Appropriatezza diagnostico-terapeutica in oncologia - Quaderni del ...
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Ministero della Salute Carcinoma prostatico in fase di ormonorefrattarietà – trattamenti chemioterapici (Figura 4.2). È bene precisare che carcinoma della prostata “androgeno-indipendente” non significa necessariamente anche “ormono-indipendente”. Infatti, alcuni pazienti che progrediscono all’ablazione androgenica possono trarre un certo beneficio da una seconda linea di terapia ormonale, con una risposta del PSA nel 14-75%, che non si accompagna tuttavia, se non eccezionalmente, a una risposta obiettiva. La terapia ormonale di seconda linea comprende la possibilità di introdurre nel regime di trattamento un antiandrogeno, se il paziente era in trattamento con soli analoghi del LHRH, oppure la sospensione dell’antiandrogeno, se il paziente era in blocco androgenico totale (wi- Osservazione Nei pazienti asintomatici in sola progressione biochimica (C) Ormonoterapia di seconda linea Nei pazienti responsivi alla terapia ormonale di prima linea (B) • 1 a linea con LHRHaggiungi antiandrogeno • 1 a linea con antiandrogeno+/ passa ad analogo del LHRH • 1 a linea con BATsospendi antiandrogeno (withdrawal response) se P (progressione) dopo iniziale risposta • corticosteroidi • progestinici • ketoconazolo (non in autorizzazione in Italia) • altro antiandrogeno puro (es. flutamide) Chemioterapia Nei pazienti non responsivi alla terapia ormonale di prima e seconda linea (A) • taxotere + prednisone • mitoxantrone + prednisone • estramustine fosfato (altri chemioterapici) soprattutto nei pazienti sintomatici (A) come seconda linea nei pazienti asintomatici/oligosintomatici, con malattia limitata, “unfit” per trattamenti chemioterapici più aggressivi (C) Terapia di supporto: trattamento del dolore osseo/prevenzione degli eventi scheletrici • Bifosfonati • Terapia radiometabolica • Radioterapia a fasci esterni Nei pazienti con metastasi ossee Figura 4.2 Algoritmo terapeutico nel carcinoma ormonorefrattario. 62
Neoplasie della prostata 4 thdrawal response) [B]. Basse dosi di corticosteroidi possono essere considerate quale opzione di trattamento a scopo palliativo (B). La somministrazione di ketoconazolo potrebbe essere un’opzione terapeutica per differire l’inizio della chemioterapia nella malattia ormonorefrattaria (C). Gli estrogeni non sono invece proponibili per gli effetti collaterali e l’attività non superiore agli antiandrogeni non steroidei (E). I criteri di scelta per l’impiego delle differenti manipolazioni ormonali di seconda linea a oggi disponibili sono il diverso profilo farmacologico e la diversa incidenza di effetti collaterali, nonché le condizioni cliniche del paziente e lo stato di avanzamento della malattia (A). La chemiosensibilità del carcinoma prostatico è ritenuta in genere piuttosto scarsa. Diversi fattori prognostici possono condizionare differentemente la risposta alla chemioterapia e, quindi, la sopravvivenza di questi pazienti. Tra questi sono importanti l’età, la durata della malattia, la precedente risposta alla terapia ormonale, la presenza o meno di dolore osseo, il performance status, la presenza di localizzazioni viscerali, i livelli circolanti di LDH, le transaminasi e la fosfatasi alcalina, lo stato nutrizionale, la presenza di infiltrazione massiva del midollo osseo (IVB). Nell’ambito dei farmaci attivi si annoverano: estramustina fosfato, antracicline e mitoxantrone, ciclofosfamide, carboplatino, etoposide, alcaloidi della vinca e taxani. È stata dimostrata, nei pazienti sintomatici, la netta superiorità della combinazione di mitoxantrone e corticosteroidi (prednisone o idrocortisone) rispetto allo steroide da solo nel controllare il dolore, migliorare la qualità di vita e ridurre i livelli di PSA, pur essendo la sopravvivenza dei gruppi a confronto comparabile (IIA). Per molti anni, pertanto, tale combinazione è stata ritenuta il trattamento standard dei pazienti ormonorefrattari sintomatici. Dal 2005, tuttavia, sono disponibili i risultati degli studi randomizzati che hanno confrontato tale combinazione rispettivamente con la combinazione estramustine + docetaxel oppure con quella docetaxel (schedula settimanale o trisettimanale) + prednisone, dimostrando la superiorità dei regimi contenenti docetaxel e la loro capacità di modificare favorevolmente la speranza di vita (I). Alla luce di questi risultati (e nello specifico di quelli ottenuti con la schedula trisettimanale) e della maggiore tossicità dei regimi contenenti estramustine fosfato, il trattamento con docetaxel e prednisone è diventato l’opzione di scelta nei pazienti ormonorefrattari metastatici e sintomatici (IIA). Studi prospettici sono tutt’ora in corso per chiarire quale possa essere la migliore sequenza di utilizzo di docetaxel rispetto agli altri farmaci disponibili, soprattutto nei pazienti con malattia limitata o asintomatici, e la possibilità di utilizzare vantaggiosamente schedule a intermittenza. I risultati di analisi per lo più retrospettive dimostrano, comunque, la parziale non-cross resistenza dei trattamenti attualmente disponibili e, in particolare, tra docetaxel e mitoxantrone e, pertanto, giustificano la possibilità di impiegare questi farmaci in sequenza a seconda dell’evolutività della malattia, della presenza o meno di sintomi disturbanti e della prevedibile resistenza del paziente ai trattamenti più aggressivi (IVB). Differenti classi di agenti citotossici sono state sperimentate negli ultimi anni, inclusi nuovi platino-derivati (satraplatino), farmaci ad azione inibente i microtubuli quali gli epotiloni (ixabepilone e patupilone) e nuovi taxanidi (XRP-6258). Tuttavia, i risultati a oggi disponibili sono insoddisfacenti o non ancora maturi, pertanto l’utilizzo di tali molecole è sconsigliabile al di fuori di studi clinici controllati (E). Come per molti altri tumori solidi, anche per il CaP sono attualmente in fase di sperimentazione numerosi/e altri farmaci o sostanze ancora investigazionali (antiangiogenetici, talidomide, inibitori delle tirosinchinasi, anticorpi monoclonali, 63
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Neoplasie <strong>del</strong>la prostata 4<br />
thdrawal response) [B]. Basse dosi di corticosteroidi<br />
possono essere considerate quale opzione di trattamento<br />
a scopo palliativo (B). La somm<strong>in</strong>istrazione<br />
di ketoconazolo potrebbe essere un’opzione<br />
<strong>terapeutica</strong> per differire l’<strong>in</strong>izio <strong>del</strong>la chemioterapia<br />
nella malattia ormonorefrattaria (C). Gli estrogeni<br />
non sono <strong>in</strong>vece proponibili per gli effetti collaterali<br />
e l’attività non superiore agli antiandrogeni<br />
non steroidei (E). I criteri di scelta per l’impiego<br />
<strong>del</strong>le differenti manipolazioni ormonali di seconda<br />
l<strong>in</strong>ea a oggi disponibili sono il diverso profilo farmacologico<br />
e la diversa <strong>in</strong>cidenza di effetti collaterali,<br />
nonché le condizioni cl<strong>in</strong>iche <strong>del</strong> paziente<br />
e lo stato di avanzamento <strong>del</strong>la malattia (A). La<br />
chemiosensibilità <strong>del</strong> carc<strong>in</strong>oma prostatico è ritenuta<br />
<strong>in</strong> genere piuttosto scarsa. Diversi fattori prognostici<br />
possono condizionare differentemente la<br />
risposta alla chemioterapia e, qu<strong>in</strong>di, la sopravvivenza<br />
di questi pazienti. Tra questi sono importanti<br />
l’età, la durata <strong>del</strong>la malattia, la precedente risposta<br />
alla terapia ormonale, la presenza o meno di dolore<br />
osseo, il performance status, la presenza di localizzazioni<br />
viscerali, i livelli circolanti di LDH, le<br />
transam<strong>in</strong>asi e la fosfatasi alcal<strong>in</strong>a, lo stato nutrizionale,<br />
la presenza di <strong>in</strong>filtrazione massiva <strong>del</strong><br />
midollo osseo (IVB). Nell’ambito dei farmaci attivi<br />
si annoverano: estramust<strong>in</strong>a fosfato, antracicl<strong>in</strong>e<br />
e mitoxantrone, ciclofosfamide, carboplat<strong>in</strong>o, etoposide,<br />
alcaloidi <strong>del</strong>la v<strong>in</strong>ca e taxani. È stata dimostrata,<br />
nei pazienti s<strong>in</strong>tomatici, la netta superiorità<br />
<strong>del</strong>la comb<strong>in</strong>azione di mitoxantrone e corticosteroidi<br />
(prednisone o idrocortisone) rispetto<br />
allo steroide da solo nel controllare il dolore, migliorare<br />
la qualità di vita e ridurre i livelli di PSA,<br />
pur essendo la sopravvivenza dei gruppi a confronto<br />
comparabile (IIA). Per molti anni, pertanto,<br />
tale comb<strong>in</strong>azione è stata ritenuta il trattamento<br />
standard dei pazienti ormonorefrattari s<strong>in</strong>tomatici.<br />
Dal 2005, tuttavia, sono disponibili i risultati degli<br />
studi randomizzati che hanno confrontato tale<br />
comb<strong>in</strong>azione rispettivamente con la comb<strong>in</strong>azione<br />
estramust<strong>in</strong>e + docetaxel oppure con quella<br />
docetaxel (schedula settimanale o trisettimanale)<br />
+ prednisone, dimostrando la superiorità dei regimi<br />
contenenti docetaxel e la loro capacità di<br />
modificare favorevolmente la speranza di vita (I).<br />
Alla luce di questi risultati (e nello specifico di<br />
quelli ottenuti con la schedula trisettimanale) e<br />
<strong>del</strong>la maggiore tossicità dei regimi contenenti estramust<strong>in</strong>e<br />
fosfato, il trattamento con docetaxel e<br />
prednisone è diventato l’opzione di scelta nei pazienti<br />
ormonorefrattari metastatici e s<strong>in</strong>tomatici<br />
(IIA). Studi prospettici sono tutt’ora <strong>in</strong> corso per<br />
chiarire quale possa essere la migliore sequenza di<br />
utilizzo di docetaxel rispetto agli altri farmaci disponibili,<br />
soprattutto nei pazienti con malattia limitata<br />
o as<strong>in</strong>tomatici, e la possibilità di utilizzare<br />
vantaggiosamente schedule a <strong>in</strong>termittenza. I risultati<br />
di analisi per lo più retrospettive dimostrano,<br />
comunque, la parziale non-cross resistenza<br />
dei trattamenti attualmente disponibili e, <strong>in</strong> particolare,<br />
tra docetaxel e mitoxantrone e, pertanto,<br />
giustificano la possibilità di impiegare questi farmaci<br />
<strong>in</strong> sequenza a seconda <strong>del</strong>l’evolutività <strong>del</strong>la<br />
malattia, <strong>del</strong>la presenza o meno di s<strong>in</strong>tomi disturbanti<br />
e <strong>del</strong>la prevedibile resistenza <strong>del</strong> paziente ai<br />
trattamenti più aggressivi (IVB). Differenti classi<br />
di agenti citotossici sono state sperimentate negli<br />
ultimi anni, <strong>in</strong>clusi nuovi plat<strong>in</strong>o-derivati (satraplat<strong>in</strong>o),<br />
farmaci ad azione <strong>in</strong>ibente i microtubuli<br />
quali gli epotiloni (ixabepilone e patupilone) e<br />
nuovi taxanidi (XRP-6258). Tuttavia, i risultati a<br />
oggi disponibili sono <strong>in</strong>soddisfacenti o non ancora<br />
maturi, pertanto l’utilizzo di tali molecole è sconsigliabile<br />
al di fuori di studi cl<strong>in</strong>ici controllati (E).<br />
Come per molti altri tumori solidi, anche per il<br />
CaP sono attualmente <strong>in</strong> fase di sperimentazione<br />
numerosi/e altri farmaci o sostanze ancora <strong>in</strong>vestigazionali<br />
(antiangiogenetici, talidomide, <strong>in</strong>ibitori<br />
<strong>del</strong>le tiros<strong>in</strong>ch<strong>in</strong>asi, anticorpi monoclonali,<br />
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