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Pedagogia e lavoro sociale in Europa - Università degli Studi della ...

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Prof.Dr. Günter J.Friesenhahn<br />

Fachhochschule Koblenz/University of Applied Sciences<br />

European Community Education <strong>Studi</strong>es<br />

F<strong>in</strong>kenherd 4<br />

D-56075 Koblenz<br />

Tel 0261 9528-232<br />

Email friesenh@fh-koblenz.de<br />

Corso: <strong>Pedagogia</strong> <strong>sociale</strong>/Lavoro <strong>sociale</strong> europea/o<br />

Universitá <strong>degli</strong> <strong>Studi</strong> San Mar<strong>in</strong>o<br />

Dipartimento <strong>della</strong> Formazione<br />

Master per operatori nel campo<br />

<strong>della</strong> prevenzione e <strong>della</strong> riduzione<br />

del disagio del scolastico ed extrascolastico<br />

2001<br />

1


Indice<br />

A.Prima parte<br />

<strong>Pedagogia</strong> e lovoro <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> <strong>Europa</strong><br />

1. Introduzione:Di cosa si tratta<br />

2. Sguardo retrospettivo. Cosa c’è stato prima<br />

3. Def<strong>in</strong>izioni e confronto: un terreno <strong>in</strong>ternazionale oscuro.<br />

4. Nove tendenze sul mercato editoriale:libri e riviste<br />

5. La complessità <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong><br />

6. Considerazioni conclusive<br />

7. Bibliografia<br />

B.Seconda parte<br />

Lavoro con bamb<strong>in</strong>i e giovani <strong>in</strong> <strong>Europa</strong><br />

1.Indroduzione<br />

2.Bamb<strong>in</strong>i e preadolescenti(kids), giovani e giovani adulti<br />

3.Atteggiamento die giovani nel contesto europeo<br />

4.Concetti e metodi delle attività a favore die giovani<br />

5. Competenze per gli operatori sociali<br />

6.Considerazioni conclusive<br />

7.Bibliografia<br />

2


A.Prima parte<br />

<strong>Pedagogia</strong> e lovoro <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> <strong>Europa</strong><br />

1.Introduzione:Di cosa si tratta<br />

Si tratta di rappresentare qui di seguito la pedagogia <strong>sociale</strong>/il lovoro <strong>sociale</strong><br />

come scienza e professione, come teoria e prassi <strong>in</strong> alcuni tratti caratteristici<br />

fondamentali. In questo contesto ci occuperemo di tendenze sociali attuali, di<br />

nuovi sviluppi all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> scienza <strong>sociale</strong>.<br />

Appare chiaro che una chiara determ<strong>in</strong>azione <strong>della</strong> posizione <strong>della</strong> pedagogia<br />

<strong>sociale</strong> è difficilmente possibile a causa <strong>della</strong> sua complessità all’<strong>in</strong>terno di una<br />

società pluralista.<br />

Tale complessità, che sussiste <strong>in</strong> ogni società moderna, aumenta quando entra<br />

<strong>in</strong> gioco l’<strong>in</strong>ternazionalità. E’ comunque sensato fare chiarezza sulla<br />

condizione e sullo sviluppo <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong> e discutere sul suo attuale<br />

campo d’azione, sulle sue attuali sfide e possibilità; <strong>in</strong> breve: fare affermazioni<br />

plausibili sulle sue capacità e i suoi doveri, considerando il presente e il futuro.<br />

In ciò rientra anche la risposta alla domanda se la pedagogia <strong>sociale</strong>, <strong>in</strong><br />

considerazione dei processi di socializzazione (con riferimento alla<br />

pluralizzazione, <strong>in</strong>dividualizzazione, globalizzazione) non debba mutarsi nella<br />

direzione <strong>della</strong> crescente <strong>in</strong>ternazionalizzazione e <strong>in</strong>terculturalità.<br />

Se le cose stanno così, la pedagogia <strong>sociale</strong> dovrà cambiare globalmente.<br />

Internazionalità e <strong>in</strong>terculturalità sono state considerate f<strong>in</strong>o ad ora piuttosto<br />

come aspetti marg<strong>in</strong>ali <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong>. Si tende tuttavia a riconosce<br />

che i problemi e le sfide, alle quali la pedagogia <strong>sociale</strong> reagisce, hanno<br />

“<strong>in</strong>franto” da tempo il contesto nazionale.<br />

I movimenti migratori e l’<strong>in</strong>trecciarsi di rapporti aziendali e commerciali<br />

<strong>in</strong>ternazionali e di conseguenze sociali, <strong>in</strong> particolar modo il processo di<br />

<strong>in</strong>tegrazione europea, non passano accanto alla prassi <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong><br />

senza lasciare traccia. Inoltre si deve tener conto anche del fatto che il processo<br />

di <strong>in</strong>tegrazione europea conduce i paesi verso l’adozione di radicali forme di


isparmio. Strumenti di analisi di questi processi e di nuovi modelli di<br />

comportamento <strong>in</strong>ternazionali devono <strong>in</strong> ogni caso essere sviluppati su un<br />

piano formale ed <strong>in</strong>formale, Si tratta <strong>in</strong>fatti di una questione faticosa e al<br />

contempo non trascurabile <strong>in</strong> virtù del fatto che problemi e compiti irrisolti<br />

“fanno capol<strong>in</strong>o sull’uscio di casa”.<br />

Poco aiuta l’affermazione che la dimensione <strong>in</strong>ternazionale <strong>della</strong> pedagogia<br />

<strong>sociale</strong> sia stata considerata un elemento costitutivo <strong>della</strong> professione s<strong>in</strong> dalle<br />

sue orig<strong>in</strong>i. Esiste l’ipotesi che questa unione <strong>in</strong>ternazionale abbia avuto<br />

ripercussioni f<strong>in</strong>o ad oggi.<br />

Il collega americano Hokenstad (1992) focalizza la sua analisi dell’assistenza<br />

<strong>sociale</strong> nel contesto <strong>in</strong>ternazionale su tre punti:<br />

le comunanze (compiti, metodi, atteggiamenti etici fondamentali)<br />

le differenze (sistemi di formazione e immag<strong>in</strong>e professionale)<br />

le sfide (il formarsi <strong>della</strong> giustizia <strong>sociale</strong>)<br />

Si può aggiungere un altro punto:<br />

il discorso academico<br />

Esam<strong>in</strong>ando tutto questo <strong>in</strong> un contesto più ampio, dobbiamo considerare<br />

anche gli aspetti e le forze che agiscono sulla pedagogia <strong>sociale</strong>. Accanto a<br />

tutte le peculiarità nazionali e regionali, sembra esserci anche una comunanza<br />

trasnazionale. Walter Lopez dell’<strong>Università</strong> di Cork <strong>in</strong> Irlanda riassume <strong>in</strong><br />

occasione di una conferenza <strong>in</strong>ternazionale ad Anversa / Belgio (1999): “tutte<br />

le professioni nell’ambito del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> sono <strong>in</strong>fluenzate dai cambiamenti<br />

<strong>della</strong> politica <strong>sociale</strong>, non sono e non possono <strong>in</strong> alcun modo essere <strong>in</strong> nessuno<br />

dei loro campi <strong>in</strong>iziative private, che hanno solo a che fare con transazioni<br />

private tra persone…Da un lato lo stato è universalmente preoccupato di<br />

ridurre le spese dest<strong>in</strong>ate a questioni sociali, una tendenza politica che è<br />

normalmente attribuita agli effetti <strong>della</strong> globalizzazione dell’economia e alla<br />

necessità di mantenere competitive le prospettive d’impiego. Dall’altro lato la<br />

4


politica <strong>sociale</strong> resta per lo stato una fonte preziosa di legittimità politica. Lo<br />

stato necessità di essere visto come uno stato che si preoccupa".<br />

Con questa osservazione Lorenz coglie l’attuale def<strong>in</strong>izione <strong>della</strong> posizione<br />

<strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>. Adrian Adams, Gran Bretagna,<br />

constata un paradosso <strong>della</strong> moderna assistenza <strong>sociale</strong>: “il paradosso del<br />

modern <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> è il seguente: la sua funzione è quella di assicurare che<br />

tutti gli <strong>in</strong>dividui siano <strong>in</strong>tegrati all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> società, ma <strong>in</strong> seguito allo<br />

sviluppo dell’economia globale, è chiaramente sempre meno capace di<br />

raggiungere questo scopo. Progressivamente i politici non presuppongono più<br />

che la totale <strong>in</strong>clusione <strong>degli</strong> <strong>in</strong>dividui all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> società sia possibile;<br />

ritengono <strong>in</strong>vece che siano gli stessi cittad<strong>in</strong>i, piuttosto che lo stato, a diventare<br />

responsabili del raggiungimento dell’<strong>in</strong>tegrazione <strong>sociale</strong>.” (2000, p.1)<br />

Successivamente faremo luce <strong>in</strong> maniera più approfondita sul rapporto tra<br />

diversi piani (trasnazionale, nazionale, regionale e comunale) <strong>della</strong> politica e<br />

dei servizi sociali.<br />

Il compito e lo scopo <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> è sempre più<br />

difficile da def<strong>in</strong>ire, molteplici sono i concetti e i gruppi d’<strong>in</strong>dirizzo.<br />

La pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si occupa di analisi sociali <strong>in</strong> tutti i<br />

paesi, sviluppa concetti, si <strong>in</strong>terroga sulle possibilità <strong>in</strong>dividuali, su quali sono i<br />

limite socio culturali e culturali <strong>della</strong> collaborazione o dei processi<br />

d’apprendimento. In breve, si <strong>in</strong>terroga sull’uguaglianza, sulla disuguaglianza,<br />

sulla differenza.<br />

Pone domande su norme e regole, modelli culturali <strong>in</strong>terpretativi, sanzioni;<br />

vuole sapere chi e perché entra nel godimento di diritti e privilegi e chi <strong>in</strong>vece<br />

ne è escluso.<br />

Lo scopo di questa analisi é quello di creare una maggiore giustizia <strong>sociale</strong> e<br />

una compensazione alle <strong>in</strong>giustizie esistenti.<br />

Essa si preoccupa anche di raffigurare processi di sviluppo e di apprendimento.<br />

Tutto ciò riguarda quello che <strong>in</strong> Germania si <strong>in</strong>tende tradizionalmente con il<br />

term<strong>in</strong>e “ pedagogia <strong>sociale</strong>”.<br />

5


Complessivamente la pedagogia <strong>sociale</strong>/<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> vuole cambiare. “In<br />

tutti i paesi gli educatori specializzati vedono se stessi come agenti di<br />

cambiamenti sociali e di riforme istituzionali" (Hokenstad 1992, p.182)<br />

Secondo Lyons(1999, p.6) il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ha le funzione : Care , social<br />

change and control.<br />

Per capire la situazione attuale e il carattere molteplice <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong><br />

<strong>in</strong> <strong>Europa</strong>, bisogna considerare la politica <strong>sociale</strong>, le strutture istituzionali e i<br />

modelli organizzativi del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> come elementi complementari. Ciò<br />

chiarisce anche l’attuale varietà dell’orientamento professionale e dei campi<br />

d’azione dello specialista nel campo dell’assistenza <strong>sociale</strong>. “…..nonostante<br />

rimangano significanti differenze tra i sistemi di assistenza <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>,<br />

tali diversità esistenti scaturiscono da risposte diverse a problemi di carattere<br />

<strong>sociale</strong> <strong>in</strong> paesi diversi." (Adams, Erath, Shardlow 2000, prefazione)<br />

Nonostante questa concordanza che viene postulata, si deve tuttavia porre<br />

attenzione al fatto che uno sviluppo nazionale, con diversa velocità e<br />

orientamento del contenuto, si é fatto comunque strada.<br />

E’ dunque grande il tentativo di creare e def<strong>in</strong>ire term<strong>in</strong>i di paragone; anche se<br />

ciò non conduce molto avanti e si arriva <strong>in</strong>evitabilmente ad una valutazione di<br />

concetti e di modelli pratici.<br />

Nonostante ciò, io propongo di tenere <strong>in</strong> considerazione nelle argomentazioni<br />

che seguiranno le quattro categorie proposte dal pedagogista tedesco Thomas<br />

Rauschenbach (1991) per descrivere lo sviluppo <strong>della</strong> professione di operatori<br />

sociali. Rauschenbach parla <strong>in</strong> riferimento alla Germania, tuttavia credo che<br />

ciò possa essere esteso ad altri paesi <strong>in</strong> virtù di una cont<strong>in</strong>uità di tendenza.<br />

Dal volontariato al professione<br />

Specializzazione<br />

Accademizzazione<br />

Profesionalizzazione<br />

6


Per “Dal volotariato al profesione ” egli <strong>in</strong>tende l’aumento di operatori nel<br />

settore <strong>della</strong> <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> che ricevono compensi per le loro prestazioni.<br />

Il term<strong>in</strong>e “specializzazione” si riferisce all’aumento <strong>della</strong> percentuale di<br />

persone, con una formazione di stampo socio pedagogico, che lavora <strong>in</strong> questo<br />

campo.<br />

“Accademizzazione” significa che il personale che lavora nel campo <strong>della</strong><br />

<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ha una formazione che segue gli standard scientifici<br />

dell’istruzione terziaria.<br />

“Profesionalizzazione” <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e riguarda il processo secondo il quale gli<br />

operatori <strong>sociale</strong> sono ritenuti <strong>in</strong> grado di fornire prestazioni professionali<br />

(come lo sono i giuristi, i medici, i sociologhi e gli spicologi).<br />

Si tratta di un campo professionale ben delimitato (e ciò diventa sempre più<br />

difficile, vedi Lorenz 1999) e di scopi politico governativi.<br />

In altre parole, la domanda è: che cosa sanno, possono e debbano fare gli<br />

operatori sociali per far fronte ad una prassi pedagogica che si sviluppa <strong>in</strong> un<br />

mondo <strong>in</strong>dipendente e <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>ua evoluzione<br />

2. Sguardo retrospettivo. Cosa c’è stato prima<br />

“Il mondo è divenuto piccolo. Le conquiste <strong>della</strong> tecnica sono progredite. Le<br />

persone e i beni sono diventati flessibili, problemi di carattere <strong>in</strong>ternazionale<br />

sono sorti, problemi che prima erano sconosciuti al nostro modo di procedere<br />

<strong>in</strong> un ristretto spazio vitale.” (A. Salomon). Questa è una citazione del 1930<br />

che sottol<strong>in</strong>ea l’<strong>in</strong>izio di preoccupazioni <strong>in</strong>ternazionali nell’ambito<br />

dell’assistenza <strong>sociale</strong>. Già nel 1853 si tenne a Brüssel un congresso<br />

<strong>in</strong>ternazionale sul tema dell’assistenza ai poveri e <strong>della</strong> beneficenza, poi<br />

cont<strong>in</strong>uò a Londra (1863), Parigi (1889), Chicago (1893), Genf (1896), Parigi,<br />

Milano e Kopenhagen (1910) (vedi Friesenhahn1992)<br />

7


Walter Lorenz scrive <strong>in</strong> un articolo dal titolo “<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> <strong>in</strong>ternazionale”:<br />

“l’<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> è nata nell’ultimo secolo con lo sviluppo dell’epoca moderna,<br />

che è stata caratterizzata da nuovi fondamentali presupposti politici e sociali<br />

per la legittimazione e la consolidalizzazione di stati di orientamento<br />

democratico. Il compito dell’assistenza <strong>sociale</strong>, sia sul piano statale che<br />

attraverso organizzazioni di solidarietà, era quello di assicurare l’<strong>in</strong>tegrazione<br />

<strong>sociale</strong> f<strong>in</strong>o ai più bassi gradi <strong>della</strong> scala <strong>sociale</strong>.”<br />

Questo orientamento patriota, che divenne portante negli ultimi decenni del<br />

XIX sec., era <strong>in</strong> rapporti di tensione con contatti e collaborazioni<br />

<strong>in</strong>ternazionali, sebbene presso le organizzazioni di stampo borghese (ad es. il<br />

movimento femm<strong>in</strong>ista borghese) era possibile del<strong>in</strong>eare orig<strong>in</strong>ariamente un<br />

chiaro <strong>in</strong>treccio <strong>in</strong>ternazionale per tre motivi fondamentali.<br />

In primo luogo questi movimenti fecero apertamente riferimento ad istituzioni<br />

che si erano costituite nell’epoca premoderna <strong>in</strong> tutti i paesi, come la chiesa ed<br />

i movimenti umanistici. Inoltre l’orientamento di secolarizzazione <strong>della</strong> chiesa<br />

nel XIX sec. fu promotore di molteplici <strong>in</strong>iziative sociali che poterono essere<br />

facilmente emulate nei diversi paesi attraverso la divulgazione dei pr<strong>in</strong>cipali<br />

fondamenti delle <strong>in</strong>iziative missionarie; oppure tali <strong>in</strong>iziative sociali furono<br />

direttamente esportate attraverso l’attività <strong>degli</strong> ord<strong>in</strong>i religiosi nelle colonie e<br />

nei paesi europei (ad es. furono fondati ord<strong>in</strong>i religiosi <strong>in</strong> Francia e Belgio che<br />

condussero alla creazione di scuole, ospizi, missioni <strong>in</strong> Irlanda o Spagna, ).<br />

In secondo luogo l’<strong>in</strong>dustrializzazione e la diffusione delle condizioni<br />

capitalistiche di mercato portarono problemi sociali che rispecchiavano<br />

direttamente tali evoluzioni <strong>della</strong> società.<br />

Inf<strong>in</strong>e gli stessi nuovi movimenti sociali del XIX sec. avevano tuttavia una<br />

d<strong>in</strong>amica <strong>in</strong>ternazionale che era <strong>in</strong> rapporto di conflittualità con le loro stesse<br />

concretizzazioni (o trasformazioni) di orientamento nazionale.<br />

Il movimento femm<strong>in</strong>ista, il movimento dei lavoratori, il movimento pacifista<br />

e più tardi quello giovanile, che fece propri i temi del Romanticismo, avevano<br />

soprattutto un orientamento <strong>in</strong>ternazionale.<br />

8


Questi movimenti, <strong>in</strong> tutta la loro contraddittorietà, furono direttamente ed<br />

<strong>in</strong>direttamente importanti per lo sviluppo dell’assistenza <strong>sociale</strong>. L’emergenza<br />

<strong>sociale</strong> e le sue orig<strong>in</strong>i non si lasciarono racchiudere entro i conf<strong>in</strong>i nazionali,<br />

anche se le lotte da parte <strong>della</strong> borghesia furono essenzialmente dirette a<br />

provvedimenti nazionali <strong>in</strong> difesa dell’Internazionale Socialista e miravano al<br />

riconoscimento dell’utilità <strong>della</strong> legittimazione politica e dell’<strong>in</strong>tegrazione dei<br />

servizi sociali.<br />

La seconda metà del XIX sec. <strong>in</strong>iziò all’<strong>in</strong>segna di numerosi congressi<br />

<strong>in</strong>ternazionali sul tema <strong>della</strong> beneficenza, igiene, riforme sociali e spesso<br />

fecero seguito a esposizioni mondiali.<br />

Lo scambio di esperienze e la raccolta di studi empirici erano ormai centrali,<br />

una comprensione scientifica dei problemi sociali si sviluppò senza giungere<br />

ad un modello unitario d’<strong>in</strong>tervento .<br />

All’<strong>in</strong>terno di questo sviluppo <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> dovette da un lato darsi un<br />

significato nazionale, dall’altro lato <strong>in</strong>vece cercò di appropriarsi delle<br />

caratteristiche fondamentali dell’autonomia professionale, che furono<br />

<strong>in</strong>dividuate nella creazione dei fondamenti scientifici, di un sapere<br />

scientificamente oggettivo e di un sistema d’azione autoresponsabilizzato.<br />

La crisi <strong>della</strong> prima guerra mondiale portò il pericolo di una ricaduta verso<br />

orientamenti rigidi e nazionalistici che potevano essere <strong>in</strong> parte contrastati<br />

dall’assistenza <strong>sociale</strong> grazie al suo legame con movimenti <strong>in</strong>ternazionali, <strong>in</strong><br />

particolare con il movimenti pacifista e femm<strong>in</strong>ista. Per questo motivo si<br />

sviluppò negli anni venti un’<strong>in</strong>tensa ricerca non di modelli di <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>,<br />

che potevano essere facilmente emulati ed esportati, bensì di metodi<br />

scientificamente fondati che potessero liberare la professione dal ruolo di<br />

“esecutrice <strong>degli</strong> ord<strong>in</strong>i” dettati dagli <strong>in</strong>teressi sociopolitici e di stampo<br />

nazional-ideologico dello stato nazionale”.<br />

Fu Alice Salomon a rendersi benemerita di questa ricerca. L’accusa<br />

<strong>in</strong>ternazionale che trovò il progetto metodologico di Mary Richmond sulla<br />

diagnosi <strong>sociale</strong>, biasimò non solo questo <strong>in</strong>teresse, ma anche la rapida<br />

9


diffusione di riferimenti psicoanalalitici, per lo meno nell’ambito <strong>della</strong><br />

psichiatria <strong>in</strong>fantile e dei metodi d’<strong>in</strong>segnamento nelle scuole per educatori<br />

specializzati. Il paradigma pedagogico predom<strong>in</strong>ante <strong>in</strong> Germania non aveva<br />

alcuna adeguata risonanza sull’assistenza <strong>sociale</strong> sia perché venne fra<strong>in</strong>teso,<br />

sia perché venne sentito come troppo culturalmente specifico. Una pietra<br />

miliare fu poi la prima conferenza <strong>in</strong>ternazionale sul tema “assistenza <strong>sociale</strong>”<br />

che si tenne a Parigi nel 1928. In quell’occasione ci si focalizzò su domande<br />

riguardanti la formazione e A, Salomon constatò che la formazione f<strong>in</strong>o ad<br />

allora si era orientata a dati di fatto di natura mediocre, e che necessitava<br />

<strong>in</strong>vece anche dell’istituzione di un luogo di formazione <strong>in</strong>ternazionale: “le<br />

scuole per i servizi sociali portano impresso <strong>in</strong> ogni paese il carattere<br />

nazionale, sono <strong>in</strong>fluenzate dal sistema scolastico vigente, oltre che dai tipi di<br />

assistenza <strong>sociale</strong> risultanti dalle peculiari condizioni economiche e sociali<br />

esistenti nelle diverse nazioni.” (Salomon 1928, citata da Friesenhahn 1992).<br />

Un anno più tardi venne fondata appunto la ASSU (Associazione<br />

Internazionale di Scuole per Eucatori Specializzati | International Association<br />

of Schools of Social Work - IASSW), tuttavia i contatti <strong>in</strong>ternazionali fra<br />

scienziati si arrestarono presto a seguito <strong>della</strong> seconda guerra mondiale<br />

Subito dopo il secondo conflitto mondiale giunse una lieve brezza<br />

<strong>in</strong>ternazionale <strong>in</strong> Germania, e <strong>in</strong> seguito <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>, attraverso il programma di<br />

ri-educazione e ri-importazione dei cosìddetti metodi classici. Negli anni<br />

sessanta vennero recepiti <strong>in</strong> modo rafforzato i concetti americani (action<br />

research, labell<strong>in</strong>g approach) che non erano solo strumenti pratici, ma<br />

trasportarono anche contenuti culturali.<br />

“La diffusione <strong>in</strong>ternazionale dei pr<strong>in</strong>cipi riguardanti <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> (case<br />

work), anche sul piano del <strong>lavoro</strong> collettivo e di gruppo, fu un elemento<br />

<strong>in</strong>tegrante e fisso, non solo del programma di “denazificazione” <strong>degli</strong> alleati<br />

nell’epoca postbellica, caratterizzata dall’<strong>in</strong>comunicabilità; bensì anche dei<br />

tentativi di democratizzazione perseguiti dagli USA e dalle Nazioni Unite nei<br />

confronti <strong>degli</strong> stati e nazioni che si trovavano <strong>in</strong> una fase di r<strong>in</strong>ascita, <strong>in</strong><br />

10


conseguenza del crollo o del ritiro di strutture di dom<strong>in</strong>io politico quali<br />

dittature o dom<strong>in</strong>i coloniali.. Gli aiuti economici ed i programmi statunitensi e<br />

delle Nazioni Unite resero possibile al potenziale personale docente e al<br />

personale operante nell’ambito dell’assistenza <strong>sociale</strong> di tali paesi di assistere<br />

alla prassi e allo studio <strong>degli</strong> <strong>in</strong>terventi <strong>in</strong> ambito <strong>sociale</strong> negli Usa per un certo<br />

periodo e di acquisire una qualifica sul posto. Ciò ebbe come conseguenza la<br />

diffusione <strong>della</strong> letteratura utilizzata nelle scuole superiori americane; f<strong>in</strong>o agli<br />

anni settanta circolava nel mondo non comunista, fatta eccezione per i paesi<br />

francofoni e per le loro colonie una grande quantità di manuali riguardanti i<br />

suddetti corsi di studio. I modelli di studio delle scuole americane si<br />

affermarono <strong>in</strong> quei paesi dove il personale docente possedeva per la maggior<br />

parte diplomi rilasciati negli USA (paesi scand<strong>in</strong>avi, Grecia, Irlanda, Turchia,<br />

Australia, Nuova Zelanda, i pr<strong>in</strong>cipali paesi del terzo mondo asiatico ed<br />

africano).” (Lorenz 2001)<br />

Interventi come: la riforma psichiatrica <strong>in</strong> Italia, i tema delle droghe <strong>in</strong> Olanda,<br />

la “community education" e "anti-oppresiv social work” <strong>in</strong> Gran Bretagna ecc.,<br />

mostrano pertanto che il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si è costantemente confrontata con<br />

forme organizzate e concetti d’azione provenienti dall’estero; si è lasciata<br />

stimolare e si è aperta a scambi. F<strong>in</strong>o ad oggi tuttavia manca una<br />

rielaborazione sistematica delle relazioni che apporti un potenziale <strong>in</strong>novativo<br />

e riguardi nuove problematiche.<br />

Al tempo, parallelamente a questo sviluppo, avvenne un <strong>in</strong>cessante ondata di<br />

migrazione <strong>in</strong> tutti i paesi <strong>in</strong>dustrializzati, che condusse a scontrarsi con<br />

processi di iterazione tra persone provenienti da contesti culturali diversi.<br />

Non va dimenticato che l’Unione Europeo cercò, con l’ausilio di diversi<br />

programmi, di promuovere la cooperazione <strong>in</strong>ternazionale, di facilitare la<br />

mobilità dei cittad<strong>in</strong>i e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e di destare una coscienza europea attraverso<br />

scambi e riflessioni.<br />

11


In Gran Bretagna H. Barr (1990) scrisse <strong>in</strong> riferimento a questa situazione: “gli operatori<br />

sociali saranno tra i primi ad essere testimoni <strong>degli</strong> effetti che ciò avrà sugli <strong>in</strong>dividui, sulle<br />

famiglie e sulle comunità; essi ricopriranno una posizione che permetterà loro di estrapolare<br />

le implicazioni che si avranno sulla politica <strong>sociale</strong>".<br />

In un manoscritto svizzero si trova del<strong>in</strong>eato uno scopo programmatico: “sono i<br />

cambiamenti, che caratterizzano la società contemporanea, a necessitare un approccio<br />

<strong>in</strong>terculturale.” (Roland-Ricci,1998, p.26).<br />

In una rivista italiana si dice : “l’<strong>in</strong>terculturalità, allora, è una prospettiva obbligata<br />

all’<strong>in</strong>terno dei paesi occidentali, ma anche per tutti gli altri.” (Mangano,1993, p.59)<br />

(vedi Friesenhahn 1992)<br />

Le citazioni potrebbero cont<strong>in</strong>uare, gli esempi riportati mostrano che il bisogno di una<br />

cooperazione <strong>in</strong>ternazionale è ampiamente riconosciuto e che la prospettiva <strong>in</strong>terculturale<br />

costituisce il caposaldo a cui si aspira.<br />

Va dato rilievo <strong>in</strong>oltre <strong>in</strong> questo contesto alla “rete tematica” – profesioni sociali per<br />

un’<strong>Europa</strong> <strong>sociale</strong>.<br />

(vedi: Seibel, Friedrich, W./Lorenz, Walter (Hrsg) (1998)<br />

Soziale Professionen für e<strong>in</strong> Soziales <strong>Europa</strong>.<br />

Frankfurt: Iko-Verlag, ISBN3-88939-443-4<br />

Chytil,Oldrich/Seibel, Friedrich.W.(Hrsg) (1999)<br />

Europäische Dimensionen <strong>in</strong> Ausbildung und Praxis der Sozialen<br />

Professionen.Boskovice:Albert, ISBN 80-85834-62-6<br />

3.Def<strong>in</strong>izioni e confronto: un terreno <strong>in</strong>ternazionale oscuro.<br />

N. Belardi conclude <strong>in</strong> una raccolta di recensioni che l’assistenza <strong>sociale</strong><br />

<strong>in</strong>ternazionale è sempre ancora la figliastra dell’assistenza <strong>sociale</strong>. Proprio per<br />

questo appare necessario occuparsi nuovamente e <strong>in</strong> modo più esaustivo <strong>della</strong><br />

prospettiva <strong>in</strong>ternazionale. Di cosa si tratta esattamente Secondo Belardi<br />

l’<strong>in</strong>ternazionalità “si mostra attraverso confronti e scambi sul superamento di<br />

situazioni problematiche e su nuove impostazione di problemi (ad esempio<br />

migrazioni, m<strong>in</strong>oranze, unione europea).”<br />

Nel libro di Hockenstad, uscito negli USA nel 1992, si legge : “il concetto di<br />

“profili <strong>in</strong>ternazionali del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>” fu usato per la prima volta da George<br />

12


Warre nel 1943 per descrivere l’attività professionale dell’assistenza <strong>sociale</strong><br />

all’<strong>in</strong>terno di agenzie impegnate <strong>in</strong> attività <strong>in</strong>ternazionali.” (1992, p.4)<br />

Questa def<strong>in</strong>izione può essere completata attraverso un’altra che <strong>in</strong>clude la<br />

dimensione strutturale dell’attività sociopedagogica; ossia l’assistenza <strong>sociale</strong><br />

<strong>in</strong>ternazionale fu def<strong>in</strong>ita come il campo d’azione <strong>degli</strong> assistenti pedagogici <strong>in</strong><br />

forme organizzate che si occupano di attività <strong>in</strong>ternazionali (es. la Croce Rossa<br />

Internazionale).<br />

Pfaffenberger / Trenk / H<strong>in</strong>terberger (1988) def<strong>in</strong>irono <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong><br />

<strong>in</strong>ternazionale come segue: “con questo term<strong>in</strong>e generale, ci si riferisce ad<br />

attività sociopedagogiche, sociali e sociopolitiche, ad <strong>in</strong>terventi ed operazioni<br />

le cui realizzazioni <strong>in</strong>ternazionali, attuate attraverso organizzazioni e<br />

responsabili, vanno oltre i conf<strong>in</strong>i nazionali, ossia valicano la consueta cornice<br />

nazionale del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>/pedagogia <strong>sociale</strong>.”<br />

L’aggettivo “<strong>in</strong>ternazionale” viene spesso utilizzato quando si parla di<br />

confronto tra società stabilmente organizzate. In questo contesto Pfaffenberger<br />

fece una dist<strong>in</strong>zione tra confronto diacronico (nello stesso paese, ma <strong>in</strong> epoche<br />

differenti) e confronto s<strong>in</strong>cronico (nella stessa epoca, ma <strong>in</strong> paesi diversi).<br />

Il confronto ha un valore pragmatico; attraverso i confronti si riconoscono<br />

forme alternative <strong>della</strong> prassi sociopedagogica che possono apportare impulsi<br />

<strong>in</strong>novativi e spronare a riflessioni. Lo scopo fondamentale di questa sistema di<br />

comparazione è quello di stabilire rapporti tra almeno due fattori e di creare<br />

categorie che rendano possibile un accordo su uguaglianze, differenze e<br />

compatibilità. Certamente è difficile <strong>in</strong>dividuare una forma puramente<br />

descrittiva, e se anche lo fosse, questa risulterebbe comunque <strong>in</strong>certa.<br />

La scienza dell’educazione che si basa su questo metodo comparativo si dette<br />

negli anni sessanta e settanta scopi normativi: “le comparazioni tra sistemi<br />

formativi…..dovrebbero servire a trovare accordi tra i popoli e dovrebbero<br />

favorire una coesistenza pacifica,” (Glowka, citato da F.W. Busch)<br />

Tale metodo comparativo, <strong>in</strong>centrandosi su valutazioni riguardanti il confronto<br />

tra il mondo capitalista occidentale e quello comunista orientale, forniva spesso<br />

13


delimitazioni piuttosto che avvic<strong>in</strong>amenti, confronto piuttosto che<br />

cooperazione.<br />

Pfaffenberger (1982, p.132) precisò riguardo alla comparistica<br />

sociopedagogica: “nel momento <strong>in</strong> cui il lovoro <strong>sociale</strong> di un paese e il sistema<br />

formativo ad essa legato si concentrano sulla rappresentazione di confronti tra<br />

paesi diversi e di conseguenza su propositi critico-costruttivi, non hanno più la<br />

capacità di occuparsi di s<strong>in</strong>goli fenomeni e s<strong>in</strong>goli fatti…”<br />

Serve una cornice di riferimento più ampia che permetta dunque di capire il<br />

significato di organizzazioni ed istituzioni sociali, ma anche di s<strong>in</strong>goli<br />

provvedimenti ed azioni pedagogiche.<br />

Il sistema comparativo f<strong>in</strong>o ad ora elaborato <strong>in</strong>vece è privo di una simile<br />

cornice di riferimento e deve perciò essere costantemente sviluppato e<br />

rivisitato.<br />

John Pitts parla nell’opera “Social work <strong>in</strong> Europe” (1/1994) di un’analisi<br />

franco-britannica e di tentativi compiuti per comparare sistemi differenti. Il<br />

primo passo fu la ricerca di un’equivalenza all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> prassi<br />

professionale. Il secondo tentativo fu un’analisi strutturale e funzionale dei<br />

sistemi, <strong>della</strong> profesionalizzazione e dello sviluppo di organizzazioni<br />

missionarie. Il terzo passo fu <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e quello di concentrarsi sul “f<strong>in</strong>al vocabulary<br />

which articulates the ultimate rational for action” ossia un vocabolario che si<br />

occupa di concetti.<br />

Hockenstad /1992, p.5) parla di un’analisi sorta <strong>in</strong> nuovi paesi che ha per<br />

oggetto il ruolo dell’assistenza <strong>sociale</strong> negli <strong>in</strong>terventi <strong>in</strong>erenti alla terza età. In<br />

tutti i paesi gli educatori specializzati vengono considerati come coloro che si<br />

occupano <strong>della</strong> “discipl<strong>in</strong>a del servizio umano” (human service discipl<strong>in</strong>e);<br />

tuttavia il loro ruolo professionale presenta delle differenze: “questi ruoli<br />

professionali sono <strong>in</strong>fluenzati non solo dalla politica governativa e da<br />

prerogative organizzate, ma anche dalla def<strong>in</strong>izione di peculiari priorità<br />

professionali e di preferenze di prassi. I diversi livelli e tipi di formazione di<br />

14


educatori specializzati sono un altro fattore che determ<strong>in</strong>a lo status<br />

professionale e def<strong>in</strong>isce i ruoli.”<br />

In breve la letteratura specialistica e le modalità di ricerca mostrano totale<br />

accordo sul fatto che quando si parla di comparazione <strong>in</strong>ternazionale, vadano<br />

sempre considerati i seguenti elementi:<br />

− la storia dello sviluppo dell’assistenza <strong>sociale</strong><br />

− la struttura del sistema <strong>sociale</strong><br />

− il ruolo <strong>della</strong> politica <strong>sociale</strong><br />

− strutture tradizionali e nuove che si occupano di fornire servizi agli<br />

<strong>in</strong>dividui<br />

− lo sviluppo <strong>della</strong> profesionalizzazione e dei curricoli <strong>della</strong> pedagogia<br />

<strong>sociale</strong><br />

− considerazioni giuridiche generali<br />

− ruolo <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong><br />

− identità professionale ed etica professionale <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong><br />

− problemi e sfide che i “professionisti” devono affrontare<br />

− metodi nuovi<br />

− concetti scientifici a cui la pedagogia <strong>sociale</strong> fa riferimento<br />

− legittimazione per l’<strong>in</strong>tervento pedagogico<br />

− il luogo, lo spazio riservato agli assistenti pedagogici nei diversi paesi<br />

− il mercato del <strong>lavoro</strong><br />

− il formarsi <strong>della</strong> clientela<br />

− riteri da seguire aff<strong>in</strong>ché il <strong>lavoro</strong> abbia successo<br />

Da qui <strong>in</strong> poi si dovrebbe parlare del ruolo delle organizzazioni <strong>in</strong>ternazionali e<br />

qu<strong>in</strong>di dei congressi specialistici, dei confronti sui diversi provvedimenti<br />

adottati, <strong>della</strong> pubblicistica <strong>in</strong>ternazionale.<br />

15


L’<strong>in</strong>tero panorama serve da un lato a del<strong>in</strong>eare le nuove esigenze del <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> <strong>in</strong> contesti <strong>in</strong>ternazionali; dall’altro lato offre al <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong><br />

nazionale la possibilità di riflettere e acquisire sicurezza sulla peculiarità del<br />

proprio contesto d’orig<strong>in</strong>e e di abbracciare nuove alternative. Il raggio d’azione<br />

non si limita all’<strong>Europa</strong>, ma si estende oltre. Tutto ciò può facilmente<br />

<strong>in</strong>contrare ostacoli a livello organizzativo, perché si tratta di studi comparativi<br />

<strong>in</strong>ternazionali che non provengono da un paese, ma appartengono a discipl<strong>in</strong>e<br />

scientifiche diverse; nonostante ciò sono studi che vanno necessariamente<br />

proseguiti.<br />

4.Nuove tendenze sul mercato editoriale:libri e riviste<br />

Concludiamo affermando che il numero <strong>della</strong> pubblicazioni riguardanti il tema<br />

<strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong>/<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> europea ed <strong>in</strong>ternazionale è <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uo<br />

aumento. Inoltre va aggiunto che il term<strong>in</strong>e <strong>in</strong>glese “social work” dom<strong>in</strong>a non<br />

solo a livello l<strong>in</strong>guistico, ma <strong>in</strong>fluenza ampiamente anche i campi d’azione di<br />

cui si è precedentemente discusso. L’espressione anglosassone “social<br />

workers” riferita agli operatori del settore dom<strong>in</strong>a <strong>in</strong> maniera <strong>in</strong>contrastata e<br />

solo raramente si trovano le corrispondenti espressioni <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua tedesca,<br />

francese o italiana.<br />

In ambito tedesco si possono citare una serie di libri che trattano del tema dell’assistenza<br />

<strong>sociale</strong> <strong>in</strong>ternazionale ed <strong>in</strong>terculturale, pubblicati da Franz Hamburger (edizione:Schäuble<br />

Verlag Rhe<strong>in</strong>felden)e un'altra serie di scritti pubblicati dall'Istituto Pedagogico<br />

dell’<strong>Università</strong> Johannes Gutenberg di Ma<strong>in</strong>z e dall’ECCE (European Centre for Comunity<br />

Education) di Coblenza<br />

ECCE, F<strong>in</strong>kenherd 4, D-56075 Koblenz email ECCE@fh-koblenz.de)<br />

Per esempio<br />

Guerra, L./<br />

Sander, G.(Hg.) (1993) Sozialarbeit <strong>in</strong> Italien.Rhe<strong>in</strong>felden:Schäuble<br />

Hamburger, F.(Hg.) (1994) Innovation und Grenzüberschreitung. Rhe<strong>in</strong>felden:Schäuble<br />

16


Treptow, R.(Hg.) (1996)<br />

Jung,R./Schäfer, H./<br />

Seibel, F. (Hg.) (1997)<br />

Seibel, F./<br />

Lorenz, W.(Hg.) (1997)<br />

Internationaler Vergleich und Soziale Arbeit.<br />

Rhe<strong>in</strong>felden:Schäuble<br />

Econonmie Sociale. Fakten und Standpunkte zu<br />

e<strong>in</strong>em solidarwirtschaftlichen Konzept.Frankfurt:IKO-Verlag<br />

Soziale Professionen für e<strong>in</strong> soziales <strong>Europa</strong>.<br />

Frankfurt.IKO-Verlag<br />

Vanno <strong>in</strong>oltre menzionate nel panorama <strong>in</strong>ternazionale le seguenti pubblicazioni.<br />

Hokenstadt, M.C. (Ed) (1992)Profiles <strong>in</strong> <strong>in</strong>ternationale Social Work.<br />

Wash<strong>in</strong>gton:NASW Press<br />

Lorenz W. (1994) Social Work <strong>in</strong> a Chang<strong>in</strong>g Europe:<br />

London and New York:Routledge<br />

Lyons,K (1999)<br />

International Social Work:Themes<br />

and Perspectives.Hants:Ashgate<br />

Adams, A./Erath,P./<br />

Shardlow,St.(Ed.) (2000) Fundamentals of Social Work <strong>in</strong> Selected European<br />

Countries. Dorset:Russell House Publish<strong>in</strong>g<br />

Adams,A./Erath,P/<br />

Shardlow, St.(Ed) (2001) Key thmes <strong>in</strong> European social Work.<br />

Dorset:Russell Publish<strong>in</strong>g<br />

Marcon, P.( a cura di) (1989) Educatori nell <strong>Europa</strong><br />

Guerra, L./Hamburger, F./<br />

Robertson,A.(a cura di)(1996) Educazione Communitaria <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>.<br />

Bergamo:edizione junior<br />

Bolognari, V./<br />

Kühne, K.(a cura di) (1997) Povertà, Migrazione,Rassismo. Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ed educativo<br />

<strong>in</strong> <strong>Europa</strong>. Bergamo:edizione junior<br />

Per concludere va <strong>in</strong>dicata anche la nuova rivista “European Journal of Social Work”<br />

(www.oup.co.uk/eurswk )che ha affiancato “Social Work <strong>in</strong> Europe”,<br />

(www.brunel.ac.uk/depts/social


Nel contesto <strong>in</strong>ternazionale, la conoscenza delle l<strong>in</strong>gue straniere è<br />

fondamentale. La lettura di testi <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua straniera risulta generalmente<br />

difficile e richiede tempo perché il doversi scontrare con strutture e peculiarità<br />

dell’assistenza <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> altre paesi può facilmente scoraggiare il lettore.<br />

E’ utile <strong>in</strong> questo ambito citare il libro di<br />

Ria Puhl e Udo Maas (Hg.) (1997) Soziale Arbeit <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>.We<strong>in</strong>heim:Juventa<br />

Se si confrontano le pubblicazioni <strong>in</strong>erenti al <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> paesi diversi<br />

(Italia, Austria, Francia, Spagna, Svezia, Olanda, Gran Bretagna, F<strong>in</strong>landia e<br />

Svizzera) si nota che ogni capitolo porta la seguente struttura organizzativa:<br />

− sviluppo <strong>sociale</strong><br />

− tratti fondamentali delle caratteristiche sociopolitiche<br />

− strutture delle organizzazioni<br />

− importanti campi di <strong>in</strong>tervento e fondamenti giuridici<br />

− metodi e impostazioni di <strong>lavoro</strong><br />

− posizione professionale <strong>degli</strong> specialisti<br />

− problemi attuali<br />

- ormazione<br />

Questa articolazione rende possibile una lettura sia sistematica che diagonale. I<br />

testi spiegano che tutte le società moderne sono contrassegnate dal fatto che<br />

tutte gli <strong>in</strong>terventi non sono mai spontanei e volontari, bensì sempre<br />

organizzati. Questa organizzazione poi avviene <strong>in</strong> modo diverso da paese a<br />

paese. Le strutture di pensiero e di azione nel campo dell’assistenza <strong>sociale</strong><br />

non si trasmettono facilmente tra i paesi. Ciò significa che non ci si può<br />

aspettare che i partner stranieri con cui si collabora o i clienti che provengono<br />

18


da altri paesi abbiano le stesse idee sui processi di organizzazione ed<br />

amm<strong>in</strong>istrazione nell’ambito dell’assistenza <strong>sociale</strong>.<br />

Alcune citazioni possono chiarire che cosa è necessario sapere per sormontare<br />

ostacoli e differenze f<strong>in</strong>o ad ora <strong>in</strong>contrati.<br />

“F<strong>in</strong>o dopo la seconda guerra mondiale non esisteva <strong>in</strong> Italia la professione di<br />

educatore specializzato.”<br />

“In Austria non c’era un sistema di leggi unitario che regolasse l’assistenza<br />

<strong>sociale</strong> ; ogni regione appartenete alla confederazione aveva leggi proprie <strong>in</strong><br />

materia e c’erano dunque differenze sostanziali sia nelle l<strong>in</strong>ee di <strong>in</strong>tervento <strong>in</strong><br />

ambito <strong>sociale</strong>, sia nella tipologia e nella dimensione dei servizi.”<br />

“Le strutture e le organizzazioni nell’ambito dell’assistenza <strong>sociale</strong> sono<br />

diverse negli altri paesi rispetto alla Germania; i francesi danno un significati<br />

diverso al term<strong>in</strong>e “assistenza <strong>sociale</strong>” (travail social). In particolar modo è<br />

notevole lo scarso ruolo ricoperto dalla chiesa.”<br />

“In F<strong>in</strong>landia l’assistenza <strong>sociale</strong> è vista come un dovere pubblico. La maggior<br />

parte <strong>degli</strong> addetti ai lavori, circa il 90%, è impegnata <strong>in</strong> servizi sociali<br />

pubblici.”<br />

Vediamo <strong>in</strong> confronto il libro:<br />

Karen Lyons (1999)<br />

International Social Work.Hants:Ashgate Publish<strong>in</strong>g Ltd.<br />

Allegato 1<br />

Riassumendo:<br />

L’osservazione attraverso una prospettiva <strong>in</strong>ternazionale ha conseguenze sulle<br />

diverse percezioni di aspetti fondamentali del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> nei diversi paesi,<br />

ad esempio:<br />

− sviluppo storico<br />

− differenze e comunanze tra la pedagogia <strong>sociale</strong> e il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong><br />

19


− concetti fondamentali<br />

− semplicità e profilo delle competenze<br />

− campi d’azione e contesti d’<strong>in</strong>tervento<br />

− teoria e sviluppo dei concetti<br />

Concludo affermando che la pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> sarà <strong>in</strong> futuro<br />

più <strong>in</strong>ternazionale e <strong>in</strong>terculturale; ciò dipende anche dagli <strong>in</strong>teressi <strong>degli</strong><br />

operatori nel settore e dei clienti<br />

Con la spiegazione di questa determ<strong>in</strong>azione programmatica non ci si può<br />

esprimere su problemi ed argomenti che gli assistenti pedagogici devono<br />

ancora affrontare.<br />

La pedagogia <strong>sociale</strong>/<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> è tanto complessa quanto lo è il contesto<br />

<strong>sociale</strong> a cui si riferisce e il contesto europeo è quello <strong>della</strong> flessibilità e<br />

dunque di ciò che <strong>in</strong>ternazionale e <strong>in</strong>terculturale.<br />

Seconda parte<br />

5.La complessità <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong><br />

La pedagogia <strong>sociale</strong> è un fenomeno difficile da afferrare per molteplici<br />

aspetti.<br />

Da quando esiste la pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> come scienza e<br />

professione Qual è l’oggetto a cui si <strong>in</strong>dirizza e con quale scopo Quali sono i<br />

suoi metodi e che idea ha di se stessa Le risposte a tali quesiti verranno fornite<br />

con la seguente discussione.<br />

La nascita<br />

La domanda “da quando esiste la pedagogia <strong>sociale</strong>” trova una risposta<br />

differente <strong>in</strong> ogni paese.<br />

In Germania ci furono delle basi già con i precetti di carità nel XII e XIII sec. I<br />

poveri <strong>della</strong> società vennero sostenuti dai ricchi per motivi religiosi. Lo scopo<br />

20


non era tanto quello di risollevare veramente i poveri dalla loro condizione,<br />

quanto <strong>in</strong>vece quello di guadagnarsi una buona posizione per la “vita eterna”<br />

una volta abbandonata l’esistenza terrena. Si trattava <strong>in</strong>fatti di un accordo fatto<br />

per necessità e non di un vero cambiamento delle condizioni di vita <strong>degli</strong><br />

<strong>in</strong>teressati.<br />

Dopo alcune forme di transizione sorse circa a metà del secolo scorso una<br />

nuova situazione <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>. L’unità d’Italia (1861), la nascita dell’Impero<br />

Tedesco (1871) sono date importanti <strong>in</strong> questo contesto, <strong>in</strong> quanto il formarsi<br />

di stati nazionali condusse alla nascita di una nuova prospettiva riguardo alla<br />

situazione <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> popolazione. Lo stato e la società si videro costretti a<br />

consolidare l’unità nazionale ormai raggiunta attraverso la creazione di<br />

un’egemonia culturale e di proteggerla dall’esterno. In questo progetto<br />

rientrava anche la creazione dell’unità culturale ed economica <strong>della</strong> società. Gli<br />

<strong>in</strong>dividui ai marg<strong>in</strong>i <strong>della</strong> società dovevano qu<strong>in</strong>di essere appoggiati e il bene<br />

comune doveva essere promosso. La funzione <strong>sociale</strong> dei provvedimenti<br />

sociopolitici non era quella di migliorare la miserabile situazione <strong>in</strong> cui la<br />

maggioranza <strong>degli</strong> <strong>in</strong>dividui viveva grazie alle condizioni di produzione<br />

capitaliste, bensì la funzione dello stato consisteva soprattutto nel creare lealtà<br />

attraverso la politica <strong>sociale</strong>.<br />

“L’assistenza non poteva rimanere una questione privata tra coloro che<br />

prestavano aiuto e coloro che avevano bisogno di essere aiutati, i valori primari<br />

mediati attraverso questa transazione avevano un significato <strong>sociale</strong> e<br />

politico.” (Lorenz 2000, P.66)<br />

Perciò lo stato non lasciò tali provvedimenti a lungo esclusivamente <strong>in</strong> mano<br />

alle >Opere Pie


vera e propria si è sviluppata dopo la seconda guerra mondiale; solo allora ha<br />

avuto un vero impatto sul sistema economico e <strong>sociale</strong>. A pari passo procedette<br />

anche lo sviluppo di sistemi di assistenza e sussidio che nacquero<br />

prevalentemente nel dopoguerra, mentre precedentemente i pilastri pr<strong>in</strong>cipali<br />

che prestavano sussidio e assistenza di ogni genere erano le famiglie e la<br />

Caritas cattolica” (Riege 1996, P.49)<br />

Indicazioni sui tre diversi sistemi di assistenza:<br />

Lorenz (1994) Social Work <strong>in</strong> a Chang<strong>in</strong>g Europe, P.15 e seguenti<br />

Lyons (1999) International Social Work, P. 55 e seguenti<br />

L’esempio italiano<br />

“Gli enti assistenziali nell’Italia <strong>della</strong> prima metà del XIX sec. erano <strong>in</strong> mano<br />

alla chiesa e a benefattori privati. Dopo l’unità d’Italia (1861) lo stato si<br />

assicurò il controllo e l’<strong>in</strong>tervento nel campo <strong>della</strong> previdenza ed <strong>in</strong>trodusse<br />

assicurazioni contro gli <strong>in</strong>fortuni, la vecchiaia e l’<strong>in</strong>validità per i lavoratori e<br />

una assicurazione contro la malattia legalmente riconosciuta nel 1943.<br />

L’ambito dell’assistenza <strong>sociale</strong> rimase comunque affidato al settore privato,<br />

mentre ci furono solo vaghi accenni alla responsabilità statale” (Polmoni 1993,<br />

P.27)<br />

Nella metà del secolo scorso sorsero associazioni dei lavoratori <strong>in</strong> aiuto alla<br />

società di mutuo soccorso. Dopo l’unità d’Italia fu promossa una serie di leggi<br />

con lo scopo di regolamentare l’assistenza secondo prerogative statali.<br />

Le Opere Pie furono regolamentate e <strong>in</strong> seguito secolarizzate con la legge<br />

Crispi del 1890. Il monopolio <strong>della</strong> chiesa nell’ambito dell’assistenza ai poveri<br />

ebbe f<strong>in</strong>e e fu sostituita dalle IPAB (Istituzioni Pubbliche di Assistenza e<br />

Beneficenza), le quali furono subord<strong>in</strong>ate al controllo e alla sorveglianza delle<br />

prov<strong>in</strong>ce. Con la costituzione del 1948 l’Italia si proclamò stato <strong>sociale</strong> e<br />

l’<strong>in</strong>troduzione <strong>della</strong> solidarietà <strong>sociale</strong> divenne un compito obbligatorio dello<br />

stato, ossia doveva essere prestato aiuto a tutti coloro che lo necessitano, tutti<br />

avevano diritto al mantenimento. Ulteriori riforme (decentralizzazione e<br />

22


afforzamento dell’autonomia delle regioni) condussero a notevoli<br />

cambiamenti. Con la legge 382 del 1975 e il decreto presidenziale N°616<br />

vennero sciolte le IPAB e le loro competenze nell’ambito dell’assistenza,<br />

sanità e strutture ospedaliere furono affidate alle prov<strong>in</strong>ce e ai comuni.<br />

Con il suddetto decreto viene espresso per la prima volta il concetto di “servizi<br />

sociali” che racchiude <strong>in</strong> se l’ambito <strong>sociale</strong> e <strong>della</strong> sanità (cfr. Polmoni 1973,<br />

Filtz<strong>in</strong>ger 1993, Riege 1996). L’unità di base dei servizi sociali era “l’unità<br />

sanitaria locale” (USL) ed <strong>in</strong> alcune regioni “l’unità Socio-sanitaria locale”<br />

(USSL). Questo sviluppo che ancora non si è concluso, ha avuto ripercussioni<br />

anche <strong>in</strong> altri paesi. In questo contesto si possono ricordare: la chiusura <strong>degli</strong><br />

istituti psichiatrici, l’<strong>in</strong>troduzione di centri di assistenza e di consultori per<br />

tossicodipendenti e il rilievo dato a campagne di prevenzione,<br />

“A queste novità di contenuti e alla nuova organizzazione decentralizzata <strong>della</strong><br />

sanità e dei servizi sociali non corrisposero però cambiamenti per quanto<br />

riguardava la formazione e lo status di coloro che operavano nel settore . I<br />

giovani erano sempre più attivi, seppure <strong>in</strong> maniera discont<strong>in</strong>ua, nel campo<br />

<strong>della</strong> sanità e dei servizi sociali. ma erano attivi pr<strong>in</strong>cipalmente per propria<br />

<strong>in</strong>iziativa; si trattava di un <strong>in</strong>tenso <strong>lavoro</strong> di gruppo. La loro attività riscuoteva<br />

spesso successo, per cui qualifiche e riconoscimenti formali passavano <strong>in</strong><br />

secondo piano. Le qualità personali erano considerate fondamentali per<br />

lavorare con successo nel campo dei servizi sociali e sanitari <strong>in</strong> Italia <strong>in</strong> questa<br />

fase, tutto ciò non fu <strong>in</strong>vece così marcato <strong>in</strong> Gran Bretagna o nella Repubblica<br />

Democratica Tedesca” (Riege 1996, P.50)<br />

La formazione era per lo più eterogenea e solo alla f<strong>in</strong>e <strong>degli</strong> anni Ottanta che<br />

venne unificata <strong>in</strong>tegrata nell’ambito dell’istruzione universitaria. La maggior<br />

parte <strong>degli</strong> operatori sociali lavorava nelle USL, altri presso le istituzioni<br />

pubbliche (trattavano con i detenuti, lavoravano nell’ambito dell’assistenza ai<br />

condannati durante la sospensione condizionale <strong>della</strong> pena e nell’ambito dei<br />

servizi sociali rivolti ai m<strong>in</strong>orenni e a coloro che avevano problemi di droga).<br />

23


Al contrario <strong>in</strong> Gran Bretagna e Germania molti erano attivi anche all’<strong>in</strong>terno<br />

di cooperative.<br />

“Le istituzioni ecclesiastiche ebbero un ruolo fondamentale nel favorire un<br />

<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> professionale.” (Riege 1996, P.59)<br />

E’ chiaro che l’unico gruppo professionale che opera nel settore <strong>sociale</strong> non è<br />

quello <strong>degli</strong> assistenti sociali. In Italia con la denom<strong>in</strong>azione “operatori sociali”<br />

si comprende assistenti sociali, educatori specializzati, educatori professionali,<br />

animatori, assistenti domiciliari e delle strutture tutelari. A volte l’espressione<br />

“operatore <strong>sociale</strong>” è anche usata per riferirsi a psicologi, sociologi che<br />

operano nel campo dei servizi sociali e sanitari.<br />

“Si tratta qu<strong>in</strong>di di un ampio spettro di specialisti che si occupano dei servizi<br />

sociali, dell’educazione <strong>in</strong> collegio, dell’educazione di gruppo, di consulenze e<br />

del <strong>lavoro</strong> con bamb<strong>in</strong>i e ragazzi e che sono assunti prevalentemente presso<br />

istituzioni pubbliche, ma che non hanno tutti una formazione specifica ed<br />

adeguata al settore <strong>in</strong> cui lavorano.” (Filtz<strong>in</strong>ger 1993, p.140)<br />

In Germania prevale una forte tendenza nell’ambito <strong>della</strong><br />

professionalizzazione <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong> ad accettare solo specialisti con<br />

una formazione specifica. Più avanti ritornerò su questo punto.<br />

In Italia la denom<strong>in</strong>azione “educatore professionale” fu proposta <strong>in</strong> un<br />

resoconto <strong>della</strong> commissione di studi del M<strong>in</strong>istero <strong>degli</strong> Interni nel 1984 (DM<br />

10-02-1984) e ottenne così carattere ufficiale. Una formazione per questa<br />

professione esiste dal 1970 (Scuola per la Formazione di Educatori di<br />

Comunità, <strong>Università</strong> La Sapienza, Roma).<br />

Però ancora prima di questa regolamentazione esistevano organizzazioni di<br />

operatori pedagogici.<br />

“L’Educatore Professionale è presente nel nostro Paese f<strong>in</strong> dagli anni’50 ed è<br />

stato <strong>in</strong>izialmente impiegato nel <strong>lavoro</strong> con ragazzi <strong>in</strong> difficoltà o portatori di<br />

handicap di solito ricoverati <strong>in</strong> istituti. Negli anni ’60 l’ambito d’impegno del<br />

personale educativo spezzialisato si estende alle attività del tempo libero e<br />

dell’educazione <strong>degli</strong> adulti e negli anni ’70 si afferma la necessistà di disporee<br />

24


di personale educativo per la gestione die servizi territoriali alternativi<br />

all’istituzionalizzazione”(Barboloni 1995,p.11).<br />

Accanto alle scuola diretta a f<strong>in</strong>i speciali a Roma gli educatori ricevono una<br />

formazione presso le scuole regionali o presso i centri delle USL che rilasciano<br />

attestati di formazione come “educatore professionale” generalmente dopo 3<br />

anni di frequenza. L’abilitazione professionale non è obbligatoria. Si usa<br />

<strong>in</strong>vece dist<strong>in</strong>guere tra >diploma< e >professional qualification< <strong>in</strong> Gran<br />

Bretagna e tra >diploma< e >riconoscimento dallo stato< <strong>in</strong> Germania, dove<br />

non si ottiene di regola la qualificazione professionale esclusivamente con<br />

l’attestato rilasciato dalle scuole superiori, ma è anche necessario un<br />

riconoscimento del m<strong>in</strong>istero responsabile.<br />

In Italia c’è stata la conversione del corso di laurea <strong>in</strong> pedagogia <strong>in</strong> corso di<br />

laurea <strong>in</strong> scienze dell’educazione che offre la possibilità di ricorrere a<br />

pedagogisti laureati da <strong>in</strong>serire <strong>in</strong> questo settore: educatori professionali<br />

extrascolastici <strong>in</strong> alternativa a <strong>in</strong>segnanti negli istituti secondari ed esperti nei<br />

processi di formazione. Il master “operatori nel campo <strong>della</strong> prevenzione e<br />

<strong>della</strong> riduzione del disagio scolastico nell’età preadolescenziale” mostra con<br />

chiarezza che la differenziazione dell’ambito professionale, dell’offerta<br />

formativa e <strong>della</strong> denom<strong>in</strong>azione professionale si sta facendo strada.<br />

Questo sviluppo che caratterizza tutta l’<strong>Europa</strong> implica che non si arriverà mai<br />

ad una omogeneizzazione o unificazione del <strong>lavoro</strong> sociopedagogico. I governi<br />

europei cercano di unificare strutturalmente i percorsi formativi, ma il rovescio<br />

<strong>della</strong> medaglia di queste tendenze europee volte alla globalizzazione è la<br />

nascita di nuove professioni che sfidano qu<strong>in</strong>di tale tendenza all’unificazione<br />

(>social care< <strong>in</strong> Gran Bretagna, >Management <strong>sociale</strong>< <strong>in</strong> Germania); coloro<br />

che offrono servizi sociali, siano questi statali, appartenenti ad associazioni<br />

umanitarie, a cooperative o ad organizzazioni con scopo di lucro, devono<br />

necessariamente rispondere ai seguenti <strong>in</strong>terrogativi: chi fa cosa e per chi<br />

Perché Con quali competenze Con quali costi Che op<strong>in</strong>ioni hanno i<br />

25


clienti/fruitori dei servizi E’ necessaria un’idea professionale di se stessi<br />

chiara e trasparente.<br />

F<strong>in</strong>o a qui quest’ambito professionale è contraddist<strong>in</strong>to da 2 gruppi<br />

caratteristici: “Nella maggior parte die paesi dell’Unione Europea la<br />

formazione alle due pr<strong>in</strong>cipaöi professioni che si dedicano al <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, gli<br />

educatori sociali/specializzati/professionali/lavoratori per la communità e la<br />

gioventú e gli assistenti sociali è attività...In generale l’educatore<br />

<strong>sociale</strong>/professionale è un educatore che non svolge la propria attività solo nei<br />

confronti di persone <strong>in</strong> difficoltà (come educatore specializzato), ma per tutta<br />

la populazione con f<strong>in</strong>alità di prevenzione <strong>sociale</strong> e generale con la prospettiva<br />

di contribuire al meglioramento <strong>della</strong> qualità <strong>della</strong> vita” (Macon<br />

1998,p.341/342).<br />

Filtziger scrive che il terreno <strong>in</strong> cui l’educatore opera comprende il <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> e preventivo nell’ambito <strong>della</strong> cosiddetta normalità: <strong>lavoro</strong> <strong>in</strong> istituti,<br />

luoghi di abitazione <strong>in</strong> comune, centri di accoglienza per m<strong>in</strong>orenni, ospizi per<br />

anziani, servizi psichiatrici territoriali. In uno scritto del comitato europeo di<br />

istituzioni di formazione per educatori sociali si legge: “con l’espressione<br />

“educatore specializzato” si <strong>in</strong>tende uno specialista che dopo una specifica<br />

formazione <strong>in</strong>coraggia la trasformazione di metodi e tecniche sociali, lo<br />

sviluppo personale, la maturazione <strong>sociale</strong> e l’autonomia dei giovani e <strong>degli</strong><br />

adulti che si trovano <strong>in</strong> situazioni difficili, dei portatori di handicap, dei<br />

disadattati e di coloro che sono <strong>in</strong> pericolo. Lo specialista condivide con questi<br />

soggetti le diverse situazioni di vita quotidiana, siano queste spontanee o<br />

organizzate, lo fa all’<strong>in</strong>terno di strutture o di servizi, oppure <strong>in</strong> naturali<br />

condizioni di vita; è un’attività che si <strong>in</strong>dirizza all’<strong>in</strong>dividuo e all’ambiente<br />

circostante. (citazione di Filtz<strong>in</strong>ger 1993, P.143)<br />

Questa def<strong>in</strong>izione sottol<strong>in</strong>ea gli aspetti pedagogici dell’attività, si riferisce<br />

all’esigenza di sviluppo, di riabilitazione dei disadattati. Gli educatori sono<br />

dunque responsabili dell’osservanza delle leggi e dell’<strong>in</strong>tegrazione <strong>sociale</strong>.<br />

26


Questa discussione è affrontata <strong>in</strong> Italia da R<strong>in</strong>o Fasol nel volume: Adams/Erath/Shardlow<br />

(Ed. 2000) Foundamentals <strong>in</strong> social Work <strong>in</strong> Selected European Countries, P.65-82.<br />

Allegato 2, testo <strong>in</strong> italiano<br />

L’esempio tedesco<br />

Nella metà del XIX sec. Avvennero <strong>in</strong> Germania significanti cambiamenti<br />

sociali. La popolazione crebbe velocemente (aumentando di 40 milioni dal<br />

1800 al 1871), l’agricoltura non era più sufficiente come mezzo di<br />

sostentamento. La gente si diresse verso i centri <strong>in</strong>dustriali che proliferavano<br />

rapidamente e perdette perciò i contatti con i sistema di assistenza <strong>in</strong>formali e<br />

privati. Il bisogno e la povertà si acutizzarono nelle città cosicché i comuni si<br />

videro costretti a reagire a questa nuova situazione. Lo stato non <strong>in</strong>traprese<br />

provvedimenti sociopolitici e ci furono <strong>in</strong>iziative private che tentarono di<br />

arrestare il problema attraverso l’adozione di misure (istituzione di consorzi di<br />

consumo e produzione, associazioni di soccorso, f<strong>in</strong>o ad arrivare alla<br />

fondazione dei s<strong>in</strong>dacati).<br />

La situazione di povertà e bisogno caratterizzava una molteplicità di <strong>in</strong>dividui<br />

e non era solo un problema <strong>sociale</strong> <strong>in</strong>dividuale, la questione <strong>sociale</strong> divenne<br />

dunque un punto focale dello sviluppo <strong>sociale</strong>. Inoltre divenne chiaro che i<br />

problemi non avevano solo una dimensione <strong>sociale</strong>, ma toccavano anche la<br />

dimensione politica. del problema dell’assistenza ai poveri si occuparono le<br />

organizzazioni di beneficenza ecclesiastiche e private che possono essere<br />

comparate alle Opere Pie italiane. I comuni <strong>in</strong>oltre svilupparono un sistema di<br />

assistenza ai poveri su basi onorarie, il più conosciuto è certamente quello <strong>della</strong><br />

città di Elberfeld, che venne istituito nel 1853. La città venne divisa <strong>in</strong> 140<br />

quartieri circa e ogni quartiere aveva i propri assistente onorari (volontariato)<br />

che abitavano nei quartieri stessi ed erano 3-4 persone o famiglie competenti.<br />

“In questo modo era facile soccorrere i bisognosi di aiuto, ognuno si occupava<br />

di un certo numero di <strong>in</strong>dividui.” (Herig/Münchmeier 2000, P.30)<br />

27


Gli operatori sociali che si occupavano dei poveri potevano concedere aiuti<br />

economici <strong>in</strong> accordo con i comuni. Con questo sistema, che fu adottato <strong>in</strong><br />

molte città, si del<strong>in</strong>eò una struttura di <strong>in</strong>tervento <strong>sociale</strong> che è sopravvissuta<br />

f<strong>in</strong>o ad oggi e che viene denom<strong>in</strong>ata “duplice mandato”, perché si tratta di<br />

aiuto/assistenza e controllo.<br />

In quest’epoca, caratterizzata dal passaggio da una società stabile ad una<br />

società di classe, emerse per la prima volta il concetto di pedagogia <strong>sociale</strong>.<br />

Karl Mager (1844) e Adolf Diesterweg (1850) descrissero la nuova situazione<br />

<strong>in</strong> Germania <strong>in</strong> modi diversi. Diesterweg con il term<strong>in</strong>e “ pedagogia <strong>sociale</strong>” si<br />

riferì a tutti i tentativi di compensare e ridurre la povertà e i problemi ad essa<br />

legati attraverso aiuti materiali, provvedimenti politici, educazione <strong>sociale</strong> e<br />

speciali misure educative. I cambiamenti sociali svelarono che il contesto<br />

familiare non era più sicuro e che la parrocchie non erano <strong>in</strong> grado di fornire<br />

abbastanza appoggio e ricoprire una funzione socioeducativa. La mancata<br />

educazione <strong>in</strong>tesa come dis<strong>in</strong>tegrazione, disadattamento e negligenza venne<br />

concepita come un pericolo per l’esistenza comune. Il fatto che le pretese<br />

eccessive delle famiglie potessero condurre alla negligenza non era qualcosa di<br />

nuovo, ma nuova era la concezione che tutto ciò dovesse essere risolto dal<br />

punto di vista pedagogico come problema <strong>sociale</strong> e non più <strong>in</strong>dividuale.<br />

Lo stato dovette agire e assicurare contributi necessari ad accogliere la forza<br />

<strong>lavoro</strong> e a canalizzare la pressione politica dei lavoratori. Fu così che negli<br />

anni <strong>in</strong> cui Bismarck fu cancelliere, dal 1881 al 1889, sorsero le prime<br />

assicurazioni sociali: contro le malattie, gli <strong>in</strong>fortuni e la vecchiaia; nel 1927 si<br />

aggiunse anche l’assicurazione contro la disoccupazione. Importante è<br />

sottol<strong>in</strong>eare che proprio con l’<strong>in</strong>troduzione di garanzie relative ai rischi dei<br />

lavoratori, cambiò il carattere dell’assistenza ai poveri.<br />

Una volta che i bisogni materiali erano assicurati, emersero altre necessità di<br />

carattere <strong>in</strong>teriore, ossia problemi <strong>in</strong>dividuali che dovevano essere elim<strong>in</strong>ati<br />

con provvedimenti pedagogici e psicologici.<br />

28


I provvedimenti psicologici acquisirono sempre maggior importanza.<br />

Interventi di questo tipo non potevano più essere affidati ad assistenti onorari,<br />

serviva personale con una precisa formazione. Fu <strong>in</strong> questa fase <strong>in</strong> fatti che il<br />

<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> <strong>in</strong>iziò a configurarsi come professione. Il movimento<br />

femm<strong>in</strong>ista borghese ha contribuito notevolmente a questo sviluppo. Sorsero<br />

centri di formazione e sotto la guida di Alice Salomon venne <strong>in</strong>augurato il<br />

primo istituto professionale femm<strong>in</strong>ile di assistenza <strong>sociale</strong> che rilasciava un<br />

attestato/diploma di formazione dopo 2 anni. Da un lato, così come <strong>in</strong> altri<br />

paesi, la formazione non universitaria nel settore del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> era<br />

riservata alle donne: dall’altro lato divenne chiaro che gli <strong>in</strong>terventi dovevano<br />

essere differenti a seconda del contesto <strong>in</strong> cui si operava e ogni sistema si<br />

costituiva su standard e programmi peculiari.<br />

“Questa programmazione <strong>degli</strong> <strong>in</strong>terventi aveva come vantaggio il fatto che le<br />

esigenze reali di aiuto non erano più concepite come richieste illegittime<br />

dipendenti dalla grazia e dalla pietà di un’assistenza comunale ai poveri<br />

obbligatoria e repressiva o <strong>della</strong> carità cristiana motivata. Ora si trattava di<br />

esigenze di aiuto che potevano dimostrare la loro legittimità e che si<br />

ampliavano <strong>in</strong> base alla tipologia e alla dimensione <strong>degli</strong> <strong>in</strong>terventi di<br />

assistenza.<br />

Di pari passo con la formalizzazione e legalizzazione <strong>degli</strong> aiuti, procedette la<br />

loro >depersonalizzazionesentimento/atteggiamento maternità< (Mütterlichkeit) era concepita come<br />

peculiarità dell’essere donna, e proprio perché gli uom<strong>in</strong>i non erano<br />

biologicamente predisposti a questo, risultavano anche poco idonei al <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> <strong>in</strong>teso come aiuti personali. Il >sentimento/atteggiamento maternità<<br />

era dunque vista come una dote <strong>in</strong>nata nelle donne di educare, guarire,<br />

proteggere e prendersi cura, <strong>in</strong> quanto espressione di calore, emotività densa di<br />

sentimento. Questa idea del >sentimento/atteggiamento maternità< si pose<br />

29


criticamente contro la società contemporanea. “Contro le conseguenze<br />

distruttivi e disgregatrici dell’<strong>in</strong>dustrializzazione, contro le generalizzazioni<br />

<strong>della</strong> razionalità oggettiva e tecnica il pr<strong>in</strong>cipio femm<strong>in</strong>ile del<br />

>sentimento/atteggiamento maternità< poteva creare un arg<strong>in</strong>e di protezione<br />

con il suo calore, la sua emotività e poteva dare vita ad un’<strong>in</strong>terezza <strong>sociale</strong>. Il<br />

>sentimento/atteggiamento materno< fu qu<strong>in</strong>di concepita come<br />

contrapposizione ai pr<strong>in</strong>cipi capitalisti di concorrenza, <strong>in</strong>teresse personale,<br />

specializzazione. burocratizzazione tipicamente maschili.” (Sachsse 1986,<br />

p.114)<br />

Non c’è dunque da stupirsi se il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> fu concepito come s<strong>in</strong>onimo di<br />

>sentimento/atteggiamento maternità< e considerato quasi naturalmente un<br />

ambito di <strong>lavoro</strong> femm<strong>in</strong>ile.<br />

Alice Salomon motivò come segue le sue aspirazioni professionali: “…accanto<br />

alle caratteristiche che uomo e donna <strong>in</strong> egual modo possiedono, accanto alla<br />

fedeltà per il proprio dovere, allo zelo, alla costanza e all’affidabilità, la donna<br />

porta con se <strong>in</strong> questo tipo di <strong>lavoro</strong> la sua peculiare vita sentimentale, la sua<br />

dolcezza nel comprendere, la sua <strong>in</strong>dulgenza….la sua cura e la sua<br />

coscienziosità nell’assolvere anche doveri di scarsa importanza…..<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e il<br />

>sentimento/atteggiamento materno


La pedagogia <strong>sociale</strong> come discipl<strong>in</strong>a scientifica si sviluppò a livello<br />

universitario soprattutto negli anni successivi al primo conflitto mondiale (cfr.<br />

Hermann Nohl), ma ebbe un ruolo subord<strong>in</strong>ato nel contesto del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong><br />

pratico. Le scuole per operatori sociali avevano uno standard notevole ed erano<br />

<strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uo contatto con luoghi di formazione di altri paesi. A questo periodo<br />

risale anche la def<strong>in</strong>izione di pedagogia <strong>sociale</strong> di Gertrud Bäumer che<br />

evidenziò <strong>in</strong> Germania la tipica dist<strong>in</strong>zione tra pedagogia <strong>sociale</strong> e <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong>. La pedagogia <strong>sociale</strong> fu def<strong>in</strong>ita come educazione al di fuori <strong>della</strong><br />

famiglia e <strong>della</strong> scuola e che per questo reclamava un terreno <strong>sociale</strong> d’azione.<br />

Per quanto riguardava il <strong>lavoro</strong> con i giovani, soprattutto giovani <strong>in</strong> pericolo,<br />

era necessario ottenere ascolto e avere appoggio. I processi di attività <strong>sociale</strong><br />

che erano pericolosi dovevano essere corretti attraverso provvedimenti<br />

pedagogici mirati ad aiutare i giovani e non animati da preoccupazioni rivolte<br />

alla società.<br />

Ora andiamo avanti negli anni. Il dom<strong>in</strong>io nazionalsocialista dal 1933 al 1945<br />

arrestò progressivamente questo sviluppo. Dopo la seconda guerra mondiale si<br />

dovette ricorrere a modelli do formazione risalenti agli anni Venti (<strong>della</strong> durata<br />

di 2 anni). Solo nel 1960/61 gli istituti di formazione furono al livello di scuole<br />

superiori professionali e di accademie; fu dato rilievo alla componente teorica<br />

e la durata <strong>della</strong> formazione raggiunse i 3 anni (cfr. Friesenhahn/Seibel 1994).<br />

Un importante risultato di questa rivalutazione e professionalizzazione fu<br />

l’<strong>in</strong>cremento dell’importanza dello status di esperto.<br />

Nel 1969 vennero <strong>in</strong>trodotti a livello universitario nuovi corsi di laurea:<br />

scienze dell’educazione con <strong>in</strong>dirizzo “pedagogia <strong>sociale</strong>”.<br />

Nel 1971 le Accademie e le Scuole Superiori Professionali vennero<br />

trasformate <strong>in</strong> >Fachhochschule/istituto superiori di specializzazione<br />

professionale e <strong>in</strong>tegrati nel sistema terziario di formazione. Il<br />

>Fachhochschule< nel frattempo viene designate a livello <strong>in</strong>ternazionale come<br />

31


“<strong>Università</strong> delle scienze applicate”. La loro prassi accademica venne descritta<br />

con la formula „practice-related on a scientific foundation“.<br />

I corsi offerti si chiamano Lavoro Sociale o <strong>Pedagogia</strong> Sociale e hanno una<br />

durata che va dai tre ai quattro anni e si concludono con un diploma<br />

(universitario).<br />

Per i corsi di durata triennale esiste un anno cosiddetto di riconoscimento, a<br />

conclusione del quale il m<strong>in</strong>istero responsabile rilascia la qualificazione<br />

professionale. Nel caso dei corsi di durata quadriennale l’anno di<br />

riconoscimento è <strong>in</strong>tegrato nel corso di studi come periodo di tiroc<strong>in</strong>io e la<br />

qualificazione professionale viene rilasciata <strong>in</strong>sieme alla diploma/laurea <strong>in</strong><br />

accordo con il m<strong>in</strong>istero responsabile <strong>della</strong> >Fachhochschule><br />

In totale la parte di pratica <strong>in</strong> questo tipo di istituto accademico copre il 40%<br />

delle ore. Nelle università la parte dedicata alla pratica è radicalmente più<br />

ridotta.<br />

Al momento stiamo sviluppando un nuovo corso di studio con i corsi <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> e pedagogia <strong>sociale</strong>: il nuovo <strong>in</strong>dirizzo di studi che li verrà a<br />

comprendere verrà chiamato >Soziale Arbeit< (servizi sociali)<br />

Il <strong>lavoro</strong> con i giovani f<strong>in</strong>o a questo momento poteva essere scelto <strong>in</strong> ogni<br />

corso di studi come <strong>in</strong>dirizzo di specializzazione.<br />

Una peculiarità essenziale dell’educazione universitaria tedesca resterà<br />

comunque <strong>in</strong>tatta: la formazione di operatori sociali è orientata <strong>in</strong> senso<br />

generalizzato. Le specializzazioni verranno lasciate ai corsi post laurea.<br />

Eppure esistono differenze tradizionali nell’autopercezione dei due <strong>in</strong>dirizzi di<br />

studio e dei due gruppi professionali, che hanno a che fare con le loro radici<br />

storiche.<br />

Per prima cosa la cura dei poveri da parte delle autorità con il suo carattere di<br />

controllo, o meglio repressivo e poi la pedagogia <strong>in</strong>fluenzata dai pr<strong>in</strong>cipi<br />

dell’Illum<strong>in</strong>ismo con il suo programma dell’educazione totale e del rispetto<br />

<strong>della</strong> personalità del bamb<strong>in</strong>o. Formazione, educazione e apprendimento sono<br />

<strong>in</strong> primo piano.<br />

32


Sul piano <strong>della</strong> prassi, dell’esercizio <strong>della</strong> professione questa differenza storica<br />

gioca ancora a malapena il proprio ruolo.<br />

La relazione tra pedagogia <strong>sociale</strong> e <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> Germania è oggetto<br />

adesso come prima di dibatti scientifici e teorico-professionali. Adesso si parla<br />

sul >Soziale ArbeitSoziale Arbeit


“con cosa” ha cont<strong>in</strong>uato ad essere scambiato nel corso <strong>della</strong> storia. Ciò<br />

diventa chiaro analizzando teorie e concetti.<br />

Walter Lorenz (1994, S. 81 seg.) identifica tre grandi scuole teoriche:<br />

il paradigma scientifico-<strong>sociale</strong><br />

il paradigma psicologico<br />

il paradigma pedagogico<br />

Vedi pure Erath/Hämälä<strong>in</strong>en (2001) Social Work Theories<br />

Non esistono <strong>in</strong> forma così dist<strong>in</strong>ta, ma possono servire da orientamento.<br />

La domanda di base viene sempre posta da un punto di vista scientifico: qual è<br />

l’ambito <strong>della</strong> scienza, qual è l’oggetto <strong>della</strong> scienza Staub-Bernasconi (1996)<br />

ha sviluppato una comparazione storico-strutturale, orientata <strong>in</strong> senso<br />

<strong>in</strong>ternazionale, che va <strong>in</strong>terpretata <strong>in</strong> modo differenziato per ogni stato.<br />

Da questa visuale il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si costituisce come una tipologia speciale di<br />

rapporto con uom<strong>in</strong>i, cose e idee e come professione del diritto dell’uomo.<br />

Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> è una risposta ai problemi sociali con lo scopo di aiutare gli<br />

uom<strong>in</strong>i <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>tegrale (v. Staub-Bernasconi 1986).Staub-Bernasconi ha<br />

sviluppato un approccio <strong>in</strong>tegrale<br />

per comprendere e per descrivere i problemi sociali (conoscienza dell’oggetto),<br />

per spiegare i problemi sociali, (conoscienza delle spigazioni)<br />

per valutare i problemi sociali servendosi di criteri e per cambiare <strong>in</strong> tal modo<br />

gli obiettivi (conoscienza dei valori e criteri),<br />

per mutare i problemi sociali (cocnoscienza dei processi) e per controllare se il<br />

f<strong>in</strong>e nascosto è stato raggiunto.<br />

Si tratta di una peculiare def<strong>in</strong>izione funzionale del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>,<br />

<strong>in</strong>dipendente dalla società e da altri saperi: “anziché ratificare le discipl<strong>in</strong>e<br />

basilari come la psicologia, la psicologia <strong>sociale</strong>, la sociologia e l’economia,<br />

<strong>in</strong>oltre la filosofia, l’etica e il diritto ecc.. all’<strong>in</strong>izio di ogni riflessione e poi<br />

34


sezionarle per trovare se e cosa derivi dal sapere comune per il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ..<br />

propongo di comportarsi come segue: l’oggetto, cioè i problemi sociali che<br />

riguardano il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, raffigura il punto <strong>in</strong> cui sfociano gli <strong>in</strong>terrogativi<br />

delle discipl<strong>in</strong>e summenzionate…” Staub-Bernasconi 1985 P.261). Il <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> deve assimilarsi ai diritti dell‘uomo, “uscire dai compiti specifici e con<br />

fondamento scientifico” (Staub-Bernasconi 1995, P.67). Si tratta di una nuova<br />

consapevolezza professionale, che non mira alla società ideale, ma “più<br />

modestamente ad una società un po’ <strong>in</strong>giusta” (p. 80).<br />

Con il titolo "Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> alla ricerca di paradigmi autonomi" a Koblenz<br />

nel 1996 <strong>in</strong> occasione di una conferenza <strong>in</strong>ternazionale ha tenuto una discorso,<br />

da cui traggo, abbreviandoli, i passi più significativi<br />

Silvia Staub.Bernasconi:<br />

Soziale Arbeit auf der Suche nach autonomen Paradigmen<br />

cfr. Seibel, F.W/Lorenz, W.(Hrsg) (1998) Soziale Professionen für e<strong>in</strong> soziales <strong>Europa</strong>,<br />

Frankfurt:IKO-Verlag, p.61-100<br />

La versione <strong>in</strong>glese è pubblicata su:<br />

The History of the Object Base of Social Work Theory. Comparisons between German,<br />

Anglosaxon and International Theoretical Approaches.<br />

cfr.Marynowicz-Hetka, E./Wagner, A./Piekarski, J.(Ed) (1999)<br />

European Dimensions <strong>in</strong> Tra<strong>in</strong><strong>in</strong>g and Practice of the Social Professions. Katowice: Slask,<br />

p.57-78<br />

ISBN 83-7164-184-2<br />

La concettualizzazione dell’oggetto del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ha un significato<br />

basilare, dato che senza oggetto non ci sono né una teoria né una scienza del<br />

<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>.<br />

Si tratta di chiarire la domanda seguente: cos’era e cos’è ora come prima il<br />

motivo immediato per la formazione di una funzione e di una professione<br />

35


dell’operatore – e il motivo è rappresentato nella formulazione più rapida<br />

<strong>in</strong>nanzitutto dagli uom<strong>in</strong>i, che non sono <strong>in</strong> grado di aiutare se stessi <strong>in</strong> una<br />

società <strong>in</strong>dustriale che si forma e si fonda sul capitale privato, quando si<br />

trovano <strong>in</strong> una situazione di necessità, uom<strong>in</strong>i a cui per la loro sopravvivenza il<br />

sapere guadagnato f<strong>in</strong>o a quel momento, la conoscenza e altre risorse socioeconomiche<br />

non bastavano e/o che trasgredivano norme emanate e doveri<br />

codificati.<br />

A differenza di uom<strong>in</strong>i più agiati, non erano <strong>in</strong> grado di appoggiarsi alla<br />

solidarietà dei parenti, dei vic<strong>in</strong>i, <strong>in</strong> breve <strong>della</strong> comunità e allo stesso modo si<br />

ripiegavano su una solidarietà astratta, garantita dal punto di vista del diritto<br />

<strong>sociale</strong>, una solidarietà che garantisce l’esistenza dal punto di vista<br />

sociostatale.<br />

La storia dell’oggetto del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> senso stretto significa <strong>in</strong>nanzitutto<br />

vic<strong>in</strong>anza e fedeltà ai problemi e ai contesti sociali e culturali dei suoi<br />

dest<strong>in</strong>atari per rappresentare la storia delle immag<strong>in</strong>i e dei concetti.<br />

Si tratta <strong>della</strong> domanda:<br />

− Come è stata trasferita la realtà dei problemi dei dest<strong>in</strong>atari del <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> “sul concetto”<br />

− Si possono dist<strong>in</strong>guere diverse fasi<br />

− Quali tratti caratteristici ha l’<strong>in</strong>dividuo oggetto dell’osservazione bisognoso<br />

di aiuto e di apprendimento<br />

− Di quale (parte di) sistema <strong>sociale</strong> è membro questo <strong>in</strong>dividuo e quale<br />

posizione <strong>sociale</strong> occupa<br />

− Quali (parti di) sistemi sociali vengono compresi implicitamente o<br />

esplicitamente nella determ<strong>in</strong>azione dell’oggetto Quanto stretto o quanto<br />

ampio è l’angolo di visuale sul mondo <strong>sociale</strong> dei dest<strong>in</strong>atari del <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> <strong>in</strong> una società mondiale <strong>in</strong> via di formazione<br />

36


Ciò permette di formulare la seguente domanda “dietro le qu<strong>in</strong>te” : quali<br />

sistemi (parziali) vengono caricati di problemi come conseguenza <strong>della</strong><br />

def<strong>in</strong>izione dell’oggetto scelta, quali vengono <strong>in</strong>vece implicitamente o<br />

esplicitamente liberati da problemi come conseguenza <strong>della</strong> stessa<br />

Inizia così una fase di costituzione <strong>della</strong> teoria più facile da dischiudere che da<br />

concludere anche se una nuova def<strong>in</strong>izione dell’oggetto si immedesima spesso<br />

nella critica e nell’abbandono di quella valida f<strong>in</strong>o a quel momento.<br />

La maggior parte delle def<strong>in</strong>izioni dell’oggetto hanno avuto <strong>in</strong>fatti f<strong>in</strong>o ad oggi<br />

un peso diverso ed una rilevanza diversa sulle rivendicazioni di scientificità.<br />

Comprendo nelle mie osservazioni anche l’area anglofona, contributi<br />

<strong>in</strong>ternazionali e documenti dell’ONU. É noto <strong>in</strong>fatti che comparazioni<br />

<strong>in</strong>terculturali rendono possibile una comprensione migliore <strong>della</strong> situazione<br />

locale.<br />

Prima fase a partire circa dal 1890<br />

Individuo: gli uom<strong>in</strong>i e i loro bisogni non soddisfatti – la fame, malattie causate dagli stessi<br />

esseri umani (rifiuti <strong>in</strong>dustriali tossici; condizioni abitative miserrime, rimozione dei rifiuti<br />

deficitaria ecc..); processi di apprendimento e di formazione impediti, analfabetismo; <strong>lavoro</strong><br />

squallido, pericoloso, monotono, povertà/disoccupazione; l’essere <strong>in</strong>colti, mancanza di<br />

“nutrimento spirituale”, fantasie sterili di onnipotenza o di impotenza, crim<strong>in</strong>alità, violenza.<br />

Sociosistemi parziali: possibilità di accesso mancanti; regole strutturali che impediscono la<br />

distribuzione del potere; criteri puramente economico-<strong>in</strong>dustriali nel rapporto con i poveri;<br />

istituzioni non professionali e apparati <strong>della</strong> struttura <strong>sociale</strong><br />

Società: struttura <strong>sociale</strong> e cultura capitalistica distruttiva e limitante e le forme di<br />

adattamento <strong>in</strong>dividuale a queste strutture che ne derivano (“domanda <strong>sociale</strong>”). Mancanza<br />

di democrazia e morale ambigua – normalità concepita <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i sociodarw<strong>in</strong>iani –<br />

<strong>in</strong>dividualismo, consumismo, nazionalismo, eroismo maschile come ideale educativo,<br />

guerra e violenza.<br />

In questa fase ci troviamo davanti ad una critica e ad uno smantellamento di concetti<br />

moralizzanti e devalorizzanti ( pigri, ubriaconi, truffatori, ragazze abbandonate, moralmente<br />

37


cadute <strong>in</strong> basso, psicopatici, ecc.). tali concetti furono sostituiti dall’idea che la povertà così<br />

come il comportamento giudicato dalla società antieconomico e distorto fossero da<br />

ricondurre <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea alla soddisfazione strutturalmente impedita dei bisogni, a modelli<br />

di povertà e di disoccupazione culturalmente <strong>in</strong>adatti, <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva <strong>in</strong>dividualistici e ai<br />

processi psichici e sociali che ne derivano di adattamento a condizioni di <strong>in</strong>digenza. A ciò<br />

si aggiunse la problematizzazione <strong>della</strong> possibilità deficitaria di apprendere e formarsi.<br />

I problemi furono localizzati su tutti i livelli sociali, cioè Individuo, Famiglia, Piccolo<br />

gruppo e Vic<strong>in</strong>ato, Quartiere e Città, Organizzazione, Nazione e Società mondiale e<br />

attaccati con le risorse disponibili.<br />

Em<strong>in</strong>enti teorici tedeschi dell’epoca (Scherpner e Klunker) si limitano nel determ<strong>in</strong>are<br />

l’oggetto all’<strong>in</strong>dividuo come colui che riceve l’assistenza. Scherpner come storico<br />

dell’assistenza giovanile (1966) codifica la “assenza di custodia” come seconda categoria<br />

diagnostica centrale. Essa sta per d<strong>in</strong>iego morale come contraltare rispetto all’ord<strong>in</strong>e morale<br />

<strong>della</strong> comunità legittimamente costituito. Scherpner si limita con la sua concezione<br />

dell’oggetto esplicitamente a concettualizzazioni politiche e sociopolitiche del Lavoro<br />

<strong>sociale</strong> (1962:131s, 157s), che egli non vuole veder mescolate con l’assistenza.<br />

Seconda fase a partire da circa il 1920<br />

Individuo: problemi psicosociali e problemi di atteggiamneto.Uomoni vengono riguardati<br />

come “mazzo di s<strong>in</strong>tomi cl<strong>in</strong>ici”. La domanda più importante è. I problemi <strong>in</strong>dividuali sono<br />

causato <strong>in</strong>tra- psichico o sono il resultato da processi di apprendimento non adatti/non<br />

adequati<br />

Dal 1950 viene riformulata questa tradizione dell'oggetto tramite forti prestiti dalla<br />

psicologia umanistica <strong>in</strong> direzione di una autorealizzazione deficitaria. In riferimento al<br />

livello dell'<strong>in</strong>tervento per questa fase e per questa tradizione teorica è caratteristica una<br />

chiara propensione per l'<strong>in</strong>dividuo e <strong>in</strong> parte anche per la famiglia. Il <strong>lavoro</strong> di gruppo viene<br />

vieppiù considerato un tipo di passatempo o come un tipo di semplice <strong>lavoro</strong> di animazione<br />

e deve qu<strong>in</strong>di lottare per essere riconosciuto alla stregua di <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>/terapia <strong>sociale</strong><br />

riconosciuti.<br />

In Germania dopo il 1945 si assiste ad una nuova ripresa del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, grazie al<br />

sostegno delle forze alleate, sia sotto forma di viaggi di studio, di bibliografia specialistica<br />

estera, di conferenze, sem<strong>in</strong>ari e di corsi di specializzazione con esperti <strong>in</strong>glesi, americani,<br />

olandesi. Si parla di <strong>lavoro</strong> sul grande deficit di modernizzazione e di democrazia <strong>della</strong><br />

Germania.<br />

38


Terza fase a partire da circa il 1960<br />

Individuo: stress, mancanza di adattamento psichico e esaurimenti nervosi.<br />

Famiglia - gruppo - associazioni/organizzazioni:<br />

Discostamenti dall'equilibrio d<strong>in</strong>amico, differenziazione e <strong>in</strong>tegrazione di situazioni<br />

problematiche di matrice sociostrutturale <strong>in</strong> riferimento all'<strong>in</strong>dividuo come membro <strong>della</strong><br />

famiglia, di un gruppo , di una comunità, di organizzazioni ("the client <strong>in</strong> and as a system")<br />

Società: possibilità e struttura di potere dell'<strong>in</strong>tera società; diversità di possibilità tra bianchi<br />

e neri come problema dei diritti costituzionali volontariamente <strong>in</strong>trodotti: altri problemi di<br />

m<strong>in</strong>oranza.<br />

Si dist<strong>in</strong>gue <strong>in</strong>nanzitutto la ricerca di Gordon Hearns di una cornice <strong>in</strong>terdiscipl<strong>in</strong>are di<br />

riferimento per l'<strong>in</strong>tegrazione dei tre canali/metodi professionali di accesso alla realtà dei<br />

problemi sociali, cioè Case-, Group- e Communitywork.<br />

La sua tesi è che i tre lavor<strong>in</strong>o con tutti i sistemi sociali e psichici.<br />

Il comportamento umano viene <strong>in</strong>teso come risultato dell'<strong>in</strong>terazione tra organismi, sistemi<br />

sociali e psichici.<br />

Anche la povertà e la diversità, possibilità deficitarie di partecipare a diritti civili garantiti<br />

diventano un tema di dibattito - soprattutto negli USA.<br />

Particolarità <strong>in</strong> <strong>Europa</strong><br />

Nascita dei corsi di formazione nelle università.<br />

All'<strong>in</strong>izio <strong>degli</strong> anni 60 si <strong>in</strong>dividua una fase di forte focalizzazione sui problemi <strong>in</strong>dividuali<br />

e psico-sociali, tra l'altro ampliata attraverso una rieducazione democratica all'<strong>in</strong>terno di una<br />

d<strong>in</strong>amica di gruppo e di <strong>lavoro</strong> di gruppo.<br />

Quarta fase a partire da circa il 1970<br />

Ulteriore sviluppo delle determ<strong>in</strong>azioni dell'oggetto dal 1960 e tentativi di sistematizzazione<br />

<strong>della</strong> base scientifica del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>.<br />

Individuo:<br />

transazioni tra <strong>in</strong>dividui e stress da adattamento connesso (Life Model di Germa<strong>in</strong> &<br />

Giterman)<br />

Sistemi sociali parziali/organizzazioni:<br />

39


<strong>in</strong>novate posizioni teoretico-sistemistiche, riferite ai problemi <strong>della</strong> costruzione del sistema<br />

<strong>sociale</strong>, comunicazione e relazioni (emozionali).<br />

Il modo di pensare teoretico-(systemtheoretisch) <strong>in</strong> questa fase prosegue concettualizzando<br />

la diagnosi e i processi ausiliari come <strong>in</strong>terazione tra membri dei sistemi parziali più<br />

differenti tra loro, ma anche nel pareggiare il trattamento delle famiglie con un tipo di <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> concepito <strong>in</strong> modo teorico-sistematico.<br />

Vengono tematizzati i problemi e le necessità di uom<strong>in</strong>i <strong>in</strong> tre ambiti di situazioni vitali, cioè<br />

le fasi di sviluppo, i cambiamenti di status <strong>sociale</strong> e di ruolo e le crisi, potenzialmente<br />

possibili, ad essi connesse, i conflitti <strong>in</strong> gruppi grandi e piccoli così come nel loro ambiente<br />

<strong>sociale</strong> e psichico (Germa<strong>in</strong> & Gitterman). L'oggetto del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si limita sempre più<br />

a processi di scambio; i segnali <strong>degli</strong> <strong>in</strong>dividui che <strong>in</strong>teragiscono tra loro si collocano sullo<br />

sfondo. Si parla di problemi di comunicazione (paradossi) nei loro aspetti psicosociali e<br />

semantici.<br />

Def<strong>in</strong>izioni dell'oggetto europee e le loro particolarità:<br />

Individuo:<br />

rischi del posto di <strong>lavoro</strong>, estraniamento, identità danneggiata<br />

Famiglia:<br />

problemi di comunicazione e (di ricezione) del sistema<br />

Organizzazioni:<br />

i professionisti e le loro direzioni organizzative come problema pr<strong>in</strong>cipale, processi di<br />

etichettamento e di stigmatizzazione<br />

Società:<br />

capitalismo, dicotomia tra sistema e mondo vitale / quotidianità<br />

Nel campo del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> le def<strong>in</strong>izioni di tipo comunicativo teoretico-sistematiche<br />

dell'oggetto conoscono una forte fase di espansione <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>.<br />

Vengono coperte da una critica del capitalismo che si annuncia <strong>in</strong> modo fortissimo: il<br />

problema pr<strong>in</strong>cipale è l'ord<strong>in</strong>e <strong>sociale</strong> capitalistico e, problemi che ne derivano, la<br />

disponibilità del capitale, lo sfruttamento <strong>della</strong> forza di <strong>lavoro</strong> umana, i lavoratori come<br />

massa di manovra del capitale e i processi di declassamento correlati diventano un tema<br />

centrale delle def<strong>in</strong>izione dell'oggetto di stampo sociolavorativo. Le organizzazioni <strong>della</strong><br />

40


cosa <strong>sociale</strong> e i professionisti sono presenti - a differenza <strong>della</strong> comprensione <strong>della</strong> teoria<br />

negli USA -, non sono dei meri correttivi di questa situazione, ma agiscono al servizio <strong>degli</strong><br />

<strong>in</strong>teressi capitalistici. In corrispondenza di ciò le analisi dell'oggetto consistono nello studio<br />

delle prospettive teoriche funzionali critico sistematiche <strong>in</strong> riferimento ad ogni compito solo<br />

pensabile del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, per commisurarlo all'idea di emancipazione pluralisticamente<br />

collettiva, compresa <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i specifici di classe e di "società emancipata" (Thiersch).<br />

Anche i processi di declassamento vengono però problematizzati. Lo sguardo si dirige su<br />

trasgressioni <strong>della</strong> norma legate al comportamento e si volge contro le istanze sanzionanti<br />

che tendono ad applicare etichette e a controllare, a colonizzare nel pubblico e contro i<br />

professionisti nelle scuole, negli enti, nelle cl<strong>in</strong>iche, nei centri di terapia, nelle stazioni di<br />

polizia come esecuzione <strong>della</strong> pena (come "istituzioni totali").<br />

Due tipi di logiche, cioè prima di tutto quei sistemi sociali estranianti, tecnologicorazionalistici<br />

e <strong>in</strong> secondo luogo la logica estranea all'uomo <strong>della</strong> quotidianità<br />

(Lebenswelt:Orientamento all’ambiente di vita)o del mondo <strong>della</strong> vita vengono<br />

contrapposte, cosa che porta ad un critica sistematica <strong>della</strong> specializzazione e dell'essere<br />

esperti di stampo scientifico. L'essere esperti equivale quasi a colonizzazione e diviene cosi<br />

un problema vero del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>. La professionalizzazione non è da comprendere più<br />

come una risposta ad una competenza deficitaria di risoluzione <strong>sociale</strong> dei problemi, ma<br />

come una espropriazione .Illich diviene un esempio pr<strong>in</strong>cipe di questo <strong>in</strong>tervento e le<br />

<strong>in</strong>iziative civiche che ne derivano e i movimenti di auto-aiuto con la loro critiche a forme di<br />

aiuto <strong>in</strong>terdicenti (Basaglia) portano ad <strong>in</strong>trodurre dibattiti teorici <strong>in</strong>torno alla<br />

deprofessionalizzazione.<br />

Qu<strong>in</strong>ta fase f<strong>in</strong>e <strong>degli</strong> anni 70, anni 80<br />

Individuo:<br />

L'uomo nel suo ambiente ecologico e <strong>sociale</strong>; adattamento alla vita come compito rischioso,<br />

gravato da una dose di mancanza di conoscenza; rottura <strong>della</strong> famiglia normale<br />

Società:<br />

Società del rischio; distruzione <strong>della</strong> normalità e detradizionalizzazione; stato <strong>sociale</strong>, stato<br />

del welfare e scienza come problema.Rapporti tra i sessi: società multiculturale e razzismo<br />

41


L'oggetto del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> può essere def<strong>in</strong>ito qui come malessere <strong>in</strong>dividuale verso la<br />

struttura <strong>sociale</strong> e verso la cultura, <strong>in</strong> breve come problemi sociali e <strong>in</strong>dividuali cumulativi<br />

In parallelo la tesi dell'<strong>in</strong>dividualizzazione delle condizioni di vita e <strong>della</strong> pluralizzazione<br />

<strong>degli</strong> stili di vita viene largamente recepita nel <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>/nella pedagogia <strong>sociale</strong> <strong>in</strong><br />

riferimento alla "società del rischio" (Risikogesellschaft)di Beck. Si descrivono la<br />

distruzione <strong>della</strong> biografia normale, <strong>della</strong> famiglia normale, delle condizioni di <strong>lavoro</strong><br />

normali, la forza di <strong>in</strong>tegrazione del luogo di provenienza tradizionale e del luogo dei valori<br />

tradizionali così come l'aumento contemporaneo di decisioni non normativizzate e qu<strong>in</strong>di<br />

affette dal rischio, se anche decisioni dipendenti dal sapere e affette dalla non conoscenza,<br />

cmpiti rischiosi. La critica <strong>della</strong> struttura diviene tendenzialmente una critica <strong>della</strong> cultura,<br />

che ha una lunga tradizione <strong>in</strong> territorio tedescofono.<br />

A differenza <strong>degli</strong> anni 70 la critica al <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> comporta una svolta: sullo sfondo di<br />

una critica <strong>della</strong> scienza esercitata sui grandi rischi del dom<strong>in</strong>io <strong>degli</strong> uom<strong>in</strong>i e <strong>della</strong> natura,<br />

reso possibile dalla scienza, non c'è più la sua scientificizzazione mancata, ma , a livello di<br />

dibattito, la sua credenza <strong>in</strong>genua nell'anelito razionalistico <strong>della</strong> scienza e, <strong>in</strong><br />

corrispondenza di ciò, <strong>in</strong> una tecnologia <strong>sociale</strong> fondabile scientificamente.<br />

Diviene centrale come concetto delle condizioni di vita (Lebenslage): "le appartenenze a<br />

strati convenzionali e a classi convenzionali sono entrate sullo sfondo. Parliamo oggi qu<strong>in</strong>di<br />

di condizioni di vita socioeconomiche come ambientazioni di risorse condizionate <strong>in</strong> senso<br />

socioeconomico e garantite <strong>in</strong> senso sociostatale e di spazi culturali di gioco d<strong>in</strong>amico, che<br />

regolano le possibilità di dispiegamento di stili di vita e la partecipazione o l'essere legati ad<br />

ambienti "(Böhnisch)<br />

Particolarità <strong>in</strong> ambito angloamericano:<br />

Putt<strong>in</strong>g Gender, Race and Peace on the Agenda!<br />

Commisurati al peso e alla risonanza delle discussioni di cui sopra, gli apporti teorici<br />

americani e anglosassoni riguardo al sessismo, al classismo e al razzismo come problemi<br />

<strong>della</strong> clientela così come dell'organizzazione del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> e anche gli apporti di ricerca<br />

sulla femm<strong>in</strong>izzazione <strong>della</strong> povertà giocano un ruolo molto modesto, se non quasi non<br />

considerato.<br />

Vale la pena di tenere <strong>in</strong> considerazione che proprio il "concetto di classe" come concetto<br />

problematico ha mantenuto il suo ovvio posto nella bibliografia specializzata<br />

angloamericana, mentre <strong>in</strong> territorio tedescofono è divenuto un concetto tabù - come è da<br />

42


comprendere e convalidare a livello <strong>in</strong>formale) - per motivi ideologici, politici e accademici<br />

(cioè legati alla carriera).<br />

Sesta fase a partire dal 1990<br />

Individuo e famiglia:<br />

<strong>in</strong>dividualismo e critica dei consumi, violenza endofamigliare e maltrattamento;<br />

Comunità:<br />

accordo comunitaristico di doveri nei confronti <strong>della</strong> società come accomodamento delle<br />

esigenze <strong>in</strong>dividuali e sociali e diritti nei confronti dello stato<br />

Stato <strong>sociale</strong>/organizzazioni <strong>della</strong> società:<br />

crisi dello stato <strong>sociale</strong>, sfruttamento dello stato <strong>sociale</strong> a causa dell'<strong>in</strong>flazione delle<br />

esigenze e dei bisogni; complicità <strong>della</strong> clientela; irrigidimento burocratico, <strong>in</strong>efficienza e<br />

diseconomizzazione delle prestazioni assistenziali.<br />

La critica <strong>in</strong> certi circoli specialistici mossa da lungo tempo, ma anche la critica di destra e<br />

di s<strong>in</strong>istra allo stato del welfare e la specializzazione vedono <strong>in</strong> questa fase i loro risultati<br />

teorici e pratici: bisogna constatare un rivolgimento più o meno radicale <strong>della</strong> critica <strong>della</strong><br />

struttura conosciuta f<strong>in</strong>ora e <strong>della</strong> def<strong>in</strong>izione del problema.<br />

Non sono più gli uom<strong>in</strong>i gli essere a cui si chiede troppo e a venire sfruttati strutturalmente,<br />

bensì lo stato <strong>sociale</strong> - come partecipante erroneo dell'evoluzione <strong>sociale</strong> -, che attraverso<br />

esigenze esagerate viene eccessivamente caricato e sfruttato. Il percorso autonomo<br />

dell'approccio <strong>sociale</strong> ai problemi e gli <strong>in</strong>numerevoli aiuti rafforzano questi problemi.Inoltre<br />

esso è collegato ad <strong>in</strong>numerevoli rischi (e non più gli <strong>in</strong>dividui o coloro che dipendono da<br />

uno stipendio).<br />

Alla stregua di un concetto globale universalmente utilizzabile il concetto delle condizioni<br />

di vita (Lebenslage) giunge al centro dell'<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e: secondo Geissler va def<strong>in</strong>ito "la<br />

particolarità <strong>della</strong> Germania occidentale" <strong>in</strong> quanto differenzia, pluralizza, <strong>in</strong>dividualizza e<br />

d<strong>in</strong>amicizza appartenenze convenzionali a strati e a classi sociali.<br />

Anziché ergersi e accanirsi contro disuguaglianze <strong>della</strong> struttura <strong>sociale</strong>, ci si compiace<br />

sempre più delle sfaccettature colorate e d<strong>in</strong>amiche delle condizioni di vita e delle forme di<br />

vita: " la ricerca critica <strong>della</strong> disuguaglianza si trasforma davanti ai nostri occhi <strong>in</strong> una<br />

ricerca più o meno <strong>in</strong>sc<strong>in</strong>dibile delle sfaccettature da un punto di vista sociopolitico ... "<br />

43


In questi vuoti teorici <strong>in</strong> qualche modo strappati tra stato, <strong>in</strong>dividualizzazione/condizione di<br />

vita, mercato e comunità entra solo il concetto del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> come "prestazione di<br />

servizi focalizzata sulla persona".(Personenbezogene Dienstleistung)<br />

Supponendo che il sapere professionale e qu<strong>in</strong>di rivolto al dest<strong>in</strong>atario attraverso l'<strong>in</strong>flusso<br />

di segni dist<strong>in</strong>tivi di forme organizzative di aiuto perda rilevanza, vengono discussi vantaggi<br />

e svantaggi delle esigenze legislative, di solidarietà e contratto reciproci.<br />

Questo è valido f<strong>in</strong>o all'affermazione "il cliente è il re"<br />

Le ragioni implicite o spesso dichiarate per il distacco da idee deficitarie si sono<br />

grandemente modificate. Mentre Mollenhauer neglie anni ’60 critica una pedagogia<br />

deficitaria, che esce dalla svalorizzazione <strong>in</strong> rapporto alla diversità dei poveri non ci<br />

possono più essere problemi <strong>in</strong> relazione al nuovo paradigma di un <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> orientato<br />

verso il mercato, verso il prodotto e verso il cliente.<br />

Di seguito potete trovare un testo chiaro <strong>in</strong> tal senso: " se le istituzioni del <strong>lavoro</strong> giovanile<br />

def<strong>in</strong>iscono i loro clienti come deficitari, assillati da problemi, socialmente deboli, cioè dei<br />

"perdenti" di un certo tipo, si costruiscono allo stesso tempo un market<strong>in</strong>g fallato... quale<br />

cliente <strong>in</strong>fatti si compra un prodotto che ha già sentore di problematicità (Pfeiffer 1996:2).<br />

È <strong>in</strong>teressante che i testi corrispondenti oper<strong>in</strong>o quasi esclusivamente con esempi tratti dal<br />

<strong>lavoro</strong> con gli anziani, i giovani, il tempo libero o la cultura, dalla salute e dalla cura di essa,<br />

cioè con clienti per lo più "normali" e/o con potere d'acquisto.<br />

Riassumendo, si tratta di una fase teorica nelle quale sia lo stato <strong>sociale</strong> sia l’assistenza<br />

all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> società sono considerati un problema fondamentale. Conseguentemente ci<br />

si orienta al livello teorico verso la parte più d<strong>in</strong>amica che caratterizza non solo le società<br />

nazionali, ma anche le società mondiali: il commercio. In un orientamento che prende <strong>in</strong><br />

considerazione le condizioni di mercato e di vita a livello mondiale, il problema acquista un<br />

carattere privato e riguarda dunque gli <strong>in</strong>dividui che, nonostante la crisi del mondo del<br />

<strong>lavoro</strong> e dello stato <strong>sociale</strong>, sono riusciti comunque a soddisfare le proprie esigenze<br />

rivolgendosi ad un mercato <strong>in</strong> cui vengono prestati servizi; essi hanno dovuto cercare la via<br />

per accedere a collettività create artificialmente e prestare spontaneamente aiuti rivolti a se<br />

stessi sia a livello <strong>in</strong>dividuale che collettivo.<br />

Particolarità <strong>della</strong> “Scientific and professional Community” nel mondo e negli Stati Uniti:<br />

violazione <strong>della</strong> soddisfazione dei bisogni umani e dei diritti umani e sociali<br />

44


Si tratta di bisogni <strong>in</strong>soddisfatti legati a temi come: classe, genere, etnia, tossicodipendenza,<br />

violenza, guerra, emigrazione, impotenza; alla luce <strong>della</strong> globalizzazione commerciale e dei<br />

diritti e doveri umani e sociali. Povertà, disoccupazione, disturbi psichici, discrim<strong>in</strong>azione di<br />

persone e categorie di persone sono argomenti che devono essere affrontati con successo.<br />

I problemi che riguardano i s<strong>in</strong>goli <strong>in</strong>dividui, le famiglie, le comunità territoriali e le<br />

organizzazioni sono importanti nel contesto di una comprensione sistematica, teorica ed<br />

<strong>in</strong>ternazionale del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, tuttavia i libri di testo, anche di recente pubblicazione, non<br />

ne parlano.<br />

Esistono le collettività<br />

Seppure esistano chiaramente diversità a livello locale e nazionale per quanto riguarda i<br />

punti chiave riguardanti tale argomento, c’è comunque un <strong>in</strong>sieme di concetti che può essere<br />

considerato come m<strong>in</strong>imo comune denom<strong>in</strong>atore e che viene pattuito su un piano più alto<br />

dalle associazioni <strong>in</strong> cui sono riuniti i centri di formazione (International Association of<br />

Schools of Social Work) e dalle organizzazioni <strong>degli</strong> enti sociali (Council on Social<br />

Welfare).<br />

“L’<strong>in</strong>fluenza che la professione del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ha sulle necessità fondamentali <strong>degli</strong><br />

uom<strong>in</strong>i, determ<strong>in</strong>a anche la loro conv<strong>in</strong>zione che l’universalità di queste necessità e la loro<br />

soddisfazione non sia una questione di scelte o preferenze soggettive, bensì un imperativo di<br />

giustizia <strong>sociale</strong>. Conformemente il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> concepisce i diritti umani e sociali come<br />

secondo pr<strong>in</strong>cipio organizzativo, teoretico-normativo <strong>della</strong> prassi professionale, che <strong>in</strong>tegra<br />

il primo pr<strong>in</strong>cipio organizzativo orientato verso le necessità…..Le operatrici sociali prestano<br />

servizio <strong>in</strong> sistemi politici differenti…..per lo più come dipendenti di organizzazioni. La<br />

loro posizione come delegate dello stato o dipendenti di potenti organizzazioni ha condotto<br />

molte di loro <strong>in</strong> situazioni difficili. La loro professione è v<strong>in</strong>colata ai datori di <strong>lavoro</strong> e alla<br />

clientela. Alla base del codice e <strong>degli</strong> scopi formativi delle scuole superiori per il <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> risiede pr<strong>in</strong>cipalmente il servizio nei confronti <strong>degli</strong> <strong>in</strong>dividui e non la lealtà nei<br />

confronti dell’organizzazione” (1945:5) Il manuale parla però anche del fatto che ai diritti<br />

devono corrispondere doveri.<br />

Staub Bernasconi conclude che ci si riferisce all’evoluzione, di cui si è trattato,<br />

a volte con il term<strong>in</strong>e pedagogia <strong>sociale</strong>, altre volte con il term<strong>in</strong>e assistenza<br />

<strong>sociale</strong> ed altre volte ancora si utilizzano ulteriori denom<strong>in</strong>azioni che si<br />

riferiscono allo stesso settore. Questa dist<strong>in</strong>zione non ha molto significato<br />

oggi, <strong>in</strong> quanto la discussione non può essere ridotta alla dist<strong>in</strong>zione secondo<br />

45


la quale il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si occupa di assistenza e amm<strong>in</strong>istrazione, mentre la<br />

pedagogia <strong>sociale</strong> ha a che fare con i processi educativi e di apprendimento.<br />

Una teoria del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> deve oggi accogliere un differente teoria di<br />

pensiero; il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> deve essere concepito su piani differenti, se vuole<br />

essere all’altezza dell’argomento di cui si occupa e dei compiti che deve<br />

assolvere. Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> per potersi sviluppare come teoria e scienza,<br />

necessita di un quadro di riferimento che sia vasto, flessibile, <strong>in</strong>terdiscipl<strong>in</strong>are,<br />

ma non dipendente dalle mode. La dipendenza dalle dom<strong>in</strong>anti teorie <strong>in</strong> voga,<br />

grand theorie (come i dibattiti che non durano più di un paio d’anni attorno alla<br />

professionalizzazione,, deprofessionalizzazione, concetti d’azione, differenza<br />

tra discipl<strong>in</strong>a e professione, orientamento alla vita ecc.) non conduce il <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> come discipl<strong>in</strong>a a compiere grandi progressi, sia che si tratti di<br />

assistenza <strong>sociale</strong> che di pedagogia <strong>sociale</strong>.<br />

Per il futuro è importante uno stile di pensiero sistemico che prenda <strong>in</strong><br />

considerazione i dest<strong>in</strong>atari del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> sempre <strong>in</strong> riferimento al contesto<br />

storico e attuale. Sebbene esista un <strong>in</strong>sieme di teorie diverse sul <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong><br />

(teoria <strong>della</strong> verità, teoria <strong>della</strong> conoscenza, teoria <strong>della</strong> realtà) e diverse<br />

def<strong>in</strong>izioni dell’oggetto di cui il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si occupa, si è tuttavia<br />

d’accordo sul fatto che l’argomento su cui si <strong>in</strong>centra il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> sia<br />

complesso e tocchi più dimensioni. Tutti riconoscono la necessità di un quadro<br />

di riferimento trans-discipl<strong>in</strong>are, metascientifico e metafilosofico, se si vuol<br />

descrivere, spiegare e cambiare il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>. Sullo sfondo di questa<br />

esigenza la scienza dell'educazione non può essere la discipl<strong>in</strong>a preposta al<br />

<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> e alla pedagogia <strong>sociale</strong>. Il quadro di riferimento sistematicoteorico<br />

che è stato proposto potrebbe diventare <strong>in</strong>vece, a particolari condizioni,<br />

un fragile ponte d’unione tra le più svariate tradizioni teoriche (tra tradizioni<br />

teoriche che comprendono: quella <strong>degli</strong> aiuti, dell’utilizzazione delle risorse,<br />

dell’autorizzazione, del cambiamento <strong>sociale</strong> e tradizioni teoriche come quelle<br />

che riguardano l’educazione, la formazione e l’emancipazione). Aspetti come<br />

quello delle necessità, dell’<strong>in</strong>segnamento, delle risorse, dell’organizzazione<br />

46


<strong>sociale</strong> e politica non possono più essere trattati separatamente l’uno dall’altro.<br />

(Staub-Bernasconi 1995:133-134)<br />

Inf<strong>in</strong>e tutti questi movimenti di <strong>in</strong>tesa e <strong>in</strong>tegrazione fanno emergere un<br />

ulteriore problema: <strong>in</strong> che senso coloro che partecipano a questo dibattito<br />

hanno l’<strong>in</strong>tenzione di mettere <strong>in</strong> discussione non solo i conf<strong>in</strong>i nazionali ed<br />

etico-culturali, ma anche i conf<strong>in</strong>i teorici ormai superati e di oltrepassare i<br />

blocchi di ricezione Mi auguro che <strong>in</strong> una società sempre più ricca di <strong>in</strong>trecci<br />

e contatti questo diventi possibile e che <strong>in</strong> un’<strong>Europa</strong> sempre più unita e <strong>in</strong> una<br />

società mondiale che sta prendendo gradualmente forma e <strong>in</strong> cui i problemi<br />

sociali aumentano e diventano sempre più complessi, si aprano le migliori<br />

possibilità di soddisfare i bisogni e le migliori opportunità di apprendimento.<br />

Per giungere ad una s<strong>in</strong>tesi <strong>della</strong> def<strong>in</strong>izione del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>/pedagogia<br />

<strong>sociale</strong>, mi riferisco alle <strong>in</strong>terpretazioni di altre autori.Non prendo <strong>in</strong><br />

considerazione le presunte reali differenze e propongo come basi la seguente<br />

def<strong>in</strong>izione di <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>:<br />

Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>/la pedagogia <strong>sociale</strong> si occupa dei processi che riguardano<br />

l’esistenza <strong>degli</strong> uom<strong>in</strong>i, la quale <strong>in</strong> virtù delle condizioni di vita delle moderne<br />

società presenta spesso necessità molto elevate per aiutare i giovani nel corso<br />

<strong>della</strong> loro vita e nell’<strong>in</strong>tegrazione <strong>sociale</strong>.Questo oggi non avviene solo ai<br />

>marg<strong>in</strong>i <strong>della</strong> società


− Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> tenta di ridurre le differenze e i pregiudizi tra (e dei)<br />

membri <strong>della</strong> società, cerca di tendere a possibilità di uguaglianza, di<br />

collaborare alla costruzione di una società equa, di favorire il benessere di<br />

tutti gli <strong>in</strong>dividui. Tutto ciò lo fa collaborando attivamente attraverso<br />

<strong>in</strong>terventi politici, <strong>in</strong>terventi diretti ed <strong>in</strong>diretti e fornendo consigli,<br />

appoggio, aiuti educativi e d’<strong>in</strong>tervento <strong>sociale</strong>, offerte formative e<br />

prestazioni d’aiuto psicosociali e f<strong>in</strong>anziarie.<br />

− Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si occupa sia dei problemi di carattere <strong>sociale</strong>, sia dei<br />

processi che caratterizzano il ciclo <strong>della</strong> vita e conseguentemente delle<br />

crescenti difficoltà a ciò connesse, a cui gli uom<strong>in</strong>i devono far fronte <strong>in</strong><br />

virtù <strong>della</strong> complessità delle condizioni di vita.<br />

− Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> cerca di rendere gli uom<strong>in</strong>i capaci di agire ed <strong>in</strong>staurare<br />

rapporti nella moderna società e per questo elabora offerte che riguardano le<br />

seguenti dimensioni problematiche:<br />

Problemi riguardanti gli strumenti necessari a soddisfare i bisogni che<br />

affiorano nel corso dell’esistenza<br />

Rapporti di scambio e <strong>in</strong>terazione (uguaglianza)<br />

Problemi che sorgono nei rapporti di tipo verticale (potere)<br />

Problemi di orientamento e significato<br />

− Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si occupa sia dell’analisi <strong>degli</strong> sviluppi sociali e delle<br />

strutture politiche su piani diversi (locale, nazionale ed <strong>in</strong>ternazionale) per<br />

svelare l’esistenza di repressioni e meccanismi di esclusione; sia su un<br />

piano più tradizionale dal punto di vista sociopedagogico, delle possibilità<br />

di facilitare lo sviluppo, l’apprendimento e la formazione.<br />

− Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si <strong>in</strong>teressa delle possibilità <strong>in</strong>dividuali, dei conf<strong>in</strong>i<br />

socioculturali e culturali dei processi d’apprendimento. In breve, si <strong>in</strong>teressa<br />

dell’uguaglianza e <strong>della</strong> diversità esistenti tra <strong>in</strong>dividui e gruppi e delle<br />

regole che li governano; si <strong>in</strong>teressa dei modelli <strong>in</strong>terpretativi culturali e<br />

delle regole riconosciute come valide, ossia di chi entra nel godimento di<br />

48


diritti e per quale motivo e di chi rientra nei doveri sociali e per quale<br />

ragione.<br />

− Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> vuole cambiare. La valutazione va oltre i conf<strong>in</strong>i nazionali<br />

“<strong>in</strong> all countries social workers see themselves as agents of social changes<br />

and <strong>in</strong>stitutional reform" (Hockenstad 1992, P.182)<br />

− Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, il suo sviluppo, la sua struttura, le sue categorie<br />

fondamentali, le sue prospettive, i suoi punti di vista sui problemi, le sue<br />

garanzie economiche, le sue basi giuridiche, i suoi sistemi formativi e i suoi<br />

contenuti privilegiati sono stati f<strong>in</strong>o ad oggi fortemente orientati alla società<br />

contemporanea e sono stati profondamente <strong>in</strong>fluenzati da quest’ultima. La<br />

struttura di base del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ha un carattere nazionale e ciò non deve<br />

meravigliare, anzi è del tutto comprensibile.<br />

Questa “imago di se stesso” nazionale viene confrontata sempre più con la<br />

crescente <strong>in</strong>ternazionalità <strong>degli</strong> sviluppi politici, sociali ed economici.<br />

Approfondimento<br />

Lorenz, W.(1994)<br />

Social Work <strong>in</strong> a Changig Europe, capitolo 4: Social Work and Academic Discourses è<br />

capitolo 5: Social Work and Social Movements, p.81-127<br />

Adams, A./Erath,P.Shardlow Ed) (2000)<br />

Fundamentals of Social Work <strong>in</strong> Selected European Countries<br />

Capitolo 1: Indroduction:The Challange of Globalisation, p.1-9<br />

E capitolo 10: Towards European Perpectives on Social Work, p.139-143<br />

Allegato 3<br />

Immag<strong>in</strong>e di se stesso<br />

L'immag<strong>in</strong>e, che la pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ha di se stessa/o è<br />

mutata nel tempo. Ci sono autovalutazioni e valutazioni fatte da altri persone e<br />

organisazioni che sono di validità generale e che si sovrappongono.<br />

Semplificando si potrebbe tracciare una l<strong>in</strong>ea che collega i seguenti aggettivi<br />

49


utilizzati per valutare la pedagogia <strong>sociale</strong>/<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>: previdente,<br />

avvocatoria ,emancipativa, orientata al mercato.<br />

Conformemente, i dest<strong>in</strong>atari, a cui il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> è rivolto, figurano come:<br />

oggetti d’assistenza, fruitori, dest<strong>in</strong>atari a cui rivolgersi, bisognosi d’aiuto e<br />

recentemente clienti.<br />

La svizzera Silvia Staub Bernasconi (1995) ha def<strong>in</strong>ito il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> come<br />

“professione dei diritti dell’uomo” <strong>in</strong> chiusura <strong>della</strong> “Campagna per i diritti<br />

dell’uomo”, che fu promossa dall’ONU e poi accolta dalle organizzazioni<br />

<strong>in</strong>ternazionali delle associazioni di categoria <strong>degli</strong> operatori sociali<br />

(International Association of Schools of Social Workers).(vedi allegato 4)<br />

La questione dei diritti umani non fu considerata semplicemente uno dei tanti<br />

aspetti del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, bensì il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> fu def<strong>in</strong>ito “Human Rights<br />

Profession”, <strong>in</strong> virtù del contenuto dei suoi scopi e contributi.<br />

“Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> deve diventare una professione e deve adoperarsi sul piano<br />

locale, nazionale ed <strong>in</strong>ternazionale <strong>in</strong> favore del benessere <strong>in</strong>dividuale, dei<br />

diritti sociali, <strong>della</strong> giustizia <strong>sociale</strong> che conduca al progressivo sviluppo <strong>degli</strong><br />

uom<strong>in</strong>i; deve contribuire <strong>in</strong> questo modo al mutamento <strong>sociale</strong>. Il suo impegno<br />

<strong>in</strong>ternazionale tutela le condizioni locali, i punti cruciali a livello <strong>sociale</strong> e la<br />

vulnerabilità <strong>degli</strong> uom<strong>in</strong>i da eventuali choc socioeconomici e culturali.” (p.74)<br />

Campi d’attività<br />

La pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> è difficilmente conf<strong>in</strong>abile all’<strong>in</strong>terno di<br />

un campo d’attività facilmente def<strong>in</strong>ibile. Gli ambiti <strong>in</strong> cui la prassi <strong>della</strong><br />

pedagogia <strong>sociale</strong>/<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si riferisce, accompagnano l’uomo nell’arco<br />

<strong>della</strong> sua esistenza, dalla nascita alla morte. Si tratta di una prestazione di<br />

servizi, sia di tipo materiale che rivolta ad <strong>in</strong>dividui, che <strong>in</strong> Germania riguarda<br />

il vasto campo <strong>degli</strong><br />

assistenza sociali (sussidi economici, consulenze, riabilitazione) e <strong>in</strong>terventi <strong>in</strong><br />

campo sanitario e a sostegno <strong>degli</strong> anziani (consulenze, educazione,<br />

assistenza). Al di là <strong>della</strong> semplice presenza <strong>degli</strong> aiuti ed <strong>in</strong>terventi sociali,<br />

50


esistono specifiche attività di pianificazione, ad esempio nell’ambito del<br />

management <strong>sociale</strong>, <strong>della</strong> pianificazione <strong>degli</strong> aiuti forniti ai giovani e delle<br />

proposte di mezzi d’<strong>in</strong>tervento.<br />

In tutti questi settori <strong>in</strong> Germania sono attivi operatori sociali che hanno un<br />

diploma rilasciato da una Fachhochschule (University of Applied Sciences) o<br />

una laurea <strong>in</strong> pedagogia. In complesso c’è una differenziazione tra campi di<br />

attività sia <strong>in</strong> Germania che <strong>in</strong> altri paesi.<br />

In Gran Bretagna esiste un’ampia gamma di settori <strong>in</strong> cui sono attivi gli<br />

operatori sociali, tali settori differiscono l’un l’altro per le nozioni<br />

fondamentali, lo status e le impostazioni delle attività svolte.<br />

“La molteplicità delle connotazioni professionali mostra chiaramente la<br />

tendenza alla specializzazione nell’ambito del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>. Ciò potrebbe<br />

essere visto come un’<strong>in</strong>dicazione <strong>della</strong> scomparsa del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> come<br />

gruppo professionale specifico” (Lyons 1997, p.148)<br />

W. Lorenz ritiene che non sia possibile <strong>in</strong>dividuare tendenze unitarie del<br />

<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>. I criteri generali <strong>della</strong> professionalizzazione non sono<br />

chiari, <strong>in</strong>oltre gli sviluppi politici e sociali dei paesi europei sono troppo<br />

eterogenei. La concorrenza, pr<strong>in</strong>cipio strategico dell’Unione Europea,<br />

<strong>in</strong>terviene anche nella dimensione <strong>sociale</strong>.<br />

“Gli operatori sociali vennero <strong>in</strong>nalzati ad una posizione fondamentale con la<br />

legge “Community Care” che entrò <strong>in</strong> vigore nel 1993, <strong>in</strong> quanto ad essi fu<br />

affidato il compito di valutare i bisogni dei clienti e allo stesso tempo di<br />

decidere chi fra i nuovi fornitori privati offrisse gli strumenti essenziali per<br />

adempiere alle necessità ad un prezzo più vantaggioso. Dovevano qu<strong>in</strong>di<br />

<strong>in</strong>traprendere rapporti con i fornitori scelti e controllare che tutto procedesse<br />

per il meglio” (Lorenz 1996, p.55)<br />

Come “care managers” devono conciliare gli <strong>in</strong>teressi dei clienti con i ristretti<br />

mezzi pubblici a disposizione.<br />

51


“Social Care” si raffigura come una categoria professionale che acquista<br />

sempre maggior importanza nell’ambito del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> e che è <strong>in</strong> parte<br />

strategicamente <strong>in</strong>trodotta dai datori di <strong>lavoro</strong>.” (Lorenz 2000, p.63)<br />

I conf<strong>in</strong>i con altri gruppi professionali si spostano ed è difficile stabilire a quale<br />

tradizione di competenze professionali specifiche vadano associati gli articolati<br />

compiti pubblici sul piano <strong>sociale</strong> (ad esempio i programmi di riabilitazione<br />

per disoccupati). Tali compiti vanno <strong>in</strong>tesi come parte del percorso di<br />

specializzazione <strong>degli</strong> operatori sociali o si tratta piuttosto di nuove professioni<br />

che si stanno evolvendo all’<strong>in</strong>terno dell’ambito tradizionale del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong><br />

Ne risulta che non solo è presente una concorrenza tra <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong>/pedagogia <strong>sociale</strong> e nuovi gruppi professionali, ma si sta del<strong>in</strong>eando<br />

una nuova concezione del rapporto esistente tra coloro che partecipano<br />

attivamente al dibattito sulla società civile <strong>in</strong> virtù <strong>della</strong> loro formazione<br />

professionale nel settore <strong>sociale</strong> e coloro che prendono parte al suddetto<br />

dibattito spontaneamente.<br />

"In Italia le leggi 141 e 241 del 1990 sui servizi sociali non statali ha messo a<br />

disposizione delle organizzazioni non statali un vasto spazio d’azione. Gli<br />

operatori sociali possono e devono decidere quale sia il servizio <strong>sociale</strong> più<br />

idoneo a cui far riferimento <strong>in</strong> determ<strong>in</strong>ati casi problematici . Essi devono<br />

conciliare le loro responsabilità professionali con le limitazioni dei mezzi che<br />

hanno a disposizione; <strong>in</strong> altre parole “devono farsi carico delle decisioni<br />

sociopolitiche” (Lorenz 1996, p.60)<br />

Concetti centrali<br />

Anche la ricerca di concetti centrali non conduce a molto. Certamente parlando<br />

di aiuti, emergono concetti come: emancipazione, normalità, devianza,<br />

solidarietà, partecipazione, autorizzazione ad agire, <strong>in</strong>tervento, tuttavia questi<br />

concetti derivano spesso da latri ambiti di riferimento di natura socioscientifica<br />

52


e devono essere adattati al campo sociopedagogico e subire qu<strong>in</strong>di una<br />

deformazione.<br />

Inoltre il significato di un concetto varia a seconda dei differenti contesti<br />

storici e/o culturali.<br />

L’uso di categorie sociopedagogiche fondamentali come aiuti o necessità di<br />

aiuto rifiuta il ricorso a modelli comuni di def<strong>in</strong>izione. Ad esempio quando una<br />

persona def<strong>in</strong>ita bisognosa d’aiuto, che non si trova nella situazione di poter<br />

soddisfare con le proprie forze una condizione che concerne se stessa o<br />

l’ambiente circostante e che è considerata da questa persona auspicabile e<br />

preziosa, allora essa chiede aiuto ad altri per essere guidata verso il<br />

raggiungimento dello scopo. Ciò presuppone la tutela culturale dell’<strong>in</strong>dividuo e<br />

l’attribuzione di legittimità alle sue esigenze d’aiuto, la tutela varia<br />

considerevolmente a seconda del contesto culturale; allo stesso modo variano i<br />

tipi di atteggiamento che possono essere assunti.<br />

Nell’articolo “Modi di assitenza <strong>in</strong> condizioni sociali che mutano”, apparso nel<br />

1973, Luhmann, <strong>in</strong> riferimento agli standard del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, sostiene che gli<br />

aiuti rappresent<strong>in</strong>o categorie di relazioni condizionate storicamente e che<br />

costituiscono una determ<strong>in</strong>ata tipologia di <strong>in</strong>terazione tra chi necessita aiuto e<br />

chi presta aiuto. Questa tipologia si presenta <strong>in</strong> modo differente a seconda <strong>della</strong><br />

formazione a cui appartiene.<br />

Luhmann sottol<strong>in</strong>ea che gli aiuti vengono def<strong>in</strong>iti e condotti <strong>in</strong> base alle<br />

mutevoli aspettative dei dest<strong>in</strong>atari; gli aiuti si realizzano se e solo se ci si<br />

aspetta di riceverli.” (cfr 1973, P.21) “Per questo motivo è necessaria<br />

l’esistenza di parametri culturali e accordi prelim<strong>in</strong>ari <strong>in</strong> base ai quali gli<br />

<strong>in</strong>teressati possono comunicare apertamente e anche scontrarsi” (ibid.)<br />

In altre parole gli aiuti sono caratterizzati da particolari regole di reciprocità,<br />

regole che sono assoggettate al cambiamento <strong>sociale</strong>. Per dare una def<strong>in</strong>izione,<br />

Luhmann dist<strong>in</strong>gue 3 tipi di società che si sono succeduti nell’arco dello<br />

sviluppo <strong>sociale</strong>:<br />

53


A)Società arcaica<br />

B)Società altamente acculturata<br />

C)Società moderna<br />

Tipico di A) è la scarsa complessità, la divisione del <strong>lavoro</strong> si basa sui ruoli<br />

sessuali e sull’età.<br />

Il tipo B) presenta già differenze di tipo funzionale, soprattutto un sistema<br />

particolare di ruoli per la religione e per la sfera politica.<br />

La società moderna si differenzia ampiamente dai due precedenti tipi per<br />

quanto riguarda l’ambito <strong>della</strong> politica, <strong>della</strong> scienza, <strong>della</strong> ricerca e<br />

“dell’<strong>in</strong>timità familiare”.<br />

“Essa sviluppa una molteplicità di possibilità dell’esperienza e dell’agire che<br />

non sono più traducibili o controllabili centralmente; genera una d<strong>in</strong>amica<br />

peculiare che anticipa il cambiamento <strong>sociale</strong> oltre ogni misura storicamente<br />

conosciuta” (a.a.O., P.24)<br />

Per quanto riguarda il modo d’agire, gli aiuti significano questo: “Ora come<br />

allora è possibile e sensato aiutare concretamente, quasi prendere un anziano<br />

tra le braccia e condurlo lungo la strada trafficata. Non c’è più il pathos<br />

dell’aiutare, lo si può fare o non fare <strong>in</strong> base agli scopi che si perseguono.”<br />

(a.a.O., P.37)<br />

I tipi di società di Luhmann sono descritti <strong>in</strong> maniera riduttiva. Innanzitutto<br />

con la denom<strong>in</strong>azione società moderne si parte dal 1500 circa ed è necessario<br />

<strong>in</strong>trodurre notevoli differenziazioni; <strong>in</strong>oltre ogni suddivisione <strong>in</strong> fasi diventa<br />

riduttiva nel momento <strong>in</strong> cui si cerca di etichettare i processi sociali di epoche<br />

decisive <strong>in</strong> maniera troppo statica. Per f<strong>in</strong>ire, un simile modo di procedere può<br />

essere talvolta sensato se si fonda su basi euristiche.<br />

Riguardo al contesto <strong>degli</strong> aiuti e del modo di <strong>in</strong>tendere gli aiuti, vale la pena<br />

di considerare lo sviluppo <strong>sociale</strong> del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>/pedagogia <strong>sociale</strong>, <strong>in</strong><br />

quanto il modo di comprendere gli aiuti varia a seconda <strong>della</strong> funzione <strong>sociale</strong><br />

54


e <strong>della</strong> concezione che il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ha di se stesso. In Italia e Germania il<br />

modo <strong>in</strong> cui lo sviluppo del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si è attuato lo dimostra chiaramente.<br />

Il contesto storico e <strong>sociale</strong> <strong>in</strong>fluenza chiaramente la nascita, l’organizzazione<br />

e le aspettative delle prestazioni d’aiuto; si formano così delle culture <strong>degli</strong><br />

aiuti.<br />

ESEMPIO 1<br />

Bauer (1998) ha condotto delle ricerche sui rapporti <strong>degli</strong> immigrati <strong>in</strong> Francia, Inghilterra,<br />

Germania e Olanda. Riassumendo, egli giunge alla conclusione che <strong>in</strong> <strong>Europa</strong> si sono<br />

costituite a partire dal Medioevo diverse tradizioni di aiuti:<br />

A) Tradizione cristiana confessionale<br />

cattolica<br />

protestante<br />

B) Tradizione illum<strong>in</strong>istica laica<br />

3) Inghilterra: liberale<br />

Francia: laica-borghese-statale<br />

Germania (Prussia): assolutista illum<strong>in</strong>ista<br />

C) Tradizioni all’<strong>in</strong>terno del contesto del movimento <strong>sociale</strong><br />

movimento dei lavoratori: socialista<br />

movimento giovanile: alternativo, di riforme pedagogiche<br />

movimento delle donne: femm<strong>in</strong>ista<br />

movimento nazional-fascista: razzista<br />

Queste tradizioni di aiuti sono differenti ed hanno <strong>in</strong>fluenzato f<strong>in</strong>o ad oggi la concezione che<br />

gli specialisti hanno <strong>della</strong> struttura dei servizi sociali e delle funzioni del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>.<br />

Bauer dist<strong>in</strong>gue 4 diversi direzioni fondamentali. Sia che gli aiuti siano rivolti al s<strong>in</strong>golo a a<br />

gruppi, essi mirano all’<strong>in</strong>clusione o all’esclusione dalla società di coloro che usufruiscono<br />

<strong>degli</strong> stessi aiuti.<br />

55


L’esempio del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> con gli immigrati <strong>in</strong> Germania, Francia ed Inghilterra mostra<br />

come le tradizioni <strong>degli</strong> aiuti si siano susseguite f<strong>in</strong>o ad oggi. I rapporti con gli immigrati<br />

provano che nei suddetti paesi si può fondamentalmente dist<strong>in</strong>guere tra relazioni che mirano<br />

o all’esclusione o all’<strong>in</strong>clusione di questi ultimi e tra offerte d’aiuto <strong>in</strong>dividuali o collettive.<br />

“La cultura tedesca <strong>degli</strong> aiuti unisce nei pr<strong>in</strong>cipi del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> rivolto agli immigrati<br />

l’impostazione <strong>in</strong>dividualizzata e lo scopo dell’esclusione.” (P.11) In questo concezione,<br />

che deriva dall’asssolutismo illum<strong>in</strong>ato, racchiude concetti come quello di paternalismo: gli<br />

stranieri vengono classificati come oggetti d’assistenza <strong>in</strong> quanto bisognosi d’aiuto e<br />

m<strong>in</strong>orenni. Gli immigrati vengono presi per mano. In Francia al contrario, come spiega<br />

Bauer, i portavoce delle comunità etniche compaiono di fronte allo stato, <strong>in</strong> quanto<br />

riconosciuti come rappresentanti dei loro connazionali e correligionari; ossia le<br />

organizzazioni <strong>degli</strong> immigrati hanno un peso politico e una funzione pubblica attraverso i<br />

loro rappresentanti.<br />

Le moderne società si contraddist<strong>in</strong>guono per il fatto che le prestazioni d’aiuto non sono<br />

spontanee, ma organizzate e chi presta aiuto, chi stabilisce che una data circostanza è<br />

problematica e dunque necessita una risoluzione e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e chi organizza gli aiuti varia da<br />

paese a paese. Le diverse associazioni che si occupano di prestazioni di aiuti e di sistemi di<br />

sicurezza ed <strong>in</strong>tervento <strong>sociale</strong>, se vogliono portare avanti con successo collaborazioni,<br />

progetti e programmi <strong>in</strong>ternazionali, devono essere conosciute.<br />

ESEMPIO 2<br />

“Nella dichiarazione n°23 <strong>in</strong> appendice al trattato di Maastricht si fa riferimento al peculiare<br />

significato delle organizzazioni di assistenza. La conferenza sottol<strong>in</strong>ea che per raggiungere<br />

determ<strong>in</strong>ati scopi è assolutamente necessaria una collaborazione <strong>della</strong> Comunità Europea e<br />

delle associazioni e fondazioni che si occupano di assistenza, <strong>in</strong> quanto promotrici di<br />

provvedimenti e servizi.” (Si veda Art. n°117 del trattato riguardante la creazione <strong>della</strong><br />

Comunità Europea)<br />

Seibel scrive a proposito di ciò: “se si comparano le versioni <strong>in</strong> francese e <strong>in</strong> <strong>in</strong>glese <strong>della</strong><br />

dichiarazione contenuta nell’articolo n°117 del trattato, si notano le seguenti differenze:<br />

mentre <strong>in</strong> Germania si considerano quasi esclusivamente le pr<strong>in</strong>cipali associazioni di<br />

assistenza, <strong>in</strong> Gran Bretagna con il term<strong>in</strong>e charitable associations (organizzazione a scopi<br />

benefici) si <strong>in</strong>tendono al contrario 442 organizzazioni diverse e attive <strong>in</strong> 18 differenti settori,<br />

che sono riunite all’<strong>in</strong>terno di un’associazione dirigente (National Council of Voluntary<br />

Organisations/NCVO). In Francia circa 9500 associazioni appartengono alla cosiddetta<br />

Association de Solidarieté (associazioni di mutuo impegno e senso comune), le quali sono<br />

56


attive <strong>in</strong> campo <strong>sociale</strong> e riunite <strong>in</strong> associazioni dirigenti; ogni associazione dirigente conta<br />

22 associazioni regionali.” (Seibel 1998, p.141 e seguenti)<br />

E’ palese che una simile situazione conduca alla nascita di problemi, <strong>in</strong>comprensioni e false<br />

<strong>in</strong>terpretazioni.<br />

6.Considerazioni conclusive<br />

Il processo di nascita e sviluppo <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> deve<br />

sempre essere considerato <strong>in</strong> un contesto più ampio che comprende lo sviluppo<br />

<strong>sociale</strong>, <strong>in</strong>terdiscipl<strong>in</strong>are e socioscientifico. Sembra si possano dist<strong>in</strong>guere fasi<br />

di sviluppo(es. Rauschenbach 1991:Dal volotariato dal professione,<br />

specializzazione, accademizzazione, professionalizzazione. Si veda quanto<br />

detto precedentemente). Questi aspetti sono tuttavia chiaramente diversi a<br />

seconda dei paesi e <strong>degli</strong> ambiti di <strong>lavoro</strong>.<br />

Il <strong>lavoro</strong> con i giovani ad esempio è dom<strong>in</strong>ato pr<strong>in</strong>cipalmente da personale che<br />

non ha ricevuto una formazione pert<strong>in</strong>ente. L’orientamento verso modelli di<br />

professionalizzazione sembra essere più una faccenda che riguarda scienziati<br />

che un tema di <strong>in</strong>teresse <strong>degli</strong> esperti del settore.<br />

Tutto ciò <strong>in</strong>troduce un ulteriore problema, ossia per poter misurare il terreno<br />

sociopedagogico è importante dist<strong>in</strong>guere tra professione e discipl<strong>in</strong>a. (Cfr.<br />

Scherr 1996) "Le discipl<strong>in</strong>e possono essere def<strong>in</strong>ite come un sapere scientifico<br />

che viene trasmesso con l’<strong>in</strong>segnamento; le professioni <strong>in</strong>vece sono un sistema<br />

di argomenti basato sulla scienza.” E’ la struttura delle esigenze del mercato<br />

del <strong>lavoro</strong> che def<strong>in</strong>isce le professioni e non un ord<strong>in</strong>amento discipl<strong>in</strong>are del<br />

sapere scientifico. Mentre per alcuni gruppi professionali (es. gli <strong>in</strong>segnanti) è<br />

chiaro cosa possono e debbano sapere, per i pedagoghi sociali ciò è <strong>in</strong>vece<br />

confuso e discusso.<br />

Nella determ<strong>in</strong>azione <strong>della</strong> posizione <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong>/assistenza <strong>sociale</strong> che è stata f<strong>in</strong>o ad ora presentata, si deve constatare<br />

che si tratta fondamentalmente di euforiche autoaffermazioni del <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong>. Esse derivano da un discorso socioscientifico che tenta di dare forma<br />

57


scientifica alla pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> per assicurarle un posto nella<br />

compag<strong>in</strong>e delle scienze; la politica e la prassi però prendono spesso distanza<br />

da questo atteggiamento e vanno per la loro strada.<br />

In occasione del ventesimo anniversario <strong>della</strong> fondazione <strong>della</strong> rivista<br />

specialistica Neue Praxis, è apparso un volume particolare che contiene un<br />

contributo di W. H<strong>in</strong>te e W. Spr<strong>in</strong>ger (1992) dal titolo Sulla mancanza di<br />

conseguenze <strong>della</strong> scienza critica del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, dove si legge:<br />

“considerando le situazioni problematiche che vanno acutizzandosi e la<br />

crescente burocratizzazione nelle istituzioni, non è solo uno sguardo analitico<br />

che aiuta i professionisti, bensì capacità, coraggio, stabilità, facoltà strategiche<br />

e capacità di stabilire contatti. Tutto ciò si apprende leggendo un buon libro<br />

solo parzialmente e nemmeno un’ulteriore formazione riguardante un certo<br />

tipo di terapia è una valida alternativa.” (p.114) Questa affermazione non va<br />

considerata, almeno così ritengo, come un’arr<strong>in</strong>ga a favore di una pedagogia<br />

<strong>sociale</strong> spensierata; bensì come un <strong>in</strong>vito ad accertarsi del reale raggio<br />

d’azione <strong>della</strong> prassi sociopedagogica, cosa che è solo possibile attraverso la<br />

riflessione. La perfetta r<strong>in</strong>uncia alla critica, alle controprogettazioni, alle utopie<br />

priverebbe la pedagogia <strong>sociale</strong> del suo carattere <strong>sociale</strong> e orientato allo<br />

sviluppo dell’umanità e il suo ruolo diventerebbe riduttivamente quello di<br />

contribuire all’attuazione di una politica <strong>sociale</strong> sempre più repressiva. Questa<br />

è una tendenza che si ripropone attraverso l’<strong>Europa</strong>.<br />

Critica non è, come disse M. Horkheimer, una cosa da criticoni; bensì un<br />

confronto tra la società e le sue migliori possibilità. In scala <strong>in</strong>ternazionale ciò<br />

significa rielaborare una def<strong>in</strong>izione reale del contesto <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong><br />

che esam<strong>in</strong>i sue funzioni nella società <strong>in</strong>dustriale <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uo progresso. Si<br />

tratta di mettere spazi e servizi sociali a disposizione di bamb<strong>in</strong>i, giovani,<br />

adulti e anziani e <strong>della</strong> loro esistenza all’<strong>in</strong>terno di grandi sistemi di istituzioni<br />

(famiglia, scuola, mondo del <strong>lavoro</strong> retribuito, spazi socioecologoci); tali spazi<br />

e servizi devono loro permettere di condurre una vita normale e garantire loro<br />

l’<strong>in</strong>tegrazione, <strong>in</strong>tesa come <strong>in</strong>clusione nel sistema delle istituzioni e del mondo<br />

58


<strong>sociale</strong>. Con questi <strong>in</strong>teressi volti alla normalità (es all’<strong>in</strong>tegrazione)<br />

contrastano e si fondono <strong>in</strong>teressi <strong>della</strong> società e <strong>degli</strong> <strong>in</strong>dividui.<br />

Lo scopo dell’<strong>in</strong>tegrazione non è compatibile con il discorso programmatico,<br />

derivante dal dibattito scientifico riguardante l’autorizzazione ad agire e la<br />

partecipazione: cosa hanno mostrato la teoria e la pratica<br />

dell’educazione/pedagogia <strong>in</strong>terculturale Dove e a che cosa deve essere<br />

<strong>in</strong>tegrato Chi def<strong>in</strong>isce l’<strong>in</strong>tegrazione Chi contribuisce a questo processo di<br />

<strong>in</strong>tegrazione Chi <strong>in</strong>vece lo ostacola Qui riemergono le domande sul potere di<br />

cui S. Staub Bernasconi ha parlato.<br />

La pedagogia <strong>sociale</strong> /il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> come supporto <strong>della</strong> realizzazione <strong>della</strong><br />

vita e istanza dell’analisi di problemi sociali è legata <strong>in</strong> maniera molteplice ai<br />

processi <strong>in</strong>ternazionali di socializzazione che sono <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uo divenire. Infatti<br />

il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> è un’istanza che ha molto a che fare con coloro che sono<br />

sconfitti dai processi di modernizzazione. Il settore <strong>sociale</strong> (Filtz<strong>in</strong>ger 1995<br />

P.108) deve diventare consapevole che <strong>in</strong> virtù dei processi di trasformazione<br />

(migrazioni, europeizzazione, <strong>in</strong>ternazionalizzazione) sarà sempre più<br />

caratterizzato da un <strong>in</strong>treccio di cambiamenti <strong>in</strong>terdipendenti e che questi<br />

processi di cambiamento <strong>in</strong>fluiranno sull’ambito <strong>della</strong> formazione,<br />

dell’educazione, del <strong>lavoro</strong>, <strong>della</strong> produzione e del mercato. L’apertura<br />

<strong>in</strong>tercultirale diverrà un postulato <strong>in</strong>evitabile di tutte le istituzioni sociali di<br />

rilievo.<br />

Ciononostante si deve considerare che il <strong>sociale</strong> come elemento di un processo<br />

di socializzazione <strong>in</strong>ternazionale <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uo sviluppo è ancora poco tangibile.<br />

Da un lato sperimentiamo l’<strong>in</strong>dividualizzazione, dall’altro lato so <strong>in</strong>s<strong>in</strong>ua la<br />

globalizzazione delle relazioni…..”f<strong>in</strong>o ad oggi non esiste una concezione<br />

unitaria di come debba apparire la dimensione <strong>sociale</strong> dell’<strong>Europa</strong>…” (Becker<br />

1996, p.10)<br />

In altri contesti spicca il carattere particolare <strong>della</strong> politica <strong>sociale</strong><br />

europea…..”con il concetto di politica <strong>sociale</strong> dell’Unione Europea si <strong>in</strong>tende<br />

pr<strong>in</strong>cipalmente la politica dei lavoratori; ossia al di fuori di ciò che ha a che<br />

59


vedere con l’attività professionale, l’Unione è piuttosto limitatamente<br />

competente” (p.11) Ma la pedagogia <strong>sociale</strong> /il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> non può<br />

arrestarsi. “La nuova <strong>Europa</strong> è f<strong>in</strong>o ad oggi soprattutto un’unione dei<br />

rappresentanti del sistema di produzione e scambio tra organizzazioni ed è<br />

caratterizzata da funzioni di impresa senza consultazione e partecipazione dei<br />

rappresentanti delle stesse imprese che collaborano…..<strong>in</strong> questo caso ciò che<br />

emerge è l’umanizzazione del capitale piuttosto che il capitale umano.” (Staub<br />

Bernasconi 1990 p: 141/48)<br />

Gli esempi mostrano che il <strong>sociale</strong> non viene come valore decisivo del futuro<br />

processo di socializzazione <strong>in</strong> <strong>Europa</strong> da parte di coloro che hanno facoltà e<br />

potere di prendere decisioni. Se ne parla poco nella dichiarazione e di<br />

conseguenza non viene reputato importante, un po’ come avviene con le leggi<br />

dei mass media, cioè non viene trasmesso ciò che non è importante. Tuttavia<br />

dobbiamo <strong>in</strong>dagare sulla tradizione <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> <strong>Europa</strong> e<br />

svilupparla ulteriormente. Belardi sottol<strong>in</strong>ea che la pedagogia <strong>sociale</strong> è sempre<br />

più orientata <strong>in</strong>ternazionalmente, basta pensare alla pedagogia scolastica: “il<br />

rapporto <strong>in</strong>ternazionale è <strong>in</strong>iziato subito dopo il passaggio da un secolo<br />

all’altro attraverso il trasferimento dei metodi del casework e supervision. Più<br />

tardi si aggiunsero anche le teorie socioscientifiche. L’<strong>in</strong>ternazionalità si<br />

manifesta attraverso il confronto su risoluzioni di situazioni problematiche (es.<br />

immigrati, m<strong>in</strong>oranze, unione Europea) e l’<strong>in</strong>troduzione di nuove competenze”<br />

(p.146)<br />

Ancora prima Sander stabilisce che il confronto e la cooperazione<br />

<strong>in</strong>ternazionale non sono fenomeni nuovi, bensì nati quasi <strong>in</strong> contemporanea<br />

con lo stesso <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> moderno: “non è un caso che con la nascita,<br />

avvenuta circa 150 anni fa, delle condizioni di dom<strong>in</strong>io, <strong>lavoro</strong> e vita tipiche<br />

del capitalismo siano sia sorti <strong>in</strong> concomitanza anche nuovi problemi sociali di<br />

carattere <strong>in</strong>ternazionale negli stati <strong>in</strong>dustrializzati; l’analisi e la risoluzione di<br />

tali problemi ha evidenziato l’esistenza di un contesto <strong>in</strong>ternazionale.” (P.96)<br />

60


Si può giungere alla seguente conclusione: l’<strong>in</strong>ternazionalità ha una tradizione<br />

nella pedagogia <strong>sociale</strong> che non è però consolidata. I confronti risultano<br />

difficili a causa <strong>della</strong> molteplicità di forme attraverso cui il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si<br />

manifesta e non danno grossi contributi ai lavori <strong>degli</strong> esperti. Gli “addetti ai<br />

lavori” sono comunque coscienti che l’attuale necessità di questa dimensione<br />

dimenticata/trascurata del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>/ pedagogia <strong>sociale</strong> sia ancora troppo<br />

esigua, sebbene l’<strong>in</strong>terculturalità, <strong>in</strong>tesa come punto di <strong>in</strong>contro e dibattito su<br />

progetti che riguardano la vita e la realizzazione di tali progetti, contribuisca a<br />

del<strong>in</strong>eare il profilo del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> società.<br />

Non è necessario costruire la pedagogia <strong>sociale</strong> <strong>in</strong>ternazionale, si deve<br />

piuttosto esam<strong>in</strong>are attentamente l’<strong>in</strong>terculturalità che è stata sempre un<br />

elemento centrale <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong> e adeguarla a nuove esigenze<br />

61


7.Bibliographia<br />

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