questo caso lo svelamento delle sue doti passa attraverso una<br />
crescita che è al contempo artistica e umana, perché riassume<br />
sia gli esiti di una sperimentazione condotta sul terreno fertile<br />
della pittura sia la pienezza interiore raggiunta con la lezione<br />
dell’esperienza. Si può lottare per dare senso alla ricerca artistica<br />
né più e né meno di come si lotta per dare senso agli<br />
eventi della vita. E quanto più l’arte si avvicina alla vita, tanto<br />
più la sua natura, di per sé già complessa, ne risente in bene o<br />
in male, talvolta precisandosi e arricchendosi, talaltra facendosi<br />
incerta e mutevole, perché troppo soggetta al ritmo variabile<br />
del sentimento. Per Monica Giarrè la pittura è un “organismo”<br />
che vive di vita propria, e che si rinnova, cresce, cambia<br />
ad ogni minima variazione interna. I dipinti realizzati per la mostra<br />
all’Art Gallery Il Cesello, in corso dal 23 maggio al 18 giugno,<br />
indicano un rapporto più intimo, entusiastico e libero con<br />
la pittura, vera e propria vocazione a cui l’artista fiorentina ha risposto,<br />
e ancora oggi risponde, con sempre maggiore convinzione. Sorprende la<br />
scelta del titolo Il Coro degli Angeli, che allude a una dimensione trascendente<br />
non ravvisabile nei precedenti lavori. Le immagini, invece,<br />
sono quelle di sempre, illuminate però da una nuova luce, diversa da<br />
quella che in un recente passato proiettava le figure sull’orizzonte adamantino<br />
del mito, perché oggi lo scopo è ricomporre un presente che è<br />
6<br />
Monica Giarrè
deflagrato sotto il peso degli eventi, lasciando dietro di sé frammenti, ricordi<br />
e rabbia. L’alternativa è interrogare la vita attraverso la pittura, attingere alle<br />
sue certezze, ai suoi eterni valori. I bianchi fulgenti, che fino a poco tempo<br />
prima reggevano le fila degli equilibri cromatici, adesso cedono il passo ad un<br />
intarsio di colori lavorati scaglia a scaglia, corposi, pieni, intimamente compenetrati<br />
l’uno all’altro, come una voce che varia nel timbro, senza mai uscire<br />
di tono. Una voce che, diffondendosi nello spazio, produce un urto, infrange le<br />
forme, genera un labirinto di piani e strati, graduazioni e distanze. È un evento<br />
che scuote la struttura<br />
pittorica dall’interno e da cui<br />
scaturisce un’alternanza dialettica<br />
di note acute e note<br />
gravi: bianchi luminosi e neri<br />
vellutati, arancioni fiammeggianti<br />
e azzurri profondi. Non<br />
c’è unità nel colore, ma permane<br />
l’unità del sentimento,<br />
che riecheggia come un suono<br />
prolungato e potente, una<br />
voce solista che si stacca dal<br />
coro. In questa elegante architettura<br />
di forme e colori,<br />
lampi dorati e bagliori di antiche<br />
vetrate, emergono i<br />
corpi di donne statuarie<br />
come idoli di alabastro e i<br />
profili di quelle figure che<br />
fino a ieri abitavano la quotidianità<br />
e che oggi la abitano<br />
con la loro assenza. Ciò che<br />
si sottrae al nostro sguardo,<br />
infatti, non è del tutto perduto,<br />
ma continua a far sentire<br />
la sua presenza nella calda<br />
intimità delle mura domestiche,<br />
nel rituale giornaliero<br />
delle abitudini. Le apparenze<br />
si sgretolano, ma la sostanza dei sentimenti resta fintanto che sopravvive<br />
nel ricordo, fintanto che l’immagine pittorica la sublima<br />
trasportandola in una realtà “altra”, al riparo dall’oblio, dal decadimento,<br />
dalla morte, sorvegliata da un coro di angeli che intona un<br />
canto d’amore e di speranza.<br />
Monica Giarrè col presidente del Consiglio Comunale di<br />
Firenze Eugenio Giani durante i vernissage<br />
L’artista durante la presentazione al pubblico da parte<br />
della critica d’arte Eleonora D’Aquino (a destra). Al centro,<br />
l’assessore alla Cultura del Comune di Fiesole Paolo<br />
Becattini e la gallerista Rossana Corsi<br />
<strong>La</strong> mostra<br />
“Il coro degli angeli”<br />
all’Art Gallery Il Cesello<br />
in via Maggio, 71R a Firenze<br />
è aperta al pubblico<br />
tutti i giorni,<br />
esclusa la domenica,<br />
dalle 11.30 alle 13.30<br />
e dalle 16.00 alle 19.00.<br />
Nata agli inizi degli anni Sessanta a Tosi, Monica<br />
Giarré ha trascorso l’adolescenza fra l’ambiente<br />
familiare, il clima circoscritto del paese e Firenze,<br />
dove ha compiuto gli studi a indirizzo artistico e<br />
musicale. Profondamente legata alle sue origini, alla memoria<br />
delle ore passate vicino al padre, noto mobiliere della<br />
zona, mentre intagliava sul legno le decorazioni da mettere<br />
in produzione, Monica ha assimilato il senso della fatica legato<br />
al fare e il gusto per la concretizzazione plastica. Anche<br />
quando la sua vita da adulta l’ha portata, nella metà degli<br />
anni Ottanta, a trasferirsi a Firenze, la natura ha continuato a<br />
esercitare su di lei lo stesso fascino, per quanto ambivalente.<br />
È in questi anni che avviene il graduale passaggio da una<br />
figurazione tradizionale ad un nuovo equilibrio compositivo,<br />
raggiunto sia sul piano formale che su quello dei contenuti.<br />
Allieva prima di Giuseppe Leo e poi di Paolo Frosecchi, da<br />
Firenze parte il suo percorso espositivo: nel 2001, due personali<br />
al Palagio di Parte Guelfa (Firenze) e a Villa Montalvo<br />
(Campi Bisenzio), e tre collettive al Centro Espositivo Costa<br />
Fiorita (Castiglioncello), a Villa Strozzi (Firenze) e Villa Montalvo.<br />
Nel 2002 dopo una prima, rilevante, revisione del suo<br />
lavoro, inizia una collaborazione con la Galleria Mentana di<br />
Firenze, dove realizza un’importante mostra personale. Nello<br />
stesso anno partecipa a diverse rassegne collettive: al Centro<br />
Congressi Convitto della Calza (Firenze); Antica Compagnia<br />
del Paiolo (Firenze); Centro d’Arte San Vidal (Venezia);<br />
Galleria Mentana (Firenze); Palagio di Parte Guelfa (Firenze);<br />
Centro d’Arte Puccini (Firenze). Del 2003 è la personale alla<br />
Galleria <strong>La</strong> Tartaruga (Roma); qualche anno dopo, nel 2006,<br />
prende parte ad alcune collettive e avvia la collaborazione<br />
con la Galleria Frosecchi di Firenze. Nel 2010 è invitata a<br />
partecipare alla rassegna itinerante “50 Artisti toscani per<br />
50 cantanti toscani”, e due personali le sono dedicate al ristorante<br />
Garbo e al ristorante <strong>La</strong> buchetta, entrambi a Firenze.<br />
Socia ANLA, nel 2011 partecipa a delle mostre collettive<br />
presso l’Antica Compagnia del Paiolo, il Consiglio Regionale<br />
della Toscana e la Galleria Mentana. Nel 2102 espone al Museo<br />
Archeologico di Fiesole con una personale dal titolo<br />
“Donne, Angeli e Miti”, che ottiene grande riscontro di pubblico<br />
e critica. L’ultima mostra è quella realizzata nel maggio<br />
<strong>2013</strong> all’Art Gallery Il Cesello. Ha ottenuto riconoscimenti<br />
nell’ambito del Premio Calindri (2001), del Premio Firenze<br />
(2001) e del Premio Italia (2002) e nel 2012 ha ricevuto il<br />
“Premio Arte in Toscana” per l’intensa e qualificata attività<br />
svolta. Del suo lavoro hanno scritto: Luciano Artusi, Ugo Barlozzetti,<br />
Patrizio Borella, Lia Bronzi, Sauro Cavallini, Carlo<br />
Cinelli, Eleonora d’Aquino, Vittorio Esposito, Vera Giammacci,<br />
Giuseppe Leo, Pier Francesco Listri, Nicola Nuti, Tommaso<br />
Paloscia, Daniela Pronestì, Sonia Salsi, Rodolfo Tommasi,<br />
Ferruccio Ulivi.<br />
Monica Giarrè<br />
7
Geo, il colore<br />
delle cerimonie<br />
Inaugurata a Poppi, nelle scuderie del castello<br />
dei Conti Guidi, una nuova affascinante mostra<br />
del fotografo di Bagno a Ripoli.<br />
Rimarrà aperta fino al 9 luglio<br />
India, <strong>2013</strong>, Kumba Mela<br />
Guatemala, 21-12-2012, cerimonia
Colori a Chichicastenango<br />
Guatemala, 2012, una piramide<br />
India, <strong>2013</strong>, Kumba Mela<br />
India, <strong>2013</strong>, Kumba Mela<br />
Geo, il colore delle cerimonie<br />
9
India, Kumba Mela, <strong>2013</strong><br />
10 Geo, il colore delle cerimonie<br />
Guatemala, 2012, Antigua<br />
India, <strong>2013</strong>, Kumba Mela
Guatemala, 21-12-2012, cerimonia<br />
Per informazioni:<br />
Geo Bruschi: Tel. 055 641494<br />
geobruschi@icloud.com<br />
www.geobruschi.it - geo@panint.it<br />
Pinocchio e il santone<br />
Geo e Pinocchio al Kumba Mela<br />
Geo, il colore delle cerimonie<br />
11
Apre Palazzo<br />
Coppini<br />
Monumento alle relazioni fra i popoli<br />
L’ultima iniziativa della<br />
Fondazione Romualdo Del Bianco<br />
Life Beyond Tourism<br />
Un luogo in cui i Paesi<br />
possano incontrarsi e dialogare<br />
all’insegna di una nuova<br />
concezione del turismo<br />
di Fabrizio Borghini<br />
<strong>La</strong> città di Firenze si arricchisce di un<br />
nuovo luogo per incontri, presentazioni<br />
e scambi culturali, che è anche<br />
sede di una collezione particolare.<br />
Ha aperto le porte a maggio Palazzo Coppini,<br />
ultima iniziativa della Fondazione Romualdo Del<br />
Bianco® - Life Beyond Tourism® che ha voluto<br />
creare nel cuore della città, in via del Giglio 10,<br />
un altro luogo in cui i 77 Paesi con i quali opera<br />
(e non solo) possano incontrarsi e dialogare.<br />
Una scelta controcorrente avvenuta facendo un<br />
passo indietro rispetto al progetto, già in corso<br />
di esecuzione, di dare a Palazzo Coppini una destinazione<br />
alberghiera. Si è infatti deciso di puntare<br />
a creare un luogo in cui culture diverse possano<br />
incontrarsi e dialogare. Ne parliamo con<br />
Paolo Del Bianco, presidente della Fondazione.<br />
Presidente, da cosa nasce questa scelta<br />
«Abbiamo deciso di trasformare il Palazzo in un<br />
Centro Studi e Incontri Internazionali, all’insegna<br />
della filosofia che da sempre ha ispirato la<br />
Fondazione Romualdo Del Bianco® - Life Beyond<br />
Tourism®: quella di un turismo dei valori<br />
che deve abbandonare il concetto esclusivo dei<br />
servizi e dei consumi. Crediamo infatti nell’importanza<br />
di diffondere una cultura del viaggio<br />
che aiuti il viaggiatore stesso a incontrare, capire<br />
e interpretare il luogo, per poterlo comunicare<br />
nella sua realtà e nei suoi valori».<br />
Una decisione che ha già un precedente<br />
importante.<br />
«Infatti. Già nel 2006 la Fondazione Romualdo<br />
Del Bianco ® - Life Beyond Tourism ® aveva favorito<br />
la destinazione a pubblica utilità del vasto<br />
spazio che oggi ospita l’Auditorium al Duomo.<br />
Ora, grazie a Palazzo Coppini, sale a 700 il numero<br />
dei posti disponibili del Centro Congressi<br />
al Duomo che ospiterà, fra l’altro, anche i prestigiosi<br />
Comitati Icomos nel novembre 2014, durante<br />
l’Assemblea generale».<br />
Avete voluto create un monumento alle relazioni<br />
internazionali. Ci può spiegare come<br />
e perché<br />
«Il cinquecentesco Palazzo Coppini raccoglie<br />
memorie, oggetti di artigianato e volumi donati<br />
alla Fondazione nel corso del tempo. Le sale, poi,<br />
sono dedicate a sette personalità di spicco dei<br />
Giovanna e Paolo Del Bianco con il presidente<br />
del Consiglio Comunale di Firenze<br />
Eugenio Giani il giorno dell’inaugurazione<br />
12 Palazzo Coppini
vari Paesi del mondo che hanno contribuito alla crescita internazionale della rete della<br />
Fondazione e delle sue relazioni: Arest Beglaryan, Bohumil Fanta, Aleksej Komech, Oleksandr<br />
Rovenko, Aleksej Shkaev, Arimitsu Tsuji e Mihály Zádor (Armenia, Repubblica Ceca,<br />
Russia, Ucraina, Kirghizistan, Giappone, Ungheria) che sono a rappresentare tutta la<br />
grande famiglia degli esperti della Fondazione che quotidianamente, nel mondo, si dedicano<br />
alle sue attività. Abbiamo insomma voluto dare un contributo per una migliore comprensione<br />
dell’importanza dello sviluppo di queste relazioni per il dialogo tra culture».<br />
Ci può illustrare le caratteristiche del restauro<br />
«Il restauro degli ambienti ha riportato all’originale bellezza molti elementi architettonici<br />
di pregio, tra cui una scala elicoidale cinquecentesca, la fontana rinascimentale e<br />
molti altri particolari. Il risultato combina l’antico con soluzioni Hi-Tech, in modo da dare<br />
una cornice ideale alle memorie esposte e agli eventi che vi si svolgono».<br />
Gli oggetti in<br />
esposizione<br />
Maschere artigianali,<br />
seimila volumi e<br />
opere d’arte<br />
A che tipo di utenti vi rivolgete<br />
«<strong>La</strong> posizione strategica a due passi dalla stazione di Santa Maria<br />
Novella, i veloci collegamenti con le maggiori città italiane ed europee,<br />
e la vicinanza con le altre strutture del Centro Congressi al Duomo,<br />
in particolare con l’Auditorium al Duomo e il suo Anfiteatro Andrzej<br />
Tomaszewski, rendono gli spazi del Palazzo Coppini adatti per le<br />
sottosessioni dei convegni, riunioni dei comitati, eventi collaterali,<br />
workshops, masterclasses e incontri riservati all’interno degli eventi<br />
scientifici e culturali più ampi».<br />
Gli oggetti esposti in Palazzo Coppini sono memorie,<br />
oggetti e volumi donati alla Fondazione<br />
nel corso del tempo. Sono testimonianze di<br />
gratitudine da parte di studenti, professori, rappresentanti<br />
istituzionali ed amici che sono venuti in Toscana<br />
invitati a partecipare alle attività promosse<br />
dalla Fondazione. Sono insomma un concreto simbolo<br />
delle armoniose relazioni umane, di cui il mondo attuale<br />
ha una maggiore necessità.<br />
I doni esposti sono volutamente molto vari, e spaziano<br />
dai costumi tipici di vari Paesi alle maschere tradizionali<br />
giapponesi del teatro Noh, in legno, dalle<br />
sculture e dagli oggetti d’arte a pezzi di artigianato e<br />
di uso quotidiano.<br />
I libri formano una biblioteca rara: oltre 6.000 volumi<br />
scritti in 10 alfabeti e molteplici lingue, provenienti<br />
da tutto il mondo. Sono catalogati e a disposizione di<br />
studiosi e ricercatori. Fra le curiosità, una Divina<br />
Commedia in cinese e un vocabolario latino-croato,<br />
ma anche un libro donato ad una amica dal Premio<br />
Nobel Watson, che la stessa ha voluto regalare a<br />
questa biblioteca.<br />
In Palazzo Coppini sono collocati anche dodici busti in<br />
marmo di Carrara dello scultore Dino De Ranieri di<br />
Pietrasanta: raffigurano altrettanti stati d’animo comuni<br />
a tutta la “Famiglia Umana” al di là delle differenze<br />
culturali. Sono stati già esposti in prestigiose<br />
istituzioni a Mosca e a Saratov, e fanno oggi parte<br />
della raccolta della Fondazione Romualdo Del Bianco<br />
® - Life Beyond Tourism ® grazie al rapporto profondo<br />
con lo scultore che per la Fondazione ha realizzato<br />
un modello raffigurante Leonardo da Vinci le cui copie,<br />
a grandezza naturale in marmo di Carrara, sono<br />
state donate dalla stessa Fondazione a istituzioni a<br />
Mosca, a Yerevan, a Tbilisi, a Baku, a Green Bay e a<br />
Ivanovo.<br />
Info: www.palazzocoppini.org<br />
Palazzo Coppini<br />
13
L’Associazione Artistico Culturale<br />
dalle Terre di Giotto e dell’Angelico<br />
PRESENTA IL PITTORE<br />
PAOLO VANNINI<br />
visto da<br />
PAOLO VANNINI<br />
Sono ormai passati sei anni dalla mie “nozze d’oro” con la<br />
pittura. Credo che Palazzuolo sul Senio sia il luogo più<br />
adatto per parlare un po’ di me. <strong>La</strong> scoperta, di questo<br />
paese, avvenuta otto anni fa con la sua natura al contempo<br />
dolce e aspra, mi ha fatto scoprire un nuovo “paesaggio”: la montagna.<br />
Analizzare la mia pittura, la mia strada, la sostanza, non è<br />
facile, anche se condurrà ad un’auto-critica molto semplice, molto<br />
sintetica, ma ritengo efficace. Occorre però fare una premessa.<br />
Decisivo, per la mia pittura, fu l’incontro con un Personaggio, con la P<br />
maiuscola, che avvenne nel 1957. Con una punta d’orgoglio e di affetto<br />
dico che Hans-Joachim Staude, attraverso frequentazioni non quotidiane,<br />
ma continue nel tempo, fu il mio maestro d’arte e anche di<br />
vita, fino a quando scomparve nel 1973.<br />
Gli esordi al suo studio in via de’ Serragli: un viaggio attraverso il<br />
disegno, il colore, la pittura all’aria aperta, le “visioni” del paesaggio,<br />
poi dalla natura morta alla figura; la semplificazione, i concetti<br />
di volumi e di masse, posare, spazzare, pulire, dissodare il giardino,<br />
piantare i fiori, le prime collettive, la prima personale del 1964, qualche<br />
vendita e la scoperta dei colori acrilici, tempi eroici che a volte<br />
rimpiango.Con la morte del Maestro, il grande disorientamento, poche<br />
possibilità di confronto con altri pittori, le “mode” dell’astratto e<br />
dell’informale, l’isolamento dei figurativi, gli studi universitari e il<br />
conseguente rallentamento, ma non il blocco della pittura, sporadiche<br />
personali, qualche atelier di fortuna, il lavoro sempre più pressante,<br />
la nascita di mia figlia, tutte situazioni che rendevano la vita<br />
più pesante, ma nello stesso tempo più intrigante.<br />
Ad alleviare le tensioni il contributo positivo di mia moglie Anna con<br />
Attività alla Casa Museo di Giotto<br />
Dal 9 al 30 giugno <strong>2013</strong> “da Sole a Sole”<br />
Mostra di disegni di Alfredo Cifariello<br />
Consegna del Premio Giotto e l’Angelico<br />
al maestro Alfredo Cifariello<br />
Dal 6 al 28 luglio <strong>2013</strong> Mostra del pittore Carlo Berti<br />
la sua pazienza e la sua saggezza di donna.<br />
Guardavo i miei lavori con molto spirito critico, cercandovi una<br />
positività che a volte non trovavo, grandi sforzi per comprenderne<br />
il contenuto, ma il risultato fu quello di avere un blocco psicologico<br />
quasi totale, non avevo più certezze.<br />
Tutto si risolse quasi all’improvviso quando Angela, la figlia di<br />
Staude, in occasione di una mia esposizione, ad una domanda<br />
sulla mia pittura che ritenevo troppo “scopiazzante” quella del<br />
Maestro, mi rispose in modo semplice ma significativo: “Paolo tu<br />
non scopiazzi, ma hai capito la lezione, vai avanti così, la pittura<br />
del babbo è un’altra”. Poche parole per rinascere e mi gettai nuovamente<br />
a capofitto nella pittura a tempo pieno.<br />
Acrilici, gessetti, pastelli e qualche olio, si accumulavano nello<br />
studio di via Fogazzaro. I primi mercanti in Liguria e in Roma, i<br />
veloci cambi degli studi, prima in campagna e poi in via Dorso,<br />
qualche vendita in più e maggiore sicurezza. Anche le esposizioni<br />
diventavano quasi annuali con effetti positivi.<br />
Che dire, in sintesi come auto-critica della mia pittura: ritengo<br />
non presuntuoso affermare che è solida, coerente e matura, e<br />
detto questo credo di avere detto tutto.<br />
Le varie situazioni mi hanno sempre dato e mi danno una grande<br />
gioia, stare nel bel mezzo di un campo silenzioso a lottare con i<br />
verdi, rincorrere il tempo che passa, le luci che arrivano, le ombre<br />
che corrono, comporre una natura morta, la scelta degli oggetti,<br />
dei fiori, tulipani che fuggono dal vaso, solide palle di ortensie,<br />
stelle di gerbere e, con minore intensità, la figura non per scarso<br />
interesse, ma per carenza di modelli. Operare per grandi volumi,<br />
masse di ombre e di luci, “affinché diventi chiara l’anatomia” del<br />
lavoro come d’altronde diceva lo Staude, cercare l’ordine e<br />
l’equilibrio del soggetto sul supporto e vedere come il lavoro si<br />
trasformi in “quadro”. Credo di non avere altro da aggiungere,<br />
non mi piacciono discorsi intellettualistici, tali giudizi, più o<br />
meno oggettivi, stanno ai critici di professione, ai rarissimi giornalisti,<br />
ma soprattutto ai visitatori che, anche loro, possono apprezzare<br />
o meno il mio lavoro esposto. Tutto il resto ha poca importanza,<br />
la via è questa.<br />
Alberi lungo il “Fosso di Campanara”, 2010,<br />
acrilico su tela cm. 50x60<br />
Colonica vista dal “Passo Carnevale”, 2007,<br />
acrilico su tela cm. 50x60<br />
Mostra personale<br />
di Paolo Vannini<br />
Palazzuolo sul Senio<br />
Oratorio di S. Antonio<br />
Inaugurazione:<br />
Sabato 13 luglio alle 17,30<br />
Dal 13 al 31 luglio <strong>2013</strong><br />
Presentazione dell’Assessore alla Cultura<br />
Luciano Ridolfi<br />
Testo critico in catalogo a cura<br />
di Daniela Pronestì<br />
14 Dalle Terre di Giotto e dell’Angelico
i 4 Amici<br />
quando il profumo<br />
del mare è a due passi<br />
dalla stazione<br />
di Armando Colotta<br />
Una specie di biglietto da visita quei branzini sulla soglia. In bella vista nei<br />
contenitori, sembrano darti la più appetitosa delle accoglienze. ll ghiaccio<br />
tritato risalta la lucentezza di un animale anche se non più vivo sicuramente<br />
fresco, “figlio” dei nostri mari. Insomma, un valido suggerimento per<br />
orientarsi sul menu.<br />
Specifichiamo: non che quello di “terra” sia da meno, anzi, ma è cosa risaputa che<br />
l’asso (ormai non più nella manica) de “I 4 amici” è da sempre il mare conosciuto come<br />
conviene solo da chi sul mare<br />
c’è nato e cresciuto. Al resto<br />
hanno pensato la maestria<br />
(leggi arte) di chi opera ai fornelli,<br />
la gentilezza di chi consiglia<br />
e serve ai tavoli, la spiccata<br />
capacità manageriale di chi<br />
ha fatto della ristorazione la<br />
sua professione: Giuseppe Caprarella,<br />
originario di Melfi, in<br />
Toscana dagli anni ‘70, proprietario<br />
oggi di sei ristoranti nel<br />
cuore di una città unica nell’arte<br />
del “mettersi a tavola”. D’altronde<br />
non spetta a noi ricordare<br />
che quando si apre tale<br />
dibattito, da queste parti c’è da<br />
fare i conti con la storia di un<br />
certo Pellegrino Artusi, romagnolo<br />
d’origine ma figlio adottivo<br />
di questa città, autore del<br />
capolavoro “<strong>La</strong> Scienza in cucina<br />
e l’arte di mangiar bene”.<br />
Ad esortarlo nella sfida de “I 4<br />
amici” è stato l’intuito di chi sa come gestire un locale: ecco perchè<br />
la volontà di rilevare il ristorante a due passi dalla stazione centrale.<br />
Era il ‘96, più d’una scommessa. Oggi, a distanza di vent’anni,<br />
può dire di averla vinta, con la soddisfazione di chi ha visto sedersi<br />
tra questi tavoli gente di tutto il mondo, deliziata nel palato e allietata<br />
nello spirito. Perchè “mangiar bene sazia l’anima ancor prima<br />
dello stomaco”, ripeteva Pellegrino nel suo manuale.<br />
Quasi un semplice dettaglio i complimenti di Giulio Andreotti,<br />
dell’amico Marco Masini e dei tanti altri commensali di fama venuti<br />
a cena in via degli Orti Oricellari, quando hai la consapevolezza di<br />
sapere come si catturano i gusti culinari delle culture d’ogni mondo:<br />
giapponese e cinese, delle due sponde d’America, mediterranea e<br />
<strong>La</strong> scommessa<br />
vincente<br />
di Giuseppe<br />
Caprarella,<br />
proprietario<br />
del ristorante<br />
di via degli<br />
Orti Oricellari<br />
a Firenze<br />
dell’est. Perchè qui ci viene - e ci torna - chiunque,<br />
sicuro di azzeccare la scelta se si è alla ricerca<br />
di gusto e classe.<br />
Il locale si è rifatto il look da circa un anno, col<br />
bianco delle pareti del Salone Venere rivitalizzato<br />
dai colori molto accesi dei quadri dell’amica<br />
Monica Giarrè. Ma è la Cantina delle Grottesche<br />
il vero bijoux del locale: un privè da dieci<br />
coperti dove si mangia sotto la volta affrescata<br />
con scene tipicamente marinare e circondati dai<br />
vini più conosciuti al mondo come la riserva Vernaccia<br />
dei Guicciardini-Strozzi, il Franciacorta<br />
prodotto del Bellavista o il Marzocco chardonnay<br />
di casa Avignonesi. Marchi di origine controllata<br />
e garantita come “garantito” è il nome<br />
dello chef che sforna i piatti con cui questi si<br />
sposano a meraviglia: Rocco Caprarella, fratello<br />
di Giuseppe, maestro nella preparazione di primi<br />
e antipasti caldi.<br />
Da provare (per credere) gli ‘Spaghetti 4 amici’,<br />
una pasta trafilata di Gragnano con frutti di<br />
mare già sgusciati, o il ‘Maltagliato’, pasta fatta<br />
in casa tirata con la bisque, una salsa dal sapore<br />
delicato ricavata dalla testa di gamberi e scampi. Non da meno la<br />
‘Catalana’ del capopartita Bledar Dhima, crostacei cotti al vapore<br />
serviti con pinzimonio e insalatina oppure il ‘Pesce al sale’, un branzino<br />
in crosta di sale infornato con un impasto di acqua e sale. Roba<br />
da far venire l’acquolina in bocca non meno dei piatti che caratterizzano<br />
le “Cene d’autore”, originale iniziativa pensata dal locale che<br />
dal 1996, almeno una volta al mese, organizza una serata con una<br />
cena di degustazione dall’aperitivo al dessert. Protagonisti<br />
dell’evento la casa vitivinicola che sponsorizza il vino a seconda del<br />
menu previsto e l’immancabile Paolo Blasi, sommelier di fama che<br />
illustra storia, caratteristiche e segreti delle bevande e dei piatti<br />
previsti per l’occasione.<br />
I 4 amici<br />
15
16 Museo Konstam
<strong>La</strong> 4ª edizione del Premio<br />
Artisti alla ribalta<br />
Gennaro Battiloro presenta<br />
l’edizione <strong>2013</strong> della<br />
importante manifestazione<br />
da lui ideata e organizzata<br />
di Fabrizio Borghini<br />
Sabato 8 giugno alle 16 al Circolo Ricreativo<br />
Culturale di Querceto a Sesto Fiorentino<br />
torna il premio internazionale Artisti alla<br />
ribalta giunto alla quarta edizione.<br />
<strong>La</strong> manifestazione è nata dalla volontà e dall’intraprendenza<br />
di Gennaro Battiloro, intellettuale sestese<br />
di origini lucane. A Sesto giunse nel 1975 come impiegato<br />
del locale ufficio postale dal quale si è congedato<br />
col ruolo di dirigente superiore andando in<br />
pensione per raggiunti limiti di età.<br />
Da molti anni è alla ribalta del panorama culturale<br />
come poeta, pubblicista, regista e operatore culturale<br />
distinguendosi per originalità e creatività nei<br />
suoi lavori.<br />
ci culturali e spesso è stato chiamato a far<br />
parte di qualificate giurie di concorsi letterari.<br />
Nel 1978 esplose in lui la passione per la cinematografia;<br />
si iscrisse ad un corso del Cine<br />
Club Fedic di Firenze e l’anno successivo produsse<br />
il suo primo cortometraggio, Paese mio.<br />
Da allora sono stati una ventina i lavori realizzati<br />
che hanno riscosso innumerevoli riconoscimenti<br />
grazie alla capacità di Battiloro di<br />
trasformare la sua poesia in bellissimi cortometraggi<br />
nei quali amalgama quello che l’ispi-<br />
Gennaro Battiloro con la vincitrice Francesca Vitello della 3ª edizione di “Artisti alla Ribalta”<br />
Battiloro con i premiati e la giuria dell’edizione 2012 del premio<br />
Come poeta, folgorato da Giacomo Leopardi, lo troviamo<br />
presente in numerose antologie e in varie pubblicazioni;<br />
tra i suoi libri si ricordano Il libro dei mesi,<br />
Era “forse” solo un sogno, Quando la poesia diventa<br />
film, Raccontami una storia...d’Amore, Romantico<br />
poeta del cortometraggio.<br />
Ha al suo attivo numerose collaborazioni con periodi-<br />
razione e la tecnica gli suggeriscono nel momento in cui decide di comunicare<br />
i suoi messaggi.<br />
Durante tutti gli anni Ottanta e Novanta partecipa a vari concorsi, festival<br />
e rassegne di cinema conseguendo premi fra i quali l’Oscar d’argento<br />
negli anni 1981, 1982 e 1984 a Casteggio in provincia di Pavia, premi<br />
alla carriera a Firenze, Gela, Napoli, Roma, Pomigliano d’Arco, Bellizzi.<br />
Il premio internazionale Artisti alla ribalta è stato ideato e organizzato<br />
da Gennaro Battiloro mettendo a frutto la lunga esperienza maturata<br />
negli ultimi trent’anni. Fin dalla prima edizione ha ottenuto un clamoroso<br />
successo di pubblico e di critica facendo arrivare a Sesto artisti da<br />
tutte le regioni d’Italia. Si articola in varie sezioni, pittura (a olio, acquerello,<br />
grafica e pastello), poesia in lingua e poesia in dvd ovvero declamata<br />
e sceneggiata in un dischetto.<br />
Molti sono i premi e le segnalazioni previste per ciascuna sezione che<br />
verranno attribuiti da una qualificatissima giuria della quale Battiloro,<br />
dimostrando grande correttezza e sensibilità, non farà parte.<br />
“Questo premio - dichiara orgoglioso - è nato grazie alle sollecitazioni<br />
di amici e colleghi artisti che da anni mi chiedevano di passare dall’altra<br />
parte della barricata. Volevano che da partecipante ai concorsi di<br />
poesia e di cinema, ne diventassi il promotore e l’organizzatore. Nonostante<br />
l’impegno sia gravoso e comporti grossi sacrifici, il successo<br />
ottenuto dalle precedenti edizioni mi ha ampiamente ripagato degli<br />
sforzi sostenuti”.<br />
Artisti alla ribalta<br />
17
Costruzione Strumenti Oftalmici S.r.l.<br />
via degli Stagnacci 12/e - 50018 Badia a Settimo - Scandicci (FI)<br />
Ufficio commerciale 055 7221913 - Ufficio contabilità 055 7221912<br />
Ufficio acquisti 055 7221911 - Fax 055 721557<br />
www.csoitalia.it - email: cso@csoitalia.it
Quando la solidarietà<br />
è una regola di vita<br />
<strong>La</strong> storia di<br />
Mario e Grazia Paoli:<br />
dopo lo tsunami del 2004<br />
hanno contribuito<br />
a ricostruire alcuni villaggi<br />
nello Sri <strong>La</strong>nka<br />
di Pier Francesco Nesti<br />
Al centro della foto Mario e Grazia Paoli insieme ad alcuni familiari<br />
e cittadini dello Sri <strong>La</strong>nka<br />
Solidarietà è la parola che occupa il<br />
primo posto nel “vocabolario” della<br />
loro vita. Al punto da far diventare<br />
lo Sri <strong>La</strong>nka, dopo lo tsunami<br />
che nell’inverno del 2004 ha devastato il paese,<br />
la loro seconda casa. Stiamo parlando<br />
di Mario Paoli e sua moglie Grazia Buti, veri<br />
e propri pionieri nel settore, lui con la barba<br />
“ingrigita” dalle settanta primavere ma tanta<br />
voglia di fare quando c’è da aiutare qualcuno.<br />
Basti pensare che all’inizio degli anni<br />
Ottanta, dopo la tragedia di Vermicino in cui<br />
perse la vita il piccolo Alfredo Rampi, fu lui,<br />
insieme a un gruppetto di signesi e lastrigiani,<br />
a formare il primo gruppo di protezione<br />
civile costituito ufficialmente nella nostra regione. Ma se quella era<br />
sicuramente un’altra Italia, lo spirito che ha contraddistinto la vita di Mario<br />
Paoli non ha mai subito “tentennamenti”. Così, dopo lo tsunami di quasi<br />
dieci anni fa, ha dimostrato che con i fatti, insieme alla moglie e a un<br />
gruppo di parenti e amici che via via si è allargato, si possono raggiungere<br />
degli obiettivi concreti. Prima a Telvatta e poi a Pitigala e Hikkaduwa, alcuni<br />
dei villaggi più colpiti dal terribile evento del 2004, con un’attività che<br />
anno dopo anno è diventata sempre più importante. Così dai primi contatti<br />
con la comunità dello Sri <strong>La</strong>nka presente a Firenze si è arrivati alla ristrutturazione<br />
di due scuole fino all’assistenza mensile a una quindicina di famiglie<br />
con un intervento rivolto esclusivamente all’istruzione dei figli, con<br />
l’invio di una cifra che permette a una decina di ragazzi di portare avanti i<br />
loro studi. “Tutto ciò – spiega Mario Paoli - è possibile grazie anche alla<br />
presenza sul posto di una nostra persona di fiducia, Neil Ranjan, insegnante<br />
di inglese, che documenta scrupolosamente a chi vanno i soldi proprio<br />
perchè queste persone si abituino ad avere delle responsabilità senza magari<br />
poter pensare che tutto sia loro dovuto”. Insomma, un impegno a 360<br />
gradi, un impegno costante e non privo di difficoltà, che ha visto in Mario<br />
e sua moglie Grazia, Franco Tozzi, Adolfo Turchi e Francesco Panichi come<br />
i cinque che per primi hanno messo piede nello Sri <strong>La</strong>nka dalle nostre zone<br />
dando il “la” a tutta una serie di iniziative proseguite in questi anni e desti-<br />
nate a ripetersi anche in futuro. Dopo un inizio estremamente<br />
avventuroso, fatto di mille difficoltà per sdoganare<br />
il primo container di aiuti e una baracca<br />
trasformata in primo “quartier generale” e colorata di<br />
bianco, rosso e verde: “Siamo andati avanti – continua<br />
Paoli - in base alle esigenze che di volta in volta si sono<br />
presentate: poi dal 2008 la nostra attività è diventata…<br />
più consistente”. Un anno importante, il 2008,<br />
anche per il quarantesimo anniversario dal giorno del<br />
sì fra Mario e Grazia: così i due hanno pensato di festeggiare<br />
questa ricorrenza “celebrando” di nuovo il<br />
loro matrimonio con tanti amici nella loro casa in Roveta<br />
e i “regali” ottenuti, circa 8.000 euro, sono stati destinati<br />
tutti ai lavori per la messa in sicurezza di una<br />
scuola. Oppure come pochi mesi fa quando Mario ha<br />
festeggiato i suoi primi 70 anni<br />
organizzando un compleanno di<br />
beneficenza con oltre duecento<br />
invitati. Insomma, dal 2004 ad<br />
oggi la coppia signese non ha mai<br />
smesso di dare il proprio contributo<br />
alla “causa” dello Sri <strong>La</strong>nka:<br />
ha acquistato materiali da costruzione<br />
e arredi scolastici, cibo e<br />
medicinali, ha favorito la ristrutturazione<br />
di due scuole e istituito<br />
borse di studio per garantire un<br />
futuro a quei bambini che in passato<br />
purtroppo hanno avuto poco<br />
o niente. Mario ha scritto anche<br />
dei libri il cui ricavato è andato<br />
tutto oltre Oceano e altri due dovrebbero essere dati<br />
alle stampe nei prossimi mesi. Dimostrando in modo<br />
concreto che assicurare vitto e alloggio ma anche dare<br />
un’istruzione e condizioni igieniche adeguate a chi sta<br />
sicuramente peggio di noi per loro è diventata una regola<br />
di vita. Anzi, lo è sempre stata.<br />
Mario e Grazia Paoli<br />
19
“Naturalmentearte”<br />
Alla Specola<br />
le sculture<br />
di Kevo.<br />
Totale empatia<br />
fra le opere<br />
e l’ambiente<br />
di Roberta Fiorini<br />
Le sculture di Claudio Cavallini-Kevo hanno trovato magica<br />
collocazione nel suggestivo spazio che la Sezione di Zoologia<br />
de <strong>La</strong> Specola (Museo di Storia Naturale dell’Università<br />
di Firenze) riserva alle mostre temporanee: con il titolo<br />
“Naturalmentearte - dal cuore del legno l’anima di Kevo, in corso dalla<br />
metà di maggio alla fine di giugno <strong>2013</strong>, quale special event della<br />
manifestazione periodica dedicata a “I profumi di Boboli”- organizzata<br />
dall’Istituto Agronomico per l’Oltremare con il patrocinio del Centro<br />
Unesco di Firenze. Natura storia e arte in un continuum che perfettamente<br />
appare calzante nei temi delle sculture di Kevo. Un artista che,<br />
come spesso viene ricordato nelle recensioni, scopre l’inclinazione<br />
artistica dall’amore per la natura e in particolare per il legno, per i<br />
Kevo durante la presentazione al pubblico della mostra<br />
tronchi recuperati nei boschi in sintonia con la wilderness<br />
del suo curioso nome, Kevo, che prima d’essere<br />
“nome d’arte” è “nome di battaglia”, memoria di un’adolescenza<br />
che anche nella sua scultura trattiene “l’odore<br />
della selvaggia libertà”, come l’autore ci racconta. Ecco<br />
perché la naturalità della materia lignea, materia che ha<br />
anche un suo profumo, l’ispirazione spesso rivolta a reinterpretare<br />
figure di animali, la cultura primitiva a cui sovente<br />
fanno riferimento le sue forme, hanno stabilito una<br />
sorta di empatia tra le opere e l’ambiente de <strong>La</strong><br />
Specola.Kevo viene dall’esperienza figurativa che dopo i<br />
primi “totem” sortisce esiti notevoli in clima di realismo<br />
e naturalismo dei soggetti, tanto antropo che zoomorfi,<br />
ma ben presto coltiva l’esigenza di trovare una nuova sintesi,<br />
una “traduzione” più personale e creativa ed ecco<br />
che oggi l’artista modula volumi puri, geometrizzanti, fedele<br />
al principio di lavorare dapprima la forma dall’intero,<br />
dal tronco, per poi separarne le parti e riconnetterle<br />
20<br />
Kevo
con l’ausilio di altri elementi e materiali, come<br />
molle e dadi metallici che vengono ri-significati<br />
per un nuovo valore espressivo. Così il suo più<br />
“vecchio” “Pesce” quanto il più recente “Squalo”<br />
o il “Gallo da combattimento”, al pari dei suoi<br />
“guerrieri”, “Re” e “Regina”, o della splendida - e<br />
premiata - “Nefertiti” (che racchiude in sé la summa<br />
della sua esperienza, la figuratività, la sintesi,<br />
gli inserti metallici), coi loro sapienti vuoti ad articolare<br />
la forma, assumono l’eleganza essenziale<br />
delle stele eppure liberandole dal divenire statiche<br />
perché anzi vengono a disegnare nello spazio<br />
linee dinamiche e superfici levigate e illuminate<br />
anche dal colore o dalla foglia d’oro.<br />
Kevo:<br />
la sua scelta<br />
di vita<br />
Kevo (Claudio Cavallini), nato a Firenze risiede<br />
attualmente a Sieci - Pontassieve (Firenze)<br />
ed ha il suo laboratorio a Molin Del<br />
Piano. Dopo una intensa attività imprenditoriale<br />
a seguito di una inaspettata esperienza<br />
di vita decide improvvisamente di<br />
dedicarsi alla scultura con la quale interagisce<br />
da circa un decennio, prediligendo il<br />
legno che elabora dal blocco intero senza<br />
nessun assemblaggio. Ha affrontato diverse<br />
tematiche, dal figurativo di carattere<br />
primitivo-etnico al realismo simbolico, maturando<br />
infine una sua originale sintesi della<br />
forma alla cui espressività essenziale<br />
contribuiscono talvolta anche il colore ed<br />
elementi in metallo. Presente in rassegne,<br />
fiere e premi d’arte, ha tenuto numerose<br />
personali a Firenze e provincia, Arezzo, Pistoia,<br />
Bologna, di rilievo quelle del 2012<br />
alla Sala delle Eroine del Comune di Pontassieve<br />
ed al Museo Casa di Giotto di Vicchio,<br />
entrambe nell’hinterland fiorentino.<br />
Due volte finalista del “premio Firenze” nel<br />
2012 si aggiudica il Fiorino d’Argento con la<br />
scultura “Nefertiti”.<br />
Nel maggio <strong>2013</strong>, a coronamento del suo<br />
percorso espositivo, allestisce una mostra<br />
personale nell’importante Museo di Storia<br />
Naturale <strong>La</strong> Specola di Firenze.<br />
Kevo<br />
21
Antichità<br />
Chiavacci<br />
un’eccellenza fiorentina<br />
Il prestigioso negozio<br />
di via della Spada<br />
premiato nel<br />
Salone dei Cinquecento<br />
con l’Aquila di Diamante<br />
di Fabrizio Borghini<br />
Sabato 20 aprile nel Salone<br />
dei Cinquecento in Palazzo<br />
Vecchio sono stati premiati i<br />
Maestri del <strong>La</strong>voro ovvero quei<br />
commercianti storici della città di Firenze<br />
che hanno mantenuto la stessa attività in<br />
maniera continuativa per mezzo secolo. A<br />
loro è stata consegnata dal Sindaco Matteo<br />
Renzi, dal presidente del Consiglio<br />
comunale Eugenio Giani e dall’assessore<br />
alle attività produttive Sara Biagiotti,<br />
l’Aquila di Diamante simbolo dell’antica<br />
arte di Calimala.<br />
Fra i premiati anche Marcello Chiavacci<br />
che, essendo all’estero per motivi di lavoro,<br />
ha delegato per il ritiro dell’ambito<br />
riconoscimento la figlia Silvia.<br />
Marcello, qual è il segreto che fa<br />
rimanere legati per mezzo secolo a<br />
una professione<br />
Faccio questo lavoro da ben 61 anni,<br />
quindi da una vita intera e non ho mai<br />
pensato di abbandonarlo anche ora che<br />
potrei dedicarmi, per ragioni anagrafiche,<br />
ad altri interessi. Alla base di questa passione<br />
per l’antiquariato c’è innanzitutto la<br />
tradizione familiare. <strong>La</strong> ditta fu aperta dai<br />
miei genitori oltre 70 anni fa e io fin da<br />
piccolo, insieme a mio fratello, ho respirato<br />
l’aria di bottega.<br />
Com’era la sede iniziale<br />
Certamente non elegante com’è attualmente<br />
la nostra galleria antiquaria. Aveva più<br />
l’aspetto di una vecchia bottega fiorentina<br />
dove si compravendevano oggetti usati.<br />
Mia madre la mattina esponeva quelli più<br />
accattivanti fuori dalla porta d’ingresso,<br />
come del resto facevano tutte le botteghe<br />
dall’ortolano al civaiolo.<br />
Che tipo di clientela avevate<br />
Gli oggetti erano molto più modesti di quelli<br />
che trattiamo oggi e di riflesso anche la<br />
clientela era di livello più basso.<br />
Lo scatto quando è avvenuto<br />
Nel dopoguerra con l’arrivo degli americani.<br />
Quello è stato il periodo aureo per Firenze<br />
e per l’antiquariato. C’erano intere strade<br />
come via Maggio o via dei Fossi interamente<br />
occupate da antiquari.<br />
Oggi, com’è composta la clientela<br />
Gli americani ricchi sono sempre più rari;<br />
con loro era un piacere fare le trattative<br />
perché oltre ad essere ben forniti economicamente,<br />
avevano il gusto del collezionista.<br />
Sapevano quello che volevano e volevano<br />
sempre il meglio. E lo pagavano per<br />
il valore che aveva. Oggi i nostri migliori<br />
clienti sono russi e cinesi che, però, non<br />
hanno la stessa classe degli americani anche<br />
se economicamente sono allo stesso<br />
livello di loro.<br />
<strong>La</strong> crisi, come la state vivendo<br />
Le vie degli antiquari si stanno giorno dopo<br />
giorno imbastardendo perché molti cessano<br />
e a loro subentrano attività più dozzinali.<br />
<strong>La</strong> nostra categoria è stata decimata dalla<br />
crisi economica. I giovani non guardano più<br />
a questa professione come un solido appro-<br />
22 Antichità Chiavacci
do economico e anche culturale.<br />
Loro non hanno più l’amore per le cose<br />
belle e preziose che durano nel tempo.<br />
L’esasperato consumismo li ha indirizzati<br />
verso i beni effimeri destinati a breve vita<br />
- interviene Silvia -. Io e mio fratello Riccardo<br />
siamo cresciuti in un clima che oggi<br />
non c’è più. Noi abbiamo sempre sentito il<br />
bisogno di aggiornamento, di studiare continuamente<br />
per seguire e anche precedere<br />
i gusti del pubblico. Mio fratello ha fatto<br />
anche gli studi necessari per questo e continua<br />
quotidianamente nella ricerca che è<br />
imprescindibile per chi voglia svolgere la<br />
nostra professione.<br />
Una crisi così non si era mai vista - riprende<br />
Marcello - ma se la nostra città ce l’ha fatta<br />
a riprendersi dal passaggio della guerra e<br />
dall’alluvione, ce la farà anche questa volta.<br />
Quando ho visto il sagrato di Santa Maria<br />
Novella coperto da una catasta di morti<br />
dopo il passaggio del fronte ho pensato che<br />
non ce l’avremmo fatta a ripartire. Eppure<br />
siamo ripartiti. <strong>La</strong> stessa sensazione<br />
l’ho avuta dopo l’alluvione quando ho<br />
visto i miei negozi devastati dalle acque<br />
dell’Arno. Eppure, con grande forza di<br />
volontà, il 23 dicembre 1966 riaprii e<br />
da lì partì la rinascita della città. Vorrei<br />
che queste dimostrazioni di voglia di<br />
rinascita servissero da sprone ai giovani<br />
che non vedono un futuro a Firenze<br />
e preferiscono andarsene all’estero in<br />
cerca di un’occupazione. Il bene che si<br />
vuole alla nostra città lo si dimostra anche<br />
così.<br />
Dal 1939<br />
nel “cuore”<br />
di Firenze<br />
Chiavacci Antichità è presente sul mercato<br />
dell’arte antiquaria dal 1939. I<br />
suoi 750 mq di esposizione, suddivisi<br />
tra tre punti vendita e la galleria soprastante,<br />
ubicata nella splendida cornice dell’ex convento<br />
cinquecentesco di S.S. Spirito Santo, la<br />
qualità e la rapidità con cui vengono rinnovati<br />
gli oggetti l’hanno resa punto di riferimento tra<br />
i più forniti ed esclusivi per l’antiquariato in<br />
Toscana nonché meta abituale di designer, architetti<br />
e privati provenienti da ogni parte del<br />
mondo che qui possono scegliere tra un’ampia<br />
varietà di merce tutta di qualità garantita.<br />
<strong>La</strong> ricca ed eclettica collezione spazia dal Seicento<br />
ai primi anni del Novecento, dal mobile<br />
al lampadario, passando attraverso complementi<br />
d’arredo ed oggettistica come porcellane,<br />
orologi da tavolo, bronzi, vetri e lampade.<br />
Chiavacci Antichità partecipa annualmente<br />
alle più importanti mostre antiquarie nazionali<br />
ed è solita organizzare, presso la propria sede,<br />
eventi tematici in cui poter esporre i pezzi più<br />
importanti della propria galleria.<br />
Marcello Chiavacci ed il figlio Riccardo, architetto,<br />
sono periti del tribunale esperti di opere<br />
d’arte, possono quindi offrire al cliente un’assistenza<br />
completa, dalla consulenza tecnica<br />
per arredamento al restauro di oggetti; sono<br />
inoltre a disposizione per perizie valutative,<br />
stime e per acquisti sia di singoli oggetti sia di<br />
intere eredità.<br />
Grazie alla collaborazione con i migliori spedizionieri,<br />
la ditta è in grado di effettuare consegne<br />
ovunque.<br />
Antichità Chiavacci<br />
23
“<strong>La</strong> gattina<br />
del viaggiante”<br />
ovvero il mondo visto dai felini.<br />
Il nuovo libro di Marta Ardenti,<br />
un vero atto d’amore<br />
nei confronti degli animali<br />
tenso impatto, perché il gioco delle parti è concentrato unicamente<br />
sull’equilibrio, psichico, emotivo e umanamente e forse a volte troppo<br />
rassegnato. In effetti, pare che Marta si rassegni a volte a eventi<br />
di Luigi Ciampolini<br />
dei quali chiaramente è conscia di non poter controllare né prevedere;<br />
pare che per qualche momento, possa nascere il dubbio che venga<br />
avvertito un piccolo<br />
Con Marta Ardenti viviamo un tuffo di grande cuore nel<br />
senso di colpa per tutte<br />
mondo felino e negli anfratti esistenziali, tra palloncini,<br />
dolci fusa e riverberi di una luce soffusa, tra coccole<br />
la, la scrittrice ha dete-<br />
le volte che, da fanciul-<br />
e sospiri. Un piccolo gomitolo che rotola dolcemente<br />
stato i gatti e ha tirato<br />
tra le gambe di una donna che non ha perso il piacere di lasciarsi<br />
a loro la coda. Una legge<br />
del contrappasso<br />
cullare dalla dolcezza dei sentimenti più elementari, come affezionarsi,<br />
amare, gioire e vivere una nostalgia, fatta non di dolore<br />
che immeritatamente e<br />
bensì di amore per il sentire amore. Marta è come se cullasse se<br />
sicuramente in modo<br />
stessa, ogni volta che tra le braccia raccoglie un batuffolo di peli<br />
più che trascurabile,<br />
e baffi, come i piccoli gatti che hanno costellato la storia della sua Marta Ardenti con la sua gattina<br />
sembra che ancora alberghi<br />
in Marta in qual-<br />
vita. C’è un profondo richiamo all’arcaico sentimento del possesso<br />
nei confronti dell’aia di una casa di campagna, che abbraccia che traccia della sua calma e del suo cosciente sentire.<br />
ogni animale e ogni foglia e seme del campo; anche l’animale che Marta Ardenti è nata il 24 maggio del 1971 a Firenze, dove vive.<br />
dovrà ingrassare un tavolo a Natale e a Pasqua è degno di amore Dentro di se è percettibile ancora la forte origine familiare sicuramente<br />
legata alla terra e alla natura. Il suo sorriso è dolce ma è<br />
e di rispetto profondo.<br />
Marta è come se avesse ereditato l’archetipo familiare, di chiare percettibile la forza e la decisione; a volte ha un’ostinazione che le<br />
origini chianine (Castiglion Fiorentino) e avesse sublimato il tutto, permette di aprirsi le strade che le restano chiare e che sono profondamente<br />
e giustamente da percorrere. Una donna che ti parla dolce-<br />
dedicando se stessa all’allevamento di buoni propositi e sentimenti<br />
candidi, nei confronti dell’animale che più ne rappresenta mente, come un gatto quando fa le fusa, ma che ha ben impresso il<br />
gli aspetti ancestrali e anche più evidenti; la femminilità di Marta suo obiettivo e non desiste facilmente.<br />
è lo specchio di una sinuosità felina ed è evidente nei suoi racconti,<br />
come proietti se stessa negli occhi dei gatti, in una relazione lavori artistici e letterari ai quali attualmente sta lavorando in que-<br />
<strong>La</strong> nostalgia alberga nel suo cuore ed è ben evidente in altri piccoli<br />
dove entrambi vivono come ipnotizzati, l’uno dall’altra.<br />
sto periodo. Una nostalgia che è sorella di quel processo profondo<br />
Nel piccolo contributo letterario “<strong>La</strong> Gattina del Viaggiante” (edizioni<br />
Collana del melograno dell’EMF), esplode il classico viaggio passato.<br />
di selezione che la nostra mente da sempre fa nei confronti del suo<br />
virtuale nell’universo delle possibilità; esiste il mondo visto dal gatto,<br />
ma anche quello visto da Marta. Un piccolo viaggio che ricorda cademia dei Gatti Magici, in onore quindi al suo prezioso e delicato<br />
Marta ha vinto, con questo libro, il Premio Bastet del 2011 con l’Ac-<br />
Pirandello e tanti altri letterati dei nostri ultimi due secoli, quando contributo per la diffusione della Cultura del Gatto. Chiari i riferimenti,<br />
quasi rimembranze, del delizioso passato del padre della<br />
cioè diventa chiara l’esigenza primaria di “conoscere se stessi”.<br />
Nel libro non esistono lampi eclatanti di umorismo ma aleggia una scrittrice, una volta ferroviere, che la coccolava portandola spesso al<br />
sottile traccia di cordiale e delicata ironia; il gioco delle parti è al passaggio a livello, una tempo tra piazza Dalmazia e viale Corsica.<br />
centro del meccanismo narrativo del libro e Marta si confonde Peccato che il gatto Corallo non possa più guardare la partita con Tiki<br />
spesso con il gatto e viceversa. Non c’è errore, ma un intelligente e non possa suggerirmi qualche segreto che Marta cela dietro il suo<br />
e validissimo esperimento che potremmo anche definire come terapeutico<br />
e sicuramente gratificante dal punto di vista sia emotivo ricordo della scrittrice e a volte miagolano perché sono sulle nuvole<br />
sorriso felino. Minnie e Tiki ancora vivono nel mondo ovattato del<br />
che intellettuale.<br />
e stanno giocando con gli angeli, che come una favola antica si divertono<br />
a tirare loro la coda… ma questa è tutta un’altra storia...!<br />
Non compaiono esplosioni di umore e di sentimenti di forte e in-<br />
24 <strong>La</strong> gattina del viaggiante
Alle Giubbe Rosse<br />
la performance di Pierina <strong>La</strong>ganà<br />
e Salvatore Cosentino<br />
di Daniela Pronestì<br />
Un incontro fra le arti nel nome<br />
della bellezza. Potrebbe essere<br />
questo il sottotitolo della performance<br />
<strong>La</strong> realtà del sogno -<br />
<strong>La</strong> panchina dei bottoni che sabato 1 giugno<br />
ha offerto ai convenuti presso il Gran<br />
Caffè storico - letterario Giubbe Rosse di<br />
Firenze un’esperienza culturale tra le più<br />
raffinate, perché capace di riunire pittura,<br />
poesia, musica e teatro in un unico grande<br />
respiro. Ideatori e protagonisti dell’evento<br />
Pierina <strong>La</strong>ganà, pittrice e scrittrice già presente<br />
in passato con i suoi lavori nello storico<br />
caffè fiorentino, e Salvatore Cosentino,<br />
critico letterario e musicale e autore<br />
teatrale. Base ispirativa della performance<br />
è il racconto inedito <strong>La</strong> panchina dei bottoni<br />
di Pierina <strong>La</strong>ganà, in cui l’autrice calabrese,<br />
da sempre attenta a porre in luce gli<br />
aspetti che descrivono la forza comunicativa<br />
dell’arte, racconta il cammino di un’anima<br />
che, passando attraverso numerose<br />
prove e altrettanti ostacoli, ritrova la via<br />
che porta alla bellezza. Come sempre nei<br />
suoi racconti, la storia si nutre di atmosfere<br />
sospese tra sogno e realtà, verità e finzione,<br />
mentre il linguaggio è intessuto di un<br />
raffinato simbolismo che segna un momento<br />
di sintesi tra parola e immagine. Lo sviluppo<br />
narrativo è dei più coinvolgenti: il<br />
lettore è preso per mano e guidato in un<br />
percorso che gli permette di vivere un’esperienza<br />
“multisensoriale”, tale è la varietà<br />
delle sensazioni evocate e la ricchezza di<br />
dettagli che caratterizza la descrizione<br />
dell’oggetto “magico” per eccellenza in<br />
questa storia, la panchina dei bottoni. Essa<br />
è il simbolo della trasformazione interiore<br />
che può avvenire in chiunque abbia il coraggio<br />
di “abbandonare il cinismo della realtà”,<br />
scrive l’autrice, e sollevare, uno per<br />
uno, i setti veli che lo allontanano dall’unica,<br />
autentica fonte della felicità, l’amore.<br />
Si direbbe una fiaba e per molti versi lo è,<br />
perché si serve del simbolo per parlare di<br />
quelle verità in cui è riposto il senso ultimo<br />
della vita e delle cose, e per ricordarci che<br />
è nella fantasia e nel gioco che risiedono le<br />
basi della conoscenza profonda di<br />
se stessi. Concetti che Pierina ha<br />
scelto di eprimere anche in forma<br />
pittorica, realizzando cinque dipinti<br />
che alludono, con un tracciato cromatico<br />
e segnico di notevole impatto,<br />
ai diversi gradi di consapevolezza<br />
che l’essere umano conquista<br />
con la presa d’atto dei suoi limiti e<br />
delle sue debolezze, del suo “cuore<br />
di tenebra”, passando dal disincanto<br />
alla “redenzione”, dalla superficialità<br />
dei bisogni materiali ad una<br />
risacralizzazione dell’esistenza. È la<br />
strada irta e difficile che conduce<br />
alla vetta della libertà interiore, che<br />
è perfetta sintesi di verità, semplicità<br />
e bellezza. Su questi presupposti<br />
s’inserisce il contributo di Salvatore<br />
Cosentino, intellettuale raffinato,<br />
uomo dotato di un’ironia così<br />
tagliente da infrangere, con incredibile<br />
facilità, i pregiudizi e le ipocrisie<br />
che allignano nella società del<br />
nostro tempo. Il suo punto di vista,<br />
sagace e irriverente, smaschera le<br />
ambiguità nascoste nei meccanismi<br />
che reggono gli attuali equilibri<br />
sociali, economici e politici, ai quali<br />
si deve un ruolo non secondario<br />
Alcuni momenti della presentazione al caffè storico letterario<br />
delle Giubbe Rosse di Firenze: a sinistra Pierina <strong>La</strong>ganà; in<br />
basso la pittrice con Salvatore Cosentino. Nella foto in alto i<br />
due protagonisti della performance con Jacopo Chiostri,<br />
Riccardo Ghiribelli e la poetessa Roberta Degl’Innocenti<br />
nell’impoverimento morale e spirituale dell’uomo<br />
contemporaneo. Autore di un intenso monologo<br />
dal titolo Un diritto …messo di traverso, in cui svela<br />
gli “inganni” del linguaggio giuridico e i suoi legami<br />
con il teatro e con gli odierni mezzi di comunicazione,<br />
Cosentino crede fermamente nella cultura<br />
e nell’educazione al bello come i soli strumenti che<br />
rimettono l’essere umano al vertice di una scala<br />
valoriale che sempre più sprofonda nell’abisso del<br />
relativismo etico e morale. Le sue riflessioni, accompagnate,<br />
come tutta la performance, da una<br />
selezione di brani musicali scelti da lui, hanno integrato<br />
gli interventi di Pierina <strong>La</strong>ganà, ed entrambi,<br />
come abili attori di teatro, hanno coinvolto gli spettatori<br />
in un trascinante ritmo di parole e musica.<br />
Anche in questo caso, quindi, è la bellezza, che trova<br />
massima espressione nelle arti e nel loro rapporto<br />
sinestetico, la vera grande rivoluzione della<br />
nostra epoca.<br />
Pierina <strong>La</strong>ganà e Salvatore Cosentino<br />
25
<strong>La</strong> terracotta<br />
dell’ Impruneta<br />
di Sara Sestini<br />
e i suoi artigiani<br />
<strong>La</strong> mostra sotto i Loggiati<br />
del Pellegrino di piazza<br />
Buondelmonti dal 2 giugno<br />
alla fine dell’estate<br />
E poi c’è la volontà dichiarata, attraverso la<br />
Nei giardini delle ville, nelle aie<br />
delle case coloniche e lungo gli<br />
antichi tracciati viari: il caldo<br />
rosato del cotto lambisce il visitatore<br />
ovunque a Impruneta, offrendogli orci<br />
e vasi decorativi dove posare gli occhi, statue<br />
sui muri di cinta, tabernacoli per il sacro<br />
e oggetti d’arredo per il profano. Gli itinerari<br />
consigliati partono dal “Quartiere delle Fornaci”,<br />
nel centro del paese, e si irradiano fino<br />
a raggiungere le realtà produttive più decentrate.<br />
Tanti i luoghi della produzione, talvolta<br />
luoghi magici, fornaci con le cave d’argilla<br />
a fianco dove il sapere antico è diventato<br />
lavoro moderno, produzioni tradizionali e<br />
produzioni d’avanguardia, e tanti i manufatti<br />
in cotto sparsi sul territorio. Dal 2 giugno e<br />
visitabile almeno fino alla fine dell’estate, la<br />
mostra permanente dal significativo titolo<br />
“<strong>La</strong> terracotta dell’Impruneta e i suoi artigiani”,<br />
ha riportato tutti questi prodotti in un<br />
unico luogo: sotto i Loggiati del Pellegrino,<br />
luogo storico dell’accoglienza e location designata<br />
dagli artigiani stessi quale vetrina<br />
delle peculiarità delle singole aziende locali.<br />
Dieci i produttori che hanno promosso la mostra,<br />
che oggi più che mai ha bisogno di investimenti<br />
26 <strong>La</strong> terracotta dell’Impruneta<br />
artigiani delle fornaci e dei laboratori<br />
della terracotta imprunetini da cui è partita<br />
l’idea di un’esposizione. Idea che subito è<br />
stata accolta dall’Assessorato alle politiche<br />
per lo sviluppo e la promozione territoriale<br />
che intuendo le potenzialità dell’iniziativa,<br />
ha dato il sostegno e il patrocinio del Comune<br />
di Impruneta. <strong>La</strong> mostra non a caso nasce<br />
in un momento in cui la competizione sul<br />
mercato rende ancora più necessaria la promozione<br />
di un prodotto unico come il cotto<br />
imprunetino, elemento d’identità culturale<br />
sulla qualità e sulla ricerca. Ci saranno<br />
i tradizionali orci, conche, vasi da giardino e<br />
vasellame, comignoli e moderne riproduzioni<br />
interracotta ma anche oggetti d’arredo e<br />
prodotti di design adatti a essere inseriti anche<br />
in contesti urbani e architettonici. Attraverso<br />
l’esposizione dei propri manufatti, le<br />
dieci ditte artigiane faranno conoscere e<br />
promuoveranno una maestria artigianale<br />
che è tipica e che viene da lontano tanto da<br />
far parlare per Impruneta di una vera e propria<br />
civiltà del cotto.<br />
mostra, di promuovere un percorso consensuale<br />
verso quel “patto disciplinare” che<br />
funzioni da “passaporto” di qualità della<br />
terracotta di Impruneta . Strumento di grande<br />
importanza per arginare una concorrenza<br />
sempre più agguerrita. Che, però, è fermo a<br />
Roma da anni. In altre parole il marchio c’è<br />
ma non può essere usato. “Per Impruneta -<br />
spiega Lorenzo Andrei titolare della Fornace<br />
Poggi Ugo e presidente dell’Associazione<br />
Fornaci Storiche e Artistiche di Impruneta -<br />
il disciplinare nasce da un parte per garanti-
Le ditte presenti alla mostra<br />
<strong>La</strong> terracotta<br />
dell’Impruneta<br />
e i suoi artigiani<br />
M.I.T.A.L. Fornace<br />
Via di Cappello, 31<br />
50023 Impruneta<br />
Telefono: 055 2011414<br />
Fax: 055 2011414<br />
info@terrecottemital.it<br />
www.terrecottemital.it<br />
info@poggiugo.it<br />
www.poggiugo.it<br />
Fax: 055 2313211<br />
info@fornacemasini.it<br />
www.fornacemasini.it<br />
FORNACE POGGI UGO<br />
Via Imprunetana, 16<br />
50023 Impruneta<br />
Telefono: 055 2011077<br />
Fax: 055 2313852<br />
F.lli MASINI FORNACE<br />
TERRECOTTE<br />
Via delle Fornaci 57-59<br />
50023 Impruneta<br />
Telefono: 055 2011683<br />
MASSIMO CARBONE<br />
ARTIGIANO TERRECOTTE<br />
IMPRUNETA<br />
Via di Cappello, 45<br />
50023 Impruneta<br />
Telefono: 055 2313396<br />
Fax: 055 2313396<br />
info@mcterrecotte.it<br />
www.mcterrecotte.it<br />
re il rispetto di una lavorazione e di un prodotto<br />
particolare, dall’altra a garanzia del<br />
cliente che vuole comprare un prodotto originale.<br />
Impruneta, nonostante la legge sia<br />
del 1990, ad oggi non è ancora riuscita a<br />
renderlo esecutivo. È stato definito ma è rimasto<br />
sulla carta. Solo da poco sembra sia<br />
finalmente iniziato l’iter per renderlo ufficiale”.<br />
L’attuazione del disciplinare o marchio<br />
della Ceramica Artistica e Tradizionale di<br />
Impruneta (Cat), consentirebbe agli artigiani<br />
imprunetini di far proprio quel nome legato<br />
al cotto d’Impruneta di cui oggi è possibile<br />
appropriarsi con fin troppa facilità: spesso<br />
con lavorazioni non artigianali e prodotti<br />
che niente hanno a che vedere con le caratteristiche<br />
chimicho-fisiche di una materia<br />
unica come la terracotta d’Impruneta con le<br />
sue qualità antigelive e il caldo tono rosato<br />
che la rendono inimitabile. Con ripercussioni<br />
negative non solo sui produttori stessi ma<br />
anche sulle maestranze. “Per questo - spiega<br />
Andrei - non riuscendo ad ottenere il<br />
marchio Cat nel frattempo alcuni produttori<br />
si sono riuniti nell’Associazione Fornaci storiche<br />
per tutelare il prodotto di terracotta”.<br />
Associazione che, dunque, è nata per colmare<br />
un vuoto e per dare al cliente il massimo<br />
della qualità sui prodotti acquistati.<br />
Ecco allora che il manufatto originale che<br />
esce da una delle aziende che fanno parte<br />
dell’Associazione potrà riprodurre, accanto<br />
al logo specifico dell’azienda che lo ha prodotto,<br />
anche il marchio dell’Associazione.<br />
“Chi aderisce - sottolinea Andrei - deve dare<br />
garanzie specifiche. C’è la massima disponibilità<br />
a far entrare altri produttori ma devono<br />
essere garantite produzioni con argilla<br />
d’Impruneta, lavorazioni a mano, prodotti di<br />
qualità dal punto di vista estetico, la resistenza<br />
al gelo, la traspirabilità, il basso assorbimento<br />
di acqua e, ultima ma non meno<br />
importante, la produzione all’interno del territorio<br />
come richiede lo stesso disciplinare<br />
ARTENOVA<br />
IMPRUNETA TERRECOTTE<br />
ARTISTICHE<br />
Via Europa, 10-12<br />
50023 Impruneta<br />
Telefono: 055 2012316<br />
cotto@terracotta-artenova.com<br />
www.terracotta-artenova.com<br />
RICCERI SERGIO<br />
TERRECOTTE E<br />
CERAMICHE<br />
ARTISTICHE<br />
Via Fabbiolle, 12 -16<br />
50023 Impruneta<br />
Telefono: 055-2313790<br />
Fax: 055-2313790<br />
terrecottericceri@hotmail.com<br />
LUCA VANNI TERRECOTTE<br />
ARTISTICHE<br />
Vicolo della Barazzina, 7<br />
50023 Impruneta<br />
Telefono: 055-2312247<br />
terrecotte.vanni@libero.it<br />
PESCI GIORGIO E FIGLI<br />
Via Provinciale Chiantigiana, 36<br />
50023 Loc. Falciani<br />
Impruneta<br />
Telefono: 055-2326285<br />
Fax: 055-2326607<br />
info@terrecottepescigiorgio.com<br />
www.terrecottepescigiorgio.com<br />
del marchio Cat. Ricordo anche - aggiunge<br />
Andrei – che le nostre produzioni sono a filiera<br />
zero: si scava l’argilla nella nostra<br />
cava, si produce nella nostra fornace e si<br />
vende sul posto con tutto quello che significa<br />
dal punto di vista del risparmio delle<br />
emissioni”. <strong>La</strong> mostra sotto i Loggiati del<br />
Pellegrino si annuncia come un primo passo<br />
di straordinaria importanza verso quella<br />
strategia promozionale che dovrà esssere<br />
unitaria e coinvolgere in un percorso consensuale<br />
tutte le aziende del territorio. Un<br />
tassello piccolo ma strategico che si va ad<br />
aggiungere al progetto della “Strada della<br />
ceramica e del cotto della Toscana”, alle iniziative<br />
dell’associazione “Terre di Toscana”,<br />
al progetto integrato d’area sulla civiltà del<br />
cotto con la valorizazione della ex Fornace<br />
Agresti. “Abbiamo invitato tutte le aziende<br />
di Impruneta anche quelle produttrici di pavimenti<br />
a livello industriale - precisa Andrei.<br />
Il nostro desiderio è quello di coinvolgere<br />
tutti i produttori imprunetini per promuovere<br />
il territorio e il prodotto dell’Impruneta. <strong>La</strong><br />
mostra è un’occasione unica anche dal punto<br />
di vista turistico perché offre ai visitatori<br />
una panoramica completa dei produttori del<br />
territorio”. Accompagneranno l’esposizione<br />
iniziative e happening fino a estate inoltrata:<br />
in programma anche dimostrazioni di artigiani,<br />
degustazioni di vino in giara e serate<br />
dedicate al cotto nel design.<br />
Mobile 3385621235<br />
Fax: 055-2012224<br />
corsiani@virgilio.it<br />
TERRECOTTE<br />
ALESSANDRO CORSIANI<br />
Via Aldo Moro<br />
50023 Impruneta<br />
Telefono: 055-2012224<br />
FORNACE<br />
FRANCESCO PESCI<br />
Via Sodera, 10<br />
50023 Impruneta<br />
Telefono: 055 2312530<br />
Cell. 335 407752<br />
Fax 055 2312530<br />
francesco.pesci@alice.it<br />
www.pavimentifrancescopesci.it<br />
<strong>La</strong> terracotta dell’Impruneta<br />
27
Chiodo<br />
e il Fiume<br />
un documentario sul suono<br />
e sul percorso poetico<br />
dell’Arno tra pittura e neorealismo<br />
di Lorenzo Borghini<br />
L’acqua, fonte di vita e di storie.<br />
Sulle rive dell’Arno, vicino Firenze<br />
c’è un luogo dove il tempo<br />
sembra essersi fermato, un<br />
piccolo pezzo di mondo antico abitato dagli<br />
ultimi “renaioli”, uomini che setacciano<br />
e raccolgono la rena sul letto del fiume,<br />
a bordo di barche chiamate “navicelli”.<br />
Un lavoro di altri tempi, che risale al<br />
periodo del Rinascimento, quando Firenze<br />
era governata dai Medici. È incentrato sulla<br />
alle antiche tradizioni, alla natura. <strong>La</strong> testimonianza di un pezzo di storia del nostro<br />
paese avviene in uno spazio aperto, in una natura che sembra dipinta, uscita<br />
da un film del Neorealismo. Ed è forse questo l’aspetto migliore del documentario,<br />
quando gli alberi, i cespugli e soprattutto le acque sovrastano il racconto del<br />
protagonista. Il documentario nasce dalle peregrinazioni del regista lungo le rive<br />
dell’Arno, sulle orme del ricordo e della memoria, in un luogo dell’infanzia e<br />
dell’adolescenza che in maniera quasi proustiana riemerge come un sogno destinato<br />
a restare indelebile sullo schermo di proiezione.<br />
figura ed i racconti di uno di questi ultimi “renaioli”<br />
il documentario “Chiodo e il Fiume” di<br />
Duccio Ricciardelli, ambientato sulle rive del<br />
fiume dove le imbarcazioni navigano lentamente,<br />
senza motori, mosse dalle acque e dal<br />
vogare umano.<br />
L’opera di Ricciardelli è un inno alla memoria,<br />
<strong>La</strong>sciamo però le parole alle note del regista e alla sinossi del film: “Sono nato in<br />
una zona di Firenze che sta tra la città e la campagna. Mio padre e mio nonno<br />
sono stati dei pittori figurativi che hanno da sempre amato questa parte periferica<br />
della città. Molti dei loro dipinti hanno come soggetto proprio queste rive, le<br />
rocce, il verde degli alberi e il silenzio riposante di questa vallata alle spalle<br />
della città moderna. Le rive dell’Arno per me rappresentano il primo contatto infantile<br />
con la natura e con una vita lontana da ogni contaminazione tecnologica
ed industriale. Passo spesso il mio tempo<br />
libero in lunghe passeggiate in queste zone.<br />
Là mi immergo nel silenzio della campagna<br />
e lungo il fiume attendo che questa parte<br />
nascosta della città mi porti delle sorprese,<br />
degli incontri, delle storie. Questo documentario<br />
nasce da uno di questi incontri<br />
lungo il fiume Arno e da un profondo amore<br />
per la mia terra”<br />
<strong>La</strong> forza del documentario sta proprio nel<br />
rievocare quelle immagini di un Arno ritratto<br />
dalle fotografie dei Fratelli Alinari ed immortalato<br />
anche dal documentario di Cecilia<br />
Mangini sulla Firenze di Pratolini<br />
uscito nel 1959 e che racconta molte<br />
storie di San Frediano e di Santo<br />
Spirito con un occhio ben attento al<br />
realismo e alle tradizioni fiorentine.<br />
Chiodo e il Fiume potrebbe essere<br />
visto anche ad occhi chiusi come un<br />
vero e proprio “documentario sonoro”<br />
perché la troupe è andata a ricercare<br />
i momenti di silenzio, lontani<br />
dal traffico cittadino, in una zona ancora<br />
non toccata dall’asfalto e dalla<br />
civiltà. Molti degli argini verso il Girone<br />
e Bagno a Ripoli sono infatti rimasti<br />
lontani nel tempo, fermi<br />
all’epoca nella quale i nostri padri<br />
imparavano a nuotare nell’Arno.<br />
Il documentario di Ricciardelli avrà<br />
una circuitazione in festival italiani<br />
ed internazionali e avrà un seguito in<br />
un lungometraggio dal titolo “Mal<br />
d’Arno” che racconterà tutta la vita<br />
e l’atmosfera del fiume dal territorio<br />
di Pontassieve fino al Ponte Vecchio.<br />
Un ringraziamento particolare da<br />
parte di Duccio Ricciardelli va a Marco<br />
Castaldi dell’Associazione Renaioli<br />
per aver messo a disposizione le<br />
imbarcazioni e per aver guidato la<br />
troupe lungo l’argine.<br />
Duccio<br />
Ricciardelli<br />
Nato a Firenze nel 1976 si laurea<br />
all’Università di Firenze in Storia e<br />
Critica del Cinema con una tesi sul<br />
documentario d’autore nel Nuovo Cinema<br />
Tedesco (Werner Herzog e Wim Wenders).<br />
Dopo la laurea si dedica alla fotografia di<br />
reportage e di scena per varie agenzie e produzioni<br />
italiane. Si specializza in sceneggiatura<br />
e regia seguendo vari seminari e masterclass<br />
con autori internazionali (Storaro,<br />
Garrone, Salvatores). Collabora con “<strong>La</strong> Toscana”<br />
in veste di redattore e giornalista<br />
pubblicista. Innamorato da sempre dell’arte,<br />
crede fortemente nel potere comunicativo<br />
ed emozionante dell’immagine. Scrive per<br />
varie riviste online articoli su videoarte, nuovi<br />
media e contaminazioni tra i linguaggi del<br />
contemporaneo.<br />
Chiodo e il Fiume<br />
29
Il nuovo sito<br />
dell’Associazione<br />
Toscana Cultura<br />
è online<br />
di Leonardo <strong>La</strong>ndi<br />
leonardo.landi@toscanacultura.it<br />
All’indirizzo www.toscanacultura.it<br />
news, eventi, iniziative e la possibilità<br />
di scaricare gratuitamente libri<br />
e il nostro mensile “<strong>La</strong> Toscana”<br />
L’Associazione Toscana Cultura, che edita la<br />
nostra rivista, ha una nuova “casa” sul web.<br />
Aperta a tutti, con uno sguardo che punta<br />
dritto al futuro. Da qualche settimana è online<br />
il sito www.toscanacultura.it, un contenitore che<br />
ogni navigatore potrà visitare scoprendo tutte le attività,<br />
gli eventi, le pubblicazioni portate avanti dall’associazione<br />
presieduta da Fabrizio Borghini. “Al giorno<br />
d’oggi avere una visibilità sul web è diventata un’esigenza<br />
- spiega Emanuele Mecca (emanuele.mecca@<br />
toscanacultura.it), segretario dell’associazione e curatore<br />
di toscanacultura.it - tanto più per una associazione<br />
nata da pochi mesi che si prefigge lo scopo di<br />
organizzare tante iniziative interessanti, editoriali e<br />
non, e coinvolgere la più vasta platea possibile. Per<br />
farsi conoscere e raggiungere un grande numero di<br />
contatti in tutta Italia e non solo è quindi imprescindibile<br />
contare su un’adeguata vetrina online”.<br />
Il sito è diviso in sezioni, all’interno delle quali ogni<br />
visitatore potrà scoprire cos’è e cosa si prefigge l’associazione,<br />
le attività che sta portando avanti, le<br />
pubblicazioni (collana di libri degli “Artisti in Toscana”<br />
e il mensile “<strong>La</strong> Toscana”) le news, gli eventi, e<br />
tutte le modalità per contattare i singoli redattori o<br />
collaboratori.<br />
“Siamo nati da poche settimane - continua Mecca -<br />
ma la partenza è stata decisamente incoraggiante.<br />
Abbiamo infatti avuto 16.000 contatti in poco più di un<br />
mese. Risultati ottenuti anche grazie alla possibilità<br />
di scaricare e/o consultare gratuitamente tutti i numeri<br />
de “<strong>La</strong> Toscana” e addirittura anche i libri della<br />
collana “Artisti in Toscana” finora pubblicati. Insomma,<br />
siamo un vero sito al servizio dei nostri lettori, che<br />
possono seguire passo dopo passo, praticamente in<br />
tempo reale, lo stato dell’arte di tutte le nostre inizia-<br />
tive. L’ultima delle quali, “Volterra in<br />
cornice”, è stata un grande successo<br />
ed una sorta di prova del nove anche<br />
per il sito”.<br />
Già da adesso, attraverso il portale,<br />
la rivista “<strong>La</strong> Toscana”, diffusa in<br />
3.000 copie cartacee, viene veicolata<br />
ad almeno 10.000 contatti in tutta<br />
Italia. Inoltre, chi vuole può gratuitamente<br />
iscriversi alla newsletter, per<br />
ricevere tutte le notizie sull’associazione<br />
direttamente nella propria casella<br />
di posta elettronica. “Ovviamente<br />
- conclude Emanuele Mecca -<br />
siamo sempre pronti a ricevere suggerimenti,<br />
consigli e segnalazioni,<br />
attraverso questo nuovo spazio che<br />
vuole divenire in breve tempo il mezzo<br />
più semplice e rapido per interagire<br />
con i nostri lettori”.<br />
30<br />
Associazione Toscana Cultura
Sede sociale e direzione<br />
Signa<br />
piazza Michelacci 1-2 - 50058 Signa<br />
Tel. 055 879101 - fax 055 8732067<br />
Filiali<br />
Signa<br />
piazza Michelacci 1-2 - 50058 Signa<br />
Tel. 055 879101 - fax 055 8732067<br />
<strong>La</strong>stra a Signa<br />
via Turati 10-12<br />
50055 <strong>La</strong>stra a Signa<br />
Tel. 055 8720251 - fax 055 8720204<br />
Ponte a Signa<br />
(Comune di <strong>La</strong>stra a Signa)<br />
via S. <strong>La</strong>vagnini 11 - 50055 <strong>La</strong>stra a Signa<br />
Tel. 055 8725268 - fax 055 8725270<br />
San Mauro a Signa<br />
(Comune di Signa)<br />
via della Chiesa 19 - 50050 S. Mauro a Signa<br />
Tel. 055 8739764/5 - fax 055 8739693<br />
Viottolone<br />
(Comune di Scandicci)<br />
via di Castelpulci 3 - 50018 Scandicci<br />
Tel. 055 7310678 - fax 055 720145<br />
Montelupo Fiorentino<br />
via Centofiori 14 - 50056 Montelupo Fiorentino<br />
Tel. 0571 913188 - fax 0571 913216<br />
Malmantile<br />
(Comune di <strong>La</strong>stra a Signa)<br />
via Vecchia Pisana 235<br />
50050 Malmantile (<strong>La</strong>stra a Signa)<br />
Tel. 055 8729244 - fax 055 8784412<br />
Firenze<br />
Piazza della Libertà 32R - 50129 Firenze<br />
Tel. 055 5088114 - fax 055 578832<br />
Sede distaccata<br />
Castelfranco di Sotto<br />
via Provinciale Francesca Nord 78<br />
56022 Castelfranco di Sotto (Pisa)<br />
Tel. 0571 488730 - fax 0571 488740<br />
Sportelli ATM<br />
Signa<br />
Parco dei Renai<br />
Badia a Settimo<br />
(Comune di Scandicci)<br />
via la Comune di Parigi 34<br />
Capannori<br />
Via del Popolo 5<br />
55012 Capannori (Lucca)<br />
Firenze<br />
Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio<br />
via Torregalli 3 - 50143 Firenze<br />
Fucecchio<br />
Piazza dei Seccatoi<br />
32<br />
San Miniato<br />
Viale Marconi 20