Anno VII - n. 2 in formato pdf - Consiglio dell'Ordine degli Avvocati ...
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6<br />
giugno 2010<br />
7<br />
voci dal palazzo di giustizia giugno 2010<br />
Voci dal<br />
Palazzo di Giustizia<br />
Lettera aperta di un Avvocato del Foro.<br />
Sono un avvocato di trentac<strong>in</strong>que anni. Svolgo<br />
l’attività da quando ne avevo ventidue. Il diritto è<br />
stato ed è la mia vita.<br />
La pubblicazione del Decreto Legislativo n. 28 del<br />
4 marzo 2010, relativo alla mediazione f<strong>in</strong>alizzata<br />
alla conciliazione delle controversie <strong>in</strong> materia<br />
civile e commerciale mi ha <strong>in</strong>dotto a una riflessione<br />
che, per coerenza, se il diritto è un “affare<br />
serio” (come ho sempre creduto) mi dovrà portare<br />
alle estreme conseguenze: abbandonare la toga.<br />
In via prelim<strong>in</strong>are, devo precisare che, negli ultimi<br />
anni (ma questo è noto a tutti), c’è stato un<br />
imbarbarimento del diritto. Accesso smodato alla<br />
professione di avvocato (il numero di legali, autorizzati<br />
all’esercizio della professione <strong>in</strong> Italia, non<br />
ha nessun precedente e/o pari al mondo), conseguente<br />
scadimento qualitativo di avvocati, magistrati<br />
e soprattutto del legislatore hanno reso la<br />
giustizia ancor più lenta di quanto sia sempre<br />
stato e non rispondente ai bisogni dei cittad<strong>in</strong>i.<br />
Nonostante la necessità di doversi conformare<br />
alla normativa europea per avvic<strong>in</strong>arsi alle legislazioni<br />
<strong>degli</strong> altri Stati membri dell’Unione (ciò è<br />
accaduto, per esempio, con il Decreto Legislativo<br />
231/2002 “sulla lotta contro i ritardi nei pagamenti<br />
delle transazioni commerciali”; con la<br />
“legge P<strong>in</strong>to” sull’irragionevole durata dei processi”<br />
etc.), lo Stato italiano ha dimostrato, troppo<br />
spesso nel corso di questi ultimi anni, di non<br />
riuscire ad adeguare il proprio Ord<strong>in</strong>amento alle<br />
sfide che la velocizzazione <strong>degli</strong> scambi commerciali<br />
e f<strong>in</strong>anziari impone; e ciò malgrado l’Italia<br />
sia (o forse e meglio sia stata) la “culla del diritto”.<br />
Con una pubblicazione dello scorso febbraio ho<br />
salutato con favore, <strong>in</strong>vece, alcune <strong>in</strong>novazioni<br />
che il legislatore (come mai prima) ha apportato<br />
al processo civile. Mi sembrava una svolta davvero<br />
importante per colmare, f<strong>in</strong>almente, il gap tra il<br />
bisogno di giustizia (e rapidità) dei cittad<strong>in</strong>i e le<br />
risposte, f<strong>in</strong>o ad ora, apprestate dallo Stato.<br />
La calendarizzazione del processo, la possibilità<br />
di acquisire le testimonianze per iscritto nel processo,<br />
la generalizzazione del processo di cognizione<br />
sommaria, la previsione espressa dell’effetto<br />
di accertamento per i fatti non specificatamente<br />
contestati dalle parti, la semplificazione nella<br />
redazione delle sentenze con l’<strong>in</strong>troduzione della<br />
possibilità della sola relationem ai precedenti giurisprudenziali<br />
e l’elim<strong>in</strong>azione dell’esposizione<br />
dello “svolgimento del processo” <strong>in</strong>trodotti dalla<br />
Legge 69/2009 hanno dim<strong>in</strong>uito drasticamente<br />
gli alibi dei magistrati e <strong>degli</strong> avvocati per giustificare<br />
i ritardi nella tutela giurisdizionale (almeno<br />
di quella civile per cui certamente vi è maggiore<br />
domanda).<br />
Le <strong>in</strong>novazioni citate, a parer mio, hanno ben<br />
<strong>in</strong>dividuato l’esigenza di dar maggiore importanza<br />
e risalto agli <strong>in</strong>teressi delle parti processuali<br />
più che alla forma o meglio all’abuso del pr<strong>in</strong>cipio<br />
del contraddittorio.<br />
Lo stesso pr<strong>in</strong>cipio è alla base del Decreto<br />
Legislativo n. 28 sopra citato che, tra l’altro, attua<br />
i pr<strong>in</strong>cipi contenuti nella delega data dal legislatore<br />
al Governo con la stessa Legge n. 69/2009.<br />
L’errore, però, è stato di attribuire efficacia esecutiva<br />
al verbale di conciliazione eventualmente raggiunto<br />
dalle parti senza la previsione, di converso,<br />
dell’obbligatorietà di farsi assistere da un avvocato<br />
(difesa tecnica). Attribuzione dell’efficacia esecutiva<br />
al verbale di conciliazione significa che,<br />
qualora una delle parti che ha conciliato non<br />
dovesse eseguire la propria prestazione dedotta<br />
nel verbale, si potrebbe vedere l’Ufficiale<br />
Giudiziario bussare alla porta di casa, per esempio,<br />
per procedere al pignoramento dei propri<br />
beni. Mi si potrebbe ribattere che il verbale di conciliazione<br />
deve essere omologato dal Tribunale e<br />
senza l’omologazione lo stesso non può acquisire<br />
efficacia esecutiva o anche che altri esempi di<br />
attribuzione di efficacia esecutiva ad accordi tra le<br />
parti esistono già nel nostro Ord<strong>in</strong>amento giuridico<br />
(titoli di credito - cambiali e assegni protestati).<br />
Sono eccezioni prive di fondamento.<br />
È semplice, <strong>in</strong>fatti, rispondere che nell’omologazione<br />
il Tribunale verificherà solo che l’accordo<br />
sia formalmente corretto e che non sia contrario<br />
all’Ord<strong>in</strong>e Pubblico o a norme imperative; ciò,<br />
chiaramente, non è sufficiente, però, a verificare<br />
che la composizione <strong>degli</strong> <strong>in</strong>teressi delle parti sia<br />
stata equa e, soprattutto, giuridicamente sostenibile<br />
per le stesse. I titoli di credito, <strong>in</strong>vece, sono,<br />
sostanzialmente, mezzi di pagamento per facilitare<br />
e velocizzare appunto gli stessi. E <strong>in</strong> più mi verrebbe<br />
da chiedere, provocatoriamente, perché<br />
l’Ord<strong>in</strong>amento, a questo punto, non attribuisce la<br />
medesima efficacia esecutiva a tutti gli accordi, i<br />
contratti tra le parti (anche a quelli non conciliativi)<br />
In questo modo si potrebbe mettere <strong>in</strong> esecuzione<br />
l’accordo senza necessità del<br />
processo/procedimento giudiziario per la formazione<br />
del titolo esecutivo e senza necessità <strong>degli</strong><br />
avvocati!<br />
La verità, <strong>in</strong>vece, è un’altra. Mi hanno <strong>in</strong>segnato,<br />
da quando frequentavo il primo anno della<br />
Facoltà di Giurisprudenza, che il diritto soggettivo<br />
è il potere che ogni soggetto ha di tutelare i<br />
propri <strong>in</strong>teressi senza l’<strong>in</strong>termediazione (o la concessione)<br />
di nessuno. In sostanza è il diritto che<br />
ognuno ha di agire <strong>in</strong> giudizio per la soddisfazione<br />
del proprio <strong>in</strong>teresse; di ottenere, cioè, dai<br />
Tribunali della Repubblica un titolo che possa<br />
essere messo coercitivamente <strong>in</strong> esecuzione dai<br />
Cartol<strong>in</strong>a d’epoca.<br />
funzionari dello Stato a ciò delegati.<br />
E non esiste tutela dei diritti soggettivi senza l’avvocato.<br />
Così come non esiste esecuzione <strong>in</strong> tutela<br />
dei diritti soggettivi senza lo Stato. Nel processo<br />
la difesa è tecnica. Tranne eccezioni di poco<br />
conto, <strong>in</strong> realtà, non ci può essere processo senza<br />
l’avvocato.<br />
Su questi pr<strong>in</strong>cipi dicevo ho basato la mia vita.<br />
Il Decreto Legislativo n. 28 adesso stabilisce che ci<br />
può essere titolo esecutivo senza il processo e<br />
soprattutto senza l’avvocato. Se si può accogliere<br />
con favore la prima parte dell’<strong>in</strong>novazione è <strong>in</strong>accettabile,<br />
<strong>in</strong>vece, la seconda perché, non solo<br />
potrebbe aumentare a dismisura i giudizi di<br />
opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. (per<br />
non dire le opposizioni agli atti esecutivi ex art.<br />
617 c.p.c.), ma imbarbarirebbe def<strong>in</strong>itivamente<br />
l’Ord<strong>in</strong>amento. Chi determ<strong>in</strong>erebbe, per esempio,<br />
nel caso di conciliazione, la causa petendi e il petitum<br />
Tanto più che lo stesso legislatore del 2006<br />
ha ritenuto si potesse concedere la provvisoria<br />
esecuzione alle domande giudiziarie prodotte dai<br />
ricorrenti che basassero il proprio diritto di credito<br />
su documentazione sottoscritta dal debitore e<br />
comprovante il diritto fatto valere (art. 642 c.p.c.).<br />
La discrasia è evidente: <strong>in</strong> questo ultimo caso per<br />
ottenere il titolo esecutivo bisognerebbe, comunque,<br />
passare per una domanda giudiziale; nel caso<br />
di <strong>in</strong>adempimento al verbale di conciliazione,<br />
<strong>in</strong>vece, la prova del credito pur derivando da<br />
documentazione sottoscritta dall’<strong>in</strong>adempiente<br />
(il verbale medesimo), deriverebbe la propria esecutività<br />
da una semplice omologazione da parte<br />
del Tribunale dell’accordo verbalizzato.<br />
Nessun conto, poi, ha l’op<strong>in</strong>ione di qualcuno che<br />
ha eccepito che la presenza obbligatoria <strong>degli</strong><br />
avvocati potrebbe rendere più difficile la conciliazione.<br />
Mi riporto, per rispondere, semplicemente<br />
a quanto stabilito dai novellati artt. 91, 92 e 96 del<br />
Codice di procedura civile nonché all’art. 13 del<br />
Decreto Legislativo n. 28 <strong>in</strong> discussione che<br />
testualmente recita: “Quando il provvedimento<br />
che def<strong>in</strong>isce il giudizio corrisponde <strong>in</strong>teramente<br />
al contenuto della proposta, il giudice esclude la<br />
ripetizione delle spese sostenute dalla parte v<strong>in</strong>citrice<br />
che ha rifiutato la proposta, riferibili al<br />
periodo successivo alla formulazione della stessa,<br />
e la condanna al rimborso delle spese sostenute<br />
dalla parte soccombente relativa allo stesso periodo,<br />
nonché al versamento all’entrata del bilancio<br />
dello Stato di un’ulteriore somma di importo corrispondente<br />
al contributo unificato dovuto...”.<br />
Credo che maggiore <strong>in</strong>centivo alla conciliazione il<br />
legislatore non avrebbe potuto trovare!<br />
Pur essendo un fautore conv<strong>in</strong>tissimo della prevalenza<br />
<strong>degli</strong> <strong>in</strong>teressi delle parti <strong>in</strong> controversia<br />
sulla forma (anche processuale), (tanto è vero che<br />
lo scorso mese mi sono anche già <strong>formato</strong> come<br />
Conciliatore Specializzato e il mio <strong>Consiglio</strong><br />
dell’Ord<strong>in</strong>e territoriale è tra i primi dieci <strong>in</strong> Italia<br />
ad aver già istituito un Organismo di<br />
Conciliazione), ribadisco che la mancata previsione<br />
da parte del legislatore della obbligatorietà<br />
della difesa tecnica nei tentativi di conciliazione<br />
(obbligatori e non) da cui scaturisca l’effetto di<br />
attribuire ai verbali di conciliazione medesimi<br />
efficacia esecutiva rappresenterebbe per il sottoscritto<br />
motivo di r<strong>in</strong>uncia all’attività professionale<br />
di avvocato perché sarebbe il segnale evidente di<br />
un imbarbarimento def<strong>in</strong>itivo dell’arte del diritto<br />
a cui mi rifiuto di sottostare.<br />
La cosa potrebbe <strong>in</strong>teressare pochi (ce ne sono già<br />
tanti di avvocati), ma personalmente ritengo che i<br />
problemi della giustizia non si risolvano abdicando<br />
def<strong>in</strong>itivamente alle certezze del diritto su cui<br />
tutte le generazioni, ad oggi, si sono formate.<br />
Avvocato Bruno Cirillo