Lineamenti di diritto processuale penale 8^ ed., Milano ... - Giuffre

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30.12.2014 Views

PAOLO TONINI Lineamenti di diritto processuale penale 8^ ed., Milano, 2010, ed. Giuffrè Appendice di aggiornamento da settembre 2010 a giugno 2011 Sommario: 1. Il Trattato di Lisbona. 2. La sentenza costituzionale n. 164 del 2011 che ha trasformato da assoluta in relativa la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere in materia di omicidio volontario. 3. L’abrogazione referendaria della legge sul legittimo impedimento. 4. La nuova ipotesi di revisione a seguito della condanna dello Stato italiano pronunciata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. 5. La nuova detenzione domiciliare prevista dalla c.d. legge svuota carceri. www.giuffre.it/aggiornamenti

PAOLO TONINI<br />

<strong>Lineamenti</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>processuale</strong> <strong>penale</strong><br />

<strong>8^</strong> <strong>ed</strong>., <strong>Milano</strong>, 2010, <strong>ed</strong>. Giuffrè<br />

Appen<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aggiornamento<br />

da settembre 2010 a giugno 2011<br />

Sommario:<br />

1. Il Trattato <strong>di</strong> Lisbona.<br />

2. La sentenza costituzionale n. 164 del 2011 che ha trasformato da assoluta in relativa la<br />

presunzione <strong>di</strong> adeguatezza della custo<strong>di</strong>a cautelare in carcere in materia <strong>di</strong> omici<strong>di</strong>o<br />

volontario.<br />

3. L’abrogazione referendaria della legge sul legittimo impe<strong>di</strong>mento.<br />

4. La nuova ipotesi <strong>di</strong> revisione a seguito della condanna dello Stato italiano pronunciata dalla<br />

Corte europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo.<br />

5. La nuova detenzione domiciliare prevista dalla c.d. legge svuota carceri.<br />

www.giuffre.it/aggiornamenti


P. TONINI – Appen<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aggiornamento ai <strong>Lineamenti</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>processuale</strong> <strong>penale</strong>, 8 <strong>ed</strong>. , 2010<br />

Di seguito sono menzionati i principali testi normativi che hanno mo<strong>di</strong>ficato il<br />

co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> proc<strong>ed</strong>ura <strong>penale</strong> a decorrere dal settembre 2010. Nel prosieguo<br />

dell’Aggiornamento sono approfon<strong>di</strong>ti soltanto quei testi normativi o quelle sentenze<br />

che impongono una mo<strong>di</strong>fica rilevante del <strong>Lineamenti</strong>.<br />

1. decreto-legge 12 novembre 2010, n. 187, recante misure urgenti in materia <strong>di</strong><br />

sicurezza» convertito in legge 17 <strong>di</strong>cembre 2010, n. 217, in GU 18 <strong>di</strong>cembre<br />

2010, n. 295<br />

2. Legge 26 novembre 2010, n. 199 «Disposizioni relative all'esecuzione presso il<br />

domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno», in GU 1° <strong>di</strong>cembre<br />

2010, n. 281.<br />

3. Legge 21 aprile 2011, n. 62 sulle «detenute madri», in G.U. 5 maggio 2011, n.<br />

103.<br />

1. IL TRATTATO DI LISBONA.<br />

A pag. 22 dopo la riga 42 inserire quanto segue.<br />

Questa formulazione ha fatto <strong>di</strong>scutere circa il valore da attribuire ai princìpi<br />

contenuti nella Convenzione europea sotto il profilo delle fonti del <strong>di</strong>ritto e, in<br />

particolare, con riguardo agli effetti che sortiscono sui giu<strong>di</strong>ci nazionali. Sul punto,<br />

peraltro, la Corte costituzionale ha offerto, anche <strong>di</strong> recente, in<strong>di</strong>cazioni inequivoche.<br />

Quando la fattispecie da decidere è regolata da una norma nazionale (e non dal <strong>di</strong>ritto<br />

dell’Unione) restano fermi quegli stessi limiti, ricordati sopra, che sono vali<strong>di</strong> per le<br />

norme pattizie. In particolare, in caso <strong>di</strong> contrasto tra la norma nazionale <strong>ed</strong> i princìpi<br />

contenuti nella Convenzione europea il giu<strong>di</strong>ce italiano non può <strong>di</strong>sapplicare la legge<br />

nazionale, bensì deve rimettere la questione alla Corte costituzionale al fine <strong>di</strong> risolvere<br />

l’eventuale contrasto (in tal senso, Corte cost. 11 marzo 2011, n. 80 e 4 aprile 2011 n.<br />

113).<br />

Nel nuovo sistema instaurato dal Trattato <strong>di</strong> Lisbona la struttura a Pilastri è stata<br />

completamente superata, grazie alla personalità giuri<strong>di</strong>ca unica dell'Unione; pertanto,<br />

anche in materia <strong>penale</strong> gli atti normativi consisteranno in Direttive adottate con la<br />

proc<strong>ed</strong>ura legislativa or<strong>di</strong>naria, e cioè attraverso la codecisione del Parlamento e del<br />

Consiglio.<br />

Il protocollo n. 36 sulle <strong>di</strong>sposizioni transitorie del Trattato <strong>di</strong> Lisbona ha precisato<br />

quale è la sorte degli strumenti dell'ex Terzo Pilastro. Per un periodo <strong>di</strong> cinque anni tali<br />

atti rimangono in vigore mantenendo le loro tipiche caratteristiche (art. 9), e cioè la<br />

mancanza <strong>di</strong> effetti <strong>di</strong>retti e la limitata competenza della Corte <strong>di</strong> Giustizia. Già adesso è<br />

possibile adottare in materia <strong>penale</strong> Direttive (e non Regolamenti e Decisioni) che<br />

possono anche sostituire gli atti prec<strong>ed</strong>entemente adottati ai sensi del Terzo Pilastro.<br />

2


P. TONINI – Appen<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aggiornamento ai <strong>Lineamenti</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>processuale</strong> <strong>penale</strong>, 8 <strong>ed</strong>. , 2010<br />

2. LA SENTENZA COSTITUZIONALE N. 164 DEL 2011<br />

CHE HA TRASFORMATO DA ASSOLUTA IN RELATIVA<br />

LA PRESUNZIONE DI ADEGUATEZZA DELLA CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE<br />

IN MATERIA DI OMICIDIO VOLONTARIO.<br />

A pag. 212 eliminare dalla riga 9 fino alla riga 31<br />

e sostituire come segue.<br />

A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> neanche un anno, la Corte costituzionale con la sentenza n. 164 del<br />

2011 ha <strong>di</strong>chiarato illegittima la presunzione assoluta <strong>di</strong> adeguatezza della custo<strong>di</strong>a in<br />

carcere anche per il delitto <strong>di</strong> omici<strong>di</strong>o volontario (art. 575 c.p.) in base ad argomenti<br />

simili a quelli appena esaminati ( 1 ). Pertanto, qualora si proc<strong>ed</strong>a in relazione al delitto <strong>di</strong><br />

omici<strong>di</strong>o volontario, la presunzione relativa <strong>di</strong> necessità della custo<strong>di</strong>a in carcere è<br />

superabile se si <strong>di</strong>mostra che le esigenze cautelari possono «trovare idonea risposta<br />

anche in misure <strong>di</strong>verse da quella carceraria, che valgano a neutralizzare il “fattore<br />

scatenante” o ad impe<strong>di</strong>rne la riproposizione».<br />

c) La deroga per gli altri reati non investiti dalle sentenze della Corte<br />

costituzionale. In relazione alle altre categorie <strong>di</strong> reati, alle quali il decreto-legge 23<br />

febbraio 2009, n. 11, convertito in legge 23 aprile 2009, n. 38 aveva esteso le due<br />

presunzioni, sopra considerate, la Corte costituzionale non ha deciso perché le<br />

or<strong>di</strong>nanze <strong>di</strong> rimessione consideravano soltanto i delitti finora menzionati. Al momento,<br />

mentre già sono all’esame della Consulta altre or<strong>di</strong>nanze <strong>di</strong> rinvio, le questioni decise<br />

non hanno investito la violenza sessuale <strong>di</strong> gruppo (art. 609-octies c.p.), i delitti non<br />

mafiosi attribuiti alla procura <strong>di</strong>strettuale (artt. 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p.), la<br />

pornografia minorile (art. 600-ter c.p., escluso il comma 4), e le iniziative turistiche<br />

volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-quinquies c.p.). Pertanto,<br />

resta al momento non valutata la scelta legislativa <strong>di</strong> assimilare alla criminalità mafiosa<br />

gli altri delitti non <strong>di</strong> mafia, rientranti nell'elenco previsto dall'art. 275, comma 3 e non<br />

investiti dalle pronunce della Corte (n. 265 del 2010 e 164 del 2011). Per tali delitti<br />

continuano ad essere vigenti le due presunzioni che operano per i reati <strong>di</strong> mafia.<br />

Le situazioni incompatibili con la custo<strong>di</strong>a in carcere. Il co<strong>di</strong>ce prev<strong>ed</strong>e situazioni<br />

che impe<strong>di</strong>scono la custo<strong>di</strong>a cautelare in carcere (art. 275, comma 4-quinquies).<br />

Quest'ultima non può essere comunque <strong>di</strong>sposta quando l'imputato è affetto da «malattia<br />

1 Afferma la Consulta: "nonostante l'in<strong>di</strong>scutibile gravità del fatto - la quale peserà opportunamente<br />

nella determinazione della pena inflitta all'autore, quando ne sia riconosciuta in via definitiva la<br />

colpevolezza - anche nel caso dell'omici<strong>di</strong>o, la presunzione assoluta <strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>scute non può considerarsi,<br />

in effetti, rispondente a un dato <strong>di</strong> esperienza generalizzato, ricollegabile alla "struttura stessa" e alle<br />

"connotazioni criminologiche" della figura criminosa".<br />

"Non si è, <strong>di</strong>fatti, al cospetto <strong>di</strong> un reato che implichi o presupponga necessariamente un vincolo <strong>di</strong><br />

appartenenza permanente a un sodalizio criminoso con accentuate caratteristiche <strong>di</strong> pericolosità - per<br />

ra<strong>di</strong>camento nel territorio, intensità dei collegamenti personali e forza intimidatrice - vincolo che solo la<br />

misura più severa risulterebbe, nella generalità dei casi, in grado <strong>di</strong> interrompere. Al contrario, l'omici<strong>di</strong>o<br />

può bene essere, e sovente è, un fatto meramente in<strong>di</strong>viduale, che trova la sua matrice in pulsioni<br />

occasionali o passionali. I fattori emotivi che si collocano alla ra<strong>di</strong>ce dell'episo<strong>di</strong>o criminoso possono<br />

risultare, in effetti, correlati a speciali contingenze - come, ad esempio, per i fatti commessi in risposta a<br />

specifici comportamenti lato sensu provocatori della vittima - ovvero a tensioni maturate, in tempi più o<br />

meno lunghi, nell'ambito <strong>di</strong> particolari contesti, da quello familiare a quello dei rapporti socio-economici.<br />

Evenienze, queste, che - stando alla ricostruzione operata dal giu<strong>di</strong>ce a quo - ricorrerebbero puntualmente<br />

nella vicenda sulla quale è chiamato a pronunciarsi il Tribunale <strong>di</strong> Lecce, in cui il fatto delittuoso oggetto<br />

<strong>di</strong> contestazione si connoterebbe come episo<strong>di</strong>o "a carattere reattivo a fronte <strong>di</strong> una lunga storia <strong>di</strong><br />

violenze subite" dall'imputata, nell'ambito <strong>di</strong> una relazione affettiva in <strong>di</strong>ssoluzione".<br />

3


P. TONINI – Appen<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aggiornamento ai <strong>Lineamenti</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>processuale</strong> <strong>penale</strong>, 8 <strong>ed</strong>. , 2010<br />

(che) si trova in una fase così avanzata da non rispondere più (…) ai trattamenti<br />

<strong>di</strong>sponibili e alle terapie curative».<br />

Vi sono poi altre situazioni, tipizzate nell'art. 275, comma 4, che <strong>di</strong> regola<br />

impe<strong>di</strong>scono la custo<strong>di</strong>a in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari <strong>di</strong><br />

eccezionale rilevanza. Si tratta dei seguenti casi: a) donna incinta; b) madre <strong>di</strong> prole <strong>di</strong><br />

età fino a sei anni con lei convivente; c) padre in analoghe con<strong>di</strong>zioni, se la madre è<br />

assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole; d) persona che ha superato<br />

l'età <strong>di</strong> settanta anni. L'imputato che si trova nelle situazioni menzionate è sottoposto al<br />

carcere soltanto se sussistono esigenze cautelari <strong>di</strong> eccezionale rilevanza, come potrebbe<br />

accadere quando egli è particolarmente pericoloso a causa dei suoi prec<strong>ed</strong>enti penali o<br />

del reato commesso.<br />

Viceversa, se si tratta <strong>di</strong> detenute madri (o detenuti padri) nei casi sopra<br />

menzionati e sussistono esigenze cautelari <strong>di</strong> eccezionale rilevanza, che tuttavia<br />

consentono misure più blande, è prevista la custo<strong>di</strong>a cautelare in istituti <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>a<br />

attenuata, denominati nella prassi ICAM (art. 285-bis, introdotto dalla legge n. 62 del<br />

2011). Ricor<strong>di</strong>amo che per le persone appena menzionate esiste anche la possibilità <strong>di</strong><br />

arresto domiciliare in casa famiglia protetta, se le esigenze cautelari non sono<br />

eccezionali (art. 284, comma 1).<br />

Il legislatore regola espressamente la situazione del tossico<strong>di</strong>pendente che ha in<br />

corso (o intende sottoporsi ad) un programma terapeutico che non può svolgersi in una<br />

struttura carceraria. L'art. 89 del T.U. stupefacenti (n. 309 del 1990) impone, in estrema<br />

sintesi, <strong>di</strong> valutare se le esigenze cautelari possono essere sod<strong>di</strong>sfatte unicamente con la<br />

misura detentiva, fatta eccezione per delitti <strong>di</strong> particolare gravità.<br />

4


P. TONINI – Appen<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aggiornamento ai <strong>Lineamenti</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>processuale</strong> <strong>penale</strong>, 8 <strong>ed</strong>. , 2010<br />

3. L’ABROGAZIONE REFERENDARIA DELLA LEGGE SUL LEGITTIMO IMPEDIMENTO<br />

A pag. 294 eliminare dalla riga 31 alla riga 33<br />

e sostituire con quanto segue.<br />

A pag. 327 eliminare dalla riga 27 (“La legge …) fino alla riga 29<br />

e sostituire con quanto segue.<br />

La legge 7 aprile 2010, n. 51 aveva previsto un’ipotesi <strong>di</strong> legittimo impe<strong>di</strong>mento<br />

derivante dallo svolgimento delle attività <strong>di</strong> governo svolte dal presidente del consiglio<br />

dei ministri e dai ministri; la legge è stata abrogata dal referendum del 12-13 giugno<br />

2011 ( 2 ).<br />

2 In relazione al presidente del consiglio, costituiva legittimo impe<strong>di</strong>mento il «concomitante esercizio<br />

<strong>di</strong> una o più delle attribuzioni previste dalle leggi o dai regolamenti (…) nonché <strong>di</strong> ogni attività comunque<br />

coessenziale alle funzioni <strong>di</strong> governo». Per i ministri, costituiva legittimo impe<strong>di</strong>mento «l'esercizio delle<br />

attività previste dalle leggi e dai regolamenti che ne <strong>di</strong>sciplinano le attribuzioni, nonché <strong>di</strong> ogni attività<br />

comunque coessenziale alle funzioni <strong>di</strong> governo».<br />

Anteriormente al referendum, la Corte Costituzionale con sentenza 25 gennaio 2011, n. 23 aveva<br />

<strong>di</strong>chiarato illegittimo il comma 3 dell’art. 1 della legge se interpretato in modo da impe<strong>di</strong>re al giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

valutare in concreto il carattere assoluto e attuale dell’impe<strong>di</strong>mento addotto. La Corte aveva altresì<br />

<strong>di</strong>chiarato totalmente illegittimo il successivo comma 4, secondo cui spettava unicamente alla presidenza<br />

del consiglio attestare che l'impe<strong>di</strong>mento era continuativo e coessenziale allo svolgimento delle funzioni.<br />

Nonostante l’abrogazione operata dal referendum del 12-13 giugno, resta valido il richiamo, fatto<br />

dalla Corte costituzionale, alla «leale collaborazione» tra il giu<strong>di</strong>ce, che deve tenere conto degli impegni<br />

del presidente del consiglio «riconducibili ad attribuzioni coessenziali alla funzione <strong>di</strong> governo e in<br />

concreto assolutamente in<strong>di</strong>fferibili», <strong>ed</strong> il premier, che deve «programmare i propri impegni tenendo<br />

conto dell’interesse alla spe<strong>di</strong>tezza del processo che lo riguarda, riservando a tale scopo spazio adeguato<br />

nella propria agenda».<br />

5


P. TONINI – Appen<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aggiornamento ai <strong>Lineamenti</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>processuale</strong> <strong>penale</strong>, 8 <strong>ed</strong>. , 2010<br />

4. LA NUOVA IPOTESI DI REVISIONE<br />

A SEGUITO DELLA CONDANNA DELLO STATO ITALIANO<br />

PRONUNCIATA DALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO<br />

A pag. 475 dopo la riga 12 inserire quanto segue.<br />

Ai casi <strong>di</strong> revisione appena ricordati deve aggiungersene un altro, introdotto dalla<br />

Corte costituzionale con la sentenza n. 113 del 2011 ( 3 ). La revisione può essere esperita<br />

quando la Corte europea ha condannato (con sentenza definitiva) il nostro Stato per la<br />

violazione <strong>di</strong> una norma della Convenzione in tema <strong>di</strong> giusto processo <strong>penale</strong>. Infatti, la<br />

Corte costituzionale ha <strong>di</strong>chiarato l’illegittimità dell’art. 630 nella parte in cui non<br />

contempla un caso <strong>di</strong> revisione ulteriore rispetto a quelli già previsti, volto<br />

specificamente a consentire la riapertura del processo quando la stessa risulti necessaria<br />

per conformarsi a una sentenza definitiva della Corte europea dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo (C.<br />

cost. n. 113 del 2011). La revisione, infatti, comporta la riapertura del processo con una<br />

ripresa delle attività processuali. Pertanto, essa costituisce un istituto idoneo al fine <strong>di</strong><br />

garantire la conformità dell’or<strong>di</strong>namento nazionale alla Convenzione europea.<br />

Si tratta <strong>di</strong> un’ipotesi peculiare che si <strong>di</strong>scosta da quelle già previste dall’art. 630. La<br />

<strong>di</strong>fferenza è dovuta sia alle ragioni che determinano la riapertura del processo ( 4 ), sia<br />

agli effetti che la riapertura determina. In tali ipotesi, infatti, l’obiettivo perseguito dalla<br />

nuova revisione consiste nel porre l’interessato nelle con<strong>di</strong>zioni in cui si sarebbe trovato<br />

se nel processo a suo carico non fosse stata violata la Convenzione europea. Pertanto, il<br />

giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> revisione persegue lo svolgimento <strong>di</strong> un processo “giusto” conforme alle<br />

regole della Convenzione, a prescindere dal fatto che, in concreto, tale processo si<br />

chiuda con l’assoluzione o con la condanna.<br />

La Corte costituzionale ha tenuto conto del fatto che la nuova ipotesi <strong>di</strong> revisione in<br />

esecuzione delle sentenze della Corte europea si <strong>di</strong>scosta dai casi attualmente previsti<br />

dall’art. 630. Pertanto, ad avviso del Giu<strong>di</strong>ce delle leggi, il giu<strong>di</strong>ce investito dell’istanza<br />

dovrà proc<strong>ed</strong>ere a un «vaglio <strong>di</strong> compatibilità» tra la nuova ipotesi <strong>di</strong> revisione e le<br />

norme che regolano la revisione tra<strong>di</strong>zionale. In particolare, non potranno essere<br />

applicate quelle <strong>di</strong>sposizioni della revisione che «appaiano inconciliabili, sul piano<br />

logico-giuri<strong>di</strong>co, con l’obiettivo perseguito» ( 5 ).<br />

Al fine <strong>di</strong> sottolineare la particolarità del nuovo istituto, la Corte costituzionale con<br />

la sentenza n. 113 ha tracciato le seguenti linee-guida.<br />

3 La Corte costituzionale, ha ritenuto che l’art. 630 fosse in contrasto con l’art. 46 della Convenzione<br />

europea, considerata come norma interposta nel giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> costituzionalità rispetto al parametro costituito<br />

dall’art. 117 Cost. (v. supra, Parte I, Cap. II, par. 8). L’art. 46 della CEDU impegna gli Stati parte della<br />

Convenzione a conformarsi alle sentenze definitive emesse dalla Corte europea nei loro confronti. Per<br />

giurisprudenza ormai costante <strong>di</strong> tale Corte, quando un privato è stato condannato all’esito <strong>di</strong> un<br />

proce<strong>di</strong>mento viziato da inosservanze dell’art. 6 della Convenzione, il mezzo più appropriato per porre<br />

rime<strong>di</strong>o alla violazione constatata è rappresentato, in linea <strong>di</strong> principio, «da un nuovo processo o dalla<br />

riapertura del proce<strong>di</strong>mento, su domanda dell’interessato», nel rispetto <strong>di</strong> tutte le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> un<br />

processo equo.<br />

4 Ad avviso della Corte costituzionale, la necessità della riapertura andrà apprezzata tenendo conto<br />

delle in<strong>di</strong>cazioni contenute nella sentenza della cui esecuzione si tratta, nonché nella sentenza<br />

“interpretativa” eventualmente richiesta alla Corte <strong>di</strong> Strasburgo dal Comitato dei ministri, ai sensi<br />

dell’art. 46, paragrafo 3, della CEDU. Inoltre, occorre tenere conto della natura della violazione<br />

accertata. Così, ad esempio, non darà comunque luogo a riapertura l’inosservanza del principio <strong>di</strong><br />

ragionevole durata del processo, <strong>di</strong> cui all’art. 6, paragrafo 1, CEDU, dato che la ripresa delle attività<br />

processuali approfon<strong>di</strong>rebbe l’offesa.<br />

5 L’obiettivo consiste nel «porre l’interessato nelle con<strong>di</strong>zioni in cui si sarebbe trovato in assenza<br />

della violazione accertata, e non già rime<strong>di</strong>are a un <strong>di</strong>fettoso apprezzamento del fatto da parte del giu<strong>di</strong>ce,<br />

risultante da elementi esterni al giu<strong>di</strong>cato».<br />

6


P. TONINI – Appen<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aggiornamento ai <strong>Lineamenti</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>processuale</strong> <strong>penale</strong>, 8 <strong>ed</strong>. , 2010<br />

a) Sarà possibile per la corte d’appello, in s<strong>ed</strong>e <strong>di</strong> revisione, pronunciarsi anche<br />

esclusivamente «sulla base <strong>di</strong> una <strong>di</strong>versa valutazione delle prove assunte nel<br />

prec<strong>ed</strong>ente giu<strong>di</strong>zio» (a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto previsto nell’art. 637, comma 3).<br />

b) Sarà possibile applicare la revisione anche se non si potrà ottenere il<br />

proscioglimento del condannato (a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto previsto nell’art. 631).<br />

c) Al fine <strong>di</strong> valutare la natura della violazione <strong>ed</strong> il rime<strong>di</strong>o più idoneo, occorrerà<br />

tenere «conto delle in<strong>di</strong>cazioni contenute nella sentenza» della Corte europea.<br />

d) Vi è una «deroga» al principio per cui i vizi processuali restano coperti dal<br />

giu<strong>di</strong>cato. «Il giu<strong>di</strong>ce della revisione valuterà anche come le cause della non equità del<br />

processo, rilevate dalla Corte europea, si debbano tradurre (…) in vizi degli atti<br />

processuali alla stregua del <strong>di</strong>ritto interno, adottando nel nuovo giu<strong>di</strong>zio tutti i<br />

conseguenti provve<strong>di</strong>menti per eliminarli».<br />

La Consulta ha precisato che il legislatore resta libero <strong>di</strong> regolare appositamente sia<br />

la «previsione <strong>di</strong> un termine <strong>di</strong> decadenza per la presentazione della domanda <strong>di</strong><br />

riapertura del processo», sia l’introduzione <strong>di</strong> «con<strong>di</strong>zioni per la riapertura» m<strong>ed</strong>esima,<br />

«collegate alla natura delle conseguenze prodotte dalla decisione interna e all’incidenza<br />

su quest’ultima della violazione accertata».<br />

5. LA NUOVA DETENZIONE DOMICILIARE PREVISTA DALLA C.D. LEGGE SVUOTA<br />

CARCERI<br />

A pag. 502 dopo la riga 2 inserire quanto segue.<br />

La legge 16 novembre 2010, n. 199 ha introdotto una singolare misura alternativa<br />

consistente in una nuova forma <strong>di</strong> detenzione domiciliare, che è applicabile nei<br />

confronti dei condannati ad una pena detentiva (anche residua) non superiore a do<strong>di</strong>ci<br />

mesi. Uno dei mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> applicazione comporta la sospensione dell'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> esecuzione<br />

con una proc<strong>ed</strong>ura solo parzialmente simile a quella dell'art. 656 ( 6 ).<br />

6 La possibilità <strong>di</strong> applicare la detenzione domiciliare è temporanea e decadrà al momento della<br />

«completa attuazione del piano straor<strong>di</strong>nario penitenziario» e comunque con il 31 <strong>di</strong>cembre 2013.<br />

La singolarità della nuova misura alternativa sta nel superare molti dei <strong>di</strong>vieti comuni posti alle<br />

or<strong>di</strong>narie forme <strong>di</strong> detenzione domiciliare, previste dall’art. 47-ter dell’ord. penitenziario. Restano in vita<br />

soltanto alcuni <strong>di</strong>vieti espressamente posti dalla legge all’art. 1, comma 2. Pertanto, sono esclusi dalla<br />

nuova detenzione domiciliare i condannati per i cd. “reati ostativi” <strong>di</strong> cui all’art. 4-bis ord. penit., i<br />

delinquenti abituali, professionali o per tendenza, i soggetti detenuti sottoposti al regime <strong>di</strong> sorveglianza<br />

particolare <strong>di</strong> cui all’art. 14-bis della legge n. 354 del 1975.<br />

Al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> tali <strong>di</strong>vieti, opera la <strong>di</strong>screzionalità vincolata del giu<strong>di</strong>ce, che deve escludere quel<br />

condannato per il quale sussista un pericolo <strong>di</strong> fuga, o siano presenti «specifiche e motivate ragioni» per<br />

ritenere che possa commettere altri delitti, o quando non sussista «l’idoneità e l’effettività del domicilio<br />

anche in funzione delle esigenze <strong>di</strong> tutela delle persone offese dal reato».<br />

La decisione spetta al magistrato <strong>di</strong> sorveglianza, che segue la proc<strong>ed</strong>ura de plano prevista per la<br />

liberazione anticipata (art. 69-bis o.p.) e che deve decidere nel termine <strong>di</strong> cinque giorni. Ma il<br />

proce<strong>di</strong>mento si <strong>di</strong>fferenzia a seconda che il condannato sia, o meno, in libertà.<br />

Quando il condannato è in libertà e la pena da eseguire non supera i do<strong>di</strong>ci mesi, il pubblico<br />

ministero deve sospendere l'esecuzione dell'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione anche senza richiesta del pr<strong>ed</strong>etto (art.<br />

656) e deve trasmettere gli atti al magistrato <strong>di</strong> sorveglianza affinché <strong>di</strong>sponga che la pena venga eseguita<br />

presso il domicilio.<br />

Quando il condannato è già detenuto, non vi è sospensione dell’esecuzione <strong>ed</strong> il provve<strong>di</strong>mento<br />

concernente la detenzione domiciliare è <strong>di</strong>sposto con la m<strong>ed</strong>esima proc<strong>ed</strong>ura (art. 69-bis o.p.) su richiesta<br />

del pubblico ministero o dello stesso condannato.<br />

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