02.01.2015 Views

Pedagogia e lavoro sociale in Europa - Università degli Studi della ...

Pedagogia e lavoro sociale in Europa - Università degli Studi della ...

Pedagogia e lavoro sociale in Europa - Università degli Studi della ...

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Prof.Dr. Günter J.Friesenhahn<br />

Fachhochschule Koblenz/University of Applied Sciences<br />

European Community Education <strong>Studi</strong>es<br />

F<strong>in</strong>kenherd 4<br />

D-56075 Koblenz<br />

Tel 0261 9528-232<br />

Email friesenh@fh-koblenz.de<br />

Corso: <strong>Pedagogia</strong> <strong>sociale</strong>/Lavoro <strong>sociale</strong> europea/o<br />

Universitá <strong>degli</strong> <strong>Studi</strong> San Mar<strong>in</strong>o<br />

Dipartimento <strong>della</strong> Formazione<br />

Master per operatori nel campo<br />

<strong>della</strong> prevenzione e <strong>della</strong> riduzione<br />

del disagio del scolastico ed extrascolastico<br />

2001<br />

1


Indice<br />

A.Prima parte<br />

<strong>Pedagogia</strong> e lovoro <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> <strong>Europa</strong><br />

1. Introduzione:Di cosa si tratta<br />

2. Sguardo retrospettivo. Cosa c’è stato prima<br />

3. Def<strong>in</strong>izioni e confronto: un terreno <strong>in</strong>ternazionale oscuro.<br />

4. Nove tendenze sul mercato editoriale:libri e riviste<br />

5. La complessità <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong><br />

6. Considerazioni conclusive<br />

7. Bibliografia<br />

B.Seconda parte<br />

Lavoro con bamb<strong>in</strong>i e giovani <strong>in</strong> <strong>Europa</strong><br />

1.Indroduzione<br />

2.Bamb<strong>in</strong>i e preadolescenti(kids), giovani e giovani adulti<br />

3.Atteggiamento die giovani nel contesto europeo<br />

4.Concetti e metodi delle attività a favore die giovani<br />

5. Competenze per gli operatori sociali<br />

6.Considerazioni conclusive<br />

7.Bibliografia<br />

2


A.Prima parte<br />

<strong>Pedagogia</strong> e lovoro <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> <strong>Europa</strong><br />

1.Introduzione:Di cosa si tratta<br />

Si tratta di rappresentare qui di seguito la pedagogia <strong>sociale</strong>/il lovoro <strong>sociale</strong><br />

come scienza e professione, come teoria e prassi <strong>in</strong> alcuni tratti caratteristici<br />

fondamentali. In questo contesto ci occuperemo di tendenze sociali attuali, di<br />

nuovi sviluppi all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> scienza <strong>sociale</strong>.<br />

Appare chiaro che una chiara determ<strong>in</strong>azione <strong>della</strong> posizione <strong>della</strong> pedagogia<br />

<strong>sociale</strong> è difficilmente possibile a causa <strong>della</strong> sua complessità all’<strong>in</strong>terno di una<br />

società pluralista.<br />

Tale complessità, che sussiste <strong>in</strong> ogni società moderna, aumenta quando entra<br />

<strong>in</strong> gioco l’<strong>in</strong>ternazionalità. E’ comunque sensato fare chiarezza sulla<br />

condizione e sullo sviluppo <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong> e discutere sul suo attuale<br />

campo d’azione, sulle sue attuali sfide e possibilità; <strong>in</strong> breve: fare affermazioni<br />

plausibili sulle sue capacità e i suoi doveri, considerando il presente e il futuro.<br />

In ciò rientra anche la risposta alla domanda se la pedagogia <strong>sociale</strong>, <strong>in</strong><br />

considerazione dei processi di socializzazione (con riferimento alla<br />

pluralizzazione, <strong>in</strong>dividualizzazione, globalizzazione) non debba mutarsi nella<br />

direzione <strong>della</strong> crescente <strong>in</strong>ternazionalizzazione e <strong>in</strong>terculturalità.<br />

Se le cose stanno così, la pedagogia <strong>sociale</strong> dovrà cambiare globalmente.<br />

Internazionalità e <strong>in</strong>terculturalità sono state considerate f<strong>in</strong>o ad ora piuttosto<br />

come aspetti marg<strong>in</strong>ali <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong>. Si tende tuttavia a riconosce<br />

che i problemi e le sfide, alle quali la pedagogia <strong>sociale</strong> reagisce, hanno<br />

“<strong>in</strong>franto” da tempo il contesto nazionale.<br />

I movimenti migratori e l’<strong>in</strong>trecciarsi di rapporti aziendali e commerciali<br />

<strong>in</strong>ternazionali e di conseguenze sociali, <strong>in</strong> particolar modo il processo di<br />

<strong>in</strong>tegrazione europea, non passano accanto alla prassi <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong><br />

senza lasciare traccia. Inoltre si deve tener conto anche del fatto che il processo<br />

di <strong>in</strong>tegrazione europea conduce i paesi verso l’adozione di radicali forme di


isparmio. Strumenti di analisi di questi processi e di nuovi modelli di<br />

comportamento <strong>in</strong>ternazionali devono <strong>in</strong> ogni caso essere sviluppati su un<br />

piano formale ed <strong>in</strong>formale, Si tratta <strong>in</strong>fatti di una questione faticosa e al<br />

contempo non trascurabile <strong>in</strong> virtù del fatto che problemi e compiti irrisolti<br />

“fanno capol<strong>in</strong>o sull’uscio di casa”.<br />

Poco aiuta l’affermazione che la dimensione <strong>in</strong>ternazionale <strong>della</strong> pedagogia<br />

<strong>sociale</strong> sia stata considerata un elemento costitutivo <strong>della</strong> professione s<strong>in</strong> dalle<br />

sue orig<strong>in</strong>i. Esiste l’ipotesi che questa unione <strong>in</strong>ternazionale abbia avuto<br />

ripercussioni f<strong>in</strong>o ad oggi.<br />

Il collega americano Hokenstad (1992) focalizza la sua analisi dell’assistenza<br />

<strong>sociale</strong> nel contesto <strong>in</strong>ternazionale su tre punti:<br />

le comunanze (compiti, metodi, atteggiamenti etici fondamentali)<br />

le differenze (sistemi di formazione e immag<strong>in</strong>e professionale)<br />

le sfide (il formarsi <strong>della</strong> giustizia <strong>sociale</strong>)<br />

Si può aggiungere un altro punto:<br />

il discorso academico<br />

Esam<strong>in</strong>ando tutto questo <strong>in</strong> un contesto più ampio, dobbiamo considerare<br />

anche gli aspetti e le forze che agiscono sulla pedagogia <strong>sociale</strong>. Accanto a<br />

tutte le peculiarità nazionali e regionali, sembra esserci anche una comunanza<br />

trasnazionale. Walter Lopez dell’<strong>Università</strong> di Cork <strong>in</strong> Irlanda riassume <strong>in</strong><br />

occasione di una conferenza <strong>in</strong>ternazionale ad Anversa / Belgio (1999): “tutte<br />

le professioni nell’ambito del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> sono <strong>in</strong>fluenzate dai cambiamenti<br />

<strong>della</strong> politica <strong>sociale</strong>, non sono e non possono <strong>in</strong> alcun modo essere <strong>in</strong> nessuno<br />

dei loro campi <strong>in</strong>iziative private, che hanno solo a che fare con transazioni<br />

private tra persone…Da un lato lo stato è universalmente preoccupato di<br />

ridurre le spese dest<strong>in</strong>ate a questioni sociali, una tendenza politica che è<br />

normalmente attribuita agli effetti <strong>della</strong> globalizzazione dell’economia e alla<br />

necessità di mantenere competitive le prospettive d’impiego. Dall’altro lato la<br />

4


politica <strong>sociale</strong> resta per lo stato una fonte preziosa di legittimità politica. Lo<br />

stato necessità di essere visto come uno stato che si preoccupa".<br />

Con questa osservazione Lorenz coglie l’attuale def<strong>in</strong>izione <strong>della</strong> posizione<br />

<strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>. Adrian Adams, Gran Bretagna,<br />

constata un paradosso <strong>della</strong> moderna assistenza <strong>sociale</strong>: “il paradosso del<br />

modern <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> è il seguente: la sua funzione è quella di assicurare che<br />

tutti gli <strong>in</strong>dividui siano <strong>in</strong>tegrati all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> società, ma <strong>in</strong> seguito allo<br />

sviluppo dell’economia globale, è chiaramente sempre meno capace di<br />

raggiungere questo scopo. Progressivamente i politici non presuppongono più<br />

che la totale <strong>in</strong>clusione <strong>degli</strong> <strong>in</strong>dividui all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> società sia possibile;<br />

ritengono <strong>in</strong>vece che siano gli stessi cittad<strong>in</strong>i, piuttosto che lo stato, a diventare<br />

responsabili del raggiungimento dell’<strong>in</strong>tegrazione <strong>sociale</strong>.” (2000, p.1)<br />

Successivamente faremo luce <strong>in</strong> maniera più approfondita sul rapporto tra<br />

diversi piani (trasnazionale, nazionale, regionale e comunale) <strong>della</strong> politica e<br />

dei servizi sociali.<br />

Il compito e lo scopo <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> è sempre più<br />

difficile da def<strong>in</strong>ire, molteplici sono i concetti e i gruppi d’<strong>in</strong>dirizzo.<br />

La pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si occupa di analisi sociali <strong>in</strong> tutti i<br />

paesi, sviluppa concetti, si <strong>in</strong>terroga sulle possibilità <strong>in</strong>dividuali, su quali sono i<br />

limite socio culturali e culturali <strong>della</strong> collaborazione o dei processi<br />

d’apprendimento. In breve, si <strong>in</strong>terroga sull’uguaglianza, sulla disuguaglianza,<br />

sulla differenza.<br />

Pone domande su norme e regole, modelli culturali <strong>in</strong>terpretativi, sanzioni;<br />

vuole sapere chi e perché entra nel godimento di diritti e privilegi e chi <strong>in</strong>vece<br />

ne è escluso.<br />

Lo scopo di questa analisi é quello di creare una maggiore giustizia <strong>sociale</strong> e<br />

una compensazione alle <strong>in</strong>giustizie esistenti.<br />

Essa si preoccupa anche di raffigurare processi di sviluppo e di apprendimento.<br />

Tutto ciò riguarda quello che <strong>in</strong> Germania si <strong>in</strong>tende tradizionalmente con il<br />

term<strong>in</strong>e “ pedagogia <strong>sociale</strong>”.<br />

5


Complessivamente la pedagogia <strong>sociale</strong>/<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> vuole cambiare. “In<br />

tutti i paesi gli educatori specializzati vedono se stessi come agenti di<br />

cambiamenti sociali e di riforme istituzionali" (Hokenstad 1992, p.182)<br />

Secondo Lyons(1999, p.6) il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ha le funzione : Care , social<br />

change and control.<br />

Per capire la situazione attuale e il carattere molteplice <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong><br />

<strong>in</strong> <strong>Europa</strong>, bisogna considerare la politica <strong>sociale</strong>, le strutture istituzionali e i<br />

modelli organizzativi del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> come elementi complementari. Ciò<br />

chiarisce anche l’attuale varietà dell’orientamento professionale e dei campi<br />

d’azione dello specialista nel campo dell’assistenza <strong>sociale</strong>. “…..nonostante<br />

rimangano significanti differenze tra i sistemi di assistenza <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>,<br />

tali diversità esistenti scaturiscono da risposte diverse a problemi di carattere<br />

<strong>sociale</strong> <strong>in</strong> paesi diversi." (Adams, Erath, Shardlow 2000, prefazione)<br />

Nonostante questa concordanza che viene postulata, si deve tuttavia porre<br />

attenzione al fatto che uno sviluppo nazionale, con diversa velocità e<br />

orientamento del contenuto, si é fatto comunque strada.<br />

E’ dunque grande il tentativo di creare e def<strong>in</strong>ire term<strong>in</strong>i di paragone; anche se<br />

ciò non conduce molto avanti e si arriva <strong>in</strong>evitabilmente ad una valutazione di<br />

concetti e di modelli pratici.<br />

Nonostante ciò, io propongo di tenere <strong>in</strong> considerazione nelle argomentazioni<br />

che seguiranno le quattro categorie proposte dal pedagogista tedesco Thomas<br />

Rauschenbach (1991) per descrivere lo sviluppo <strong>della</strong> professione di operatori<br />

sociali. Rauschenbach parla <strong>in</strong> riferimento alla Germania, tuttavia credo che<br />

ciò possa essere esteso ad altri paesi <strong>in</strong> virtù di una cont<strong>in</strong>uità di tendenza.<br />

Dal volontariato al professione<br />

Specializzazione<br />

Accademizzazione<br />

Profesionalizzazione<br />

6


Per “Dal volotariato al profesione ” egli <strong>in</strong>tende l’aumento di operatori nel<br />

settore <strong>della</strong> <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> che ricevono compensi per le loro prestazioni.<br />

Il term<strong>in</strong>e “specializzazione” si riferisce all’aumento <strong>della</strong> percentuale di<br />

persone, con una formazione di stampo socio pedagogico, che lavora <strong>in</strong> questo<br />

campo.<br />

“Accademizzazione” significa che il personale che lavora nel campo <strong>della</strong><br />

<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ha una formazione che segue gli standard scientifici<br />

dell’istruzione terziaria.<br />

“Profesionalizzazione” <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e riguarda il processo secondo il quale gli<br />

operatori <strong>sociale</strong> sono ritenuti <strong>in</strong> grado di fornire prestazioni professionali<br />

(come lo sono i giuristi, i medici, i sociologhi e gli spicologi).<br />

Si tratta di un campo professionale ben delimitato (e ciò diventa sempre più<br />

difficile, vedi Lorenz 1999) e di scopi politico governativi.<br />

In altre parole, la domanda è: che cosa sanno, possono e debbano fare gli<br />

operatori sociali per far fronte ad una prassi pedagogica che si sviluppa <strong>in</strong> un<br />

mondo <strong>in</strong>dipendente e <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>ua evoluzione<br />

2. Sguardo retrospettivo. Cosa c’è stato prima<br />

“Il mondo è divenuto piccolo. Le conquiste <strong>della</strong> tecnica sono progredite. Le<br />

persone e i beni sono diventati flessibili, problemi di carattere <strong>in</strong>ternazionale<br />

sono sorti, problemi che prima erano sconosciuti al nostro modo di procedere<br />

<strong>in</strong> un ristretto spazio vitale.” (A. Salomon). Questa è una citazione del 1930<br />

che sottol<strong>in</strong>ea l’<strong>in</strong>izio di preoccupazioni <strong>in</strong>ternazionali nell’ambito<br />

dell’assistenza <strong>sociale</strong>. Già nel 1853 si tenne a Brüssel un congresso<br />

<strong>in</strong>ternazionale sul tema dell’assistenza ai poveri e <strong>della</strong> beneficenza, poi<br />

cont<strong>in</strong>uò a Londra (1863), Parigi (1889), Chicago (1893), Genf (1896), Parigi,<br />

Milano e Kopenhagen (1910) (vedi Friesenhahn1992)<br />

7


Walter Lorenz scrive <strong>in</strong> un articolo dal titolo “<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> <strong>in</strong>ternazionale”:<br />

“l’<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> è nata nell’ultimo secolo con lo sviluppo dell’epoca moderna,<br />

che è stata caratterizzata da nuovi fondamentali presupposti politici e sociali<br />

per la legittimazione e la consolidalizzazione di stati di orientamento<br />

democratico. Il compito dell’assistenza <strong>sociale</strong>, sia sul piano statale che<br />

attraverso organizzazioni di solidarietà, era quello di assicurare l’<strong>in</strong>tegrazione<br />

<strong>sociale</strong> f<strong>in</strong>o ai più bassi gradi <strong>della</strong> scala <strong>sociale</strong>.”<br />

Questo orientamento patriota, che divenne portante negli ultimi decenni del<br />

XIX sec., era <strong>in</strong> rapporti di tensione con contatti e collaborazioni<br />

<strong>in</strong>ternazionali, sebbene presso le organizzazioni di stampo borghese (ad es. il<br />

movimento femm<strong>in</strong>ista borghese) era possibile del<strong>in</strong>eare orig<strong>in</strong>ariamente un<br />

chiaro <strong>in</strong>treccio <strong>in</strong>ternazionale per tre motivi fondamentali.<br />

In primo luogo questi movimenti fecero apertamente riferimento ad istituzioni<br />

che si erano costituite nell’epoca premoderna <strong>in</strong> tutti i paesi, come la chiesa ed<br />

i movimenti umanistici. Inoltre l’orientamento di secolarizzazione <strong>della</strong> chiesa<br />

nel XIX sec. fu promotore di molteplici <strong>in</strong>iziative sociali che poterono essere<br />

facilmente emulate nei diversi paesi attraverso la divulgazione dei pr<strong>in</strong>cipali<br />

fondamenti delle <strong>in</strong>iziative missionarie; oppure tali <strong>in</strong>iziative sociali furono<br />

direttamente esportate attraverso l’attività <strong>degli</strong> ord<strong>in</strong>i religiosi nelle colonie e<br />

nei paesi europei (ad es. furono fondati ord<strong>in</strong>i religiosi <strong>in</strong> Francia e Belgio che<br />

condussero alla creazione di scuole, ospizi, missioni <strong>in</strong> Irlanda o Spagna, ).<br />

In secondo luogo l’<strong>in</strong>dustrializzazione e la diffusione delle condizioni<br />

capitalistiche di mercato portarono problemi sociali che rispecchiavano<br />

direttamente tali evoluzioni <strong>della</strong> società.<br />

Inf<strong>in</strong>e gli stessi nuovi movimenti sociali del XIX sec. avevano tuttavia una<br />

d<strong>in</strong>amica <strong>in</strong>ternazionale che era <strong>in</strong> rapporto di conflittualità con le loro stesse<br />

concretizzazioni (o trasformazioni) di orientamento nazionale.<br />

Il movimento femm<strong>in</strong>ista, il movimento dei lavoratori, il movimento pacifista<br />

e più tardi quello giovanile, che fece propri i temi del Romanticismo, avevano<br />

soprattutto un orientamento <strong>in</strong>ternazionale.<br />

8


Questi movimenti, <strong>in</strong> tutta la loro contraddittorietà, furono direttamente ed<br />

<strong>in</strong>direttamente importanti per lo sviluppo dell’assistenza <strong>sociale</strong>. L’emergenza<br />

<strong>sociale</strong> e le sue orig<strong>in</strong>i non si lasciarono racchiudere entro i conf<strong>in</strong>i nazionali,<br />

anche se le lotte da parte <strong>della</strong> borghesia furono essenzialmente dirette a<br />

provvedimenti nazionali <strong>in</strong> difesa dell’Internazionale Socialista e miravano al<br />

riconoscimento dell’utilità <strong>della</strong> legittimazione politica e dell’<strong>in</strong>tegrazione dei<br />

servizi sociali.<br />

La seconda metà del XIX sec. <strong>in</strong>iziò all’<strong>in</strong>segna di numerosi congressi<br />

<strong>in</strong>ternazionali sul tema <strong>della</strong> beneficenza, igiene, riforme sociali e spesso<br />

fecero seguito a esposizioni mondiali.<br />

Lo scambio di esperienze e la raccolta di studi empirici erano ormai centrali,<br />

una comprensione scientifica dei problemi sociali si sviluppò senza giungere<br />

ad un modello unitario d’<strong>in</strong>tervento .<br />

All’<strong>in</strong>terno di questo sviluppo <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> dovette da un lato darsi un<br />

significato nazionale, dall’altro lato <strong>in</strong>vece cercò di appropriarsi delle<br />

caratteristiche fondamentali dell’autonomia professionale, che furono<br />

<strong>in</strong>dividuate nella creazione dei fondamenti scientifici, di un sapere<br />

scientificamente oggettivo e di un sistema d’azione autoresponsabilizzato.<br />

La crisi <strong>della</strong> prima guerra mondiale portò il pericolo di una ricaduta verso<br />

orientamenti rigidi e nazionalistici che potevano essere <strong>in</strong> parte contrastati<br />

dall’assistenza <strong>sociale</strong> grazie al suo legame con movimenti <strong>in</strong>ternazionali, <strong>in</strong><br />

particolare con il movimenti pacifista e femm<strong>in</strong>ista. Per questo motivo si<br />

sviluppò negli anni venti un’<strong>in</strong>tensa ricerca non di modelli di <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>,<br />

che potevano essere facilmente emulati ed esportati, bensì di metodi<br />

scientificamente fondati che potessero liberare la professione dal ruolo di<br />

“esecutrice <strong>degli</strong> ord<strong>in</strong>i” dettati dagli <strong>in</strong>teressi sociopolitici e di stampo<br />

nazional-ideologico dello stato nazionale”.<br />

Fu Alice Salomon a rendersi benemerita di questa ricerca. L’accusa<br />

<strong>in</strong>ternazionale che trovò il progetto metodologico di Mary Richmond sulla<br />

diagnosi <strong>sociale</strong>, biasimò non solo questo <strong>in</strong>teresse, ma anche la rapida<br />

9


diffusione di riferimenti psicoanalalitici, per lo meno nell’ambito <strong>della</strong><br />

psichiatria <strong>in</strong>fantile e dei metodi d’<strong>in</strong>segnamento nelle scuole per educatori<br />

specializzati. Il paradigma pedagogico predom<strong>in</strong>ante <strong>in</strong> Germania non aveva<br />

alcuna adeguata risonanza sull’assistenza <strong>sociale</strong> sia perché venne fra<strong>in</strong>teso,<br />

sia perché venne sentito come troppo culturalmente specifico. Una pietra<br />

miliare fu poi la prima conferenza <strong>in</strong>ternazionale sul tema “assistenza <strong>sociale</strong>”<br />

che si tenne a Parigi nel 1928. In quell’occasione ci si focalizzò su domande<br />

riguardanti la formazione e A, Salomon constatò che la formazione f<strong>in</strong>o ad<br />

allora si era orientata a dati di fatto di natura mediocre, e che necessitava<br />

<strong>in</strong>vece anche dell’istituzione di un luogo di formazione <strong>in</strong>ternazionale: “le<br />

scuole per i servizi sociali portano impresso <strong>in</strong> ogni paese il carattere<br />

nazionale, sono <strong>in</strong>fluenzate dal sistema scolastico vigente, oltre che dai tipi di<br />

assistenza <strong>sociale</strong> risultanti dalle peculiari condizioni economiche e sociali<br />

esistenti nelle diverse nazioni.” (Salomon 1928, citata da Friesenhahn 1992).<br />

Un anno più tardi venne fondata appunto la ASSU (Associazione<br />

Internazionale di Scuole per Eucatori Specializzati | International Association<br />

of Schools of Social Work - IASSW), tuttavia i contatti <strong>in</strong>ternazionali fra<br />

scienziati si arrestarono presto a seguito <strong>della</strong> seconda guerra mondiale<br />

Subito dopo il secondo conflitto mondiale giunse una lieve brezza<br />

<strong>in</strong>ternazionale <strong>in</strong> Germania, e <strong>in</strong> seguito <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>, attraverso il programma di<br />

ri-educazione e ri-importazione dei cosìddetti metodi classici. Negli anni<br />

sessanta vennero recepiti <strong>in</strong> modo rafforzato i concetti americani (action<br />

research, labell<strong>in</strong>g approach) che non erano solo strumenti pratici, ma<br />

trasportarono anche contenuti culturali.<br />

“La diffusione <strong>in</strong>ternazionale dei pr<strong>in</strong>cipi riguardanti <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> (case<br />

work), anche sul piano del <strong>lavoro</strong> collettivo e di gruppo, fu un elemento<br />

<strong>in</strong>tegrante e fisso, non solo del programma di “denazificazione” <strong>degli</strong> alleati<br />

nell’epoca postbellica, caratterizzata dall’<strong>in</strong>comunicabilità; bensì anche dei<br />

tentativi di democratizzazione perseguiti dagli USA e dalle Nazioni Unite nei<br />

confronti <strong>degli</strong> stati e nazioni che si trovavano <strong>in</strong> una fase di r<strong>in</strong>ascita, <strong>in</strong><br />

10


conseguenza del crollo o del ritiro di strutture di dom<strong>in</strong>io politico quali<br />

dittature o dom<strong>in</strong>i coloniali.. Gli aiuti economici ed i programmi statunitensi e<br />

delle Nazioni Unite resero possibile al potenziale personale docente e al<br />

personale operante nell’ambito dell’assistenza <strong>sociale</strong> di tali paesi di assistere<br />

alla prassi e allo studio <strong>degli</strong> <strong>in</strong>terventi <strong>in</strong> ambito <strong>sociale</strong> negli Usa per un certo<br />

periodo e di acquisire una qualifica sul posto. Ciò ebbe come conseguenza la<br />

diffusione <strong>della</strong> letteratura utilizzata nelle scuole superiori americane; f<strong>in</strong>o agli<br />

anni settanta circolava nel mondo non comunista, fatta eccezione per i paesi<br />

francofoni e per le loro colonie una grande quantità di manuali riguardanti i<br />

suddetti corsi di studio. I modelli di studio delle scuole americane si<br />

affermarono <strong>in</strong> quei paesi dove il personale docente possedeva per la maggior<br />

parte diplomi rilasciati negli USA (paesi scand<strong>in</strong>avi, Grecia, Irlanda, Turchia,<br />

Australia, Nuova Zelanda, i pr<strong>in</strong>cipali paesi del terzo mondo asiatico ed<br />

africano).” (Lorenz 2001)<br />

Interventi come: la riforma psichiatrica <strong>in</strong> Italia, i tema delle droghe <strong>in</strong> Olanda,<br />

la “community education" e "anti-oppresiv social work” <strong>in</strong> Gran Bretagna ecc.,<br />

mostrano pertanto che il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si è costantemente confrontata con<br />

forme organizzate e concetti d’azione provenienti dall’estero; si è lasciata<br />

stimolare e si è aperta a scambi. F<strong>in</strong>o ad oggi tuttavia manca una<br />

rielaborazione sistematica delle relazioni che apporti un potenziale <strong>in</strong>novativo<br />

e riguardi nuove problematiche.<br />

Al tempo, parallelamente a questo sviluppo, avvenne un <strong>in</strong>cessante ondata di<br />

migrazione <strong>in</strong> tutti i paesi <strong>in</strong>dustrializzati, che condusse a scontrarsi con<br />

processi di iterazione tra persone provenienti da contesti culturali diversi.<br />

Non va dimenticato che l’Unione Europeo cercò, con l’ausilio di diversi<br />

programmi, di promuovere la cooperazione <strong>in</strong>ternazionale, di facilitare la<br />

mobilità dei cittad<strong>in</strong>i e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e di destare una coscienza europea attraverso<br />

scambi e riflessioni.<br />

11


In Gran Bretagna H. Barr (1990) scrisse <strong>in</strong> riferimento a questa situazione: “gli operatori<br />

sociali saranno tra i primi ad essere testimoni <strong>degli</strong> effetti che ciò avrà sugli <strong>in</strong>dividui, sulle<br />

famiglie e sulle comunità; essi ricopriranno una posizione che permetterà loro di estrapolare<br />

le implicazioni che si avranno sulla politica <strong>sociale</strong>".<br />

In un manoscritto svizzero si trova del<strong>in</strong>eato uno scopo programmatico: “sono i<br />

cambiamenti, che caratterizzano la società contemporanea, a necessitare un approccio<br />

<strong>in</strong>terculturale.” (Roland-Ricci,1998, p.26).<br />

In una rivista italiana si dice : “l’<strong>in</strong>terculturalità, allora, è una prospettiva obbligata<br />

all’<strong>in</strong>terno dei paesi occidentali, ma anche per tutti gli altri.” (Mangano,1993, p.59)<br />

(vedi Friesenhahn 1992)<br />

Le citazioni potrebbero cont<strong>in</strong>uare, gli esempi riportati mostrano che il bisogno di una<br />

cooperazione <strong>in</strong>ternazionale è ampiamente riconosciuto e che la prospettiva <strong>in</strong>terculturale<br />

costituisce il caposaldo a cui si aspira.<br />

Va dato rilievo <strong>in</strong>oltre <strong>in</strong> questo contesto alla “rete tematica” – profesioni sociali per<br />

un’<strong>Europa</strong> <strong>sociale</strong>.<br />

(vedi: Seibel, Friedrich, W./Lorenz, Walter (Hrsg) (1998)<br />

Soziale Professionen für e<strong>in</strong> Soziales <strong>Europa</strong>.<br />

Frankfurt: Iko-Verlag, ISBN3-88939-443-4<br />

Chytil,Oldrich/Seibel, Friedrich.W.(Hrsg) (1999)<br />

Europäische Dimensionen <strong>in</strong> Ausbildung und Praxis der Sozialen<br />

Professionen.Boskovice:Albert, ISBN 80-85834-62-6<br />

3.Def<strong>in</strong>izioni e confronto: un terreno <strong>in</strong>ternazionale oscuro.<br />

N. Belardi conclude <strong>in</strong> una raccolta di recensioni che l’assistenza <strong>sociale</strong><br />

<strong>in</strong>ternazionale è sempre ancora la figliastra dell’assistenza <strong>sociale</strong>. Proprio per<br />

questo appare necessario occuparsi nuovamente e <strong>in</strong> modo più esaustivo <strong>della</strong><br />

prospettiva <strong>in</strong>ternazionale. Di cosa si tratta esattamente Secondo Belardi<br />

l’<strong>in</strong>ternazionalità “si mostra attraverso confronti e scambi sul superamento di<br />

situazioni problematiche e su nuove impostazione di problemi (ad esempio<br />

migrazioni, m<strong>in</strong>oranze, unione europea).”<br />

Nel libro di Hockenstad, uscito negli USA nel 1992, si legge : “il concetto di<br />

“profili <strong>in</strong>ternazionali del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>” fu usato per la prima volta da George<br />

12


Warre nel 1943 per descrivere l’attività professionale dell’assistenza <strong>sociale</strong><br />

all’<strong>in</strong>terno di agenzie impegnate <strong>in</strong> attività <strong>in</strong>ternazionali.” (1992, p.4)<br />

Questa def<strong>in</strong>izione può essere completata attraverso un’altra che <strong>in</strong>clude la<br />

dimensione strutturale dell’attività sociopedagogica; ossia l’assistenza <strong>sociale</strong><br />

<strong>in</strong>ternazionale fu def<strong>in</strong>ita come il campo d’azione <strong>degli</strong> assistenti pedagogici <strong>in</strong><br />

forme organizzate che si occupano di attività <strong>in</strong>ternazionali (es. la Croce Rossa<br />

Internazionale).<br />

Pfaffenberger / Trenk / H<strong>in</strong>terberger (1988) def<strong>in</strong>irono <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong><br />

<strong>in</strong>ternazionale come segue: “con questo term<strong>in</strong>e generale, ci si riferisce ad<br />

attività sociopedagogiche, sociali e sociopolitiche, ad <strong>in</strong>terventi ed operazioni<br />

le cui realizzazioni <strong>in</strong>ternazionali, attuate attraverso organizzazioni e<br />

responsabili, vanno oltre i conf<strong>in</strong>i nazionali, ossia valicano la consueta cornice<br />

nazionale del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>/pedagogia <strong>sociale</strong>.”<br />

L’aggettivo “<strong>in</strong>ternazionale” viene spesso utilizzato quando si parla di<br />

confronto tra società stabilmente organizzate. In questo contesto Pfaffenberger<br />

fece una dist<strong>in</strong>zione tra confronto diacronico (nello stesso paese, ma <strong>in</strong> epoche<br />

differenti) e confronto s<strong>in</strong>cronico (nella stessa epoca, ma <strong>in</strong> paesi diversi).<br />

Il confronto ha un valore pragmatico; attraverso i confronti si riconoscono<br />

forme alternative <strong>della</strong> prassi sociopedagogica che possono apportare impulsi<br />

<strong>in</strong>novativi e spronare a riflessioni. Lo scopo fondamentale di questa sistema di<br />

comparazione è quello di stabilire rapporti tra almeno due fattori e di creare<br />

categorie che rendano possibile un accordo su uguaglianze, differenze e<br />

compatibilità. Certamente è difficile <strong>in</strong>dividuare una forma puramente<br />

descrittiva, e se anche lo fosse, questa risulterebbe comunque <strong>in</strong>certa.<br />

La scienza dell’educazione che si basa su questo metodo comparativo si dette<br />

negli anni sessanta e settanta scopi normativi: “le comparazioni tra sistemi<br />

formativi…..dovrebbero servire a trovare accordi tra i popoli e dovrebbero<br />

favorire una coesistenza pacifica,” (Glowka, citato da F.W. Busch)<br />

Tale metodo comparativo, <strong>in</strong>centrandosi su valutazioni riguardanti il confronto<br />

tra il mondo capitalista occidentale e quello comunista orientale, forniva spesso<br />

13


delimitazioni piuttosto che avvic<strong>in</strong>amenti, confronto piuttosto che<br />

cooperazione.<br />

Pfaffenberger (1982, p.132) precisò riguardo alla comparistica<br />

sociopedagogica: “nel momento <strong>in</strong> cui il lovoro <strong>sociale</strong> di un paese e il sistema<br />

formativo ad essa legato si concentrano sulla rappresentazione di confronti tra<br />

paesi diversi e di conseguenza su propositi critico-costruttivi, non hanno più la<br />

capacità di occuparsi di s<strong>in</strong>goli fenomeni e s<strong>in</strong>goli fatti…”<br />

Serve una cornice di riferimento più ampia che permetta dunque di capire il<br />

significato di organizzazioni ed istituzioni sociali, ma anche di s<strong>in</strong>goli<br />

provvedimenti ed azioni pedagogiche.<br />

Il sistema comparativo f<strong>in</strong>o ad ora elaborato <strong>in</strong>vece è privo di una simile<br />

cornice di riferimento e deve perciò essere costantemente sviluppato e<br />

rivisitato.<br />

John Pitts parla nell’opera “Social work <strong>in</strong> Europe” (1/1994) di un’analisi<br />

franco-britannica e di tentativi compiuti per comparare sistemi differenti. Il<br />

primo passo fu la ricerca di un’equivalenza all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> prassi<br />

professionale. Il secondo tentativo fu un’analisi strutturale e funzionale dei<br />

sistemi, <strong>della</strong> profesionalizzazione e dello sviluppo di organizzazioni<br />

missionarie. Il terzo passo fu <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e quello di concentrarsi sul “f<strong>in</strong>al vocabulary<br />

which articulates the ultimate rational for action” ossia un vocabolario che si<br />

occupa di concetti.<br />

Hockenstad /1992, p.5) parla di un’analisi sorta <strong>in</strong> nuovi paesi che ha per<br />

oggetto il ruolo dell’assistenza <strong>sociale</strong> negli <strong>in</strong>terventi <strong>in</strong>erenti alla terza età. In<br />

tutti i paesi gli educatori specializzati vengono considerati come coloro che si<br />

occupano <strong>della</strong> “discipl<strong>in</strong>a del servizio umano” (human service discipl<strong>in</strong>e);<br />

tuttavia il loro ruolo professionale presenta delle differenze: “questi ruoli<br />

professionali sono <strong>in</strong>fluenzati non solo dalla politica governativa e da<br />

prerogative organizzate, ma anche dalla def<strong>in</strong>izione di peculiari priorità<br />

professionali e di preferenze di prassi. I diversi livelli e tipi di formazione di<br />

14


educatori specializzati sono un altro fattore che determ<strong>in</strong>a lo status<br />

professionale e def<strong>in</strong>isce i ruoli.”<br />

In breve la letteratura specialistica e le modalità di ricerca mostrano totale<br />

accordo sul fatto che quando si parla di comparazione <strong>in</strong>ternazionale, vadano<br />

sempre considerati i seguenti elementi:<br />

− la storia dello sviluppo dell’assistenza <strong>sociale</strong><br />

− la struttura del sistema <strong>sociale</strong><br />

− il ruolo <strong>della</strong> politica <strong>sociale</strong><br />

− strutture tradizionali e nuove che si occupano di fornire servizi agli<br />

<strong>in</strong>dividui<br />

− lo sviluppo <strong>della</strong> profesionalizzazione e dei curricoli <strong>della</strong> pedagogia<br />

<strong>sociale</strong><br />

− considerazioni giuridiche generali<br />

− ruolo <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong><br />

− identità professionale ed etica professionale <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong><br />

− problemi e sfide che i “professionisti” devono affrontare<br />

− metodi nuovi<br />

− concetti scientifici a cui la pedagogia <strong>sociale</strong> fa riferimento<br />

− legittimazione per l’<strong>in</strong>tervento pedagogico<br />

− il luogo, lo spazio riservato agli assistenti pedagogici nei diversi paesi<br />

− il mercato del <strong>lavoro</strong><br />

− il formarsi <strong>della</strong> clientela<br />

− riteri da seguire aff<strong>in</strong>ché il <strong>lavoro</strong> abbia successo<br />

Da qui <strong>in</strong> poi si dovrebbe parlare del ruolo delle organizzazioni <strong>in</strong>ternazionali e<br />

qu<strong>in</strong>di dei congressi specialistici, dei confronti sui diversi provvedimenti<br />

adottati, <strong>della</strong> pubblicistica <strong>in</strong>ternazionale.<br />

15


L’<strong>in</strong>tero panorama serve da un lato a del<strong>in</strong>eare le nuove esigenze del <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> <strong>in</strong> contesti <strong>in</strong>ternazionali; dall’altro lato offre al <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong><br />

nazionale la possibilità di riflettere e acquisire sicurezza sulla peculiarità del<br />

proprio contesto d’orig<strong>in</strong>e e di abbracciare nuove alternative. Il raggio d’azione<br />

non si limita all’<strong>Europa</strong>, ma si estende oltre. Tutto ciò può facilmente<br />

<strong>in</strong>contrare ostacoli a livello organizzativo, perché si tratta di studi comparativi<br />

<strong>in</strong>ternazionali che non provengono da un paese, ma appartengono a discipl<strong>in</strong>e<br />

scientifiche diverse; nonostante ciò sono studi che vanno necessariamente<br />

proseguiti.<br />

4.Nuove tendenze sul mercato editoriale:libri e riviste<br />

Concludiamo affermando che il numero <strong>della</strong> pubblicazioni riguardanti il tema<br />

<strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong>/<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> europea ed <strong>in</strong>ternazionale è <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uo<br />

aumento. Inoltre va aggiunto che il term<strong>in</strong>e <strong>in</strong>glese “social work” dom<strong>in</strong>a non<br />

solo a livello l<strong>in</strong>guistico, ma <strong>in</strong>fluenza ampiamente anche i campi d’azione di<br />

cui si è precedentemente discusso. L’espressione anglosassone “social<br />

workers” riferita agli operatori del settore dom<strong>in</strong>a <strong>in</strong> maniera <strong>in</strong>contrastata e<br />

solo raramente si trovano le corrispondenti espressioni <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua tedesca,<br />

francese o italiana.<br />

In ambito tedesco si possono citare una serie di libri che trattano del tema dell’assistenza<br />

<strong>sociale</strong> <strong>in</strong>ternazionale ed <strong>in</strong>terculturale, pubblicati da Franz Hamburger (edizione:Schäuble<br />

Verlag Rhe<strong>in</strong>felden)e un'altra serie di scritti pubblicati dall'Istituto Pedagogico<br />

dell’<strong>Università</strong> Johannes Gutenberg di Ma<strong>in</strong>z e dall’ECCE (European Centre for Comunity<br />

Education) di Coblenza<br />

ECCE, F<strong>in</strong>kenherd 4, D-56075 Koblenz email ECCE@fh-koblenz.de)<br />

Per esempio<br />

Guerra, L./<br />

Sander, G.(Hg.) (1993) Sozialarbeit <strong>in</strong> Italien.Rhe<strong>in</strong>felden:Schäuble<br />

Hamburger, F.(Hg.) (1994) Innovation und Grenzüberschreitung. Rhe<strong>in</strong>felden:Schäuble<br />

16


Treptow, R.(Hg.) (1996)<br />

Jung,R./Schäfer, H./<br />

Seibel, F. (Hg.) (1997)<br />

Seibel, F./<br />

Lorenz, W.(Hg.) (1997)<br />

Internationaler Vergleich und Soziale Arbeit.<br />

Rhe<strong>in</strong>felden:Schäuble<br />

Econonmie Sociale. Fakten und Standpunkte zu<br />

e<strong>in</strong>em solidarwirtschaftlichen Konzept.Frankfurt:IKO-Verlag<br />

Soziale Professionen für e<strong>in</strong> soziales <strong>Europa</strong>.<br />

Frankfurt.IKO-Verlag<br />

Vanno <strong>in</strong>oltre menzionate nel panorama <strong>in</strong>ternazionale le seguenti pubblicazioni.<br />

Hokenstadt, M.C. (Ed) (1992)Profiles <strong>in</strong> <strong>in</strong>ternationale Social Work.<br />

Wash<strong>in</strong>gton:NASW Press<br />

Lorenz W. (1994) Social Work <strong>in</strong> a Chang<strong>in</strong>g Europe:<br />

London and New York:Routledge<br />

Lyons,K (1999)<br />

International Social Work:Themes<br />

and Perspectives.Hants:Ashgate<br />

Adams, A./Erath,P./<br />

Shardlow,St.(Ed.) (2000) Fundamentals of Social Work <strong>in</strong> Selected European<br />

Countries. Dorset:Russell House Publish<strong>in</strong>g<br />

Adams,A./Erath,P/<br />

Shardlow, St.(Ed) (2001) Key thmes <strong>in</strong> European social Work.<br />

Dorset:Russell Publish<strong>in</strong>g<br />

Marcon, P.( a cura di) (1989) Educatori nell <strong>Europa</strong><br />

Guerra, L./Hamburger, F./<br />

Robertson,A.(a cura di)(1996) Educazione Communitaria <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>.<br />

Bergamo:edizione junior<br />

Bolognari, V./<br />

Kühne, K.(a cura di) (1997) Povertà, Migrazione,Rassismo. Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ed educativo<br />

<strong>in</strong> <strong>Europa</strong>. Bergamo:edizione junior<br />

Per concludere va <strong>in</strong>dicata anche la nuova rivista “European Journal of Social Work”<br />

(www.oup.co.uk/eurswk )che ha affiancato “Social Work <strong>in</strong> Europe”,<br />

(www.brunel.ac.uk/depts/social


Nel contesto <strong>in</strong>ternazionale, la conoscenza delle l<strong>in</strong>gue straniere è<br />

fondamentale. La lettura di testi <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua straniera risulta generalmente<br />

difficile e richiede tempo perché il doversi scontrare con strutture e peculiarità<br />

dell’assistenza <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> altre paesi può facilmente scoraggiare il lettore.<br />

E’ utile <strong>in</strong> questo ambito citare il libro di<br />

Ria Puhl e Udo Maas (Hg.) (1997) Soziale Arbeit <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>.We<strong>in</strong>heim:Juventa<br />

Se si confrontano le pubblicazioni <strong>in</strong>erenti al <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> paesi diversi<br />

(Italia, Austria, Francia, Spagna, Svezia, Olanda, Gran Bretagna, F<strong>in</strong>landia e<br />

Svizzera) si nota che ogni capitolo porta la seguente struttura organizzativa:<br />

− sviluppo <strong>sociale</strong><br />

− tratti fondamentali delle caratteristiche sociopolitiche<br />

− strutture delle organizzazioni<br />

− importanti campi di <strong>in</strong>tervento e fondamenti giuridici<br />

− metodi e impostazioni di <strong>lavoro</strong><br />

− posizione professionale <strong>degli</strong> specialisti<br />

− problemi attuali<br />

- ormazione<br />

Questa articolazione rende possibile una lettura sia sistematica che diagonale. I<br />

testi spiegano che tutte le società moderne sono contrassegnate dal fatto che<br />

tutte gli <strong>in</strong>terventi non sono mai spontanei e volontari, bensì sempre<br />

organizzati. Questa organizzazione poi avviene <strong>in</strong> modo diverso da paese a<br />

paese. Le strutture di pensiero e di azione nel campo dell’assistenza <strong>sociale</strong><br />

non si trasmettono facilmente tra i paesi. Ciò significa che non ci si può<br />

aspettare che i partner stranieri con cui si collabora o i clienti che provengono<br />

18


da altri paesi abbiano le stesse idee sui processi di organizzazione ed<br />

amm<strong>in</strong>istrazione nell’ambito dell’assistenza <strong>sociale</strong>.<br />

Alcune citazioni possono chiarire che cosa è necessario sapere per sormontare<br />

ostacoli e differenze f<strong>in</strong>o ad ora <strong>in</strong>contrati.<br />

“F<strong>in</strong>o dopo la seconda guerra mondiale non esisteva <strong>in</strong> Italia la professione di<br />

educatore specializzato.”<br />

“In Austria non c’era un sistema di leggi unitario che regolasse l’assistenza<br />

<strong>sociale</strong> ; ogni regione appartenete alla confederazione aveva leggi proprie <strong>in</strong><br />

materia e c’erano dunque differenze sostanziali sia nelle l<strong>in</strong>ee di <strong>in</strong>tervento <strong>in</strong><br />

ambito <strong>sociale</strong>, sia nella tipologia e nella dimensione dei servizi.”<br />

“Le strutture e le organizzazioni nell’ambito dell’assistenza <strong>sociale</strong> sono<br />

diverse negli altri paesi rispetto alla Germania; i francesi danno un significati<br />

diverso al term<strong>in</strong>e “assistenza <strong>sociale</strong>” (travail social). In particolar modo è<br />

notevole lo scarso ruolo ricoperto dalla chiesa.”<br />

“In F<strong>in</strong>landia l’assistenza <strong>sociale</strong> è vista come un dovere pubblico. La maggior<br />

parte <strong>degli</strong> addetti ai lavori, circa il 90%, è impegnata <strong>in</strong> servizi sociali<br />

pubblici.”<br />

Vediamo <strong>in</strong> confronto il libro:<br />

Karen Lyons (1999)<br />

International Social Work.Hants:Ashgate Publish<strong>in</strong>g Ltd.<br />

Allegato 1<br />

Riassumendo:<br />

L’osservazione attraverso una prospettiva <strong>in</strong>ternazionale ha conseguenze sulle<br />

diverse percezioni di aspetti fondamentali del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> nei diversi paesi,<br />

ad esempio:<br />

− sviluppo storico<br />

− differenze e comunanze tra la pedagogia <strong>sociale</strong> e il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong><br />

19


− concetti fondamentali<br />

− semplicità e profilo delle competenze<br />

− campi d’azione e contesti d’<strong>in</strong>tervento<br />

− teoria e sviluppo dei concetti<br />

Concludo affermando che la pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> sarà <strong>in</strong> futuro<br />

più <strong>in</strong>ternazionale e <strong>in</strong>terculturale; ciò dipende anche dagli <strong>in</strong>teressi <strong>degli</strong><br />

operatori nel settore e dei clienti<br />

Con la spiegazione di questa determ<strong>in</strong>azione programmatica non ci si può<br />

esprimere su problemi ed argomenti che gli assistenti pedagogici devono<br />

ancora affrontare.<br />

La pedagogia <strong>sociale</strong>/<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> è tanto complessa quanto lo è il contesto<br />

<strong>sociale</strong> a cui si riferisce e il contesto europeo è quello <strong>della</strong> flessibilità e<br />

dunque di ciò che <strong>in</strong>ternazionale e <strong>in</strong>terculturale.<br />

Seconda parte<br />

5.La complessità <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong><br />

La pedagogia <strong>sociale</strong> è un fenomeno difficile da afferrare per molteplici<br />

aspetti.<br />

Da quando esiste la pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> come scienza e<br />

professione Qual è l’oggetto a cui si <strong>in</strong>dirizza e con quale scopo Quali sono i<br />

suoi metodi e che idea ha di se stessa Le risposte a tali quesiti verranno fornite<br />

con la seguente discussione.<br />

La nascita<br />

La domanda “da quando esiste la pedagogia <strong>sociale</strong>” trova una risposta<br />

differente <strong>in</strong> ogni paese.<br />

In Germania ci furono delle basi già con i precetti di carità nel XII e XIII sec. I<br />

poveri <strong>della</strong> società vennero sostenuti dai ricchi per motivi religiosi. Lo scopo<br />

20


non era tanto quello di risollevare veramente i poveri dalla loro condizione,<br />

quanto <strong>in</strong>vece quello di guadagnarsi una buona posizione per la “vita eterna”<br />

una volta abbandonata l’esistenza terrena. Si trattava <strong>in</strong>fatti di un accordo fatto<br />

per necessità e non di un vero cambiamento delle condizioni di vita <strong>degli</strong><br />

<strong>in</strong>teressati.<br />

Dopo alcune forme di transizione sorse circa a metà del secolo scorso una<br />

nuova situazione <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>. L’unità d’Italia (1861), la nascita dell’Impero<br />

Tedesco (1871) sono date importanti <strong>in</strong> questo contesto, <strong>in</strong> quanto il formarsi<br />

di stati nazionali condusse alla nascita di una nuova prospettiva riguardo alla<br />

situazione <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> popolazione. Lo stato e la società si videro costretti a<br />

consolidare l’unità nazionale ormai raggiunta attraverso la creazione di<br />

un’egemonia culturale e di proteggerla dall’esterno. In questo progetto<br />

rientrava anche la creazione dell’unità culturale ed economica <strong>della</strong> società. Gli<br />

<strong>in</strong>dividui ai marg<strong>in</strong>i <strong>della</strong> società dovevano qu<strong>in</strong>di essere appoggiati e il bene<br />

comune doveva essere promosso. La funzione <strong>sociale</strong> dei provvedimenti<br />

sociopolitici non era quella di migliorare la miserabile situazione <strong>in</strong> cui la<br />

maggioranza <strong>degli</strong> <strong>in</strong>dividui viveva grazie alle condizioni di produzione<br />

capitaliste, bensì la funzione dello stato consisteva soprattutto nel creare lealtà<br />

attraverso la politica <strong>sociale</strong>.<br />

“L’assistenza non poteva rimanere una questione privata tra coloro che<br />

prestavano aiuto e coloro che avevano bisogno di essere aiutati, i valori primari<br />

mediati attraverso questa transazione avevano un significato <strong>sociale</strong> e<br />

politico.” (Lorenz 2000, P.66)<br />

Perciò lo stato non lasciò tali provvedimenti a lungo esclusivamente <strong>in</strong> mano<br />

alle >Opere Pie


vera e propria si è sviluppata dopo la seconda guerra mondiale; solo allora ha<br />

avuto un vero impatto sul sistema economico e <strong>sociale</strong>. A pari passo procedette<br />

anche lo sviluppo di sistemi di assistenza e sussidio che nacquero<br />

prevalentemente nel dopoguerra, mentre precedentemente i pilastri pr<strong>in</strong>cipali<br />

che prestavano sussidio e assistenza di ogni genere erano le famiglie e la<br />

Caritas cattolica” (Riege 1996, P.49)<br />

Indicazioni sui tre diversi sistemi di assistenza:<br />

Lorenz (1994) Social Work <strong>in</strong> a Chang<strong>in</strong>g Europe, P.15 e seguenti<br />

Lyons (1999) International Social Work, P. 55 e seguenti<br />

L’esempio italiano<br />

“Gli enti assistenziali nell’Italia <strong>della</strong> prima metà del XIX sec. erano <strong>in</strong> mano<br />

alla chiesa e a benefattori privati. Dopo l’unità d’Italia (1861) lo stato si<br />

assicurò il controllo e l’<strong>in</strong>tervento nel campo <strong>della</strong> previdenza ed <strong>in</strong>trodusse<br />

assicurazioni contro gli <strong>in</strong>fortuni, la vecchiaia e l’<strong>in</strong>validità per i lavoratori e<br />

una assicurazione contro la malattia legalmente riconosciuta nel 1943.<br />

L’ambito dell’assistenza <strong>sociale</strong> rimase comunque affidato al settore privato,<br />

mentre ci furono solo vaghi accenni alla responsabilità statale” (Polmoni 1993,<br />

P.27)<br />

Nella metà del secolo scorso sorsero associazioni dei lavoratori <strong>in</strong> aiuto alla<br />

società di mutuo soccorso. Dopo l’unità d’Italia fu promossa una serie di leggi<br />

con lo scopo di regolamentare l’assistenza secondo prerogative statali.<br />

Le Opere Pie furono regolamentate e <strong>in</strong> seguito secolarizzate con la legge<br />

Crispi del 1890. Il monopolio <strong>della</strong> chiesa nell’ambito dell’assistenza ai poveri<br />

ebbe f<strong>in</strong>e e fu sostituita dalle IPAB (Istituzioni Pubbliche di Assistenza e<br />

Beneficenza), le quali furono subord<strong>in</strong>ate al controllo e alla sorveglianza delle<br />

prov<strong>in</strong>ce. Con la costituzione del 1948 l’Italia si proclamò stato <strong>sociale</strong> e<br />

l’<strong>in</strong>troduzione <strong>della</strong> solidarietà <strong>sociale</strong> divenne un compito obbligatorio dello<br />

stato, ossia doveva essere prestato aiuto a tutti coloro che lo necessitano, tutti<br />

avevano diritto al mantenimento. Ulteriori riforme (decentralizzazione e<br />

22


afforzamento dell’autonomia delle regioni) condussero a notevoli<br />

cambiamenti. Con la legge 382 del 1975 e il decreto presidenziale N°616<br />

vennero sciolte le IPAB e le loro competenze nell’ambito dell’assistenza,<br />

sanità e strutture ospedaliere furono affidate alle prov<strong>in</strong>ce e ai comuni.<br />

Con il suddetto decreto viene espresso per la prima volta il concetto di “servizi<br />

sociali” che racchiude <strong>in</strong> se l’ambito <strong>sociale</strong> e <strong>della</strong> sanità (cfr. Polmoni 1973,<br />

Filtz<strong>in</strong>ger 1993, Riege 1996). L’unità di base dei servizi sociali era “l’unità<br />

sanitaria locale” (USL) ed <strong>in</strong> alcune regioni “l’unità Socio-sanitaria locale”<br />

(USSL). Questo sviluppo che ancora non si è concluso, ha avuto ripercussioni<br />

anche <strong>in</strong> altri paesi. In questo contesto si possono ricordare: la chiusura <strong>degli</strong><br />

istituti psichiatrici, l’<strong>in</strong>troduzione di centri di assistenza e di consultori per<br />

tossicodipendenti e il rilievo dato a campagne di prevenzione,<br />

“A queste novità di contenuti e alla nuova organizzazione decentralizzata <strong>della</strong><br />

sanità e dei servizi sociali non corrisposero però cambiamenti per quanto<br />

riguardava la formazione e lo status di coloro che operavano nel settore . I<br />

giovani erano sempre più attivi, seppure <strong>in</strong> maniera discont<strong>in</strong>ua, nel campo<br />

<strong>della</strong> sanità e dei servizi sociali. ma erano attivi pr<strong>in</strong>cipalmente per propria<br />

<strong>in</strong>iziativa; si trattava di un <strong>in</strong>tenso <strong>lavoro</strong> di gruppo. La loro attività riscuoteva<br />

spesso successo, per cui qualifiche e riconoscimenti formali passavano <strong>in</strong><br />

secondo piano. Le qualità personali erano considerate fondamentali per<br />

lavorare con successo nel campo dei servizi sociali e sanitari <strong>in</strong> Italia <strong>in</strong> questa<br />

fase, tutto ciò non fu <strong>in</strong>vece così marcato <strong>in</strong> Gran Bretagna o nella Repubblica<br />

Democratica Tedesca” (Riege 1996, P.50)<br />

La formazione era per lo più eterogenea e solo alla f<strong>in</strong>e <strong>degli</strong> anni Ottanta che<br />

venne unificata <strong>in</strong>tegrata nell’ambito dell’istruzione universitaria. La maggior<br />

parte <strong>degli</strong> operatori sociali lavorava nelle USL, altri presso le istituzioni<br />

pubbliche (trattavano con i detenuti, lavoravano nell’ambito dell’assistenza ai<br />

condannati durante la sospensione condizionale <strong>della</strong> pena e nell’ambito dei<br />

servizi sociali rivolti ai m<strong>in</strong>orenni e a coloro che avevano problemi di droga).<br />

23


Al contrario <strong>in</strong> Gran Bretagna e Germania molti erano attivi anche all’<strong>in</strong>terno<br />

di cooperative.<br />

“Le istituzioni ecclesiastiche ebbero un ruolo fondamentale nel favorire un<br />

<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> professionale.” (Riege 1996, P.59)<br />

E’ chiaro che l’unico gruppo professionale che opera nel settore <strong>sociale</strong> non è<br />

quello <strong>degli</strong> assistenti sociali. In Italia con la denom<strong>in</strong>azione “operatori sociali”<br />

si comprende assistenti sociali, educatori specializzati, educatori professionali,<br />

animatori, assistenti domiciliari e delle strutture tutelari. A volte l’espressione<br />

“operatore <strong>sociale</strong>” è anche usata per riferirsi a psicologi, sociologi che<br />

operano nel campo dei servizi sociali e sanitari.<br />

“Si tratta qu<strong>in</strong>di di un ampio spettro di specialisti che si occupano dei servizi<br />

sociali, dell’educazione <strong>in</strong> collegio, dell’educazione di gruppo, di consulenze e<br />

del <strong>lavoro</strong> con bamb<strong>in</strong>i e ragazzi e che sono assunti prevalentemente presso<br />

istituzioni pubbliche, ma che non hanno tutti una formazione specifica ed<br />

adeguata al settore <strong>in</strong> cui lavorano.” (Filtz<strong>in</strong>ger 1993, p.140)<br />

In Germania prevale una forte tendenza nell’ambito <strong>della</strong><br />

professionalizzazione <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong> ad accettare solo specialisti con<br />

una formazione specifica. Più avanti ritornerò su questo punto.<br />

In Italia la denom<strong>in</strong>azione “educatore professionale” fu proposta <strong>in</strong> un<br />

resoconto <strong>della</strong> commissione di studi del M<strong>in</strong>istero <strong>degli</strong> Interni nel 1984 (DM<br />

10-02-1984) e ottenne così carattere ufficiale. Una formazione per questa<br />

professione esiste dal 1970 (Scuola per la Formazione di Educatori di<br />

Comunità, <strong>Università</strong> La Sapienza, Roma).<br />

Però ancora prima di questa regolamentazione esistevano organizzazioni di<br />

operatori pedagogici.<br />

“L’Educatore Professionale è presente nel nostro Paese f<strong>in</strong> dagli anni’50 ed è<br />

stato <strong>in</strong>izialmente impiegato nel <strong>lavoro</strong> con ragazzi <strong>in</strong> difficoltà o portatori di<br />

handicap di solito ricoverati <strong>in</strong> istituti. Negli anni ’60 l’ambito d’impegno del<br />

personale educativo spezzialisato si estende alle attività del tempo libero e<br />

dell’educazione <strong>degli</strong> adulti e negli anni ’70 si afferma la necessistà di disporee<br />

24


di personale educativo per la gestione die servizi territoriali alternativi<br />

all’istituzionalizzazione”(Barboloni 1995,p.11).<br />

Accanto alle scuola diretta a f<strong>in</strong>i speciali a Roma gli educatori ricevono una<br />

formazione presso le scuole regionali o presso i centri delle USL che rilasciano<br />

attestati di formazione come “educatore professionale” generalmente dopo 3<br />

anni di frequenza. L’abilitazione professionale non è obbligatoria. Si usa<br />

<strong>in</strong>vece dist<strong>in</strong>guere tra >diploma< e >professional qualification< <strong>in</strong> Gran<br />

Bretagna e tra >diploma< e >riconoscimento dallo stato< <strong>in</strong> Germania, dove<br />

non si ottiene di regola la qualificazione professionale esclusivamente con<br />

l’attestato rilasciato dalle scuole superiori, ma è anche necessario un<br />

riconoscimento del m<strong>in</strong>istero responsabile.<br />

In Italia c’è stata la conversione del corso di laurea <strong>in</strong> pedagogia <strong>in</strong> corso di<br />

laurea <strong>in</strong> scienze dell’educazione che offre la possibilità di ricorrere a<br />

pedagogisti laureati da <strong>in</strong>serire <strong>in</strong> questo settore: educatori professionali<br />

extrascolastici <strong>in</strong> alternativa a <strong>in</strong>segnanti negli istituti secondari ed esperti nei<br />

processi di formazione. Il master “operatori nel campo <strong>della</strong> prevenzione e<br />

<strong>della</strong> riduzione del disagio scolastico nell’età preadolescenziale” mostra con<br />

chiarezza che la differenziazione dell’ambito professionale, dell’offerta<br />

formativa e <strong>della</strong> denom<strong>in</strong>azione professionale si sta facendo strada.<br />

Questo sviluppo che caratterizza tutta l’<strong>Europa</strong> implica che non si arriverà mai<br />

ad una omogeneizzazione o unificazione del <strong>lavoro</strong> sociopedagogico. I governi<br />

europei cercano di unificare strutturalmente i percorsi formativi, ma il rovescio<br />

<strong>della</strong> medaglia di queste tendenze europee volte alla globalizzazione è la<br />

nascita di nuove professioni che sfidano qu<strong>in</strong>di tale tendenza all’unificazione<br />

(>social care< <strong>in</strong> Gran Bretagna, >Management <strong>sociale</strong>< <strong>in</strong> Germania); coloro<br />

che offrono servizi sociali, siano questi statali, appartenenti ad associazioni<br />

umanitarie, a cooperative o ad organizzazioni con scopo di lucro, devono<br />

necessariamente rispondere ai seguenti <strong>in</strong>terrogativi: chi fa cosa e per chi<br />

Perché Con quali competenze Con quali costi Che op<strong>in</strong>ioni hanno i<br />

25


clienti/fruitori dei servizi E’ necessaria un’idea professionale di se stessi<br />

chiara e trasparente.<br />

F<strong>in</strong>o a qui quest’ambito professionale è contraddist<strong>in</strong>to da 2 gruppi<br />

caratteristici: “Nella maggior parte die paesi dell’Unione Europea la<br />

formazione alle due pr<strong>in</strong>cipaöi professioni che si dedicano al <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, gli<br />

educatori sociali/specializzati/professionali/lavoratori per la communità e la<br />

gioventú e gli assistenti sociali è attività...In generale l’educatore<br />

<strong>sociale</strong>/professionale è un educatore che non svolge la propria attività solo nei<br />

confronti di persone <strong>in</strong> difficoltà (come educatore specializzato), ma per tutta<br />

la populazione con f<strong>in</strong>alità di prevenzione <strong>sociale</strong> e generale con la prospettiva<br />

di contribuire al meglioramento <strong>della</strong> qualità <strong>della</strong> vita” (Macon<br />

1998,p.341/342).<br />

Filtziger scrive che il terreno <strong>in</strong> cui l’educatore opera comprende il <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> e preventivo nell’ambito <strong>della</strong> cosiddetta normalità: <strong>lavoro</strong> <strong>in</strong> istituti,<br />

luoghi di abitazione <strong>in</strong> comune, centri di accoglienza per m<strong>in</strong>orenni, ospizi per<br />

anziani, servizi psichiatrici territoriali. In uno scritto del comitato europeo di<br />

istituzioni di formazione per educatori sociali si legge: “con l’espressione<br />

“educatore specializzato” si <strong>in</strong>tende uno specialista che dopo una specifica<br />

formazione <strong>in</strong>coraggia la trasformazione di metodi e tecniche sociali, lo<br />

sviluppo personale, la maturazione <strong>sociale</strong> e l’autonomia dei giovani e <strong>degli</strong><br />

adulti che si trovano <strong>in</strong> situazioni difficili, dei portatori di handicap, dei<br />

disadattati e di coloro che sono <strong>in</strong> pericolo. Lo specialista condivide con questi<br />

soggetti le diverse situazioni di vita quotidiana, siano queste spontanee o<br />

organizzate, lo fa all’<strong>in</strong>terno di strutture o di servizi, oppure <strong>in</strong> naturali<br />

condizioni di vita; è un’attività che si <strong>in</strong>dirizza all’<strong>in</strong>dividuo e all’ambiente<br />

circostante. (citazione di Filtz<strong>in</strong>ger 1993, P.143)<br />

Questa def<strong>in</strong>izione sottol<strong>in</strong>ea gli aspetti pedagogici dell’attività, si riferisce<br />

all’esigenza di sviluppo, di riabilitazione dei disadattati. Gli educatori sono<br />

dunque responsabili dell’osservanza delle leggi e dell’<strong>in</strong>tegrazione <strong>sociale</strong>.<br />

26


Questa discussione è affrontata <strong>in</strong> Italia da R<strong>in</strong>o Fasol nel volume: Adams/Erath/Shardlow<br />

(Ed. 2000) Foundamentals <strong>in</strong> social Work <strong>in</strong> Selected European Countries, P.65-82.<br />

Allegato 2, testo <strong>in</strong> italiano<br />

L’esempio tedesco<br />

Nella metà del XIX sec. Avvennero <strong>in</strong> Germania significanti cambiamenti<br />

sociali. La popolazione crebbe velocemente (aumentando di 40 milioni dal<br />

1800 al 1871), l’agricoltura non era più sufficiente come mezzo di<br />

sostentamento. La gente si diresse verso i centri <strong>in</strong>dustriali che proliferavano<br />

rapidamente e perdette perciò i contatti con i sistema di assistenza <strong>in</strong>formali e<br />

privati. Il bisogno e la povertà si acutizzarono nelle città cosicché i comuni si<br />

videro costretti a reagire a questa nuova situazione. Lo stato non <strong>in</strong>traprese<br />

provvedimenti sociopolitici e ci furono <strong>in</strong>iziative private che tentarono di<br />

arrestare il problema attraverso l’adozione di misure (istituzione di consorzi di<br />

consumo e produzione, associazioni di soccorso, f<strong>in</strong>o ad arrivare alla<br />

fondazione dei s<strong>in</strong>dacati).<br />

La situazione di povertà e bisogno caratterizzava una molteplicità di <strong>in</strong>dividui<br />

e non era solo un problema <strong>sociale</strong> <strong>in</strong>dividuale, la questione <strong>sociale</strong> divenne<br />

dunque un punto focale dello sviluppo <strong>sociale</strong>. Inoltre divenne chiaro che i<br />

problemi non avevano solo una dimensione <strong>sociale</strong>, ma toccavano anche la<br />

dimensione politica. del problema dell’assistenza ai poveri si occuparono le<br />

organizzazioni di beneficenza ecclesiastiche e private che possono essere<br />

comparate alle Opere Pie italiane. I comuni <strong>in</strong>oltre svilupparono un sistema di<br />

assistenza ai poveri su basi onorarie, il più conosciuto è certamente quello <strong>della</strong><br />

città di Elberfeld, che venne istituito nel 1853. La città venne divisa <strong>in</strong> 140<br />

quartieri circa e ogni quartiere aveva i propri assistente onorari (volontariato)<br />

che abitavano nei quartieri stessi ed erano 3-4 persone o famiglie competenti.<br />

“In questo modo era facile soccorrere i bisognosi di aiuto, ognuno si occupava<br />

di un certo numero di <strong>in</strong>dividui.” (Herig/Münchmeier 2000, P.30)<br />

27


Gli operatori sociali che si occupavano dei poveri potevano concedere aiuti<br />

economici <strong>in</strong> accordo con i comuni. Con questo sistema, che fu adottato <strong>in</strong><br />

molte città, si del<strong>in</strong>eò una struttura di <strong>in</strong>tervento <strong>sociale</strong> che è sopravvissuta<br />

f<strong>in</strong>o ad oggi e che viene denom<strong>in</strong>ata “duplice mandato”, perché si tratta di<br />

aiuto/assistenza e controllo.<br />

In quest’epoca, caratterizzata dal passaggio da una società stabile ad una<br />

società di classe, emerse per la prima volta il concetto di pedagogia <strong>sociale</strong>.<br />

Karl Mager (1844) e Adolf Diesterweg (1850) descrissero la nuova situazione<br />

<strong>in</strong> Germania <strong>in</strong> modi diversi. Diesterweg con il term<strong>in</strong>e “ pedagogia <strong>sociale</strong>” si<br />

riferì a tutti i tentativi di compensare e ridurre la povertà e i problemi ad essa<br />

legati attraverso aiuti materiali, provvedimenti politici, educazione <strong>sociale</strong> e<br />

speciali misure educative. I cambiamenti sociali svelarono che il contesto<br />

familiare non era più sicuro e che la parrocchie non erano <strong>in</strong> grado di fornire<br />

abbastanza appoggio e ricoprire una funzione socioeducativa. La mancata<br />

educazione <strong>in</strong>tesa come dis<strong>in</strong>tegrazione, disadattamento e negligenza venne<br />

concepita come un pericolo per l’esistenza comune. Il fatto che le pretese<br />

eccessive delle famiglie potessero condurre alla negligenza non era qualcosa di<br />

nuovo, ma nuova era la concezione che tutto ciò dovesse essere risolto dal<br />

punto di vista pedagogico come problema <strong>sociale</strong> e non più <strong>in</strong>dividuale.<br />

Lo stato dovette agire e assicurare contributi necessari ad accogliere la forza<br />

<strong>lavoro</strong> e a canalizzare la pressione politica dei lavoratori. Fu così che negli<br />

anni <strong>in</strong> cui Bismarck fu cancelliere, dal 1881 al 1889, sorsero le prime<br />

assicurazioni sociali: contro le malattie, gli <strong>in</strong>fortuni e la vecchiaia; nel 1927 si<br />

aggiunse anche l’assicurazione contro la disoccupazione. Importante è<br />

sottol<strong>in</strong>eare che proprio con l’<strong>in</strong>troduzione di garanzie relative ai rischi dei<br />

lavoratori, cambiò il carattere dell’assistenza ai poveri.<br />

Una volta che i bisogni materiali erano assicurati, emersero altre necessità di<br />

carattere <strong>in</strong>teriore, ossia problemi <strong>in</strong>dividuali che dovevano essere elim<strong>in</strong>ati<br />

con provvedimenti pedagogici e psicologici.<br />

28


I provvedimenti psicologici acquisirono sempre maggior importanza.<br />

Interventi di questo tipo non potevano più essere affidati ad assistenti onorari,<br />

serviva personale con una precisa formazione. Fu <strong>in</strong> questa fase <strong>in</strong> fatti che il<br />

<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> <strong>in</strong>iziò a configurarsi come professione. Il movimento<br />

femm<strong>in</strong>ista borghese ha contribuito notevolmente a questo sviluppo. Sorsero<br />

centri di formazione e sotto la guida di Alice Salomon venne <strong>in</strong>augurato il<br />

primo istituto professionale femm<strong>in</strong>ile di assistenza <strong>sociale</strong> che rilasciava un<br />

attestato/diploma di formazione dopo 2 anni. Da un lato, così come <strong>in</strong> altri<br />

paesi, la formazione non universitaria nel settore del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> era<br />

riservata alle donne: dall’altro lato divenne chiaro che gli <strong>in</strong>terventi dovevano<br />

essere differenti a seconda del contesto <strong>in</strong> cui si operava e ogni sistema si<br />

costituiva su standard e programmi peculiari.<br />

“Questa programmazione <strong>degli</strong> <strong>in</strong>terventi aveva come vantaggio il fatto che le<br />

esigenze reali di aiuto non erano più concepite come richieste illegittime<br />

dipendenti dalla grazia e dalla pietà di un’assistenza comunale ai poveri<br />

obbligatoria e repressiva o <strong>della</strong> carità cristiana motivata. Ora si trattava di<br />

esigenze di aiuto che potevano dimostrare la loro legittimità e che si<br />

ampliavano <strong>in</strong> base alla tipologia e alla dimensione <strong>degli</strong> <strong>in</strong>terventi di<br />

assistenza.<br />

Di pari passo con la formalizzazione e legalizzazione <strong>degli</strong> aiuti, procedette la<br />

loro >depersonalizzazionesentimento/atteggiamento maternità< (Mütterlichkeit) era concepita come<br />

peculiarità dell’essere donna, e proprio perché gli uom<strong>in</strong>i non erano<br />

biologicamente predisposti a questo, risultavano anche poco idonei al <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> <strong>in</strong>teso come aiuti personali. Il >sentimento/atteggiamento maternità<<br />

era dunque vista come una dote <strong>in</strong>nata nelle donne di educare, guarire,<br />

proteggere e prendersi cura, <strong>in</strong> quanto espressione di calore, emotività densa di<br />

sentimento. Questa idea del >sentimento/atteggiamento maternità< si pose<br />

29


criticamente contro la società contemporanea. “Contro le conseguenze<br />

distruttivi e disgregatrici dell’<strong>in</strong>dustrializzazione, contro le generalizzazioni<br />

<strong>della</strong> razionalità oggettiva e tecnica il pr<strong>in</strong>cipio femm<strong>in</strong>ile del<br />

>sentimento/atteggiamento maternità< poteva creare un arg<strong>in</strong>e di protezione<br />

con il suo calore, la sua emotività e poteva dare vita ad un’<strong>in</strong>terezza <strong>sociale</strong>. Il<br />

>sentimento/atteggiamento materno< fu qu<strong>in</strong>di concepita come<br />

contrapposizione ai pr<strong>in</strong>cipi capitalisti di concorrenza, <strong>in</strong>teresse personale,<br />

specializzazione. burocratizzazione tipicamente maschili.” (Sachsse 1986,<br />

p.114)<br />

Non c’è dunque da stupirsi se il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> fu concepito come s<strong>in</strong>onimo di<br />

>sentimento/atteggiamento maternità< e considerato quasi naturalmente un<br />

ambito di <strong>lavoro</strong> femm<strong>in</strong>ile.<br />

Alice Salomon motivò come segue le sue aspirazioni professionali: “…accanto<br />

alle caratteristiche che uomo e donna <strong>in</strong> egual modo possiedono, accanto alla<br />

fedeltà per il proprio dovere, allo zelo, alla costanza e all’affidabilità, la donna<br />

porta con se <strong>in</strong> questo tipo di <strong>lavoro</strong> la sua peculiare vita sentimentale, la sua<br />

dolcezza nel comprendere, la sua <strong>in</strong>dulgenza….la sua cura e la sua<br />

coscienziosità nell’assolvere anche doveri di scarsa importanza…..<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e il<br />

>sentimento/atteggiamento materno


La pedagogia <strong>sociale</strong> come discipl<strong>in</strong>a scientifica si sviluppò a livello<br />

universitario soprattutto negli anni successivi al primo conflitto mondiale (cfr.<br />

Hermann Nohl), ma ebbe un ruolo subord<strong>in</strong>ato nel contesto del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong><br />

pratico. Le scuole per operatori sociali avevano uno standard notevole ed erano<br />

<strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uo contatto con luoghi di formazione di altri paesi. A questo periodo<br />

risale anche la def<strong>in</strong>izione di pedagogia <strong>sociale</strong> di Gertrud Bäumer che<br />

evidenziò <strong>in</strong> Germania la tipica dist<strong>in</strong>zione tra pedagogia <strong>sociale</strong> e <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong>. La pedagogia <strong>sociale</strong> fu def<strong>in</strong>ita come educazione al di fuori <strong>della</strong><br />

famiglia e <strong>della</strong> scuola e che per questo reclamava un terreno <strong>sociale</strong> d’azione.<br />

Per quanto riguardava il <strong>lavoro</strong> con i giovani, soprattutto giovani <strong>in</strong> pericolo,<br />

era necessario ottenere ascolto e avere appoggio. I processi di attività <strong>sociale</strong><br />

che erano pericolosi dovevano essere corretti attraverso provvedimenti<br />

pedagogici mirati ad aiutare i giovani e non animati da preoccupazioni rivolte<br />

alla società.<br />

Ora andiamo avanti negli anni. Il dom<strong>in</strong>io nazionalsocialista dal 1933 al 1945<br />

arrestò progressivamente questo sviluppo. Dopo la seconda guerra mondiale si<br />

dovette ricorrere a modelli do formazione risalenti agli anni Venti (<strong>della</strong> durata<br />

di 2 anni). Solo nel 1960/61 gli istituti di formazione furono al livello di scuole<br />

superiori professionali e di accademie; fu dato rilievo alla componente teorica<br />

e la durata <strong>della</strong> formazione raggiunse i 3 anni (cfr. Friesenhahn/Seibel 1994).<br />

Un importante risultato di questa rivalutazione e professionalizzazione fu<br />

l’<strong>in</strong>cremento dell’importanza dello status di esperto.<br />

Nel 1969 vennero <strong>in</strong>trodotti a livello universitario nuovi corsi di laurea:<br />

scienze dell’educazione con <strong>in</strong>dirizzo “pedagogia <strong>sociale</strong>”.<br />

Nel 1971 le Accademie e le Scuole Superiori Professionali vennero<br />

trasformate <strong>in</strong> >Fachhochschule/istituto superiori di specializzazione<br />

professionale e <strong>in</strong>tegrati nel sistema terziario di formazione. Il<br />

>Fachhochschule< nel frattempo viene designate a livello <strong>in</strong>ternazionale come<br />

31


“<strong>Università</strong> delle scienze applicate”. La loro prassi accademica venne descritta<br />

con la formula „practice-related on a scientific foundation“.<br />

I corsi offerti si chiamano Lavoro Sociale o <strong>Pedagogia</strong> Sociale e hanno una<br />

durata che va dai tre ai quattro anni e si concludono con un diploma<br />

(universitario).<br />

Per i corsi di durata triennale esiste un anno cosiddetto di riconoscimento, a<br />

conclusione del quale il m<strong>in</strong>istero responsabile rilascia la qualificazione<br />

professionale. Nel caso dei corsi di durata quadriennale l’anno di<br />

riconoscimento è <strong>in</strong>tegrato nel corso di studi come periodo di tiroc<strong>in</strong>io e la<br />

qualificazione professionale viene rilasciata <strong>in</strong>sieme alla diploma/laurea <strong>in</strong><br />

accordo con il m<strong>in</strong>istero responsabile <strong>della</strong> >Fachhochschule><br />

In totale la parte di pratica <strong>in</strong> questo tipo di istituto accademico copre il 40%<br />

delle ore. Nelle università la parte dedicata alla pratica è radicalmente più<br />

ridotta.<br />

Al momento stiamo sviluppando un nuovo corso di studio con i corsi <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> e pedagogia <strong>sociale</strong>: il nuovo <strong>in</strong>dirizzo di studi che li verrà a<br />

comprendere verrà chiamato >Soziale Arbeit< (servizi sociali)<br />

Il <strong>lavoro</strong> con i giovani f<strong>in</strong>o a questo momento poteva essere scelto <strong>in</strong> ogni<br />

corso di studi come <strong>in</strong>dirizzo di specializzazione.<br />

Una peculiarità essenziale dell’educazione universitaria tedesca resterà<br />

comunque <strong>in</strong>tatta: la formazione di operatori sociali è orientata <strong>in</strong> senso<br />

generalizzato. Le specializzazioni verranno lasciate ai corsi post laurea.<br />

Eppure esistono differenze tradizionali nell’autopercezione dei due <strong>in</strong>dirizzi di<br />

studio e dei due gruppi professionali, che hanno a che fare con le loro radici<br />

storiche.<br />

Per prima cosa la cura dei poveri da parte delle autorità con il suo carattere di<br />

controllo, o meglio repressivo e poi la pedagogia <strong>in</strong>fluenzata dai pr<strong>in</strong>cipi<br />

dell’Illum<strong>in</strong>ismo con il suo programma dell’educazione totale e del rispetto<br />

<strong>della</strong> personalità del bamb<strong>in</strong>o. Formazione, educazione e apprendimento sono<br />

<strong>in</strong> primo piano.<br />

32


Sul piano <strong>della</strong> prassi, dell’esercizio <strong>della</strong> professione questa differenza storica<br />

gioca ancora a malapena il proprio ruolo.<br />

La relazione tra pedagogia <strong>sociale</strong> e <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> Germania è oggetto<br />

adesso come prima di dibatti scientifici e teorico-professionali. Adesso si parla<br />

sul >Soziale ArbeitSoziale Arbeit


“con cosa” ha cont<strong>in</strong>uato ad essere scambiato nel corso <strong>della</strong> storia. Ciò<br />

diventa chiaro analizzando teorie e concetti.<br />

Walter Lorenz (1994, S. 81 seg.) identifica tre grandi scuole teoriche:<br />

il paradigma scientifico-<strong>sociale</strong><br />

il paradigma psicologico<br />

il paradigma pedagogico<br />

Vedi pure Erath/Hämälä<strong>in</strong>en (2001) Social Work Theories<br />

Non esistono <strong>in</strong> forma così dist<strong>in</strong>ta, ma possono servire da orientamento.<br />

La domanda di base viene sempre posta da un punto di vista scientifico: qual è<br />

l’ambito <strong>della</strong> scienza, qual è l’oggetto <strong>della</strong> scienza Staub-Bernasconi (1996)<br />

ha sviluppato una comparazione storico-strutturale, orientata <strong>in</strong> senso<br />

<strong>in</strong>ternazionale, che va <strong>in</strong>terpretata <strong>in</strong> modo differenziato per ogni stato.<br />

Da questa visuale il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si costituisce come una tipologia speciale di<br />

rapporto con uom<strong>in</strong>i, cose e idee e come professione del diritto dell’uomo.<br />

Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> è una risposta ai problemi sociali con lo scopo di aiutare gli<br />

uom<strong>in</strong>i <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>tegrale (v. Staub-Bernasconi 1986).Staub-Bernasconi ha<br />

sviluppato un approccio <strong>in</strong>tegrale<br />

per comprendere e per descrivere i problemi sociali (conoscienza dell’oggetto),<br />

per spiegare i problemi sociali, (conoscienza delle spigazioni)<br />

per valutare i problemi sociali servendosi di criteri e per cambiare <strong>in</strong> tal modo<br />

gli obiettivi (conoscienza dei valori e criteri),<br />

per mutare i problemi sociali (cocnoscienza dei processi) e per controllare se il<br />

f<strong>in</strong>e nascosto è stato raggiunto.<br />

Si tratta di una peculiare def<strong>in</strong>izione funzionale del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>,<br />

<strong>in</strong>dipendente dalla società e da altri saperi: “anziché ratificare le discipl<strong>in</strong>e<br />

basilari come la psicologia, la psicologia <strong>sociale</strong>, la sociologia e l’economia,<br />

<strong>in</strong>oltre la filosofia, l’etica e il diritto ecc.. all’<strong>in</strong>izio di ogni riflessione e poi<br />

34


sezionarle per trovare se e cosa derivi dal sapere comune per il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ..<br />

propongo di comportarsi come segue: l’oggetto, cioè i problemi sociali che<br />

riguardano il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, raffigura il punto <strong>in</strong> cui sfociano gli <strong>in</strong>terrogativi<br />

delle discipl<strong>in</strong>e summenzionate…” Staub-Bernasconi 1985 P.261). Il <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> deve assimilarsi ai diritti dell‘uomo, “uscire dai compiti specifici e con<br />

fondamento scientifico” (Staub-Bernasconi 1995, P.67). Si tratta di una nuova<br />

consapevolezza professionale, che non mira alla società ideale, ma “più<br />

modestamente ad una società un po’ <strong>in</strong>giusta” (p. 80).<br />

Con il titolo "Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> alla ricerca di paradigmi autonomi" a Koblenz<br />

nel 1996 <strong>in</strong> occasione di una conferenza <strong>in</strong>ternazionale ha tenuto una discorso,<br />

da cui traggo, abbreviandoli, i passi più significativi<br />

Silvia Staub.Bernasconi:<br />

Soziale Arbeit auf der Suche nach autonomen Paradigmen<br />

cfr. Seibel, F.W/Lorenz, W.(Hrsg) (1998) Soziale Professionen für e<strong>in</strong> soziales <strong>Europa</strong>,<br />

Frankfurt:IKO-Verlag, p.61-100<br />

La versione <strong>in</strong>glese è pubblicata su:<br />

The History of the Object Base of Social Work Theory. Comparisons between German,<br />

Anglosaxon and International Theoretical Approaches.<br />

cfr.Marynowicz-Hetka, E./Wagner, A./Piekarski, J.(Ed) (1999)<br />

European Dimensions <strong>in</strong> Tra<strong>in</strong><strong>in</strong>g and Practice of the Social Professions. Katowice: Slask,<br />

p.57-78<br />

ISBN 83-7164-184-2<br />

La concettualizzazione dell’oggetto del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ha un significato<br />

basilare, dato che senza oggetto non ci sono né una teoria né una scienza del<br />

<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>.<br />

Si tratta di chiarire la domanda seguente: cos’era e cos’è ora come prima il<br />

motivo immediato per la formazione di una funzione e di una professione<br />

35


dell’operatore – e il motivo è rappresentato nella formulazione più rapida<br />

<strong>in</strong>nanzitutto dagli uom<strong>in</strong>i, che non sono <strong>in</strong> grado di aiutare se stessi <strong>in</strong> una<br />

società <strong>in</strong>dustriale che si forma e si fonda sul capitale privato, quando si<br />

trovano <strong>in</strong> una situazione di necessità, uom<strong>in</strong>i a cui per la loro sopravvivenza il<br />

sapere guadagnato f<strong>in</strong>o a quel momento, la conoscenza e altre risorse socioeconomiche<br />

non bastavano e/o che trasgredivano norme emanate e doveri<br />

codificati.<br />

A differenza di uom<strong>in</strong>i più agiati, non erano <strong>in</strong> grado di appoggiarsi alla<br />

solidarietà dei parenti, dei vic<strong>in</strong>i, <strong>in</strong> breve <strong>della</strong> comunità e allo stesso modo si<br />

ripiegavano su una solidarietà astratta, garantita dal punto di vista del diritto<br />

<strong>sociale</strong>, una solidarietà che garantisce l’esistenza dal punto di vista<br />

sociostatale.<br />

La storia dell’oggetto del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> senso stretto significa <strong>in</strong>nanzitutto<br />

vic<strong>in</strong>anza e fedeltà ai problemi e ai contesti sociali e culturali dei suoi<br />

dest<strong>in</strong>atari per rappresentare la storia delle immag<strong>in</strong>i e dei concetti.<br />

Si tratta <strong>della</strong> domanda:<br />

− Come è stata trasferita la realtà dei problemi dei dest<strong>in</strong>atari del <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> “sul concetto”<br />

− Si possono dist<strong>in</strong>guere diverse fasi<br />

− Quali tratti caratteristici ha l’<strong>in</strong>dividuo oggetto dell’osservazione bisognoso<br />

di aiuto e di apprendimento<br />

− Di quale (parte di) sistema <strong>sociale</strong> è membro questo <strong>in</strong>dividuo e quale<br />

posizione <strong>sociale</strong> occupa<br />

− Quali (parti di) sistemi sociali vengono compresi implicitamente o<br />

esplicitamente nella determ<strong>in</strong>azione dell’oggetto Quanto stretto o quanto<br />

ampio è l’angolo di visuale sul mondo <strong>sociale</strong> dei dest<strong>in</strong>atari del <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> <strong>in</strong> una società mondiale <strong>in</strong> via di formazione<br />

36


Ciò permette di formulare la seguente domanda “dietro le qu<strong>in</strong>te” : quali<br />

sistemi (parziali) vengono caricati di problemi come conseguenza <strong>della</strong><br />

def<strong>in</strong>izione dell’oggetto scelta, quali vengono <strong>in</strong>vece implicitamente o<br />

esplicitamente liberati da problemi come conseguenza <strong>della</strong> stessa<br />

Inizia così una fase di costituzione <strong>della</strong> teoria più facile da dischiudere che da<br />

concludere anche se una nuova def<strong>in</strong>izione dell’oggetto si immedesima spesso<br />

nella critica e nell’abbandono di quella valida f<strong>in</strong>o a quel momento.<br />

La maggior parte delle def<strong>in</strong>izioni dell’oggetto hanno avuto <strong>in</strong>fatti f<strong>in</strong>o ad oggi<br />

un peso diverso ed una rilevanza diversa sulle rivendicazioni di scientificità.<br />

Comprendo nelle mie osservazioni anche l’area anglofona, contributi<br />

<strong>in</strong>ternazionali e documenti dell’ONU. É noto <strong>in</strong>fatti che comparazioni<br />

<strong>in</strong>terculturali rendono possibile una comprensione migliore <strong>della</strong> situazione<br />

locale.<br />

Prima fase a partire circa dal 1890<br />

Individuo: gli uom<strong>in</strong>i e i loro bisogni non soddisfatti – la fame, malattie causate dagli stessi<br />

esseri umani (rifiuti <strong>in</strong>dustriali tossici; condizioni abitative miserrime, rimozione dei rifiuti<br />

deficitaria ecc..); processi di apprendimento e di formazione impediti, analfabetismo; <strong>lavoro</strong><br />

squallido, pericoloso, monotono, povertà/disoccupazione; l’essere <strong>in</strong>colti, mancanza di<br />

“nutrimento spirituale”, fantasie sterili di onnipotenza o di impotenza, crim<strong>in</strong>alità, violenza.<br />

Sociosistemi parziali: possibilità di accesso mancanti; regole strutturali che impediscono la<br />

distribuzione del potere; criteri puramente economico-<strong>in</strong>dustriali nel rapporto con i poveri;<br />

istituzioni non professionali e apparati <strong>della</strong> struttura <strong>sociale</strong><br />

Società: struttura <strong>sociale</strong> e cultura capitalistica distruttiva e limitante e le forme di<br />

adattamento <strong>in</strong>dividuale a queste strutture che ne derivano (“domanda <strong>sociale</strong>”). Mancanza<br />

di democrazia e morale ambigua – normalità concepita <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i sociodarw<strong>in</strong>iani –<br />

<strong>in</strong>dividualismo, consumismo, nazionalismo, eroismo maschile come ideale educativo,<br />

guerra e violenza.<br />

In questa fase ci troviamo davanti ad una critica e ad uno smantellamento di concetti<br />

moralizzanti e devalorizzanti ( pigri, ubriaconi, truffatori, ragazze abbandonate, moralmente<br />

37


cadute <strong>in</strong> basso, psicopatici, ecc.). tali concetti furono sostituiti dall’idea che la povertà così<br />

come il comportamento giudicato dalla società antieconomico e distorto fossero da<br />

ricondurre <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea alla soddisfazione strutturalmente impedita dei bisogni, a modelli<br />

di povertà e di disoccupazione culturalmente <strong>in</strong>adatti, <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva <strong>in</strong>dividualistici e ai<br />

processi psichici e sociali che ne derivano di adattamento a condizioni di <strong>in</strong>digenza. A ciò<br />

si aggiunse la problematizzazione <strong>della</strong> possibilità deficitaria di apprendere e formarsi.<br />

I problemi furono localizzati su tutti i livelli sociali, cioè Individuo, Famiglia, Piccolo<br />

gruppo e Vic<strong>in</strong>ato, Quartiere e Città, Organizzazione, Nazione e Società mondiale e<br />

attaccati con le risorse disponibili.<br />

Em<strong>in</strong>enti teorici tedeschi dell’epoca (Scherpner e Klunker) si limitano nel determ<strong>in</strong>are<br />

l’oggetto all’<strong>in</strong>dividuo come colui che riceve l’assistenza. Scherpner come storico<br />

dell’assistenza giovanile (1966) codifica la “assenza di custodia” come seconda categoria<br />

diagnostica centrale. Essa sta per d<strong>in</strong>iego morale come contraltare rispetto all’ord<strong>in</strong>e morale<br />

<strong>della</strong> comunità legittimamente costituito. Scherpner si limita con la sua concezione<br />

dell’oggetto esplicitamente a concettualizzazioni politiche e sociopolitiche del Lavoro<br />

<strong>sociale</strong> (1962:131s, 157s), che egli non vuole veder mescolate con l’assistenza.<br />

Seconda fase a partire da circa il 1920<br />

Individuo: problemi psicosociali e problemi di atteggiamneto.Uomoni vengono riguardati<br />

come “mazzo di s<strong>in</strong>tomi cl<strong>in</strong>ici”. La domanda più importante è. I problemi <strong>in</strong>dividuali sono<br />

causato <strong>in</strong>tra- psichico o sono il resultato da processi di apprendimento non adatti/non<br />

adequati<br />

Dal 1950 viene riformulata questa tradizione dell'oggetto tramite forti prestiti dalla<br />

psicologia umanistica <strong>in</strong> direzione di una autorealizzazione deficitaria. In riferimento al<br />

livello dell'<strong>in</strong>tervento per questa fase e per questa tradizione teorica è caratteristica una<br />

chiara propensione per l'<strong>in</strong>dividuo e <strong>in</strong> parte anche per la famiglia. Il <strong>lavoro</strong> di gruppo viene<br />

vieppiù considerato un tipo di passatempo o come un tipo di semplice <strong>lavoro</strong> di animazione<br />

e deve qu<strong>in</strong>di lottare per essere riconosciuto alla stregua di <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>/terapia <strong>sociale</strong><br />

riconosciuti.<br />

In Germania dopo il 1945 si assiste ad una nuova ripresa del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, grazie al<br />

sostegno delle forze alleate, sia sotto forma di viaggi di studio, di bibliografia specialistica<br />

estera, di conferenze, sem<strong>in</strong>ari e di corsi di specializzazione con esperti <strong>in</strong>glesi, americani,<br />

olandesi. Si parla di <strong>lavoro</strong> sul grande deficit di modernizzazione e di democrazia <strong>della</strong><br />

Germania.<br />

38


Terza fase a partire da circa il 1960<br />

Individuo: stress, mancanza di adattamento psichico e esaurimenti nervosi.<br />

Famiglia - gruppo - associazioni/organizzazioni:<br />

Discostamenti dall'equilibrio d<strong>in</strong>amico, differenziazione e <strong>in</strong>tegrazione di situazioni<br />

problematiche di matrice sociostrutturale <strong>in</strong> riferimento all'<strong>in</strong>dividuo come membro <strong>della</strong><br />

famiglia, di un gruppo , di una comunità, di organizzazioni ("the client <strong>in</strong> and as a system")<br />

Società: possibilità e struttura di potere dell'<strong>in</strong>tera società; diversità di possibilità tra bianchi<br />

e neri come problema dei diritti costituzionali volontariamente <strong>in</strong>trodotti: altri problemi di<br />

m<strong>in</strong>oranza.<br />

Si dist<strong>in</strong>gue <strong>in</strong>nanzitutto la ricerca di Gordon Hearns di una cornice <strong>in</strong>terdiscipl<strong>in</strong>are di<br />

riferimento per l'<strong>in</strong>tegrazione dei tre canali/metodi professionali di accesso alla realtà dei<br />

problemi sociali, cioè Case-, Group- e Communitywork.<br />

La sua tesi è che i tre lavor<strong>in</strong>o con tutti i sistemi sociali e psichici.<br />

Il comportamento umano viene <strong>in</strong>teso come risultato dell'<strong>in</strong>terazione tra organismi, sistemi<br />

sociali e psichici.<br />

Anche la povertà e la diversità, possibilità deficitarie di partecipare a diritti civili garantiti<br />

diventano un tema di dibattito - soprattutto negli USA.<br />

Particolarità <strong>in</strong> <strong>Europa</strong><br />

Nascita dei corsi di formazione nelle università.<br />

All'<strong>in</strong>izio <strong>degli</strong> anni 60 si <strong>in</strong>dividua una fase di forte focalizzazione sui problemi <strong>in</strong>dividuali<br />

e psico-sociali, tra l'altro ampliata attraverso una rieducazione democratica all'<strong>in</strong>terno di una<br />

d<strong>in</strong>amica di gruppo e di <strong>lavoro</strong> di gruppo.<br />

Quarta fase a partire da circa il 1970<br />

Ulteriore sviluppo delle determ<strong>in</strong>azioni dell'oggetto dal 1960 e tentativi di sistematizzazione<br />

<strong>della</strong> base scientifica del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>.<br />

Individuo:<br />

transazioni tra <strong>in</strong>dividui e stress da adattamento connesso (Life Model di Germa<strong>in</strong> &<br />

Giterman)<br />

Sistemi sociali parziali/organizzazioni:<br />

39


<strong>in</strong>novate posizioni teoretico-sistemistiche, riferite ai problemi <strong>della</strong> costruzione del sistema<br />

<strong>sociale</strong>, comunicazione e relazioni (emozionali).<br />

Il modo di pensare teoretico-(systemtheoretisch) <strong>in</strong> questa fase prosegue concettualizzando<br />

la diagnosi e i processi ausiliari come <strong>in</strong>terazione tra membri dei sistemi parziali più<br />

differenti tra loro, ma anche nel pareggiare il trattamento delle famiglie con un tipo di <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> concepito <strong>in</strong> modo teorico-sistematico.<br />

Vengono tematizzati i problemi e le necessità di uom<strong>in</strong>i <strong>in</strong> tre ambiti di situazioni vitali, cioè<br />

le fasi di sviluppo, i cambiamenti di status <strong>sociale</strong> e di ruolo e le crisi, potenzialmente<br />

possibili, ad essi connesse, i conflitti <strong>in</strong> gruppi grandi e piccoli così come nel loro ambiente<br />

<strong>sociale</strong> e psichico (Germa<strong>in</strong> & Gitterman). L'oggetto del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si limita sempre più<br />

a processi di scambio; i segnali <strong>degli</strong> <strong>in</strong>dividui che <strong>in</strong>teragiscono tra loro si collocano sullo<br />

sfondo. Si parla di problemi di comunicazione (paradossi) nei loro aspetti psicosociali e<br />

semantici.<br />

Def<strong>in</strong>izioni dell'oggetto europee e le loro particolarità:<br />

Individuo:<br />

rischi del posto di <strong>lavoro</strong>, estraniamento, identità danneggiata<br />

Famiglia:<br />

problemi di comunicazione e (di ricezione) del sistema<br />

Organizzazioni:<br />

i professionisti e le loro direzioni organizzative come problema pr<strong>in</strong>cipale, processi di<br />

etichettamento e di stigmatizzazione<br />

Società:<br />

capitalismo, dicotomia tra sistema e mondo vitale / quotidianità<br />

Nel campo del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> le def<strong>in</strong>izioni di tipo comunicativo teoretico-sistematiche<br />

dell'oggetto conoscono una forte fase di espansione <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>.<br />

Vengono coperte da una critica del capitalismo che si annuncia <strong>in</strong> modo fortissimo: il<br />

problema pr<strong>in</strong>cipale è l'ord<strong>in</strong>e <strong>sociale</strong> capitalistico e, problemi che ne derivano, la<br />

disponibilità del capitale, lo sfruttamento <strong>della</strong> forza di <strong>lavoro</strong> umana, i lavoratori come<br />

massa di manovra del capitale e i processi di declassamento correlati diventano un tema<br />

centrale delle def<strong>in</strong>izione dell'oggetto di stampo sociolavorativo. Le organizzazioni <strong>della</strong><br />

40


cosa <strong>sociale</strong> e i professionisti sono presenti - a differenza <strong>della</strong> comprensione <strong>della</strong> teoria<br />

negli USA -, non sono dei meri correttivi di questa situazione, ma agiscono al servizio <strong>degli</strong><br />

<strong>in</strong>teressi capitalistici. In corrispondenza di ciò le analisi dell'oggetto consistono nello studio<br />

delle prospettive teoriche funzionali critico sistematiche <strong>in</strong> riferimento ad ogni compito solo<br />

pensabile del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, per commisurarlo all'idea di emancipazione pluralisticamente<br />

collettiva, compresa <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i specifici di classe e di "società emancipata" (Thiersch).<br />

Anche i processi di declassamento vengono però problematizzati. Lo sguardo si dirige su<br />

trasgressioni <strong>della</strong> norma legate al comportamento e si volge contro le istanze sanzionanti<br />

che tendono ad applicare etichette e a controllare, a colonizzare nel pubblico e contro i<br />

professionisti nelle scuole, negli enti, nelle cl<strong>in</strong>iche, nei centri di terapia, nelle stazioni di<br />

polizia come esecuzione <strong>della</strong> pena (come "istituzioni totali").<br />

Due tipi di logiche, cioè prima di tutto quei sistemi sociali estranianti, tecnologicorazionalistici<br />

e <strong>in</strong> secondo luogo la logica estranea all'uomo <strong>della</strong> quotidianità<br />

(Lebenswelt:Orientamento all’ambiente di vita)o del mondo <strong>della</strong> vita vengono<br />

contrapposte, cosa che porta ad un critica sistematica <strong>della</strong> specializzazione e dell'essere<br />

esperti di stampo scientifico. L'essere esperti equivale quasi a colonizzazione e diviene cosi<br />

un problema vero del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>. La professionalizzazione non è da comprendere più<br />

come una risposta ad una competenza deficitaria di risoluzione <strong>sociale</strong> dei problemi, ma<br />

come una espropriazione .Illich diviene un esempio pr<strong>in</strong>cipe di questo <strong>in</strong>tervento e le<br />

<strong>in</strong>iziative civiche che ne derivano e i movimenti di auto-aiuto con la loro critiche a forme di<br />

aiuto <strong>in</strong>terdicenti (Basaglia) portano ad <strong>in</strong>trodurre dibattiti teorici <strong>in</strong>torno alla<br />

deprofessionalizzazione.<br />

Qu<strong>in</strong>ta fase f<strong>in</strong>e <strong>degli</strong> anni 70, anni 80<br />

Individuo:<br />

L'uomo nel suo ambiente ecologico e <strong>sociale</strong>; adattamento alla vita come compito rischioso,<br />

gravato da una dose di mancanza di conoscenza; rottura <strong>della</strong> famiglia normale<br />

Società:<br />

Società del rischio; distruzione <strong>della</strong> normalità e detradizionalizzazione; stato <strong>sociale</strong>, stato<br />

del welfare e scienza come problema.Rapporti tra i sessi: società multiculturale e razzismo<br />

41


L'oggetto del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> può essere def<strong>in</strong>ito qui come malessere <strong>in</strong>dividuale verso la<br />

struttura <strong>sociale</strong> e verso la cultura, <strong>in</strong> breve come problemi sociali e <strong>in</strong>dividuali cumulativi<br />

In parallelo la tesi dell'<strong>in</strong>dividualizzazione delle condizioni di vita e <strong>della</strong> pluralizzazione<br />

<strong>degli</strong> stili di vita viene largamente recepita nel <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>/nella pedagogia <strong>sociale</strong> <strong>in</strong><br />

riferimento alla "società del rischio" (Risikogesellschaft)di Beck. Si descrivono la<br />

distruzione <strong>della</strong> biografia normale, <strong>della</strong> famiglia normale, delle condizioni di <strong>lavoro</strong><br />

normali, la forza di <strong>in</strong>tegrazione del luogo di provenienza tradizionale e del luogo dei valori<br />

tradizionali così come l'aumento contemporaneo di decisioni non normativizzate e qu<strong>in</strong>di<br />

affette dal rischio, se anche decisioni dipendenti dal sapere e affette dalla non conoscenza,<br />

cmpiti rischiosi. La critica <strong>della</strong> struttura diviene tendenzialmente una critica <strong>della</strong> cultura,<br />

che ha una lunga tradizione <strong>in</strong> territorio tedescofono.<br />

A differenza <strong>degli</strong> anni 70 la critica al <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> comporta una svolta: sullo sfondo di<br />

una critica <strong>della</strong> scienza esercitata sui grandi rischi del dom<strong>in</strong>io <strong>degli</strong> uom<strong>in</strong>i e <strong>della</strong> natura,<br />

reso possibile dalla scienza, non c'è più la sua scientificizzazione mancata, ma , a livello di<br />

dibattito, la sua credenza <strong>in</strong>genua nell'anelito razionalistico <strong>della</strong> scienza e, <strong>in</strong><br />

corrispondenza di ciò, <strong>in</strong> una tecnologia <strong>sociale</strong> fondabile scientificamente.<br />

Diviene centrale come concetto delle condizioni di vita (Lebenslage): "le appartenenze a<br />

strati convenzionali e a classi convenzionali sono entrate sullo sfondo. Parliamo oggi qu<strong>in</strong>di<br />

di condizioni di vita socioeconomiche come ambientazioni di risorse condizionate <strong>in</strong> senso<br />

socioeconomico e garantite <strong>in</strong> senso sociostatale e di spazi culturali di gioco d<strong>in</strong>amico, che<br />

regolano le possibilità di dispiegamento di stili di vita e la partecipazione o l'essere legati ad<br />

ambienti "(Böhnisch)<br />

Particolarità <strong>in</strong> ambito angloamericano:<br />

Putt<strong>in</strong>g Gender, Race and Peace on the Agenda!<br />

Commisurati al peso e alla risonanza delle discussioni di cui sopra, gli apporti teorici<br />

americani e anglosassoni riguardo al sessismo, al classismo e al razzismo come problemi<br />

<strong>della</strong> clientela così come dell'organizzazione del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> e anche gli apporti di ricerca<br />

sulla femm<strong>in</strong>izzazione <strong>della</strong> povertà giocano un ruolo molto modesto, se non quasi non<br />

considerato.<br />

Vale la pena di tenere <strong>in</strong> considerazione che proprio il "concetto di classe" come concetto<br />

problematico ha mantenuto il suo ovvio posto nella bibliografia specializzata<br />

angloamericana, mentre <strong>in</strong> territorio tedescofono è divenuto un concetto tabù - come è da<br />

42


comprendere e convalidare a livello <strong>in</strong>formale) - per motivi ideologici, politici e accademici<br />

(cioè legati alla carriera).<br />

Sesta fase a partire dal 1990<br />

Individuo e famiglia:<br />

<strong>in</strong>dividualismo e critica dei consumi, violenza endofamigliare e maltrattamento;<br />

Comunità:<br />

accordo comunitaristico di doveri nei confronti <strong>della</strong> società come accomodamento delle<br />

esigenze <strong>in</strong>dividuali e sociali e diritti nei confronti dello stato<br />

Stato <strong>sociale</strong>/organizzazioni <strong>della</strong> società:<br />

crisi dello stato <strong>sociale</strong>, sfruttamento dello stato <strong>sociale</strong> a causa dell'<strong>in</strong>flazione delle<br />

esigenze e dei bisogni; complicità <strong>della</strong> clientela; irrigidimento burocratico, <strong>in</strong>efficienza e<br />

diseconomizzazione delle prestazioni assistenziali.<br />

La critica <strong>in</strong> certi circoli specialistici mossa da lungo tempo, ma anche la critica di destra e<br />

di s<strong>in</strong>istra allo stato del welfare e la specializzazione vedono <strong>in</strong> questa fase i loro risultati<br />

teorici e pratici: bisogna constatare un rivolgimento più o meno radicale <strong>della</strong> critica <strong>della</strong><br />

struttura conosciuta f<strong>in</strong>ora e <strong>della</strong> def<strong>in</strong>izione del problema.<br />

Non sono più gli uom<strong>in</strong>i gli essere a cui si chiede troppo e a venire sfruttati strutturalmente,<br />

bensì lo stato <strong>sociale</strong> - come partecipante erroneo dell'evoluzione <strong>sociale</strong> -, che attraverso<br />

esigenze esagerate viene eccessivamente caricato e sfruttato. Il percorso autonomo<br />

dell'approccio <strong>sociale</strong> ai problemi e gli <strong>in</strong>numerevoli aiuti rafforzano questi problemi.Inoltre<br />

esso è collegato ad <strong>in</strong>numerevoli rischi (e non più gli <strong>in</strong>dividui o coloro che dipendono da<br />

uno stipendio).<br />

Alla stregua di un concetto globale universalmente utilizzabile il concetto delle condizioni<br />

di vita (Lebenslage) giunge al centro dell'<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e: secondo Geissler va def<strong>in</strong>ito "la<br />

particolarità <strong>della</strong> Germania occidentale" <strong>in</strong> quanto differenzia, pluralizza, <strong>in</strong>dividualizza e<br />

d<strong>in</strong>amicizza appartenenze convenzionali a strati e a classi sociali.<br />

Anziché ergersi e accanirsi contro disuguaglianze <strong>della</strong> struttura <strong>sociale</strong>, ci si compiace<br />

sempre più delle sfaccettature colorate e d<strong>in</strong>amiche delle condizioni di vita e delle forme di<br />

vita: " la ricerca critica <strong>della</strong> disuguaglianza si trasforma davanti ai nostri occhi <strong>in</strong> una<br />

ricerca più o meno <strong>in</strong>sc<strong>in</strong>dibile delle sfaccettature da un punto di vista sociopolitico ... "<br />

43


In questi vuoti teorici <strong>in</strong> qualche modo strappati tra stato, <strong>in</strong>dividualizzazione/condizione di<br />

vita, mercato e comunità entra solo il concetto del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> come "prestazione di<br />

servizi focalizzata sulla persona".(Personenbezogene Dienstleistung)<br />

Supponendo che il sapere professionale e qu<strong>in</strong>di rivolto al dest<strong>in</strong>atario attraverso l'<strong>in</strong>flusso<br />

di segni dist<strong>in</strong>tivi di forme organizzative di aiuto perda rilevanza, vengono discussi vantaggi<br />

e svantaggi delle esigenze legislative, di solidarietà e contratto reciproci.<br />

Questo è valido f<strong>in</strong>o all'affermazione "il cliente è il re"<br />

Le ragioni implicite o spesso dichiarate per il distacco da idee deficitarie si sono<br />

grandemente modificate. Mentre Mollenhauer neglie anni ’60 critica una pedagogia<br />

deficitaria, che esce dalla svalorizzazione <strong>in</strong> rapporto alla diversità dei poveri non ci<br />

possono più essere problemi <strong>in</strong> relazione al nuovo paradigma di un <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> orientato<br />

verso il mercato, verso il prodotto e verso il cliente.<br />

Di seguito potete trovare un testo chiaro <strong>in</strong> tal senso: " se le istituzioni del <strong>lavoro</strong> giovanile<br />

def<strong>in</strong>iscono i loro clienti come deficitari, assillati da problemi, socialmente deboli, cioè dei<br />

"perdenti" di un certo tipo, si costruiscono allo stesso tempo un market<strong>in</strong>g fallato... quale<br />

cliente <strong>in</strong>fatti si compra un prodotto che ha già sentore di problematicità (Pfeiffer 1996:2).<br />

È <strong>in</strong>teressante che i testi corrispondenti oper<strong>in</strong>o quasi esclusivamente con esempi tratti dal<br />

<strong>lavoro</strong> con gli anziani, i giovani, il tempo libero o la cultura, dalla salute e dalla cura di essa,<br />

cioè con clienti per lo più "normali" e/o con potere d'acquisto.<br />

Riassumendo, si tratta di una fase teorica nelle quale sia lo stato <strong>sociale</strong> sia l’assistenza<br />

all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> società sono considerati un problema fondamentale. Conseguentemente ci<br />

si orienta al livello teorico verso la parte più d<strong>in</strong>amica che caratterizza non solo le società<br />

nazionali, ma anche le società mondiali: il commercio. In un orientamento che prende <strong>in</strong><br />

considerazione le condizioni di mercato e di vita a livello mondiale, il problema acquista un<br />

carattere privato e riguarda dunque gli <strong>in</strong>dividui che, nonostante la crisi del mondo del<br />

<strong>lavoro</strong> e dello stato <strong>sociale</strong>, sono riusciti comunque a soddisfare le proprie esigenze<br />

rivolgendosi ad un mercato <strong>in</strong> cui vengono prestati servizi; essi hanno dovuto cercare la via<br />

per accedere a collettività create artificialmente e prestare spontaneamente aiuti rivolti a se<br />

stessi sia a livello <strong>in</strong>dividuale che collettivo.<br />

Particolarità <strong>della</strong> “Scientific and professional Community” nel mondo e negli Stati Uniti:<br />

violazione <strong>della</strong> soddisfazione dei bisogni umani e dei diritti umani e sociali<br />

44


Si tratta di bisogni <strong>in</strong>soddisfatti legati a temi come: classe, genere, etnia, tossicodipendenza,<br />

violenza, guerra, emigrazione, impotenza; alla luce <strong>della</strong> globalizzazione commerciale e dei<br />

diritti e doveri umani e sociali. Povertà, disoccupazione, disturbi psichici, discrim<strong>in</strong>azione di<br />

persone e categorie di persone sono argomenti che devono essere affrontati con successo.<br />

I problemi che riguardano i s<strong>in</strong>goli <strong>in</strong>dividui, le famiglie, le comunità territoriali e le<br />

organizzazioni sono importanti nel contesto di una comprensione sistematica, teorica ed<br />

<strong>in</strong>ternazionale del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, tuttavia i libri di testo, anche di recente pubblicazione, non<br />

ne parlano.<br />

Esistono le collettività<br />

Seppure esistano chiaramente diversità a livello locale e nazionale per quanto riguarda i<br />

punti chiave riguardanti tale argomento, c’è comunque un <strong>in</strong>sieme di concetti che può essere<br />

considerato come m<strong>in</strong>imo comune denom<strong>in</strong>atore e che viene pattuito su un piano più alto<br />

dalle associazioni <strong>in</strong> cui sono riuniti i centri di formazione (International Association of<br />

Schools of Social Work) e dalle organizzazioni <strong>degli</strong> enti sociali (Council on Social<br />

Welfare).<br />

“L’<strong>in</strong>fluenza che la professione del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ha sulle necessità fondamentali <strong>degli</strong><br />

uom<strong>in</strong>i, determ<strong>in</strong>a anche la loro conv<strong>in</strong>zione che l’universalità di queste necessità e la loro<br />

soddisfazione non sia una questione di scelte o preferenze soggettive, bensì un imperativo di<br />

giustizia <strong>sociale</strong>. Conformemente il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> concepisce i diritti umani e sociali come<br />

secondo pr<strong>in</strong>cipio organizzativo, teoretico-normativo <strong>della</strong> prassi professionale, che <strong>in</strong>tegra<br />

il primo pr<strong>in</strong>cipio organizzativo orientato verso le necessità…..Le operatrici sociali prestano<br />

servizio <strong>in</strong> sistemi politici differenti…..per lo più come dipendenti di organizzazioni. La<br />

loro posizione come delegate dello stato o dipendenti di potenti organizzazioni ha condotto<br />

molte di loro <strong>in</strong> situazioni difficili. La loro professione è v<strong>in</strong>colata ai datori di <strong>lavoro</strong> e alla<br />

clientela. Alla base del codice e <strong>degli</strong> scopi formativi delle scuole superiori per il <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> risiede pr<strong>in</strong>cipalmente il servizio nei confronti <strong>degli</strong> <strong>in</strong>dividui e non la lealtà nei<br />

confronti dell’organizzazione” (1945:5) Il manuale parla però anche del fatto che ai diritti<br />

devono corrispondere doveri.<br />

Staub Bernasconi conclude che ci si riferisce all’evoluzione, di cui si è trattato,<br />

a volte con il term<strong>in</strong>e pedagogia <strong>sociale</strong>, altre volte con il term<strong>in</strong>e assistenza<br />

<strong>sociale</strong> ed altre volte ancora si utilizzano ulteriori denom<strong>in</strong>azioni che si<br />

riferiscono allo stesso settore. Questa dist<strong>in</strong>zione non ha molto significato<br />

oggi, <strong>in</strong> quanto la discussione non può essere ridotta alla dist<strong>in</strong>zione secondo<br />

45


la quale il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si occupa di assistenza e amm<strong>in</strong>istrazione, mentre la<br />

pedagogia <strong>sociale</strong> ha a che fare con i processi educativi e di apprendimento.<br />

Una teoria del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> deve oggi accogliere un differente teoria di<br />

pensiero; il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> deve essere concepito su piani differenti, se vuole<br />

essere all’altezza dell’argomento di cui si occupa e dei compiti che deve<br />

assolvere. Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> per potersi sviluppare come teoria e scienza,<br />

necessita di un quadro di riferimento che sia vasto, flessibile, <strong>in</strong>terdiscipl<strong>in</strong>are,<br />

ma non dipendente dalle mode. La dipendenza dalle dom<strong>in</strong>anti teorie <strong>in</strong> voga,<br />

grand theorie (come i dibattiti che non durano più di un paio d’anni attorno alla<br />

professionalizzazione,, deprofessionalizzazione, concetti d’azione, differenza<br />

tra discipl<strong>in</strong>a e professione, orientamento alla vita ecc.) non conduce il <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> come discipl<strong>in</strong>a a compiere grandi progressi, sia che si tratti di<br />

assistenza <strong>sociale</strong> che di pedagogia <strong>sociale</strong>.<br />

Per il futuro è importante uno stile di pensiero sistemico che prenda <strong>in</strong><br />

considerazione i dest<strong>in</strong>atari del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> sempre <strong>in</strong> riferimento al contesto<br />

storico e attuale. Sebbene esista un <strong>in</strong>sieme di teorie diverse sul <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong><br />

(teoria <strong>della</strong> verità, teoria <strong>della</strong> conoscenza, teoria <strong>della</strong> realtà) e diverse<br />

def<strong>in</strong>izioni dell’oggetto di cui il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si occupa, si è tuttavia<br />

d’accordo sul fatto che l’argomento su cui si <strong>in</strong>centra il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> sia<br />

complesso e tocchi più dimensioni. Tutti riconoscono la necessità di un quadro<br />

di riferimento trans-discipl<strong>in</strong>are, metascientifico e metafilosofico, se si vuol<br />

descrivere, spiegare e cambiare il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>. Sullo sfondo di questa<br />

esigenza la scienza dell'educazione non può essere la discipl<strong>in</strong>a preposta al<br />

<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> e alla pedagogia <strong>sociale</strong>. Il quadro di riferimento sistematicoteorico<br />

che è stato proposto potrebbe diventare <strong>in</strong>vece, a particolari condizioni,<br />

un fragile ponte d’unione tra le più svariate tradizioni teoriche (tra tradizioni<br />

teoriche che comprendono: quella <strong>degli</strong> aiuti, dell’utilizzazione delle risorse,<br />

dell’autorizzazione, del cambiamento <strong>sociale</strong> e tradizioni teoriche come quelle<br />

che riguardano l’educazione, la formazione e l’emancipazione). Aspetti come<br />

quello delle necessità, dell’<strong>in</strong>segnamento, delle risorse, dell’organizzazione<br />

46


<strong>sociale</strong> e politica non possono più essere trattati separatamente l’uno dall’altro.<br />

(Staub-Bernasconi 1995:133-134)<br />

Inf<strong>in</strong>e tutti questi movimenti di <strong>in</strong>tesa e <strong>in</strong>tegrazione fanno emergere un<br />

ulteriore problema: <strong>in</strong> che senso coloro che partecipano a questo dibattito<br />

hanno l’<strong>in</strong>tenzione di mettere <strong>in</strong> discussione non solo i conf<strong>in</strong>i nazionali ed<br />

etico-culturali, ma anche i conf<strong>in</strong>i teorici ormai superati e di oltrepassare i<br />

blocchi di ricezione Mi auguro che <strong>in</strong> una società sempre più ricca di <strong>in</strong>trecci<br />

e contatti questo diventi possibile e che <strong>in</strong> un’<strong>Europa</strong> sempre più unita e <strong>in</strong> una<br />

società mondiale che sta prendendo gradualmente forma e <strong>in</strong> cui i problemi<br />

sociali aumentano e diventano sempre più complessi, si aprano le migliori<br />

possibilità di soddisfare i bisogni e le migliori opportunità di apprendimento.<br />

Per giungere ad una s<strong>in</strong>tesi <strong>della</strong> def<strong>in</strong>izione del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>/pedagogia<br />

<strong>sociale</strong>, mi riferisco alle <strong>in</strong>terpretazioni di altre autori.Non prendo <strong>in</strong><br />

considerazione le presunte reali differenze e propongo come basi la seguente<br />

def<strong>in</strong>izione di <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>:<br />

Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>/la pedagogia <strong>sociale</strong> si occupa dei processi che riguardano<br />

l’esistenza <strong>degli</strong> uom<strong>in</strong>i, la quale <strong>in</strong> virtù delle condizioni di vita delle moderne<br />

società presenta spesso necessità molto elevate per aiutare i giovani nel corso<br />

<strong>della</strong> loro vita e nell’<strong>in</strong>tegrazione <strong>sociale</strong>.Questo oggi non avviene solo ai<br />

>marg<strong>in</strong>i <strong>della</strong> società


− Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> tenta di ridurre le differenze e i pregiudizi tra (e dei)<br />

membri <strong>della</strong> società, cerca di tendere a possibilità di uguaglianza, di<br />

collaborare alla costruzione di una società equa, di favorire il benessere di<br />

tutti gli <strong>in</strong>dividui. Tutto ciò lo fa collaborando attivamente attraverso<br />

<strong>in</strong>terventi politici, <strong>in</strong>terventi diretti ed <strong>in</strong>diretti e fornendo consigli,<br />

appoggio, aiuti educativi e d’<strong>in</strong>tervento <strong>sociale</strong>, offerte formative e<br />

prestazioni d’aiuto psicosociali e f<strong>in</strong>anziarie.<br />

− Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si occupa sia dei problemi di carattere <strong>sociale</strong>, sia dei<br />

processi che caratterizzano il ciclo <strong>della</strong> vita e conseguentemente delle<br />

crescenti difficoltà a ciò connesse, a cui gli uom<strong>in</strong>i devono far fronte <strong>in</strong><br />

virtù <strong>della</strong> complessità delle condizioni di vita.<br />

− Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> cerca di rendere gli uom<strong>in</strong>i capaci di agire ed <strong>in</strong>staurare<br />

rapporti nella moderna società e per questo elabora offerte che riguardano le<br />

seguenti dimensioni problematiche:<br />

Problemi riguardanti gli strumenti necessari a soddisfare i bisogni che<br />

affiorano nel corso dell’esistenza<br />

Rapporti di scambio e <strong>in</strong>terazione (uguaglianza)<br />

Problemi che sorgono nei rapporti di tipo verticale (potere)<br />

Problemi di orientamento e significato<br />

− Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si occupa sia dell’analisi <strong>degli</strong> sviluppi sociali e delle<br />

strutture politiche su piani diversi (locale, nazionale ed <strong>in</strong>ternazionale) per<br />

svelare l’esistenza di repressioni e meccanismi di esclusione; sia su un<br />

piano più tradizionale dal punto di vista sociopedagogico, delle possibilità<br />

di facilitare lo sviluppo, l’apprendimento e la formazione.<br />

− Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si <strong>in</strong>teressa delle possibilità <strong>in</strong>dividuali, dei conf<strong>in</strong>i<br />

socioculturali e culturali dei processi d’apprendimento. In breve, si <strong>in</strong>teressa<br />

dell’uguaglianza e <strong>della</strong> diversità esistenti tra <strong>in</strong>dividui e gruppi e delle<br />

regole che li governano; si <strong>in</strong>teressa dei modelli <strong>in</strong>terpretativi culturali e<br />

delle regole riconosciute come valide, ossia di chi entra nel godimento di<br />

48


diritti e per quale motivo e di chi rientra nei doveri sociali e per quale<br />

ragione.<br />

− Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> vuole cambiare. La valutazione va oltre i conf<strong>in</strong>i nazionali<br />

“<strong>in</strong> all countries social workers see themselves as agents of social changes<br />

and <strong>in</strong>stitutional reform" (Hockenstad 1992, P.182)<br />

− Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, il suo sviluppo, la sua struttura, le sue categorie<br />

fondamentali, le sue prospettive, i suoi punti di vista sui problemi, le sue<br />

garanzie economiche, le sue basi giuridiche, i suoi sistemi formativi e i suoi<br />

contenuti privilegiati sono stati f<strong>in</strong>o ad oggi fortemente orientati alla società<br />

contemporanea e sono stati profondamente <strong>in</strong>fluenzati da quest’ultima. La<br />

struttura di base del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ha un carattere nazionale e ciò non deve<br />

meravigliare, anzi è del tutto comprensibile.<br />

Questa “imago di se stesso” nazionale viene confrontata sempre più con la<br />

crescente <strong>in</strong>ternazionalità <strong>degli</strong> sviluppi politici, sociali ed economici.<br />

Approfondimento<br />

Lorenz, W.(1994)<br />

Social Work <strong>in</strong> a Changig Europe, capitolo 4: Social Work and Academic Discourses è<br />

capitolo 5: Social Work and Social Movements, p.81-127<br />

Adams, A./Erath,P.Shardlow Ed) (2000)<br />

Fundamentals of Social Work <strong>in</strong> Selected European Countries<br />

Capitolo 1: Indroduction:The Challange of Globalisation, p.1-9<br />

E capitolo 10: Towards European Perpectives on Social Work, p.139-143<br />

Allegato 3<br />

Immag<strong>in</strong>e di se stesso<br />

L'immag<strong>in</strong>e, che la pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ha di se stessa/o è<br />

mutata nel tempo. Ci sono autovalutazioni e valutazioni fatte da altri persone e<br />

organisazioni che sono di validità generale e che si sovrappongono.<br />

Semplificando si potrebbe tracciare una l<strong>in</strong>ea che collega i seguenti aggettivi<br />

49


utilizzati per valutare la pedagogia <strong>sociale</strong>/<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>: previdente,<br />

avvocatoria ,emancipativa, orientata al mercato.<br />

Conformemente, i dest<strong>in</strong>atari, a cui il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> è rivolto, figurano come:<br />

oggetti d’assistenza, fruitori, dest<strong>in</strong>atari a cui rivolgersi, bisognosi d’aiuto e<br />

recentemente clienti.<br />

La svizzera Silvia Staub Bernasconi (1995) ha def<strong>in</strong>ito il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> come<br />

“professione dei diritti dell’uomo” <strong>in</strong> chiusura <strong>della</strong> “Campagna per i diritti<br />

dell’uomo”, che fu promossa dall’ONU e poi accolta dalle organizzazioni<br />

<strong>in</strong>ternazionali delle associazioni di categoria <strong>degli</strong> operatori sociali<br />

(International Association of Schools of Social Workers).(vedi allegato 4)<br />

La questione dei diritti umani non fu considerata semplicemente uno dei tanti<br />

aspetti del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, bensì il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> fu def<strong>in</strong>ito “Human Rights<br />

Profession”, <strong>in</strong> virtù del contenuto dei suoi scopi e contributi.<br />

“Il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> deve diventare una professione e deve adoperarsi sul piano<br />

locale, nazionale ed <strong>in</strong>ternazionale <strong>in</strong> favore del benessere <strong>in</strong>dividuale, dei<br />

diritti sociali, <strong>della</strong> giustizia <strong>sociale</strong> che conduca al progressivo sviluppo <strong>degli</strong><br />

uom<strong>in</strong>i; deve contribuire <strong>in</strong> questo modo al mutamento <strong>sociale</strong>. Il suo impegno<br />

<strong>in</strong>ternazionale tutela le condizioni locali, i punti cruciali a livello <strong>sociale</strong> e la<br />

vulnerabilità <strong>degli</strong> uom<strong>in</strong>i da eventuali choc socioeconomici e culturali.” (p.74)<br />

Campi d’attività<br />

La pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> è difficilmente conf<strong>in</strong>abile all’<strong>in</strong>terno di<br />

un campo d’attività facilmente def<strong>in</strong>ibile. Gli ambiti <strong>in</strong> cui la prassi <strong>della</strong><br />

pedagogia <strong>sociale</strong>/<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si riferisce, accompagnano l’uomo nell’arco<br />

<strong>della</strong> sua esistenza, dalla nascita alla morte. Si tratta di una prestazione di<br />

servizi, sia di tipo materiale che rivolta ad <strong>in</strong>dividui, che <strong>in</strong> Germania riguarda<br />

il vasto campo <strong>degli</strong><br />

assistenza sociali (sussidi economici, consulenze, riabilitazione) e <strong>in</strong>terventi <strong>in</strong><br />

campo sanitario e a sostegno <strong>degli</strong> anziani (consulenze, educazione,<br />

assistenza). Al di là <strong>della</strong> semplice presenza <strong>degli</strong> aiuti ed <strong>in</strong>terventi sociali,<br />

50


esistono specifiche attività di pianificazione, ad esempio nell’ambito del<br />

management <strong>sociale</strong>, <strong>della</strong> pianificazione <strong>degli</strong> aiuti forniti ai giovani e delle<br />

proposte di mezzi d’<strong>in</strong>tervento.<br />

In tutti questi settori <strong>in</strong> Germania sono attivi operatori sociali che hanno un<br />

diploma rilasciato da una Fachhochschule (University of Applied Sciences) o<br />

una laurea <strong>in</strong> pedagogia. In complesso c’è una differenziazione tra campi di<br />

attività sia <strong>in</strong> Germania che <strong>in</strong> altri paesi.<br />

In Gran Bretagna esiste un’ampia gamma di settori <strong>in</strong> cui sono attivi gli<br />

operatori sociali, tali settori differiscono l’un l’altro per le nozioni<br />

fondamentali, lo status e le impostazioni delle attività svolte.<br />

“La molteplicità delle connotazioni professionali mostra chiaramente la<br />

tendenza alla specializzazione nell’ambito del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>. Ciò potrebbe<br />

essere visto come un’<strong>in</strong>dicazione <strong>della</strong> scomparsa del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> come<br />

gruppo professionale specifico” (Lyons 1997, p.148)<br />

W. Lorenz ritiene che non sia possibile <strong>in</strong>dividuare tendenze unitarie del<br />

<strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>. I criteri generali <strong>della</strong> professionalizzazione non sono<br />

chiari, <strong>in</strong>oltre gli sviluppi politici e sociali dei paesi europei sono troppo<br />

eterogenei. La concorrenza, pr<strong>in</strong>cipio strategico dell’Unione Europea,<br />

<strong>in</strong>terviene anche nella dimensione <strong>sociale</strong>.<br />

“Gli operatori sociali vennero <strong>in</strong>nalzati ad una posizione fondamentale con la<br />

legge “Community Care” che entrò <strong>in</strong> vigore nel 1993, <strong>in</strong> quanto ad essi fu<br />

affidato il compito di valutare i bisogni dei clienti e allo stesso tempo di<br />

decidere chi fra i nuovi fornitori privati offrisse gli strumenti essenziali per<br />

adempiere alle necessità ad un prezzo più vantaggioso. Dovevano qu<strong>in</strong>di<br />

<strong>in</strong>traprendere rapporti con i fornitori scelti e controllare che tutto procedesse<br />

per il meglio” (Lorenz 1996, p.55)<br />

Come “care managers” devono conciliare gli <strong>in</strong>teressi dei clienti con i ristretti<br />

mezzi pubblici a disposizione.<br />

51


“Social Care” si raffigura come una categoria professionale che acquista<br />

sempre maggior importanza nell’ambito del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> e che è <strong>in</strong> parte<br />

strategicamente <strong>in</strong>trodotta dai datori di <strong>lavoro</strong>.” (Lorenz 2000, p.63)<br />

I conf<strong>in</strong>i con altri gruppi professionali si spostano ed è difficile stabilire a quale<br />

tradizione di competenze professionali specifiche vadano associati gli articolati<br />

compiti pubblici sul piano <strong>sociale</strong> (ad esempio i programmi di riabilitazione<br />

per disoccupati). Tali compiti vanno <strong>in</strong>tesi come parte del percorso di<br />

specializzazione <strong>degli</strong> operatori sociali o si tratta piuttosto di nuove professioni<br />

che si stanno evolvendo all’<strong>in</strong>terno dell’ambito tradizionale del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong><br />

Ne risulta che non solo è presente una concorrenza tra <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong>/pedagogia <strong>sociale</strong> e nuovi gruppi professionali, ma si sta del<strong>in</strong>eando<br />

una nuova concezione del rapporto esistente tra coloro che partecipano<br />

attivamente al dibattito sulla società civile <strong>in</strong> virtù <strong>della</strong> loro formazione<br />

professionale nel settore <strong>sociale</strong> e coloro che prendono parte al suddetto<br />

dibattito spontaneamente.<br />

"In Italia le leggi 141 e 241 del 1990 sui servizi sociali non statali ha messo a<br />

disposizione delle organizzazioni non statali un vasto spazio d’azione. Gli<br />

operatori sociali possono e devono decidere quale sia il servizio <strong>sociale</strong> più<br />

idoneo a cui far riferimento <strong>in</strong> determ<strong>in</strong>ati casi problematici . Essi devono<br />

conciliare le loro responsabilità professionali con le limitazioni dei mezzi che<br />

hanno a disposizione; <strong>in</strong> altre parole “devono farsi carico delle decisioni<br />

sociopolitiche” (Lorenz 1996, p.60)<br />

Concetti centrali<br />

Anche la ricerca di concetti centrali non conduce a molto. Certamente parlando<br />

di aiuti, emergono concetti come: emancipazione, normalità, devianza,<br />

solidarietà, partecipazione, autorizzazione ad agire, <strong>in</strong>tervento, tuttavia questi<br />

concetti derivano spesso da latri ambiti di riferimento di natura socioscientifica<br />

52


e devono essere adattati al campo sociopedagogico e subire qu<strong>in</strong>di una<br />

deformazione.<br />

Inoltre il significato di un concetto varia a seconda dei differenti contesti<br />

storici e/o culturali.<br />

L’uso di categorie sociopedagogiche fondamentali come aiuti o necessità di<br />

aiuto rifiuta il ricorso a modelli comuni di def<strong>in</strong>izione. Ad esempio quando una<br />

persona def<strong>in</strong>ita bisognosa d’aiuto, che non si trova nella situazione di poter<br />

soddisfare con le proprie forze una condizione che concerne se stessa o<br />

l’ambiente circostante e che è considerata da questa persona auspicabile e<br />

preziosa, allora essa chiede aiuto ad altri per essere guidata verso il<br />

raggiungimento dello scopo. Ciò presuppone la tutela culturale dell’<strong>in</strong>dividuo e<br />

l’attribuzione di legittimità alle sue esigenze d’aiuto, la tutela varia<br />

considerevolmente a seconda del contesto culturale; allo stesso modo variano i<br />

tipi di atteggiamento che possono essere assunti.<br />

Nell’articolo “Modi di assitenza <strong>in</strong> condizioni sociali che mutano”, apparso nel<br />

1973, Luhmann, <strong>in</strong> riferimento agli standard del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, sostiene che gli<br />

aiuti rappresent<strong>in</strong>o categorie di relazioni condizionate storicamente e che<br />

costituiscono una determ<strong>in</strong>ata tipologia di <strong>in</strong>terazione tra chi necessita aiuto e<br />

chi presta aiuto. Questa tipologia si presenta <strong>in</strong> modo differente a seconda <strong>della</strong><br />

formazione a cui appartiene.<br />

Luhmann sottol<strong>in</strong>ea che gli aiuti vengono def<strong>in</strong>iti e condotti <strong>in</strong> base alle<br />

mutevoli aspettative dei dest<strong>in</strong>atari; gli aiuti si realizzano se e solo se ci si<br />

aspetta di riceverli.” (cfr 1973, P.21) “Per questo motivo è necessaria<br />

l’esistenza di parametri culturali e accordi prelim<strong>in</strong>ari <strong>in</strong> base ai quali gli<br />

<strong>in</strong>teressati possono comunicare apertamente e anche scontrarsi” (ibid.)<br />

In altre parole gli aiuti sono caratterizzati da particolari regole di reciprocità,<br />

regole che sono assoggettate al cambiamento <strong>sociale</strong>. Per dare una def<strong>in</strong>izione,<br />

Luhmann dist<strong>in</strong>gue 3 tipi di società che si sono succeduti nell’arco dello<br />

sviluppo <strong>sociale</strong>:<br />

53


A)Società arcaica<br />

B)Società altamente acculturata<br />

C)Società moderna<br />

Tipico di A) è la scarsa complessità, la divisione del <strong>lavoro</strong> si basa sui ruoli<br />

sessuali e sull’età.<br />

Il tipo B) presenta già differenze di tipo funzionale, soprattutto un sistema<br />

particolare di ruoli per la religione e per la sfera politica.<br />

La società moderna si differenzia ampiamente dai due precedenti tipi per<br />

quanto riguarda l’ambito <strong>della</strong> politica, <strong>della</strong> scienza, <strong>della</strong> ricerca e<br />

“dell’<strong>in</strong>timità familiare”.<br />

“Essa sviluppa una molteplicità di possibilità dell’esperienza e dell’agire che<br />

non sono più traducibili o controllabili centralmente; genera una d<strong>in</strong>amica<br />

peculiare che anticipa il cambiamento <strong>sociale</strong> oltre ogni misura storicamente<br />

conosciuta” (a.a.O., P.24)<br />

Per quanto riguarda il modo d’agire, gli aiuti significano questo: “Ora come<br />

allora è possibile e sensato aiutare concretamente, quasi prendere un anziano<br />

tra le braccia e condurlo lungo la strada trafficata. Non c’è più il pathos<br />

dell’aiutare, lo si può fare o non fare <strong>in</strong> base agli scopi che si perseguono.”<br />

(a.a.O., P.37)<br />

I tipi di società di Luhmann sono descritti <strong>in</strong> maniera riduttiva. Innanzitutto<br />

con la denom<strong>in</strong>azione società moderne si parte dal 1500 circa ed è necessario<br />

<strong>in</strong>trodurre notevoli differenziazioni; <strong>in</strong>oltre ogni suddivisione <strong>in</strong> fasi diventa<br />

riduttiva nel momento <strong>in</strong> cui si cerca di etichettare i processi sociali di epoche<br />

decisive <strong>in</strong> maniera troppo statica. Per f<strong>in</strong>ire, un simile modo di procedere può<br />

essere talvolta sensato se si fonda su basi euristiche.<br />

Riguardo al contesto <strong>degli</strong> aiuti e del modo di <strong>in</strong>tendere gli aiuti, vale la pena<br />

di considerare lo sviluppo <strong>sociale</strong> del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>/pedagogia <strong>sociale</strong>, <strong>in</strong><br />

quanto il modo di comprendere gli aiuti varia a seconda <strong>della</strong> funzione <strong>sociale</strong><br />

54


e <strong>della</strong> concezione che il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> ha di se stesso. In Italia e Germania il<br />

modo <strong>in</strong> cui lo sviluppo del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si è attuato lo dimostra chiaramente.<br />

Il contesto storico e <strong>sociale</strong> <strong>in</strong>fluenza chiaramente la nascita, l’organizzazione<br />

e le aspettative delle prestazioni d’aiuto; si formano così delle culture <strong>degli</strong><br />

aiuti.<br />

ESEMPIO 1<br />

Bauer (1998) ha condotto delle ricerche sui rapporti <strong>degli</strong> immigrati <strong>in</strong> Francia, Inghilterra,<br />

Germania e Olanda. Riassumendo, egli giunge alla conclusione che <strong>in</strong> <strong>Europa</strong> si sono<br />

costituite a partire dal Medioevo diverse tradizioni di aiuti:<br />

A) Tradizione cristiana confessionale<br />

cattolica<br />

protestante<br />

B) Tradizione illum<strong>in</strong>istica laica<br />

3) Inghilterra: liberale<br />

Francia: laica-borghese-statale<br />

Germania (Prussia): assolutista illum<strong>in</strong>ista<br />

C) Tradizioni all’<strong>in</strong>terno del contesto del movimento <strong>sociale</strong><br />

movimento dei lavoratori: socialista<br />

movimento giovanile: alternativo, di riforme pedagogiche<br />

movimento delle donne: femm<strong>in</strong>ista<br />

movimento nazional-fascista: razzista<br />

Queste tradizioni di aiuti sono differenti ed hanno <strong>in</strong>fluenzato f<strong>in</strong>o ad oggi la concezione che<br />

gli specialisti hanno <strong>della</strong> struttura dei servizi sociali e delle funzioni del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>.<br />

Bauer dist<strong>in</strong>gue 4 diversi direzioni fondamentali. Sia che gli aiuti siano rivolti al s<strong>in</strong>golo a a<br />

gruppi, essi mirano all’<strong>in</strong>clusione o all’esclusione dalla società di coloro che usufruiscono<br />

<strong>degli</strong> stessi aiuti.<br />

55


L’esempio del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> con gli immigrati <strong>in</strong> Germania, Francia ed Inghilterra mostra<br />

come le tradizioni <strong>degli</strong> aiuti si siano susseguite f<strong>in</strong>o ad oggi. I rapporti con gli immigrati<br />

provano che nei suddetti paesi si può fondamentalmente dist<strong>in</strong>guere tra relazioni che mirano<br />

o all’esclusione o all’<strong>in</strong>clusione di questi ultimi e tra offerte d’aiuto <strong>in</strong>dividuali o collettive.<br />

“La cultura tedesca <strong>degli</strong> aiuti unisce nei pr<strong>in</strong>cipi del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> rivolto agli immigrati<br />

l’impostazione <strong>in</strong>dividualizzata e lo scopo dell’esclusione.” (P.11) In questo concezione,<br />

che deriva dall’asssolutismo illum<strong>in</strong>ato, racchiude concetti come quello di paternalismo: gli<br />

stranieri vengono classificati come oggetti d’assistenza <strong>in</strong> quanto bisognosi d’aiuto e<br />

m<strong>in</strong>orenni. Gli immigrati vengono presi per mano. In Francia al contrario, come spiega<br />

Bauer, i portavoce delle comunità etniche compaiono di fronte allo stato, <strong>in</strong> quanto<br />

riconosciuti come rappresentanti dei loro connazionali e correligionari; ossia le<br />

organizzazioni <strong>degli</strong> immigrati hanno un peso politico e una funzione pubblica attraverso i<br />

loro rappresentanti.<br />

Le moderne società si contraddist<strong>in</strong>guono per il fatto che le prestazioni d’aiuto non sono<br />

spontanee, ma organizzate e chi presta aiuto, chi stabilisce che una data circostanza è<br />

problematica e dunque necessita una risoluzione e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e chi organizza gli aiuti varia da<br />

paese a paese. Le diverse associazioni che si occupano di prestazioni di aiuti e di sistemi di<br />

sicurezza ed <strong>in</strong>tervento <strong>sociale</strong>, se vogliono portare avanti con successo collaborazioni,<br />

progetti e programmi <strong>in</strong>ternazionali, devono essere conosciute.<br />

ESEMPIO 2<br />

“Nella dichiarazione n°23 <strong>in</strong> appendice al trattato di Maastricht si fa riferimento al peculiare<br />

significato delle organizzazioni di assistenza. La conferenza sottol<strong>in</strong>ea che per raggiungere<br />

determ<strong>in</strong>ati scopi è assolutamente necessaria una collaborazione <strong>della</strong> Comunità Europea e<br />

delle associazioni e fondazioni che si occupano di assistenza, <strong>in</strong> quanto promotrici di<br />

provvedimenti e servizi.” (Si veda Art. n°117 del trattato riguardante la creazione <strong>della</strong><br />

Comunità Europea)<br />

Seibel scrive a proposito di ciò: “se si comparano le versioni <strong>in</strong> francese e <strong>in</strong> <strong>in</strong>glese <strong>della</strong><br />

dichiarazione contenuta nell’articolo n°117 del trattato, si notano le seguenti differenze:<br />

mentre <strong>in</strong> Germania si considerano quasi esclusivamente le pr<strong>in</strong>cipali associazioni di<br />

assistenza, <strong>in</strong> Gran Bretagna con il term<strong>in</strong>e charitable associations (organizzazione a scopi<br />

benefici) si <strong>in</strong>tendono al contrario 442 organizzazioni diverse e attive <strong>in</strong> 18 differenti settori,<br />

che sono riunite all’<strong>in</strong>terno di un’associazione dirigente (National Council of Voluntary<br />

Organisations/NCVO). In Francia circa 9500 associazioni appartengono alla cosiddetta<br />

Association de Solidarieté (associazioni di mutuo impegno e senso comune), le quali sono<br />

56


attive <strong>in</strong> campo <strong>sociale</strong> e riunite <strong>in</strong> associazioni dirigenti; ogni associazione dirigente conta<br />

22 associazioni regionali.” (Seibel 1998, p.141 e seguenti)<br />

E’ palese che una simile situazione conduca alla nascita di problemi, <strong>in</strong>comprensioni e false<br />

<strong>in</strong>terpretazioni.<br />

6.Considerazioni conclusive<br />

Il processo di nascita e sviluppo <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> deve<br />

sempre essere considerato <strong>in</strong> un contesto più ampio che comprende lo sviluppo<br />

<strong>sociale</strong>, <strong>in</strong>terdiscipl<strong>in</strong>are e socioscientifico. Sembra si possano dist<strong>in</strong>guere fasi<br />

di sviluppo(es. Rauschenbach 1991:Dal volotariato dal professione,<br />

specializzazione, accademizzazione, professionalizzazione. Si veda quanto<br />

detto precedentemente). Questi aspetti sono tuttavia chiaramente diversi a<br />

seconda dei paesi e <strong>degli</strong> ambiti di <strong>lavoro</strong>.<br />

Il <strong>lavoro</strong> con i giovani ad esempio è dom<strong>in</strong>ato pr<strong>in</strong>cipalmente da personale che<br />

non ha ricevuto una formazione pert<strong>in</strong>ente. L’orientamento verso modelli di<br />

professionalizzazione sembra essere più una faccenda che riguarda scienziati<br />

che un tema di <strong>in</strong>teresse <strong>degli</strong> esperti del settore.<br />

Tutto ciò <strong>in</strong>troduce un ulteriore problema, ossia per poter misurare il terreno<br />

sociopedagogico è importante dist<strong>in</strong>guere tra professione e discipl<strong>in</strong>a. (Cfr.<br />

Scherr 1996) "Le discipl<strong>in</strong>e possono essere def<strong>in</strong>ite come un sapere scientifico<br />

che viene trasmesso con l’<strong>in</strong>segnamento; le professioni <strong>in</strong>vece sono un sistema<br />

di argomenti basato sulla scienza.” E’ la struttura delle esigenze del mercato<br />

del <strong>lavoro</strong> che def<strong>in</strong>isce le professioni e non un ord<strong>in</strong>amento discipl<strong>in</strong>are del<br />

sapere scientifico. Mentre per alcuni gruppi professionali (es. gli <strong>in</strong>segnanti) è<br />

chiaro cosa possono e debbano sapere, per i pedagoghi sociali ciò è <strong>in</strong>vece<br />

confuso e discusso.<br />

Nella determ<strong>in</strong>azione <strong>della</strong> posizione <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong>/assistenza <strong>sociale</strong> che è stata f<strong>in</strong>o ad ora presentata, si deve constatare<br />

che si tratta fondamentalmente di euforiche autoaffermazioni del <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong>. Esse derivano da un discorso socioscientifico che tenta di dare forma<br />

57


scientifica alla pedagogia <strong>sociale</strong>/il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> per assicurarle un posto nella<br />

compag<strong>in</strong>e delle scienze; la politica e la prassi però prendono spesso distanza<br />

da questo atteggiamento e vanno per la loro strada.<br />

In occasione del ventesimo anniversario <strong>della</strong> fondazione <strong>della</strong> rivista<br />

specialistica Neue Praxis, è apparso un volume particolare che contiene un<br />

contributo di W. H<strong>in</strong>te e W. Spr<strong>in</strong>ger (1992) dal titolo Sulla mancanza di<br />

conseguenze <strong>della</strong> scienza critica del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>, dove si legge:<br />

“considerando le situazioni problematiche che vanno acutizzandosi e la<br />

crescente burocratizzazione nelle istituzioni, non è solo uno sguardo analitico<br />

che aiuta i professionisti, bensì capacità, coraggio, stabilità, facoltà strategiche<br />

e capacità di stabilire contatti. Tutto ciò si apprende leggendo un buon libro<br />

solo parzialmente e nemmeno un’ulteriore formazione riguardante un certo<br />

tipo di terapia è una valida alternativa.” (p.114) Questa affermazione non va<br />

considerata, almeno così ritengo, come un’arr<strong>in</strong>ga a favore di una pedagogia<br />

<strong>sociale</strong> spensierata; bensì come un <strong>in</strong>vito ad accertarsi del reale raggio<br />

d’azione <strong>della</strong> prassi sociopedagogica, cosa che è solo possibile attraverso la<br />

riflessione. La perfetta r<strong>in</strong>uncia alla critica, alle controprogettazioni, alle utopie<br />

priverebbe la pedagogia <strong>sociale</strong> del suo carattere <strong>sociale</strong> e orientato allo<br />

sviluppo dell’umanità e il suo ruolo diventerebbe riduttivamente quello di<br />

contribuire all’attuazione di una politica <strong>sociale</strong> sempre più repressiva. Questa<br />

è una tendenza che si ripropone attraverso l’<strong>Europa</strong>.<br />

Critica non è, come disse M. Horkheimer, una cosa da criticoni; bensì un<br />

confronto tra la società e le sue migliori possibilità. In scala <strong>in</strong>ternazionale ciò<br />

significa rielaborare una def<strong>in</strong>izione reale del contesto <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong><br />

che esam<strong>in</strong>i sue funzioni nella società <strong>in</strong>dustriale <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uo progresso. Si<br />

tratta di mettere spazi e servizi sociali a disposizione di bamb<strong>in</strong>i, giovani,<br />

adulti e anziani e <strong>della</strong> loro esistenza all’<strong>in</strong>terno di grandi sistemi di istituzioni<br />

(famiglia, scuola, mondo del <strong>lavoro</strong> retribuito, spazi socioecologoci); tali spazi<br />

e servizi devono loro permettere di condurre una vita normale e garantire loro<br />

l’<strong>in</strong>tegrazione, <strong>in</strong>tesa come <strong>in</strong>clusione nel sistema delle istituzioni e del mondo<br />

58


<strong>sociale</strong>. Con questi <strong>in</strong>teressi volti alla normalità (es all’<strong>in</strong>tegrazione)<br />

contrastano e si fondono <strong>in</strong>teressi <strong>della</strong> società e <strong>degli</strong> <strong>in</strong>dividui.<br />

Lo scopo dell’<strong>in</strong>tegrazione non è compatibile con il discorso programmatico,<br />

derivante dal dibattito scientifico riguardante l’autorizzazione ad agire e la<br />

partecipazione: cosa hanno mostrato la teoria e la pratica<br />

dell’educazione/pedagogia <strong>in</strong>terculturale Dove e a che cosa deve essere<br />

<strong>in</strong>tegrato Chi def<strong>in</strong>isce l’<strong>in</strong>tegrazione Chi contribuisce a questo processo di<br />

<strong>in</strong>tegrazione Chi <strong>in</strong>vece lo ostacola Qui riemergono le domande sul potere di<br />

cui S. Staub Bernasconi ha parlato.<br />

La pedagogia <strong>sociale</strong> /il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> come supporto <strong>della</strong> realizzazione <strong>della</strong><br />

vita e istanza dell’analisi di problemi sociali è legata <strong>in</strong> maniera molteplice ai<br />

processi <strong>in</strong>ternazionali di socializzazione che sono <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uo divenire. Infatti<br />

il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> è un’istanza che ha molto a che fare con coloro che sono<br />

sconfitti dai processi di modernizzazione. Il settore <strong>sociale</strong> (Filtz<strong>in</strong>ger 1995<br />

P.108) deve diventare consapevole che <strong>in</strong> virtù dei processi di trasformazione<br />

(migrazioni, europeizzazione, <strong>in</strong>ternazionalizzazione) sarà sempre più<br />

caratterizzato da un <strong>in</strong>treccio di cambiamenti <strong>in</strong>terdipendenti e che questi<br />

processi di cambiamento <strong>in</strong>fluiranno sull’ambito <strong>della</strong> formazione,<br />

dell’educazione, del <strong>lavoro</strong>, <strong>della</strong> produzione e del mercato. L’apertura<br />

<strong>in</strong>tercultirale diverrà un postulato <strong>in</strong>evitabile di tutte le istituzioni sociali di<br />

rilievo.<br />

Ciononostante si deve considerare che il <strong>sociale</strong> come elemento di un processo<br />

di socializzazione <strong>in</strong>ternazionale <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uo sviluppo è ancora poco tangibile.<br />

Da un lato sperimentiamo l’<strong>in</strong>dividualizzazione, dall’altro lato so <strong>in</strong>s<strong>in</strong>ua la<br />

globalizzazione delle relazioni…..”f<strong>in</strong>o ad oggi non esiste una concezione<br />

unitaria di come debba apparire la dimensione <strong>sociale</strong> dell’<strong>Europa</strong>…” (Becker<br />

1996, p.10)<br />

In altri contesti spicca il carattere particolare <strong>della</strong> politica <strong>sociale</strong><br />

europea…..”con il concetto di politica <strong>sociale</strong> dell’Unione Europea si <strong>in</strong>tende<br />

pr<strong>in</strong>cipalmente la politica dei lavoratori; ossia al di fuori di ciò che ha a che<br />

59


vedere con l’attività professionale, l’Unione è piuttosto limitatamente<br />

competente” (p.11) Ma la pedagogia <strong>sociale</strong> /il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> non può<br />

arrestarsi. “La nuova <strong>Europa</strong> è f<strong>in</strong>o ad oggi soprattutto un’unione dei<br />

rappresentanti del sistema di produzione e scambio tra organizzazioni ed è<br />

caratterizzata da funzioni di impresa senza consultazione e partecipazione dei<br />

rappresentanti delle stesse imprese che collaborano…..<strong>in</strong> questo caso ciò che<br />

emerge è l’umanizzazione del capitale piuttosto che il capitale umano.” (Staub<br />

Bernasconi 1990 p: 141/48)<br />

Gli esempi mostrano che il <strong>sociale</strong> non viene come valore decisivo del futuro<br />

processo di socializzazione <strong>in</strong> <strong>Europa</strong> da parte di coloro che hanno facoltà e<br />

potere di prendere decisioni. Se ne parla poco nella dichiarazione e di<br />

conseguenza non viene reputato importante, un po’ come avviene con le leggi<br />

dei mass media, cioè non viene trasmesso ciò che non è importante. Tuttavia<br />

dobbiamo <strong>in</strong>dagare sulla tradizione <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong> <strong>in</strong> <strong>Europa</strong> e<br />

svilupparla ulteriormente. Belardi sottol<strong>in</strong>ea che la pedagogia <strong>sociale</strong> è sempre<br />

più orientata <strong>in</strong>ternazionalmente, basta pensare alla pedagogia scolastica: “il<br />

rapporto <strong>in</strong>ternazionale è <strong>in</strong>iziato subito dopo il passaggio da un secolo<br />

all’altro attraverso il trasferimento dei metodi del casework e supervision. Più<br />

tardi si aggiunsero anche le teorie socioscientifiche. L’<strong>in</strong>ternazionalità si<br />

manifesta attraverso il confronto su risoluzioni di situazioni problematiche (es.<br />

immigrati, m<strong>in</strong>oranze, unione Europea) e l’<strong>in</strong>troduzione di nuove competenze”<br />

(p.146)<br />

Ancora prima Sander stabilisce che il confronto e la cooperazione<br />

<strong>in</strong>ternazionale non sono fenomeni nuovi, bensì nati quasi <strong>in</strong> contemporanea<br />

con lo stesso <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> moderno: “non è un caso che con la nascita,<br />

avvenuta circa 150 anni fa, delle condizioni di dom<strong>in</strong>io, <strong>lavoro</strong> e vita tipiche<br />

del capitalismo siano sia sorti <strong>in</strong> concomitanza anche nuovi problemi sociali di<br />

carattere <strong>in</strong>ternazionale negli stati <strong>in</strong>dustrializzati; l’analisi e la risoluzione di<br />

tali problemi ha evidenziato l’esistenza di un contesto <strong>in</strong>ternazionale.” (P.96)<br />

60


Si può giungere alla seguente conclusione: l’<strong>in</strong>ternazionalità ha una tradizione<br />

nella pedagogia <strong>sociale</strong> che non è però consolidata. I confronti risultano<br />

difficili a causa <strong>della</strong> molteplicità di forme attraverso cui il <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> si<br />

manifesta e non danno grossi contributi ai lavori <strong>degli</strong> esperti. Gli “addetti ai<br />

lavori” sono comunque coscienti che l’attuale necessità di questa dimensione<br />

dimenticata/trascurata del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong>/ pedagogia <strong>sociale</strong> sia ancora troppo<br />

esigua, sebbene l’<strong>in</strong>terculturalità, <strong>in</strong>tesa come punto di <strong>in</strong>contro e dibattito su<br />

progetti che riguardano la vita e la realizzazione di tali progetti, contribuisca a<br />

del<strong>in</strong>eare il profilo del <strong>lavoro</strong> <strong>sociale</strong> all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> società.<br />

Non è necessario costruire la pedagogia <strong>sociale</strong> <strong>in</strong>ternazionale, si deve<br />

piuttosto esam<strong>in</strong>are attentamente l’<strong>in</strong>terculturalità che è stata sempre un<br />

elemento centrale <strong>della</strong> pedagogia <strong>sociale</strong> e adeguarla a nuove esigenze<br />

61


7.Bibliographia<br />

AdamsA./Erath P./<br />

Shardlow, St.(Ed.) (2000)<br />

Fundamentals of social work <strong>in</strong> selected European<br />

Countries Dorset: Russell House Publish<strong>in</strong>g<br />

Adams, A./Erath, P./<br />

Shardlow, St.(Ed)(2001) Key Themes <strong>in</strong> European SocialWork .<br />

Theory practice perspectives.<br />

Dorset: Russel House Publish<strong>in</strong>g<br />

Barboloni,<br />

Barwig, K./<br />

H<strong>in</strong>z-Rommel, W. (Hg.)(1995)<br />

Bauer, R. (1998)<br />

Becker, A. (1996)<br />

Belardi, N.(1995)<br />

Bernhard, A.(Hg.) (1996)<br />

Bernhard, A.(1999)<br />

Böhnisch, L.(1992)<br />

Bolognari,V./<br />

Kühne,K.(a cura di) (1997)<br />

Bridge, G.(2000)<br />

Busch, F.W.(1991)<br />

Chytil, O./<br />

Seibel, F.W.(Hg.)(1999)<br />

Engelke, E.(1992)<br />

Interkulturelle Öffnung sozialer Dienste:<br />

Freiburg Lambertus<br />

Sozialarbeit und Migration. Von der<br />

Unterschiedlichkeit der Hilfekulturen und<br />

des Stellenwertes der <strong>in</strong>termediären<br />

Dienste <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>. In: Migration und Soziale Arbeit<br />

1/1998, p.16-23<br />

<strong>Europa</strong>bezogene Weiterbildung <strong>in</strong> den<br />

Sozialwissenschaften. Ma<strong>in</strong>z: Schriftenreihe des<br />

Pädagogischen Instituts der Universität Ma<strong>in</strong>z<br />

Internationalität der Sozialen Arbeit.<br />

In: Archiv für Wissenschaft und Praxis der<br />

Sozialen Arbeit, 2/1995, p.146-157<br />

Interkulturelle Aspekte sozialpädagogischen<br />

Handelns. Überlegungen zu Ausbildungs<strong>in</strong>halten und<br />

Praxiskompetenzen. Ma<strong>in</strong>z: Schriftenreihe des<br />

Pädagogischen Instituts der Universität Ma<strong>in</strong>z<br />

Netzwerke der Sozialpädagogik/Sozialarbeit im Prozeß<br />

der Europäisierung.In: Neue Praxis 4/1999, p. 341-353<br />

Sozialpädagogik des K<strong>in</strong>des- und Jugendalters.<br />

We<strong>in</strong>heim: Juventa<br />

Povertà, Migrazione,Rassismo. Il <strong>lavoro</strong><br />

<strong>sociale</strong> ed educativo In <strong>Europa</strong>.<br />

Bergamo: edizione junior<br />

Reflections on the Process of Develop<strong>in</strong>g<br />

Social Work <strong>in</strong> Eastern Europe.<br />

In:Social Work <strong>in</strong> Europe I/2000,p.31-39<br />

Vergleichende Bildungsforschung vor neuen<br />

Aufgaben.<br />

In: Bildung und Erziehung 1/1991, p. 5-25<br />

Europäische Dimensionen <strong>in</strong> der Ausbildung<br />

und Praxis der SozialenProfessionen.<br />

Boskovice: Albert<br />

Soziale Arbeit als Wissenschaft.<br />

E<strong>in</strong>e Orientierung.Freiburg: Lambertus<br />

Erath,P./Hämälä<strong>in</strong>,J. (2001) Social work Theories. In.<br />

Adams/Erath/Shardlow (Ed)Key themes <strong>in</strong> European<br />

Social work, capitolo 3<br />

62


Fasol, R.(2000)<br />

Social Work <strong>in</strong> Italy.<br />

In Adams/Erath/Shordlow (Ed.), p-65-82<br />

Filtz<strong>in</strong>ger, O (1993)<br />

Berufsprofile und Ausbildung sozialer<br />

Fachkräfte <strong>in</strong> Italien.<br />

In: Guerra,L./Sander, G.(Hg.) a.a.O.,<br />

S.135-158<br />

Filtz<strong>in</strong>ger, O. (1995)<br />

Gesellschaftliche Entwicklungstendenze und<br />

<strong>in</strong>terkulturelle Öffnung. In:<br />

Barwig/H<strong>in</strong>z-Rommel (Hg.), a.a.O.p.103-122<br />

Filtz<strong>in</strong>ger, O./Salvatori, F.(1997) Soziale Arbeit <strong>in</strong> Italien. In:Puhl, R/<br />

Maas,U.(Hg.) a.a.O .,p 23-39<br />

Friesenhahn, G.J.(1990)<br />

Wie praxisorientiert soll die Ausbildung se<strong>in</strong><br />

<strong>Studi</strong>um der Sozialpädagogik -von allem e<strong>in</strong> bißchen<br />

und das nicht richtig In.Westdeutsche Schulzeitung 7-<br />

8/1990, p.169-170<br />

Friesenhahn, G.J.(1992) Aspekte <strong>in</strong>ternationaler und <strong>in</strong>terkultureller Sozialer<br />

Arbeit.<br />

In:Schäfer/Seibel (Hg.), a.a.O. p.13-37<br />

Friesenhahn, G.J.(1993)<br />

Friesenhahn,G.J./<br />

Seibel, F.W.(1994)<br />

Friesenhahn, G.J/<br />

Seibel F.W. (1994)<br />

<strong>Europa</strong> non è lontana. <strong>Studi</strong>are <strong>in</strong>/per l'<strong>Europa</strong>.<br />

In:Albero e Elica 3-4 1993<br />

A European Dimension <strong>in</strong> the Initial Tra<strong>in</strong><strong>in</strong>g of Youth<br />

and Community Workers. In: Seibel, F.W.(Ed.)<br />

European Dimensions <strong>in</strong> the Initial Tra<strong>in</strong><strong>in</strong>g of Youth<br />

and Community Workers, (<strong>in</strong>sieme con O.Filtz<strong>in</strong>ger,<br />

Luigi Guerra u.a.), Koblenz .ECCE-Eigenverlag 1994<br />

Youth Work Tra<strong>in</strong><strong>in</strong>g <strong>in</strong> Germany. In Seibel, F.W. (Ed)<br />

a.a.O. p.23 35<br />

Friesenhahn, G.J.(1995) (Wieder-)Belebung der <strong>in</strong>ternationalen Dimension<br />

Sozialer Arbeit.<br />

In:Jugendhilfe 4/1995, p.195-203<br />

Friesenhahn, G.J.(1997)<br />

Friesenhahn, G.J (1997)<br />

Sviluppo del curriculum: come passare da un’agenda<br />

nazionale ad una <strong>in</strong>terculturale. In Bolognari/Kühne (a<br />

cura di) Povertà, Migrazione, Razzismo.<br />

Bergamo:edizione junior, p.229-235<br />

Stereotipi, meccanisme di difesa e <strong>in</strong>terventi educativi.<br />

In :Negr<strong>in</strong>i, A.(a cura di):Migrazioni <strong>in</strong> <strong>Europa</strong> e<br />

formazione <strong>in</strong>terculturale. Bologna:Editrice<br />

Missionaria Italiana,p.45-55<br />

Friesenhahn,G.J.(1996)<br />

Kompetent handeln <strong>in</strong> <strong>in</strong>terkulturellen Arbeitsfeldern<br />

der sozialen Arbeit.<br />

In: Bernhard (Hg.), a.a.O., p. 117-136<br />

Friesenhahn, G.J.(Red) (1998) Lernen und Soziales Engagement für <strong>Europa</strong>.<br />

Interkulturelle Arbeitshilfen. Herausgegeben vom<br />

Deutschen Roten Kreuz (DRK) und INTEREST.Bonn:<br />

DRK-Eigenverlag (1998a)<br />

63


Friesenhahn, G.J./<br />

Kniephoff, A.(1998) Interkulturelle Kompetenz als Schlüsselbegriff.<br />

Plädoyer für die Internationalisierung des <strong>Studi</strong>ums.<br />

In Sozialmagaz<strong>in</strong> 10/1998 (1998b)<br />

Friesenhahn, G.J.(1999)<br />

Management des Interkulturellen.<br />

In: Psychosozial IV/1999, p.117-128<br />

Friesenhahn,G.J./<br />

Kniephoff, A./<br />

Seibel, F.W. (2000) Die <strong>in</strong>ternationale Dimension im <strong>Studi</strong>um Sozialer<br />

Arbeit und Erziehung.In: Der Pädagogische Blick<br />

2/2000, p. 87-96<br />

Gildemeister, R.(1983)<br />

Als Helfer überleben. Neuwied: Luchterhand<br />

Göppner,H.J./<br />

Oxenknecht-Witzsch, R.(Hg.)<br />

(1998) Soziale Arbeit und Sozialarbeitswissenschaft <strong>in</strong> e<strong>in</strong>em<br />

sich wandelnden<strong>Europa</strong>. Freiburg:Lambertus<br />

Guerra, L./<br />

Sander,G.(Hg.) (1993)<br />

Sozialarbeit <strong>in</strong> Italien. Rhe<strong>in</strong>felden.Schäuble<br />

Guerra, L./Hamburger,F./<br />

Robertson, A.<br />

(a cura di) (1996) Educazione Communitaria <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>.<br />

Bergamo:edizione junior<br />

Hamburger, F.(Hg.) (1994)<br />

Herrmann, P./<br />

Kusche,Chr. (1997)<br />

Her<strong>in</strong>g, S./Münchmeier, R.(2000)<br />

Hokenstead, M.C. (1992)<br />

Innovation durch Grenzüberschreitung.<br />

Rhe<strong>in</strong>felden: Schäuble<br />

Sozialarbeit <strong>in</strong> der EU. Rhe<strong>in</strong>felden: Schäuble<br />

Geschichte der Sozialen Arbeit. We<strong>in</strong>heim: Juventa<br />

Social Work Today and tommorrow: An International<br />

Perspective In:Hokenstad, M.C.(Ed.): Profiles <strong>in</strong><br />

International Social Work.Wash<strong>in</strong>gton:NASW Presss,<br />

p. 181-192<br />

H<strong>in</strong>te, W./Spr<strong>in</strong>ger,W. Über die Folgenlosigkeit kritischer<br />

Sozialarbeitswissenschaft.<br />

In:Otto/Hirschhauer/Thiersch (Hg.), a.a.O., p. 111-119<br />

Hume, S./Benvenuti, P./<br />

Grist<strong>in</strong>a, D./Riege, M.( 1998)<br />

Jakubeit, G./<br />

Schattenhofer, K.(1996)<br />

Jung, R./Schäfer,H.M./<br />

Seibel, F.W. (Hg.) (1997)<br />

Kornbeck, J.(1998)<br />

Kerst<strong>in</strong>g, H.J./<br />

Riege, M.(Hrsg) (2001)<br />

Paradox <strong>in</strong> professional practice. A tri-national study <strong>in</strong><br />

England, Germany and Italy.<br />

In European Journal of Social Work 1/1998, p.55-70<br />

Fremdheitskompetenz. E<strong>in</strong> Weg zum aktiven Nebenund<br />

Mite<strong>in</strong>ander von Deutschen und Fremden.<br />

In: Neue Praxis 5/1996, p.389-409<br />

Economie Sociale. Frankfurt.IKO Verlag<br />

Research<strong>in</strong>g Social Work Professionalisation <strong>in</strong> the<br />

Context of European Integration.<br />

In:Social Work <strong>in</strong> Europe III/1998, p.37-46<br />

Internationale Sozialarbeit.<br />

Mönchengladbach: Kerst<strong>in</strong>g Verlag<br />

64


Kreidenweis,H./<br />

Treptow, R. (1990)<br />

Internationalität.-Fragen an die vergleichende<br />

Sozialarbeit/Sozialpädagogik.<br />

In: Neue Praxis 1/1990, p.3649<br />

Klüsche W.(Hg.) (1994) Professionelle Identitäten <strong>in</strong> der<br />

Sozialarbeit/Sozialpädagogik-<br />

Mönchengladbach: Kerst<strong>in</strong>g Verlag<br />

Lorenz, W. (1992)<br />

Lorenz, W.(1994)<br />

Lorenz, W.(1996)<br />

Lorenz, W.(1999)<br />

Lorenz,W.(2000)<br />

Lorenz, W. (2001)<br />

Luhmann, .N (1973)<br />

E<strong>in</strong>heit und Vielheit. Gedanken zur Lage der Sozialen<br />

Arbeit <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>.<br />

In Schäfer,H.M./Seibel, F.W. a.a.O., p.39-52<br />

Social Work <strong>in</strong> an Chang<strong>in</strong>g Europe<br />

London: Routlegde<br />

Sozialarbeit <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>.<br />

In: Treptow (Hg.), a.a.O. p.51-63<br />

The role of tra<strong>in</strong><strong>in</strong>g <strong>in</strong> prepar<strong>in</strong>g socio-educational care<br />

workers to meet the challenges of social change.<br />

Unveröffentlichtes Manuskript, Antwerpen 1999<br />

Möglichkeiten e<strong>in</strong>er europäischen Sozialen Arbeit.<br />

In: Müller, S.u.a.(Hg.)Soziale Arbeit. Gesellschaftliche<br />

Bed<strong>in</strong>gungen und professionelle Perspektiven.<br />

Neuwied: Lucherhand, p.61-78<br />

Internationale Soziale Arbeit<br />

In:Otto,H.U./Thiersch,H.(Hg). Handbuch<br />

Sozialarbeit/Sozialpädagogik. Neuwied: Luchterhand<br />

Formens des Helfens im Wandel gesellschaftlicher<br />

Bed<strong>in</strong>gungen.In. Otto,H.U./Schneider, S.(Hg.)<br />

Gesellschaftliche Pespektiven der Sozialarbeit,<br />

1.Band. Neuwied:Luchterhand, p.21-43<br />

Lyons, K.(1999)<br />

International Social Work: Themes and Perspectives.<br />

Hants:Ashgate<br />

Marcon, P.(a cura di) (1989) Educatori nell '<strong>Europa</strong> del 1992. IIES/AIEJI<br />

Macon, P. (1998)<br />

L'unione Europea e noi. Lavoratori die servizi sociali.<br />

In:I problemi <strong>della</strong> pedagogia 4-6/1998, p.341-355<br />

Mollenhauer, K. (1973)<br />

Erziehung und Emanzipation.<br />

We<strong>in</strong>heim: Beltz 6.Aufl.1973<br />

Mollenhauer, K. (1987) Die Ursprünge der Sozialpädagogik <strong>in</strong> der<br />

Müller, B. (1993)<br />

<strong>in</strong>dustriellen.Gesellschaft.We<strong>in</strong>heim: Beltz<br />

Das Soziale und die Fremden.<br />

In. Neue Praxis 1-2/1993, p.1-11<br />

Müller, C.W.(1988) Wie Helfen zum Beruf wurde, Bd.1 und 2.<br />

We<strong>in</strong>heim: Beltz<br />

Müller, H.(1996) Interkulturelle Pädagogik und Sozialpädagogik.<br />

Anmerkungen zue<strong>in</strong>em unbestimmten Verhältnis. In:<br />

Bernhard, A, (Hg.), a.a.O., p.15-45<br />

Münchmeier,R. (1981)<br />

Zugänge zur Geschichte der Sozialarbeit.<br />

München:Juventa<br />

Olk,Th./Otto, H.-U.(1987) Institutionalisierungsprozesse sozialer Hilfen -<br />

Kont<strong>in</strong>uitäten und Umbrüche. In: Olk, Th./Otto, H.U.<br />

(Hg.) Soziale Dienste im Wandel 1:<br />

Neuwied: Luchterhand, p.1-25<br />

65


Polmoni, M.L.(1993)<br />

Geschichte der Fürsorge und der sozialen Dienste.<br />

In: Guerra, L./Sander ,G. (Hg.) Sozialarbeit <strong>in</strong> Italien.<br />

Rhe<strong>in</strong>felden:Schäuble, p.27-40<br />

Thiersch, H.(Hg.) (1992)<br />

Zeitzeichen sozialer Arbeit. Neuwied: Luchterhand<br />

Pfaffenberger, H. (1982) Grundfragen und Basisthesen e<strong>in</strong>er<br />

sozialpädagogischen Komparatistik.In: Keil. S.<br />

u.a.(Hg.) <strong>Studi</strong>enreform und Handlungskompetenz im<br />

außerschulischen Erziehungs- und Sozialwesen.<br />

Neuwied: Luchterhand, p.131-135<br />

Pfaffenberger,H./<br />

Trenk-H<strong>in</strong>tenberger,P(1988) Internationale Sozialarbeit/Sozialpädagogik. In:Kreft,<br />

W./Mielenz, I.(Hg.) Wörterbuch Soziale Arbeit.<br />

We<strong>in</strong>heim:Beltz-Verlag, 3.Auflage,p.287-288<br />

Pitts,J.(1994)<br />

What can we learn <strong>in</strong> Europe.<br />

In.Social Work <strong>in</strong> Europe 1/1994, p.48-53<br />

Puhl,R./<br />

Maas, U.(Hg.)(1997)<br />

Soziale Arbeit <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>. We<strong>in</strong>heim: Juventa<br />

Rauschenbach, Th. (1991) Sozialpädagogik - e<strong>in</strong>e wissenschaftliche Diszipl<strong>in</strong><br />

ohne VorbildIn: Neue Praxis 1/1991, p.1-11<br />

Riege, M.(1996)<br />

Frauen <strong>in</strong> der Sozialen Arbeit. Deutsche, englische und<br />

italienische Sozialarbeiter<strong>in</strong>nen im Vergleich.<br />

Mönchengladbach: Eigenverlag der Fachhochschule<br />

Mönchengladbach<br />

Sachsse, Chr.(1986)<br />

Sander, G. (Hg.) (1994)<br />

Mütterlichkeit als Beruf. Frankfurt:Suhrkamp<br />

Die europäische Integration und ihre sozialpolitischen<br />

Perspektiven.Ma<strong>in</strong>z: Schriftenreihe des Pädagogischen<br />

Instituts der Universität Ma<strong>in</strong>z<br />

Sander, G. (1996) Internationale Vergleichende und Interkulturelle<br />

<strong>Studi</strong>en im Diplomstudiengang Erziehungswissenschaft<br />

und im ERASMUS-Progamm. In. Berhard, A.(Hg.)<br />

Interkulturelle Aspekte sozialpädagogischen Handelns,<br />

a.a.O., p.95-116<br />

Schäfer, H.M./<br />

Seibel, F.W.(Hg.) (1992)<br />

Scherr, A. (1996)<br />

Seibel, F.W.(Ed) 1994)<br />

Seibel, F.W (1998)<br />

Segatori, R./Benvenuti, P.(2001)<br />

Vielfalt leben. Beiträge zu e<strong>in</strong>er <strong>in</strong>terkulturellen und<br />

<strong>in</strong>ternationalen Sozialen Arbeit, Koblenz: ECCE<br />

Eigenverlag<br />

Was können und sollen Sozialpädagogen<br />

In:Der pädagogische Blick 1/1996, p.14-25<br />

European dimensions <strong>in</strong> theInitial tra<strong>in</strong><strong>in</strong>g of youth and<br />

community workers. Koblenz:ECCE-Eigenverlag<br />

Seibel, F.W./Lorenz, W (Hg.) (1997)<br />

Soziale Professionen für e<strong>in</strong> soziales <strong>Europa</strong>.<br />

Frankfurt: IKO-Verlag<br />

Wohlfahrtsverbände. In Friesenhahn g.J.(Red) Lernen<br />

und soziales Engagement für <strong>Europa</strong>, p-139-145<br />

The History of Social Work <strong>in</strong> Italy and Social Work <strong>in</strong><br />

Italy today.In:Kerst<strong>in</strong>g/Riege (Hg.) Internationale<br />

Sozialarbeit, p.89-95<br />

66


Staub-Bernasconi, S.(1990) Das Selbstverständnis sozialer Arbeit <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>: Frei<br />

von Zukunft - voll von Sorgen.In: Mühlfeld,<br />

C.u.a.(Hg.) Sozialarbeit <strong>in</strong> <strong>Europa</strong>,<br />

Neuwied: Luchterhand, p.35-51<br />

Staub-Bernasconi, S.(1994) Soziale Probleme -Soziale Berufe - Soziale Praxis. In:<br />

He<strong>in</strong>er, M.u.a.(Hg.) :Methodisches Handeln <strong>in</strong> der<br />

Sozialen Arbeit.Freiburg:Lambertus, p.12-101<br />

Staub-Bernasconi, S. (1994) Soziale Arbeit als Gegenstand von Theorie und<br />

Staub-Bernasconi, S.(1995)<br />

Wissenschaft. In:Wendt (Hg.), a.a.O., p.75-104<br />

Das fachliche Selbstverständnis Sozialer Arbeit - Wege<br />

aus der Bescheidenheit. Soziale Arbeit als "Human<br />

Rights Profession. In:Wendt, W.R. (Hg.) Soziale Arbeit<br />

im Wandel ihres Selbstverständnisses, p<br />

Staub-Bernasconi, S.(1998) Soziale Arbeit auf der Suche nach autonomen<br />

Paradigmen. InSeibel, F.W./Lorenz, W.(Hg.) Soziale<br />

Professionen für e<strong>in</strong> soziales <strong>Europa</strong>.Frankfurt: IKO<br />

Verlag, p. 61-101<br />

Staub-Bernasconi, S.(1999)<br />

The History of the Object Base of Social Work Theory.<br />

Comparisons between German, Anglosaxon and<br />

International Theoretical Approaches.In:Marynowicz-<br />

Hetka, E. et al.(Ed.) European Dimensions <strong>in</strong> Tra<strong>in</strong><strong>in</strong>g<br />

and Practice of the Social<br />

Professions.Kattowice:"Slask", p.57-78<br />

Thiersch, H. (1986) Die Erfahrung der Wirklichkeit, München 1986<br />

Tillmann, J. (1994) Sozialarbeitswissenschaft im Werden .In:<br />

Schattenburg, U. (Hg.):Aushandeln, Entscheiden,<br />

Gestalten - Soziale Arbeit, die Wissen<br />

schafft.Hannover:Verlag Sozialwissenschaftliche<br />

<strong>Studi</strong>engesellschaft, p.17-50<br />

Treptow,R.(Hg.) (1996) Internationaler Vergleich und Soziale Arbeit.<br />

Rhe<strong>in</strong>felden: Schäuble<br />

Wendt, W.R. (1985)<br />

Geschichte der sozialen Arbeit.<br />

Stuttgart: Enke 2. Aufl.<br />

Wendt, W.R.(Hg.) (1994) Sozial und wissenschaftlich arbeiten. Status und<br />

Position der Sozialarbeitswissenschaft.<br />

Freiburg:Lambertus<br />

67

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!